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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 30 luglio 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 30 luglio 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bocci, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bocci, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lombardo, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 29 luglio 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
SCILIPOTI: «Disposizioni concernenti le medicine non convenzionali e l'esercizio della professione di biologo nutrizionista esperto in medicine non convenzionali» (3674);
QUARTIANI ed altri: «Istituzione del profilo professionale di assistente di studio odontoiatrico» (3675);
NASTRI: «Modifiche agli articoli 126-bis e 173 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di divieto di fumare durante la marcia dei veicoli» (3676);
DELFINO ed altri: «Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell'autismo e disposizioni per l'assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia» (3677);
ZAMPA: «Disposizioni in materia di domanda della cittadinanza da parte dei minori stranieri non accompagnati» (3678);
ZAMPA: «Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati» (3679);
ZAMPA: «Istituzione della Giornata della memoria del massacro del popolo armeno» (3680).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge ANTONIO PEPE ed altri: «Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia mediante l'introduzione del metodo del quoziente familiare e altre agevolazioni fiscali in favore delle famiglie» (735) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pagano.
La proposta di legge MOSCA ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati» (2956) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Rubinato.
La proposta di legge VACCARO ed altri: «Norme per il risparmio energetico e lo sviluppo dell'impiego di energia da fonti rinnovabili negli edifici pubblici» (3079) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Sanga.
La proposta di legge BUTTIGLIONE ed altri: «Istituzione della Fondazione nazionale per il sistema delle orchestre giovanili e infantili in Italia» (3126) è stata successivamente sottoscritta dal deputato De Biasi.
La proposta di legge REGUZZONI ed altri: «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato» (3572) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Divella.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

La proposta di legge n. 3609, d'iniziativa dei deputati GRIMOLDI e STUCCHI, ha assunto il seguente titolo: «Istituzione del Museo del mobile di design brianzolo-medese».

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
VI Commissione (Finanze):
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO: «Equiparazione fiscale delle spese sostenute per l'assistenza domiciliare all'infanzia» (3637) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Comunicazione di una nomina ministeriale.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 29 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione relativa al conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, al dottor Carlo Petracca, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore dell'ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo nell'ambito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Tale comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 29 luglio 2010, alla pagina 6, seconda colonna, alle righe trentacinquesima e trentaseiesima, le parole: «secondo semestre 2010» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «secondo semestre 2009».

DISEGNO DI LEGGE: S. 2262 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 6 LUGLIO 2010, N. 103, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER ASSICURARE LA REGOLARITÀ DEL SERVIZIO PUBBLICO DI TRASPORTO MARITTIMO (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3646)

A.C. 3646 - Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legge n. 103 del 2010 esclude la responsabilità civile ed amministrativa per i comportamenti, gli atti e i provvedimenti posti in essere fino al 30 settembre 2010 dagli amministratori unici, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, ponendola a carico esclusivamente delle società interessate; esclude, negli stessi limiti, la responsabilità amministrativo-contabile dei citati soggetti, dei pubblici dipendenti e dei soggetti comunque titolari di incarichi pubblici;
la deresponsabilizzazione degli amministratori presenta profili di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3, 24, 28 e 97 della Costituzione (principio d'eguaglianza, diritto alla difesa, responsabilità dei dipendenti pubblici, buon andamento della PA),

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3646.
n. 1. Meta, Maran, Lenzi, Amici, Quartiani, Giachetti, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 103 del 6 luglio 2010 presenta diversi profili di incostituzionalità (violazione degli articoli 3, 24, 28 e 97 della Costituzione - principio d'eguaglianza, diritto alla difesa, responsabilità dei dipendenti pubblici, buon andamento della PA), in quanto l'articolo 1, comma 1, lettera b) esclude la responsabilità civile ed amministrativa per i comportamenti, gli atti e i provvedimenti posti in essere fino al 30 settembre 2010 dagli amministratori unici, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, ponendola a carico esclusivamente delle società interessate; esclude, negli stessi limiti, la responsabilità amministrativo-contabile dei citati soggetti, dei pubblici dipendenti e dei soggetti comunque titolari di incarichi pubblici,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3646.
n. 2. Compagnon, Mereu, Carra, Ciccanti, Volontè, Libè, Occhiuto, Galletti.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2266 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 8 LUGLIO 2010, N. 105, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI ENERGIA. PROROGA DI TERMINE PER L'ESERCIZIO DI DELEGA LEGISLATIVA IN MATERIA DI RIORDINO DEL SISTEMA DEGLI INCENTIVI (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3660-A)

A.C. 3660 - Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

La Camera,
preso atto che:
molte delle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame non rispondono in alcun modo ai requisiti di specificità, omogeneità, necessità ed urgenza che la natura del decreto-legge, quale provvedimento puntuale e, quindi, essenzialmente omogeneo, impone, così come del resto ribadito ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, secondo cui i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere «specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», nonché dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 128 del 2008, che ha escluso la possibilità di introdurre disposizioni estranee alla ratio di un decreto legge;
gli articoli di cui si compone il decreto in esame, infatti, intervengono ognuno su problematiche molto differenti ovvero, rispettivamente: l'articolo 1, dando esecuzione alla sentenza n. 215 del 2010 della Corte Costituzionale, sugli interventi urgenti ed indifferibili connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione di energia; l'articolo 2, sul riordino ed il riassetto delle partecipazioni societarie di Invitalia (tale norma, peraltro, esula completamente dalla materia dell'energia e di essa non si evince il riscontro nel titolo del decreto); l'articolo 3, sulla disciplina relativa alle incompatibilità del presidente e dei componenti dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Inoltre, le numerose disposizioni introdotte dal Senato hanno allargato notevolmente il campo di intervento del provvedimento, affrontando le più svariate questioni che possono essere ricondotte non solo all'ambito materiale dell'energia, ma anche a quello della tutela dell'ambiente;
l'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione del decreto, introdotto durante l'esame del Senato, ha persino previsto la proroga del termine per l'esercizio della delega in materia di riordino del sistema degli incentivi di cui all'articolo 3 della legge n. 99/2009, in difformità con quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera a) della legge n. 400 del 1988, ove si prevede che il Governo non può, mediante decreto-legge «conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione» e tale limite, secondo il costante orientamento del Comitato per la legislazione, è volto ad impedire che nel testo del disegno di legge di conversione possano confluire disposizioni che incidano, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio di deleghe legislative, anche se già conferite;
a seguito delle rilevanti modificazioni intervenute presso l'altro ramo del Parlamento, la Camera dei deputati, per l'ennesima volta, si trova nella condizione di dover esaminare il contenuto di un provvedimento che tratta di materia distinta e non affine rispetto al decreto legge «madre»;
tale operazione di «trasposizione legislativa» è da considerarsi del tutto inaccettabile sotto il profilo costituzionale, normativo e regolamentare, poiché in questo modo le Assemblee parlamentari vengono costantemente espropriate della funzione legislativa che gli è riconosciuta ai sensi dell'articolo 70 della Costituzione, in sfregio ai richiami fatti sul punto da parte del Presidente della Repubblica in data 22 maggio 2010, all'atto della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40;
il provvedimento in esame, dunque, presenta rilevanti profili di incostituzionalità, in quanto difetta di omogeneità ed è privo dei requisiti della necessità e dell'urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
rilevato inoltre che, con riferimento al contenuto proprio del decreto:
l'articolo 1, nel tentativo di dare esecuzione alla sentenza della Corte Costituzionale 17 giugno 2010, n. 215, novellando i primi quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, in materia di interventi urgenti per le reti di energia e nomina di appositi commissari straordinari, nonostante sia stato in parte riscritto nel corso dell'esame presso il Senato, oltre a non definire in alcun modo «gli interventi urgenti ed indifferibili» ivi citati, riferisce i predetti interventi non solo alle reti di trasmissione e di distribuzione di energia, per le quali possono oggettivamente verificarsi problemi di mancato funzionamento tali da determinare situazioni di urgenza ed emergenza non prevedibili, ma anche alla produzione di energia e di «fonti energetiche», tra cui rientra ovviamente l'arricchimento dell'uranio, ma anche la produzione di fonti energetiche non rinnovabili, quali il petrolio. Con tale norma, dunque, il Governo ha voluto definire uno spazio di intervento diretto da parte dello Stato, in evidente contraddizione con i contenuti della legge n. 99 del 2009, perché attribuire a procedure straordinarie e derogatorie la realizzazione di impianti di produzione di energia e, in particolare di «fonti energetiche», rappresenta senza alcun dubbio una violazione grave ed inaccettabile dei principi contenuti nella Costituzione, segnatamente all'articolo 117 ove, peraltro, non è previsto alcun riferimento alla produzione delle «fonti energetiche». Sempre con riferimento all'articolo 1 del decreto si segnala, infine, che, nel corso dell'esame presso il Senato, è stato aggiunto un nuovo comma 3 che, intervenendo su una materia completamente estranea a quella dell'articolo stesso, introduce una modifica al codice ambientale, consentendo che siano considerati sottoprodotti anche gli sfalci e le potature di manutenzione del verde pubblico e privato e i materiali provenienti da attività agricole anche al di fuori del luogo di produzione;
l'articolo 3 del provvedimento in esame, nell'intervenire sulla disciplina relativa alle incompatibilità del presidente e dei componenti diversi dal presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare istituita dell'articolo 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha introdotto un principio in palese contraddizione con quanto prescritto dall'articolo 1, primo comma, della legge 13 febbraio 1953, n. 60, recante disposizioni in materia di incompatibilità parlamentari ove si dispone che «i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche o uffici di qualsiasi specie in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del Governo o di organi dell'Amministrazione dello Stato, e che soprattutto espropria il Parlamento di una sua competenza, tutelata dall'articolo 66 della Costituzione, ai sensi del quale »ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità". Su tale questione, sia la Commissione Affari costituzionali del Senato sia la 1a Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, nella formulazione del loro parere, per quanto di competenza, hanno osservato l'opportunità di sopprimere l'articolo 3, in quanto contenente disposizioni di carattere ordinamentale, riguardanti in particolare lo status del parlamentare, incompatibili con un provvedimento d'urgenza,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3660-A.
n. 1. Messina, Donadi, Borghesi, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 contiene una disposizione di carattere ordinamentale, riguardante in particolare lo status del parlamentare, incompatibile con un provvedimento d'urgenza del Governo;
ai sensi dell'articolo 65 della Costituzione, il sistema delle ineleggibilità e incompatibilità parlamentari rientra a pieno titolo nella cosiddetta legislazione elettorale di contorno e secondo la dottrina pressoché unanime, il combinato disposto degli articoli 15, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e 72, quarto comma, della Costituzione dovrebbe vietare l'emanazione di decreti-legge in materia elettorale, quale che sia il loro specifico contenuto normativo;
peraltro, dalla sentenza n. 171 del 2007, è ormai acclarato che, in ottemperanza del principio di salvaguardia dell'assetto delle fonti normative, il difetto d'origine del decreto-legge non si sana con la legge di conversione, anzi, legittima la Corte ad imporre il rispetto di valori sovraordinati, di rango costituzionale,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3660-A.
n. 2. Quartiani, Giachetti, Lulli, Zamparutti, Froner, Mariani.

DISEGNO DI LEGGE: NORME IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE, TELEMATICHE E AMBIENTALI. MODIFICA DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI ASTENSIONE DEL GIUDICE E DEGLI ATTI DI INDAGINE. INTEGRAZIONE DELLA DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 1415-C)

A.C. 1415-C - Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,
premesso che:
il testo del disegno di legge reca rilevanti aporie di carattere costituzionale oltre che logico, esso accomuna, infatti, sotto lo stesso trattamento giuridico, che si caratterizza per essere irragionevolmente penalizzante, strumenti tecnici diversi come la ripresa televisiva pubblica, le intercettazioni di conversazioni e l'acquisizione dei tabulati telefonici;
il disegno di legge in oggetto si rivela palesemente improntato ad un singolare e paradossale disfavore verso l'intercettazione tout court, sebbene essa, nel diritto processuale penale vigente, costituisca un mezzo di ricerca della prova tipico, previsto e regolato dal codice di procedura penale, il quale detta a tal fine particolareggiate disposizioni volte a garantire la legittimità formale e sostanziale dell'attività d'indagine che dell'intercettazione si avvale. Il testo proposto dal Governo, appare ictu oculi volto a restringere gravemente i presupposti stessi nonché le concrete modalità di esperimento di un utile strumento procedurale danneggiando, in tal modo, l'individuazione delle fonti di prova e perseguendo con ciò un fine obiettivamente contrario all'agevole accertamento della verità, obiettivo finale del processo penale;
le molteplici e significative restrizioni - di carattere sia oggettivo che soggettivo - poste al corretto e legittimo utilizzo di un fondamentale strumento investigativo, quale l'intercettazione, si pongono in stridente contrasto col mantenimento di un opportuno e doveroso sistema di equilibri ed armonie tra vari diritti costituzionalmente garantiti: diritto alla riservatezza, obbligatorietà dell'azione penale, diritto alla difesa processuale, diritto alla libertà di stampa e di comunicazione e diritto alla manifestazione del pensiero;
il provvedimento dispone, al comma 33, un illogico tetto di spesa, senza incidere efficacemente sulla problematica dei costi di noleggio delle apparecchiature e sulla paradossale situazione per la quale il canone sulle utenze intercettate viene pagato integralmente anche dallo Stato, con una conseguente duplicazione dei guadagni da parte dei gestori, mentre dalla gestione delle risorse sono incredibilmente escluse sia le procure distrettuali che il procuratore nazionale antimafia, che potrebbe trovarsi privo delle necessarie risorse per effettuare le intercettazioni;
in contrasto con le norme di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione risultano le norme che prevedono la necessità di un giudizio collegiale (di un particolare collegio, poi, ossia quello costituito presso il Tribunale distrettuale) per l'autorizzazione ad intercettazioni, riprese visive e acquisizioni di tabulati, quando lo stesso codice, per questioni di certamente maggiore rilievo, ritiene sufficiente il giudizio del giudice monocratico secondo le ordinarie regole di competenza territoriale. Ci si riferisce alla circostanza che, mentre per il disegno di legge in materia di intercettazioni per autorizzare intercettazioni (o atti ancora meno invasivi come riprese e tabulati) è stabilita la competenza del Tribunale collegiale distrettuale, per il codice di procedura penale esistono ipotesi ordinarie per le quali un giudice monocratico può condannare all'ergastolo (si pensi all'ipotesi del giudizio abbreviato per un omicidio). Tale stato determina una irragionevole disparità di trattamento tra indagati/imputati e realizza un pessimo esempio di amministrazione pubblica, apparendo inutilmente sovradimensionata la regola di competenza per le intercettazioni;
il testo in oggetto risulta pertanto contrastante anche con il principio di obbligatorietà dell'azione penale ex articolo 112 della Costituzione, dal momento che il pubblico ministero e le forze di polizia potrebbero trovarsi a svolgere indagini di stampo ottocentesco, mediante l'utilizzo prevalente di testimonianze e di raccolta di prove documentali che non appaiono più congrue con i moderni sistemi di azione della criminalità, in particolare quella organizzata ed economica, che opera attualmente nel nostro Paese;
la libertà dell'informazione, ricompresa in quella più ampia della manifestazione del pensiero, ex articolo 21 della Costituzione, viene in più punti gravemente compromessa dal presente disegno di legge;
come rilevato quasi unanimemente dai direttori, dagli editori e dalle associazioni dei giornalisti italiani, le norme contenute nel presente disegno di legge violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè, ad essere informati. È un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde il dovere della stampa ad informare, mentre la formulazione recata dal testo finisce per colpire, oltre alle pubblicazioni a mezzo stampa, non solo le riprese televisive, ma tutta una serie di mezzi di ripresa o registrazione fino al punto di incidere sul diritto di cronaca solennemente riconosciuto e tutelato dall'articolo 21 della Costituzione;
anche la disciplina proposta sugli obblighi di segretezza e di divieto di pubblicazione prevista ai commi 6 e 7, continua a mantenere, i caratteri di incostituzionalità già più volte sottolineati dagli operatori del mondo del diritto e della comunicazione, poiché limita in modo sproporzionato il diritto di cronaca e non consente il «controllo» della pubblica opinione né sui titolari di cariche pubbliche eventualmente oggetto d'indagine né sui pubblici ufficiali che conducono le indagini, con grave e irreparabile danno per la trasparenza dell'esercizio delle pubbliche funzioni (sia quelle politico-amministrative, sia quelle giudiziarie) ed in contrasto, dunque, con l'articolo 21 della Costituzione;
si segnala che il combinato disposto dei divieti di pubblicazione e delle sanzioni penali e amministrative per giornalisti ed editori previste ai commi 22, 23 e 27 deve essere valutato non solo alla luce dell'articolo 21 della Costituzione, ma anche dell'articolo 10 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Si ricorda che il suddetto articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo stabilisce che il diritto alla libertà d'espressione comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee, senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità e senza riguardo alla nazionalità. Dunque, l'articolo 10 della Convenzione tutela il diritto dei giornalisti a comunicare informazioni su questioni d'interesse generale quando essi si esprimono in buona fede, sulla base di fatti esatti e forniscono informazioni «affidabili e precise» nel rispetto dell'etica giornalistica;
va inoltre considerato il fatto che la punibilità per il nuovo reato di riprese e pubblicazioni fraudolente, previste dal comma 27, verrebbe esclusa per i soli giornalisti professionisti, con esclusione quindi dei giornalisti pubblicisti, in tal modo determinando una ingiustificata disparità di trattamento sul fronte penale, nonché del tutto irrazionale è la previsione al comma 29 che pone l'obbligo di rettifica in capo a tutti i siti informatici, compresi quelli non soggetti ad obbligo di registrazione;
il comma 36, violando palesemente l'articolo 112 della Costituzione, rappresenta una delle norme più irragionevoli recate dal disegno di legge in esame, in quanto abroga l'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, in materia di lotta alla criminalità organizzata. La disposizione in parola prevede un percorso agevolato, rispetto a quanto previsto dall'attuale formulazione dell'articolo 267 del codice di procedura penale, per l'autorizzazione a disporre le intercettazioni per lo svolgimento di indagini a delitti di criminalità organizzata o di minaccia per mezzo del telefono. In particolare, si chiede la mera necessità dell'intercettazione e non che essa sia «assolutamente indispensabile», e ci si limita a richiedere che vi siano «sufficienti indizi di reato» e non «gravi indizi». La soppressione di questa norma viene giustificata col fatto che il regime speciale viene, con il disegno di legge in esame, trasfuso nelle disposizioni codicistiche. In realtà - e la cosa è particolarmente preoccupante laddove si rifletta sul fatto che la disciplina ordinaria dei presupposti e delle modalità per l'autorizzazione delle intercettazioni viene fortemente aggravata dal testo in discussione - le fattispecie incriminatrici richiamate nell'articolo 13 avevano una portata ben più ampia di quelle cui il disegno di legge riserva la disciplina più favorevole alle intercettazioni. Si pensi a forme anche molto pericolose di criminalità organizzata che non rientrano tra quelle di natura mafiosa di cui all'articolo 416-bis del codice penale. Va anche ricordato che la disciplina dell'articolo 13 si applica per relazione a delitti disciplinati da leggi speciali, quali la legge 11 agosto 2003, n. 228 e il decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, delitti non tutti rientranti nell'elencazione di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 2-quater del codice di procedura penale. In definitiva non si potrà più intercettare con la stessa facilità ogni reato riguardante la criminalità organizzata non mafiosa, con ciò determinando un serio vulnus alla ragionevolezza del sistema;
non appare esente da censure di incostituzionalità la disciplina transitoria prevista dal disegno di legge in esame, che ipotizza un cambiamento delle regole in corso, anche per le intercettazioni che siano già state autorizzate (alle quali si applicheranno i termini massimi previsti dalla legge di riforma). Tale apparato normativo si pone, ugualmente, in contrasto con le regole dettate dagli articoli 3 e 97 della Costituzione, non realizzando l'interesse costituzionale al buon andamento della amministrazione della Giustizia e implicando discriminazioni di trattamento contrari ai principi di uguaglianza sanciti nell'articolo 3;
l'articolo 1, comma 33, contrasta con numerose disposizioni costituzionali. In particolare:
a) con l'articolo 110 in rapporto all'articolo 104, in quanto, facendo dipendere esclusivamente dalla decisione del Ministro della giustizia - e cioè dall'autorità politico-amministrativa - il concreto esercizio della giurisdizione, deborda dalla semplice ipotesi di organizzazione dei servizi relativi alla giustizia per incidere sull'esercizio della giurisdizione, sostanzialmente limitando l'indipendenza e l'autonomia operativa dei giudice. Verrebbero così a cessare repentinamente intercettazioni disposte nel rispetto della legge e dei limiti di bilancio in ragione di effetti «finanziari» prodotti dall'effettuazione di altre e diverse intercettazioni;
b) con l'articolo 112, in quanto la limitatezza dei mezzi posti a disposizione degli inquirenti, quando venissero a mancare (ed il Ministro potrebbe teoricamente ripartirli in modo da limitare le indagini soprattutto in particolari uffici ove si svolgono delicate indagini), di fatto pone limitazioni all'esercizio dell'azione penale, dal suo inizio fino alla conclusione delle indagini;
c) con gli articoli 1 e 2, in quanto può limitare gravemente l'esercizio di funzioni pubbliche essenziali, quali la giurisdizione e la sicurezza, in violazione dei principi di sovranità e di tutela dei diritti fondamentali delle persone, quali singoli, e nelle formazioni sociali, in modo particolare riferite alle (potenziali) vittime;

rilevato, in definitiva, come il disegno di legge in esame si ponga in palese contrasto con numerosissimi articoli della Costituzione repubblicana, oltre che con la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1415-C.
n. 1. Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Palomba, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
la previsione della competenza ad autorizzare le intercettazioni del tribunale del distretto in composizione collegiale (nuovo comma 1 dell'articolo 267 del codice di procedura penale) è assolutamente irragionevole e rischia di avere un impatto organizzativo disastroso sul sistema giustizia. Per ogni intercettazione telefonica, per ogni utenza, per ogni proroga, per ogni captazione ambientale, per ogni convalida di atto urgente adottato dal pubblico ministero sarà necessario riunire un collegio di tre persone nella sede del distretto di corte d'appello. Una misura assurda se si considera, ad esempio, che un solo giudice ha per legge il potere di disporre non solo custodie cautelari in carcere e altre limitazioni della libertà personale ma anche di irrogare pene detentive compreso l'ergastolo, in sede di giudizio abbreviato. Sul piano organizzativo, inoltre, si porrà il problema della disponibilità di risorse umane (giacché saranno necessari più magistrati); le operazioni saranno più complicate, poiché sarà competente il tribunale nella sede della corte d'appello, plausibilmente anche lontano dalla sede delle indagini: per questi motivi tale norma si pone in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione per irragionevolezza dovuta ad illogicità intra ius e intra legem nonché con il principio del buon andamento previsto dall'articolo 97 della Costituzione per la pubblica amministrazione ma ritenuto applicabile anche alla funzione giurisdizionale, in seguito a consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 177 del 1973, n. 86 del 1982 e n. 18 del 1989);
quanto agli strumenti investigativi diversi dalle intercettazioni, le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri - vale a dire i tipici mezzi a sorpresa di ricerca della prova - un emendamento del Governo ha introdotto un'ulteriore incredibile limite alle indagini (comma 3 del nuovo articolo 268-bis del codice di procedura penale). Viene infatti richiesto che, se l'atto di ispezione o perquisizione viene disposto in seguito a notizie apprese da intercettazioni, l'atto deve essere preceduto dal deposito delle intercettazioni nella cancelleria del giudice collegiale nella sede del distretto con contestuale informazione alla parte: tale norma si pone in contrasto con l'articolo 112 della Costituzione come chiarito dalle sentenze della Corte costituzionale n. 34 del 1973, n. 24 del 1992, n. 255 del 1992 e n. 361 del 1998, nelle quali è stata sottolineata l'ovvia dignità costituzionale dell'interesse alla repressione dei reati;
ancora in violazione dell'articolo 112 della Costituzione, che non solo prevede l'obbligatorietà dell'azione penale ma - per costante giurisprudenza costituzionale - reca anche un principio di necessaria efficacia dell'azione penale stessa, il disegno di legge in discussione prevede solo per delitti commessi con finalità di terrorismo, delitti di associazione mafiosa e talune ipotesi di associazione per delinquere, che le intercettazioni siano possibili anche con requisiti meno severi come gli «indizi di reato sufficienti» (invece di «gravi»). Con l'abrogazione dell'articolo 13 della cosiddetta «legge Falcone», (decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203), prevista dal comma 36 dell'articolo 1, restano fuori però da questo elenco, per cui alle intercettazioni si può far ricorso più agevolmente, il reato di costituzione di organizzazioni criminose stabili (articolo 416 del codice penale) volte a perpetrare gravi reati comuni tra cui usura, bancarotta, truffe aggravate e non, corruzione, concussione, peculato, abuso d'ufficio, sfruttamento della prostituzione e della manodopera agricola e in genere tutti i reati commessi dalla criminalità organizzata,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1415-C.
n. 2. Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Ferranti, Andrea Orlando, Bressa, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame intende riformare la disciplina delle intercettazioni disposte nel corso del procedimento penale, introducendo modifiche rilevanti sia sotto il profilo processuale che sostanziale ed intervenendo, inoltre, in materia di pubblicazione e desecretazione degli atti;
il disegno di legge presenta diversi profili di incostituzionalità:
a) sotto un primo profilo, sembrano sussistere diverse violazioni dell'articolo 21 della Costituzione, che disciplina la libera manifestazione del pensiero, sia con riferimento al diritto di cronaca che con riferimento alla tutela costituzionale della libertà ad essere informati. In particolare i commi da 4 a 7 dell'articolo 1, che modificano in maniera particolarmente restrittiva le regole sulla pubblicità degli atti del procedimento, introducono pesanti restrizioni agli organi di informazione che - pur sussistendo l'evidente necessità di bilanciare il diritto/dovere di cronaca dei giornalisti e l'opportunità di garantire ai cittadini una adeguata informazione in ordine ai fatti di rilevanza pubblica con il diritto alla riservatezza dei soggetti interessati - compromettono significativamente la libertà di stampa ed il diritto costituzionalmente rilevante dei cittadini ad essere informati (sul punto si vedano, tra le altre, le sentenze della Corte costituzionale nn. 112 del 1993, 202 del 1976, 148 del 1981, 826 del 1988).
le pesanti restrizioni introdotte in particolare dall'articolo 1, comma 5, secondo cui è fatto divieto di pubblicare, anche in maniera parziale o per riassunto, la documentazione e gli atti relativi a conversazioni (anche telefoniche), o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, nonché delle richieste e ordinanze emesse in materia di misure cautelari, sembrano infatti eccessive rispetto all'obiettivo di bilanciare il diritto all'informazione e la tutela della riservatezza delle persone coinvolte e comprimono in maniera irragionevole il diritto costituzionale di cui all'articolo 21 della Costituzione;
b) da un altro punto di vista, la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'articolo 21 della Costituzione viene compressa indirettamente dalla norma di cui al comma 29, lettera a), capoverso, secondo periodo, che impone doveri di rettifica ai siti informatici in maniera del tutto identica a quelli previsti per le imprese editoriali o radiofoniche o televisive. In tal modo, si impone un obbligo sovradimensionato anche a strumenti quali i blog o i social network che non hanno adeguate strutture (analoghe a quelle dei giornali o delle reti radiofoniche o televisive) per gestire la procedura di rettifica. Con la conseguenza che, per evitare le sanzioni previste dalla norma in caso di mancata rettifica, questi strumenti cesseranno di esercitare la loro funzione di scambio di opinioni e di informazione in senso lato, dovendo cedere ad una sorta di autocensura obbligatoria;
c) sotto un ulteriore profilo si rinvengono violazioni dell'articolo 24 della Costituzione, nella parte in cui dispone che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento: in tal senso l'articolo 1, comma 10, lettera f), introducendo un obbligo di autorizzazione giudiziale (e limiti edittali per detta autorizzazione) per l'acquisizione dei tabulati telefonici, oltre a limitare significativamente l'attività di indagine, sembra compromettere la possibilità del cittadino imputato o indagato di esercitare il proprio diritto di difesa, in quanto proprio i dati dei tabulati telefonici sono spesso utilizzati per comprovare le tesi difensive; allo stesso modo, sembra palesemente in contrasto tanto con l'articolo 24 quanto con l'articolo 111, sesto comma, (che impone l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali), della Costituzione la norma di cui al comma 17 dell'articolo 1, che fa divieto al giudice di inserire nella motivazione delle ordinanze cautelari i testi delle intercettazioni (che possono essere riportate solo nel contenuto): è evidente che si tratti di una diminuzione delle garanzie difensive e di un vincolo al dovere del giudice di motivare, in una materia poi tanto rilevante quale quella cautelare, dove è in gioco la libertà personale (bene supremo, anche nella gerarchia degli interessi costituzionali). È vero che le difese possono poi accedere agli atti completi delle intercettazioni citate dal giudice nel contenuto (comma 18), ma è altrettanto vero che l'arrestato, almeno al momento dell'interrogatorio di garanzia in vinculis ha, come unico elemento informativo in suo possesso per organizzare la sua prima difesa, solo il testo dell'ordinanza cautelare, priva delle intercettazioni sulle quali si basa l'accusa;
d) è del tutto incompatibile con la regola prevista dall'articolo 97 della Costituzione, relativa al buon andamento della pubblica amministrazione (e, quindi, anche dell'amministrazione della Giustizia), l'apparato normativo previsto dal disegno di legge, che impone: 1) la competenza del giudice collegiale distrettuale per intercettazioni, tabulati e riprese visive; 2) l'obbligo del pubblico ministero di trasmettere, per ogni richiesta, tutti gli atti del procedimento; 3) il divieto, pressoché generalizzato, di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte. Si tratta di norme antieconomiche, che produrranno ritardi, inefficienze e sprechi enormi e che il Governo proponente il disegno di legge non pare prendere minimamente in considerazione;
e) in contrasto con le norme di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione risultano le norme che prevedono la necessità di un giudizio collegiale (di un particolare collegio, poi, ossia quello costituito presso il tribunale distrettuale) per l'autorizzazione alle operazioni di intercettazione, quando lo stesso codice, per questioni di certamente maggiore rilievo, ritiene sufficiente il giudizio del giudice monocratico secondo le ordinarie regole di competenza territoriale. Ci si riferisce alla circostanza che, mentre per il disegno di legge in materia di intercettazioni per autorizzare le relative operazioni è stabilita la competenza del tribunale collegiale distrettuale, per il codice di procedura penale esistono ipotesi ordinarie per le quali un giudice monocratico può condannare un imputato alla pena dell'ergastolo (si pensi all'ipotesi del giudizio abbreviato per un omicidio). Tale stato determina una irragionevole disparità di trattamento tra indagati/imputati e realizza un pessimo esempio di amministrazione pubblica, apparendo inutilmente sovradimensionata la regola di competenza per le intercettazioni;
f) infine, non appare esente da censure di incostituzionalità la disciplina transitoria prevista dal disegno di legge in esame, che ipotizza un cambiamento delle regole in corso, anche per le intercettazioni che siano già state autorizzate (alle quali si applicheranno i termini massimi previsti dalla legge di riforma). Tale apparato normativo si pone, ugualmente, in contrasto con le regole degli articoli 3 e 97 della Costituzione, non realizzando l'interesse costituzionale al buon andamento della amministrazione della giustizia e implicando discriminazioni di trattamento contrari ai principi di uguaglianza sanciti nell'articolo 3,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1415-C.
n. 3. Rao, Ria, Casini, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Adornato, Binetti, Bosi Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Cesa, Ciocchetti, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mannino, Mantini, Mereu, Mondello, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Zinzi.

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI MERITO

La Camera,
premesso che:
dopo l'esame del provvedimento da parte della Camera e del Senato, nonché della Commissione giustizia in sede referente, troppe sono ancora le norme che mantengono le mani legate ai magistrati e alle forze dell'ordine nella lotta alla criminalità:
per quanto riguarda il giudice che deve autorizzare le intercettazioni, la previsione della competenza del tribunale del distretto in composizione collegiale è assolutamente irragionevole e rischia di avere un impatto organizzativo disastroso sul sistema giustizia. Per ogni intercettazione telefonica, per ogni utenza, per ogni proroga, per ogni captazione ambientale, per ogni convalida di atto urgente adottato dal pubblico ministero sarà necessario riunire un collegio di tre persone nella sede del distretto di corte d'appello. Una misura assurda, se si considera che un solo giudice ha per legge il potere di disporre non solo custodie cautelari in carcere e altre limitazioni della libertà personale ma anche di irrogare pene detentive compreso l'ergastolo, in sede di giudizio abbreviato. Sul piano organizzativo, inoltre, si porrà il problema della disponibilità di risorse umane (giacché saranno necessari più magistrati); le operazioni saranno più complicate, giacché sarà competente il tribunale nella sede della corte d'appello, verosimilmente lontano dalla sede delle indagini. Che senso ha?
in relazione alla possibilità di effettuare operazioni di intercettazione per reati gravi di criminalità organizzata, è stato abrogato l'articolo 13 della «legge Falcone» (decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203). Per delitti commessi con finalità di terrorismo, delitti di associazione mafiosa e talune ipotesi di associazione per delinquere, le intercettazioni sono possibili anche con requisiti meno severi come gli «indizi di reato sufficienti» (invece di «gravi»). Resta però fuori da questo elenco, rispetto a quanto previsto dalla «legge Falcone», il reato di costituzione di organizzazioni criminose stabili (articolo 416 del codice penale) volte a perpetrare gravi reati comuni tra cui usura, bancarotta, truffa aggravate e non, corruzione, concussione, peculato, abuso d'ufficio, sfruttamento della prostituzione e della manodopera agricola e in genere tutti i reati commessi dalla criminalità organizzata. Perseguire questi reati e proteggere i cittadini sarà dunque più difficile;
quanto alle intercettazioni ambientali, il testo - pur lievemente migliorato - resta confuso e gravemente limitativo dei poteri investigativi. Si dice infatti che per disporle occorre che nel luogo che si vuole sottoporre a controllo deve essere in corso l'attività criminosa. Già questo requisito è un paletto assurdo, giacché si richiede in sostanza la flagranza del reato, la quale da sola consentirebbe l'arresto! È stata introdotta, con un emendamento della maggioranza, la possibilità di svolgere le intercettazioni ambientali anche in carenza della flagranza solo se dalle indagini già esperite emerga che la captazione potrebbe consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato. Tale possibilità però vale solo per gli ambienti diversi dalla privata dimora, per la quale resta valida la regola della flagranza. Si tratta nel complesso di un ostacolo irragionevole e talora determinante sul risultato delle indagini. L'intercettazione ambientale non potrà quindi essere il mezzo di ricerca della prova adoperato per primo ma dovrà essere un elemento di conferma;
quanto ai tabulati telefonici, essi vengono irragionevolmente accomunati alle intercettazioni. Si tratta di un grave errore logico e giuridico. Il tabulato è solo l'elenco dei contatti telefonici stabiliti tra due utenze. Può rivelare una frequenza di contatti ma non il contenuto delle conversazioni. È dunque meno di un'agenda. Sicché è spesso usato dagli inquirenti per svolgere le prime verifiche e per scartare le piste più improbabili. Sottoporre questo strumento agli stessi gravosi requisiti previsti per le intercettazioni, significa lasciare gli investigatori a brancolare nel buio. Con il testo approvato dalla Commissione sarà possibile utilizzarli quando lo stato delle indagini è già in fase avviata. Ad esempio, per il reato di truffa non sarà possibile estrarre il tabulato dell'indagato per dimostrare il legame con la vittima.
quanto agli strumenti investigativi diversi dalle intercettazioni, le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri - vale a dire i tipici mezzi a sorpresa di ricerca della prova - è stato da ultimo introdotto un'ulteriore incredibile limite alle indagini. Viene infatti richiesto che - se l'atto di ispezione o perquisizione viene disposto in seguito a notizie apprese da intercettazioni - l'atto deve essere preceduto dal deposito delle intercettazioni nella cancelleria del giudice collegiale nella sede del distretto con contestuale informazione alla parte. In pratica, per esempio, se da un'intercettazione emerge che la persona sequestrata è tenuta presso un certo luogo, il pubblico ministero dovrà depositare le intercettazioni e poi andare a svolgere la perquisizione per liberare il sequestrato, avendo però messo in guardia i rapitori;
infine il provvedimento prevede gravose limitazioni alla libera espressione dei nuovi strumenti di comunicazione, dai social network ai blog. Stiamo per diventare il primo e l'unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1415-C.
n. 1. Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Ferranti, Andrea Orlando.