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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 25 gennaio 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 gennaio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbareschi, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brugger, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Gianni Farina, Fava, Fitto, Franceschini, Franzoso, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Libè, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Mura, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Rivolta, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbareschi, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Gianni Farina, Fava, Fitto, Franceschini, Franzoso, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Libè, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Mura, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Rivolta, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

In data 24 gennaio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
POLI ed altri: «Agevolazione tributaria per favorire l'avvio di attività autoimprenditoriali da parte dei lavoratori in mobilità» (4025);
POLI ed altri: «Modifica all'articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, concernente l'applicazione, in caso di trasferimento d'azienda, dei benefìci economici previsti per i datori di lavoro che assumono lavoratori in mobilità» (4026).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 24 gennaio 2011 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dai ministri degli affari esteri e delle politiche agricole alimentari e forestali:
«Ratifica ed esecuzione dello Scambio di lettere tra il Governo della Repubblica italiana e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) per la concessione di un immobile in Roma come sede per la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM), fatto a Roma il 19 gennaio e il 24 marzo 2006» (4027).

Sarà stampato e distribuito.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

La proposta di legge n. 3991, d'iniziativa del deputato BOBBA, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, di cui all'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e del Comitato di verifica per le cause di servizio, previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

IX Commissione (Trasporti):
GALATI: «Introduzione dell'obbligo di frequenza di corsi di guida sicura per il conseguimento della patente di guida e disposizioni transitorie per lo svolgimento del medesimo corso da parte dei giovani di età inferiore a venticinque anni in possesso della medesima patente» (3960) Parere delle Commissioni I, V e XIV.

X Commissione (Attività produttive):
CALEARO CIMAN ed altri: «Modifiche all'articolo 2 della legge 17 agosto 2005, n. 174, e all'articolo 4 della legge 4 gennaio 1990, n. 1, concernenti la disciplina del contratto di lavoro autonomo per l'esercizio delle attività di acconciatore e di estetista presso le imprese del medesimo settore» (3953) Parere delle Commissioni I, II, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
BOBBA: «Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, di cui all'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e del Comitato di verifica per le cause di servizio, previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461» (3991) Parere delle Commissioni I, IV, V e XII.

XII Commissione (Affari sociali):
MIGLIOLI: «Istituzione della figura professionale di operatore shiatsu» (3983) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XIII Commissione (Agricoltura):
NASTRI: «Modifica all'articolo 16 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, concernente il rafforzamento delle attività di controllo relative alla tracciabilità dei vini a denominazione di origine protetta» (3982) Parere delle Commissioni I, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera del 24 gennaio 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla risoluzione conclusiva CIRIELLI ed altri n. 8/00078, accolta dal Governo ed approvata dalla IV Commissione (Difesa) nella seduta del 23 giugno 2010, sulla valutazione degli esiti degli interventi per ricostruzione capsulo-legamentosa ai fini dell'accertamento dell'idoneità psicofisica degli aspiranti all'arruolamento nelle Forze armate.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 24 gennaio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione - Riconoscere il ruolo centrale di concorrenzialità e sostenibilità (COM(2010)614 definitivo/4), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive). Tale documento sostituisce il documento COM(2010)614 definitivo/2, già assegnato in data 10 novembre 2010;
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla valutazione intermedia dell'impresa comune SESAR e sui progressi nell'attuazione del Piano di modernizzazione della gestione del traffico aereo in Europa (COM(2011)14 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 20 e 24 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 5-bis e 6 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri:
alla dottoressa Rosina Veltri, l'incarico di coordinatore dell'ufficio parità, pari opportunità, interventi strategici e comunicazione, nell'ambito del dipartimento per le pari opportunità;

alla XI Commissione (Lavoro) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
al consigliere Paola Paduano, l'incarico di direttore della direzione generale ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione nonché l'incarico ad interim di direttore della direzione generale per le politiche per l'orientamento e la formazione,
alla dottoressa Grazia Strano, l'incarico di direttore della direzione generale del mercato del lavoro;

alla XII Commissione (Affari sociali) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
al dottor Raffaele Tangorra, l'incarico ad interim di direttore della direzione generale per la gestione del Fondo nazionale per le politiche sociali e il monitoraggio della spesa sociale.

Richieste di parere parlamentare su proposte di nomina.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 17 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Italo Cerise a presidente dell'Ente parco nazionale del Gran Paradiso (94).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente).

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettere in data 24 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481, le richieste di parere parlamentare sulle proposte di nomina del dottor Guido Pierpaolo Bortoni a presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (95) nonché del presidente di sezione Luigi Carbone (96), del consigliere Rocco Colicchio (97), della professoressa Valeria Termini (98) e del dottor Alberto Biancardi (99) a componenti della medesima Autorità.

Tali richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive).

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Sergio Benedetto (100), dei professor Andrea Bonaccorsi (101), del professor Massimo Castagnaro (102), del professor Stefano Fantoni (103), del professor Giuseppe Novelli (104), della professoressa Fiorella Kostoris (105) e della professoressa Luisa Ribolzi (106) a componenti del consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

Tali richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 92, e dell'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le richieste di parere parlamentare su due schemi di decreto del ministro dell'interno concernenti l'erogazione di contributi in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo Ministero per l'anno 2010, rispettivamente, al capitolo 2309 - piano gestionale 1 (324) e al capitolo 2309 - piano gestionale 2 (325).

Tali richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), che dovrà esprimere i prescritti pareri entro il 14 febbraio 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 24 gennaio 2011, a pagina 4, seconda colonna, alla trentaduesima riga, dopo la parola: VII, si intende inserita la seguente: X.

INTERPELLANZE ED INTERROGAZIONI

(Iniziative per garantire un numero adeguato di prime classi presso l'IPSSAR «P. Piazza» di Palermo - 2-00801)

A) Interpellanza

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è apparsa la notizia, rilevata da diversi organi di stampa locali, delle giuste proteste di genitori e docenti provocate dal taglio di 17 prime classi presso l'Ipssar «P. Piazza» di Corso dei Mille di Palermo;
tale taglio sarebbe stato operato unilateralmente dal dirigente scolastico, attraverso il «respingimento» delle iscrizioni alle scuole medie di provenienza, di oltre 500 alunni, di cui 13 disabili;
a causa di tale operazione, per il prossimo anno scolastico nell'istituto saranno attivate soltanto 82 classi contro le 99 dell'anno scolastico 2009/2010;
è, pertanto, comprensibile come tale scelta abbia suscitato un coro di protesta unanime, che ha visto coinvolto il collegio dei docenti e i genitori degli alunni, che hanno visto respinta la propria richiesta di iscrizione;
le conseguenze dei suddetti tagli sono gravissime, in quanto provocano la sottrazione ad un territorio vasto e disagiato - quale è quello su cui insiste l'istituto - di un'offerta formativa e professionale di primaria importanza;
è facile prevedere che il mancato avvio di tali classi provocherà un incremento della dispersione scolastica, già alta in quella zona, da parte di molti alunni che si vedono privati della possibilità di avvalersi di un percorso scolastico professionalizzante, come quello alberghiero, i quali non troveranno sul territorio analoga offerta se non all'altro capo della città, provocando gravi disagi per le famiglie i cui figli sono stati rifiutati;
non inferiori saranno i danni provocati ai docenti, in gran parte appartenenti all'area professionalizzante: sarebbero 72 le cattedre in meno il prossimo anno scolastico, cioè 72 docenti che perderanno il posto di lavoro, impoverendo così l'intera organizzazione scolastica;
è stato denunciato, da più parti, un probabile danno per l'erario, considerato che l'amministrazione retribuirà tali insegnanti senza che abbiano delle classi, in quanto le altre scuole non sono in grado di assorbire tutti i 72 docenti soprannumerari, stante che i docenti soprannumerari in provincia di Palermo risultano 449 solo per le scuole superiori di secondo grado -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali provvedimenti intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di scongiurare la mancata attivazione di 17 prime classi presso l'Ipssar «P. Piazza» di Corso dei Mille di Palermo;
quali iniziative intenda assumere, al fine di restituire agli alunni ed alle famiglie il diritto di scelta e per permettere l'accoglimento della domanda di iscrizione presso l'Ipssar «P. Piazza» di Corso dei Mille di Palermo, anche al fine di salvaguardare i posti di lavoro dei 72 docenti che si vedrebbero sottratte le cattedre.
(2-00801) «Antonino Russo».
(28 luglio 2010)

(Iniziative normative concernenti le assunzioni di personale docente da parte degli enti locali che gestiscono istituti scolastici paritari - 2-00854)

B) Interpellanza

Il sottoscritto chiede di interpellare i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
i licei linguistici di Enna e di Agira sono riconosciuti scuole paritarie, ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62;
l'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 stabilisce il divieto, a decorrere dal 1o gennaio 2011, di procedere ad assunzioni di personale, a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, per gli enti locali nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40 per cento delle spese correnti;
l'amministrazione provinciale di Enna, facendo riferimento a quanto previsto dalla normativa sopra citata, è impossibilitata a conferire le supplenze annuali, mediante l'instaurazione di rapporti di lavoro a termine;
dal 1o settembre 2010 le istituzioni scolastiche di cui sopra non sono nelle condizioni di garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche e di assicurare la funzionalità ed il regolare andamento dei predetti istituti;
il 29 luglio 2010 l'amministrazione provinciale ha inviato un quesito in merito alla Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento funzione pubblica, al quale, pur dopo ripetuti solleciti, non è finora giunta una risposta;
l'applicazione del decreto-legge n. 78 del 2010, per il generico divieto di procedere a qualsivoglia tipologia di assunzione, comporterebbe il mancato mantenimento dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica, per il funzionamento e per l'autonomia dell'istituzione scolastica, l'impossibilità di assicurare i vari insegnamenti e la continuità didattica, con gravi ripercussioni sul diritto allo studio, sull'intera organizzazione dell'offerta formativa e, di conseguenza, sulle aspettative di un'ampia platea studentesca;
le stesse speciali esigenze connesse alla didattica riconosciute alle scuole statali ricorrono anche per le scuole paritarie gestite dagli enti locali -:
se non ritengano di assumere un'iniziativa normativa che preveda una deroga all'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 per gli enti locali che gestiscono istituti scolastici paritari, al fine di consentire il reclutamento del personale docente.
(2-00854) «Antonino Russo».
(14 ottobre 2010)

(Iniziative normative per attribuire poteri di controllo ai consigli comunali e provinciali sulla gestione delle aziende speciali e delle società per azioni partecipate da enti locali - 2-00793)

C) Interpellanza

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si fa riferimento al recente provvedimento votato dal Parlamento concernente la carta delle autonomie locali, in particolare all'opportunità di accentuare ulteriormente l'autonomia dei consigli comunali rispetto al ruolo preponderante del sindaco e della giunta comunale, rilevando che alcuni significativi mutamenti intervenuti nel recente provvedimento non incidono, però, nella sostanza delle competenze ancora troppo limitate dei consigli comunali medesimi;
in particolare, con la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni sfugge ai componenti dei consigli comunali e provinciali il controllo di importanti realtà economiche. Non essendo previsto l'affidamento di alcuna forma effettiva di controllo e di gestione di tali società ai suddetti consigli, vengono in tal modo privati anche i cittadini elettori di ogni forma di partecipazione alla gestione di tali organismi;
in tal senso parrebbe opportuno all'interpellante prevedere l'attribuzione del potere di controllo sulla gestione delle aziende speciali di enti locali e delle società per azioni partecipate a maggioranza da comuni e province, nonché l'obbligo del parere favorevole dei rispettivi consigli comunali e provinciali per le nomine degli amministratori delle aziende speciali e delle società per azioni di partecipazione maggioritaria di enti locali;
la norma proposta non lede i principi cardine della nuova disciplina che regola l'elezione diretta del sindaco, ma serve a garantire il ruolo essenziale dei consigli, che rischiano un effettivo depotenziamento a fronte dell'eccessivo rafforzamento degli esecutivi, evitando comunque di ricadere nella precedente situazione di consociativismo e contrattazione -:
se il Governo intenda assumere ulteriori iniziative normative nel senso rappresentato in premessa.
(2-00793) «Garagnani».
(21 luglio 2010)

(Iniziative per verificare il corretto utilizzo degli autovelox nella provincia di Bologna - n. 2-00815)

D) Interpellanza

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'interpellante ha già presentato precedenti atti di sindacato ispettivo sull'utilizzo degli autovelox, chiedendo, più volte, che le prefetture predisponessero controlli più puntuali sulle attrezzature impiegate dalla provincia e dagli enti locali per il controllo della velocità;
si evidenzia l'atteggiamento della provincia di Bologna che, in questi giorni, ha disattivato 15 autovelox non rispondenti alla normativa entrata in vigore negli ultimi mesi;
gli apparecchi in questione erano palesemente non conformi alla normativa da tempo, circostanza già sottolineata al Governo, e, ad avviso dell'interpellante, sembravano rispondere più ad una necessità di reperire fondi, esclusa esplicitamente dalla legge, che alla tutela dei cittadini;
di fronte a quello che all'interpellante appare uno spreco di danaro pubblico ed ai disservizi creati a tanti automobilisti multati ingiustamente attraverso l'utilizzo degli autovelox nelle strade della provincia di Bologna, paiono giuste non solo le denunce alla magistratura, ma anche alla Corte dei conti e sarebbe opportuna un'energica attivazione della prefettura di Bologna, competente per legge, al fine di coordinare a livello territoriale questa complessa materia;
l'interpellante fa, altresì, presente di avere contattato il prefetto di Bologna con lettera rimasta senza risposta -:
se intenda verificare la corretta applicazione da parte della provincia e degli enti locali della circolare del Ministro interpellato sulla viabilità e sul controllo degli autovelox, procedendo con un intervento risolutore, anche per mezzo del prefetto, che impedisca, una volta per tutte, che i problemi finanziari degli enti locali possano essere affrontati attraverso l'uso, anzi l'abuso, del codice della strada.
(2-00815) «Garagnani».
(14 settembre 2010)

(Chiarimenti in merito alla disabilitazione dei centralini di questure e prefetture per le chiamate all'estero - 3-01228 e 3-01415)

E) Interrogazioni

MELIS e FARINA COSCIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo una nota di fine agosto 2010 del sindacato di polizia Coisp sarebbe in atto la progressiva disabilitazione dei centralini di questure e prefetture per le chiamate all'estero, con conseguente crisi degli uffici stranieri e degli uffici della polizia stradale;
stando alla nota, per il momento il fatto si sarebbe verificato in qualche questura, ma la disabilitazione delle telefonate all'estero in partenza dai centralini degli uffici dovrebbe essere estesa a breve a tutte le prefetture e questure d'Italia;
è evidente il danno che ciò, ove si verificasse, comporterebbe specie per gli uffici immigrazione, i quali - denuncia il responsabile del Coisp Franco Maccari - ovviamente entrerebbero in crisi per il fatto di non poter più chiamare le varie ambasciate; e per la polizia stradale, che non sarebbe più in grado di comunicare o mandare fax alle varie ditte di trasporti estere, che quotidianamente vengono interessate da verbali con fermo di veicoli pesanti -:
se la notizia sia fondata, e qualora lo fosse, come si giustifichi un simile provvedimento in relazione ai crescenti compiti su scala internazionale che prefetture e questure sono quotidianamente chiamate a svolgere. (3-01228)
(15 settembre 2010)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un comunicato del 28 agosto 2010, diffuso alle agenzie di stampa dal Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia), dal titolo «Il Governo delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Disabilitate le chiamate all'estero dai centralini delle prefetture e questure. Uffici stranieri in tilt», si apprende che presso alcune questure sarebbe stata disabilitata la possibilità di effettuare chiamate telefoniche verso le numerazioni degli Stati esteri e che ciò avrebbe causato problemi agli uffici immigrazione per l'impossibilità di contattare le ambasciate interessate, nonché agli uffici della polizia stradale impossibilitati a contattare le varie ditte di trasporti estere, che quotidianamente vengono interessate da verbali con fermo di veicoli pesanti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, quali siano i motivi di tale scelta e quali immediate azioni intenda adottare per ripristinare il regolare svolgimento del servizio. (3-01415)
(24 gennaio 2011)
(ex 4-08428 dell'8 settembre 2010)

(Iniziative normative per meglio salvaguardare il diritto di critica politica dei cittadini e degli eletti ridefinendo i confini del reato di diffamazione - 3-00754 e 3-00756)

F) Interrogazioni

RAISI. - Ai Ministri dell'interno e della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con delibera n. 17 del 16 febbraio 2006 la giunta comunale di Castel Maggiore esprimeva la necessità di conferire l'incarico di «Responsabile staff del sindaco» al signor L.B. e successivamente il sindaco Marco Monesi provvedeva a conferire formalmente l'incarico come da delibera con decorrenza dal 1o marzo 2006;
in data 29 marzo 2006, in seno alla seduta del consiglio comunale chiamato a ratificare la suddetta delibera della giunta, Giovanni Leporati, in qualità di capogruppo del gruppo consiliare di opposizione, chiedeva chiarimenti sul perché non fosse stato allegato agli atti della seduta il curriculum vitae del signor L.B. ed il sindaco rispondeva dichiarando che chiunque avesse voluto prendere visione di tale documento avrebbe potuto farlo mediante accesso formale agli atti;
successivamente alla riunione del consiglio comunale, il consigliere Leporati rilasciava la seguente dichiarazione - contenente una chiara critica politica ma senza alcun contenuto diffamatorio - al quotidiano Il Resto del Carlino (edizione del 31 marzo 2006): «Non è stato presentato il curriculum professionale di L.B. (...) e neppure un progetto di incarico con gli obiettivi da raggiungere. Non si comprende poi il motivo per cui è stato nominato un esterno, quando un anno fa chi ricopriva il posto era un dipendente. Forse il sindaco non ritiene che vi siano nel comune persone in grado di svolgere questo lavoro. Ma c'è di più: si è occultato tutto il possibile in termini di informazioni specifiche su L.B. e su quello che saranno i suoi compiti. È una mera scelta clientelare. In barba alla crisi che attanaglia i comuni, la giunta sperpera i soldi dei cittadini per pagare un burocrate che è destinato a svolgere attività politica per i DS, a mio avviso 26 mila euro sono troppi»;
il tribunale di Bologna, investito della questione circa una presunta offensività delle dichiarazioni espresse dal consigliere comunale di minoranza nei confronti del sindaco Monesi, ne ha riconosciuta la natura diffamatoria ed ha, perciò, condannato il consigliere Leporati;
invero, mette conto sottolineare come l'orientamento unanime della Corte di cassazione è nel senso di ritenere che sia configurabile l'esimente della critica politica (quindi non punibile il reato neanche in sede civile), a condizione che ricorrano le seguenti caratteristiche della condotta dell'imputato:
a) l'offesa si realizzi in un contesto di rapporti politici;
b) l'offesa si verifichi nell'ambito di un contegno avente finalità politica;
c) sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto delle dichiarazioni;
d) i fatti descritti rappresentino la verità oggettiva;
e) le espressioni usate non siano volgari, né gratuitamente offensive;
f) le stesse espressioni non costituiscano aggressione della sfera strettamente personale e privata dell'offeso;
nel caso del consigliere Leporati ricorrono senza dubbio le predette condizioni e ciò è stato in parte riconosciuto anche dal giudice. Allo stesso modo non si fa, però, cenno all'eventuale incontinenza delle espressioni utilizzate (cioè alla loro oggettiva volgarità e/o gratuita offensività);
la condanna del Leporati è dunque basata su due assunti fondamentali:
a) il Leporati avrebbe riferito fatti non veri;
b) il Leporati avrebbe offeso il Monesi sul piano personale;
in particolare, il giudice afferma la falsità dell'informazione data dal Leporati in merito al presunto «occultamento» del curriculum vitae del signor L.B. ad opera del sindaco, basando la propria convinzione sull'affermazione dello stesso Leporati che avrebbe definito il signor L.B. come «una vecchia conoscenza», nonché sulla circostanza che il sindaco non avrebbe mai negato l'accesso agli atti del procedimento amministrativo di nomina;
con sentenza n. 4362/2009 pronunciata nella causa civile iscritta al n. rg 13881/2006, il tribunale di Bologna, terza sezione civile, dichiarava «che l'intervista rilasciata da Leporati Gianni a Il Resto del Carlino del 31 marzo 2006 è lesiva della reputazione di Monesi Marco» e per l'effetto condannava il convenuto Giovanni Leporati «al risarcimento del danno, che liquida in euro 4.000,00, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio», ordinando, altresì, «che, a spese del convenuto, la presente sentenza sia pubblicata per una volta e per estratto sul foglio domenicale di Castel Maggiore dello stesso quotidiano»;
osservando con obiettività la vicenda, infatti, si può evincere che proprio la mancata allegazione del curriculum agli atti della seduta è ciò che il consigliere Leporati ha inteso denunciare e questo rappresenta l'esercizio legittimo del diritto di critica ad opera del capogruppo di opposizione. In buona sostanza il convenuto non ha inteso portare a conoscenza della collettività l'esistenza di un vizio formale dell'iter amministrativo, dal momento che nella fattispecie non si rinvengono vizi e che comunque in quel caso sarebbe stato opportuno presentare anche un ricorso al tribunale amministrativo regionale competente; egli ha, invece, voluto rendere pubblica una certa mancanza di trasparenza e di correttezza nei rapporti tra maggioranza e opposizione certamente imputabili al sindaco. Ciò che il Leporati voleva significare è che, nel contesto di una seduta consiliare intesa a ratificare la nomina del signor L.B., sarebbe stato opportuno e corretto allegare i relativi atti del procedimento, sì da mettere tutti i consiglieri nella condizione di poter votare con piena cognizione, ma ciò non è stato fatto;
il giudicante afferma il valore diffamatorio, in particolare, di due espressioni pronunciate dal Leporati e cioè: «sperpera i soldi dei cittadini per pagare un burocrate che è destinato a svolgere attività per i DS» e «è una mera scelta clientelare»; e come, mentre da un lato definisce non solo offensiva ma anche «incauta» l'accusa di sperpero del denaro pubblico, perché il consigliere Leporati non avrebbe dimostrato che all'interno dell'organigramma comunale sarebbe stato possibile trovare una personalità idonea a svolgere il ruolo affidato al signor L.B., dall'altro afferma che per comune esperienza «le amministrazioni pubbliche sono in larga parte gestite da uomini provenienti da apparati di partito», precisando come «questo non implica né che l'azione amministrativa sia distratta a fini privati e neppure che il programma di un partito non coincida con l'interesse pubblico»;
pur nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura, la sentenza - pericolosa da un punto di vista politico morale - ad avviso dell'interrogante avalla da una parte tutte le più nefaste prassi in uso nelle pubbliche amministrazioni, quali il clientelismo e le lottizzazioni, dall'altra un pericoloso limite alla critica politica, che - di fatto - determina una sorta di spada di Damocle su ogni consigliere legittimamente eletto (ma anche ad un semplice cittadino) ogni qualvolta abbia a criticare - seppur aspramente - un amministratore pubblico circa la sua politica amministrativa e/o sul suo operato e sugli atti che compie;
infatti, ciò che appare evidente è ancora una volta la denuncia del Leporati circa una situazione di poca trasparenza e di scarsa serenità nelle scelte del sindaco; influenzato forse da considerazioni politiche certo non poteva essere compito del Leporati indicare chi, all'interno dell'organigramma comunale, avrebbe potuto assumere il ruolo riservato al signor L.B., ma bene ha fatto il consigliere di opposizione a ricordare ai cittadini che tale eventualità non era stata neanche presa in considerazione;
le espressioni usate sono forti e di un certo impatto, ma soltanto a leggere qualsiasi quotidiano se ne rinvengono tutti i giorni di ben peggiori nel contesto dei rapporti politici. In questo caso poi la verità o meno delle affermazioni del consigliere Leporati non ha valore giuridico, in quanto quest'ultimo ha inteso criticare in termini politici l'azione del sindaco, fornendo ai cittadini la sua visione. Innegabile è l'interesse pubblico a conoscere il pensiero dell'opposizione sull'azione amministrativa del sindaco, tanto più in un comune dove la maggioranza governa con percentuali di consenso altissime;
afferma poi il giudicante che l'articolo di giornale contenente le dichiarazioni del Leporati «letto nella sua interezza, consente al lettore di comprendere anche le ragioni del sindaco», salvo, però, far discendere da tale giusta considerazione la sola conseguenza del «ridimensionamento delle pretese risarcitorie dell'attore»;
si è dinanzi ad un articolo di giornale nel cui corpo è riportata la valutazione critica dell'opposizione sull'azione amministrativa del sindaco e la risposta di quest'ultimo a ribadire la legittimità del proprio operato. Certo, alcuni toni potranno essere stati aspri, ma non più del lecito e non diversamente da quanto l'agone politico ci propone. D'altra parte al pubblico dei lettori interessa conoscere l'opinione di tutte le parti politiche per poi orientarsi verso l'una o l'altra, e l'elettore medio è certamente in grado di capire che le affermazioni di un politico sono spesso da prendere non alla lettera, ma per ciò che sottendono. Quanto al contesto, si noti che il comune di Castel Maggiore è un ente a larghissima maggioranza di centrosinistra e che già è piuttosto difficile per un esponente dell'opposizione avere spazio per esternare le proprie opinioni al pubblico, senza il bisogno che una semplice disputa politica venga tradotta in condanna in sede giudiziaria -:
se siano al corrente della situazione sopra descritta e se non ritengano sia necessario dirimere - tramite una migliore indicazione normativa - quale sia il limite alla critica politica, affinché sia data la possibilità ai semplici cittadini, come ai tanti consiglieri di quartiere, comunali e provinciali, di poter legittimamente svolgere il proprio compito istituzionale e/o di partecipazione alla res publica, financo con duri attacchi di critica politica, ma sempre nel rispetto dei limiti all'offesa e al decoro, considerando che diversamente sarà dato alla magistratura di stabilire chi e come può criticare l'operato di un amministratore della res publica, anche in casi nei quali sia dubbia la presenza di offese e/o ingiurie alle persone e al loro decoro di persona e di amministratore. (3-00754)
(9 novembre 2009)

GARAGNANI. - Ai Ministri dell'interno e della giustizia. - Per sapere - premesso che:
di recente si è registrata l'ennesima condanna di un consigliere comunale di opposizione (comune di Castel Maggiore, provincia di Bologna), per avere diffamato il sindaco; in realtà, il suddetto consigliere ha svolto il proprio ruolo istituzionale criticando alcuni aspetti, a suo modo di vedere, particolarmente gravi dell'attività della giunta comunale;
questo fatto evidenzia l'anomalia della situazione di molti consiglieri comunali di opposizione a Bologna e in Emilia Romagna, che, di fatto, sono ostacolati nello svolgimento della loro attività istituzionale di controllo dell'operato della maggioranza, da quello che, ad avviso dell'interrogante, costituisce un utilizzo distorto che molte giunte possono porre in essere della querela per diffamazione; la querela viene, infatti, spesso paventata ai fini di condizionare l'attività politica dei consiglieri comunali, che, ovviamente, nel rispetto della legge e della onorabilità delle persone, non possono essere privati di un diritto essenziale derivante, fra l'altro, dalla legittimazione popolare attraverso l'elezione diretta in consiglio;
è necessario, a giudizio dell'interrogante, prevedere una qualche forma di garanzia e tutela giuridica per il consigliere comunale o provinciale nell'esercizio delle sue funzioni, che non consenta la diffamazione, ma la libera critica, anche dura, dell'attività del sindaco e della giunta;
infine, l'interrogante non può non rilevare l'anomalia della situazione della giustizia a Bologna, ove, in alcuni ambienti della magistratura, sembra persistere un uso politico della giustizia a vantaggio delle forze di sinistra che amministrano gli enti locali e si palesa, pertanto, la necessità di garantire che l'amministrazione della giustizia sia imparziale nei confronti di tutti i cittadini, cosa non avvenuta, ad esempio, a parere dell'interrogante, nella recente campagna elettorale per le amministrative, in cui è stata impedita ad un consigliere comunale la divulgazione di un opuscolo contro l'amministrazione comunale -:
se siano al corrente della situazione descritta in premessa e se non ritengano di assumere iniziative di carattere normativo volte a definire più compiutamente i confini della critica politica, in maniera tale da tutelare adeguatamente il pieno svolgimento del proprio mandato istituzionale da parte dei consiglieri comunali e provinciali. (3-00756)
(10 novembre 2009)

CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 29 DICEMBRE 2010, N.228, RECANTE PROROGA DEGLI INTERVENTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E A SOSTEGNO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE, NONCHÉ DELLE MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA (A.C. 3996-A)

A.C. 3996-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3996-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalle Commissioni di merito:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti: condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
All'articolo 2, comma 6, secondo periodo, dopo le parole: inviato in missione aggiungere le seguenti: nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 30 giugno 2011;

Conseguentemente:
al medesimo periodo, sopprimere le parole:, da corrispondere mediante l'ordinaria dotazione di bilancio di cui alla Tabella 6 della legge 13 dicembre 2010, n. 221.
aggiungere, in fine, il seguente periodo: All'onere derivante dal secondo periodo, pari a 30.000 euro per l'anno 2011 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della legge 4 giugno 1997, n. 170.

All'articolo 2, comma 11-bis, secondo periodo, dopo le parole: stanziamento aggiungere le seguenti: del fondo speciale di parte corrente.
All'articolo 3, comma 5-quinquies, dopo le parole: 3 agosto 2010, n. 126, aggiungere le seguenti: nell'ambito delle risorse ivi previste,
Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.2, 1.6, 2.7, 2.10, 2.16, 4.1, 4.30 e 4.31, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti.

A.C.3996-A - Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVENZIONE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

1. Il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO

Capo I
INTERVENTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E A SOSTEGNO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE

Articolo 1.
(Iniziative in favore dell'Afghanistan).

1. Per iniziative di cooperazione in favore dell'Afghanistan è autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 16.500.000 ad integrazione degli stanziamenti di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinati dalla Tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, e di euro 1.500.000 per la partecipazione italiana al Fondo fiduciario della NATO destinato al sostegno dell'esercito nazionale afghano.
2. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la partecipazione dell'Italia ad una missione di stabilizzazione economica, sociale e umanitaria in Afghanistan e Pakistan al fine di fornire sostegno al Governo afghano e al Governo pakistano nello svolgimento delle attività prioritarie nell'ambito del processo di sviluppo e consolidamento delle istituzioni locali e nell'assistenza alla popolazione. Per l'organizzazione della missione si provvede a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al comma 1, relativa alle iniziative di cooperazione.
3. Nell'ambito degli obiettivi e delle finalità individuate nel corso dei colloqui internazionali e in particolare nella Conferenza dei donatori dell'area, le attività operative della missione sono finalizzate alla realizzazione di iniziative concordate con il Governo pakistano ed afgano e destinate, tra l'altro:
a) al sostegno al settore sanitario;
b) al sostegno istituzionale e tecnico;
c) al sostegno della piccola e media impresa, con particolare riguardo all'area di frontiera tra il Pakistan e l'Afghanistan;
d) al sostegno dei mezzi di comunicazione locali.

4. Nell'ambito dello stanziamento di cui al comma 1, relativo alle iniziative di cooperazione allo sviluppo, si provvede all'organizzazione di una conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, in collaborazione con la rete di organizzazioni non governative «Afghana».
5. Il Ministero degli affari esteri identifica le misure volte ad agevolare l'intervento di organizzazioni non governative che intendano operare in Pakistan e in Afghanistan per fini umanitari.
6. Nell'ambito delle operazioni internazionali di gestione delle crisi, per le esigenze operative e di funzionamento della componente civile del Provincial Reconstruction Team in Herat, è autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 24.244.

Articolo 2.
(Interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione).

1. Per iniziative di cooperazione in favore di Iraq, Libano, Myanmar, Pakistan, Sudan e Somalia volte ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e dei rifugiati nei Paesi limitrofi, nonché il sostegno alla ricostruzione civile, è autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 10.500.000 ad integrazione degli stanziamenti di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinati dalla Tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, nonché la spesa di euro 1.000.000 per gli interventi previsti dalla legge 7 marzo 2001, n. 58, anche in altre aree e territori. Nell'ambito del predetto stanziamento il Ministro degli affari esteri, con proprio decreto, può destinare risorse, fino ad un massimo del 15 per cento, per iniziative di cooperazione in altre aree di crisi, per le quali emergano urgenti necessità di intervento, nel periodo di vigenza del presente decreto.
2. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 1.000.000 per la partecipazione italiana ai Fondi fiduciari della NATO destinati all'addestramento della polizia federale irachena e delle forze di sicurezza kosovare, al reinserimento nella vita civile del personale militare serbo in esubero e alla distruzione di munizioni obsolete in Albania.
3. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 800.000 per l'erogazione del contributo italiano al Tribunale Speciale delle Nazioni Unite per il Libano.
4. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 617.951 per assicurare la partecipazione dell'Italia alle operazioni civili di mantenimento della pace e di diplomazia preventiva, nonché ai progetti di cooperazione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).
5. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 14.327.451 per gli interventi a sostegno della stabilizzazione in Iraq e Yemen, per il contributo all'Unione per il Mediterraneo e la prosecuzione degli interventi operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani nei territori bellici e ad alto rischio.
6. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 10.000.000 per il finanziamento del fondo di cui all'articolo 3, comma 159, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, destinato al rafforzamento delle misure di sicurezza attiva e passiva delle rappresentanze diplomatiche, degli uffici consolari, degli istituti italiani di cultura e delle istituzioni scolastiche all'estero.
7. Per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell'Africa sub-sahariana è autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 2.750.000 ad integrazione degli stanziamenti già assegnati per l'anno 2011 per l'attuazione della legge 6 febbraio 1992, n. 180.
8. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 1.583.328 per assicurare la partecipazione italiana alle iniziative PESC-PSDC e a quelle di altre organizzazioni internazionali.
9. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 454.050 per l'invio in missione di personale di ruolo presso le sedi in Afghanistan, Iraq e Pakistan. Al predetto personale è corrisposta un'indennità, senza assegno di rappresentanza, pari all'80 per cento di quella determinata ai sensi dell'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni. È altresì autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 61.971 per il parziale pagamento delle spese di viaggio per congedo in Italia del personale in servizio presso le sedi in Afghanistan, Iraq e Pakistan e per i familiari a carico. Il relativo diritto, in deroga all'articolo 181, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, spetta ogni 6 mesi ed è acquisito dopo 4 mesi ancorché i viaggi siano stati effettuati precedentemente. È altresì autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 180.436 per l'invio in missione di un funzionario diplomatico con l'incarico di assistere la presenza italiana in Kurdistan. Al predetto funzionario è corrisposta un'indennità pari all'80 per cento di quella determinata ai sensi dell'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, ed il rimborso forfettario degli oneri derivanti dalle attività in Kurdistan, commisurato alla diaria per i viaggi di servizio all'interno dell'Iraq. Per l'espletamento delle sue attività, il predetto funzionario può avvalersi del supporto di due unità da reperire in loco, con contratto a tempo determinato, di durata comunque inferiore alla scadenza del presente decreto.
10. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 318.700 per la partecipazione di personale del Ministero degli affari esteri alle operazioni internazionali di gestione delle crisi, comprese le missioni PESD e gli Uffici dei Rappresentanti Speciali dell'Unione europea. Al predetto personale è corrisposta un'indennità, detratta quella eventualmente concessa dall'organizzazione internazionale di riferimento e senza assegno di rappresentanza, pari all'80 per cento di quella determinata ai sensi dell'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni. Per incarichi presso il contingente italiano in missioni internazionali, l'indennità non può comunque superare il trattamento attribuito per la stessa missione all'organo di vertice del predetto contingente. È altresì autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 36.000 per i viaggi di servizio, ai sensi dell'articolo 186 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, del personale del Ministero degli affari esteri in servizio presso gli uffici situati in Afghanistan, Iraq e Pakistan.
11. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 300.000 per assicurare la partecipazione italiana alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica al fine di attuare il coordinamento delle politiche dei Paesi partecipanti per il rafforzamento della cooperazione regionale nell'area.

Articolo 3.
(Regime degli interventi).

1. Per assicurare il necessario coordinamento delle attività e l'organizzazione degli interventi e delle iniziative di cui al presente Capo, il Ministro degli affari esteri, con propri decreti di natura non regolamentare, provvede alla costituzione di strutture operative temporanee nell'ambito degli stanziamenti di cui agli articoli 1 e 2.
2. Per le finalità e nei limiti temporali di cui agli articoli 1 e 2, il Ministero degli affari esteri è autorizzato, nei casi di necessità e urgenza, a ricorrere ad acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ricorrendo preferibilmente all'impiego di risorse locali sia umane che materiali.
3. Nell'ambito degli stanziamenti di cui agli articoli 1 e 2, al personale inviato in breve missione per le attività e le iniziative di cui agli articoli 1 e 2, incluso quello di cui all'articolo 16 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, è corrisposta l'indennità di missione di cui al regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, nella misura intera incrementata del 30 per cento, calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.
4. Il Ministero degli affari esteri, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio per il funzionamento delle Unità tecniche, di cui all'articolo 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e delle Sezioni distaccate, di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1988, n. 177, è autorizzato a sostenere le spese di vitto ed alloggio strettamente indispensabili per il personale inviato in missione nei Paesi di cui agli articoli 1, comma 1, e 2, comma 1, che per motivi di sicurezza debba essere alloggiato in locali comunque a disposizione dell'Amministrazione.
5. Per quanto non diversamente previsto, alle attività e alle iniziative di cui al presente Capo si applicano l'articolo 57, commi 6 e 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché l'articolo 3, commi 1 e 5, e l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n. 219.
6. Alle spese previste dagli articoli 1 e 2 non si applica l'articolo 60, comma 15, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
7. L'organizzazione delle attività di coordinamento degli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, è definita con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro degli affari esteri, con il quale sono stabilite:
a) le modalità di organizzazione e svolgimento della missione e di raccordo con le autorità e le strutture amministrative locali e di Governo;
b) l'istituzione e la composizione, presso il Ministero degli affari esteri, di una apposita struttura («Task Force»), con il compito di individuare, gestire e coordinare gli interventi;
c) l'istituzione di un comitato di controllo degli interventi.

Capo II
MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA

Articolo 4.
(Missioni internazionali delle Forze armate e di polizia).

1. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 380.770.000 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
2. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 106.240.346 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano, denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego di unità navali nella UNIFIL Maritime Task Force, di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
3. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 35.770.354 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, di seguito elencate:
a) Multinational Specialized Unit (MSU), European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), Security Force Training Plan in Kosovo;
b) Joint Enterprise.

4. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 147.799 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
5. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 12.935.084 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione nel Mediterraneo denominata Active Endeavour, di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
6. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 594.139 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione denominata Temporary International Presence in Hebron (TIPH2), di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
7. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 60.346 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah, denominata European Union Border Assistance Mission in Rafah (EUBAM Rafah), di cui all'articolo 4, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
8. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 126.459 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana in Sudan, denominata United Nations/African Union Mission in Darfur (UNAMID), di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
9. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 206.026 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica democratica del Congo denominata EUPOL RD CONGO, di cui all'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
10. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 132.039 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Peacekeeping Force in Cipro (UNFICYP), di cui all'articolo 4, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
11. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 653.993 per la prosecuzione delle attività di assistenza alle Forze armate albanesi, di cui all'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
12. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 694.810 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata EUMM Georgia, di cui all'articolo 4, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
13. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 25.112.656 per la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare dell'Unione europea denominata Atalanta e all'operazione della NATO per il contrasto della pirateria, di cui all'articolo 4, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
14. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 4.107.115 per la proroga della partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 4, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
15. È autorizzata, dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 12.169.041 per la proroga dell'impiego di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein e a Tampa per esigenze connesse con le missioni in Afghanistan e in Iraq, di cui all'articolo 4, comma 15, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
16. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 681.198 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione militare dell'Unione europea denominata EUTM Somalia, di cui all'articolo 4, comma 17, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
17. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2011, la spesa di euro 80.506.000 per la stipulazione dei contratti di assicurazione e di trasporto di durata annuale e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni di cui al presente decreto.
18. Al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali, è autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2011, la spesa complessiva di euro 7.988.794 per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, disposti nei casi di necessità e urgenza dai comandanti dei contingenti militari che partecipano alle missioni internazionali di cui al presente decreto, entro il limite di euro 6.378.204 in Afghanistan, euro 1.200.000 in Libano, euro 410.590 nei Balcani.
19. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 3.497.465 per la prosecuzione dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica, di cui all'articolo 4, comma 20, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
20. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 853.940 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo) e di euro 30.700 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata United Nations Mission in Kosovo (UNMIK), di cui all'articolo 4, comma 21, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
21. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 64.040 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione in Palestina, denominata European Union Police Mission for the Palestinian Territories (EUPOL COPPS), di cui all'articolo 4, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
22. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 269.002 per la proroga della partecipazione di personale dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM), di cui all'articolo 4, comma 23, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
23. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 8.297.164 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, di cui all'articolo 4, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, e per garantire la manutenzione ordinaria e l'efficienza delle unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico, in esecuzione degli accordi di cooperazione sottoscritti tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.
24. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 1.471.724 e di euro 368.141 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL Afghanistan, di cui all'articolo 4, comma 25, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
25. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 411.201 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), di cui all'articolo 4, comma 26, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
26. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 309.077 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle unità di coordinamento interforze denominate Joint Multimodal Operational Units (JMOUs) costituite in Afghanistan, Emirati Arabi Uniti e Kosovo, di cui all'articolo 4, comma 28, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
27. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 260.991 per la proroga della partecipazione di sei magistrati collocati fuori ruolo, personale del Corpo della polizia penitenziaria e personale amministrativo del Ministero della giustizia alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), di cui all'articolo 4, comma 29, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
28. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 19.254 per la partecipazione di un magistrato collocato fuori ruolo alla missione in Palestina, denominata European Union Police Mission for the Palestinian Territories (EUPOL COPPS), di cui all'articolo 4, comma 30, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
29. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 96.971 per la partecipazione di due magistrati collocati fuori ruolo alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM), di cui all'articolo 4, comma 31, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
30. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 5.000.000 per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali, in attuazione delle missioni affidate all'AISE dall'articolo 6, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 124.
31. La dotazione del fondo di cui all'articolo 55, comma 5-septies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per le esigenze ivi previste anche connesse con le missioni internazionali, è stabilita in euro 2.500.000 per l'anno 2011. Per la finalità di cui al presente comma è autorizzata, per l'anno 2011, la spesa di euro 2.500.000.
32. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione del memorandum di intesa di cooperazione tecnica nel settore della sicurezza tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Panama, stipulato il 30 giugno 2010, è autorizzato a cedere, a titolo gratuito, al Governo della Repubblica di Panama quattro unità navali «classe 200/s» in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto.

Articolo 5.
(Disposizioni in materia di personale).

1. Al personale che partecipa alle missioni internazionali di cui al presente decreto si applicano l'articolo 3, commi da 1 a 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108, l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, e l'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.
2. L'indennità di missione, di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 108, è corrisposta:
a) nella misura del 98 per cento, al personale impiegato nelle missioni UNAMID, se usufruisce di vitto e alloggio gratuiti, ed EUPM e nella unità di coordinamento interforze JMOUs in Kosovo, di cui all'articolo 4, commi 8, 22 e 26;
b) nella misura del 98 per cento calcolata sulla diaria prevista con riferimento alla Repubblica democratica del Congo, al personale impiegato nella missione EUTM Somalia, di cui all'articolo 4, comma 16;
c) nella misura intera incrementata del 30 per cento, se non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti, al personale impiegato presso il NATO HQ Skopje, di cui all'articolo 4, comma 3.

3. Al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dopo l'articolo 248, è inserito il seguente:
«Art. 248-bis. - (APR di peso inferiore a 20 chilogrammi). - 1. La conduzione degli APR di peso inferiore a 20 chilogrammi, ammessi alla navigazione e certificati dalla competente struttura del Ministero della difesa e dalla stessa iscritti in apposito registro, impiegati dalle Forze armate entro aree identificate e sottoposte al divieto temporaneo di sorvolo ovvero al di fuori di tali aree nei casi di cui all'articolo 247, comma 4, è affidata a personale militare in possesso di idonea qualifica e non comporta la corresponsione di specifici emolumenti. I criteri d'impiego dei medesimi APR e le modalità per il conseguimento della qualifica per la conduzione degli stessi sono disciplinati dal regolamento.».

Articolo 6.
(Disposizioni in materia penale).

1. Alle missioni internazionali di cui al presente decreto si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12, e successive modificazioni, e all'articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197.

Articolo 7.
(Disposizioni in materia contabile).

1. Alle missioni internazionali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, e del Corpo della guardia di finanza di cui al presente decreto si applicano le disposizioni in materia contabile previste dall'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197.
2. Per assicurare la prosecuzione delle missioni internazionali senza soluzione di continuità, entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta delle Amministrazioni interessate, dispone l'anticipazione di una somma non superiore alla metà delle spese autorizzate dal presente decreto e comunque, per il Ministero della difesa, pari a euro 345.000.000 a valere sullo stanziamento di cui all'articolo 8.

Capo III
DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 8.
(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto, pari complessivamente a euro 754.300.000 per l'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni e integrazioni.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 9.
(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

A.C.3996-A - Modificazioni delle Commissioni

MODIFICAZIONI APPORTATE DALLE COMMISSIONI

All'articolo 1:
al comma 3:
all'alinea, le parole: «
il Governo» sono sostituite dalle seguenti: «i Governi»;
alla lettera a), dopo le parole: «settore sanitario» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «ed educativo»;
al comma 4, le parole: «all'organizzazione di una conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, in collaborazione con la rete di organizzazioni non governative "Afghana"» sono sostituite dalle seguenti: «alla realizzazione di una "Casa della società civile" a Kabul, quale centro culturale per lo sviluppo di rapporti tra l'Italia e l'Afghanistan, anche al fine di sviluppare gli esiti della conferenza regionale di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2010, n. 30».

All'articolo 2:
al comma 1:
al secondo periodo, le parole:
«del predetto stanziamento» sono sostituite dalle seguenti: «dello stanziamento di euro 10.500.000 di cui al primo periodo», e le parole: «nel periodo di vigenza del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 30 giugno 2011»;
è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «È altresì autorizzata la spesa di euro 500.000 per il sostegno alla realizzazione di iniziative dirette ad eliminare le mutilazioni genitali femminili»;
al comma 5, la cifra «14.327.451» è sostituita dalla seguente: «12.827.451», le parole: «nei territori bellici e ad alto rischio» sono sostituite dalle seguenti: «in territori interessati da eventi bellici o ad alto rischio», ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai predetti interventi non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»;
al comma 6, dopo le parole: «legge 24 dicembre 2003, n. 350» sono inserite le seguenti: «, e successive modificazioni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine di garantire anche la sicurezza informatica della rete diplomatico-consolare, al personale inviato in missione per gli interventi tecnici a tutela della funzionalità dei sistemi informatici e degli apparati di comunicazione spetta l'indennità di missione di cui al regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, da corrispondere mediante l'ordinaria dotazione di bilancio di cui alla Tabella 6 della legge 13 dicembre 2010, n. 221»;
al comma 9, al quarto e al sesto periodo, dopo le parole: «decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18» sono inserite le seguenti: «, e successive modificazioni»;
al comma 10, al quarto periodo, le parole: « e successive modificazioni,» sono soppresse;
il comma 11 è sostituito dal seguente:
«11. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 1.300.000 per garantire il contributo italiano al rafforzamento della cooperazione regionale nell'area dei Balcani e l'adesione italiana a progetti e iniziative di ricostruzione nel sud-est europeo, così ripartita: euro 300.000 per assicurare la partecipazione italiana alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica ed euro 1.000.000 per assicurare la partecipazione italiana al Fondo Fiduciario InCE istituito presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo»;
dopo il comma 11 è aggiunto il seguente:
«11-bis. Al fine di assicurare la funzionalità del Comitato atlantico italiano, incluso nella tabella degli enti a carattere internazionalistico di cui alla legge 28 dicembre 1982, n. 948, e successive modifiche e integrazioni, è assegnato un contributo straordinario a favore dello stesso di 250.000 euro per l'anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

All'articolo 3:
al comma 4, dopo le parole:
«legge 26 febbraio 1987, n. 49» sono inserite le seguenti: «, e successive modificazioni», dopo le parole: «all'articolo 4, comma 2, del» sono inserite le seguenti: «regolamento di cui al» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Alle spese per il funzionamento delle medesime strutture site nei Paesi di cui agli articoli 1, comma 1, e 2, comma 1, del presente decreto non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 14, e 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»;
al comma 5, le parole: «e successive modificazioni,» sono soppresse;
dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
«5-bis. Per le finalità, nei limiti temporali e nell'ambito delle risorse di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto, il Ministero degli affari esteri può conferire incarichi temporanei di consulenza anche ad enti e organismi specializzati, nonché a personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso di specifiche professionalità, e stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 7, e all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, all'articolo 1, comma 56, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e all'articolo 61, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Gli incarichi sono affidati, nel rispetto del principio di pari opportunità tra uomo e donna, a persone di nazionalità locale, ovvero di nazionalità italiana o di altri Paesi, a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistano le professionalità richieste.
5-ter. Nei limiti delle risorse di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto nonché dei residui non impegnati degli stanziamenti di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2010, n. 30, e agli articoli 1 e 2 del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, sono convalidati gli atti adottati, le attività svolte e le prestazioni effettuate dal 1o gennaio 2011 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, conformi alla disciplina contenuta nel presente articolo.
5-quater. Le somme di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto, se non impegnate nell'esercizio di competenza, possono essere impegnate nel corso dell'intero esercizio finanziario 2011 e in quello successivo. I residui non impegnati degli stanziamenti di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2010, n. 30, e agli articoli 1 e 2 del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, possono essere impegnati nel corso dell'intero esercizio finanziario 2011.
5-quinquies. Il Ministero degli affari esteri è autorizzato a proseguire le azioni di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, anche avvalendosi di organizzazioni non governative idonee o di enti pubblici e privati di formazione»;
al comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo restando il divieto di artificioso frazionamento, in presenza di difficoltà oggettive di utilizzo del sistema bancario locale attestate dal capo missione, ai pagamenti di importo non superiore a 10.000 euro, effettuati dalle rappresentanze diplomatiche, a valere sui fondi di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, loro accreditati, non si applica l'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, e successive modificazioni»;
al comma 7, all'alinea, le parole: «con il quale» sono sostituite dalle seguenti: «in cui»;
dopo il comma 7 è aggiunto il seguente:
«7-bis. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 12 e 13, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, in materia di esperti addetti alla cooperazione allo sviluppo, al fine di migliorare l'efficacia della gestione degli interventi di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto, assicurando la flessibilità e la funzionalità del personale impiegato, alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 12, comma 3, primo periodo, dopo le parole: "centoventi unità" sono inserite le seguenti: ", da esperti tratti dalla categoria di cui all'articolo 16, comma 1, lettera e)";
b) all'articolo 13:
1) al comma 2, le parole: "esecutivo ed ausiliario" sono soppresse;
2) ai commi 2 e 4, le parole: "dell'unità tecnica centrale di cui all'articolo 12" sono sostituite dalle seguenti: "di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) ed e),"».

All'articolo 4:
il comma 31 è sostituito dal seguente:
«31. Per le esigenze di cui all'articolo 55, comma 5-septies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, connesse alla celebrazione del 150o anniversario dell'unità d'Italia, anche riferite alle missioni internazionali, la dotazione del fondo di cui all'articolo 620 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilita in euro 2.500.000, per l'anno 2011. Per la finalità di cui al presente comma è autorizzata, per l'anno 2011, la spesa di euro 2.500.000».

All'articolo 5:
al comma 1, dopo le parole: «legge 3 agosto 2009, n. 108» sono inserite le seguenti: «, e successive modificazioni»;
al comma 3, all'alinea alle parole: «Al decreto legislativo» sono premesse le seguenti: «Nella sezione III del capo III del titolo II del libro secondo del codice dell'ordinamento militare, di cui», e la parola: «inserito» è sostituita dalla seguente: «aggiunto»;
dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
«3-bis. Nell'ambito delle misure finalizzate al sostegno e alla tutela anche del personale impiegato nelle missioni internazionali, al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 603, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
"1. Al fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano che, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura effettuate entro e fuori i confini nazionali, abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative, al personale impiegato nei poligoni di tiro e nei siti dove vengono stoccati munizionamenti, nonché al personale civile italiano nei teatri operativi all'estero e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbia contratto le stesse infermità o patologie tumorali connesse alle medesime condizioni ambientali, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010. In caso di decesso a seguito delle citate infermità o patologie tumorali, l'indennizzo è corrisposto al coniuge, al convivente, ai figli superstiti, ai genitori, nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti.
2. I termini e le modalità per la corresponsione, ai soggetti di cui al comma 1 ed entro il limite massimo di spesa ivi stabilito, delle misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e 3 agosto 2004, n. 206, sono disciplinati dal libro VII del regolamento, fermo restando quanto disposto dall'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126";
b) l'articolo 1907 è sostituito dal seguente:
"Art. 1907. - (Personale esposto a particolari fattori di rischio). - 1. I termini e le modalità per il riconoscimento della causa di servizio e per la corresponsione di adeguati indennizzi per il personale che a causa dell'esposizione a particolari fattori di rischio ha contratto infermità o patologie tumorali sono disciplinati dall'articolo 603, che detta altresì il relativo limite massimo di spesa, e dal regolamento".
3-ter. Fino all'espletamento delle procedure di cui al comma 5 dell'articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, le Forze armate possono continuare ad avvalersi, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei lavoratori assunti ai sensi dell'articolo 184, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 2005, n. 170, nei limiti delle risorse destinate all'esecuzione dei lavori in amministrazione diretta a mezzo dei reparti del Genio militare e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

All'articolo 8:
al comma 1, dopo le parole: «presente decreto» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione della spesa di cui all'articolo 2, comma 11-bis».

A.C. 3996-A - Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

Capo I
INTERVENTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E A SOSTEGNO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE

ART. 1.
(Iniziative in favore dell'Afghanistan).

Al comma 1, sostituire le parole: euro 16.500.000 con le seguenti: euro 22.300.000.

Conseguentemente, all'articolo 4, comma 23, sostituire le parole: euro 8.297.164 con le seguenti: euro 2.497.164.
1. 2. Evangelisti, Di Stanislao, Leoluca Orlando.

Al comma 1, sostituire le parole: euro 16.500.000 con le seguenti: euro 22.300.000.

Conseguentemente, all'articolo 8, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Agli ulteriori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, pari a 5.800.000 euro, si provvede per l'anno 2011 mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente relative alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, ad eccezione delle autorizzazioni di spesa di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49.
1. 6. Tempestini, Rugghia, Barbi, Mogherini Rebesani, Pistelli, Garofani, Porta, Recchia, Narducci, Corsini, Villecco Calipari.

Al comma 5, aggiungere, in fine, le parole: coinvolgendole nelle attività di cui ai commi 2 e 3.
1. 4. Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

Sopprimere il comma 6.
1. 5. Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

ART. 2.
(Interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione).

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: euro 10.500.000 con le seguenti: euro 22.700.000.

Conseguentemente:
al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole:
euro 10.500.000 con le seguenti: euro 22.700.000;
all'articolo 8, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

1-bis. Agli ulteriori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, pari a 12.200.000 euro, si provvede per l'anno 2011 mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente relative alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, ad eccezione delle autorizzazioni di spesa di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49.
2. 10. Barbi, Tempestini, Rugghia, Mogherini Rebesani, Pistelli, Garofani, Porta, Narducci, Recchia, Villecco Calipari, Corsini.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: euro 10.500.000 con le seguenti: euro 16.300.000.

Conseguentemente:
al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole:
euro 10.500.000 con le seguenti: euro 16.300.000;
all'articolo 4, comma 23, sostituire le parole:
euro 8.297.164 con le seguenti: euro 2.497.164.
2. 7. Evangelisti, Di Stanislao, Leoluca Orlando.

Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: con proprio decreto aggiungere le seguenti: e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
2. 11. Tempestini, Rugghia, Barbi, Mogherini Rebesani, Pistelli, Garofani, Porta, Recchia, Narducci, Villecco Calipari, Corsini.

Al comma 6, secondo periodo, dopo le parole: inviato in missione aggiungere le seguenti: nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 30 giugno 2011.

Conseguentemente:
al medesimo periodo, sopprimere le parole:, da corrispondere mediante l'ordinaria dotazione di bilancio di cui alla Tabella 6 della legge 13 dicembre 2010, n. 221,;
aggiungere, in fine, il seguente periodo: All'onere derivante dal secondo periodo, pari a 30.000 euro per l'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della legge 4 giugno 1997, n. 170;
all'articolo 8, comma 1, sostituire le parole: ad esclusione della spesa di cui all'articolo 2, comma 11-bis con le seguenti: ad esclusione delle spese di cui all'articolo 2, comma 6, secondo periodo, e comma 11-bis.
2. 50.Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 6, secondo periodo, dopo le parole: inviato in missione aggiungere le seguenti: nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 30 giugno 2011.

Conseguentemente:
al medesimo periodo, sopprimere le parole:, da corrispondere mediante l'ordinaria dotazione di bilancio di cui alla Tabella 6 della legge 13 dicembre 2010, n. 221,;
aggiungere, in fine, il seguente periodo: All'onere derivante dal secondo periodo, pari a 30.000 euro per l'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della legge 4 giugno 1997, n. 170.
2. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).

Sopprimere il comma 11.
2. 9. Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

Al comma 11, sostituire le parole: euro 1.300.000 con le seguenti: euro 1.170.204.

Conseguentemente:
al medesimo comma, sostituire le parole:
euro 300.000 con le seguenti: euro 170.204;
all'articolo 4, comma 16, sostituire le parole:
euro 681.198 con le seguenti: euro 810.994.
2. 16. Evangelisti, Di Stanislao, Leoluca Orlando.

Al comma 11-bis, secondo periodo, dopo la parola: stanziamento aggiungere le seguenti: del fondo speciale di parte corrente.
2. 301.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

ART. 3.
(Regime degli interventi).

Al comma 5-quinquies, dopo le parole: 3 agosto 2010, n. 126, aggiungere le seguenti: nell'ambito delle risorse ivi previste,.
3. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

Al comma 7, lettera b), sostituire le parole: presso il Ministero degli affari esteri con le seguenti: presso la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri.
3. 11. Tempestini, Barbi, Mogherini Rebesani, Pistelli, Porta, Narducci, Corsini, Villecco Calipari.

Capo II
MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA

ART. 4.
(Missioni internazionali delle Forze armate e di polizia).

Al comma 2, sostituire le parole: euro 106.240.346 con le seguenti: euro 104.366.805.

Conseguentemente, al comma 8, sostituire le parole: euro 126.459 con le seguenti: euro 2.000.000.
4. 30. Vernetti, Tabacci, Lanzillotta, Mosella, Calgaro, Pisicchio.

Al comma 2, sostituire le parole: euro 106.240.346 con le seguenti: euro 103.240.346.

Conseguentemente, dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
8-bis. È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 3.000.000 per la partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Mission in Sudan (UNMIS).
4. 31. Vernetti, Tabacci, Lanzillotta, Mosella, Calgaro, Pisicchio.
(Inammissibile)

Al comma 11, sostituire le parole: euro 653.993 con le seguenti: euro 524.197.

Conseguentemente, al comma 16, sostituire le parole: euro 681.198 con le seguenti: euro 810.994.
4. 1. Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

ART. 5.
(Disposizioni in materia di personale)

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. L'aspettativa di cui all'articolo 884, comma 2, lettera a), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è riconosciuta anche per eventi antecedenti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo n. 66 del 2010, verificatisi a decorrere dal 1o gennaio 1982,.
5. 50.Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 3996-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
da circa vent'anni la Somalia è al centro di un conflitto che la sta dilaniando;
le milizie fedeli al Governo federale di transizione, sostenute dalla missione dell'Unione africana Amisom, e il movimento islamista radicale Harakat al-Shabaab al-Mujahideen continuano a contendersi il territorio della capitale, Mogadiscio;
il presidente Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, che è alla guida delle Istituzioni federali di transizione (IFT) dal gennaio 2009, sembra ormai completamente dipendente dalle forze di sicurezza dell'Unione africana, dislocate nei punti nevralgici della capitale, ma che la guerriglia islamista tengono continuamente sotto attacco ancora oggi;
a metà dello scorso novembre, a capo del Governo federale di transizione (GFT) si è insediato un nuovo primo ministro, Mohamed Abdullahi Mohamed, che ha subito palesato la sua volontà di rottura con l'esperienza del precedente primo ministro Omar Abdirashid Ali Sharmarke, dimessosi il 21 settembre a causa dei forti contrasti con il presidente delle IFT, Sheikh Sharif Sheikh Ahmed;
la nomina di questo nuovo primo ministro ha spiazzato sia gli altri Stati africani coinvolti nella crisi, come Etiopia e Uganda, sia l'Unione Africana, sia Stati Uniti, Unione Europea e ONU, presente con un suo ufficio (United Nations Political Office for Somalia, Unpos); sebbene abbia, in discontinuità con i precedenti premier, proposto la formazione di un governo di soli 18 ministri a fronte dei 30, il cammino parlamentare per la fiducia non appare agevole soprattutto perché non si è ancora trovato un accordo sulle modalità del voto, a scrutinio segreto o palese, rinviato rinvio sine die il che prolunga la crisi politica del paese dopo mesi di paralisi determinata dallo scontro tra i presidente Ahmed e l'ex premier Omar Abdirashid Sharmarke;
il 7 dicembre scorso un grido disperato è stato lanciato da Mogadiscio da un centinaio di donne, molte di loro anziane, che sono scese in piazza nella capitale somala e hanno urlato slogan contro la guerra, invitando le parti in conflitto di fermare i combattimenti e di rispettare la vita dei civili somali, ridotta allo stremo per gli scontri che da anni insanguinano il Paese e che hanno già provocato migliaia di vittime;
il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Corno d'Africa, Augustine Mahiga, ha lanciato il 10 dicembre un appello al Governo di transizione somalo perché metta in primo piano nell'agenda dell'esecutivo il rispetto dei diritti umani;
recentemente il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha esteso fino a settembre 2011 il mandato della missione dell'Unione Africana in Somalia autorizzando anche un aumento delle truppe UA stanziate nel paese africano fino a 12 mila unità con l'incarico di far fronte agli insorti, respingere gli attacchi terroristici e contribuire a stabilire l'ordine costituzionale, supportando il governo transitorio di Mogadiscio;
proprio nei giorni scorsi il premier somalo incaricato di formare un governo, ancorché provvisorio, è stato in visita in Italia,

impegna il Governo:

a sostenere l'impegno politico e economico per la pacificazione della Somalia in quanto priorità della nostra politica estera e per promuovere la stabilizzazione della Somalia e l'attuazione degli impegni politici necessari per la nascita di nuove istituzioni;
all'organizzazione di una Conferenza regionale della società civile della Somalia e dei paesi confinanti, in collaborazione con la rete delle organizzazioni non governative italiane operanti in Somalia, al fine di individuare iniziative efficaci a rafforzamento dei processi di pace.
9/3996-A/1. Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
da circa vent'anni la Somalia è al centro di un conflitto che la sta dilaniando;
le milizie fedeli al Governo federale di transizione, sostenute dalla missione dell'Unione africana Amisom, e il movimento islamista radicale Harakat al-Shabaab al-Mujahideen continuano a contendersi il territorio della capitale, Mogadiscio;
il presidente Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, che è alla guida delle Istituzioni federali di transizione (IFT) dal gennaio 2009, sembra ormai completamente dipendente dalle forze di sicurezza dell'Unione africana, dislocate nei punti nevralgici della capitale, ma che la guerriglia islamista tengono continuamente sotto attacco ancora oggi;
a metà dello scorso novembre, a capo del Governo federale di transizione (GFT) si è insediato un nuovo primo ministro, Mohamed Abdullahi Mohamed, che ha subito palesato la sua volontà di rottura con l'esperienza del precedente primo ministro Omar Abdirashid Ali Sharmarke, dimessosi il 21 settembre a causa dei forti contrasti con il presidente delle IFT, Sheikh Sharif Sheikh Ahmed;
la nomina di questo nuovo primo ministro ha spiazzato sia gli altri Stati africani coinvolti nella crisi, come Etiopia e Uganda, sia l'Unione Africana, sia Stati Uniti, Unione Europea e ONU, presente con un suo ufficio (United Nations Political Office for Somalia, Unpos);
il 7 dicembre scorso un grido disperato è stato lanciato da Mogadiscio da un centinaio di donne, molte di loro anziane, che sono scese in piazza nella capitale somala e hanno urlato slogan contro la guerra, invitando le parti in conflitto di fermare i combattimenti e di rispettare la vita dei civili somali, ridotta allo stremo per gli scontri che da anni insanguinano il Paese e che hanno già provocato migliaia di vittime;
il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Corno d'Africa, Augustine Mahiga, ha lanciato il 10 dicembre un appello al Governo di transizione somalo perché metta in primo piano nell'agenda dell'esecutivo il rispetto dei diritti umani;
recentemente il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha esteso fino a settembre 2011 il mandato della missione dell'Unione Africana in Somalia autorizzando anche un aumento delle truppe UA stanziate nel paese africano fino a 12 mila unità con l'incarico di far fronte agli insorti, respingere gli attacchi terroristici e contribuire a stabilire l'ordine costituzionale, supportando il governo transitorio di Mogadiscio;
proprio nei giorni scorsi il premier somalo incaricato di formare un governo, ancorché provvisorio, è stato in visita in Italia,

impegna il Governo:

a continuare a sostenere l'impegno politico e economico per la pacificazione della Somalia in quanto priorità della nostra politica estera e per promuovere la stabilizzazione della Somalia e l'attuazione degli impegni politici necessari per la nascita di nuove istituzioni;
all'organizzazione di una Conferenza regionale della società civile della Somalia e dei paesi confinanti, in collaborazione con la rete delle organizzazioni non governative italiane operanti in Somalia, al fine di individuare iniziative efficaci a rafforzamento dei processi di pace.
9/3996-A/1.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Stanislao, Evangelisti, Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
è all'esame della Camera il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 228 del 2010 relativo alla «Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione» che, oltre a prevedere il rinnovo delle nostre missioni militari all'estero, finanzia interventi italiani di cooperazione in zone di conflitto o «fragili» come Afghanistan, Libano, Balcani, Darfur, Iraq, Georgia o Somalia;
nonostante il titolo del decreto-legge sembri attribuire un'importanza rilevante agli interventi di cooperazione allo sviluppo nell'ambito del sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, in realtà i primi rappresentano solo il 3,6 per cento dei 754 milioni di euro stanziati per la prima metà del 2011;
per gli interventi di cooperazione allo sviluppo si stanziano complessivamente solo 27 milioni di euro che vanno ad aggiungersi a quanto previsto dalla Finanziaria per il 2011: di questi circa 16,7 milioni di euro sono destinati all'Afghanistan, ai sensi dell'articolo 1, mentre i restanti 10.500.000 stanziati dall'articolo 2 sono destinati a Iraq, Somalia, Myanmar, Pakistan Sudan e Libano;
rispetto all'ultimo semestre di «proroga delle missioni» le risorse per interventi di cooperazione allo sviluppo subiscono una contrazione del 10 per cento. Un anno fa, per il primo semestre del 2010 si erano stanziati 22 milioni per l'Afghanistan e 22 milioni per gli altri teatri, che allora non includevano il Myanmar. L'incidenza della componente cooperazione allo sviluppo su tutto il bilancio della missione era del 5 per cento per i primi sei mesi del 2010;
la preoccupazione aumenta se si guarda alla prospettiva di medio periodo: negli ultimi tre anni, pur essendo cresciuto complessivamente il costo dei «decreti di proroga delle missioni», l'incidenza della componente cooperazione allo sviluppo e le risorse complessive disponibili per questi interventi si è progressivamente e inevitabilmente ridotta;
è sufficiente pensare che nel 2008 il finanziamento d'iniziative di cooperazione allo sviluppo rappresentava il 9,4 per cento dell'ammontare complessivamente stanziato nel decreto-legge di rifinanziamento; nel 2009 l'incidenza della cooperazione allo sviluppo era del 6,1 per cento; nel 2010, sebbene il costo complessivo del rifinanziamento salga ad un ammontare pari ad 1,5 miliardi di euro, la percentuale degli interventi di cooperazione scende al solo 4,7 per cento; infine per la prima metà del 2011 gli oneri finanziari sono quantificati a 754 milioni di euro e i costi delle attività di cooperazione allo sviluppo incidono solo per il 3,6 per cento;
tra il 2008 e il 2011 le spese complessive per i decreti missione sono cresciute del 50 per cento, mentre quelle previste per gli interventi di cooperazione allo sviluppo sono state ridotte del 42 per cento;
gli interventi di cooperazione allo sviluppo costituiscono un elemento fondamentale ed imprescindibile per la riuscita delle operazioni di peacekeeping nelle quali il nostro Paese si trova impegnato, determinando non solo interventi volti a fronteggiare i bisogni essenziali della popolazione, ma altresì favorendo spesso la ricostituzione di un tessuto civile e sociale all'interno di paesi che si trovano in grosse crisi politiche istituzionali ed economiche;
in generale la cooperazione allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49 del 1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi due anni, destinate agli interventi di cooperazione sia in paesi nei quali siamo impegnati con missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia sia, più in generale, volti a reintegrare le risorse complessivamente destinate al finanziamento della legge n. 49 del 1987, invertendo finalmente il drammatico trend negativo cui abbiamo assistito negli ultimi 3 anni.
9/3996-A/2.Barbi, Tempestini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede una sensibile riduzione della nostra presenza in termini di uomini e risorse nell'area dei Balcani, in particolare con riferimento alla Bosnia Erzegovina, dove le risorse destinate alla missione Althea passeranno da 10.121.897 milioni di euro a soli 147.799 euro, con una riduzione unità autorizzate da 172 uomini a 5, che si aggiunge alla già sensibile riduzione operata nel Kosovo dal precedente decreto di rifinanziamento, dove presso la missione UNMIK permane ormai una sola unità;
pur trattandosi di scelte conseguenti a decisioni approvate in sede NATO o in sede di Unione europea, la situazione politica resta instabile e potenzialmente pericolosa;
in tal senso il ridotto impegno militare dovrebbe essere almeno compensato e sostenuto da una più accentuata iniziativa politica e di cooperazione, mettendo a disposizione più risorse economiche e un'attenzione politico-diplomatico più decisa in quest'area che possa rilanciare la road map in otto punti presentata dal nostro ministro degli Affari esteri;
tale area geografica è strategicamente e tradizionalmente prioritaria per il nostro Paese, tanto che l'Italia figura tra i paesi europei che da sempre sostengono il processo di avvicinamento dei Balcani all'Unione europea, e che hanno sponsorizzato le decisioni volte a facilitare il rilascio dei visti per i cittadini provenienti da alcune di queste aree,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche nelle opportune sedi internazionali, volta a rafforzare l'iniziativa politico-diplomatica nell'area dei Balcani, anche assicurando che la presenza internazionale non scenda al di sotto dei livelli minimi necessari ad evitare l'inasprirsi delle tensioni che ancora permangono, nonché a reperire quanto prima le risorse economiche indispensabili per favorire la stabilizzazione dell'area e il processo di institution building.
9/3996-A/3.Maran.

La Camera,
premesso che:
il comma 8 dell'articolo 4 del provvedimento autorizza dal 1o gennaio al 30 giugno 2011 la spesa di 126.459 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione UNAMID (United Nations/African Union Mission in Darfur) delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana nel Darfur in Sudan (la precedente autorizzazione di spesa, di cui al comma 8 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 102 del 2010, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, stabiliva un impegno di 128.654 di euro);
tuttavia, ad oggi, la United Nations/African Union Mission in Darfur, autorizzata nel luglio 2007 dalla risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, non ha ancora dispiegato interamente l'invio di una forza di peacekeeping pari a 26.000 caschi blu, quale impegno principale di protezione da parte della Comunità internazionale della popolazione locale. Non è stato ancora fornito al contingente l'equipaggiamento necessario a tener fede al proprio mandato e, soprattutto, mancano ancora 18 elicotteri di medio carico per il trasporto rapido dei caschi blu, richiesti più volte dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, senza i quali verrebbe compromessa la capacità della forza internazionale di pace di rispondere velocemente agli eventi e di proteggere i civili in un'area grande quattro volte l'Italia;
si stima che dal febbraio 2003 in questa provincia nel Nord-Ovest del Sudan, dove gruppi ribelli nati in difesa degli interessi delle comunità locali e milizie arabe si scontrano per il controllo del territorio, siano morte tra le 300.000 e le 400.000 persone, mentre gli sfollati o rifugiati fuggiti in altre aree del paese o negli Stati confinanti sarebbero oltre 2 milioni; le milizie janjaweed, tristemente note per la loro ferocia nei confronti delle popolazioni locali e supportate da bombardamenti aerei coordinati dal Governo sudanese, continuano a terrorizzare la popolazione del Darfur, devastandone i villaggi e seminando morte e distruzione, mentre il Governo sudanese, nonostante le rassicurazioni ribadite più volte in sede ONU, continua a mettere in atto un ostruzionismo ormai palese per rallentare il dispiegamento della forza di pace;
la persistente situazione di conflitto in Darfur e la mancata implementazione della missione ONU si intrecciano con il cruciale momento politico e il delicato processo di transizione in corso in Sudan, connesso all'avvio delle operazioni voto del referendum sull'autodeterminazione del Sud Sudan iniziato il 9 gennaio 2001;
il processo referendario in Sudan e la nascita di un nuovo Stato dell'Africa, denso di aspettative ed incognite, potrebbe aprire a scenari forieri di rinnovati conflitti e una nuova guerra civile. All'avvio delle operazioni di voto del referendum si sono registrate violenze in particolare nella regione di confine di Abyei, con una ventina di morti. Nel mese di dicembre sono falliti i colloqui tra le parti per giungere ad un'intesa sul referendum da effettuare nella regione di Abyei per definire la sua appartenenza al Nord o al Sud del Sudan; del pari fallimentari sono risultati i colloqui tra le parti sugli sviluppi successivi al referendum sull'indipendenza del Sud del Sudan. Nel Darfur la situazione ha subito un ulteriore deterioramento, come testimoniato dagli scontri tra forze armate sudanesi e gli appartenenti ai movimenti armati dell'SLM (Sudan Liberation Movement/Army, un'associazione sparsa di gruppi ribelli sudanesi che combattono contro le milizie Janjawid e le forze governative) e del JEM (Justice and Equality Movement, il gruppo più importante che combatte in Darfur). Il presidente sudanese al-Bashir ha minacciato il ritiro dai colloqui di pace, in corso a Doha, in caso di mancata intesa con il JEM;
pur essendo pressoché scontato l'esito del referendum, in favore di un plebiscito per l'indipendenza del Sud e dell'opzione secessionista, permarrebbero molti dei motivi di preoccupazione, alcuni dei quali alla base del trattato di pace, il Comprenhensive Peace Agreement (CPA), firmato il 9 gennaio del 2005 a Nairobi da Omar Hasan al-Bashir, presidente del Sudan e John Garang, fondatore e leader del Sudan People's Liberation Movement/Army (Splm/A). L'accordo, favorito dalle pressioni della comunità internazionale, non è però riuscito a innescare un reale processo di democratizzazione e a rinvigorire le ragioni di unità nel paese;
l'esito referendario in favore dell'indipendenza del Sud Sudan potrebbe lasciare aperti molti dei vecchi nodi irrisolti che, insieme all'emergere di nuove problematiche, potrebbero accrescere l'insicurezza regionale in un'area già ad alto rischio, come quella del Corno d'Africa. Tra le questioni aperte rilevano in modo particolare la non scontata accettazione formale dei risultati da parte di al-Bashir con la minaccia di una radicalizzazione dello stato islamico, la demarcazione delle frontiere fra Sudan e Sudan del Sud, i problemi di cittadinanza per i «sudisti» risiedenti al Nord, la divisione dei proventi petroliferi, il futuro di Abyei, l'aumento delle tensioni fra Egitto, da una parte, Etiopia e Uganda dall'altra, in relazione allo sfruttamento delle acque del Nilo,

impegna il Governo

con particolare riguardo alla missione UNAMID in Darfur, ad attivarsi quanto prima presso i membri del Consiglio di sicurezza affinché si garantiscano tutte le risorse necessarie a dare integralmente attuazione alla risoluzione n. 1769 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sia per quanto riguarda il dispiegamento dei caschi blu e del loro equipaggiamento, sia per quel che riguarda l'invio dei 18 elicotteri a medio carico richiesti a più riprese dal segretario generale Ban Ki Moon;
a proseguire con determinazione negli impegni già assunti in ambito internazionale e multilaterale affinché il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prolunghi il mandato della forza internazionale di peacekeeping in Sudan UNMIS, in protezione dei civili anche nelle zone più remote e instabili del paese;
a valutare la possibilità di reperire le risorse necessarie per consentire l'invio da parte dell'Italia di alcuni mezzi, dotati delle caratteristiche necessarie per la perlustrazione dell'area in conflitto, quale possibile contributo italiano alla missione UNAMID;
ad incoraggiare la cooperazione fra le due entità sudanesi, nell'ambito del nuovo quadro politico, con riferimento al delicato processo di transizione del Sudan e al referendum sull'autodeterminazione del Sud Sudan, attivandosi in tutte le sedi multilaterali, per minimizzare i rischi di escalation ed esercitare pressioni nei confronti del governo sudanese affinché vengano rispettati gli standard internazionali in tema dei diritti umani e della libertà religiosa, con particolare riguardo ai soggetti maggiormente colpiti e vessati, come le donne, i minori e le minoranze cristiane;
a sostenere e a rafforzare, in sede multilaterale, tutti gli strumenti atti a governare i processi di pace nelle zone di conflitto a più alto rischio dell'Africa, inclusi i programmi europei come African peace facility e i programmi di collaborazione con l'Unione Africana per favorire sistemi di early warning, al fine di prevenire i conflitti e impedire il riaccendersi e il propagarsi di guerre civili nel più grande Stato africano.
9/3996-A/4.Touadi, Barbi.

La Camera,
premesso che:
il 22 ottobre 2009, è stata presentata la proposta di legge n. 2848, annunziata il 26 ottobre 2009, per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio, del tenente Antonio Fortunato, del primo caporal maggiore Matteo Mureddu, del primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, del primo caporal maggiore Massimiliano Randino, del sergente maggiore Roberto Valente, del primo caporal maggiore Giandomenico Pistonami, nonché sulle cause del ferimento di altri militari del contingente italiano impegnato nella missione in Afghanistan negli anni tra il 2006 e il 2009;
giovedì 17 dicembre 2009, seduta n. 260 il Governo, accogliendo l'ordine del giorno n. 9/3016/11 (Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Luciano Rossi), si è impegnato tra le altre ad istituire una Commissione ministeriale di indagine finalizzata a fare luce sulle cause della morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio, del tenente Antonio Fortunato, del primo caporal maggiore Matteo Mureddu, del primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, del primo caporal maggiore Massimiliano Randino, del sergente maggiore Roberto Valente, del primo caporal maggiore Giandomenico Pistonami, nonché sulle cause del ferimento di altri militari del contingente italiano impegnato nella missione in Afghanistan negli anni tra il 2006 e il 2009;
il 26 febbraio 2010 a seguito di un attentato condotto con una grande quantità di esplosivo ed armi automatiche da parte di un commando composto da 8 mujaheddin talebani contro tre hotel nell'area di Shahr-i-Naw (Kabul), e che provoca un totale di 16 morti, rimane ucciso Pietro Antonio Colazzo, agente segreto dell'AISE, in servizio in Afghanistan da due anni. Il 17 maggio, alle 9.15 locali, a seguito dello scoppio di un ordigno IED al passaggio di un convoglio partito da Herat e diretta alla base di Bala Murghab per portare rinforzi e composto da una colonna di ben 130 mezzi di spagnoli, americani, afgani ed italiani, per un numero complessivo di circa 400 militari, rimangono uccisi sul blindato Lince colpito dall'esplosione Massimiliano Ramadù, sergente in forza al 32o Reggimento genio guastatori «Torino» e Luigi Pascazio, primo caporale maggiore anch'egli del 32o Reggimento genio guastatori «Torino». Il 23 giugno, alle 19,04 locali, a seguito di una caduta dal proprio mezzo nei pressi di Shindad muore Francesco Saverio Positano, caporal maggiore scelto in forza al 32o Reggimento genio guastatori «Torino». Il 25 luglio, vittima di un suicidio: presso l'aeroporto di Kabul muore Marco Callegaro, capitano in forza al 121o Reggimento di artiglieria contraerei «Ravenna», operativo in un piccolo contingente italiano che supporta il comando della missione ISAF della NATO. Il 28 luglio, vittime di un attentato compiuto con un ordigno artigianale (IED), piazzato lungo la strada che stavano percorrendo con un blindato a 8 chilometri a sud di Herat, nel distretto di Injil muoiono Mauro Gigli, primo maresciallo in forza al 32o Reggimento genio guastatori alpini «Torino» e Pierdavide De Cillis, caporale maggiore capo in forza al 21o Reggimento genio guastatori. Il 17 settembre, colpito a morte mentre cercava di catturare un gruppo di insorgenti che aveva appena piazzato un ordigno nella zona di Bakwah, nell'area a est di Farah, nella provincia di Herat muore Alessandro Romani, tenente in forza al 9o Reggimento d'assalto paracadutisti «Col Moschin» ed operativo presso la Task Force 45. Il 9 ottobre, sono rimasti vittime (4 caduti ed 1 ferito) di un esplosione di uno «IED», Gianmarco Manca, nato ad Alghero (Sassari) il 24 settembre 1978, caporal maggiore scelto in forza al 7o Reggimento alpini, Francesco Vannozzi, nato a Pisa (Pisa) il 27 marzo 1984, caporal maggiore scelto in forza al 7o Reggimento alpini, Sebastiano Ville, nato a Lentini (Siracusa) il 17 settembre 1983, caporal maggiore scelto in forza al 7o Reggimento alpini, Marco Pedone, nato a Gagliano del Capo (Lecce) il 14 aprile 1987, primo caporal maggiore in forza al 7o Reggimento alpini. Il 31 dicembre, colpito a morte da un cecchino mentre era in servizio all'interno della base di Buji, nel distretto di Gulistan (provincia di Farah) muore Matteo Miotto, nato a Thiene (Vicenza) il 1o aprile 1986, caporal maggiore in forza al 7o Reggimento alpini;
il 18 gennaio 2011 colpito a morte alla testa da un militare in uniforme dell'esercito afghano, nell'avamposto denominato «Highlander» situato nella cintura di sicurezza intorno alla base di Bala Morghab, nell'ovest dell'Afghanistan muore Luca Sanna, nato a Samugheo (Oristano) il 4 novembre 1978, caporale maggiore scelto in forza all'8o Reggimento alpini;
correttamente il ministro della difesa ha riferito al Parlamento sulla morte di ciascuno dei militari elencati affermando ogni volta solidarietà e vicinanza ai familiari delle vittime;
molti dei decessi meritano una più attenta valutazione in ordine alle cause e alle modalità con cui si sono verificati;
occorre dare tempestivamente attuazione all'ordine del giorno n. 9/3016/11,

impegna il Governo

ad includere nell'ambito degli scopi della commissione ministeriale d'indagine anche quello di accertare le cause della morte di tutti i militari del contingente italiano impegnato nella missione in Afghanistan deceduti nel corso degli anni 2010 e 2011.
9/3996-A/5.Farina Coscioni, Bernardini, Beltrandi, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, all'articolo 4, comma 5 dispone che «È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 12.935.084 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione nel Mediterraneo denominata Active Endeavour, di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.»;
il successivo articolo 5, comma 1 dispone «1. Al personale che partecipa alle missioni internazionali di cui al presente decreto si applicano l'articolo 3, commi da 1 a 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108, l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, e l'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.»;
con il messaggio n. SMM/10038235/A/4 del 27 aprile 2006, lo Stato Maggiore della Marina militare ha diramato agli enti dipendenti il contenuto di una delibera della sezione del consiglio centrale della rappresentanza militare e la relativa risposta del capo di Stato Maggiore secondo cui il problema del mancato pagamento delle indennità spettanti al personale che partecipa alla missione Active Endeavour è all'attenzione della direzione generale per il personale militare la quale con il foglio Prot n. M-D/GMIL-05 IV 12 1/74509 indirizzato allo Stato Maggiore della Difesa ha chiesto chiarimenti «Ai fini della concreta applicazione della norma in oggetto, considerato che, per quanto noto, l'operazione coinvolge non meglio precisate aree del Mediterraneo, si rende necessario definire i "Paesi interessati" e i connessi termini di natura operativa atti a consentire l'univoca individuazione della "data di uscita dagli stessi per il rientro in territorio nazionale".»;
a distanza di oltre quattro anni il problema in argomento non sembra essere stato risolto con conseguente grave demotivazione per il personale militare e una difficilmente giustificabile disparità di trattamento fra soggetti impiegati nelle medesime condizioni operative e di servizio;
appare opportuno porre in essere ogni utile iniziativa per consentire allo Stato Maggiore della difesa di effettuare il pagamento delle indennità e dei relativi arretrati a tutto il personale della Marina militare partecipante alla missione Active Endeavour, adottando le opportune iniziative normative volte a prevedere che l'indennità di missione di cui al regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 sia corrisposta oltre che al personale impegnato nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei paesi interessati dalle missioni internazionali, anche a quello impegnato nelle zone di intervento stabilite ai sensi della legge 11 dicembre 1962 n. 1746,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare attuazione a quanto previsto, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse.
9/3996-A/6.Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, all'articolo 4, comma 5 dispone che «È autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 12.935.084 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione nel Mediterraneo denominata Active Endeavour, di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.»;
il successivo articolo 5, comma 1 dispone «1. Al personale che partecipa alle missioni internazionali di cui al presente decreto si applicano l'articolo 3, commi da 1 a 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108, l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, e l'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.»;
con il messaggio n. SMM/10038235/A/4 del 27 aprile 2006, lo Stato Maggiore della Marina militare ha diramato agli enti dipendenti il contenuto di una delibera della sezione del consiglio centrale della rappresentanza militare e la relativa risposta del capo di Stato Maggiore secondo cui il problema del mancato pagamento delle indennità spettanti al personale che partecipa alla missione Active Endeavour è all'attenzione della direzione generale per il personale militare la quale con il foglio Prot n. M-D/GMIL-05 IV 12 1/74509 indirizzato allo Stato Maggiore della Difesa ha chiesto chiarimenti «Ai fini della concreta applicazione della norma in oggetto, considerato che, per quanto noto, l'operazione coinvolge non meglio precisate aree del Mediterraneo, si rende necessario definire i "Paesi interessati" e i connessi termini di natura operativa atti a consentire l'univoca individuazione della "data di uscita dagli stessi per il rientro in territorio nazionale".»;
a distanza di oltre quattro anni il problema in argomento non sembra essere stato risolto con conseguente grave demotivazione per il personale militare e una difficilmente giustificabile disparità di trattamento fra soggetti impiegati nelle medesime condizioni operative e di servizio;
appare opportuno porre in essere ogni utile iniziativa per consentire allo Stato Maggiore della difesa di effettuare il pagamento delle indennità e dei relativi arretrati a tutto il personale della Marina militare partecipante alla missione Active Endeavour, adottando le opportune iniziative normative volte a prevedere che l'indennità di missione di cui al regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 sia corrisposta oltre che al personale impegnato nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei paesi interessati dalle missioni internazionali, anche a quello impegnato nelle zone di intervento stabilite ai sensi della legge 11 dicembre 1962 n. 1746,

impegna il Governo

a valutare eventuali iniziative normative volte a dare completa attuazione a quanto auspicato, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse.
9/3996-A/6.(Testo modificato nel corso della seduta) Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il ruolo internazionale delle nostre Forze armate nel mondo è impegno prioritario del nostro Paese;
l'iniziativa, a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, rientrano nei compiti principali delle nostre Forze armate e sono garanzia del ruolo e dell'immagine dell'Italia nell'ambito della Comunità internazionale;
il nostro Paese negli ultimi decenni è stato uno dei maggiori partecipanti ad iniziative delle organizzazioni internazionali partecipando ad oltre 50 missioni;
in questo momento l'Italia è impegnata in oltre 20 missioni in altrettanti paesi;
purtroppo numerosi sono stati in questi anni i caduti durante l'assolvimento del dovere a testimonianza dell'impegno diretto e dello spirito di sacrificio che contraddistingue gli uomini e le donne delle Forze armate italiane;
in ogni occasione di perdita l'intero Paese si è stretto unanime attorno alle famiglie ed alle Forze armate;
encomiabili sono le testimonianze verso i caduti da parte delle comunità locali con intestazioni di luoghi tesi a non perdere la memoria;
in ogni nostra città o paese è presente un monumento ai nostri eroi caduti in tutte le guerre per la patria dall'Unità d'Italia in poi;
sarebbe opportuno che anche i nostri caduti nelle missioni internazionali venissero ricompresi, in un'apposita sezione nei monumenti che comprendono i caduti di tutte le guerre, nelle località di nascita o di residenza;
l'iniziativa sarebbe comunque intrapresa, per ovvie ragioni solo nel momento in cui la missione che ha visto caduti si sia definitivamente conclusa;
l'aggiornamento delle lapidi e dei monumenti con i caduti per missioni internazionali equiparerebbe, anche simbolicamente tutti i caduti per la patria,

impegna il Governo

ad assumere le azioni più opportune e conseguenti alle premesse per fornire disposizioni e indirizzi alle amministrazioni locali valutando anche la possibilità di stanziare specifiche risorse finanziarie affinché le stesse procedano ad aggiornare in ogni città, in ogni paese colpito da un lutto riferito ad un militare caduto in missione internazionale, le lapidi ed i monumenti dedicati ai caduti di tutte le guerre con una apposita sezione dedicata alla specifica missione internazionale e questo soltanto nel momento in cui la singola missione si sia definitivamente conclusa.
9/3996-A/7.Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento, a seguito di un emendamento approvato dalle Commissioni di merito, reca all'articolo 5, comma 3-bis la modifica degli articoli 603 e 1907 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, al fine di rendere più agevole la prova del nesso di causa-effetto tra l'esposizione ai fattori di rischio e la contrazione di peculiari infermità o patologie tumorali contratte;
lo scopo della modifica è nel senso di consentire che, per il riconoscimento della causa di servizio, non sia più necessario la dimostrazione del rapporto di causa-effetto ma solo il nesso di causalità in senso probabilistico, tra l'esposizione a «particolari condizioni ambientali od operative» e le suddette patologie o infermità; ciò in analogia con quanto è già stato disposto prima dall'articolo 1, comma 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e poi dall'articolo 1, comma 902, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa affinché la disposizione in oggetto sia interpretata ed applicata nel senso del riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano che abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative, ivi compresa l'esposizione all'uranio impoverito e alle nano particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico.
9/3996-A/8.Cirielli, Cicu, Fallica, De Angelis, Rugghia, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il 9 gennaio del 2011 si è tenuto in modo pacifico lo storico Referendum nel Sud Sudan al quale hanno partecipato oltre il 90 per cento degli aventi diritto. Il Referendum rappresenta l'atto finale del lungo percorso individuato dal Comprehensive Peace Agreement (CPA), l'accordo che ha posto fine a venti anni di combattimenti fra le forze armate della Repubblica del Sudan e le milizie del South People Liberation Army. Il conflitto che ha causato in vent'anni oltre due milioni di morti e centinaia di migliaia di rifugiati, ha contrapposto il Nord e il Sud del paese, storicamente divisi e contrapposti sia da un punto di vista etnico che religioso;
nell'area opera da alcuni anni la United Nations mission in Sudan (UNMIS), istituita dalla risoluzione 1590 del 2005 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con il mandato di sostenere l'implementazione del Comprehensive Peace Agreement (CPA) che ha posto fine al conflitto ventennale fra il Nord e il Sud del paese. La missione ha in questi anni positivamente monitorato i movimenti dei gruppi armati, ne ha promosso il loro disarmo e smobilitazione con particolare attenzione al contrasto del fenomeno dei bambini soldato. L'UNMIS ha sostenuto il processo di pace e creato le condizioni per la realizzazione del Referendum sulla definizione dello status del Sud del Paese;
nei prossimi giorni saranno resi noti i risultati del Referendum e con ogni probabilità preverrà con una larghissima maggioranza la scelta per una separazione del Sud dal Nord del paese. Tale decisione diventerà efficace nel luglio del 2010 e nel caso di un voto favorevole il Sud del Sudan si separerà dal resto del paese e nascerà un nuovo Stato indipendente;
sono ancora molto elevati i rischi di un nuovo conflitto fra il Nord e il Sud del paese, come rimangono elevati rischi di nuovi massicci fenomeni di migrazione forzata, con decine di migliaia di nuovi profughi e rifugiati;
un nuovo conflitto fra il Nord e il Sud del paese avrebbe effetti estremamente negativi su tutta l'area dell'Africa Nord-occidentale e del Corno d'Africa,

impegna il Governo a:

prevedere nel prossimo provvedimento di «Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione» nonché di proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali», una adeguata partecipazione italiana alla missione di peacekeeping UNMIS (United Nations Mission in Sudan), istituita dalla risoluzione 1590 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
monitorare gli esiti del Referendum in corso nel Sud Sudan con particolare riferimento agli aspetti relativi alla sicurezza dell'area;
monitorare la situazione delle comunità cristiane del Sud Sudan residenti nel Nord del paese che dopo l'eventuale proclamazione di indipendenza del Sud, rischiano di essere esposte a vendette e migrazioni forzate;
riconoscere immediatamente il nuovo paese, avviando fin d'ora le procedure per l'apertura di una rappresentanza diplomatica nella capitale Juba;
promuovere una linea diretta di cooperazione economica e commerciale con le autorità della nuova nazione.
9/3996-A/9.Vernetti, Tabacci, Lanzillotta, Mosella, Calgaro, Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
il 9 gennaio del 2011 si è tenuto in modo pacifico lo storico Referendum nel Sud Sudan al quale hanno partecipato oltre il 90 per cento degli aventi diritto. Il Referendum rappresenta l'atto finale del lungo percorso individuato dal Comprehensive Peace Agreement (CPA), l'accordo che ha posto fine a venti anni di combattimenti fra le forze armate della Repubblica del Sudan e le milizie del South People Liberation Army. Il conflitto che ha causato in vent'anni oltre due milioni di morti e centinaia di migliaia di rifugiati, ha contrapposto il Nord e il Sud del paese, storicamente divisi e contrapposti sia da un punto di vista etnico che religioso;
nell'area opera da alcuni anni la United Nations mission in Sudan (UNMIS), istituita dalla risoluzione 1590 del 2005 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con il mandato di sostenere l'implementazione del Comprehensive Peace Agreement (CPA) che ha posto fine al conflitto ventennale fra il Nord e il Sud del paese. La missione ha in questi anni positivamente monitorato i movimenti dei gruppi armati, ne ha promosso il loro disarmo e smobilitazione con particolare attenzione al contrasto del fenomeno dei bambini soldato. L'UNMIS ha sostenuto il processo di pace e creato le condizioni per la realizzazione del Referendum sulla definizione dello status del Sud del Paese;
nei prossimi giorni saranno resi noti i risultati del Referendum e con ogni probabilità preverrà con una larghissima maggioranza la scelta per una separazione del Sud dal Nord del paese. Tale decisione diventerà efficace nel luglio del 2010 e nel caso di un voto favorevole il Sud del Sudan si separerà dal resto del paese e nascerà un nuovo Stato indipendente;
sono ancora molto elevati i rischi di un nuovo conflitto fra il Nord e il Sud del paese, come rimangono elevati rischi di nuovi massicci fenomeni di migrazione forzata, con decine di migliaia di nuovi profughi e rifugiati;
un nuovo conflitto fra il Nord e il Sud del paese avrebbe effetti estremamente negativi su tutta l'area dell'Africa Nord-occidentale e del Corno d'Africa,

impegna il Governo a:

prevedere nel prossimo provvedimento di «Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione» nonché di proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali», una adeguata partecipazione italiana alla missione di peacekeeping UNMIS (United Nations Mission in Sudan), istituita dalla risoluzione 1590 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
monitorare gli esiti del Referendum in corso nel Sud Sudan con particolare riferimento agli aspetti relativi alla sicurezza dell'area;
monitorare la situazione delle comunità cristiane del Sud Sudan residenti nel Nord del paese che dopo l'eventuale proclamazione di indipendenza del Sud, rischiano di essere esposte a vendette e migrazioni forzate;
riconoscere di concerto con gli Stati partner dell'Unione europea il nuovo paese, avviando fin d'ora le procedure per l'apertura di una rappresentanza diplomatica nella capitale Juba;
promuovere una linea diretta di cooperazione economica e commerciale con le autorità della nuova nazione.
9/3996-A/9.(Testo modificato nel corso della seduta) Vernetti, Tabacci, Lanzillotta, Mosella, Calgaro, Pisicchio.

MOZIONI AMICI ED ALTRI N. 1-00512, MURA ED ALTRI N. 1-00532, BINETTI ED ALTRI N. 1-00534, SALTAMARTINI, LUSSANA, POLIDORI ED ALTRI N. 1-00538 E CALGARO ED ALTRI N. 1-00539 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL CONTRASTO DI OGNI FORMA DI VIOLENZA NEI CONFRONTI DELLE DONNE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
tramite la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, invitando i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno;
ci si trova a vivere un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica: questo significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità: è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita, è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
i dati Istat riferiti al 2006 ed elaborati nel 2007 (non si dispone, allo stato, di dati ufficiali più recenti, poiché il dipartimento per le pari opportunità non ha provveduto all'aggiornamento delle statistiche di genere) parlano chiaro: sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
il nostro Paese non fa certo eccezione: in Italia il fenomeno della violenza nei confronti delle donne, terribile e declinata in molti modi, è purtroppo fuori controllo;
il 25 novembre del 2008 il Parlamento aveva approvato all'unanimità il dispositivo di una mozione presentata dal gruppo del Partito democratico, la n. 1-00070, che impegnava il Governo: "a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia; a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo; a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati";
nonostante gli impegni assunti dal Governo ormai due anni fa, oggi le principali reti di associazionismo femminile, impegnate sui temi della tutela della donna e dei servizi territoriali contro la violenza, si trovano a dovere lanciare un grido di allarme per la chiusura forzata di numerosi centri antiviolenza e case rifugio in molto zone del territorio nazionale;
si parla, ad esempio, di Genova, con la paventata chiusura del centro antiviolenza di via Mascherona e gli sportelli territoriali di ascolto e aiuto per le donne in difficoltà, di Catania, con la chiusura del centro antiviolenza «Thamaia», della Calabria, con l'annunciata chiusura del centro antiviolenza donne «Roberta Lanzino», di Palermo, con la vicenda del centro antiviolenza «Le onde», e di tante altre zone d'Italia;
la chiusura dei centri, interamente finanziati dagli enti locali, appare essere la diretta conseguenza della drastica riduzione dei trasferimenti a regioni, province e comuni a seguito delle rigide misure di controllo del debito pubblico prese dal Governo;
anche laddove i centri non rischiano direttamente la chiusura, la riduzione dei trasferimenti economici ridimensiona gravemente le attività e la dimensione dei servizi erogati e, in generale, indebolisce il senso stesso dei centri antiviolenza, che vanno considerati servizi essenziali e riconosciuti come parte essenziale e di un sistema integrato;
con l'approvazione della normativa sullo stalking si è fatto certamente un passo avanti sul tema della tutela della donna, ma intervenire solo sul circuito penale non è certo sufficiente se manca del tutto una cultura della prevenzione e dell'assistenza delle vittime: inoltre appare evidentemente inutile intervenire con leggi nazionali se poi, sui territori, non si finanziano i servizi operativi, anzi li si costringono alla chiusura per totale mancanza di risorse economiche;
inoltre, va considerato che i centri antiviolenza costituiscono un vero e proprio investimento non solo in termini «sociali» ma anche in senso economico per il Paese, perché una donna accolta in un centro «costa» sette volte in meno rispetto al caso in cui la donna vittima di violenza venga assistita dai servizi sociali;
la legge di stabilità non prevede alcun finanziamento per il fondo contro la violenza sulle donne e stanzia, invece, a favore del fondo per le pari opportunità, solo un esiguo e assolutamente insufficiente stanziamento di due milioni,

impegna il Governo

ad avviare, prevedendo un'adeguata copertura economica, un piano d'intervento nazionale, curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in accordo con la Conferenza unificata, mirato al sostegno di case rifugio e centri antiviolenza, alla predisposizione di campagne informative e formative nonché di un sistema di misure a tutela delle vittime della violenza e alla costruzione di azioni concrete di prevenzione, nonché ad assumere ogni iniziativa diretta a incrementare i fondi stanziati a favore del dipartimento per le pari opportunità per il finanziamento della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio al fine di scongiurarne la chiusura e il ridimensionamento, dando finalmente a questi fondamentali servizi una stabilità e il senso di appartenere ad un sistema strutturato e integrato.
(1-00512)
«Amici, Lenzi, Villecco Calipari, Franceschini, Ventura, Maran, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Bellanova, Bobba, Bocci, Bossa, Brandolini, Bucchino, Castagnetti, Causi, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, D'Incecco, De Biasi, D'Antona, Esposito, Farinone, Ferranti, Fontanelli, Froner, Garavini, Gatti, Genovese, Ghizzoni, Gnecchi, Grassi, Lulli, Madia, Marchi, Mariani, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melis, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Peluffo, Pes, Pizzetti, Porta, Pollastrini, Rossa, Rossomando, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Tidei, Tullo, Vannucci».
(13 dicembre 2010)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 463, della legge finanziaria per il 2008, l'ultima del Governo Prodi, finanziava con 20 milioni di euro un piano contro la violenza sulle donne, piano che si sarebbe concretizzato, oltre che nell'erogazione di risorse al fondo contro la violenza sulle donne e di genere ed ai centri e alle associazioni specializzate, in una campagna di rieducazione al rispetto e alla dignità verso le donne, che avrebbe raggiunto le istituzioni locali, gli organi mediatici, le scuole, la pubblicità ed i programmi televisivi;
il piano ricalcava la legge organica contro la violenza sulle donne, varata con serietà ed efficacia dalla Spagna nel 2004, che riconosce la violenza - anche quando abbia luogo fra le mura domestiche - come problema sociale di cui i poteri pubblici devono farsi carico per prevenire e porre rimedio attraverso sistemi adeguati, non limitandosi ad inasprire le pene: in quest'ottica è stato predisposto un intervento integrato e multidisciplinare che deriva dal fatto di considerare, quale origine delle violenza sessista, la discriminazione della donna nella società, al fine di consentire l'adozione di trattamenti differenziati per sesso, al contempo organizzando una vera e propria campagna educativa capillare;
uno dei primi atti del Governo insediatosi con l'avvio della nuova legislatura, quella attualmente in corso, è stato quello di tagliare i fondi stanziati per il sostegno alle donne vittime di violenza e per la prevenzione;
nel nostro Paese, nell'anno appena trascorso, oltre 120 donne hanno perso la vita per mano, nella maggioranza dei casi, di mariti, fidanzati o ex partner: spesso la morte o altri atti di violenza gravi sono giunti in seguito alla decisione delle vittime di interrompere una relazione;
guardare alle statistiche può essere d'aiuto a capire la situazione: i numeri dicono che in Italia ci sono 14 milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche, drammi vissuti nel silenzio e nell'indifferenza: in Italia una donna su tre subisce violenza fisica e sessuale, soprattutto tra le mura di casa, e si stima possano essere circa il 65 per cento della popolazione femminile; un milione e 400 mila donne hanno patito uno stupro prima dei 16 anni, ma il 96 per cento delle violenze non viene denunciato, il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una volta violenza fisica o sessuale dal partner, attuale o ex, mentre il 24,7 per cento le ha ricevute da un altro uomo;
secondo dati Istat, solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza patita in famiglia un «reato», mentre il 44 per cento la giudica semplicemente «qualcosa di sbagliato» e ben il 36 per cento solo «qualcosa che è accaduto»;
nel lontano 2002, il Consiglio d'Europa ha varato una raccomandazione (n. 5/02) in cui sottolineava che la violenza maschile contro le donne è il maggior problema strutturale della società che si basa sulla ineguale distribuzione di potere nelle relazioni tra uomo e donna;
più di recente, la Commissione europea, nella conferenza del 31 gennaio 2009, ha ribadito la necessità di individuare percorsi utili «per eliminare tempestivamente ruoli tradizionali e stereotipi legati al genere, in particolare nei settori della educazione, formazione, cultura», anche sostenendo «la partecipazione delle donne all'economia e ai processi decisionali in materia politica»;
l'Unione europea mostra un orientamento ed una volontà tesi ad affrontare il cuore del problema: la violenza sessista quale manifestazione di abuso derivante da situazioni di svantaggio sociale e politico a sfavore delle donne, definendo anche un percorso promozionale di opportunità e diritti, quale risposta complessa e coinvolgente i pubblici poteri per l'avvio alla soluzione di un problema complesso, soprattutto a causa del suo persistente radicamento nel tessuto sociale;
la Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione della violenza contro le donne definisce quest'ultima come ogni atto di violenza basata sul genere che risulti, o possa risultare, in un danno fisico, psicologico o sessuale sofferto dalle donne: gli atti in questione includono la violenza fisica, l'abuso o la coercizione sessuale, o la molestia sessuale;
l'aggressività maschile, sottolinea l'Onu, è la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 16 ed i 44 anni di tutto il mondo;
eppure, nonostante gli appelli, i proclami, i buoni intendimenti, il mondo non si è spinto molto avanti nel mettere fine alla violenza ed all'abuso sessuale contro donne e bimbe, che comportano lesioni non solo sotto il profilo psico-fisico ma anche sul piano dei diritti umani;
ugualmente può dirsi per i luoghi politico-istituzionali, pervasi da un antico disinteresse unito a coriacea noncuranza nei confronti della questione femminile, a volte con un messaggio esplicito, altre volte con venature ammiccanti o paternalistiche;
peggio, attualmente la sessualità sta entrando prepotentemente nella sfera pubblica, politico-istituzionale, portando allo scoperto i legami tra una sessualità «di servizio», come quella femminile, e il potere che ne gode i benefici, compensandoli con protezione, denaro, doni, onorificenze;
il rapporto tra i sessi riscontrabile nello scambio di sesso con cariche di rappresentanza o benefici di varia natura non solo investe le persone, ma la democrazia stessa e la credibilità delle istituzioni che rappresentano: ciò non può che riversarsi in modo infausto nella quotidianità del comune cittadino, acuendone il maschilismo e l'aggressività;
benché l'Italia detenga la non invidiabile definizione di «fanalino di coda» quanto a condizione femminile, pochi si indignano, la gran parte dell'opinione pubblica risulta indifferente, inerte nonostante al tema della dignità e del corpo offesi delle donne reagiscano associazioni femministe, libri e campagne, una delle quali, in particolare, ha assunto la forma di un documentario, della durata di 25 minuti, sull'uso del corpo della donna in tv, curato da Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi, visionato in tutto il mondo grazie alla tecnologia internet: gli autori hanno dichiarato di essere partiti da un'urgenza, dalla constatazione che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante, che cancella l'identità delle donne, che sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un'adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime;
il documentario mostra esclusivamente immagini televisive che hanno in comune l'utilizzo manipolatorio del corpo delle donne, per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv, ma specialmente a chi la guarda ma «non vede», al fine di interrogarsi sulle ragioni di questo «pogrom, di cui siamo tutti spettatori silenziosi»: ciò che emerge è un'anomalia tutta italiana, la banalizzazione della rappresentazione della donna, raccontata come se non avesse rispetto di sé e gli altri non la rispettassero;
il documentario ha poi dato particolare risalto alla cancellazione dei volti adulti in tv, al ricorso alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno del passaggio del tempo e alle conseguenze sociali di questa rimozione: l'apparenza fisica rischia di tradursi in ulteriore fattore di discriminazione, una selezione «estetica» che ha conseguenze drammatiche anche nell'ambito lavorativo e professionale e che recentemente ha lambito, in forma di sospetto, finanche le istituzioni e la selezione delle rappresentanti politiche;
resta, comunque, il fatto che di donne ce ne sono ben poche nei consigli di amministrazione, nel business dell'impresa, nelle funzioni di responsabilità ed i recentissimi dati Istat mostrano un panorama ancora peggiore;
dal rapporto Istat «Noi Italia», appena pubblicato, emerge che nel nostro Paese quasi una donna su due non ha un'occupazione né la cerca più, in particolare, il tasso di inattività femminile italiano è il secondo in Europa, inferiore solamente a quello di Malta; se in tutti i Paesi dell'Unione i tassi di inattività degli uomini (22,2 per cento nella media comunitaria) risultano inferiori a quelli delle donne (35,7 per cento), è anomalo e preoccupante il dato del nostro Paese circa l'accentuato differenziale di genere, pari ad oltre 22 punti percentuali: il livello di inattività maschile è pari al 26,3 per cento, più o meno in linea con la media europea, mentre quello femminile è straordinariamente elevato, essendo pari al 48,9 per cento;
la questione è all'ordine del giorno, indagata da organi d'informazione e specialisti di ricerche sociologiche: ad esempio, un articolo del New York Times dell'11 ottobre 2010 attribuisce al «machismo» dei Paesi del Sud Europa lo scarso sviluppo e la fragilità delle loro basi economiche, esaminando accuratamente la qualità e la misura dell'esclusione femminile;
è perfino superfluo affermare che l'espulsione delle donne dal mercato del lavoro e il loro confinamento nel precariato toglie loro indipendenza economica e autonomia, cosa che crea un circolo vizioso;
ci si chiede quanto debba ancora incrementarsi per diventare «significativa» la violenza maschile contro le donne e se non bastino i rapporti allarmanti di tutte le organizzazioni nazionali ed internazionali, insieme alla catena di omicidi, stupri e violenze quasi quotidiani, perché le istituzioni pubbliche arrivino a riconoscerne la gravità e la portata politica eccezionale;
la nostra società fatica ancora a riconoscere pienamente il profondo disvalore della condotta maschile violenta - sessuale, fisica, psicologica - realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti: «si tratta di una forma di violenza sottile nuova per i parametri di riferimento estetici e di presunta affermazione sociale, ma vecchia per il modo di considerare la donna» (Fabio Roia, ex componente del Consiglio superiore della magistratura, 2009);
due anni or sono, la recrudescenza degli stupri e delle violenze ha comportato, quale riflesso condizionato da parte del Governo, la messa in campo di misure emergenziali attraverso la militarizzazione del territorio anche finalizzata al respingimento dei migranti: con ciò si è nascosta una verità assodata, che il luogo privilegiato delle violenze sono le mura domestiche, contesto in cui prevalentemente si origina e si coltiva la violenza sessista contro le donne;
rispetto alla violenza contro le donne l'approccio è rimasto nell'ambito del diritto criminale - comportamenti previsti e puniti, una volta messi in atto, a posteriori, secondo le tipologie di reato, atti di violenza sessuale, percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza famigliare e così via - compresa, in parte, anche la recente normativa che ha introdotto, pur lodevolmente, il reato di stalking, nata come decreto-legge dal titolo-simbolo «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori»;
nulla è pensato in ordine alle cause e alla situazione predisponente, in quanto gli interventi istituzionali sono rigidamente costretti nel quadro della sicurezza pubblica e del contrasto a comportamenti delittuosi;
l'uguaglianza fra i sessi incontra un ostacolo insormontabile nella violenza quotidianamente perpetrata contro molte donne da parte di molti uomini; non può esistere pari opportunità per una democrazia paritaria se il fenomeno non viene considerato dalle istituzioni quale problema sociale grave, assumendosene la responsabilità attraverso un messaggio culturale e politico di contrasto e facendosi carico di azioni mirate in particolare alla prevenzione, oltre che alla doverosa repressione;
nel documento «Sessismo: la violenza che tutti evitano di nominare» (gennaio 2009), elaborato da alcune associazioni di donne, si legge che «la violenza contro le donne, anche domestica, non può mai essere un fatto privato, ma è un'indecenza pubblica che le istituzioni non possono ignorare o mistificare attraverso la scorciatoia dell'utilizzo del diritto criminale come risposta esclusiva o preponderante. Ben altri livelli occorre agire per contrastare questo grumo di violenza ancestrale, sedimentato nell'immaginario maschile, che va contrastato a partire dai primissimi messaggi che i bambini ricevono dalla famiglia, dalla scuola e dalla società»;
nel nostro Paese, ove più marcata risulta la disuguaglianza fra i sessi, ove anche i media indulgono in un'immagine poco dignitosa se non degradata della donna, non è più il tempo di escogitare tecnologie di protezione per le donne, di gridare a pene severe e punizioni esemplari: ciò è stato fatto, ma non è bastato e non può bastare;
i pregiudizi e gli stereotipi dei quali sono vittime le donne non possono essere regolati solo sulla base del diritto criminale e delle norme giuridiche;
impressionante è l'attuale regressione quasi collettiva rispetto al riconoscimento della dignità delle donne, che colpisce anche inconsapevoli, al momento, bambini e ragazzi maschi; il modello «velina» e tutte le immagini pubblicitarie che rappresentano la donna solo come corpo erotico, hanno sicuramente contribuito a incrementare quella «violenza sottile» che reca discredito preconcetto verso le donne: chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, inclini verso le loro coetanee e non solo, a comportamenti violenti, individuali e di gruppo;
non è ancora chiaro se si è di fronte ad una recrudescenza quantitativa delle violenze contro le donne o ad un aumento delle denunce da parte delle donne, resta il fatto che non possono essere tollerabili le manifestazioni estreme del «machismo» e della prevaricazione maschile e, banalmente, resta il fatto che violenze, abusi e stupri finiranno quando gli uomini smetteranno di perpetrarli;
è giunto il momento, per le istituzioni pubbliche, di una chiara presa di posizione e di un'assunzione di responsabilità che, in parte, può essere soddisfatta da un piano organico e multidisciplinare di intervento, destinato a conoscere e ad affrontare la complessa problematica nei suoi vari aspetti, una sorta di piano nazionale onnicomprensivo che mira ad un cambiamento della cultura e delle relazioni reciproche fra i generi in vari campi sociali;
doveroso risulta, in particolare, l'impegno da parte di tutte le donne che ricoprono ruoli istituzionali a proporre, seguire e curare ad ogni livello le misure necessarie ad una svolta di civiltà e di pensiero e ad una nuova pedagogia del rispetto e della dignità delle donne;
va ricordato che contro il fumo è stata scatenata una campagna di sensibilizzazione imponente, che ha coinvolto anche le istituzioni europee, che è giunta ad impostare una nuova cultura e che ha condotto all'abolizione delle sigarette dai film e dalle pubblicità al fine di non istigare a comportamenti nocivi per la salute, segno ed esempio evidente che pensiero e cultura possono essere modificati, anche radicalmente,

impegna il Governo:

a promuovere, al fine di spezzare la catena della continuità generazionale, una riflessione pubblica sulla questione eminentemente sociale e culturale della violenza contro le donne, che coinvolga uomini e donne, famiglie, scuole ed università, luoghi della politica e dell'informazione, mondo del lavoro;
ad assumere iniziative per dotare il fondo contro la violenza sessuale e di genere di risorse adeguate agli obiettivi di competenza e per reintegrare le risorse sottratte ai centri antiviolenza e alle case delle donne maltrattate, al fine di cancellare la sensazione di indifferenza istituzionale;
a promuovere e curare - attraverso il coinvolgimento di tutti i poteri pubblici competenti, centrali e territoriali - campagne di informazione, formazione e sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione della violenza di genere, utilizzando l'esperienza e la competenza delle organizzazioni di settore;
ad adottare, a fronte del ruolo fondamentale nella crescita delle nuove e dei nuovi cittadini ricoperto dalle istituzioni scolastiche, iniziative ordinamentali - quali settimane dedicate, dalla scuola materna all'università - al fine di dare fondamento ai principi costituzionali che dichiarano l'uguaglianza e la pari dignità tra i sessi e di combattere gli stereotipi di genere, che si formano sin dai primi anni di età, in particolare prevedendo un programma di rieducazione e formazione sull'esercizio di diritti e obblighi uguali fra maschi e femmine nell'ambito sia privato che pubblico;
a valutare le opportune ed appropriate modalità per adottare iniziative contro l'uso del corpo delle donne nella pubblicità, nella televisione e sui media, a causa del quale anche indagini internazionali segnalano lo scadimento della rappresentazione delle donne in Italia;
a farsi promotore e portatore nelle competenti sedi istituzionali europee della necessità di un programma incisivo e comune, rivolto in particolare ai giovani per mettere fine alle discriminazioni e alle violenze intrecciate al genere.
(1-00532)
«Mura, Di Giuseppe, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
(20 gennaio 2011)

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un problema diffuso che ha gravi conseguenze sociali e inevitabili ripercussioni sulla salute fisica e psichica delle donne. Si ripercuote per generazioni e non risparmia nessuna nazione o Paese, sia industrializzato che in via di sviluppo. Sia le vittime che gli aggressori appartengono a tutte le classi sociali; secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) una donna su cinque ha subito, nella sua vita, abusi fisici o sessuali da parte di un uomo;
si è in presenza di un problema globale che deve essere affrontato responsabilmente da parte di tutte le istituzioni. Secondo le rilevazioni effettuate dall'Organizzazione mondiale della sanità tra i fattori causa del problema concorrono motivi individuali, familiari, della comunità e della società che accrescono il rischio di violenza contro le donne: bassa posizione socioeconomica e istruzione; dipendenza da sostanze; cattivo funzionamento della famiglia; marcata diseguaglianza di genere nella comunità e scarsa coesione sociale; società con norme che conferiscono insufficiente autonomia alle donne. Purtroppo, quelli enumerati sono solo una parte delle cause del fenomeno;
si tratta di una violazione dei diritti umani, troppo spesso ignorata o sottostimata che dovrebbe essere trattata con priorità nella sanità pubblica; l'esperienza internazionale della violenza sulle donne ha creato una sorta di «libro nero» dei diritti umani delle donne, noto nella sua crudezza e tragicità, da cui si rileva come nel mondo sia aperta una sorta di guerra in ordine sparso, che ha come oggetto il dominio e la sopraffazione del corpo delle donne; il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
nel corso della prima Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne nell'ambito della Presidenza italiana del G8 nel 2009 è stata affermata la necessità di educare tutte le società ai valori dell'uguaglianza, senza distinzione di «sesso, religione, razza, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali e di creare una grande alleanza tra tutti i Governi e la società civile per porre fine a ogni forma di violenza contro le donne»;
ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna, rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento;
purtroppo, non molto è stato fatto; infatti, dall'ultimo rapporto Eures-Ansa emergono numeri preoccupanti che fotografano una situazione tutt'altro che rassicurante. Teatro delle violenze è sempre più spesso l'ambito familiare. Gli uomini continuano ad occupare il primo posto nella classifica delle vittime di omicidio, ma il numero delle donne morte per mano di un assassino è cresciuto vertiginosamente negli ultimi anni. In Italia una vittima di omicidio su quattro è donna. Si è passati dal 15,3 per cento delle vittime femminili di delitti nel biennio 1992-1994 al 23,8 per cento tra il 2007 e il 2008;
l'Istat, nella prima indagine sulla sicurezza interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne, riporta che in Italia, nel 2006, quasi sette milioni di donne - tra i 16 e i 70 anni - sono state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Il sommerso è elevatissimo ed è consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite. Ciò accade perché la donna anche se vittima si sente in colpa e ha difficoltà a riconoscere la violenza subita come reato;
tra le morti da violenza contro le donne vanno annoverati i delitti d'onore (5.000 l'anno in tutto il mondo), i suicidi, gli infanticidi di femmine e le morti materne da aborto insicuro. In Italia, un omicidio su quattro avviene in famiglia e il 70 per cento delle vittime sono donne;
il fenomeno della violenza fisica e sessuale degli uomini contro le donne ha riguardato un terzo delle donne che vivono in Italia: sono, infatti, 6 milioni e 743 mila (il 31,9 per cento) le donne vittime di tali violenze nel corso della propria vita. Tra queste, quasi 4 milioni di donne hanno subito violenza fisica (il 18,8 per cento, il 16 per cento se si esclude la sola minaccia di violenza) e circa 5 milioni (23,7 per cento) hanno subito violenza sessuale. Se fra le violenze sessuali si considerano solo lo stupro e il tentato stupro, la percentuale di vittime è pari al 4,8 per cento, che corrisponde a oltre un milione di donne;
lo stupro colpisce ogni parte del globo: i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità fissano tra il 14 ed il 20 per cento il numero di donne che, negli Stati Uniti, subiscono uno stupro durante il corso della vita. Percentuali analoghe sono rilevate in Canada, Corea e Nuova Zelanda. La violenza sessuale è anche un'arma di guerra, solo da poco riconosciuta come tale dalle leggi internazionali. I conflitti con un forte connotato etnico, come quelli nei Balcani o in Africa centrale, vedono l'uso dello stupro come strumento bellico da parte di entrambi i contendenti. Nel 1993, il Centro per i crimini di guerra di Zenica aveva documentato in Bosnia 40 mila casi di stupro, ma le cifre reali sono ritenute ben più alte e vi sono sospetti che persino alcuni soldati dell'Onu si siano resi responsabili di aggressioni;
l'indagine Istat presenta dati che fanno riflettere e spostano il quadro dell'immaginario collettivo rispetto alle violenze. Le donne vittime di abusi sessuali o stupri sono nel 45 per cento dei casi donne divorziate, con una laurea e con lavori di responsabilità. Nel 64 per cento dei casi abitano al Centro-Nord;
tali dati dimostrano che il ventaglio della diffusione della violenza sessuale sta mettendo radici su diversi livelli di stratificazioni sociali. Le donne che dovrebbero essere meno soggette a tale problematica, che dovrebbero essere più capaci a difendersi e con una possibilità economica maggiore per poter essere indipendenti, purtroppo non risultano essere, attenendosi ai dati, così capaci;
anche le cosiddette donne in carriera mostrano fragilità a livello personale, insicurezza relazionale e, quindi, possibilità di divenire vittime di violenze intrafamiliari. Va considerato anche che esse sono sempre più sole e sempre meno protette dalla famiglia d'origine per l'impianto della famiglia mononucleare; donne sempre più sole in città sempre più affollate e costrette a difendere se stesse e i propri figli dalla ferocia dei violenti;
il 25 novembre, giornata simbolo scelta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999) per celebrare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, diverse istituzioni e vari enti hanno festeggiato questa giornata attraverso iniziative politiche e culturali;
purtroppo, nonostante l'intervento delle istituzioni, a fronte di un fenomeno che registra un generale aumento delle richieste di aiuto e della gravità dei casi, le risorse a sostegno dei centri antiviolenza rischiano di subire i tagli dovuti alla crisi: sostenere adeguatamente chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei Governi locali e nazionale;
nel mese di novembre 2010, da un importante convegno tenuto dall'Aogoi, l'Associazione ginecologi ed ostetrici ospedalieri italiani, che ha affrontato la delicata tematica della violenza sessuale sulle donne, è emerso che le conseguenze di una violenza sessuale, a livello fisico e psichico, sono, devastanti e distruttive;
si è rilevato che l'81 per cento delle donne che si sono suicidate, erano persone vittime di abusi. Inoltre, le donne violate, presentano disturbi fisici importanti, che vanno dalla sindrome post traumatica da stress, a seri disturbi del sonno, a problematiche alimentari piuttosto gravi ed alla pericolosa tendenza ad isolarsi socialmente; un dato inquietante, ad esempio, mette in evidenza che in Italia le denunce contro gli atti di violenza avvenuti in famiglia vengano spesso scoraggiate dalle forze dell'ordine. A livello giudiziario, spesso un padre violento nei confronti della propria moglie o compagna in molti casi non viene valutato negativamente come genitore, mentre le due cose non dovrebbero essere scisse;
in Italia, purtroppo, si è ancora molto indietro su questa tematica ed il personale sanitario non è sempre all'altezza di seguire con accuratezza le donne violate; la metà delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza si ritengono non autosufficienti dal punto di vista economico e questo dato è tanto più negativo se si pensa che è spesso lo stesso partner ad usare violenza. Metà delle donne non possono garantirsi l'indipendenza economica e, di conseguenza, non possono garantirla ai figli; questo fattore determina che la maggior parte delle donne che subiscono violenza economica e psicologica la subiscono perché non si sentono economicamente autosufficienti e non vedono alternative alla situazione di cui sono vittime;
il sistema sanitario italiano sente la coscienziosa esigenza di poter intervenire in modo corretto e competente, unendo le forze mediche, psicologiche e legali; questo significa che il problema esiste ed è sempre più grave;
solo nel 2009 si è legiferato sullo stalking, il reato di atti persecutori e molestie insistenti, introdotto con il decreto-legge cosiddetto anti-stupri del 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38. Da allora i dati del Ministero della giustizia riferiscono di 5.200 denunce e oltre 1.000 arresti dall'introduzione del reato, con un aumento delle richieste d'aiuto del 25 per cento; nei primi tre mesi del 2010 le persone denunciate per stalking sono state 1.592, quelle arrestate 293,

impegna il Governo:

a promuovere una più incisiva strategia politico-sociale in grado di portare allo sviluppo dell'equità tra tutte le persone senza distinzioni di età e sesso, anche attraverso adeguate procedure amministrative che rendano più facile l'accesso alle informazioni;
a potenziare la prevenzione della violenza attraverso interventi che aumentino l'istruzione e le opportunità per le donne e le ragazze e che riducano tutti i tipi di disuguaglianze, nonché a rendere operativi programmi per i ragazzi che crescono in famiglie con violenza domestica, dal momento che risiede proprio là il rischio maggiore che diventino adulti violenti;
a promuovere, in linea anche con quanto sancito dal nuovo contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, che prevede un maggior rispetto dell'immagine e della dignità della donna, dei codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per il contrasto dei linguaggi violenti e prevaricanti per evitare una strumentalizzazione della donna in genere e del corpo della donna in particolare, che, attraverso immagini che feriscono la dignità umana e non solo quella femminile, provoca la riduzione della figura femminile ad esclusivo oggetto di desiderio;
a garantire una rapida conclusione ed entrata in vigore del contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico per il 2010-2012, non ancora firmato pur essendo il precedente già scaduto a dicembre 2009, permettendo in tal modo l'applicazione delle proposte ivi contenute e atte a sostenere una migliore rappresentazione delle donne;
ad incentivare interventi complessivi e integrati a sostegno delle donne che subiscono violenza attraverso il coordinamento dei centri antiviolenza sorti a livello regionale con il piano nazionale antiviolenza, al fine di attuare una politica unitaria più compatta e duratura;
ad attivare con tempestività un sistema di monitoraggio a livello di sanità pubblica, atto ad individuare e ridurre le conseguenze della violenza sulle donne, sia sul piano assistenziale che organizzativo, attraverso una maggiore informazione e formazione di personale addetto che sia in grado di affrontare i casi specifici con piena consapevolezza;
a stimare le risorse realmente messe a disposizione dal Governo per le donne vittime di violenza, assumendo iniziative per incrementare i fondi a favore della loro assistenza legale, dei centri di aiuto e degli sportelli anti-violenza sorti in tutta Italia;
a collocare il contrasto alla violenza contro le donne ai primi posti della programmazione politica, sia sul piano nazionale che su quello territoriale, prevenendo i reati più gravi come le lesioni personali e l'omicidio e facendo in modo che le iniziative normative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale garantiscano la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati;
a valutare - alla luce degli ultimi fatti di cronaca che dimostrano che la molestia troppo spesso si trasforma in omicidio - quali misure urgenti possano essere messe in campo per una più efficace collaborazione tra soggetti istituzionali e l'Osservatorio nazionale stalking, ai fini dell'attività di protezione delle vittime.
(1-00534)
«Binetti, Capitanio Santolini, Mondello, Formisano Anna Teresa, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Rao».
(24 gennaio 2011)

La Camera
premesso che:
i diritti delle donne sono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche; combattere con forza ogni atteggiamento e comportamento che tendono a tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le donne è, pertanto, assoluta priorità di ogni livello di Governo; vale la pena citare le parole di Kofi Annan: «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace»;
nonostante il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale è ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel mondo;
a livello mondiale, le cronache riportano con puntuale periodicità episodi di violenza commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate, uccise, cui si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi ad irragionevoli dettami fanatico-religiosi, nonché altre forme di violazione dei diritti delle donne o che con la violenza contro le donne sono connesse, come la violenza sui luoghi di lavoro, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, la tratta di donne e di bambine;
per chiarire la gravità e la frequenza di questi episodi di soprusi occorre riportare l'attenzione su alcuni dati: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo; nel mondo viene uccisa una donna ogni otto minuti, di cui il 50 per cento è vittima del partner; la violenza subita da mariti, fidanzati, padri è la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne tra i sedici e i quarantaquattro anni, più del cancro, degli incidenti stradali, della guerra;
la situazione non è affatto rosea nemmeno in Italia. Secondo stime Istat quasi il 32 per cento delle donne italiane (circa 6 milioni e 743 mila) ha subito forme di violenza fisica o sessuale; quasi il 5 per cento di esse (oltre un milione) ha subito uno stupro vero e proprio. Si pensi poi che, sempre secondo dati Istat, il 91,6 per cento degli stupri non viene denunciato alle autorità;
la violenza sulle donne, purtroppo, non è un fenomeno tipico di ambienti degradati e poveri, ma è trasversale a tutte le classi sociali e culturali; per contrastare a tutti i livelli questa terribile piaga sociale, sono necessarie azioni concrete di prevenzione e sostegno alle donne vittime di violenza, le quali troppo spesso sono lasciate sole;
la raccomandazione del Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa REC(2002)5, del 30 aprile 2002, ha invitato gli Stati membri a promuovere la ricerca e la raccolta di dati sulla violenza contro le donne;
in sede di Consiglio d'Europa è, attualmente, in discussione una convenzione finalizzata «alla prevenzione e alla lotta contro la violenza domestica nei confronti delle donne, alla tutela e al sostegno delle vittime di tali atti, nonché al perseguimento penale degli autori di reato»;
nella consapevolezza che per garantire la tutela delle donne contro ogni forma di violenza e di sopraffazione non è più sufficiente l'attività di un singolo Governo, ma è necessario stabilire un momento di confronto internazionale, il Ministero per le pari opportunità ha promosso nel settembre 2009, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri, una Conferenza dedicata al tema della violenza contro le donne e sulle sue molteplici manifestazioni, nell'ambito della Presidenza italiana del G8; la Conferenza è stata preceduta dall'importante campagna di comunicazione, partita il 4 settembre 2010, «respect women respect the world»: una rosa bianca, simbolo del candore del mondo femminile, diventa gradualmente nera, avvelenata da quel «male oscuro» che è la violenza contro le donne, causa di un dolore che resta troppo spesso privato e taciuto, per paura o vergogna;
lo studio e l'attuazione di interventi volti a prevenire gli episodi di violenza, abuso e vessazione di cui le donne sono vittime rappresenta, quindi, uno dei principali obiettivi del Ministero per le pari opportunità, nonché una priorità dell'intero Esecutivo;
il decreto-legge n. 11 del 2009, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito con modificazioni dalla legge n. 38 del 23 aprile 2009, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico, con l'articolo 612-bis del codice penale, il reato di stalking, è una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato;
dall'introduzione di tale nuova fattispecie di reato ad oggi, emergono circa 10.149 casi di stalking; le persone denunciate sono state 10.385, quelle arrestate 1.811. Sono stati emessi dai questori 1.891 provvedimenti di ammonimento, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n. 38 del 2009 e da parte dell'autorità giudiziaria sono stati disposti 2.629 divieti di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
i dati riferiti sottolineano i punti di forza della normativa in materia di atti persecutori: il riconoscimento del disvalore sociale e criminale degli atti persecutori nonché l'importanza di proteggere e tutelare l'incolumità psicofisica della persona;
il Governo nella presente legislatura si è distinto in un impegno che non trova precedenti nella storia della nostra Repubblica, mirato ad affrontare misure di contrasto contro ogni forma di violenza; l'attività del Governo si è, infatti, caratterizzata per una serie di costanti interventi in materia di sicurezza. Il cosiddetto «pacchetto sicurezza» del Governo comprende una serie di provvedimenti che, dal 2008 ad oggi, hanno fatto del rafforzamento della sicurezza urbana e della repressione dei reati di particolare allarme sociale due fondamentali obiettivi da perseguire costantemente;
il tema della violenza in generale, quella nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle case, quella che riguarda ogni essere umano, di qualsiasi età, religione e nazionalità, è un tema che il Governo ha affrontato in tutte le sue forme, attraverso provvedimenti che hanno interessato ciascun Ministero;
contestualmente all'emanazione della legge sullo stalking, con Protocollo d'intesa del 15 gennaio 2009 - sottoscritto dal Ministro per le pari opportunità e dal Ministro della Difesa - è stata istituita la sezione «atti persecutori», una task-force che studia il fenomeno degli atti persecutori e delle manifestazioni di violenza e di vessazione con il compito di delineare strategie di prevenzione e di contrasto aggiornate ed efficaci;
ad ulteriore conferma dell'impegno del Governo nel combattere ogni forma di violenza è altresì importante ricordare la firma, nel luglio 2009, di ulteriori due protocolli d'intesa per altrettante iniziative contro la violenza e le discriminazioni;
il Ministro per le pari opportunità ed il Ministro dell'interno hanno, infatti, siglato un protocollo d'intesa concernente il miglior raccordo dell'attività del Dipartimento per le pari opportunità con le azioni delle forze dell'ordine; il protocollo d'intesa, finalizzato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere e dello stalking, alla protezione e all'assistenza delle vittime; da ultimo ha portato, il 12 gennaio 2011, alla firma di due convenzioni tra il capo Dipartimento per le pari opportunità e il direttore dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia: la prima consentirà un raccordo più efficace tra le forze dell'ordine ed il servizio di accoglienza telefonica 1522 (inaugurata già nel settembre 2009) per le vittime di violenza allo scopo di ottimizzare il servizio svolto dal numero di pubblica utilità e prevede la possibilità di un contatto diretto, sia telefonico che telematico, tra il call center e le forze di polizia per gli episodi che presentino caratteristiche di emergenza; il secondo documento prevede la realizzazione di un progetto integrato per la raccolta e la condivisione dei dati quantitativi e qualitativi sul fenomeno delle violenze sessuali e di genere. La banca dati sarà istituita presso la Direzione centrale della polizia criminale - Servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno - e sarà alimentata dal flusso dei dati provenienti dalla banca dati interforze del sistema di indagine, dal Ministero della sanità e dal Ministero della giustizia raccolti dall'Istat, dal Dipartimento per le pari opportunità attraverso proprio il servizio di accoglienza telefonica 1522;
il secondo protocollo siglato nel luglio 2009 è quello che porta la firma del Ministro per le pari opportunità e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: in particolare questo ha istituito la «settimana contro la violenza» all'interno degli istituti scolastici, che ha coinvolto nelle due edizioni finora svolte studenti, genitori e docenti in iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, con approfondimenti ed eventi dedicati, avvalendosi anche della partecipazione di esperti di carabinieri, polizia postale, polizia di Stato, Telefono azzurro e altre associazioni;
all'interno del medesimo protocollo di intesa tra i Ministeri per le pari opportunità e dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è inserito anche il progetto «Campus non-violenza», rivolto agli studenti del quinto anno delle scuole superiori e alle matricole delle università; si tratta di un'iniziativa con l'obiettivo di promuovere nei ragazzi una presa di coscienza delle regole che sono alla base della convivenza civile, del rispetto e dell'integrazione; oltre 250 i ragazzi tra i 18 e i 22 anni e i docenti provenienti da tutta Italia sono partiti dal 22 al 28 febbraio 2010 per trascorrere tre giorni di soggiorno negli ostelli della gioventù italiani nelle città di Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bologna e Perugia, per vivere un'esperienza unica nel suo genere, che li ha visti coinvolti in attività creative e formative sul tema dell'integrazione e della non violenza;
tra le iniziative che fanno capo al Dipartimento per le pari opportunità si ricordano: il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta: tale progetto consiste in un servizio telefonico gratuito (attivo 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale) in grado di fornire alle vittime, e a coloro che intendono aiutarle, tutte le informazioni sulle possibilità di aiuto e assistenza che la normativa italiana offre per uscire dalla situazione di sfruttamento; il progetto, attivo dal 2000 a supporto delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, dal 2007 si rivolge anche alle vittime di tratta per sfruttamento del lavoro, dell'accattonaggio e delle economie illegali; il numero verde nazionale 800669696, per l'ascolto e la consulenza in casi di violenza a scuola; ben ventuno progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile;
nella sua costante azione propulsiva di contrasto ad ogni forma di violenza il Governo ha ottenuto l'appoggio del Parlamento che, come accaduto con le norme relative allo stalking, ha approvato una serie di misure che hanno trovato anche l'unanimità delle forze politiche;
lo stesso decreto-legge n. 11 del 2009, convertito dalla legge n. 38 del 2009, che ha introdotto il reato di stalking, ha inoltre previsto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale (esclusi i casi di minore gravità) e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n.11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;
la Camera dei deputati ha poi licenziato nelle scorse settimane, in terza lettura, all'unanimità, il disegno di legge di ratifica della Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote); il testo approvato individua il nuovo delitto di adescamento di minorenni (per cui si applica la pena della reclusione da uno a tre anni), nonché introduce il reato di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia, punito con la reclusione da tre a cinque anni. La nuova fattispecie di reato è individuata nella condotta di chi, anche con mezzi telematici, pubblicamente istiga a commettere o fa l'apologia di delitti a sfondo sessuale in danno di minorenni. Il disegno di legge incide anche su altri aspetti del diritto e della procedura penale, prevedendo in particolare: il raddoppio dei termini di prescrizione per alcuni delitti a sfondo sessuale (tra i quali la violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenne, con esclusione di alcune fattispecie di minore gravità) e per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi; l'inasprimento delle pene per l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati sessuali nei confronti di minori; l'introduzione di una nuova aggravante dell'omicidio commesso in occasione dei delitti di prostituzione minorile o di pornografia minorile; l'individuazione di ulteriori condotte riconducibili ai reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e di corruzione di minorenne; l'inasprimento delle pene per il reato di corruzione di minorenne; l'applicabilità del delitto di atti sessuali con minorenne, oltre che all'ascendente, al genitore o al tutore, a qualunque persona a cui il minore sia affidato o che conviva con il minore; l'esclusione dell'applicazione del patteggiamento alla prostituzione minorile; l'inserimento nel catalogo dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza del delitto di atti sessuali con minorenne; l'estensione della competenza delle procure distrettuali all'associazione a delinquere diretta a commettere alcuni reati a sfondo sessuale nei confronti di minori;
tali provvedimenti sono il frutto di un intenso lavoro del Governo e del Parlamento sul tema, che è cominciato sin dall'inizio della legislatura; già nel luglio 2009 l'assemblea della Camera dei deputati aveva approvato un testo unificato di numerosi progetti di legge (uno dei quali del Governo), che recava un organico intervento in materia di violenza sessuale; molti degli interventi contenuti nel testo sono stati poi a vario titolo introdotti nei diversi provvedimenti approvati in materia di sicurezza nell'ultimo anno;
va segnalata, inoltre, la discussione all'interno della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati in merito ad una serie di proposte di legge di iniziativa bipartisan sul divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab, o comunque indumenti che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona in pubblico: si tratta di proposte dirette a tutelare la pubblica sicurezza e la dignità della donna;
va segnalato, infine, quanto disposto dall'articolo 1, comma 1261, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che prevede la destinazione di una quota parte del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità all'elaborazione di un piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere;
il suddetto piano dovrà affrontare, in modo organico ed in sinergia con i principali attori coinvolti sia a livello centrale che territoriale, il fenomeno della violenza contro le donne, nel pieno rispetto degli interventi in atto a livello locale e regionale;
in particolare, il piano dovrà contribuire a potenziare i centri antiviolenza quale luogo privilegiato per l'assistenza e il sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro bambini,

impegna il Governo:

a proseguire nelle iniziative già avviate con successo, tra le quali si ricordano in particolare:
a) la rete nazionale antiviolenza, il telefono di pubblica utilità 1522 e il potenziamento del sito www.antiviolenzadonna.it;
b) il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta;
c) il protocollo contro la violenza e le discriminazioni del Ministero per le pari opportunità d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha istituito la «settimana contro violenza» negli istituti scolastici;
d) l'attività di prevenzione e tutela contro gli atti persecutori con il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine;
a dare attuazione al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere, utilizzando le risorse all'uopo stanziate, individuando specifiche iniziative volte a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, ad aumentare il livello di formazione degli operatori coinvolti, a monitorare efficacemente il fenomeno della violenza sulle donne;
a promuovere in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano azioni volte ad incentivare la realizzazione di misure a favore delle vittime di violenza e a coinvolgere le stesse, laddove sia necessario, in percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.
(1-00538)
«Saltamartini, Lussana, Polidori, Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli, Lorenzin, Bertolini, Santelli, Bergamini, Aprea, Armosino, Beccalossi, Bernini Bovicelli, Biancofiore, Bocciardo, Boniver, Calabria, Carlucci, Castellani, Castiello, Ceccacci Rubino, Centemero, Comaroli, Dal Lago, De Camillis, De Girolamo, De Nichilo Rizzoli, Di Centa, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Renato Farina, Frassinetti, Giammanco, Golfo, Goisis, Lanzarin, Mannucci, Milanato, Mistrello Destro, Laura Molteni, Munerato, Mussolini, Negro, Nirenstein, Pastore, Pelino, Petrenga, Repetti, Rivolta, Mariarosaria Rossi, Savino, Sbai, Siliquini, Stasi».
(24 gennaio 2011)

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un fenomeno molto diffuso che non accenna a diminuire e tende, al contrario, a manifestarsi sotto diverse forme e modi: nella quotidianità, nella vita domestica e in circostanze particolari quali il cosiddetto «stupro di guerra»;
il gruppo di esperti che ha lavorato per il Consiglio d'Europa in occasione del Council of Europe - Group of specialists for combatting violence against women, Final Report of Activities, (Strasbourg, 1997), ha individuato alcune caratteristiche essenziali del fenomeno;
il citato rapporto informa preliminarmente che alcune forme di violenza, quali ad esempio lo stupro, la violenza domestica e l'incesto, si riscontrano in molte culture, mentre altre, quali le mutilazioni genitali e gli omicidi a causa della dote, sono tipiche di alcuni particolari contesti;
generalmente, la violenza usata contro le donne appare come un insieme di diverse tipologie di violenza: nel caso della violenza domestica, ad esempio, vengono di frequente esercitate insieme la violenza fisica, quella psicologica, quella sessuale e quella economica;
i dati sul fenomeno sono impressionanti: nel mondo sono 135 milioni le donne e le bambine che hanno subito mutilazioni genitali; 2 milioni le bambine che ogni anno subiscono mutilazioni genitali; in Francia sono 91 le donne che ogni anno muoiono assassinate dal proprio marito o compagno; l'80 per cento dei rifugiati e sfollati presenti nel mondo è rappresentato da donne sole o con i propri figli e queste donne sono spesso soggette ad ogni genere di molestia e violenza perpetrate nono solo durante il percorso verso il campo profughi ma anche nel campo stesso;
il femminicidio è la prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo; circa 60 milioni di donne sono sparite dalle statistiche demografiche perché vittime delle loro stesse famiglie, uccise deliberatamente o per negligenza, soltanto perché di sesso femminile;
dall'ultimo rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario in Italia, si evidenzia come negli ultimi anni gli omicidi di donne abbiano subito un sostanziale aumento, passando dal 15,3 per cento del totale nel periodo 1992-1994 al 23,8 per cento del biennio 2007-2008;
in particolare, nel 2008 in un caso su quattro (il 24,1 per cento) la vittima è stata una donna, dato inferiore solo a quello del 2006 quando furono uccise 181 donne, pari al 29,4 per cento del totale;
nel Nord, dove prevalgono gli omicidi in famiglia, si è registrata la quota più alta di vittime di sesso femminile: 70, pari al 47,6 per cento delle 147 uccise nel 2008 in Italia, a fronte del 29,9 per cento al Sud (44 vittime) e del 22,4 per cento al Centro (33 vittime);
il rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario in Italia mostra che il 70,7 per cento di omicidi aventi come vittime donne nel 2008 è avvenuto all'interno della famiglia: le donne più colpite sembrano essere le anziane (36 vittime, pari al 24,5 per cento del totale), con numerosi omicidi di coppia o pietatis causa, ma si è registrato un alto numero di vittime anche tra le giovani donne, uccise prevalentemente all'interno di rapporti di coppia, per ragioni passionali: il 21,8 per cento delle vittime di sesso femminile ha infatti tra i 25 e i 34 anni (32 vittime);
dai dati forniti dall'Istat sul fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne, risalenti al 2006, emerge un quadro drammatico: le donne vittime di violenza sono 6.743.000, pari al 31,9 per cento; il 23,7 per cento ha subito violenze sessuali (5 milioni); il 18,8 per cento ha subito violenze fisiche (3.961.000); il 4,8 per cento ha subito stupri o tentati stupri (1 milione); il 18,8 per cento ha subito comportamenti persecutori (stalking) (2.770.000; 7.134.000 hanno subito violenza psicologica;
le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti; il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner; un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale; inoltre, le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza; la violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner (il 67,1 per cento contro il 52,9 per cento); un altro dato significativo riguarda i diversi autori della violenza da cui emerge che il rischio di subire uno stupro, piuttosto che un tentativo di stupro, è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima; i partner, attuali ed ex, sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate e di alcuni tipi di violenza sessuale; il 69,7 per cento degli stupri, infatti, è opera di partner, il 55,5 per cento degli ex partner, il 14,3 per cento del partner attuale, il 17,4 per cento di un conoscente; solo il 6,2 per cento è stato opera di estranei;
tuttavia, il dato di gran lunga più impressionante è relativo alla circostanza per cui, nella quasi totalità dei casi, le violenze non sono denunciate; il fenomeno raggiunge livelli elevatissimi pari a circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento;
a livello regionale alcuni dati vengono forniti dal Coordinamento dei centri antiviolenza e delle Case delle donne della regione Emilia-Romagna sulla base del progetto «Osservatorio regionale sulla violenza alle donne» in Emilia-Romagna: dal 1° gennaio 2010 al 31 ottobre 2010 sono state 2.277 le donne vittime di violenza accolte nei centri antiviolenza aderenti al Coordinamento dell'Emilia-Romagna; sul totale delle donne accolte, 1.461 sono di nazionalità italiana e 809 di nazionalità straniera. Nelle case rifugio per donne vittime di violenza sono state ospitate 101 donne e altrettanti minori, per un totale di 202 ospiti; rispetto allo scorso anno i dati sono stabili;
i centri antiviolenza e le case di accoglienza per donne maltrattate o violate svolgono un ruolo essenziale di sostegno e di primo intervento, oltre a garantire visibilità alla violenza al fine di far emergere il fenomeno nella sua estesa drammaticità e portata;
per far emergere dall'ombra questa drammatica situazione, il 25 novembre viene celebrata la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita con la risoluzione n. 54/134 dalle Nazioni Unite nel 1999 al fine di sensibilizzare Governi, istituzioni e società civile; la data non è casuale: l'Onu, infatti, ha scelto questo giorno per commemorare la tragica vicenda delle tre sorelle Mirabal violentate, pugnalate e strangolate il 25 novembre del 1960, per ordine del dittatore Trujillo;
a fronte di un fenomeno che non sembra voler diminuire e segna, al contrario, un aumento delle richieste di aiuto e di gravità dei casi, occorre osservare che le risorse a sostegno dei centri antiviolenza rischiano di subire i tagli dovuti alla crisi; un adeguato sostegno a favore di chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei governi locali e dal Governo nazionale,

impegna il Governo:

ad adottare ogni azione necessaria a sensibilizzare l'opinione pubblica, con particolare riferimento ai giovani, circa il drammatico fenomeno della violenza contro le donne;
a stanziare risorse e a promuovere iniziative dirette a garantire un adeguato sostegno e potenziamento dei centri antiviolenza e delle strutture di supporto a favore di donne maltrattate o violate;
a costruire un progetto educativo che, lungo tutto il percorso scolastico, preveda una complessiva educazione e formazione al rispetto della dignità di ogni persona umana in ogni situazione economica, sociale, psichica e fisica, ed in ogni momento della sua vita, con particolare riguardo alle situazioni di maggiore debolezza come la nascita, l'infanzia e l'età avanzata e grandissima attenzione all'uguaglianza e pari dignità tra i sessi;
a predisporre ogni azione possibile volta a prevenire casi di violenza nei confronti delle donne.
(1-00539)
«Calgaro, Tabacci, Mosella, Pisicchio, Brugger».