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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 8 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 5 APRILE 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'8 marzo 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fassino, Fava, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fassino, Fava, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè.

Annunzio di una proposta di legge.

In data 7 marzo 2011 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
PES: «Modifiche all'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'articolo 42 della legge 23 luglio 2009, n. 99, concernenti l'attribuzione alle regioni delle competenze in materia di procedure autorizzatorie relative agli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare» (4141).

Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di disegni di legge.

In data 7 marzo 2011 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:

dai ministri degli affari esteri e della difesa:
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Doha il 12 maggio 2010» (4142);

dal ministro degli affari esteri:
Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo della Convenzione del 1988 tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa ed i Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OCSE - sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, fatto a Parigi il 27 maggio 2010» (4143);

dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri per le riforme per il federalismo, dell'economia e delle finanze, per la semplificazione normativa, dello sviluppo economico, per la pubblica amministrazione e l'innovazione, della giustizia e per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale:
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: «Modifiche agli articoli 41, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione» (4144).

Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
GRIMOLDI ed altri: «Disposizioni per favorire la rappresentanza giovanile nella Camera dei deputati» (4056) Parere delle Commissioni V e XII.
IV Commissione (Difesa):
DI STANISLAO: «Disposizioni concernenti il limite di altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate» (4113) Parere della I Commissione.

X Commissione (Attività produttive):
GAVA: «Modifiche all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e all'articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, per l'uniformazione della disciplina delle vendite promozionali» (4094) Parere delle Commissioni I, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
PEDOTO ed altri: «Istituzione di un Piano nazionale per lo sviluppo di programmi di lavoro di utilità sociale per le persone anziane» (4090) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XIII Commissione (Agricoltura):
NASTRI: «Agevolazioni in favore della piccola proprietà contadina» (4079) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XIV.

Trasmissione dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 25 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, la relazione sulla realizzazione e sullo stato di avanzamento dei progetti previsti dalla convenzione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, la RAI - Radiotelevisione italiana Spa e NewCo RAI International per il sostegno delle azioni di peace-keeping in Afghanistan (doc. XXVII, n. 28).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri), alla IV Commissione (Difesa) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 4 marzo 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 14, della legge 7 agosto 1997, n. 270, la relazione sullo stato di attuazione degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e pellegrinaggi in località al di fuori del Lazio, aggiornata al primo trimestre del 2010 (doc. CIX, n. 9).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 7 marzo 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (COM(2011)82 definitivo), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con lettera in data 4 marzo 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del dottor Emanuele Paratore, del dottor Giuseppe Rossiello, del dottor Amedeo Gerolimetto e del dottor Paolo Baccolo a componenti del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti (INRAN).

Tale comunicazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Ritiro di richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 8 marzo 2011, ha comunicato di ritirare la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante proroga degli incarichi del presidente della Fondazione «La Triennale di Milano» e del commissario straordinario della Fondazione «Teatro San Carlo di Napoli» (337).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Iniziative per la valorizzazione culturale della città di Cividale del Friuli (Udine), con particolare riferimento alla candidatura per l'iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco - 2-00599 e 3-01497

A) Interpellanza ed interrogazione

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
la chiesa di San Biagio a Cividale del Friuli, edificio di culto di prestigiosa bellezza della città candidata nel 2009 dallo Stato italiano per entrare nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità Unesco, è oggetto di restauro da parte del Ministero per i beni e le attività culturali da 22 anni e i lavori non sono ancora compiuti;
l'offerta museale della città ducale è da tempo pronta per allargarsi nella sede di Palazzo de Nordis, che invece rimane chiusa, nonostante gli interventi di adeguamento si siano conclusi da tempo;
i cospicui fondi statali erogati per un'urgente opera di sistemazione delle pareti interne del duomo e per il prosieguo delle azioni di restauro nella chiesa di San Giovanni in Xenodochio, ulteriore cantiere ormai datato, sono stati revocati per i ritardi accumulati dalla sovrintendenza;
il Ministro per i beni e le attività culturali Sandro Bondi, in occasione delle elezioni amministrative del 2005 e in successive occasioni istituzionali, come nella sua visita ad Aquileia del 27 luglio 2008, garantì il massimo appoggio, anche finanziario, suo e del Premier alla candidatura Unesco della città di Cividale del Friuli, il cui progetto di gestione trova nelle suddette opere delle eccellenze e dei punti di forza -:
se, come e quando il Ministro interpellato intenda assumere iniziative concrete per dar seguito al promesso impegno, in particolare nelle suddette linee di intervento.
(2-00599) «Monai».

MONAI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'allora coordinatore nazionale di Forza Italia e attuale Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Sandro Bondi, durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Cividale del Friuli del 2005, annunciò di condividere e di voler sostenere la candidatura Unesco della città;
nel frattempo la candidatura «Italia Langobardorum, centri di poteri e di culto (568-774 d.C.)» è stata ufficialmente presentata dal Governo Prodi ed è stata ritenuta ammissibile dall'ufficio dell'Unesco di Parigi;
vi è, quindi, la necessità di un concreto sostegno del Governo in vista della decisione del Comitato per il patrimonio mondiale Unesco, che deciderà tra pochi mesi in Bahrain sulla candidatura seriale;
nel frattempo, va registrata l'inaugurazione del nuovo museo cristiano, occorsa il 21 giugno 2008 e sostenuta con forte impegno finanziario dalla regione, che è un elemento centrale della proposta di inserimento del sito nella World Heritage List;
a Cividale del Friuli appaiono necessari, a rafforzamento della candidatura predetta, anche altri interventi su importanti edifici di culto, quali la chiesa di San Giovanni in Xenodochio (per la quale vi erano due importanti contributi ministeriali, poi revocati) e il restauro dell'interno della basilica di Santa Maria Assunta e della chiesa di San Biagio -:
se e in quali termini il Ministro interrogato e il Governo intendano sostenere la candidatura Unesco sopra richiamata e se e come intendano intervenire per garantire la riapertura del museo nel Palazzo De Nordis e il restauro dei suddetti storici edifici di culto. (3-01497)

Iniziative per preservare l'area interessata dalla scoperta dei reperti archeologici venuti alla luce a Locorotondo (Bari) nel corso dei lavori per la realizzazione della circonvallazione destinata a collegare via Martina Franca e via Fasano - 3-01416

B) Interrogazione

RIA, CERA e RUGGERI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da mesi è in corso di realizzazione, in Locorotondo (Bari), il primo tratto di circonvallazione/strada panoramica, destinato a collegare via Martina Franca e via Fasano, così da consentire al traffico, in particolare quello pesante, di evitare il centro del paese che, come è noto, è uno dei borghi più belli d'Italia;
parte del previsto tracciato ricade in contrada Grofoleo, nota per la presenza, in passato, di antichi insediamenti abitativi;
nel corso dei lavori, sino ad oggi costati 150.000 euro circa, sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici, tra cui numerose tombe e corpi, in buono stato di conservazione, unitamente a corredi funebri e suppellettili che testimoniano, in tutta probabilità, la presenza, su quei luoghi, di antichissimi insediamenti abitativi;
secondo le prime valutazioni, operate anche e soprattutto con i responsabili della sovrintendenza ai beni archeologici, si tratterebbe di un'antica necropoli riconducibile al VI/V secolo a.C;
ad oggi si è in attesa di un ulteriore parere da parte della stessa sovrintendenza, che evidenzi con chiarezza la reale portata di quanto è sino ad oggi emerso, la natura degli interventi e degli approfondimenti da eseguire, per preservare quanto è già emerso e/o potrà ancora emergere, in tutta probabilità;
nonostante la rilevanza della scoperta, in ragione della mancanza di risorse sufficienti per completare ogni approfondimento necessario, che non potrà prescindere dall'estensione degli scavi e dallo studio accurato dell'intera area interessata, vi è il concreto rischio che l'intero sito archeologico venga restituito alla terra;
ove ciò dovesse accadere, di certo ne risulterebbe gravemente danneggiata la storia e la cultura di un intero territorio, che certamente merita grande attenzione, nel dovuto rispetto della straordinaria testimonianza del passato che oggi si rivela in tutto il suo valore -:
se il Ministro interrogato, compatibilmente con la realizzazione dalla suddetta circonvallazione e nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio, non ritenga di adottare provvedimenti idonei ed adeguati a preservare l'intera area interessata dalla scoperta dei suddetti reperti archeologici e, quindi, della necropoli emersa ad oggi solo in parte;
se non ritenga di individuare e garantite le risorse necessarie per l'estensione degli scavi ed il loro completamento, affinché possa finalmente emergere a pieno ed in tutta la sua estensione ogni testimonianza del passato, a beneficio di tutti ed in particolare delle future generazioni. (3-01416)

MOZIONI BRATTI ED ALTRI N. 1-00510, LIBÈ ED ALTRI N. 1-00569, PIFFARI ED ALTRI N. 1-00571, DI BIAGIO ED ALTRI N. 1-00572, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00573, TOMMASO FOTI ED ALTRI N. 1-00574, GUIDO DUSSIN ED ALTRI N. 1-00575, MOSELLA ED ALTRI N. 1-00576 ED ALESSANDRI, BRATTI, TOMMASO FOTI, GUIDO DUSSIN, PIFFARI, DI BIAGIO, LIBÈ, COMMERCIO, MOSELLA ED ALTRI N. 1-00584, CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI DI INTERESSE NAZIONALE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la gestione dei siti contaminati rappresenta uno dei maggiori problemi ambientali per i Paesi europei; recenti dati della European environmental agency (Eea) mostrano come la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi rappresenta una delle più importanti minacce. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può portare ad effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi;
la gestione amministrativa dei procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale è di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che, in quanto responsabile del procedimento, convoca conferenze di servizi ed emana il decreto di approvazione dei progetti;
la gestione di tali procedimenti è particolarmente complessa, in quanto in ciascuna delle 57 aree perimetrate di interesse nazionale ricadono proprietà di diversi soggetti (pubblici e privati) e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti che spesso ostacolano l'avvio degli interventi di bonifica; in quest'ottica, quindi, deve essere analizzato anche il dato di fondo presentato da Confindustria nel rapporto bonifiche del 2009, che ad oggi in nessun sito di interesse nazionale, inteso come intera area perimetrata, «si è arrivati alla certificazione di avvenuta bonifica e quindi al risanamento definitivo delle aree ed alla conseguente possibilità di riutilizzo delle stesse»;
gli evidenti ritardi nell'attuazione dei necessari interventi di bonifica nei siti di interesse nazionale sono dovuti, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ad un'inadeguatezza organizzativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma anche al ruolo giocato da molti privati, che, pur di ritardare l'esborso di somme considerevoli per gli interventi, presentano ricorso, all'assenza di incentivi per le imprese «virtuose», che invece scelgono di intervenire sulle aree da bonificare in tempi brevi, e alle procedure amministrative spesso farraginose da adempiere per l'esecuzione delle attività che non favoriscono lo sviluppo di un mercato «sano» delle bonifiche;
nella maggior parte degli altri Paesi europei le procedure amministrative e gli adempimenti in tema di gestione dei terreni provenienti da siti oggetto di bonifica e/o rifiuti vengono snellite a fronte di un rafforzamento del sistema dei controlli ambientali e del regime sanzionatorio;
secondo il rapporto di Federambiente, presentato nei giorni scorsi, in Italia ci sono oltre 12.600 siti inquinati, più di 1.350 comuni coinvolti e una media di quasi 300 euro per ogni metro quadro di superficie da bonificare; a questi dati vanno aggiunti quelli non disponibili o non resi pubblici, visto che la regione Veneto, infatti, ha completato il censimento, ma non ha ancora diffuso i dati, mentre mancano molte regioni del Sud, tra cui Campania, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria;
in testa alla lista nera delle aree più avvelenate d'Italia svetta la Lombardia, con quasi 2 mila segnalazioni nella sola provincia di Milano. In Toscana l'88 per cento dei comuni è interessato da almeno un'area contaminata; in circa 1.800 siti la causa della contaminazione è rappresentata da un'attività industriale e in circa 1.400 aree si tratta di punti vendita carburanti; in altri 800, invece, i problemi sono legati a impianti di gestione dei rifiuti, sia urbani che speciali; circa 1.000 siti risultano contaminati da idrocarburi e 500 da metalli pesanti;
i 57 siti di interesse nazionale comprendono le aree maggiormente inquinate d'Italia: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela, Taranto, le aree industriali di Pioltello Rodano, Bagnoli-Coroglio, Crotone, Trieste, Serravalle Scrivia, bacino del fiume Sacco, litorale domizio-flegreo e agro aversano; vi sono, inoltre, aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, che hanno subito fenomeni di contaminazione quali il Lago Maggiore (sito di Pieve Vergonte), le lagune di Grado e Marano, Venezia e Orbetello; spesso le problematiche relative all'inquinamento delle matrici ambientali (suolo, acque sotterranee e superficiali, sedimenti) sono strettamente correlate all'insorgenza di problematiche sanitarie;
numerose sono le aree di interesse nazionale che ad oggi risultano essere bloccate, sia per questioni tecniche, spesso legate all'interpretazione della normativa, sia per insufficienza di finanziamenti dedicati a queste aree, sia per pericoli legati allo stato dell'ambiente, con eventuali ripercussioni sanitarie, sia per eventuali processi di reindustrializzazione che necessitano interventi immediati e risolutivi;
le procedure che riguardano i siti di interesse nazionale risultano spesso lunghe e farraginose, penalizzando spesso le comunità locali; numerosi sono gli enti interessati nella fase operativa di controllo spesso non adeguatamente coordinati;
per quanto riguarda le risorse che sono state tolte ai fondi destinati al grande tema delle bonifiche relativamente ai siti di interesse nazionale, bisogna rilevare come ormai da diversi anni, dalla definizione di questi siti, ci si trova in presenza di diversi studi, di numerosi approfondimenti, ma purtroppo pochissimi territori sono stati restituiti nelle condizioni iniziali o in condizioni tali da attivare dei processi di reindustrializzazione;
emblematico è il caso di Crotone, dove un parte di territorio ex industriale a ridosso della città, già riconosciuto sito di interesse nazionale, aspetta da anni i finanziamenti che solo in minima parte sono stati erogati per far avere a quella città un possibile sviluppo per il futuro; il sito si trova nel pieno dell'area cittadina crotonese e costituisce non solo un grande pericolo dal punto di vista ambientale, ma anche una grande ipoteca per il futuro di quel territorio;
ad essere contaminata sarebbe stata in realtà tutta l'area circostante e non solo quella industriale delimitata alle suddette fabbriche; di conseguenza, moltissimi lavoratori che hanno prestato servizio in quell'area e cittadini residenti vicino a tali insediamenti industriali in cui si manipolava amianto, sarebbero tuttora esposti al rischio di contrarre gravi malattie, come confermano i dati epidemiologici rilevati;
con il decreto n. 468 del 2001 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio l'ex area industriale della città di Crotone è stata inserita nei siti inquinati di interesse nazionale, ma a tale determinazione non è stato dato seguito e non è ancora stato avviato un concreto piano d'azione per la bonifica dei territori interessati;
l'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008 ha introdotto una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale del contenzioso relativo alle procedure di rimborso delle spese di bonifica e ripristino di aree contaminate e al risarcimento del danno ambientale, attraverso la stipula di una o più transazioni con una o più imprese interessate, pubbliche o private, in ordine alla spettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino, nonché del danno ambientale e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possano richiedere il risarcimento;
vi è un prioritario problema di semplificazione e di riordino delle norme e delle procedure amministrative, ma esiste anche - altrettanto urgente - la necessità di garantire l'adeguatezza delle strutture alle quali sono demandate le attività di vigilanza e di controllo sulle operazioni di bonifica dei siti inquinati,

impegna il Governo:

a valutare se non sia giunto il momento di procedere, sia sul piano normativo che su quello organizzativo e delle risorse disponibili, ad una profonda revisione della strategia di intervento pubblico;
a definire al più presto il percorso così come definito dall'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, coinvolgendo il sistema degli enti locali;
ad individuare un'efficace strategia in tema di siti contaminati di interesse nazionale e ad informare il Parlamento su quali accordi di programma siano stati realizzati e quali siano i risultati conseguiti e le risorse finanziarie impegnate;
a valutare l'opportunità di affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza alle regioni, visto il clamoroso insuccesso delle politiche ministeriali, anche promuovendo una profonda modifica legislativa;
a garantire in tempi certi la bonifica e la riqualificazione dei territori che hanno subito negli ultimi decenni le conseguenze di un'intensa attività industriale, che ne ha compromesso gravemente gli equilibri ambientali, e ad accertare che le procedure transattive con le società attuali proprietarie non determinino ulteriori penalizzazioni per la popolazione residente, che da troppo tempo sta attendendo una soluzione definitiva, attraverso un percorso certo che preveda anche una progettualità sull'utilizzo dei siti bonificati;
a coinvolgere - nell'elaborazione della proposta di transazione - la regione, la provincia ed i comuni interessati, con particolare riguardo alla regione per le fasi attuative, in coerenza con il principio di sussidiarietà e con il rinnovato assetto istituzionale stabilito dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione;
a stabilire che le risorse finanziarie che provengono dalle transazioni siano stanziate per gli interventi di bonifica e legate a forme di investimento locale;
a prevedere la possibilità, nel caso in cui emergano nuove esigenze di intervento di bonifica, anche dopo l'avvenuta chiusura della transazione, che la stessa possa essere riaperta e ridefinita;
ad accelerare l'intervento di bonifica nell'area di Crotone, una delle aree con le problematiche ambientali più gravi a livello nazionale, anche come opportunità di sviluppo economico, turistico e portuale del territorio.
(1-00510)
«Bratti, Mariani, Oliverio, Lenzi, Realacci, Bocci, Braga, Brandolini, Bucchino, Capodicasa, Carella, Cenni, Colaninno, Coscia, De Biasi, Esposito, Froner, Genovese, Gnecchi, Graziano, Laganà Fortugno, Lovelli, Marantelli, Marchi, Margiotta, Motta, Pedoto, Pizzetti, Rubinato, Antonino Russo, Schirru, Servodio, Siragusa, Strizzolo, Vannucci, Vico, Viola, Ginoble, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali dannosi;
la tutela dell'ambiente è stata riconosciuta come principio immanente all'ordinamento sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione. La Corte costituzionale, in particolare, rinviene un ancoraggio costituzionale alla tutela dell'ambiente nel sistema normativo che emerge dal secondo comma dell'articolo 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica «tutela il paesaggio», e dalla disciplina contenuta nell'articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività. La stessa Carta fondamentale, all'articolo 117, secondo comma, lettera s), nel riservare alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», riconosce esplicitamente la valenza costituzionale di tali beni;
attualmente i siti inquinati di interesse nazionale sono 57 e comprendono aree contaminate con elevati rischi sanitari ed ambientali, nelle quali l'impatto socio-economico causato dall'inquinamento è molto rilevante; i siti inquinati di interesse nazionale comprendono aree a terra e aree a mare per un'estensione di 700 mila ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale, e sono distribuiti sul territorio nazionale come segue: Centro-Nord, 34 siti; Sud, 20 siti. All'interno dei siti inquinati di interesse nazionale sono presenti tremila soggetti privati, proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero;
con riferimento agli ultimi provvedimenti legislativi di natura finanziaria per il 2011, lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 2011 ammonta a 513,9 milioni di euro. Rispetto al dato assestato si registra, quindi, una diminuzione di ben 232,7 milioni di euro (con una riduzione pari al 31,2 per cento). La missione a cui sono assegnate la gran parte delle risorse a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è la missione 18 (391,2 milioni per sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente), che, però, registra una diminuzione di 212,9 milioni di euro (pari al 35,2 per cento). In particolare, la dotazione di competenza del programma 18.12 (Tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) risulta pari a 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro (pari al 33 per cento);
gli ultimi provvedimenti legislativi in materia di siti inquinati di interesse nazionale hanno introdotto una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale del contenzioso relativo alle procedure di rimborso delle spese di bonifica e ripristino di aree contaminate e al risarcimento del danno ambientale; tale norma è stata resa necessaria dalla diffusione dei fenomeni di inquinamento ambientale e dal frequente ed inconcludente contenzioso che sorge in merito alle procedure di rimborso per le spese di bonifica, ripristino e risarcimento del danno; le norme attribuiscono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la facoltà di predisporre uno schema di contratto per la stipula di una o più transazioni globali, con una o più imprese interessate, pubbliche o private, in ordine alla spettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino, nonché del danno ambientale di cui all'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possano richiedere il risarcimento;
dal 2001, con il decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001, «Regolamento recante: Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale», l'area di Crotone-Cassano-Cerchiara è stata inclusa nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale, per un'area di circa 530 ettari a terra e 1.452 ettari a mare, perimetrata nel 2002 e comprendente: due complessi industriali della Pertusola Sud e dell'ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo, la fascia costiera a ridosso della zona industriale ed i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabria;
tale area è interessata da fenomeni di inquinamento ambientale profondi, sia derivanti direttamente dalle attività industriali delle fabbriche Pertusola Sud e Montedison, di proprietà del gruppo Syndial-Eni, sia connessi allo smaltimento dei relativi rifiuti in discariche abusive e a mare;
la necessità di interventi di risanamento ambientale è dovuta alla contaminazione da metalli pesanti (principalmente cadmio, piombo, mercurio, zinco e arsenico) e materiali cancerogeni, nel suolo e sottosuolo, nelle acque sotterranee e nei sedimenti marini; le scorie tossiche hanno, infatti, prodotto gravissime ripercussioni sull'ecosistema delle aree vicine al sito industriale, con l'interessamento di falde acquifere, area marina e terreni circonvicini, destinati prevalentemente alla produzione agricola; da uno studio commissionato dalla provincia di Crotone al Consorzio per le tecnologie biomediche avanzate e indagini diagnostiche dell'Università della Calabria è emersa una grave compromissione della falda acquifera, con penetrazione di zinco, cadmio, rame e metalli pesanti dall'area industriale fino a 12 chilometri dal perimetro esterno;
la dispersione di tali materiali tossici nell'ambiente ha conseguenze devastanti sulla salute umana: essi possono avere effetti cancerogeni, neurologici, provocare danni al sistema respiratorio e cardiovascolare e influenzare negativamente lo sviluppo del sistema nervoso;
già nel 2001 il «Rapporto annuale su salute e ambiente in Italia» dell'Organizzazione mondiale della sanità aveva sottolineato l'aumento della mortalità nel territorio di Crotone per patologie respiratorie, tumori polmonari e carcinomi alla laringe, tanto da determinare un eccesso di mortalità totale intorno al 10 per cento;
nell'area del crotonese le problematiche legate all'inquinamento ambientale non sono limitate alle aree della ex Pertusola Sud e Montedison; risultano, infatti, inquinati molti altri siti, come, ad esempio, l'area della Fosfotec, che è interessata da inquinanti di natura radioattiva, e della Sidis, della Mosmodec, nonché di altri impianti;
la critica situazione ambientale in cui versa il territorio del crotonese è nota da almeno un decennio. Infatti, già nel 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 1997, è stato dichiarato, relativamente a tale area, lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Da allora si sono succedute varie ordinanze, con le quali sono stati attribuiti ai diversi commissari i necessari poteri straordinari, volti a garantire gli interventi dovuti per smaltire detti rifiuti speciali e pericolosi, per approntare la bonifica ed il risanamento ambientale dei suoli e dei sedimenti inquinati, dei siti industriali e delle falde, nonché le operazioni a tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
all'inizio del mese di ottobre 2009, con il ritrovamento del relitto di un mercantile carico di fusti sospetti allargo di Cetraro (Cosenza), è tornata di attualità la vicenda delle cosiddette «navi dei veleni»;
oltre ai tanti relitti sui fondali italiani risalenti ad incidenti legati, soprattutto, alle vicende della prima e della seconda guerra mondiale, sono numerose le navi che risulterebbero affondate tra gli anni '80 e '90 cariche di rifiuti tossici e radioattivi e che compaiono nelle inchieste svolte dalle procure interessate e quasi tutte le regioni costiere del nostro Paese potrebbero essere compromesse;
il tema dei relitti di navi presenti nei fondali delle nostre coste e contenenti materiali velenosi non è, però, l'unica preoccupazione che dovrebbe interessarci: vi sono, infatti, altre questioni analoghe, che, pur non essendovi una dimostrazione certa che siano collegate con le cosiddette «navi a perdere», preoccupano per l'impatto sanitario e ambientale che hanno determinato, soprattutto, in Calabria;
tali questioni riguardano la presenza di discariche abusive contenenti materiale altamente pericoloso o, addirittura, radioattivo presenti in determinati luoghi della regione;
altre aree contaminate presenti in Italia, in maniera particolare in Campania, in Sicilia e anche in tante regioni del Nord, rappresentano una seria minaccia per l'ambiente e la salute;
con la delibera del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990 veniva istituita l'area ad elevato rischio di crisi ambientale del Sulcis-Iglesiente, comprendente i comuni di Portoscuro, Gonnesa, Carbonia, S. Antioco e San Giovanni Suergiu;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1993 è stato approvato il piano di disinquinamento, al fine di attivare un sistema di risanamento territoriale, con particolare riferimento alle fasce circostanti l'area di Portoscuro, Portovesme e Gonnesa, a seguito dei risultati sui livelli di contaminazione da metalli pesanti effettuati dall'azienda sanitaria su tali territori;
la giunta regionale sarda, con la deliberazione n. 6/56 del 2003, ha dichiarato il territorio del Sulcis-Iglesiente «area ad elevato rischio di crisi ambientale» con validità quinquennale, che risulta attualmente non reiterata;
il piano di disinquinamento prevedeva circa 115 interventi, dei quali 55 industriali e 60 a titolarità pubblica, per i quali dal 1995 fino al 2004 lo Stato ha erogato alla regione circa 69 milioni di euro, a fronte di un fabbisogno effettivo di oltre 104 milioni di euro;
allo stato attuale risulterebbero finanziati all'incirca la metà degli interventi previsti attraverso i provvedimenti assunti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla giunta regionale; inoltre, rimangono ancora da trasferire da parte dello Stato finanziamenti che ammontano a circa 40 milioni di euro;
ad oggi non risultano ancora completate dopo svariati decenni le operazioni di bonifica e messa in sicurezza del territorio circostante l'ex sito minerario di Balangero, in provincia di Torino, che nel passato si contraddistingueva per essere il sito di estrazione d'amianto più grande d'Europa e ancora oggi è considerato pericolosissimo per la presenza di materiali tossici altamente nocivi;
ad oggi risulta essere a rilento il processo di recupero ambientale delle aree adibite a discarica;
nell'ottica di una completa e corretta gestione del ciclo dei rifiuti, costituisce elemento imprescindibile l'attenzione al rispetto degli aspetti socio-ambientali e di tutela delle popolazioni che vivono nei comuni dove vengono insediate le discariche;
occorre non solo salvaguardare il patrimonio ambientale e paesaggistico presente nei perimetri dei siti inquinati di interesse nazionale, ma anche adottare tutte le misure necessarie alla tutela della salute umana e preservare e rilanciare il patrimonio di grandi, medie e piccole imprese presenti su questi territori;
è necessario un impegno convinto delle istituzioni per inventariare i siti e procedere alla bonifica, dove sia possibile, o ad ogni modo per metterli in sicurezza. Si tratterebbe, in particolare, di un'operazione congiunta tra Governo, regioni e sistema degli enti locali, in collaborazione con enti tecnici preposti, al fine di censire le situazioni incriminate e, successivamente, intervenire per il loro ripristino ambientale;
esiste l'esigenza di un monitoraggio sui siti di tutti i naufragi sospetti (individuati con la collaborazione della magistratura), con le coste e le aree limitrofe, al fine di accertare l'esistenza di carichi nocivi nei relitti e provvedere immediatamente a porre in essere gli eventuali interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari;
è necessario inquadrare tale attività di monitoraggio in una più ampia strategia di lotta alle ecomafie, rafforzando il coordinamento tra diverse forze operanti nell'attività di contrasto ai reati ambientali;
tale operazione di monitoraggio, di eventuale recupero dei relitti e di messa in sicurezza e bonifica delle aree ha costi elevati, che possono essere sostenuti solo attraverso un intervento straordinario del Governo, volto a far luce in modo definitivo sul fenomeno, fornendo alle popolazioni rassicurazioni sulle effettive condizioni del mare, sugli eventuali pericoli per la salute pubblica e sugli interventi effettuati e programmati;
appare necessario avviare una piena e profonda riconversione dei territori compromessi da elevati livelli di inquinamento industriale, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile e dell'ambiente, attraverso l'impegno di tutti gli enti interessati e, soprattutto, mediante l'erogazione delle risorse residue previste per gli interventi di risanamento,

impegna il Governo:

a procedere in tempi rapidi alla definizione del processo di bonifica, risanamento ambientale e messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale, anche individuando specifici impegni di risorse da destinare, inoltre, al rilancio del tessuto industriale ed economico presente sul territorio;
ad adottare nel più breve tempo possibile misure volte a realizzare un'accelerazione nell'esecuzione dei progetti di bonifica ambientale dei territori sedi di discarica e la previsione di piani di compensazione a favore dei cittadini residenti;
ad individuare maggiori risorse per finanziare il piano di intervento di bonifica dei siti di interesse nazionale individuati sul territorio, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e del successivo decreto legislativo correttivo n. 4 del 2008;
a trasmettere alle Camere una relazione dettagliata che dia riscontro delle risorse complessivamente investite dagli operatori economici pubblici e privati e dei risultati raggiunti relativamente ai processi di bonifica o risanamento ambientale dei siti contaminati di interesse nazionale;
ad eseguire un'azione di rilevamento e di verifica sul territorio italiano di siti inquinati analoghi a quelli interessati dalla vicenda delle «navi dei veleni» e a procedere alla formulazione di un'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, in collaborazione con gli organismi tecnici preposti, finalizzata alla loro bonifica e messa in sicurezza;
ad avviare un ampio programma di monitoraggio dei siti di tutti i naufragi sospetti (individuati con la collaborazione della magistratura e, in particolare, della direzione nazionale antimafia), con le coste e le aree limitrofe, al fine di accertare l'esistenza di carichi nocivi nei relitti e provvedere immediatamente a porre in essere gli eventuali interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari;
ad inquadrare tale attività di monitoraggio in una strategia di lotta alle ecomafie che assicuri il coordinamento tra le diverse forze operanti nell'attività di contrasto ai reati ambientali, contribuendo a porre in piena luce i rapporti con le organizzazioni criminali;
ad individuare con la massima urgenza le procedure e le risorse adeguate per favorire l'immediata rimozione di ogni rischio per la salute dei cittadini della provincia di Crotone, nonché a procedere alla completa bonifica dei siti inquinati, al ripristino dell'intera area compromessa e alla riparazione dei gravi danni inferti alla popolazione residente nelle aree contaminate e all'ambiente;
a destinare le risorse al completamento dei programmi di interventi di risanamento, bonifica e ripristino ambientale, al fine di eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti nell'area del Sulcis Iglesiente;
a completare i programmi di intervento di risanamento, bonifica e ripristino ambientale nell'ex miniera di Balangero, in provincia di Torino;
a prevedere idonee forme di concertazione nello svolgimento dei processi regolatori dei contenziosi riguardanti le bonifiche dei siti di interesse nazionale e ad adottare le opportune iniziative, anche normative, dirette a garantire l'effettivo coinvolgimento delle regioni e degli enti locali interessati.
(1-00569)
«Libè, Tassone, Occhiuto, Mereu, Scanderebech, Dionisi, Mondello, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti aspetti delle politiche ambientali, sia per la sua valenza di necessaria tutela ambientale e sanitaria, sia per la sua valenza sociale e produttiva in quanto le aree bonificate, in particolare quelle industriali, possono diventare l'occasione di una rinascita, attraverso nuove iniziative imprenditoriali, agricole, residenziali, o la realizzazione di aree e attrezzature di interesse pubblico;
attualmente nel nostro Paese vi sono circa 15.000 siti di interesse regionale e 57 siti d'interesse nazionale. Questi ultimi rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ambientale, le cui procedure di bonifica sono attribuite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
dai dati forniti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i siti d'interesse nazionale ricomprendono aree a terra e a mare per un'estensione pari a circa 700.000 ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale; tra i siti d'interesse nazionale rientrano oltre 3.000 soggetti privati proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero;
sono aree del nostro territorio definite in relazione alle loro caratteristiche, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti e all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico. La maggior parte di questi siti è rappresentato da agglomerati industriali come quelli presenti in prossimità di grossi poli petrolchimici, tra cui quelli di Brindisi, Falconara Marittima, Livorno, Milano-Bovisa, Piombino, Porto Marghera, Priolo e Gela e altri, ma sono presenti anche aree industriali come Crotone e Bagnoli, o aree di particolare valenza naturalistica, tra cui le lagune di Venezia e Orbetello;
la bonifica dei siti d'interesse nazionale stenta fortemente a decollare, tanto che di questi siti finora nessuno ha potuto certificare l'avvenuta completa bonifica e quindi la possibilità di avvio di un recupero completo dell'area;
come ricordava il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella sua audizione alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati del 20 ottobre 2010, per ciascuno di tali siti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esamina e approva i progetti di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica dei suoli e della falda; finanzia e realizza interventi di bonifica in aree pubbliche attraverso lo strumento dell'accordo di programma; gestisce il contenzioso amministrativo, civile e penale e stipula atti transattivi con i privati in materia di bonifica e danno ambientale;
al fatto che praticamente ancora in nessun sito d'interesse nazionale si sia potuta certificare la conclusione definitiva degli interventi di bonifica e ripristino certamente contribuiscono la farraginosità delle attuali procedure, la loro centralizzazione, la carenza di risorse finanziarie e i numerosi contenziosi conseguenti anche al fatto che all'interno di ciascun sito d'interesse nazionale ricadono interessi e proprietà sia di soggetti pubblici che privati;
la legge prescrive che i lavori di bonifica debbano essere a carico degli effettivi responsabili, secondo il condiviso principio comunitario per il quale «chi inquina paga». Troppo spesso per cercare di non farsi carico degli oneri di bonifica dei luoghi, si assiste a lunghi contenziosi e ricorsi ai competenti tribunali amministrativi regionali da parte dei soggetti privati che contestano le determinazioni e gli stessi decreti decisi in sede di conferenza di servizi, qualora questi ultimi impongano ai medesimi soggetti privati l'onere della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi;
il decreto-legge n. 208 del 2008 ha modificato le norme in tema di risarcimento del danno ambientale causato dai soggetti pubblici e privati che hanno inquinato il territorio. In particolare, l'articolo 2: introduce la possibilità di transazioni per la quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino; riconosce ad enti e soggetti interessati la possibilità di fare le osservazioni all'accordo transattivo, ma senza prevedere l'obbligo della risposta; prevede che la transazione tra lo Stato ed il privato responsabile dell'inquinamento «comporta abbandono del contenzioso pendente e preclude ogni ulteriore azione per rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale»;
detta norma sembra ridurre di fatto la possibilità, per gli enti locali e le popolazioni interessate di svolgere sul proprio territorio un ruolo attivo, sin dalla prima fase del procedimento di danno ambientale, contro chi inquina il territorio con conseguenze nocive per la salute pubblica;
un aspetto che è necessario rivedere è certamente quello legato alla non sempre efficiente gestione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle conferenze di servizi per la valutazione dell'iter e l'autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica, tanto che andrebbe valutata la possibilità di spostare la gestione dell'iter di bonifica in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;
è indispensabile, soprattutto in un ambito che riguarda l'inquinamento di un territorio e quindi i suoi effetti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini, garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica. Un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe infatti svolgere lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito internet;
va ricordato il fenomeno, strettamente connesso al ripristino delle aree inquinate sottoposte a bonifica, che Legambiente ha battezzato come «Le mani dell'ecomafia sull'affare bonifiche». La movimentazione dei rifiuti prodotti dalle bonifiche dei siti industriali contaminati va infatti ad aumentare il lucroso business delle ecomafie. Da qui l'evidente necessità di rivedere i meccanismi di gestione delle operazioni di recupero dei territori;
troppo spesso, infatti, da una parte vengono avviate le necessarie azioni di bonifica di un sito, dall'altra i materiali inquinati rimossi vanno poi a finire nel nulla, scompaiono, contribuendo così a incrementare l'enorme quantità di rifiuti speciali che purtroppo sfugge sistematicamente ai controlli e che va a inquinare pesantemente qualche altra area del territorio;
se la normativa attuale sulla bonifica dei siti inquinati favorisce il trattamento sul posto per evitare la movimentazione dei rifiuti, in realtà molte delle bonifiche continuano a prevedere spostamenti sostanziosi e difficilmente controllabili, con il rischio concreto di contribuire, come si è visto, all'enorme business illegale dei rifiuti. Occorrerebbe, quindi, favorire maggiormente lo smaltimento dei rifiuti là dove sono prodotti, per poter verificare più facilmente i processi di trattamento;
se è improcrastinabile la necessità di rivedere alcune procedure riguardanti la gestione dei siti di interesse nazionale, e più in generale la velocizzazione delle procedure per il ripristino e la bonifica delle aree più inquinate già individuate e perimetrate, è altrettanto necessario avviare parallelamente un piano nazionale per procedere all'individuazione e al censimento delle tante aree oggetto di sversamenti abusivi e depositi illegali di rifiuti nocivi e pericolosi per la salute pubblica, la cui quantificazione è assolutamente sottostimata seppure sia fenomeno ben diffuso e conosciuto e che sfugge ancora al pieno controllo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli enti territoriali;
rimane ancora aperto, per esempio, e più che mai drammaticamente attuale - seppur ormai apparentemente dimenticato - il capitolo relativo al fenomeno dei traffici illegali dei rifiuti, con particolare riferimento alle cosiddette «navi dei veleni». Un fenomeno criminale conosciuto da tempo e tornato alla ribalta nell'estate del 2009, a seguito dell'individuazione, a largo delle coste calabresi, di un relitto di una nave che sembrava contenesse fusti di sostanze tossiche e di fanghi radioattivi;
peraltro la cronologia di affondamenti sospetti nelle acque italiane in questi anni è certificato e a dir poco inquietante; nel corso della XIII legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvava un documento sui traffici illeciti e sulle ecomafie, che disegnava un quadro inquietante sulla questione delle «carrette del mare» colate a picco, probabili mezzi di smaltimento di rifiuti tossici o radioattivi: 39 affondamenti sospetti di navi dal 1979 al 1995 e il forte dubbio che «non si sappia di altri, negli anni successivi, solo perché mancano indagini sulle cosiddette "navi a perdere"»;
la medesima Commissione d'inchiesta, il 25 ottobre 2000, scriveva come ad alimentare il mercato illecito fossero anche le industrie a rilevanza nazionale ed internazionale, che utilizzavano la rete semiclandestina delle navi a perdere per ottenere uno smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione finale del rifiuto;
detto allarme sul deposito incontrollato dei rifiuti e i conseguenti gravi rischi di inquinamento marino e costiero possono ugualmente essere estesi anche al territorio italiano;
si tratta di terreni e fiumi dove vengono scaricati abusivamente inquinanti di ogni genere in grado di produrre fenomeni di inquinamento profondo e dove spesso è possibile riscontrare l'esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità, o di patologie collegabili alla presenza nell'area dei suddetti livelli di inquinamento e contaminazione;
lo stesso recentissimo dossier del Wwf «fiumi d'Italia», del gennaio 2011, ha evidenziato in modo drammatico lo stato di inquinamento in cui versano il territorio e i fiumi italiani, e la conseguente urgenza di efficaci politiche di bonifica dei luoghi;
il rilevamento dei depositi o delle discariche abusive ha, per esempio, fatto emergere un problema estremamente grave e pericoloso: l'estrema diffusione sul territorio di eternit/amianto abbandonato, spesso nascosto nella vegetazione, semisommerso nel fango delle rive o ancora presente su baracche fatiscenti nelle aree di esondazione fluviale. Dei tratti fluviali censiti dal Wwf ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit. L'eternit che si riesce a vedere, purtroppo, è solo una parte modesta di quello che probabilmente è stato disperso nell'ambiente. Lo smaltimento di questa sostanza - come ha sottolineato l'associazione ambientalista - costa troppo: rimuovere amianto compatto costa circa 10-15 euro a metro quadrato, ma, quando lo si trova in situazioni più complesse, come, ad esempio, per rivestimenti di tubi in una cantina, i costi lievitano vertiginosamente;
a seguito di questi fatti criminali, e purtroppo ben conosciuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha finora mai predisposto, con il coinvolgimento degli enti locali, alcuna strategia efficace e credibile finalizzata ad avviare una seria e capillare indagine e un monitoraggio dei nostri territori, dei fiumi e delle coste italiane più a rischio, per individuare le aree più contaminate, incrociando a tal fine le informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;
la prevenzione dei rischi per la salute rende quindi necessario il potenziamento e lo sviluppo di reti informative integrate: una mappatura delle aree contaminate e delle azioni di relativo risanamento, correlata con le banche dati territoriali relative alla prevalenza e all'incidenza delle patologie;
è del tutto evidente che, a monte di una vera politica di salvaguardia ambientale a difesa del territorio e della salute pubblica dall'inquinamento e di conseguenti efficaci interventi di monitoraggio e di bonifica delle aree maggiormente inquinate, rimane inevitabilmente la questione legata alle risorse finanziarie che vengono messe a disposizione dal Governo per tali scopi;
purtroppo, in questi ultimi tre anni, si è assistito sotto questo aspetto a una costante e pesante riduzione di risorse assegnate dalle ultime leggi finanziarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, di conseguenza, alle stesse politiche di bonifica dei siti. Si parla di un taglio secco in tre anni di circa 1 miliardo di euro della dotazione complessiva per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
si ricorda che l'ultima legge di bilancio per il 2011, approvata a fine 2010, ha stanziato per il programma 18.12 (tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro, pari a un taglio di ben il 33 per cento rispetto al 2009. Peraltro la maggior parte della consistente riduzione degli stanziamenti del programma è dovuta all'azzeramento della dotazione del capitolo 7509 «Finanziamento di interventi urgenti di perimetrazione e messa in sicurezza, bonifica, disinquinamento e ripristino ambientale» (la cui dotazione nel bilancio assestato 2010 era pari a 40,1 milioni di euro), a seguito del venir meno della relativa autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 867, della legge finanziaria per il 2007, relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia-Porto Marghera, nonché per gli interventi di risanamento del polo chimico Laghi di Mantova,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di predisporre delle semplificazioni e degli snellimenti nell'iter amministrativo nei procedimenti di bonifica e di recupero dei terreni dei siti di interesse nazionale, controbilanciando dette semplificazioni nelle procedure amministrative, con una necessaria intensificazione dei controlli ambientali in tutte le fasi relative al processo di bonifica dei siti;
a garantire l'adeguatezza delle strutture dell'Ispra, alla luce del fondamentale e ineludibile supporto di tale ente nelle attività direttamente e indirettamente riconducibili all'attività di messa in sicurezza dei siti inquinati e di bonifica delle aree;
a riconsiderare il ruolo dell'intervento pubblico nell'ambito dei siti di interesse nazionale, valutando la possibilità di assegnare la gestione dell'iter di bonifica dei siti di interesse nazionale in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;
a prevedere, sin dalle prime fasi del procedimento previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, il diretto coinvolgimento degli enti locali e delle popolazioni interessate nella programmazione di attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale e al risarcimento del danno subito dal territorio e dalla salute pubblica;
ad assumere iniziative affinché una congrua parte dei proventi della transazione tra soggetto pubblico e privato, ai fini del risarcimento del danno ambientale sia destinata ai comuni e agli enti locali interessati;
a prevedere forme di incentivazione per quei soggetti privati che, nell'ambito del contenzioso e della prevista procedura stragiudiziale con il soggetto pubblico ai fini degli oneri di bonifica e di ripristino del danno ambientale, decidono di farsi carico in tempi brevi dei suddetti interventi di bonifica;
ad agevolare e rendere maggiormente conveniente - con politiche fiscali mirate - il recupero di un'area industriale abbandonata o sottoutilizzata in conseguenza di un inquinamento ambientale, rispetto alla scelta di nuovi insediamenti produttivi in nuove aree, anche alla luce del fatto che, almeno 37 dei siti di interesse nazionale a tutt'oggi individuati, sono potenzialmente interessati a piani di riqualificazione industriale e produttiva;
ad attivarsi per garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica e di recupero dell'area, considerato che un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe svolgere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito istituzionale;
ad avviare su tutto il territorio nazionale un efficace programma di controllo e mappatura - di concerto con gli enti locali - finalizzato all'individuazione di quelle aree e di quei siti inquinati a rischio ambientale e sanitario non ancora localizzati e censiti, oggetto di sversamenti e scarichi illegali di rifiuti tossici e nocivi, anche attraverso l'incrocio di informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie potenzialmente collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;
a valutare l'opportunità di prevedere per i suddetti fini maggiori risorse finanziarie, attualmente insufficienti, finalizzate agli interventi di individuazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino delle aree maggiormente a rischio ambientale e sanitario;
ad aumentare i controlli al fine di verificare che il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti a seguito di bonifica avvengano là dove questi sono prodotti, così da evitare la movimentazione difficilmente controllabile dei rifiuti stessi e da poter verificare più facilmente i processi di trattamento, riducendo il rischio concreto di favorire l'enorme business illegale dei rifiuti.
(1-00571)
«Piffari, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
il problema della gestione dei siti contaminati si configura come una delle maggiori criticità sul versante ambientale nel nostro Paese, come nel resto dell'Europa;
la contaminazione ambientale è una forma di inquinamento diffuso del suolo attraverso l'immissione nell'ecosistema di quantità ingenti di elementi chimici organici e inorganici, derivati da attività industriali, civili e agricole, che rappresentano un fattore di rischio per la salute dell'uomo e per la salubrità dell'intero ecosistema;
sulla base dei dati elaborati dall'annuario Ispra 2008, in Italia i siti potenzialmente contaminati ammontano a oltre 13.000 unità, 12.943 dei quali risultano di competenza regionale, mentre 57 sono di interesse nazionale;
la competenza in materia di gestione della procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale spetta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e prevede l'indizione, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, di una conferenza di servizi in ordine all'approvazione del piano di caratterizzazione predisposto dall'operatore, del documento di analisi del rischio sulla base delle risultanze della caratterizzazione e del progetto di bonifica;
sulla base delle criticità evidenziate dall'Arpa, quanto agli aspetti amministrativi relativi ai procedimenti di bonifica, emergono complessità in virtù del fatto che nelle medesime aree possono ricadere proprietà di diversi soggetti, sia privati che pubblici, tali da rendere complessa la dinamica di gestione delle procedure previste dalla normativa vigente e tanto da bloccare o limitare lo stato di avanzamento delle bonifiche stesse;
stando all'annuario Ispra 2008 sullo stato di avanzamento delle bonifiche circa i siti di interesse nazionale, le aree completamente bonificate o svincolate a seguito di procedura ammontano all'1,50 per cento, mentre la percentuale delle aree ancora da caratterizzare ammonta al 70 per cento e quella delle aree con piano di caratterizzazione approvato ammonta al 24 per cento;
le ragioni degli evidenziati ritardi o rallentamenti vanno ricercati in una molteplicità di concause afferenti all'incertezza dei tempi autorizzativi da parte dell'amministrazione, oltre che a difficoltà di tipo organizzativo-procedurale, da parte del dicastero competente, a cui si aggiungono le resistenze dei privati, i cui interessi ricadono nell'area, nel caso in cui non vi sia diretta responsabilità da parte degli stessi nella contaminazione, con conseguenti conflittualità e contenziosi tra privati e autorità pubbliche;
non esiste in Italia un quadro completo e aggiornato a livello nazionale dello stato di attuazione degli interventi di bonifica; ciò si aggiunge un quadro di applicazione della normativa vigente particolarmente vasto e complesso, nel quale sarebbe auspicabile un processo di semplificazione, al fine di accelerare le attuali procedure amministrative, la cui farraginosità sta rallentando ulteriormente l'attuazione degli interventi stessi;
nel quadro dell'esigenza di riordino della materia sotto il profilo normativo, all'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, è stata introdotta una procedura alternativa a quella definita dalla normativa vigente in materia di copertura di oneri di bonifica e risarcimento del danno ambientale nei siti di bonifica di interesse nazionale, attraverso la stipula di contratti di transazione con le imprese direttamente interessate, in ordine al rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino di ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale;
alla luce di quanto evidenziato attualmente sussiste una prioritaria esigenza di alleggerimento e riordino della normativa e della procedura amministrativa in materia, a cui deve associarsi la necessità di garantire che le attività di vigilanza e di controllo sulle operazioni di bonifica dei siti siano svolte da strutture e da realtà adeguate e competenti,

impegna il Governo:

a procedere, sotto il profilo normativo, amministrativo e finanziario, ad una profonda revisione delle dinamiche sottese ai procedimenti di bonifica;
ad implementare il meccanismo di informazione istituzionale in materia, coinvolgendo il Parlamento attraverso la comunicazione degli accordi di programma compiuti, dei risultati conseguiti e delle risorse finanziarie impiegate;
a valutare l'opportunità, promuovendo un'adeguata modifica della normativa vigente, di affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza dei siti contaminati alle regioni direttamente interessate;
a consentire - attraverso adeguate iniziative anche di natura normativa - la giusta durata del procedimento di bonifica e conseguente riqualificazione dei territori, segnatamente per quelle aree oggetto di intensivo sfruttamento e deterioramento ambientale a causa di attività industriali;
a coinvolgere gli enti locali, con particolare riguardo alle regioni per le fasi attuative, nell'elaborazione della proposta di transazione di cui alla legge n. 13 del 2009, in coerenza con il principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 118 della Carta costituzionale;
a prevedere che le risorse finanziarie provenienti dalle transazioni vengano destinate agli interventi di bonifica e che siano valorizzate forme di investimento locale a questi destinate.
(1-00572)
«Di Biagio, Della Vedova, Cosenza».

La Camera,
premesso che:
in Italia i siti contaminati di interesse nazionale sono 57; di questi ben 20 sono situati al Sud. Si tratta di aree fortemente inquinate che con la loro presenza rappresentano rischi gravissimi per la salute dei cittadini e che hanno fortemente compromesso e inquinato l'ambiente: centinaia di migliaia di ettari del territorio nazionale con un enorme costo economico per i territori compromessi e per l'intera nazione;
i siti contaminati di interesse nazionale sono aree di proprietà di soggetti privati e, tra questi, figurano colossi industriali dei settori chimici e petroliferi sia italiani che esteri, che sono rimasti indifferenti all'inquinamento provocato e che spesso non hanno informato in maniera adeguata i lavoratori e i cittadini in merito ai rischi per la salute né fatto nulla per evitare la contaminazione delle aree;
il Mezzogiorno è un territorio che ha pagato pesantemente la presenza di industrie chimiche e petrolifere che hanno compromesso l'ambiente e che hanno impattato profondamente sulla salute dei cittadini. Un territorio piagato da produzioni ambientalmente incompatibili che oggi rappresentano un macigno che spesso impedisce la reindustrializzazione di quelle zone;
l'area industriale di Priolo, in provincia di Siracusa, è nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998 e già dal 1990 era tra le aree a elevato rischio di crisi ambientale;
nel 2006 l'Eni ha riconosciuto un indennizzo di 11 milioni di euro complessivi alle 101 famiglie dei bambini nati malformati nel periodo dal 1991 al 2003 nel territorio di Priolo, prima ancora che queste si costituissero parte civile in un procedimento contro l'azienda;
a Priolo, per quanto riguarda le bonifiche, però, è ancora tutto fermo, e a tutt'oggi risultano realizzati solo interventi di messa in sicurezza, cioè semplici barriere che dovrebbero arginare un'ulteriore contaminazione delle acque sotterranee e di superficie;
Gela è inclusa nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998. Nell'Annuario Ispra 2007 risultava approvato il progetto preliminare di bonifica per il 47 per cento di terreni e fondali e quello definitivo per il 100 per cento della falda. Ciò che è stato realizzato finora sono soltanto i doppi fondi ai serbatoi per gli idrocarburi e le barriere per evitare che le sostanze tossiche nei terreni sotto l'area industriale continuino a disperdersi nelle acque del mare e di falda. Infine, per ridurre le emissioni di ossidi di azoto in atmosfera è stato installato un sistema SNOx;
tra le aree maggiormente inquinate in Italia figurano nel Mezzogiorno anche Brindisi, il litorale domizio-flegreo, l'agro aversano.e Taranto;
dal 2001 anche Crotone è stato dichiarato sito contaminato di interesse nazionale; in questa città l'area contaminata è amplissima e non si ferma alla sola area industriale, già di per se estesa, ma riguarda anche le zone circostanti quella industriale;
dal 2001 a Crotone non si è fatto praticamente nulla e sia i lavoratori che lavoravano nei siti inquinati che i cittadini hanno continuato ad essere esposti e continueranno ad esserlo senza un intervento ormai improrogabile. Dal 2001 non sono arrivati finanziamenti per la bonifica né è stato definito un piano per le aree interessate;
si è assistito, nel corso degli ultimi anni, ad un progressivo blocco delle bonifiche dei siti: contaminati di interesse nazionale a causa di questioni interpretative della legislazione vigente, ma in particolare il blocco è dovuto all'assoluta insufficienza dei finanziamenti, laddove sarebbe necessario intervenire senza indugio e rendere la questione della bonifica dei siti contaminati e la loro reindustrializzazione una priorità nazionale;
oltre ai siti contaminati di interesse nazionale esistono decine di migliaia di siti contaminati non tutti censiti, visto che, ad esempio, non sono conosciuti i dati relativi al censimento dei siti contaminati non di interesse nazionale delle regioni Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise,

impegna il Governo:

ad individuare come priorità nazionale la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale, con adeguata dotazione di finanziamenti;
ad avviare un percorso di monitoraggio con le regioni interessate dalla presenza di siti contaminati di interesse nazionale, finalizzato a conoscere e definire lo stato di avanzamento delle bonifiche, l'individuazione di finanziamenti certi, una tempistica che garantisca l'effettuazione delle bonifiche e i programmi di reindustrializzazione dei siti interessati;
a prevedere il più ampio coinvolgimento delle regioni interessate dalla presenza di siti contaminati di interesse nazionale, in particolare nella messa in sicurezza dei siti e nel coordinamento delle operazioni di bonifica;
a sollecitare le regioni Campania, Puglia, Calabria, Molise e Basilicata a fornire i dati sulla presenza di siti contaminati non di interesse nazionale;
a prevedere la possibilità di snellimento e semplificazione delle norme e delle procedure amministrative che deve avvenire contestualmente al rafforzamento e alla piena efficacia delle attività di controllo e vigilanza sulle bonifiche che interessano i siti contaminati di interesse nazionale, prevedendo anche in questo caso il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali interessati.
(1-00573)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la tematica delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale costituisce senza dubbio una problematica complessa, sia per l'estensione dei siti di interesse nazionale (oltre il 3 per cento del territorio nazionale), sia per la gravità delle tipologie di contaminazione e la correlata necessità di investire notevoli risorse private e pubbliche per ripristinarne lo stato di sicurezza, sia per il fatto che si tratta spesso di contaminazioni avvenute in date «storiche» e, quindi, determinate in gran parte da attività e produttori non più presenti sui siti;
per la realizzazione delle bonifiche sono necessari tempi lunghi, soprattutto se - come è in genere auspicabile per i suoli - si privilegiano tecnologie in situ, evitando di trasportare all'estero o, comunque, a lunga distanza enormi quantità di rifiuti;
nel nostro Paese, nonostante le notevoli difficoltà incontrate, sono stati realizzati molti passi importanti, ad esempio negli ultimi due anni si è attivato un positivo confronto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende proprietarie delle aree, che ha prodotto apprezzabili risultati sia in termini di progetti presentati ed approvati, sia in termini di transazioni stipulate, sia infine in termini di rapida riduzione del contenzioso;
vanno posti in evidenza tra i significativi risultati raggiunti quelli per il sito di Cengio e Saliceto (Acna), dove la bonifica dell'area dell'ex stabilimento è ormai praticamente conclusa, nonché per il sito di Manfredonia e per quello dell'area ex Sisas di Pioltello Rodano, per i quali la bonifica delle discariche di rifiuti interessate verrà ultimata entro i primi mesi dell'anno 2011, facendo così ritenere che possano, con buona probabilità, essere positivamente definite le procedure d'infrazione comunitaria che erano state aperte negli anni precedenti in ordine alla mancata bonifica delle discariche in questione, evitando quindi le pesanti sanzioni pecuniarie già emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;
il sistema vigente non risulta «Stato-centrico» e, per converso, coinvolge le autorità locali territorialmente interessate, sia per la bonifica dei siti regionali, sia nel corso del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, come è testimoniato dalle oltre 1.300 conferenze di servizi istruttorie e decisorie svoltesi in 10 anni, di cui 140 nel solo biennio 2009-2010, con il risultato alla data odierna (oltre le centinaia di progetti di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza approvati e realizzati) che sono stati approvati 200 progetti definitivi di bonifica di cui 60 nell'ultimo anno;
appare da prediligersi un approccio «integrato», mediante l'azione comune e sinergica dei vari attori sociali (amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori) e la condivisione di responsabilità volte a mutare la tendenza al deterioramento delle risorse, approccio che, appunto, è stato prescelto dal legislatore nazionale in sede di recepimento della disciplina comunitaria sulla responsabilità ambientale (direttiva 2004/35/CE);
alla luce delle predette riflessioni, la disciplina attuale garantisce adeguatamente la partecipazione al processo decisionale delle realtà territoriali interessate, senza che sia perciò necessario affidare la regia delle operazioni di bonifica alle regioni; va anche tenuto conto della impossibilità di mettere a confronto i siti di bonifica d'interesse regionale con i siti di bonifica a rilievo nazionale, che vedono presenti oltre 3.000 soggetti, a cui fanno riferimento le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero e la cui considerazione necessita di una «visione» unitaria e nazionale, fondata su criteri operativi uniformi;
il coinvolgimento degli enti territoriali nelle procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale avviene anche attraverso il frequente ricorso da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo strumento dell'accordo di programma, attraverso il quale vengono stanziate e programmate le risorse per il risanamento ambientale di aree demaniali o pubbliche e definiti, d'accordo con gli enti locali, gli interventi da realizzare; si tratta di strumento rilevatosi eccellente, basti pensare che negli ultimi due anni sono stati sottoscritti 11 accordi che testimoniano il forte impegno economico assunto dal Governo in tale materia, con la continua e proficua collaborazione del Ministero dello sviluppo economico e delle autorità locali competenti per la bonifica e il recupero economico produttivo nei siti di interesse nazionale (accordo di programma per il sito di interesse nazionale del basso bacino fiume Chienti del 7 aprile 2009 - risorse stanziate 3.610.000 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale delle aree del litorale vesuviano del 8 giugno 2009 - risorse stanziate 1.040.000 euro; accordo di programma per il progetto Mose-Venezia del luglio 2009 - risorse stanziate 4.800.000 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale dell'area industriale di Porto Torres del 22 settembre 2009 - risorse stanziate 8.232.727 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale delle Strillaie del 24 settembre 2009 - risorse stanziate 2.456.892,14 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale di Brescia-Caffaro del 29 settembre 2009 - risorse stanziate 6.752.727 euro; atto integrativo all'accordo di programma del 23 gennaio 2007 per il sito di interesse nazionale della Valle Bormida del 30 novembre 2009 - risorse stanziate 32.396.814,40 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale dell'area industriale di Val Basento del 21 dicembre 2009 - risorse stanziate 4.545.454 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale dei fiumi Saline e Alento del 25 febbraio 2010 - risorse stanziate 2.404.245 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale di Falconara Marittima del 20 luglio 2010 - risorse stanziate 3.272.727 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale del Sulcis per il bacino fanghi rossi nello stabilimento Eurallumina del 21 dicembre 2009 - risorse stanziate 1.500.000 euro), alle cui risorse vanno aggiunti i finanziamenti recentemente stanziati per la bonifica del per il sito di interesse nazionale di Pioltello Rodano (25 milioni di euro), Manfredonia (10 milioni di euro), Taranto (4 milioni di euro), litorale domizio-flegreo ed agro aversano (Giuliano e laghetti di Castel Volturno - 47 milioni di euro);
tale modus operandi continua ad essere costantemente osservato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come testimoniato dal fatto che risale soltanto a pochi giorni fa la stipula di un accordo di programma con la regione Calabria, il comune e la provincia di Crotone per il risanamento ambientale di alcune aree di Crotone, per il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto lo stanziamento di circa 10 milioni di euro che andranno ad aggiungersi ai fondi stanziati in precedenza nell'ambito del programma nazionale di bonifica e che saranno destinate alla realizzazione, o al completamento delle misure di messa in sicurezza di emergenza su aree pubbliche, o per eventuali interventi sostitutivi su aree per le quali non risulti esser stata assunta alcuna iniziativa da parte dei soggetti obbligati;
va posto in evidenza il dato che, nell'ultimo anno circa, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato una serie di provvedimenti in grado di imprimere un'accelerazione alle procedure di messa in sicurezza e di bonifica del sito: sono difatti stati adottati decreti ministeriali ex articolo 252, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 20006 di autorizzazione in via provvisoria all'avvio dei lavori di bonifica, tra i quali si annovera quello datato 15 febbraio 2010 avente ad oggetto l'autorizzazione in via provvisoria all'avvio dei lavori di bonifica del sito di Crotone;
per quanto riguarda la situazione del sito di Crotone, occorre considerare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha potuto agire in prima persona soltanto a partire dal 2008, dopo che è cessata la gestione commissariale straordinaria che era stata disposta in materia di bonifiche in Calabria sin dall'epoca di istituzione del sito di interesse nazionale in questione;
sul piano generale ogni singola area ricompresa nel perimetro dei siti di interesse nazionale presenta proprie specifiche criticità e dette aree rappresentano un'enorme risorsa connessa alle potenzialità di sviluppo economico ed infrastrutturale del nostro Paese; pertanto, si ritiene fondamentale promuovere iniziative di bonifica ambientale senza interferire con la prosecuzione delle attività produttive, al fine di farne occasione di rilancio e riutilizzo del territorio per usi di impresa e civili;
tali compiti comportano per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che è obbligato a far fronte a tagli crescenti alle risorse disponibili (il bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato più che dimezzato), l'esame di progetti ad elevatissimo contenuto tecnico, presentati dalle più grandi imprese nazionali ed estere;
è necessario promuovere un approccio che tenga conto del delicato periodo di congiuntura economica estremamente negativo, in cui le imprese che operano nei siti hanno difficoltà a competere sui mercati;
sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare grava anche l'onere di sostituirsi ai soggetti privati destinatari degli obblighi di bonifica che, però, non adempiono a tali obblighi, e tale onere non può essere compitamente osservato senza la previsione di appositi stanziamenti di risorse economiche;
negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni per un importo complessivo di oltre 110 milioni di euro e sono in corso di stipula decine di atti transattivi, essendo state già definite le clausole principali tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende interessate, cosicché lo strumento transattivo, esteso a molti siti come Brindisi, Napoli orientale, Priolo, si è dimostrato particolarmente efficace, al punto che esso è stato assunto a base della particolare forma di transazione globale di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009,

impegna il Governo:

a dare ulteriore impulso alle operazioni di bonifica dei siti di interesse nazionale, in modo da completarne con maggiore celerità gli interventi di ripristino;
a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale uniforme su tutto il territorio nazionale, assicurando il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero, Ispra, Iss) e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità (anche mediante analisi costi-benefici);
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, alla luce dell'esperienza maturata;
a promuovere lo strumento della transazione globale per reperire ulteriori fonti di finanziamento da impiegare per le bonifiche e per gli interventi di risanamento da intraprendere nei siti ai quali si riferiscono le transazioni;
ad agevolare i percorsi per consentire la rapida utilizzabilità dei proventi derivanti dalle transazioni già concluse in favore degli interventi di risanamento ambientale per i siti di interesse nazionale interessati;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale ed, in particolare, per poter garantire l'effettivo esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei soggetti obbligati ma inadempienti agli obblighi di bonifica.
(1-00574)
«Tommaso Foti, Ghiglia, Baldelli, Scilipoti, Aracri, Bonciani, Di Cagno Abbrescia, Germanà, Gibiino, Iannarilli, Lisi, Pizzolante, Stradella, Tortoli, Vella, Vessa».

La Camera,
premesso che:
la tematica delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale costituisce senza dubbio una problematica complessa, sia per l'estensione dei siti di interesse nazionale (oltre il 3 per cento del territorio nazionale), sia per la gravità delle tipologie di contaminazione e la correlata necessità di investire notevoli risorse private e pubbliche per ripristinarne lo stato di sicurezza, sia per il fatto che si tratta spesso di contaminazioni avvenute in date «storiche» e, quindi, determinate in gran parte da attività e produttori non più presenti sui siti;
per la realizzazione delle bonifiche sono necessari tempi lunghi, soprattutto se - come è in genere auspicabile per i suoli - si privilegiano tecnologie in situ, evitando di trasportare all'estero o comunque a lunga distanza enormi quantità di rifiuti;
nel nostro Paese, nonostante le notevoli difficoltà incontrate, sono stati realizzati molti passi importanti, ad esempio negli ultimi due anni si è attivato un positivo confronto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende proprietarie delle aree, che ha prodotto apprezzabili risultati sia in termini di progetti presentati ed approvati, sia in termini di transazioni stipulate, sia infine in termini di rapida riduzione del contenzioso;
vanno posti in evidenza tra i significativi risultati raggiunti quelli per il sito di Cengio e Saliceto (Acna), dove la bonifica dell'area dell'ex stabilimento è ormai praticamente conclusa, nonché per il sito di Manfredonia e per quello dell'area ex Sisas di Pioltello Rodano, per i quali la bonifica delle discariche di rifiuti interessate verrà ultimata entro i primi mesi del 2011, facendo così ritenere che possano, con buona probabilità, essere positivamente definite le procedure d'infrazione comunitaria che erano state aperte negli anni precedenti in ordine alla mancata bonifica delle discariche in questione, evitando quindi le pesanti sanzioni pecuniarie già emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;
il sistema vigente non risulta «Stato-centrico» e, per converso, coinvolge le autorità locali territorialmente interessate, sia per la bonifica dei siti regionali, sia nel corso del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, come è testimoniato dalle oltre 1.300 conferenze di servizi istruttorie e decisorie svoltesi in 10 anni, di cui 140 nel solo biennio 2009-2010, con il risultato alla data odierna (oltre le centinaia di progetti di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza approvati e realizzati) che sono stati approvati 200 progetti definitivi di bonifica di cui 60 nell'ultimo anno;
appare da prediligersi un approccio «integrato», mediante l'azione comune e sinergica dei vari attori sociali (amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori) e la condivisione di responsabilità volte a mutare la tendenza al deterioramento delle risorse, approccio che, appunto, è stato prescelto dal legislatore nazionale in sede di recepimento della disciplina comunitaria sulla responsabilità ambientale (direttiva 2004/35/CE);
alla luce delle predette riflessioni, la disciplina attuale garantisce adeguatamente la partecipazione al processo decisionale delle realtà territoriali interessate, anche tenuto conto che i siti di bonifica a rilievo nazionale vedono presenti oltre 3.000 soggetti, a cui fanno riferimento le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero e la cui considerazione necessita di una «visione» unitaria e nazionale, fondata su criteri operativi uniformi;
il coinvolgimento degli enti territoriali nelle procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale avviene anche attraverso il frequente ricorso da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo strumento dell'accordo di programma, attraverso il quale vengono stanziate e programmate le risorse per il risanamento ambientale di aree demaniali o pubbliche e definiti, d'accordo con gli enti locali, gli interventi da realizzare; si tratta di uno strumento rilevatosi eccellente, basti pensare che negli ultimi due anni sono stati sottoscritti 11 accordi di programma che testimoniano il forte impegno economico assunto dal Governo in tale materia;
sul piano generale ogni singola area ricompresa nel perimetro dei siti di interesse nazionale presenta proprie specifiche criticità e che dette aree rappresentano un'enorme risorsa connessa alle potenzialità di sviluppo economico ed infrastrutturale del nostro Paese; pertanto, si ritiene fondamentale promuovere iniziative di bonifica ambientale senza interferire con la prosecuzione delle attività produttive, al fine di farne occasione di rilancio e riutilizzo del territorio per usi di impresa e civili;
tali compiti comportano per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che è obbligato a far fronte a tagli crescenti alle risorse disponibili, l'esame di progetti ad elevatissimo contenuto tecnico, presentati dalle più grandi imprese nazionali ed estere, ed è a tal fine necessario promuovere un approccio che tenga conto del delicato periodo di congiuntura economica estremamente negativo, in cui le imprese che operano nei siti hanno difficoltà a competere sui mercati;
sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare grava anche l'onere di sostituirsi ai soggetti privati destinatari degli obblighi di bonifica che però non adempiono a tali obblighi e tale onere non può essere compitamente osservato senza la previsione di appositi stanziamenti di risorse economiche;
negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni per un importo complessivo di oltre 110 milioni di euro e sono in corso di stipula decine di atti transattivi, essendo state già definite le clausole principali tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende interessate; inoltre si è dimostrato efficace lo strumento transattivo, anche grazie al nuovo strumento della transazione globale di cui all'articolo 2, del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009,

impegna il Governo:

a dare ulteriore impulso alle operazioni di bonifica dei siti di interesse nazionale, in modo da completarne con maggiore celerità gli interventi di ripristino;
a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale uniforme su tutto il territorio nazionale, assicurando il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ispra, Iss) e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità, anche mediante analisi costi-benefici;
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, alla luce dell'esperienza maturata;
a promuovere lo strumento della transazione globale per reperire ulteriori fonti di finanziamento da impiegare per le bonifiche e per gli interventi di risanamento da intraprendere nei siti ai quali si riferiscono le transazioni;
ad agevolare i percorsi per consentire la rapida utilizzabilità dei proventi derivanti dalle transazioni già concluse in favore degli interventi di risanamento ambientale per i siti di interesse nazionale interessati;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale ed, in particolare, per poter garantire l'effettivo esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei soggetti obbligati ma inadempienti agli obblighi di bonifica.
(1-00575)
«Guido Dussin, Alessandri, Lanzarin, Togni, Montagnoli, Luciano Dussin, Lussana, Fogliato, Chiappori, Torazzi, Desiderati, Maggioni».

La Camera,
premesso che:
in base al rapporto bonifiche 2010 di Federambiente, i siti contaminati di interesse nazionale, ovvero quelle aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali sono 57, per un'estensione pari a oltre il 3 per cento del territorio italiano. I siti di interesse nazionale sono individuati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, che si occupa anche della loro procedura di bonifica;
secondo il citato rapporto, i siti inquinati censiti sono 12.638, di questi il 68 per cento del totale risultano appartenere solo a Lombardia, Abruzzo e Toscana. Nella sola Lombardia sono stati censiti 4.533 siti contaminati, pari a circa il 40 per cento del totale. Mentre sono risultati 1.359 i comuni italiani interessati da almeno un sito contaminato;
in Toscana l'88 per cento dei comuni è interessato da almeno un sito contaminato; in circa 1.800 siti la causa della contaminazione è costituita da un'attività industriale ed in circa 1.400 siti si tratta di punto vendita carburanti; 800 siti riguardano impianti al servizio della gestione rifiuti, sia urbani che speciali, come vecchie discariche o impianti di trattamento dismessi; in 1.000 casi circa l'inquinante principale è costituito da idrocarburi e in circa 500 casi si tratta di inquinamento da metalli pesanti;
il programma nazionale di bonifica, pertanto, individua le aree che richiedono gli interventi più urgenti tra cui figurano alcune tra le più importanti aree industriali del Paese: i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela, le aree urbane e industriali di Napoli, Trieste, Piombino, La Spezia, Brescia, Mantova. A questi territori occorre aggiungere tutte le discariche abusive presenti in certe regioni del sud Italia, le scorie di fonderia, i sali da rifusione di alluminio, i fanghi, le morchie oleose, gli oli esausti, le melme acide, le ceneri da incenerimento, le polveri di abbattimento fumi della siderurgia, i pesticidi, ddt, arsenico e mercurio presenti nel suolo e nel sottosuolo, nelle acque e nei sedimenti delle aree coinvolte, presenti in concentrazioni che superano di milioni di volte i limiti di legge;
l'emergenza ambientale nell'ex area industriale di Crotone viene riconosciuta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2001: l'area comprende i due complessi industriali di Pertusola sud ed ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo che ha raccolto rifiuti urbani, speciali, sanitari, ma anche quelli dell'alluvione del 1996 e i fanghi di depurazione civile, la fascia costiera tra il mare e la zona industriale nella quale sono state individuate discariche abusive per 300 mila metri cubi di rifiuti speciali e pericolosi, e i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra, dove venivano smaltite abusivamente le ferriti di zinco prodotte da Pertusola sud. Sono del settembre 2009 i risultati dello screening realizzato per conto della procura di Crotone, che ha accertato la presenza di metalli pesanti in concentrazioni elevate negli alunni delle due scuole «Alcmeone» e «Lucifero» sequestrate per sospetta contaminazione. A ciò si aggiunge l'ultimo studio epidemiologico dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che, sebbene datato (gli ultimi dati risalgono al 2001), evidenziava un eccesso di mortalità nella città di Crotone, con ogni evidenza connesso alle attività industriali presenti nell'area. Le attività dello stabilimento metallurgico ex Pertusola e degli impianti del colosso dell'industria chimica ex Montedison, tra i principali poli industriali della storia italiana, hanno lasciato un'eredità di metalli pesanti (principalmente zinco, cadmio, piombo, rame e arsenico) che a tutt'oggi mette a rischio la salute dei cittadini;
un'altra emergenza nazionale è rappresentata dai 75 mila ettari di territorio contaminato da fibre di amianto che, in attesa della bonifica dei siti, continuano a mettere a rischio la salute dei cittadini. Nel periodo compreso tra il 1993 e il 2004 sono stati registrati in Italia oltre 9 mila casi di mesotelioma pleurico, il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione della fibra di amianto, con una esposizione che nel 70 per cento dei casi è stata di tipo professionale. L'amianto in Italia è presente in molte zone e in varie forme: circa un milione di metri quadrati utilizzati nelle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Alessandria), 45 milioni di metri cubi di pietrisco di scarto contaminato utilizzato per il rimodellamento dei versanti e delle valli circostanti la miniera di Balangero (Torino), passando per i 90 mila metri cubi di fibra contenuti nello stabilimento produttivo di cemento-amianto nella città di Bari, fino ad arrivare ai 40 mila sacchi con rifiuti d'amianto prodotti fino ad oggi nella bonifica di Bagnoli a Napoli. Sono almeno 2 mila all'anno le morti causate dall'esposizione all'amianto nel nostro Paese: circa 900 per mesotelioma pleurico, altrettanti per il tumore ai polmoni, il resto per il tumore alla laringe e alle ovaie. I settori lavorativi maggiormente coinvolti ed esposti all'amianto sono stati l'edilizia, i cantieri navali e ferroviari, l'industria pesante (metalmeccanica e metallurgica) e ovviamente quella del cemento-amianto;
si tratta, quindi, di un fenomeno, quello dei siti contaminati, che riguarda tutto il paese, senza eccezioni, dal Nord al Sud. Gli agenti contaminanti, inoltre, possono persistere nell'ambiente per tempi estremamente lunghi che, in alcuni casi, arrivano fino a centinaia di anni. L'unica soluzione possibile, pertanto, è rappresentata dalla bonifica dell'area interessata;
tuttavia, le bonifiche, di cui si occupa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono iniziate in pochissimi siti; in particolare, secondo il rapporto di Confindustria sulla gestione delle bonifiche in Italia del 2009, «i dati ufficiali raccolti ed analizzati mostrano che in Italia le bonifiche, soprattutto a livello nazionale, non sono state fatte se non in minima parte, né si stanno attualmente realizzando», con evidenti responsabilità organizzative e di gestione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,

impegna il Governo:

a procedere alla realizzazione di concrete operazioni di bonifica, di messa in sicurezza e di risanamento ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, al fine di garantire la salubrità delle acque, dei terreni e la tutela della salute;
a far sì che gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato siano tali da privilegiare tecniche che favoriscano il ricorso a tecnologie innovative nell'ottica di una maggiore sostenibilità ambientale;
ad adottare iniziative per il riordino della materia per quanto riguarda gli aspetti normativi e organizzativi oltreché di risorse disponibili, anche nel segno di un possibile recupero del tessuto industriale ed economico dei territori interessati;
a predisporre azioni finalizzate a prevenire tali fenomeni attraverso una rete più efficace di controlli e la previsione di sanzioni più gravi per coloro che si rendono responsabili delle diverse forme di inquinamento;
a predisporre una tabella contenente, accanto all'indicazione di ciascun sito contaminato, l'indicazione del tempo di intervento, della durata, della provvista finanziaria, nonché delle eventuali azioni risarcitorie;
a convocare, di seguito alla realizzazione di detta tabella, una o più riunioni della conferenza Stato-regioni per l'elaborazione di linee d'indirizzo urbanistico per le aree decontaminate;
a promuovere azioni per la riqualificazione economica e sociale dei siti industriali contaminati la cui valorizzazione risulta strategica sia per la tutela dell'ambiente che per l'economia nazionale.
(1-00576)
«Mosella, Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la gestione dei siti contaminati rappresenta uno dei maggiori problemi ambientali per i paesi europei; recenti dati della European environmental agency (EEA) mostrano come la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi, rappresenta una delle più importanti minacce. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può portare ad effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi;
la gestione amministrativa dei procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale è di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, in quanto responsabile del procedimento, convoca conferenze di servizi ed emana il decreto di approvazione dei progetti;
la gestione di tali procedimenti è particolarmente complessa in quanto in ciascuna delle 57 aree perimetrate di interesse nazionale, di cui alla Tabella A allegata, ricadono proprietà di diversi soggetti (pubblici e privati) e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti che spesso ostacolano l'avvio degli interventi di bonifica,

impegna il Governo

a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale che assicuri il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero, ISPRA, ISS), le regioni e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità (anche mediante analisi costi-benefici);
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, anche alla luce dell'esperienza maturata, assicurando fra l'altro certezza di tempi nell'attuazione delle operazioni di bonifica;
ad assicurare il mantenimento sul territorio delle risorse derivanti dalle transazioni;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità, su scala pluriennale, di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale;
a definire procedure per la valutazione dei rischi e l'attribuzione delle risorse pubbliche disponibili, secondo criteri di trasparenza ed accessibilità dei dati ambientali, coinvolgendo gli enti locali e i cittadini secondo i principi definiti dalla convenzione di Aarhus.
(1-00584)
«Alessandri, Bratti, Tommaso Foti, Guido Dussin, Piffari, Di Biagio, Libè, Commercio, Mosella, Zamparutti, Mariani, Realacci, Margiotta, Braga».

Risoluzione

La Camera,
premesso che:
sono assai rilevanti l'estensione dei SIN, il numero di aziende e territori occupati, la valenza industriale economica ed ambientale di queste aree;
è oggettiva l'impossibilità di affrontare e bonificare tutti i siti inquinati in tempi ragionevoli, come ampiamente dimostrato in altri paesi industrializzati, dove si è utilizzato un serio criterio di priorità, legato alle specifiche condizioni di vulnerabilità e rischio per la popolazione e per l'ambiente;
sono evidenti le difficoltà ed i ritardi delle strutture ministeriali nell'affrontare la complessa procedura tecnica ed amministrativa, a causa della abnorme mole di procedimenti, che coinvolgono insieme ai grandi operatori anche molte piccole imprese spesso estranee ai fenomeni di inquinamento pregresso (come evidenziato dagli innumerevoli contenziosi);
si registra la scarsa autonomia delle strutture tecniche (ISPRA, ISS, ARPA regionali), le quali rispondono ancora ad una logica lottizzatoria, peggiorata da una endemica situazione di precarietà economica che ne mortifica le competenze; tale situazione nega di fatto l'esito del referendum del 1993 che dichiarava l'urgenza di un sistema di agenzie autonome ed autorevoli, che rispondessero prioritariamente ai cittadini attraverso la trasparenza e la diffusione dei dati ambientali e la partecipazione ai processi decisionali;
si sottolinea la mancanza di certezza del diritto in tema di attribuzione della responsabilità all'inquinamento e degli oneri di bonifica, che vede l'Italia non allineata con le normative comunitarie in tema di risarcimento del danno ambientale e in particolare la scarsa efficacia dei provvedimenti amministrativi nei confronti dei «soggetti responsabili» dell'inquinamento (Eni, Caffaro, eccetera) e la pervicace insistenza dell'avvocatura dello Stato verso i «proprietari incolpevoli», secondo il solito cliché: «forte con i deboli e debole con i forti»;
l'enorme impatto di questa situazione sul sistema produttivo, in aggiunta alle difficoltà strutturali del tessuto economico, e valutata la necessaria attenzione per la qualità ambientale del nostro territorio,

impegna il Governo

ad una revisione dell'impianto normativo che miri in tempi brevi a:
a) riperimetrare le aree dei SIN sulla base dei dati ambientali finora acquisiti, definendo con un criterio di priorità scientifica (analisi relativa dei rischi) le aree sulle quali concentrare le attività delle strutture ministeriali e quelle sulle quali, invece, restituire le competenze agli enti locali secondo la normativa vigente;
b) definire procedure condivise per la valutazione dei rischi e l'attribuzione delle risorse pubbliche disponibili, secondo criteri di trasparenza ed accessibilità dei dati ambientali ed epidemiologici, coinvolgendo gli enti locali ed i cittadini secondo i principi definiti dalla convenzione di Aarhus;
c) dotare le strutture tecnico-scientifiche di vera autonomia economica e decisionale, rifondando il sistema delle agenzie ambientali in accordo con le tradizioni internazionali consolidate, favorendo il confronto a livello europeo per la diffusione delle migliori tecnologie di bonifica a costi sostenibili;
d) superare la mera identificazione dell'azione amministrativa con le «transazioni» (pagamento in cambio di una liberatoria), ritrovando un'azione «concertata» al fine di consentire ai privati di concordare con l'amministrazione tempi e modalità degli interventi di bonifica (come del resto prevede l'articolo 246, decreto legislativo n. 152 del 2006) garantendo livelli di rischio accettabili per la popolazione e per l'ambiente, favorendo l'intervento spontaneo da parte di tutti i soggetti interessati (anche i proprietari incolpevoli), che trarrebbero beneficio da una rapida chiusura della procedura, evitando lunghi e svantaggiosi ricorsi;
adottare le iniziative per armonizzare la normativa su bonifica e danno ambientale (parte quarta e sesta del Testo unico ambiente), in linea con l'impostazione europea limitando una giurisprudenza contraddittoria che negli anni ha favorito il ricorso al contenzioso in sede nazionale e comunitaria;
adottare le iniziative di competenza per favorire l'espansione del mercato assicurativo nell'ambito dei siti contaminati e potenzialmente contaminati, con particolare riferimento ad un sistema di garanzie utili allo svincolo di nuove attività produttive, in condizioni di sicurezza, durante il perfezionamento della procedura tecnico amministrativa di bonifica facendo sì che tali garanzie, definite in appositi protocolli operativi, possano dare un serio impulso ai sistemi di certificazione e miglioramento delle pratiche ambientali.
(6-00069)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».