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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 452 di giovedì 24 marzo 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 10,20.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 marzo 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Brugger, Bruno, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crimi, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Franceschini, Galati, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Lombardo, Martini, Milanato, Ravetto, Reguzzoni, Sardelli, Stefani, Tabacci, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Governo sulla crisi libica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Governo sulla crisi libica, che avranno luogo a partire dalle ore 10,30.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,25, è ripresa alle 10,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

PRESIDENTE. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 23 marzo 2011.
Ricordo che dopo le comunicazioni del Governo i gruppi hanno convenuto di passare direttamente alle dichiarazioni di voto, che avranno luogo, con ripresa televisiva diretta, a partire dalle ore 11,30.

(Interventi del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'Italia e la Libia sono accomunate da vicinanza geografica, da legami storici e culturali, da forte complementarità tra le rispettive economie e sentimenti di profonda amicizia tra i due popoli. Sono legami che affondano le loro radici nella particolare qualità del dialogo instauratosi nel tempo tra le società e i popoli dei nostri due Paesi e sono stati alimentati dalla riconciliazione che l'Italia ha voluto compiere, cancellando le recriminazioni lasciate dal passato coloniale. I sentimenti di amicizia con il popolo libico ci avevano spinti a favorire con tutte le nostre forze una soluzione pacifica alla crisi. I nostri atti, sin dal primo momento, prima ancora della risoluzione n. 1973, Pag. 2sono stati tesi all'unico obiettivo di impedire che quella che è stata chiamata la «primavera del Mediterraneo» fosse soffocata nel sangue. Per un momento abbiamo anche sperato che il colonnello Gheddafi potesse scegliere la via dell'esilio, ipotesi evocata da più parti per evitare il massacro dei civili. Abbiamo perciò condiviso prima le sanzioni della risoluzione n. 1970 e poi le più drastiche misure previste dal capitolo VII dello Statuto dell'ONU.
Non si tratta affatto, onorevoli colleghi, di fare la guerra, ma di impedire la guerra e le sue nefaste conseguenze. Si tratta di portare aiuto a chi è in balia di un'offensiva bellica indiscriminata. E, per portare questo aiuto, è necessaria la forza, il diritto e il potere di proteggere che l'ONU ha solennemente sancito nel suo Statuto. Ecco allora che la risoluzione n. 1973 è lo sbocco di una graduale azione diplomatica della comunità internazionale. Con la sua adozione e con il suo mancato rispetto da parte del regime libico la pagina è stata voltata. Il regime si è posto definitivamente fuori dalla cornice di legalità internazionale. La risoluzione ha confermato l'obbligo primario della protezione della popolazione civile adottando più stringenti misure, come l'istituzione di una zona di interdizione dal volo. La decisione è anche espressione di richieste della Lega araba e risponde in termini politici all'appello del Consiglio nazionale libico di transizione di Bengasi. Il Governo ha costantemente tenuto informato il Parlamento sugli sviluppi della crisi. Abbiamo condiviso con esso l'intenzione di partecipare all'intervento in attuazione della risoluzione n. 1973. Su tali basi, abbiamo assicurato la nostra partecipazione a pieno titolo alle operazioni avviate. In tale quadro, l'Italia sta dando e darà il proprio contributo, nel puntuale rispetto dei limiti che la stessa risoluzione n. 1973 ha stabilito per l'intervento. Abbiamo garantito l'utilizzo delle basi sul territorio italiano e l'impiego di uomini e mezzi aerei e navali delle nostre Forze armate; l'azione è condotta in stretto coordinamento con i partner internazionali e in contatto con i diversi attori regionali. Onorevoli colleghi, vogliamo evitare che una guerra sanguinosa proceda con il regime che continua purtroppo a colpire il suo popolo. Ecco perché ci siamo e ci saremo con piena dignità e faremo valere i principi assoluti di solidarietà e di civiltà, quando li sentiremo messi tra parentesi o addirittura calpestati. Ma restiamo convinti anche del fatto che la soluzione della crisi passi attraverso l'avvio del dialogo nazionale, di un autentico processo costituente che coinvolga tutte le componenti politiche, sociali e tribali della Libia.
Un dialogo, questo, ed una soluzione politica con una sola precondizione, che l'intera comunità internazionale, e con essa l'Italia, ha posto: l'abbandono del potere da parte del colonnello Gheddafi. Vogliamo condividere con il Parlamento l'impegno volto ad assicurare la piena conformità delle azioni agli obiettivi della risoluzione e ribadire la volontà di ripristinare con la Libia del dopo Gheddafi quel rapporto preferenziale che è, a nostro avviso, idoneo a tutelare i nostri interessi nazionali, compresi quelli economici.
È un impegno, spero, che potrà mostrare unite le istituzioni e la politica dell'Italia, in nome dell'interesse superiore generale del Paese. Onorevoli colleghi, dividersi, specialmente quando condividiamo le linee di fondo dell'azione italiana, indebolisce il Paese e non rappresenta la necessaria solidarietà e l'incoraggiamento per coloro che, in teatri difficili, stanno portando oggi la bandiera italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro). Approvata, quindi, la risoluzione n. 1973, era necessario partire con un'azione urgente che scongiurasse in via temporanea un massacro di civili. Ma superata questa primissima fase, dobbiamo ora tornare alla fisiologia, dobbiamo tornare alle regole: un'unica catena di comando assicurata dalla NATO. Nel contempo, siamo convinti della necessità di coinvolgere attivamente l'Unione europea, soprattutto per gli Pag. 3aspetti umanitari della crisi. Una forte consultazione politica e uno stretto coordinamento operativo faranno la differenza nella realizzazione delle operazioni prescritte dalla risoluzione, garantendo efficienza, coerenza e condivisione delle scelte politico-strategiche.
Le conseguenze delle operazioni, onorevoli colleghi, ricadono su tutti noi, e dunque dobbiamo evitare il rischio di essere corresponsabili di azioni non volute. Ecco perché dobbiamo trovare formule adeguate per coinvolgere politicamente un numero più ampio di Paesi, a cominciare da quelli del mondo arabo. Un comando garantito da un'organizzazione dalla consolidata esperienza, qual è la NATO, assicura coesione ed efficacia della coalizione. Questa nostra posizione, autorevolmente sostenuta anche dal Presidente Napolitano, è stata condivisa da gran parte degli alleati, a cominciare dal Presidente Obama, che ha correttamente parlato di un ruolo chiave, su cui, da due giorni, il Consiglio atlantico, a Bruxelles, sta lavorando.
Abbiamo contribuito a questa soluzione con il nostro fermo atteggiamento. Io stesso avevo potuto esprimere, lunedì scorso a Bruxelles, la posizione chiara secondo cui, qualora non fosse stato raggiunto un accordo tra i Paesi alleati sul ruolo chiave della NATO, l'Italia avrebbe dovuto anche considerare l'ipotesi di riassumere una responsabilità nazionale per le proprie attività. Ed ecco allora che una netta preferenza per il quadro NATO si è delineata, anche da parte dei Paesi arabi pronti ad operare con noi. Sempre in ambito NATO, l'Italia ha chiesto e ottenuto che l'embargo sulle armi sia attuato anche tramite un'operazione navale di pattugliamento delle acque internazionali mediterranee. L'Italia svolgerà un ruolo cruciale con il comando dell'operazione da Napoli e con un ammiraglio italiano.
Quanto al ruolo dell'Unione europea, il Consiglio dei ministri degli esteri ha stabilito l'obiettivo primario della protezione dei civili e del sostegno alle loro aspirazioni democratiche. Abbiamo espresso la nostra determinazione ad agire d'intesa in particolare con la Lega araba e con l'Unione africana. Continueremo, come Unione europea, a fornire assistenza umanitaria alle vittime delle violenze. Possiamo fornire sostegno materiale, incluso l'utilizzo di assetti della protezione civile europea, per le iniziative internazionali di soccorso e di evacuazione condotte sotto l'egida dell'ONU.
Abbiamo invitato l'Alto rappresentante - ed è questa una richiesta italiana - a sviluppare la pianificazione di un'operazione di assistenza umanitaria e di protezione civile anche attraverso l'impiego di mezzi navali, un'azione europea in coordinamento con l'ONU e con la NATO che, com'è ovvio, avrà una forte deterrenza anche nei confronti delle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani. Una pianificazione urgente per la quale l'Italia ha messo a disposizione il quartier generale operativo per l'attuazione immediata, un'offerta che l'Unione europea ha apprezzato e che, su nostra richiesta, ha richiamato, proprio lunedì, in un punto formale della nostra risoluzione. Anche l'Unione europea, onorevoli colleghi, come la NATO, è davanti a una sfida da affrontare, la sfida alla credibilità, la sfida dell'azione, la sfida del risultato. Il metodo del multilateralismo, che noi sosteniamo, non può essere soltanto un proclama. Sarà altrimenti sempre più diffusa la tendenza ad azioni unilaterali o a direttori ristretti, che l'Italia sempre rifiuterà.
Nel quadro delle misure dell'ONU, siamo stati e rimaniamo impegnati a dare attuazione alle sanzioni finanziarie. A tale riguardo, abbiamo congelato tra i 6 ed i 7 miliardi di euro di beni riconducibili al regime di Gheddafi. Abbiamo anche messo a punto delle sanzioni nel settore energetico. Oggi a Bruxelles il Consiglio europeo adotterà le sanzioni sui prodotti petroliferi nei riguardi della compagnia petrolifera libica e delle sue sussidiarie. Anche tali sanzioni sono previste dalla risoluzione n. 1973. Prima della sua adozione, il colonnello Gheddafi - lo ricorderete - aveva minacciato di Pag. 4sostituire i fornitori europei con quelli di Paesi extraeuropei. Ora non può più farlo poiché, precludendo ad ogni potenziale acquirente al mondo di comprare petrolio libico, siamo ormai tutti tutelati nella medesima maniera: non c'è più il rischio che le compagnie europee siano scavalcate da parte di società concorrenti, perché tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite devono rispettare l'embargo.
Non è allora fondata anche la tesi secondo cui i contratti delle nostre imprese sarebbero stati meglio tutelati in caso di nostro mancato intervento. Le sanzioni internazionali contro il regime avrebbero comunque svuotato quei contratti di ogni efficacia ed analogo ragionamento sarebbe valso nel poco realistico caso in cui Gheddafi dovesse, alla fine, prevalere, perché in ogni caso le sanzioni continuerebbero a dispiegare i loro effetti e renderebbero inefficaci e inapplicabili i contratti già firmati.
Ciò non toglie che occorre continuare ad operare per tutelare nel futuro della Libia le posizioni contrattualmente acquisite dalle imprese italiane nel mercato libico, quando un regime democratico e riconosciuto dall'ONU si sarà affermato. Faremo allora valere, a quel tempo, la piena efficacia dei contratti delle imprese italiane.
Il Consiglio nazionale di Bengasi ha già assicurato di voler adempiere a quei contratti, quando sarà in condizioni di farlo, dicendosi convinto del fatto che le libertà economiche e lo Stato di diritto sono aspetti cruciali delle rivendicazioni libiche, di quella che oggi è l'opposizione libica e di quella che noi speriamo sarà domani la nuova Libia.
Nel frattempo, le imprese europee, impossibilitate ad onorare i contratti in ragione delle sanzioni ONU, trovano oggi una tutela giuridica in un regolamento dell'Unione europea, adottato pochi giorni fa, che prevede modalità per assicurare i pagamenti dovuti alle imprese europee in base a contratti eseguiti prima dell'entrata in vigore delle sanzioni.
Onorevoli colleghi, una questione delicata è quella della vigenza del Trattato bilaterale tra Italia e Libia. Esso è stato evocato per chiedere al Governo una valutazione sulla condizione giuridica in cui esso si trova.
Fino all'adozione della risoluzione n. 1973 quell'accordo poteva considerarsi, di fatto, sospeso ma ora, con l'entrata in vigore della risoluzione n. 1973, alla luce dell'articolo 103 della Carta dell'ONU, vi è la prevalenza assoluta ed automatica degli obblighi della Carta su quelli assunti dagli Stati membri con qualsiasi altro accordo internazionale o bilaterale. Ecco dunque che il quadro giuridico è cambiato: siamo tenuti ad adempiere le decisioni vincolanti del Consiglio di sicurezza. Ne discende non più la sospensione di fatto, ma di diritto e automatica degli obblighi del Trattato bilaterale, la cui applicazione sarebbe ovviamente vietata formalmente dalla risoluzione n. 1973. Onorevoli colleghi, soggetti nel diritto internazionale non sono i Governi ma gli Stati: ecco perché guardiamo al futuro delle nostre relazioni bilaterali e all'interesse a mantenere in vita il Trattato, ancorché sospeso di diritto in via automatica, per conservare, in prospettiva, un rapporto preferenziale con la Libia del dopo Gheddafi.
Vi sono, poi, degli aspetti umanitari di grande importanza. L'Italia è pronta a proseguire l'azione umanitaria che abbiamo intrapreso. L'Italia, onorevoli colleghi, è stato il primo e finora unico Paese europeo ad aver portato aiuti umanitari nella città di Bengasi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro). Con due navi italiane sono arrivate 90 tonnellate di materiali: cibo, attrezzature, medicinali e beni di prima necessità. È una testimonianza concreta, al di là dei facili proclami spesso non seguiti dai fatti, di una vicinanza reale ai bisogni e alle richieste del popolo libico. Continueremo ad essere protagonisti dell'aiuto umanitario a quel popolo che sta soffrendo.
Ma vi è anche un altro aspetto delicato, quello dell'immigrazione. Molti avevano tacciato come allarmistica la previsione di massicci afflussi di migranti. Dalla Tunisia abbiamo visto arrivare, da Pag. 5gennaio, 15.000 immigrati clandestini. Non parlo solo delle condizioni di disagio di Lampedusa, ma anche di tutti i centri che si trovano nelle regioni italiane. E la concreta possibilità che nuovi ed anche superiori flussi provengano presto dalla Libia impone in ogni caso una strategia in chiave europea.
Fin dall'inizio della crisi abbiamo avanzato tre richieste: maggiore cooperazione dell'Unione con i Paesi della sponda sud, gestione europea dei flussi sulla base di una effettiva condivisione degli oneri tra gli Stati membri e definizione di un sistema unico di asilo europeo. Questi principi sono stati raccolti dal Consiglio europeo dell'11 marzo scorso e dal Consiglio dei Ministri degli affari esteri, il 21 marzo scorso. Lavoriamo, onorevoli colleghi, per una nuova Libia e un nuovo partenariato euromediterraneo.
La dimensione politica e quella del partenariato rappresentano la prospettiva su cui dobbiamo impegnarci maggiormente. Un punto chiave della risoluzione è l'invito a promuovere un dialogo nazionale di riconciliazione. Spetta all'Unione europea, all'ONU, alla Lega araba e all'Unione africana facilitare quel dialogo, favorendo il coinvolgimento dei gruppi tribali di cui la Libia è composta. Dobbiamo far funzionare ed attuare da subito il cessate il fuoco e la no fly zone. Ciò vuol dire fermare le violenze e creare le condizioni affinché il dialogo di riconciliazione nazionale possa davvero svilupparsi. L'ONU, credo, dovrà presto verificare sul terreno il cessate il fuoco e su questa base una fase politica si potrebbe aprire.
L'Italia vuole e può concorrere attivamente a creare le condizioni perché un dialogo politico e una vera strategia per il dopo Gheddafi siano avviati. Abbiamo aperto un canale diretto con Bengasi, abbiamo canali costanti. Io personalmente ho avuto contatti con il Presidente del Governo provvisorio libico, l'ex ministro della giustizia Jalil.
Abbiamo riaperto a Bengasi il consolato italiano; esponenti del Consiglio di Bengasi sono venuti a Roma a rappresentare richieste e prospettive: è l'obiettivo della riconciliazione, ma anche quello dell'integrità territoriale del Paese. Non vogliamo una Libia divisa in due; essa non sarebbe nell'interesse del popolo libico, e lo stesso comitato di Bengasi ha sempre mostrato forte contrarietà a questa prospettiva. In conclusione onorevoli colleghi, lavoreremo senza paternalismi per favorire una transizione democratica in un Paese che è al centro del Mediterraneo e di vitali interessi nazionali dell'Italia. Lo faremo portando un contributo originale dell'Italia già domani, all'incontro che l'Unione africana ha promosso ad Addis Abeba con l'Unione europea, l'ONU e la Lega araba per riflettere sulle prospettive politiche del futuro della Libia.
Vogliamo lavorare su una vera integrazione euromediterranea di tutti i Paesi della sponda sud: una stagione politica che, nell'avvicinarsi della vera democrazia e dei diritti, preservi i popoli dalle pericolose tentazioni di influenze radicali o fondamentaliste. Signor Presidente, siamo impegnati con piena responsabilità, leali alla coalizione e al rispetto della legalità internazionale. Oggi non portiamo la guerra in Libia, siamo e saremo ancora di più attenti alla popolazione civile, all'uso della forza strettamente conforme alle regole dell'ONU, e alla ricerca di una riconciliazione nazionale che, dopo il regime, offra al popolo libico prospettive di prosperità e di autentica libertà. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro della difesa, onorevole La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, poiché abbiamo già illustrato al Senato gli argomenti che riproponiamo in questa sede cercherò di non discostarmi molto da quanto già dichiarato nell'altra Camera e pertanto signor Presidente, onorevoli senatori, la mia comunicazione... (Commenti)
Chiedo scusa, signor Presidente, onorevoli deputati...

Pag. 6

PRESIDENTE. Non si discostava, appunto...

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. La mia dichiarazione sarà volutamente pressoché uguale, letteralmente uguale a quella del Senato, anche se per la verità è mia abitudine non leggere ma parlare a braccio. La comunicazione del Ministro Frattini è stata largamente esaustiva, con argomenti che condivido pienamente e che mi esimono dal fare ripetizioni. Al quadro delineato dal Ministro Frattini cercherò di fornire opportune integrazioni in larga parte più di specifica pertinenza del Ministero della difesa. Un dato che non è stato forse sottolineato con sufficiente rilievo è quello della straordinaria accelerazione dei tempi operativi che è avvenuta in questa vicenda come mai era successo nelle pur molteplici crisi internazionali degli ultimi anni. Dal momento in cui si è posta l'eventualità di un intervento internazionale al momento in cui è poi arrivata una risoluzione, e questa è poi diventata operativa, è passato un tempo così breve come mai era capitato in precedenti occasioni.
Quali sono i fattori che hanno determinato tale accelerazione? In primo luogo ha risposto l'accelerazione all'esigenza di fermare i combattimenti in atto in quella che era divenuta una vera e propria guerra tra le fazioni contendenti di una Libia spaccata in due, con gravissime ripercussioni sulla popolazione civile; l'intervento si è reso inevitabile quando la rotta del fronte anti Gheddafi era ormai costretta nella zona di Bengasi, e già si immaginava la possibilità di azioni veramente pesanti per le popolazioni civili, atteso che anche il figlio di Gheddafi aveva dichiarato che sarebbero stati presi casa per casa, mentre il Segretario di Stato americano definiva le violenze atrocità inenarrabili.
Dall'altro lato, l'accelerazione ha influenzato negativamente la predisposizione delle misure organizzative necessarie a garantire la migliore esecuzione dell'intervento internazionale. Fra questi due opposti fattori non vi è alcun dubbio che il primo, quello della necessità di intervenire prontamente, era prioritario, appunto in termini di tempo e di importanza. D'altra parte, la stessa risoluzione, la n. 1973, richiamava, innanzitutto, la protezione della gente libica. Se è lecito chiedersi se questa risoluzione, che è quella che ha, poi, dato legittimazione all'intervento, è stata utile, noi rispondiamo di sì. Quella che poteva diventare una strage di popolo si è arrestata ed i combattimenti sono, poi, diventati scontri tra le forze in armi di due schieramenti, forze governative e forze di opposizione. Se volessimo fare un macabro, lugubre calcolo delle vittime, sicuramente diremmo che, dal 18 marzo in poi, le vittime, se ci sono state - e, ahimè, ci sono state -, sono state in numero inferiore rispetto a quanto era successo prima e, soprattutto, rispetto a quanto sarebbe successo se fosse mancato l'intervento della comunità internazionale.
Come è arrivata Italia all'intervento? Qualcuno ha detto che vi è arrivata troppo presto, qualcun altro, invece, ha lamentato che l'intervento della comunità internazionale e dell'Italia stessa è arrivato troppo tardi. In realtà, noi riteniamo che mai come in questa occasione il Governo ha scelto i tempi giusti ed adeguati alla necessità di intervenire immediatamente sul piano umanitario. In questo, per la verità, il Governo ha avuto il conforto - devo dirlo - dell'opinione della stragrande maggioranza della Camera e del Senato, espresso con il voto nelle Commissioni congiunte esteri e difesa. Aggiungo che il nostro Paese, prima ancora della risoluzione dell'ONU, è stato il più impegnato nell'evacuazione di cittadini stranieri e di cittadini italiani (1.329). Si pensi che abbiamo evacuato un numero di cittadini stranieri superiore di quattro volte a quello dei cittadini italiani. Come ha ricordato il Ministro Frattini, il nostro Paese è stato il primo a mandare aiuti a Bengasi, anche alla frontiera con la Tunisia, fornendo assistenza sanitaria, trasportando e riportando a casa egiziani e persone di molti altri Paesi. Complessivamente, abbiamo effettuato 11 missioni aeree - parlo di Pag. 7missioni di solidarietà, di aiuto e di evacuazione - ed abbiamo mandato due unità navali per il trasporto di aiuti umanitari. Ancora siamo stati i primi ad offrire, sempre nella fase precedente alla risoluzione, le nostre basi di Amendola, Gioia del Colle, Sigonella, Aviano, Trapani, Decimomannu e Pantelleria.
Quotidianamente mi è capitato di parlare con i Ministri degli esteri, non solo dei Paesi europei, ma anche extraeuropei, per rispondere alla loro richiesta di utilizzo delle nostre basi che sono sempre state concesse con la precisa avvertenza che potessero essere utilizzate solo per scopi umanitari. D'altra parte, non avremmo potuto immaginare nessun altro tipo di intervento senza un preventivo via libera degli organismi internazionali, come impone, peraltro, la nostra Costituzione. Quando le Nazioni Unite, superando difficoltà insite nelle proprie modalità di decisione che, come sapete, prevedono la possibilità del diritto di veto per alcune nazioni, hanno ottenuto il sì della larga maggioranza del Consiglio di sicurezza, anche se con l'astensione di Russia e Cina - che avrebbero, appunto, potuto ricorrere al diritto di veto -, l'Italia si è trovata davanti alla scelta di partecipare allo sforzo della comunità internazionale teso a salvaguardare, come imponeva la risoluzione, l'integrità fisica del popolo libico e di farlo senza indugio. L'alternativa sarebbe stata quella di non partecipare, soluzione, a mio avviso, impensabile in quelle condizioni. E non certo la nostra partecipazione è stata mossa dalla ricerca di ricavare particolari vantaggi, ma da una situazione che si è improvvisamente e imprevedibilmente venuta a creare dopo che tutto il nord Africa si era infiammato, contagiando anche la Libia. Non poteva esserci nessun vantaggio, né ce ne può derivare da questa vicenda in cui l'Italia è, semmai, dovuta intervenire con la doverosa attività di solidarietà e di intervento umanitario per cercare di limitare le conseguenze negative per i nostri interessi nazionali.
Il Governo ha convocato, lo voglio ricordare, una riunione la mattina del 18 marzo e ha deciso che l'unica soluzione da adottare fosse quella di dare mandato ai Ministri degli esteri e della difesa di recarsi dinanzi al Parlamento, alle Commissioni esteri e difesa riunite, in quanto peraltro le Aule di Camera e Senato non erano convocabili con immediatezza, per prospettare l'opportunità di una adesione alla coalizione che si andava formando in esecuzione del deliberato delle Nazioni Unite per proteggere le popolazioni della Libia. Non vi era dubbio, come ci ha indicato il Parlamento attraverso il voto unanime dei presenti con la non partecipazione al voto della Lega Nord e dell'IdV, che quella scelta fosse, per così dire, giusta ma anche obbligata: non solo a rendere disponibili le nostre basi - questa sì una scelta determinante - perché le nostre basi apparivano e sono indispensabili per l'applicazione di ciò che la comunità internazionale ci chiedeva, ma anche per una nostra partecipazione attiva, una partecipazione per la quale non c'è certo stato entusiasmo, ma neanche esitazione: è stata una scelta logica quella di dare un contributo concreto e attivo sia pure limitato in confronto all'impegno di altri Paesi della coalizione. Abbiamo dunque aderito alla coalizione e fornito le basi, esattamente come ci ha indicato, nel pomeriggio del 18 marzo scorso, il Parlamento con il voto unanime dei membri presenti delle Commissioni esteri e difesa, salvo le astensioni di cui vi ho detto. L'indomani mattina, a Parigi, il nostro Presidente del Consiglio ha partecipato ad una riunione nel corso della quale è stata presa la decisione di formare la coalizione. In quell'occasione è stato votato un documento con il quale si decideva di agire congiuntamente e attivamente per rendere concrete le prescrizioni della risoluzione n. 1973.
Subito dopo il Ministro degli esteri ha provveduto in quell'occasione a notificare al Segretario generale dell'ONU nonché alla Lega Araba la nostra adesione alla coalizione della quale facevano parte e fanno parte ad oggi Stati Uniti, Gran Pag. 8Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Canada, Danimarca, Belgio, Grecia (tutti Paesi appartenenti alla NATO) ai quali si aggiunge il Qatar.
Successivamente alla notifica - ecco gli elementi di pertinenza della Difesa - abbiamo deciso quale assetti trasferire sotto l'autorità della coalizione che ha come comandante l'ammiraglio Locklear che unisce in sé molte funzioni di comando NATO e USA e che per la specifica esigenza agisce in qualità di comandante americano delle forze della coalizione. La domanda chi comanda? oggi ha questa risposta. Quando avverrà il passaggio del comando delle operazioni della coalizione alla NATO - cosa che come sapete e come vi ha appena illustrato il Ministro Frattini è stata richiesta, voluta e ottenuta dall'Italia - egli presumibilmente ne diverrà automaticamente il titolare utilizzando in questo caso tuttavia la struttura militare dell'alleanza.
Nell'ambito dell'attuale struttura della coalizione il coordinamento delle operazioni e degli assetti nazionali è stato costantemente garantito dalla presenza di ufficiali di staff italiani presso i comandi multinazionali, comando interforze sulla nave Mount Whitney, comando delle operazioni aeree di Ramstein.
Per quanto riguarda la catena di comando e controllo la posizione italiana, sostenuta peraltro dalla quasi totalità dei Paesi dell'alleanza, ha consentito di giungere rapidamente alla decisione assunta ieri dal Consiglio atlantico per affidare la gestione dell'embargo alla NATO. Al riguardo riconfermo quanto già apparso sugli organi d'informazione, cioè che il comando tattico di questa operazione sarà posto con ogni probabilità nelle mani dell'ammiraglio Veri, nelle sue funzioni di comandante navale NATO di Napoli, a sua volta alle dipendenze dell'ammiraglio Locklear. Anche per quanto riguarda la no fly zone riteniamo che un accordo per l'assunzione di responsabilità da parte dell'alleanza possa essere raggiunto in tempi brevi. Sono invece attualmente in corso di definizione gli aspetti relativi alla questione politico-strategica e alla discendente struttura di comando e controllo per le operazioni in atto di protezione dei civili anche chiamata no fly zone plus che prevede anche azioni dirette.
Come sapete, attualmente la guida della coalizione è affidata agli Stati Uniti ed anche per questo tipo di operazioni l'Italia auspica fortemente un significativo coinvolgimento dell'Alleanza atlantica, che potrà assicurare una chiara e condivisa guida politico-strategica.
Vorrei ora sinteticamente riferire in merito al contributo delle nostre Forze armate all'applicazione della risoluzione n. 1973. Fino ad ora sono stati resi disponibili alla coalizione 4 velivoli Tornado ECR, impiegabili contro i radar della difesa aerea, e 4 veicoli F-16 impiegabili nelle operazioni di scorta in volo e di difesa aerea. Questi aerei a partire da domenica scorsa hanno portato a termine - ieri non avevo fornito questo dato - complessivamente 10 missioni e 32 sortite, nel corso delle quali non sono state rilevate emissioni di radar della difesa aerea libica, per cui non è stato necessario l'intervento attivo dei sistemi d'arma di bordo.
Pochi hanno notato che tra gli assetti messi a disposizione della coalizione non figurano i Tornado nella tradizionale configurazione di attacco. Questa nostra scelta è avvenuta con la piena concordanza della coalizione e senza alcun contrasto, quindi non sono stati assegnati Tornado predisposti per missioni diverse da quelle specifiche di contrasto dei sistemi di difesa aerea, in particolare dei sistemi radar a questi asserviti. Questi aerei, i Tornado ECR, sono i primi ad arrivare in zona di operazione e gli ultimi a lasciarla, perché sono quelli che rendono possibile l'impiego degli altri mezzi aerei, senza che questi ultimi corrano il pericolo di essere abbattuti dalla contraerea cui sono appunto asserviti i radar, che i nostri Tornado possono oscurare con un disturbo di tipo elettromagnetico generato dalle apparecchiature installate sull'aereo, ovvero essere distrutti da un missile di precisione che non ha normalmente effetti collaterali, ma che si aggancia sull'emissione del radar e Pag. 9su di essa si dirige, anche ove questa venisse nel frattempo spenta, perché immediatamente memorizzata.
Oltre ai già menzionati aerei sta operando - sotto comando nazionale però e potranno essere resi disponibili nei prossimi giorni per l'operazione a guida NATO - un gruppo navale per la sorveglianza marittima e per il concorso alla difesa nazionale guidato dalla portaerei Garibaldi e composto dall'incrociatore Doria, dalla fregata Euro e dal pattugliatore Spica, unità della difesa aerea con veicoli intercettatori Eurofighter ed F-16 rischierati negli aeroporti di Trapani e Gioia del Colle, a cui si aggiungono due Tornado ed un C-130 per il rifornimento in volo.
Come avviene normalmente e più specificatamente in questa fase, in cui l'allerta è stata portata ad un livello più alto, la copertura dello spazio aereo italiano al di fuori della coalizione viene assicurata con 4 caccia pronti ad intervenire in soli 15 minuti. Questo apporto concreto, fatto di aerei, navi, basi e strutture conferisce un ruolo di grande rilievo alla partecipazione dell'Italia alla coalizione. Questo ci viene riconosciuto da tutti. A questo si aggiunge il peso e l'ascolto derivanti dalla nostra conoscenza delle vicende libiche, che nelle riunioni che abbiamo fatto a Bruxelles e negli altri consessi internazionali è stato assolutamente notevole e decisivo.
I Paesi alleati sanno benissimo che non è possibile immaginare un futuro della Libia senza un ruolo politico, sociale, economico e diplomatico dell'Italia. Lo sappiamo noi per primi, che siamo in ogni caso i primi a pagare le conseguenze di ciò che sta avvenendo e di ciò che potrebbe avvenire. Lo sanno per esempio i cittadini di Trapani, che hanno visto chiuso il loro aeroporto, anche se la chiusura - lo posso assicurare - è temporanea e nei prossimi giorni stiamo facendo di tutto per poterlo gradualmente riaprire. Lo sa l'intera comunità nazionale, ben consapevole del rischio di flussi migratori sempre più consistenti, tra i quali bisogna comunque distinguere quelli dei profughi da quelli dei clandestini quali quelli attualmente in atto dalla Tunisia, dove non vi è guerra, anzi dove la dittatura è stata in qualche modo sostituita, ma dove è venuto meno invece il controllo della polizia tunisina, che era presente prima dello scoppio delle vicende di cui tutti oggi siamo in grado di conoscere la portata.
Al riguardo, voglio riferire - e questa notizia, ieri, non potevo darla - che la nave San Marco della nostra Marina, partita ieri sera dal porto di Lampedusa, è giunta questa mattina al porto di Augusta trasportando 500 immigrati, che sono stati trasferiti nel sito di Mineo vicino a Catania. Vorrei aggiungere, inoltre che, nell'ambito del concorso fornito dalle forze di polizia per la vigilanza e la sicurezza delle strutture e delle aree impiegate per l'emergenza clandestina, la Difesa ha reso disponibili, fino al 30 giugno 2011, ulteriori 200 militari.
Al riguardo, il 9 marzo scorso, per l'emergenza umanitaria sono stati assegnati 100 militari al prefetto di Agrigento per il centro di accoglienza di Lampedusa e 50 al prefetto di Catania per il già citato centro di Mineo per il concorso in attività di vigilanza e sicurezza. Il rischieramento è avvenuto dal 19 marzo.
Più in generale, per l'accoglienza, in caso di esodi consistenti sulla sponda sud del Mediterraneo, soprattutto per i profughi, la Difesa ha fornito un elenco di tredici siti ubicati in ogni parte del territorio nazionale - nord, centro e sud - per un totale di circa 4.600 ettari per ogni opportuno utilizzo demandato ad altri Ministeri e, in particolare, al Ministero dell'interno.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, certo, noi siamo consapevoli che il nostro intervento, doveroso per i motivi umanitari che abbiamo detto e per dare esecuzione alle ragioni che hanno portato la comunità internazionale a decidere sulla risoluzione n. 1973, ci pone anche in una diversa condizione rispetto alla comunità stessa. In particolare, rispetto alla domanda che qualcuno si è posto: ma era utile intervenire al di là delle ragioni umanitarie? La risposta è che solo la nostra partecipazione ci consente, oggi, anche una maggiore autorevolezza nel Pag. 10chiedere di dividere il peso di un'eventuale gestione di un eventuale biblico arrivo di profughi che avremo il dovere di assistere. Lo ripeto: si tratta di profughi, diverso è il problema normativo riguardo all'immigrazione clandestina.
E nel richiedere alla comunità internazionale di sobbarcarsi insieme a noi il peso di un'eventuale situazione, peserà - dovrà pesare - la nostra attiva partecipazione. Non sarebbe immaginabile che chi è coalizzato per impedire danni alla popolazione libica si disinteressasse, poi, delle conseguenze di quello che in Libia sta avvenendo. Non possiamo immaginare che il non intervento avrebbe potuto migliorare la situazione, anzi, l'avrebbe resa probabilmente ancora più drammatica e avrebbe lasciato l'Italia più sola nella gestione ipotetica della fuga dalla Libia di migliaia e migliaia di profughi.
Per questo motivo, penso di poter affermare che, fino a questo momento, ci siamo mossi nella maniera più adeguata sia come Governo che come Parlamento. Non siamo intervenuti né troppo presto né troppo tardi; non siamo intervenuti né con poco né, tantomeno, con tanto entusiasmo. Non c'è mai entusiasmo nel dover fare ricorso alla forza: c'è, semmai, senso di responsabilità e consapevolezza di una situazione complessa e delicata; c'è, semmai, il dovere di compiere ciò a cui siamo preposti.
Le parole che personalmente mi hanno più toccato sono state quelle pronunciate dal Santo Padre, che si è rivolto a tutti quelli che, come noi, hanno una responsabilità politica - egli ha detto: anche militare - ai quali ha raccomandato di tenere presenti i doveri umanitari e morali, che non abbiamo dimenticato - che non ho dimenticato - e penso che nessuno di noi possa dimenticare neanche per un solo istante.
Abbiamo, però, l'orgoglio di aver fatto il nostro dovere. Per quanto mi riguarda, ho l'orgoglio di aver fatto, con la massima modestia e moderazione, quanto era doveroso per chi ha il compito di dirigere le Forze armate, delle quali, ve lo posso assicurare, potete tutti essere molto orgogliosi per la prontezza, l'efficienza e l'efficacia che hanno saputo e stanno sapendo dimostrare anche in questa difficile situazione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Unione di Centro).

(Annunzio di risoluzioni)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli ed altri n. 6-00071, e Franceschini, Adornato, Della Vedova, Donadi, Vernetti, Melchiorre e La Malfa n. 6-00072. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).
Al riguardo è opportuna una precisazione della Presidenza all'Assemblea. È sorto un fraintendimento fra gli uffici della Presidenza e il gruppo del Partito Democratico circa il momento nel quale si possono presentare le risoluzioni e quindi circa il loro ordine di votazione.
Ricordo che l'articolo 118 del Regolamento prevede che si possa dar luogo alla presentazione di proposte di risoluzione «in occasione di dibattiti su comunicazioni del Governo». La prassi applicativa di tale norma è nel senso che sia possibile presentare proposte di risoluzione dal momento in cui il Governo prende la parola per rendere le comunicazioni. Inoltre, per prassi costante ed univoca, non contrastata, l'unico criterio di priorità nell'ordine delle votazioni è dato dall'ordine cronologico di presentazione delle risoluzioni medesime, fatto salvo il caso in cui il Governo ponga la questione di fiducia su una delle risoluzioni presentate.
Come detto, si è tuttavia determinato, in assoluta buona fede, un fraintendimento con il gruppo del Partito Democratico in ordine al momento consentito per la presentazione delle risoluzioni. Ciò ha portato tale gruppo, che aveva presentato la propria risoluzione nella giornata di ieri ed era stato invitato ad attendere stamane per le comunicazioni del Governo, a ripresentare la propria risoluzione successivamente all'inizio delle comunicazioni. Pag. 11
Per questa ragione, la Presidenza, con decisione autonoma e che non può comunque determinare in alcun modo un precedente, dopo la votazione della risoluzione Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli ed altri n. 6-00071, che risulta cronologicamente depositata per prima, porrà in votazione, indipendentemente da eventuali assorbimenti, anche la risoluzione Franceschini, Adornato, Della Vedova, Donadi, Vernetti, Melchiorre e La Malfa n. 6-00072, presentata successivamente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la ringrazio molto delle sue parole e anche delle decisioni che la Presidenza ha assunto. Per quanto riguarda il resto, signor Presidente, non riteniamo sia questo il luogo dove evidentemente fare le nostre considerazioni che le comunicheremo con una dettagliata lettera che le invieremo nelle prossime ore.

PRESIDENTE. Va bene.
Avverto che nel frattempo è stata presentata anche una terza risoluzione Mecacci ed altri n. 6-00073 (Vedi l'allegato A - Risoluzioni). Il testo di tale risoluzione verrà immediatamente trasmesso al Governo perché possa fornire il parere, in quanto è stata comunicata testè alla Presidenza.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulle risoluzioni Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli ed altri n. 6-00071 e Franceschini, Adornato, Della Vedova, Donadi, Vernetti, Melchiorre e La Malfa n. 6-00072 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro).
Per quanto riguarda la risoluzione Mecacci ed altri n. 6-00073, con riferimento al primo capoverso del dispositivo - come in occasione di analoga risoluzione presentata ieri al Senato - ripeto qual è la posizione del Governo. Qui si impegnerebbe il Governo ad intraprendere le iniziative necessarie per sospendere formalmente il Trattato di amicizia.
Ho cercato di indicare nel mio intervento come il Trattato di amicizia sia di diritto sospeso a seguito dell'entrata in vigore della risoluzione n. 1973. Se si dovesse intraprendere ora una iniziativa del Governo, il Governo non potrebbe che dichiarare, come io ho fatto anche davanti alla Camera dei deputati, che il Trattato è di diritto sospeso, ne è preclusa la sua applicazione, ne è vietata l'applicazione in base alla risoluzione. Di più francamente il Governo non può fare.
Non credo quindi di poter accettare questa ipotesi di impegno, perché richiederebbe di svolgere degli atti, tra l'altro, verso un regime sospeso e sotto sanzioni dal Consiglio di sicurezza. Questo ne vorrebbe dire legittimare il ruolo di interlocutore politico. Questo primo capoverso del dispositivo, quindi, non lo posso accettare.
Sono certamente a favore della necessità di accelerare l'adeguamento della normativa interna - e mi riferisco al terzo capoverso del dispositivo - alla Carta fondativa della Corte penale internazionale. Ho già chiarito in altre occasioni che l'Italia ritiene la Carta della Corte penale internazionale immediatamente applicabile, qualora vi fosse un capo di Governo colpito da un ordine di cattura internazionale. Già ora, per l'Italia, vi sarebbe l'obbligo di eseguire l'arresto, anche senza la normativa interna. Ciononostante ritengo che la normativa interna di attuazione si debba adottare. Tuttavia, signor Presidente, non posso accettare l'indicazione di portare a termine l'adeguamento delle norme entro il 2 luglio 2011: non sono in grado di assumere un impegno di Pag. 12questo genere, perché non dipende solamente dal Governo, ma dall'iter di una questione legislativa molto delicata, su cui il Governo è favorevole. Potrei quindi accettare la seguente riformulazione: «portare a termine, entro il più breve tempo possibile, l'adeguamento alle norme relative» e così via.
Per il resto non ho obiezioni e, quindi, salvo questi due punti della parte impegnativa, sono evidentemente a favore anche della risoluzione Mecacci ed altri n. 6-00073.

PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 11,30, con ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.

La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 11,30.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà per due minuti.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signori Ministri, la sanguinosa repressione delle manifestazioni popolari iniziata a Bengasi sull'onda delle rivoluzioni in Tunisia e in Egitto ha confermato la natura dispotica ed efferata del regime libico.
Sin dalla discussione del Trattato di amicizia tra Italia e Libia abbiamo espresso con un voto di astensione tutte le nostre perplessità e riserve rispetto alla politica italiana verso quel regime. Non ne abbiamo affatto apprezzato alcuni passaggi successivi. Vi è stato quasi un idillio: dal noto «baciamano» del Premier al leader libico che ben si inserisce in quella galleria - per usare le recenti parole dell'Avvenire - di interessati e imbarazzanti abbracci con i leader che opprimono i propri popoli fino allo spettacolo avvilente della visita di Gheddafi in Italia, un palcoscenico internazionale offerto alle ridicole carnevalate del rais in veste di predicatore islamico.
Ora siamo repentinamente passati dal tappeto rosso alle bombe, all'interno di una coalizione autodefinitasi di «volenterosi» tutti premurosamente mossi da ragioni umanitarie peraltro spesso dimenticate - Yemen oggi e Ruanda ieri - ma certo con un occhio molto attento agli interessi economici, gas e petrolio, e strategici di quell'area.
Abbiamo sentito ancora oggi che non si tratterebbe di una guerra. Signor Ministro, una «sventagliata» iniziale di 159 missili Tomahawks e decine di aerei in azione offensiva ininterrotta giorno e notte: questa non sarebbe una guerra? Guardiamo in faccia la realtà senza infingimenti: è una guerra e, in quanto tale, ci pone molti interrogativi, a partire dalla sua effettiva rispondenza all'articolo 11 della Costituzione.
Tuttavia, al punto nel quale erano giunte le cose, l'intervento era probabilmente una scelta obbligata e inevitabile nell'ottica del male minore, una dolorosa necessità per impedire quel bagno di sangue che Gheddafi aveva apertamente minacciato il 17 marzo: «Arriveremmo questa notte a Bengasi e non avremo pietà per nessuno».

PRESIDENTE. Onorevole Nicco, la prego di concludere.

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ROBERTO ROLANDO NICCO. Concludo, signor Presidente. Ora, bloccata l'offensiva di Gheddafi, la soluzione non può che tornare ad essere politica, per quanto il percorso possa essere arduo e complesso lavorando per un cessate il fuoco e per una transizione pacifica.
Signor Ministro, lei ha parlato di processo costituente. Noi concordiamo e in questo senso sarà il nostro voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, mesta pende la bandiera europea dal balcone di palazzo Farnese, mentre noi preferiamo pensare al garrire dei nostri tricolori del 17 marzo.
Detto ciò in un pieno spirito di collaborazione, vorrei porre l'accento su alcuni punti di diritto fondamentali per capire esattamente degli aspetti di questa missione. Innanzitutto, ci è sembrato strano, dati i presupposti di necessità ed urgenza, che in questa circostanza non fosse adottato lo strumento del decreto-legge.
Questo lo dico perché è importante considerare il regime giuridico di questa missione - e, in questo caso, lo dico da magistrato militare - perché si avrebbe diversamente un'applicazione automatica dell'articolo 9 del codice penale militare di guerra, che potrebbe anche andar bene se fosse una scelta consapevole ed è importante che lo sia.
La considerazione è: ma come mai l'Italia non sapeva quello che stava per accadere in Libia? Come mai non lo sapevamo? Chi remunerava le fonti? A noi non interessa sapere il come, ma perché queste fonti non erano remunerate. Forse non sono stati operati un po' troppi tagli ai nostri servizi informativi? Credo che questo sia un problema importante dal momento che la Libia per noi è un dirimpettaio e probabilmente forse avremmo dovuto mantenere una certa attenzione, un riguardo in più rispetto anche ad altri Paesi dell'Unione europea.
Credo che questo sia un punto fondamentale. Infine, da ultimo, visto che a noi sono concessi pochi minuti, vorrei sempre ricordare che pacta sunt servanda, dal momento che è molto importante la considerazione che la validità o meno del cosiddetto Trattato di amicizia con la Libia non è per noi una valutazione di poco conto.
Si può essere d'accordo o non si può essere d'accordo, poc'anzi il Ministro Frattini ha perfettamente chiarito un punto - che peraltro ci sembrava pacifico - e cioè la sospensione di diritto, a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Ebbene, e concludo, noi liberaldemocratici voteremo la risoluzione che abbiamo sottoscritto poiché è stata approvata in Commissione, peraltro anche dalla maggioranza. È una risoluzione che fa sì che questa missione si mantenga nell'alveo circoscritto della risoluzione 1973/2011 e che, quindi, ne certifica la sua legittimità (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal Democratici-MAIE e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà, per tre minuti.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, il Parlamento deve oggi dimostrare agli italiani di essere unito su una questione di enorme rilevanza internazionale. Unito di fronte ai propri doveri e alle proprie alleanze, capace di grande solidarietà. Unito a prescindere dalle appartenenze partitiche e da quelle territoriali. Senza quest'unità non si può certo ottenere il necessario consenso popolare all'intervento della comunità internazionale contro il regime libico.
L'Italia è nell'Europa unita, fa parte della NATO, è con l'ONU e si impegna a farne rispettare le deliberazioni. Il mondo non può essere un luogo di anarchie, dove ognuno si comporta a proprio piacimento pensando di non risponderne mai. Per questo, aderendo ad un preciso mandato Pag. 14internazionale, è giusto prendere posizione al fianco degli insorti e delle altre città libiche per le quali il dittatore Gheddafi minaccia un bagno di sangue.
Oggi l'Italia deve dimostrare di essere un Paese unito, solidale, libero, un Paese che sa individuare il giusto equilibrio tra la necessaria prudenza - che sempre va tenuta nelle relazioni internazionali - e la determinazione richiesta nei momenti di crisi. Contemporaneamente, dobbiamo dimostrare agli alleati l'orgoglio di un Paese né subalterno né ingenuo.
È possibile che non tutte le nazioni intervenute per il rispetto del mandato internazionale abbiano soltanto questo obiettivo, qualcuna potrebbe anche puntare a garantire o ad ampliare i propri interessi energetici, a tutte va comunque ribadita la volontà dell'Italia a rispettare il mandato dell'ONU e al contempo a non vedere violati i propri accordi internazionali e a non restare sola davanti al grande problema dell'immigrazione clandestina che sbarca sulle coste siciliane.
L'Italia metta quindi a disposizione dell'Alleanza le proprie basi, il proprio supporto logistico, e al contempo sappia però pretendere il rispetto e la collaborazione internazionale che le sono dovuti, ad esempio rispetto al gravissimo problema degli sbarchi sull'isola di Lampedusa.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Unità nazionale, solidarietà con gli insorti di tutta la Libia, rispetto dei mandati internazionali e, al contempo, la prudenza e la determinazione necessarie a una grande nazione: sono questi gli obiettivi ai quali, insieme, tutti dobbiamo lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, signor Ministro degli affari esteri, l'iniziativa militare di queste ore è, a nostro parere, giusta e condivisibile, è realizzata nel pieno rispetto delle risoluzioni 1970/2011 e 1973/2011 delle Nazioni Unite che hanno previsto prima l'embargo delle armi, poi il deferimento del dittatore Gheddafi alla Corte penale internazionale, poi l'attivazione di una «no fly zone» con un obiettivo chiaro: proteggere i civili che, altrimenti, avrebbero corso il serissimo rischio di essere duramente e brutalmente massacrati dalle milizie di Gheddafi.
Se non avessimo partecipato a questa iniziativa ci saremmo trovati per l'ennesima volta a dover rimpiangere molti e immani massacri, com'è accaduto a Srebrenica, com'è accaduto nel sud dell'Iraq, com'è accaduto in Darfur.
Ritengo estremamente positivo il fatto che insieme agli alleati europei e americani ci sia un forte e attivo coinvolgimento della Lega araba e del Consiglio di cooperazione del Golfo. Bene ha fatto l'Italia a concedere le proprie basi e noi sosteniamo la partecipazione attiva del nostro Paese.
Auspichiamo naturalmente un comando NATO perché da cinquant'anni la NATO è quell'alleanza politico-militare ben rodata e ben attrezzata per affrontare queste crisi.
Sosteniamo con convinzione il Consiglio nazionale di transizione di Bengasi e la creazione di un corridoio umanitario per far giungere gli aiuti sul terreno.
Gheddafi non è più un interlocutore credibile per la comunità internazionale e oggi dobbiamo prospettare un esito che potrà essere l'esilio, che potrà essere un giudizio di fronte alla Corte de L'Aja.
Tuttavia, signor Presidente, non ci sentiamo addolorati nei confronti del dittatore, come ha detto Berlusconi in queste ore. Siamo preoccupati di tutelare la popolazione civile, lo Stato di diritto e vogliamo venire incontro a quelle aspirazioni di democrazia e di libertà del popolo libico e di tutti i popoli del Mediterraneo.
Il Mediterraneo in queste settimane è cambiato e per noi europei è un fatto di estrema rilevanza. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, dopo avere incluso l'Europa dell'est nelle istituzioni democratiche europee, quella è oggi la vera politica estera per l'Europa, la vera Pag. 15sfida per l'Europa: promuovere lo sviluppo, consolidare le istituzioni democratiche. Ce lo chiedono quelle migliaia di giovani che, per la prima volta, sono scesi in piazza, non bruciando le bandiere dell'America o di Israele, ma chiedendo libertà, democrazia e chiedendo che i dittatori che da troppi anni li opprimono vadano a casa.
È una crisi rilevante per l'Italia e l'Europa, l'Italia è in prima fila, ma è anche una straordinaria opportunità. Un Mediterraneo stabile, sicuro, pacificato e democratico per l'Italia e per l'Europa rappresenta una grande possibilità di investimento economico, di cooperazione economica e politica e un nuovo grande spazio politico comune. Questo deve saper offrire l'Europa troppo assente e troppo tentennante in queste settimane.
In conclusione, c'è un chiaro interesse nazionale per l'Italia, c'è un chiaro interesse nazionale per l'Europa: la stabilità, lo sviluppo e la democrazia in Libia e in tutto il Mediterraneo.
Per questo motivo la componente del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia sostiene l'iniziativa promossa dalla coalizione in queste ore e con la risoluzione comunemente presentata da tutto il terzo polo insieme al Partito Democratico autorizza il Governo a fare quanto necessario, tutto il possibile, per rispettare - io lo ritengo un fatto storico, lo voglio ancora sottolineare: l'unanimità nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - quanto previsto dalla risoluzione 1973 dell'ONU, cioè protezione dei civili, stabilizzazione e pacificazione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, innanzitutto mi sia concesso deplorare l'assenza del Presidente del Consiglio a questo incontro con il Parlamento.
Piaccia o non piaccia, stiamo facendo un'azione di guerra. Chiamiamola pure azione di pace, ma questa azione è fatta con armi e bombe. Il fatto che il Presidente del Consiglio non senta il dovere di venire in Parlamento e di assumersi la responsabilità di ciò che stiamo facendo davanti al Paese lo fa diventare non il Presidente del Consiglio, ma dimostra che è un coniglio (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).
Ciò premesso, il gruppo Italia dei Valori si riconosce nella risoluzione 1973 dell'ONU perché per la prima volta, in un'azione di guerra effettiva, c'è stata una decisione dell'unico riferimento di Governo mondiale che abbiamo. E se riconosciamo l'importanza dell'ONU, abbiamo il dovere di seguirne le indicazioni e le disposizioni.
Per la prima volta dopo l'Iraq, il Kosovo, e l'Afghanistan l'ONU ha deciso direttamente e quindi c'è una legittimazione giuridica. Ma l'ONU ha indicato anche un compito circoscritto che è racchiuso nelle parole di Obama: salvare vite umane. È questo e solo questo il compito, non di decidere di ammazzare Gheddafi piuttosto che di tifare per l'una o l'altra parte della popolazione. Noi dobbiamo tifare per tutta la popolazione sia che sia pro Gheddafi o contro Gheddafi, ma nessuno deve essere ammazzato, se non per salvare vite umane (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).
Che ci siano indubbie ragioni umanitarie che rendono obbligatorio l'intervento dell'ONU mi pare sia sotto gli occhi di tutti. Ricordo cosa disse Gheddafi poche ore prima dell'intervento. Gheddafi di fatto aveva deciso di distruggere una parte del suo popolo, aveva scagliato i suoi soldati contro il suo popolo, aveva ordinato loro di andare a massacrare Bengasi e una parte della Libia.
Rispetto a tutto questo, non si può stare a guardare. Quindi, è vero che ci sono molti altri interessi, anche non confessabili, per cui si è voluti andare in Libia, ma non c'è dubbio che le ragioni umanitarie c'erano e ci sono e per questa ragione c'è la legittimazione. Pag. 16
Qualcuno dirà, anche noi tra questi, perché non in Ruanda, Yemen e Cambogia. La domanda è appunto questa: perché no? Ma non è che, siccome non interveniamo mentre ammazzano da un'altra parte, ciò rende legittimo ammazzare da questa parte. Il fatto che non si debba ammazzare da nessuna parte non giustifica che si debba chiudere gli occhi sempre, semmai si deve aprirli anche per le altre regioni dove ci sono queste situazioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Ma qual è il merito della soluzione ONU? Ha stabilito che non bisogna permettere agli aerei di andare a bombardare, che bisogna proteggere Bengasi e la popolazione, che bisogna intervenire anche con l'embargo e il blocco dei beni, che bisogna stabilire un corridoio umanitario.
Queste e solo queste sono le ragioni che hanno indotto a sottoscrivere una risoluzione unitaria tutte le forze responsabili dell'opposizione, che hanno ascoltato le accorate parole del Capo dello Stato. Lui sì che ci ha messo la faccia, mentre doveva mettercela il Presidente del Consiglio, che da coniglio è scappato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Cosa chiediamo? Chiediamo un cessate il fuoco immediato, una mediazione politica immediata e la Corte internazionale de L'Aia per Gheddafi. Non è che chiediamo di radere al suolo tutto ciò che è di sua proprietà, perché così finalmente sfoghiamo i nostri istinti più barbari.
Qual è l'azione del Governo che noi contestiamo? Nel Governo regna la confusione. Mi permetto soltanto di evidenziare alcune anomalie: Maroni, Ministro dell'interno, dice: «Allarme terrorismo»; Franco Frattini, Ministro degli affari esteri, dichiara: «In Italia nessun pericolo terrorismo». Fatevi a capire! Il Cavaliere ha risolto il problema. Berlusconi dice: «Sono stato informato poco e male». In Italia e nel nostro Governo regna sovrana la confusione.
Potrei allungare il mio discorso su questo tema in modo molto più ampio, ma certo è che il comportamento del Governo è passato da un eccesso all'altro, soprattutto quello di Berlusconi, che prima si è messo a giocare a fare il giullare, il guascone, a giocare ai cavalli, a giocare a «gheddafine» con Gheddafi e adesso dice che egli è un criminale. Prima non l'aveva visto, prima gli faceva comodo. Egli gioca con il suo ruolo, egli non ha il senso della responsabilità delle funzioni di Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Egli pensa che fare il Presidente del Consiglio sia come stare nel sottoscala di Arcore con il bunga-bunga. Questa è una cosa vergognosa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Berlusconi ha scelto il cavallo sbagliato, ma anche lei, Ministro Frattini, che è venuto qui a riferire. Lei, il 18 gennaio 2011, ha indicato Gheddafi, per distinguere le altre situazioni nel Medio Oriente, come modello del riformismo arabo. Alla faccia del modello del riformismo arabo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Ma lei fa il Ministro degli affari esteri o fa il giullare insieme a Berlusconi?
Ecco perché noi riteniamo che questo doppiogiochismo e che questa ipocrisia abbiano mietuto una prima vittima: la verità.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Lei Ministro Frattini non fugga via, si assuma le responsabilità di fronte a un gruppo politico che sta in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, stia seduto.

ANTONIO DI PIETRO. Il Paese deve sapere che, mentre una forza dell'opposizione in questo Parlamento esprime le sue idee sul comportamento di questo Governo, il Presidente del Consiglio non Pag. 17c'è e il Ministro degli affari esteri Frattini, dopo aver recitato una poesia, è scappato via, mentre il Ministro della difesa La Russa è venuto qui a ripetere pari pari il discorso fatto al Senato, scambiando i deputati con i senatori. Ecco qual è il rispetto che questi signori del Governo hanno del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Lo sappia il Paese.
È un Governo che non c'è, un Governo in confusione, che gioca con la pelle degli altri e anche con la vostra e la nostra.

AMEDEO LABOCCETTA. Provocatore!

ANTONIO DI PIETRO. Per questo noi chiediamo che il Governo assuma almeno la responsabilità e pretenda, non chieda, dagli altri Paesi dell'Unione europea che i flussi migratori siano distribuiti equamente. Ministro degli affari esteri che è scappato via, secondo coniglio di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di usare un linguaggio che sia consono a quest'Aula.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, è fuggito via! E il rispetto verso di noi?

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, chi prende la parola ha il dovere di usare un linguaggio consono a quest'Aula. Chi esce dall'Aula si assume la responsabilità di quello che fa, ma non si tratta di due comportamenti paragonabili fra di loro. La prego, per l'ennesima volta, di usare un linguaggio rispettoso dei colleghi e dell'Aula in cui si trova.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente della Camera, io ritengo che un Presidente del Consiglio che non si presenta in Aula e un Ministro degli affari esteri che se ne va mentre parla un rappresentante delle istituzioni sia un comportamento da conigli, e lo ribadisco (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, non è questa l'espressione che la Presidenza le contesta. Proceda.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, prendo atto che lei la pensa come me su questo. Avremmo voluto dire al Ministro Frattini che non deve giocare con i flussi migratori. Vi sono due flussi migratori: una cosa sono i profughi e un'altra sono gli immigrati. I 15 mila immigrati della Tunisia non devono essere usati per giustificare ciò che avviene a Lampedusa, dicendo che sono profughi e che vi è la vicenda libica. Non c'entra niente! È una furbata di questo Governo, che lo sta facendo apposta per far passare in secondo piano ciò che sta facendo in Libia.
Noi riteniamo che il Trattato di amicizia tra Libia e Italia debba essere sospeso. Ministro Frattini che non c'è più - mi sono limitato a questo - lei ha detto che, a norma dell'articolo 103 della Carta dell'ONU, di diritto il Trattato di amicizia tra Italia e Libia non vale più. È vero, a norma dell'articolo 103 non vale più, ma questo deve essere notificato, deve essere presa una posizione diretta. Noi chiediamo che il Parlamento approvi una mozione in cui si dica che sospendiamo la validità di questo Trattato con il Governo libico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Il fatto che non volete che si approvi una risoluzione in cui il Parlamento chieda al Governo di impegnarsi a notificare al Governo libico il fatto che con esso non vuole più avere a che fare dimostra solo una cosa: il recondito pensiero di mantenere con quel Governo un filo conduttore, per poter, semmai Gheddafi dovesse rimanere al Governo, ancora continuare a fare i propri affari.
Allora, sappiano gli italiani che Berlusconi in tutti questi anni, sia da privato cittadino sia da rappresentante del Governo, ha legittimato il criminale Gheddafi. Pag. 18Come tale, proprio in relazione al fatto che questo Governo non riesce ad avere una posizione unitaria nei confronti della crisi libica, a nostro avviso egli non ha più la motivazione e la reale possibilità di stare al Governo. Ecco perché insistiamo nel dire che prima va a casa e meglio è (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di tutto vorrei chiedere scusa agli italiani per lo spettacolo forse indecoroso che stiamo dando oggi, perché su un problema così importante della politica estera non dovrebbero accadere queste cose (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Onorevoli colleghi, la risoluzione, oggi in discussione e che andiamo ad approvare, è un atto importante, che si inserisce con coerenza nel solco della risoluzione ONU n. 1973, la quale prevede appunto un intervento finalizzato alla protezione dei civili, attraverso la creazione della no fly zone, e che autorizza gli Stati membri a prendere tutte le misure necessarie alla difesa dei civili.
Un'azione, quella prevista dalla risoluzione ONU che ha visto la partecipazione, oltre che degli Stati Uniti, anche dei più importanti Stati europei e anche addirittura di quelli arabi. Una decisione non facile, ma inevitabile, dal momento che si rischiava di assistere inermi alla repressione durissima e sanguinosa dei ribelli da parte di Gheddafi. L'Italia ha aderito con coerenza all'adesione e alla partecipazione a tale risoluzione, facendo anche attenzione agli interessi del nostro Paese in un quadro di tutela della necessaria stabilità nell'area del Mediterraneo. Basti pensare che dalla Libia all'Italia arriva oltre il 25 per cento del gas naturale e circa il 15 per cento del petrolio. Non si tratta quindi di un'azione ostile, perché è un'azione tesa ad evitare un bagno di sangue, una azione che deve rimanere all'interno delle prescrizioni della citata risoluzione ONU.
Purtroppo, però, dobbiamo prendere atto, effettivamente, che in questi ultimi giorni le operazioni militari europee contro la Libia hanno preso una via che non è certamente quella contemplata dalla risoluzione e, infatti, alcuni tra i maggiori Paesi del pianeta stanno chiedendo un immediato stop dei bombardamenti ed un ripristino dei contorni definiti dalla risoluzione. In questo senso si sono espressi il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, la Nahdlatul Ulama (la più importante organizzazione islamica dell'Indonesia), la Cina, il Brasile, la Russia, l'India, l'OUA e la Turchia. Nella stessa Europa Germania, Francia e Gran Bretagna non hanno ancora posizioni concordi, così come non è del tutto chiaro il dialogo tra Mosca e Washington.
Detto ciò, noi siamo convinti che sia dovere dei Paesi liberi soccorrere i cittadini dei Paesi non del tutto liberi, minacciati di morte e soggetti a regimi totalitari. Tuttavia, signor Ministro, i bombardamenti devono cessare. Abbiamo gridato allo scandalo quando si parlava di presunti bombardamenti delle truppe di Gheddafi sui ribelli della Cirenaica ed ora noi rischiamo di recitare la parte di quelli che bombardano i civili libici di Tripoli. È questa davvero una situazione a dir poco surreale, se non fosse profondamente tragica e feconda di brutali conseguenze.
Ecco perché, con piena convinzione, noi del gruppo Iniziativa Responsabile confermiamo il nostro sostegno assoluto al Ministro Frattini, che giustamente richiede il passaggio delle operazioni in mano NATO al fine di garantire un comando ordinato delle operazioni e al fine di evitare che si vada in ordine sparso, cosa del tutto inaccettabile anche in considerazione del fatto che i bombardieri stanno usando le nostre basi e il nostro territorio sui quali, fino a prova Pag. 19contraria e nel rispetto degli obblighi internazionali, vige ancora la nostra sovranità, signor Ministro.
Noi chiediamo con decisione e con insistenza uno sforzo totale del nostro Governo e della nostra diplomazia affinché si torni al dialogo e al compromesso, insomma all'arte diplomatica, l'unica in grado di fermare le armi. L'uso delle armi deve rimanere sempre un'ultima disperata azione, e non certamente la priorità.
Proprio coscienti di quanto abbiamo detto, noi di Iniziativa Responsabile nella prima settimana di marzo avevamo chiesto al Governo di recitare un ruolo forte in chiave diplomatica per scongiurare l'attacco vero e proprio. Purtroppo, non si è stati in grado di fermare la macchina della guerra, una macchina che, come tutti sanno, una volta messa in moto è difficile da fermare. Noi, proprio noi, l'Italia, abbiamo chiesto questo e devo ammettere che eravamo pronti a spostare sul piano dei negoziati l'azione delle cancellerie e rubare tempo e spazio alle armi. Purtroppo, quel tempo e quello spazio, certamente non per colpa degli italiani, cari onorevoli, sono stati presi proprio dalle armi, che oggi vi sono lungo le strade della Libia, con tutto il loro carico di morte.
In Tunisia e in Egitto hanno trovato sbocchi positivi per le aspettative popolari le rispettive situazioni. In Libia, purtroppo, la situazione è mutata ed è molto diversa e complessa. Noi, cari onorevoli, conosciamo bene il Paese libico, quello stesso Paese e quello stesso leader politico con il quale - dopo una decennale attività diplomatica, che ha visto coinvolte tutte le parti politiche che hanno governato il nostro Paese negli ultimi trent'anni - abbiamo nell'agosto del 2008 firmato un Trattato di amicizia, di partenariato e cooperazione - questo è vero - che disponeva però soprattutto in materie nel settore della difesa e dell'energia. A nostro parere, non dobbiamo rinnegare quel Trattato che per noi, onorevoli colleghi, oltre ai contenuti, rappresentava un ramoscello d'ulivo offerto al regime libico. Ancora oggi noi riteniamo di dover sperare di riprendere i temi del Trattato con un Paese che speriamo esca più democratico e libero da questa fase storica.
La situazione chiaramente impone delle riflessioni e delle azioni concrete strettamente connesse agli eventi che vogliamo riportare al Governo. In primo luogo, è necessario porci il problema della nuova classe politica che si sta organizzando in Libia. Noi chiediamo alla nostra diplomazia di cercare di sapere, con la massima certezza e accuratezza di analisi, chi sono i ribelli e i leader del Consiglio nazionale provvisorio. Insomma, è necessario rendersi conto di quali forze nel post bellico saranno alla guida del Paese che si trova di fronte all'Italia sull'altro lato del Mediterraneo.
Sempre nel pieno rispetto della popolazione libica, chiediamo al Governo e alle autorità competenti di intervenire per garantire il massimo livello possibile di sanità e di sicurezza alimentare sul territorio libico. In questo senso, dobbiamo dare il massimo delle nostre capacità e davvero rivendicare quel ruolo di pace e solidarietà che sono in grado di dare le nostre capacità umane. Iniziamo a disporre di vere task force che possono intervenire negli ospedali libici.
Con la stessa decisione, però, esigiamo cooperazione dall'Europa per la gestione dell'afflusso dei profughi. Non è possibile, e lo diciamo a chiare lettere, che da un lato le operazioni militari in corso siano compiute a raggio europeo, e che dall'altra parte le attività di soccorso siano lasciate al Paese più prossimo al conflitto, cioè l'Italia. La stessa solidarietà deve essere dimostrata - e devo prendere atto di come ciò stia accadendo - tra tutte le regioni italiane perché in questi momenti tragici l'Italia deve dare prova di unità.
Non ultimo, anzi, ma in modo sostenuto e continuativo, con la risoluzione in esame chiediamo al Governo, nel rigoroso rispetto della risoluzione dell'ONU, di intraprendere tutte le iniziative diplomatiche che ritenga necessarie per far cessare le ostilità. In questo modo riprenderemo Pag. 20quel ruolo di leadership che ci compete e che tutto il mondo ci ha sempre riconosciuto nella politica estera.
Un ultimo, invito onorevoli colleghi, al Parlamento: ricordiamo che la compattezza di una nazione si esplicita attraverso la condivisione dei temi della politica estera. Oggi abbiamo una possibilità, a prescindere dalle appartenenze partitiche. Ecco perché noi voteremo a favore di questa risoluzione e vi invito ancora a dare prova di essere una grande nazione, un vero grande popolo, uscendo uniti e compatti, di fronte agli italiani, da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, voglio ringraziare i Ministri Frattini e La Russa per le loro comunicazioni ma ciò detto, ritengo che la scelta del Presidente del Consiglio di non venire direttamente in Aula sia sbagliata e grave. Vedete, gli italiani possono conoscere per filo e per segno quale sia la posizione non solo del Governo ma del Primo Ministro britannico in persona, basta che vadano su Internet: sul sito del Parlamento inglese ci sono le parole che David Cameron ha pronunciato nell'Aula di Westminster parlando e dialogando con l'opposizione. Noi, per sapere cosa pensa, signor Ministro, direttamente non solo il Governo, ma il Presidente del Consiglio dobbiamo rifarci a qualche scampolo di conversazione telefonica trascritta sui giornali. Non so perché questo avvenga, signor Ministro, signor Presidente, non so se la ragione di questa assenza sia la difficoltà a spiegare quello che è successo negli ultimi mesi o sia qualche machiavellica pensata sul fatto che il silenzio di oggi possa dare spazio a mediazioni future.
Io credo che oggi la politica dell'assenza sia una politica sbagliata, una politica vecchia, anche perché questo è il momento in cui guardandoci negli occhi dobbiamo tutti cercare un'unità di intenti nell'interesse della Repubblica, e dobbiamo farlo senza reticenze e senza pregiudizi. Quello che accade in Libia è legato a quanto sta accadendo in tutto il Mediterraneo meridionale. Dall'Egitto al Marocco vivono 160 milioni di donne e uomini che hanno un'età media inferiore ai 25 anni. Se vogliamo che l'immigrazione dalla sponda sud a quella nord del Mediterraneo sia governabile e governata seriamente innanzitutto dobbiamo smettere di fare speculazione politica sui corpi di quegli uomini, di quelle donne, di quei bambini che partono dalla disperazione, che lasciano la guerra, e che arrivano certo creando una situazione drammatica per una piccola isola come Lampedusa. Cinquemila sfollati sono un dramma per Lampedusa, non possono diventare un dramma per un grande Paese come l'Italia. Dobbiamo scommettere sull'evoluzione politica di quei Paesi anche avendo in mente il governo dell'immigrazione, e non dobbiamo farlo per idealismo, ma per un consapevole realismo.
È una popolazione giovane, sempre più istruita, informata, impaziente, che non si rassegna alla schiavitù politica ed alla marginalità sociale. L'occidente e l'Europa grazie ai media di massa, alla TV satellitare, a Internet e ai telefonini, hanno insegnato anche a questi giovani il gusto della libertà ed essi non vi rinunceranno. Nessuno può essere così ingenuo da pensare che queste rivoluzioni siano un'ampia e sicura porta di accesso alla democrazia e alla libertà. Dipenderà anche da noi se quelle speranze in un modello vicino al nostro saranno realizzate oppure no, ma questi giovani sono la classe dirigente del futuro di quei Paesi a noi confinanti e con loro dovremo dialogare. Quando la bandiera francese è sventolata a Bengasi abbiamo capito che non era un'operazione vista come un'operazione neocoloniale. Qualcuno ha storto il naso perché c'era la bandiera francese, e ha detto: chissà cosa ci sarà dietro. Io mi sono rammaricato perché non sventolava il tricolore italiano su quei pennoni a Bengasi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per Pag. 21l'Italia), e spero che presto i rivoltosi della Libia possano sventolare anche la bandiera italiana.
Il nostro futuro per quel che riguarda la sicurezza, anche contro il terrorismo, dipende da quello che succederà in quei Paesi. La nostra sicurezza, anche per quanto riguarda gli interessi economici, la nostra sicurezza anche per quanto riguarda il petrolio dipende dall'evoluzione politica libera di quei Paesi. Non dobbiamo più avere tiranni amici e se ancora ci saranno tiranni a governare quei Paesi saranno i nemici del loro popolo e dovranno essere anche i nostri nemici. La risoluzione dell'ONU ha autorizzato l'uso della forza per impedire l'annientamento militare e fisico di chi si ribellava a Gheddafi. Per questo non è un'ipocrisia riconoscerne il carattere umanitario, sapendo che è una missione militare, che speriamo venga ricondotta ad un unico comando alla NATO, e rispetto alla quale temiamo che ci possano essere invece divisioni.
L'assenza dell'Europa spaventa. Abbiamo di nuovo fallito come europei. Dobbiamo lamentarcene, ma soprattutto dobbiamo tutti quanti occuparcene perché possibilmente venga il giorno in cui nelle crisi internazionali ci sia l'Unione europea con forza e credibilità. Sarebbe stata una vergogna se Gheddafi fosse entrato a Bengasi. È bene che qualcuno sia partito, può dispiacerci che sia partito prima, può dispiacerci che non ci abbia informato, ma ha fatto la cosa giusta: ha fermato il massacro dei libici. Si dice che Gheddafi non è l'unico dittatore. È vero, è una cosa giusta, ma questo non può diventare un alibi per impedire di intervenire laddove ci sono i nostri interessi, laddove noi siano stati amici. Fermiamo Gheddafi, faremo l'interesse dei giovani libici, faremo anche l'interesse dell'Italia e l'interesse economico futuro dell'Italia e delle aziende che lì lavorano. Si dice: ma lì c'è il petrolio. In Serbia non c'era il petrolio. Quell'intervento armato di liberazione è stato molto contestato anche da molti politici che oggi siedono in questi banchi.
Oggi la Serbia è un Paese libero che chiede - e mi auguro otterrà - di entrare nell'Unione europea. Lì il petrolio non c'era, c'era una causa umanitaria da combattere. Non è sbagliato difendere gli interessi economici italiani in Libia ed altrove; non è sbagliato avere paura che altri Paesi prendano le posizioni che, oggi, noi abbiamo anche sul petrolio e sul gas. È sbagliato affidare gli interessi economici italiani ed un vecchio tiranno che, da oltre quarant'anni, comanda con la violenza. È questo l'errore che abbiamo fatto e che non dobbiamo ripetere. L'errore che paghiamo non è stata la trattativa con la Libia, non è stato l'accordo, ma è stata l'amicizia con Gheddafi. Non è stato il negoziato economico e strategico; la legittimazione e la dignità di Gheddafi, questo è stato il nostro errore. Berlusconi ed il suo Governo non si sono limitati a dire che con Gheddafi occorreva trattare, ma hanno affermato urbi et orbi che di lui ci si poteva fidare. E l'hanno fatto, l'abbiamo fatto, signor Ministro Frattini, senza chiedere nulla in cambio. Pochi mesi fa, in quest'Aula, non siamo stati capaci di impegnare il Governo affinché Gheddafi riaprisse l'Ufficio per i rifugiati dell'ONU. Nemmeno questo abbiamo avuto il coraggio di chiedere. Ora dobbiamo confermare la scelta di campo nel massimo di unità e spirito repubblicano, dobbiamo fermare Gheddafi, riconoscere come interlocutori di una nuova Libia unita gli uomini e le donne del Consiglio nazionale di transizione e dichiarare sospeso - ho ascoltato le sue parole, signor Ministro Frattini - il Trattato di amicizia, magari enunciandolo esplicitamente.
Le incognite ed i rischi, la inevitabile violenza che si accompagna ad ogni intervento armato, anche con finalità di natura umanitaria, non ci lascia indifferenti, anzi, ma c'è un tempo in cui bisogna scegliere. Noi abbiamo scelto di sostenere il nostro Paese ed il nostro Governo e le richieste di libertà del popolo libico. Il Governo partecipi alla missione senza riserve mentali e politiche e senza pensare, come molti puerilmente sostengono, che tutto quello che è successo in Libia dipende dai nostri Pag. 22concorrenti, che vorrebbero farci le scarpe per il petrolio, come se tutto si potesse ridurre ad una guerra fra la Total e l'ENI. Il modo migliore per superare ed espiare le colpe del nostro passato coloniale è accompagnare, sotto l'egida dell'ONU, con i nostri alleati della NATO, il popolo libico verso il rispetto dei diritti umani, la libertà, le riforme politiche, verso la democrazia, non nascondere la gravità della situazione, non nascondere i nostri errori. Per questo noi abbiamo sottoscritto e voteremo la risoluzione adottata presso le Commissioni venerdì scorso che dà un mandato pieno al Governo perché agisca con gli alleati, con la NATO, per dare adempimento alla risoluzione dell'ONU. È un mandato pieno, ogni parola aggiunta è inutile e controproducente (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, da quando sono parlamentare - e, purtroppo per me, non è da pochissimo tempo - non mi ricordo nessun dibattito in cui l'opposizione non abbia chiesto la presenza del Presidente del Consiglio. Pertanto, oggi, chiedere la presenza del Presidente del Consiglio potrebbe essere un fatto rituale, formale, come facciamo sempre. Eppure, signor Presidente, non è così. Nella storia dei Paesi, nella vita delle nazioni, chi guida mette la sua faccia nei momenti facili e in quelle difficili, nella bella e nella cattiva sorte. Oggi, o ieri al Senato, questo Paese, non quest'Aula, ma questo Paese, meritava la presenza del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico, Futuro e Libertà per l'Italia e Italia dei Valori) perché non si può stare al Governo, guidare il Paese, e far prevalere tatticismi. Naturalmente, questo nulla toglie ai due ottimi Ministri, Frattini e La Russa, con cui noi non abbiamo assolutamente niente a che ridire perché hanno fatto il loro dovere.
Secondo punto: siamo in guerra, non siamo in guerra? Secondo noi, la scelta è inevitabile. Qui c'è Massimo D'Alema, che parlerà dopo. Qui ci sono i governanti che hanno portato questo Paese in Afghanistan, dal Kosovo all'Afghanistan, alla Libia. Qui c'è un'Aula che non ha alcuna voglia di fare la guerra, nessuno di noi ha voglia di fare la guerra perché la nostra Costituzione, la nostra Repubblica si basa sulla ricerca della pace. Pertanto leviamo via i finti problemi che vengono evocati da chi vuole costruirsi su queste vicende drammatiche facili vantaggi propagandistici. Qui si sta parlando di una scelta inevitabile. Stiamo intervenendo in un Paese dove Gheddafi era pronto a fare e stava attuando epurazioni etniche, massacri civili di chi si era ribellato al suo regime. Bene hanno fatto Vernetti ed altri colleghi a ricordarlo.
Ma noi - è la domanda che mi voglio fare oggi - siamo consci delle ragioni per le quali stiamo intraprendendo quest'azione? Questa è la domanda di fondo che non mi sembra abbia delle risposte molto chiare. La Comunità internazionale si è mossa tardi e male. C'è confusione di ruolo nella catena di comando; ci sono polemiche che non fanno onore alla coalizione che ha intrapreso a livello internazionale questa strada; c'è un protagonismo francese fuori luogo. Diciamo la verità, lo possiamo dire anche in Parlamento, è inutile che lo dicano solo i giornali. C'è un protagonismo francese che non è del tutto estraneo a quelli che possono essere interessi che nulla hanno a che fare con la nobile politica. Ci sono preoccupazioni per il futuro. Colleghi della Lega, ci sono preoccupazioni, giustamente da voi evocate, anche per i flussi migratori ed è giusto che l'Europa si assuma questa responsabilità di non lasciarci soli, esattamente come noi non possiamo lasciare sola l'isola di Lampedusa perché non possiamo applicare a Lampedusa il teorema che l'Europa rischia di applicare all'Italia.
Ci vuole una solidarietà ma noi, Ministro Frattini - ho condiviso la sua relazione ma voglio rivolgerle una domanda - Pag. 23siamo chiari o siamo confusi anche noi? Poiché vediamo che l'azione è confusa a livello internazionale, lo scenario non è limpido: noi siamo chiari o siamo confusi anche noi? Non riesco sinceramente a simpatizzare con i dittatori: Milosevic, Gheddafi, Saddam. Capisco che la realpolitik ci porta a parlare con loro, ma non riesco a simpatizzare con loro. Ebbene qui siamo passati, questo Paese l'Italia, il nostro Paese è passato nel giro di qualche mese dai baci a Gheddafi, alla condanna a Gheddafi che doveva uscire di scena al dispiacere per quello che capita a Gheddafi: ma quale messaggio arriva all'opinione pubblica? È un vorrei ma non posso, è essere là, ma con il cuore affranto, è mandare i militari ma impegnarsi a non sparare, salvo poi dire che se bisogna sparare è necessario che lo facciano anche gli italiani. Basta leggere i giornali di destra.
Se gli umori sono questi, chiedo ai colleghi del Governo, ma se gli umori sono questi perché non avete avuto il coraggio della signora Merkel e non avete detto di «no» a questa azione? So l'obiezione che mi potrebbe venire da voi e la precedo: sì, noi siamo però indispensabili perché siamo davanti alla Libia. Non possiamo fare quello che fa la signora Merkel. Ci sono le basi ma, colleghi della maggioranza, chi lo dice che le nostre basi sono indispensabili? Dalla Corsica a Creta, alle unità navali le nostre basi servono a molto meno di quello che facciamo finta di credere o che vogliamo far credere all'opinione pubblica. E Gheddafi è un ingombro, come ha detto giustamente Frattini questa mattina, o qualcuno magari che preferisce dare interviste ai giornali piuttosto che venire in Parlamento lo può ritenere ancora un interlocutore con cui avviare trattative?
Onorevoli colleghi, c'è una gran confusione - lo scrivono i giornali, lo evocate voi ed è vero - fuori dal nostro Paese, ma c'è anche nel nostro Paese, ci sono troppe riserve mentali, ci sono troppi «vorrei ma non posso, faccio una cosa ma penserei che sarebbe meglio farne un'altra». Tuttavia, noi che siamo un partito di opposizione, non disponibile ma responsabile - perché c'è distinzione fra la disponibilità e la responsabilità: noi siamo responsabili ma non disponibili (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro) -, assieme ai colleghi del PD ed altri colleghi, noi come polo nuovo della nazione, con gli amici di Futuro e Libertà, MPA, Liberaldemocratici, API, proponiamo la stessa risoluzione che abbiamo assieme, tutti assieme votato. Infatti, l'immagine di ieri al Senato - diciamo la verità - non è stata bellissima e francamente io mi sarei aspettato che la maggioranza non cercasse di mettere assieme le sue contraddizioni in un documento unico, ma cercasse con più forza un documento unitario, perché andare in ordine sparso oggi, in questo momento, significa indebolire il ruolo dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Allora noi vogliamo che su questa proposta di delibera delle Commissioni, che è già stata votata, vi sia di nuovo un impegno unitario.
Onorevoli colleghi, come ultima considerazione voglio riprendere ciò che diceva Della Vedova adesso: che cosa sta capitando nel Maghreb? La rivoluzione dei giovani tunisini, dei giovani egiziani, quelli magari disperati per la fame o per la disoccupazione ma che vanno su Internet e la rivoluzione di Bengasi hanno qualcosa di fanatismo islamico? Hanno qualcosa di estremismo antioccidentale? Abbiamo forse visto bandiere israeliane bruciate? Abbiamo forse visto bandiere americane bruciate? Nulla di tutto questo: è una grande rivoluzione di popoli, con tutte le loro contraddizioni di etnie, che si ribellano alla ferocia della dittatura (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Futuro e Libertà per l'Italia) che per real politik noi - tutti noi, non solo il Governo - abbiamo assecondato in questi anni.
Oggi come Parlamento, come nazione e come Italia possiamo mandare un messaggio orgoglioso, sereno e fermo, un messaggio imperniato su valori comuni, che sono i valori della condivisione, dei diritti delle donne, dell'emancipazione dei popoli. Pag. 24Questa è la grande potenzialità di quelle rivoluzioni, che il leader Gheddafi non potrà capire mai, circondato dalle sue ricchezze, dalle sue amazzoni, da tutto quel circo che ha costruito in questi anni e che è distante mille miglia dalle aspirazioni di quei popoli.
Noi stiamo con questa gente. L'Italia deve stare con la sua tradizione, la sua storia, i suoi valori e la sua libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico, Futuro e Libertà per l'Italia, Misto - Alleanza per l'Italia e Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente e colleghi deputati, la Lega Nord ha dimostrato e sta dimostrando coerenza con se stessa e con la propria storia. A noi della Lega questo intervento militare non è mai andato troppo a genio. Abbiamo condiviso le posizioni della Germania e lo abbiamo detto con le lungimiranti parole del Ministro Bossi, che è stato il primo. Poi sulle nostre posizioni sono arrivati in tanti, sia nel nostro Paese sia all'estero. Lo abbiamo anche manifestato non partecipando al voto della settimana scorsa nelle Commissioni esteri e difesa, che di fatto ha autorizzato il nostro Paese ad aderire alla coalizione che sta facendo rispettare la risoluzione n. 1973 dell'ONU a sostegno della popolazione libica e per garantire una no fly zone sul loro territorio.
Oggi siamo qui però in quest'aula perché alla decisione di intervenire in una missione militare, con tutti i rischi che ciò comporta, deve corrispondere un'assunzione di responsabilità davanti a tutti i cittadini e noi siamo qui per farlo con estrema chiarezza e con il duplice obiettivo di mantenere saldi e forti i legami e le alleanze con i partner europei e con gli Stati Uniti d'America, ma al contempo di tutelare gli interessi dei nostri cittadini.
La grave situazione del Mediterraneo richiede a tutti noi un grande senso di responsabilità, un'attenzione alle esigenze vere del nostro Paese, che sono, poi, le esigenze dei nostri cittadini, delle nostre famiglie e delle nostre imprese.
La nostra storia e la nostra coerenza dimostrano che la pace per noi non è una parola vuota e oggi si aggiungono motivi seri di preoccupazione che abbiamo chiesto al Governo di affrontare. Quali sono questi motivi di preoccupazione? Sono fondamentalmente quattro: gli equilibri internazionali, il rischio profughi e l'emergenza umanitaria che si possono venire a creare, l'aumento del numero dei clandestini e le questioni dell'energia e del petrolio.
Abbiamo chiesto e ottenuto - e di questo ringraziamo il Presidente Berlusconi e tutto il Governo - che il nostro Paese si muova per evitare i rischi connessi a queste preoccupazioni. La nostra risoluzione presentata oggi contiene risposte a questi dubbi e sarà utile per evitare ulteriori problemi al nostro Paese in un momento in cui davvero non ne abbiamo bisogno.
Noi chiediamo innanzitutto il rispetto integrale della risoluzione dell'ONU in tutte le sue particolarità ed articolazioni. Lo ripeto: in tutte le sue particolarità ed articolazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Infatti, solo in questo modo, si può garantire la tenuta di quel non dissenso internazionale che si è manifestato nell'approvazione della risoluzione. Si eviteranno, cioè, tensioni pericolose sia con i Paesi della Lega araba sia con quelle superpotenze - Russia e Cina - che erano già critiche sulla missione.
Alla luce di una situazione confusa e pericolosa che vede sempre pronta la minaccia terroristica, un atteggiamento di cautela e di grande prudenza è un dovere per il nostro Governo e per il nostro Paese. Infatti, è sotto gli occhi di tutti che la situazione del Mediterraneo e del Medio Oriente è sempre in ebollizione. Un intervento armato dei Paesi occidentali, certamente, non aiuta la stabilità e la pace di Pag. 25quella regione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). E, forse, purtroppo, a riprova della correttezza delle nostre preoccupazioni, proprio ieri, a Gerusalemme, si è visto il primo attentato terroristico dopo cinque anni.
Oltre a queste preoccupazioni, che sono state condivise e hanno trovato modo di esprimersi negli impegni previsti nella risoluzione, abbiamo chiesto ed ottenuto che la situazione umanitaria venga considerata da tutti i Paesi dell'Unione europea. Non è accettabile che dobbiamo farci carico noi da soli di una marea di profughi che potrebbero arrivare sulle nostre coste (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). L'Europa, se vuole essere non la solita Europa dei burocrati e dei finanzieri, ma l'Europa dei popoli, non può far finta di nulla e non collaborare a questi problemi. Noi vogliamo un impegno economico da parte dei Paesi nostri alleati per l'emergenza umanitaria sul posto: aiutiamoli a casa loro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Vogliamo, inoltre, che il blocco navale funzioni anche per impedire gli sbarchi. E vogliamo ancora che, se gli sbarchi avverranno comunque, tutti i Paesi si facciano carico di quelli che sono davvero rifugiati politici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Al riguardo, vogliamo chiarire un equivoco, perché anche se non è politically correct bisogna dirlo: quelli che stanno arrivando, e molti di quelli che arriveranno, non sono rifugiati politici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Oggi, coloro che sono sbarcati - quasi mille nelle ultime ventiquattro ore - non sono rifugiati politici: sono immigrati clandestini, spesso tunisini in cerca di lavoro. Lavoro che, nel nostro Paese, oggi, purtroppo, non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Pertanto, diciamolo chiaramente: noi non possiamo accoglierli, non ce lo possiamo permettere.
Infine, l'energia, il gas e il petrolio che importiamo in grandi quantità dalla Libia. Su questo tema, non possiamo accettare il destino a cui il nostro Paese sembrava rassegnato: agli altri Paesi il petrolio e a noi gli immigrati clandestini. Noi non ci stiamo, a noi questo non va bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Nella risoluzione che abbiamo presentato oggi, firmata anche dai colleghi Cicchitto, Sardelli e altri, che ci accingiamo ad approvare, ricomprende le risposte a questi problemi che abbiamo sottolineato e, per questo motivo, annuncio il nostro voto favorevole. Tuttavia, lancio anche un appello alle opposizioni, perché è utile che su questi temi il nostro Paese sia compatto: deve arrivare forte agli altri Stati e agli altri Paesi la nostra posizione e la difesa dei nostri diritti.
Mi rivolgo all'onorevole Franceschini, all'onorevole D'Alema, all'onorevole Donadi e a tutti gli altri delle opposizioni: nei fatti, noi vogliamo dimostrarvi la nostra responsabilità, il nostro realismo e la nostra concretezza.
Noi non condividiamo alla virgola la vostra risoluzione, non ne condividiamo le premesse e il dispositivo è in gran parte ricompreso nella nostra che è più esplicita, ma l'interesse del Paese è quello di mostrarsi uniti, coerenti e coesi nel difendere i nostri diritti. Per questo, superando i motivi di divisione, voteremo a favore anche della vostra risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La vostra risoluzione è molto semplice, è molto generica, la nostra contiene invece impegni più precisi, dettagliati, che difendono i diritti dei nostri cittadini, delle nostre famiglie e delle nostre imprese. Quello che ci interessa è che questi impegni siano fatti propri dal Governo e dagli altri Paesi. Se voi non voterete la nostra, non ci interessa, non è una questione di palazzo, non siamo attenti ai giochi politici, siamo attenti a difendere gli interessi dei nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Speriamo tutti che questa situazione finisca al più presto e torni al più presto la pace. Noi siamo pacifisti nei fatti e Pag. 26non a parole; avremmo volentieri evitato di trovarci in questa situazione ma oggi, onorevole D'Alema, non è tempo di divisioni, oggi è tempo di fare gli interessi concreti dei nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alema. Ne ha facoltà.

MASSIMO D'ALEMA. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, il Partito Democratico sostiene, e ha sostenuto fin dal primo momento, l'iniziativa internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che hanno garantito, forse in modo tardivo ma necessario ed inevitabile, un intervento della comunità internazionale nella crisi libica.
D'altro canto, siamo stati noi, le forze di opposizione, che di fronte alla polemica assenza da parte di settori della maggioranza, che è stata qui rivendicata dall'onorevole Reguzzoni, abbiamo provveduto nelle prime ore dell'intervento ad assicurare al Governo il sostegno parlamentare nelle Commissioni Affari esteri e Difesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Siamo noi a sostenere qui la risoluzione che, in modo più ampio e meno condizionato, sostiene l'azione del Governo e conferisce al Governo quell'ampio mandato che un Governo deve avere in una crisi di questo genere. Strano paradosso, mentre la maggioranza vuole imporre vincoli, alcuni dei quali sono cervellotici, all'azione di Governo, è l'opposizione che chiede che l'Italia si impegni in modo pieno e senza riserve nell'azione internazionale. Lo dico perché, signor Ministro, in un intervento di cui condivido molti aspetti, il suo, ella ha rivolto un appello giusto a non dividersi, a non indebolire il Paese, salvo che, probabilmente, il suo sguardo doveva essere rivolto altrove, e non ai banchi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La scelta dell'uso della forza è una scelta difficile, una scelta drammatica, una scelta che suscita turbamento ben comprensibile in tanta parte dell'opinione pubblica, ma è una scelta questa volta necessaria. Bene ha detto il Capo dello Stato, che ha saputo rappresentare anche in questa drammatica vicenda i sentimenti e i valori che uniscono gli italiani, che noi non siamo in guerra ma aderiamo alla necessità di quell'uso legale della forza che è previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. D'altro canto anche chi abbia a cuore le ragioni più profonde del pacifismo e della non violenza non può non pensare a che cosa sarebbe accaduto se la coalizione internazionale non avesse fermato i carri armati di Gheddafi alle soglie di Bengasi o non avesse messo a tacere l'artiglieria che martellava Misurata uccidendo i civili; dunque la forza, in questo caso, anche se comporta un prezzo, ha dall'altra parte il numero delle vite salvate che bisogna pure considerare nel bilancio doloroso di questi giorni.
Certo, noi sappiamo che fermare il massacro, fermare l'offensiva dell'esercito, dell'aviazione e dei carri armati contro un popolo in rivolta non è la soluzione della crisi, né la risoluzione autorizza ad occupare la Libia, a liberarla e a cambiare il regime, e noi siamo fermamente convinti che si debba agire nell'ambito della legalità e dei limiti della risoluzione n. 1973.
Quella che si apre, dunque, è una vicenda complessa, una crisi dall'esito incerto, nel corso della quale occorrerà misurare insieme l'uso della forza e la capacità di iniziativa politica. Si tratta di una crisi nella quale sarà fondamentale la coesione politica di una coalizione che, purtroppo - ed è questo motivo di preoccupazione - sin dal primo momento, è apparsa divisa, non unita nelle finalità né nei mezzi. Diciamoci la verità, in questa vicenda emerge una debolezza dell'Europa.
Onorevole Reguzzoni, sono d'accordo quando lei dice che l'Europa non dovrebbe lasciare l'Italia sola di fronte all'emergenza dei profughi. Nel vertice dei Pag. 27leader progressisti europei, qualche giorno fa, abbiamo approvato un documento di solidarietà verso l'Italia, dove si chiede agli altri Paesi europei di fare la loro parte. Purtroppo, oggi prevale l'Europa conservatrice, l'Europa degli egoismi, l'Europa delle leghe, e quando vince l'Europa delle leghe, ce n'è sempre una che è più a nord di noi, c'è poco da fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Credo sia assai preoccupante l'irrisolto nodo del comando e controllo della missione, della NATO, e credo, caro Ministro Frattini, che purtroppo anche l'Italia abbia contribuito alla confusione che è in corso, e non mi riferisco soltanto - come hanno fatto altri esponenti dell'esposizione, giustamente - alla ridda delle dichiarazioni contraddittorie: i nostri ragazzi sono pronti a colpire, ci ha annunciato il Ministro della difesa, ma il Presidente del Consiglio ha assicurato che non lo faranno mai; tra gli immigrati vi sono infiltrati terroristi, ha detto il Ministro dell'interno, ma il Ministro degli esteri non ritiene che sia così.
Sinceramente, credo che, oltre questo, vi sia qualche interrogativo ancora più di fondo. La NATO: cosa ha fatto o detto il Presidente del Consiglio al vertice di Parigi? Prima che cominciassero le operazioni militari, avevamo il diritto e il dovere, in quanto siamo il Paese più esposto, di chiedere chiarezza, prima di cominciare. Che cosa ha fatto lì il Presidente del Consiglio? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Guardando alle prospettive: la prospettiva è quella di una transizione democratica, oltre Gheddafi, come lei ha giustamente detto, o è quella di una mediazione con Gheddafi, a cui accenna oggi il Presidente del Consiglio? Vi è grande confusione, che sconcerta i nostri alleati e che indebolisce il ruolo dell'Italia.
Credo che l'assenza qui del Presidente del Consiglio non sia solo l'ennesima scortesia verso il Parlamento, ma è l'espressione simbolica di una assenza di guida politica, dell'assenza di una guida politica autorevole, credibile sul piano internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quanto paghiamo questa assenza in un momento in cui cambia epoca, un moto democratico sconvolge il Mediterraneo, mette in crisi politiche tradizionali e spinge tutti noi ad una riflessione critica ed autocritica! Perché l'Europa, tutti noi, abbiamo, forse per troppo tempo, pensato che i regimi autoritari fossero la migliore garanzia per il petrolio, per contenere l'immigrazione e per contenere l'islamismo.
Direi che questa impostazione pesa ancora moltissimo sulla politica attuale del Governo italiano. Ma tutto ciò è sbagliato. L'unica vera garanzia di libertà economica e di contenimento dell'estremismo è la democrazia. Bisognerebbe cambiare tutti. Ci può addolorare la disinvoltura della Francia, ma la Francia si è messa su questa lunghezza d'onda. E l'Italia dove è? Ciò che accade è una grande opportunità per il nostro Paese, ma bisogna avere il coraggio di mettersi con la propria forza, con la propria politica, con la propria intelligenza dalla parte della democrazia e dei popoli che lottano per cambiare.
L'Italia di oggi purtroppo non riesce a farlo. Troppe paure la condizionano, troppi vincoli con il passato ne indeboliscono l'immagine. Ecco perché noi temiamo che si perda una grande opportunità. Ecco perché oggi non solo ci facciamo carico di una responsabilità per il Paese...

PRESIDENTE. Onorevole D'Alema, la prego di concludere.

MASSIMO D'ALEMA....ma dall'opposizione cerchiamo di lanciare un messaggio nel Mediterraneo: c'è un'altra Italia che ha capito che bisogna cambiare e che è dalla parte della speranza e della libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro, Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Presidenza si scusa con l'onorevole Reguzzoni, Pag. 28 che - per un errore tecnico - ha parlato un minuto e venti secondi in meno rispetto ai dieci minuti previsti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho l'impressione che sul terreno dell'analisi ci sia una sorta di «gioco delle tre carte», per cui si afferma - lo ha detto poco fa anche l'onorevole D'Alema - che il Governo è confuso, quando il Governo nelle esposizioni che hanno fatto i Ministri Frattini e La Russa ha espresso una linea organica e si è presentato in Parlamento con una linea organica.
Ma quello che è confuso - consentitemi onorevoli colleghi - è la situazione generale, è la contraddittorietà del mondo nel quale noi ci stiamo misurando. Sono le novità assolutamente imprevedibili con le quali noi dobbiamo fare i conti e francamente è un gioco di piccola politica, anche assolutamente provinciale, quello di scambiare una situazione che non riguarda solo l'Italia e questo Governo, ma il mondo nel suo complesso; anche i Governi del passato che hanno tutti avuto con Gheddafi dei rapporti profondi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Potrei inondare di citazioni questo Parlamento su cose dette da Prodi e dall'onorevole D'Alema e atti fatti dai precedenti Governi a proposito dei rapporti con Gheddafi. Quindi, mettiamo da parte questi giochi polemici (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Dico anche all'onorevole Di Pietro, che ha insultato il Ministro degli esteri, che noi lo ringraziamo per i momenti di ilarità che offre al Parlamento ogniqualvolta egli interviene (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Il problema con il quale noi ci dobbiamo misurare è drammatico e va al di là della Libia. Tutti i Paesi del mondo occidentale - e non solo essi - ancora di più dopo l'11 settembre hanno avuto come punti di riferimento dei Paesi del mondo arabo: in primo luogo l'Egitto, in secondo luogo la Tunisia e, anche contraddittoriamente, la Libia. Si trattava di Paesi moderati, ma con forte caratterizzazione autoritaria. Questa è la realtà, poi se vogliamo mistificare le cose, facciamolo. Ma questo è un filo che ha attraversato la politica italiana e di altri Paesi.
Oggi cosa sta succedendo? Sta succedendo - in modo imprevedibile per quello che riguarda i suoi sbocchi, onorevole Casini - che questi equilibri stanno andando in crisi e non sappiamo - non lo so io, non lo sa lei, non lo ha previsto nessuno nel mondo - se nelle tendenze che hanno spazzato via in Egitto Mubarak e in Tunisia Ben Ali e che hanno messo in crisi in Libia Gheddafi prevarrà un elemento democratico o un elemento fondamentalista (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile). Non lo sappiamo e dobbiamo lavorare per favorire che prevalga il primo aspetto.
Altro elemento: c'è un cambiamento di linea con il quale dobbiamo misurarci, quello degli Stati Uniti d'America che hanno sempre sostenuto queste realtà e che oggi invece giocano una partita diversa: vedono se riescono a collegarsi in sintonia con queste nuove tendenze che emergono nel mondo arabo per cercare di portarle ad uno sbocco positivo. Ci troviamo di fronte ad un mondo che cambia ed è assolutamente provinciale venire a discutere qui su Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile), perché tutto va molto oltre la contingenza politica con la quale ci dobbiamo misurare.
Rispetto a questo però il Governo italiano si è mosso non cavalcando un bellicismo di ritorno che vedo circolare oggi ma non negli anni passati, e consentitemi, preferisco il Governo italiano per come si è mosso rispetto a quello che sta facendo il Governo francese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile). Oggi vediamo che c'è una Pag. 29linea Ezio Mauro-Sarkozy che forse ripercorre certe storie del giornalismo italiano quando nel 1914 Il Popolo d'Italia era finanziato da Pippo Naldi e da ambienti finanziari francesi; ma cercare di inserire in una situazione così seria, grave e drammatica, un'operazione nazionalista dal punto di vista geopolitico e colonialista dal punto di vista economico-sociale come sta facendo la Francia e venire qui ad esaltarla, ebbene secondo me questo significa che non avete molte lezioni da darci e forse abbiamo noi qualcuna da darne a voi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile)!
Siamo impegnati nella difficilissima operazione che è quella di intervenire con una graduazione di intervento; ricordo che anche in altri interventi di peacekeeping l'Italia si è differenziata - tra l'altro, anche su vostra sollecitazione -, non abbiamo bombardato, siamo intervenuti in un'altra chiave, quante volte abbiamo graduato il nostro intervento militare in coerenza con le nostre capacità, con le capacità dell'Esercito italiano e anche con dei limiti che ci siamo dati. Lo abbiamo fatto nel passato, non si capisce perché non lo dobbiamo fare anche in questa vicenda (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile), pertanto chi vuole «esaltare le bombe» lo faccia, e c'è anche una letteratura in materia, ma noi procediamo in questo modo per cercare di far tornare un conto, che è quello di aiutare il popolo libico per arrivare alla democrazia, e aggiungo, per liberarsi di Gheddafi da una parte e dall'altra per tutelare anche noi.
Questo è il senso anche della risoluzione che abbiamo presentato, per tutelare l'Italia da alcuni nodi che sono oggettivi, non inventati dagli amici della Lega Nord Padania ma imposti dalla realtà. Il nodo di non essere investiti dal terrorismo, la questione dell'immigrazione nella quale possono sommarsi insieme le cose più varie, non soltanto i rifugiati ma anche masse di immigrati clandestini che magari non vengono dalla Libia ma da altri Paesi.
Il terzo punto consiste nel tutelare anche gli interessi economici dell'Italia. Se lo fa la Francia non capisco perché non dobbiamo farlo noi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile). Questi sono i punti fondamentali sui quali questo Governo si è presentato in Parlamento, con le esposizioni del Ministro Frattini e del Ministro La Russa. Si tratta di un Governo rappresentativo, guidato dal Presidente Berlusconi, che espone al Parlamento le sue linee, si misura e porta avanti la sua azione.
Da questo punto di vista, voglio dire che c'è un settarismo di ritorno che ci sorprende, nel senso che noi e il Governo abbiamo detto che votiamo la nostra risoluzione e siamo pronti a votare anche la vostra, in questo modo raccogliendo anche un appello del Presidente della Repubblica, che invita il mondo politico a presentarsi unitariamente a questa scadenza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile). Ebbene, noi lo facciamo, prendiamo atto che voi state cercando tutti i cavilli procedurali per non farlo in una situazione che invece richiederebbe - e richiede - un grande senso di responsabilità per quello che sta avvenendo oggi e per le incognite che potrà presentare il futuro.
Per queste ragioni, noi abbiamo presentato un documento specifico che precisa in modo assai netto quello che ci hanno detto il Ministro Frattini e il Ministro La Russa, che rende visibile e trasparente al popolo italiano il fatto che noi lavoriamo per la pace in Libia, da una parte, e, dall'altra parte, per tutelare il Paese da flussi migratori che potrebbero essere molto rilevanti e per salvaguardare anche i nostri interessi economici. In questo quadro va fatto un discorso sull'Europa.
Onorevole D'Alema, non mi sembra che l'Europa sia dominata dalla Lega, l'Europa è dominata da elementi e da Pag. 30motivi nazionalistici, burocratici e tecnocratici, che risiedono più nelle vecchie e tradizionali scuole politiche che non nella scuola politica della Lega (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile). Quindi, misuriamoci nella realtà anche con questo nodo politico senza inventarci fantasmi, ma facendo i conti con una realtà che è molto più difficile e complessa dei vostri schematismi e del vostro settarismo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto per le quali è stata prevista la ripresa televisiva diretta.
Vi sono ora alcuni interventi a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà, per due minuti.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, non ho davvero il tempo di commentare improbabili scenari, davvero improbabili scenari geopolitici descritti dal presidente Cicchitto. Tuttavia, al presidente Cicchitto voglio dire che in Francia il Ministro degli esteri che andava a braccetto con Ben Ali è stato costretto alle dimissioni.
Lei, presidente Cicchitto, dovrebbe ricordare quello che ha dichiarato il nostro Ministro degli affari esteri il 17 gennaio, tre giorni dopo la cacciata di Ben Ali: «Gheddafi sta cercando una via tra un sistema parlamentare, che non è quello che abbiamo in testa noi, e uno in cui lo sfogatoio della base popolare non esisteva, come in Tunisia. Ogni settimana Gheddafi va lì e li ascolta. Per me sono segnali positivi».
Ministro Frattini, in un Paese normale, dopo dichiarazioni del genere e dopo quello che è accaduto, ci si dimette e si risponde al Parlamento per moralità politica.
Lei oggi parla di regime di Gheddafi, lei non ha compreso - come non hanno compreso in tante Cancellerie europee, ma qualcun altro lo ha compreso - che le rivolte del mondo arabo non sono solo rivolte contro quei dittatori, contro i Mubarak, contro i Ben Ali, contro i Gheddafi, ma sono anche rivolte contro la vostra realpolitik di sostegno ai dittatori (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) per fermare l'immigrazione clandestina, per proteggere la società europea dalle minacce che non conoscete. Non comprendete che le esigenze di libertà sono valori universali che non potete fermare né con le armi, né con il sostegno ai dittatori.
Ministro, c'è una celebre scena del telefilm Happy days in cui Fonzie, dopo aver fatto un grave errore, non riesce ad ammettere davanti allo specchio nel suo ufficio di avere sb... di aver sb... di aver sbagliato. Lei Ministro ha sbagliato e ha sbagliato il suo Governo. Si dimetta e sarà un bene per l'Italia (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà per due minuti.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, intervengo in questo Parlamento libero e democratico, che ha tutte queste certezze su questo intervento militare. Onorevole D'Alema, è una guerra, lei dice che non è così, ma ci sono missili e razzi; c'è di tutto. Si parla di intervento umanitario, ma desidero rileggere l'articolo 11 della Costituzione, che recita: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Io sono contro. Voto contro questa risoluzione.
Voglio dire al presidente Cicchitto, che ha detto che non sappiamo come saranno i nuovi, che forse in Egitto già cominciamo a capirlo, visto che Amnesty International proprio oggi denuncia che il 9 marzo hanno picchiato e massacrato delle donne sottoposte a corrente elettrica, denudate e Pag. 31fotografate, alle quali hanno fatto - l'ho detto proprio all'onorevole Sbai - dei test di verginità. Questi sono i nuovi. Per questo e per altri motivi, perché non credo nell'intervento militare quando non c'è una guida, quando non c'è una finalità e quando non si conoscono i tempi tecnici - la NATO non interverrà mai perché ormai la guerra è di Sarkozy - voto contro (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, è vero che in capo a noi deputati non grava alcun vincolo di mandato grazie alla nostra bella Costituzione, ma è pur vero che ogni deputato prima di obbedire alle leggi dovrebbe essere sempre vincolato ad obblighi etici e morali. Ed è per questa ragione che, se un deputato viene eletto e finisce nei banchi dell'opposizione, deve rimanervi e non può, con grande disinvoltura o per quali altri meno nobili motivi, scavallare le gambe e scappare dalla parte del Governo.
Ed è questa la ragione per la quale noi dell'Italia dei Valori, se in quest'Aula abbiamo registrato che l'onorevole Porfidia ha chiesto scusa per l'intervento e la posizione dell'Italia dei Valori e per quanto affermato, noi dell'Italia dei Valori chiediamo scusa agli italiani se abbiamo portato in Parlamento un personaggio come l'onorevole Porfidia. In questo sta anche la differenza: un partito è diverso perché chiede anche scusa se ha sbagliato (Applausi di deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà. Ricordo che sono interventi a titolo personale relativi alle comunicazioni del Governo sulla vicenda libica.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, condividendo gli argomenti portati dagli onorevoli Melchiorre, Della Vedova, Vernetti, Casini ed altri, desidero precisare che come repubblicano voterò a favore della mozione Franceschini ed altri n. 6-00072.
Faccio solo una considerazione politica. Quello che colpisce, onorevole Cicchitto, di questa situazione è che in una azione militare come quella che si svolge in Libia, che ha essenziale necessità dell'Italia per la sua collocazione geografica, le grandi potenze occidentali ci abbiano sostanzialmente escluso dalle loro discussioni che hanno portato alle loro deliberazioni.
È questa, colleghi del Parlamento, l'amara verità della condizione italiana e della debolezza del Governo che ci rappresenta. In queste condizioni, di cui discuteremo in un'altra circostanza, la maggioranza e il Governo dovrebbero apprezzare che le opposizioni sostengano le loro azioni, come facciamo con la nostra mozione, che del resto voi stessi avete votato venerdì scorso, e lo facciano per senso di responsabilità nazionale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, desidero attrarre l'attenzione di questa Assemblea. Desidero che vi sia un momento in quest'Aula per pensare alla tragedia umanitaria di Lampedusa. È giusto dire che il problema di Lampedusa è troppo grave perché possa essere risolto dall'Italia. È vero, ma è vero che Lampedusa è italiana, è vero che questo Parlamento è responsabile di ciò che succede a Lampedusa, è vero che questo Governo è responsabile di ciò che succede a Lampedusa.
Quegli uomini, donne e bambini che dormono all'addiaccio, che vengono abbandonati per le strade, più di 200 bambini per le strade di Lampedusa, abbandonati Pag. 32e senza soccorso, sono un problema gravissimo per la nostra coscienza, per la nostra immagine e per il nostro futuro (Applausi del deputato Livia Turco). È questo il problema che dovremmo condividere e al quale dovremmo essere capaci di dedicarci (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. All'onorevole Porfidia, che ne ha fatto richieste, darò la parola per fatto personale subito dopo avere espletato le procedure di voto, in quanto egli è già intervenuto nel corso del dibattito e, quindi, non può farlo un'altra volta (Commenti dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile). Che succede? Se qualcuno di voi non spiega cosa vuole, non si capisce assolutamente nulla. Prego, onorevole Scilipoti.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, sarebbe più giusto e corretto che l'onorevole Porfidia avesse ora la parola per fatto personale.

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, l'onorevole Porfidia ha già parlato.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto a titolo personale, con la quale sottolineo all'Assemblea che la prima risoluzione che verrà posta in votazione nel proprio dispositivo comprende anche il contenuto del dispositivo della seconda risoluzione.
Questa scelta, che la maggioranza ha fatto, è stata presa proprio nel solco dell'auspicabile intesa, che purtroppo sembra venire meno, a cui si è richiamato il presidente Cicchitto.
Dico questo anche per chiarezza nei confronti di quei colleghi che hanno sostenuto il testo della risoluzione che è stata approvata dalle Commissioni esteri e difesa, che è stata fatta propria da alcuni gruppi dell'opposizione ed è stata depositata.
Malgrado ella, signor Presidente, abbia fatto la scelta di porre in votazione entrambe le risoluzioni, essendo posta in votazione per prima la risoluzione della maggioranza, sottolineo che essa contiene al proprio interno il dispositivo dell'altra.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo anch'io per una dichiarazione di voto a titolo personale per dire che è lapalissiano quello che ci ha comunicato il collega Baldelli. Un piccolo particolare: è altrettanto lapalissiano il fatto che a quel dispositivo, che è quello che, ovviamente, abbiamo concordato tutti e che è stato approvato dalle Commissioni, è stato aggiunto - l'aggiunta non è mai irrilevante, altrimenti si sarebbe votato un unico dispositivo - un pezzo molto più lungo, che è il frutto di un accordo di bassissima lega, per quanto ci riguarda, che è stato obbligatorio aggiungere perché, diversamente, non vi sarebbe stata la maggioranza, che vedremo se vi è.

PRESIDENTE. Sta bene. Sono così esaurite anche le dichiarazioni di voto a titolo personale.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli ed altri n. 6-00071, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 33

Onorevoli Casini, Sardelli, Minniti, Ministro Prestigiacomo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 595
Votanti 593
Astenuti 2
Maggioranza 297
Hanno votato
300
Hanno votato
no 293
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Vedi votazionia ).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Franceschini, Adornato, Della Vedova, Donadi, Vernetti, Melchiorre e La Malfa n. 6-00072, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 586
Votanti 557
Astenuti 29
Maggioranza 279
Hanno votato
547
Hanno votato
no 10).

Prendo atto che la deputata Gnecchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione della risoluzione Mecacci ed altri n. 6-00073.
Ricordo che il rappresentante del Governo in relazione a tale risoluzione ha espresso parere favorevole, ad eccezione del primo capoverso del dispositivo, riguardante la sospensione del Trattato di amicizia, nonché del terzo capoverso del dispositivo, riguardante il termine per l'adeguamento della normativa ivi indicata, per il quale ha proposto una riformulazione.
Chiedo all'onorevole Mecacci se, alla luce del parere del Governo, intenda riformulare i contenuti della risoluzione.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, nel merito, riguardo alla cancellazione del termine entro il quale arrivare all'attuazione interna delle norme e dello statuto della Corte penale internazionale - evidentemente in questa situazione gli esponenti del Governo libico saranno probabilmente soggetti all'attività di questa Corte - siccome già la Commissione giustizia nel febbraio 2009 ha impegnato il Governo a presentare il relativo disegno di legge, mi sembrerebbe opportuno che fosse indicata una data.

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Mecacci, il Governo ha proposto una riformulazione e la Presidenza ribadisce la domanda, se intenda o non intenda riformulare i contenuti della risoluzione.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, se il Governo ponesse un'altra data rispetto a quella indicata...

PRESIDENTE. Onorevole Mecacci, il Governo ha fatto delle osservazioni...

MATTEO MECACCI. Se non ci sono altre date non accetto la riformulazione...

PRESIDENTE. Dunque, non accetta la riformulazione?

MATTEO MECACCI. Così pure, sulla riformulazione del primo capoverso, siccome si osserva che comunicare al Governo libico la sospensione formale del Trattato di amicizia con la Libia sarebbe un riconoscimento di quell'autorità, evidentemente è una contraddizione in termini, perché comunicare di non essere più amici non significa....

PRESIDENTE. Dunque, onorevole Mecacci, deduco che non accetta la riformulazione proposta.
Il Governo, alla luce di quanto testé annunciato dall'onorevole Mecacci, quale parere esprime?

Pag. 34

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Il Governo esprime complessivamente parere contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Mecacci ed altri n. 6-00073, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Leo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 590
Votanti 528
Astenuti 62
Maggioranza 265
Hanno votato
227
Hanno votato
no 301).

Prendo atto che la deputata Mariani ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Ricordo ai colleghi che si prosegue con votazioni fino alle ore 13,30, con lo svolgimento del secondo punto all'ordine del giorno che reca Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge A.C. 2364 ed abbinate.

Per fatto personale (ore 13,10).

AMERICO PORFIDIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, intervengo solo per dire che mi dispiace che ancora una volta, in quest'Aula, si sia dovuta vedere e sentire una marionetta che, su input di un puparo, ha parlato. Voglio ricordare, però, ritornando alla politica, che la mia è stata una scelta prettamente politica e che, purtroppo, sono stato io - lo voglio ricordare a tutti gli amici parlamentari e soprattutto a quelli dell'Italia dei Valori - che ho dovuto chiedere scusa a quanti mi vogliono bene per averli portati all'inizio verso un partito che non ha mantenuto nessuno degli impegni che aveva assunto nei loro confronti (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile e Popolo della Libertà). Per finire, voglio ricordare, a chi conosce il territorio - e mi rivolgo ai tantissimi amici del mio territorio - che se c'è qualcuno che sta in questo Parlamento grazie anche ai miei voti è certamente Barbato, non con i suoi, che non ne ha nemmeno uno (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

Sull'ordine dei lavori (ore 13,13).

GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, è davvero strano, ci sono corsi e ricorsi storici. Oggi, 24 marzo 2011, vorrei ricordare a tutti i colleghi di quest'Aula cosa è successo il 24 marzo 1999. È davvero singolare che proprio il presidente D'Alema abbia, nel suo intervento, richiesto la presenza del Presidente del Consiglio perché vorrei ricordare che il 24 marzo 1999, alle ore 17,41, proprio in quest'Aula si stava discutendo sull'informativa urgente del Governo relativa all'intervento della NATO in Kosovo e alle ore 17,50 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) i bombardieri cominciavano a bombardare Belgrado. Guarda caso, chi veniva a riferire in Aula era il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Sergio Mattarella, che forse non sapeva perché non era informato - per la grande considerazione in cui veniva tenuto, a quell'epoca, il Governo italiano dalla NATO - e testualmente riferiva, come riportato dal resoconto stenografico: «Speriamo ancora in queste ore, pur se ogni ora che passa riduce la portata della speranza, che a Belgrado prevalga la ragionevolezza e vengano accolte le condizioni previste dal piano di pace predisposto a Rambouillet. Di fronte ad un chiaro Pag. 35segnale di disponibilità da parte del Governo di Belgrado, la NATO è pronta a fermare l'attacco ipotizzato».

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego...

GIANPAOLO DOZZO. Ciò alle ore 17,47 e, alle ore 17,50, cadevano le bombe su Belgrado (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Allora scusatemi, o non sapevano o non dovevano informare quest'Aula di cosa stava facendo il Governo D'Alema. Quindi, guardate come sono le cose: corsi e ricorsi storici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori ancora una volta per denunciare una sorta di doppiopesismo che magari non è mai nelle intenzioni di chi lo pratica, però, lei che è sempre così attento - ed io la apprezzo - alle parole e alle espressioni di quest'Aula, ogni tanto magari si lascia scappare alcuni riferimenti. Uno è di poco fa, dentro quest'Aula. È evidente che chi ne parla, ne ha una cognizione di causa, c'è chi parla di pupi e pupari, c'è chi parla di burattini e burattinai. Però, chi dice «burattino» a qualcuno, in quest'Aula, forse merita un richiamo o un riferimento.
Tuttavia, c'è anche chi è stato in quest'Aula e, dall'esterno, prova ad esprimere giudizi. Mi viene in mente una dichiarazione di qualche minuto fa dell'onorevole Ombretta Colli che ha detto che il Ministro Frattini non è un «coniglio» - e fin qui non mi sembra ci sia niente di scandaloso - però sicuramente l'onorevole Di Pietro, secondo lei, sarebbe un «maiale».

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti...

FABIO EVANGELISTI. Ora è vero...

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la persona citata non è in questa Aula.

FABIO EVANGELISTI. Da chi frequenta - cito Maurizio Belpietro - la corte del vecchio porco probabilmente ci si rende conto di quello che è la fattoria degli animali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), però certi comportamenti vanno stigmatizzati sempre.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, lei sa bene che la Presidenza non può stigmatizzare quel che è detto fuori da quest'Aula. È di tutta evidenza.

ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo non per alimentare polemiche, ma per ricordare all'Aula che nella giornata di ieri è stata pronunciata la sentenza in appello che ha confermato gli ergastoli per gli esecutori dell'omicidio di Franco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria barbaramente ucciso dalla 'ndrangheta qualche anno fa. È stata scritta una bella pagina di giustizia, per cui devono farsi apprezzamenti per gli inquirenti, per la magistratura, ma non è stato scritto tutto, perché manca la definizione e la certezza in ordine a quelli che furono i mandanti di questo delitto e in ordine alle collusioni tra 'ndrangheta e politica che portarono a questo barbaro crimine. Per cui voglia l'Aula, attraverso la Presidenza, esprimere apprezzamento agli inquirenti e alla magistratura per il lavoro svolto, ma voglia anche ricordare che non tutto è stato scritto e che altro merita di essere scritto (Applausi).

GUIDO MELIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, vorrei ricordare che ieri la società GITA, presunta Pag. 36acquirente degli impianti chimici di Porto Torres, Marghera e Ravenna, ha omesso di pagare gli stipendi ai lavoratori, così come si era impegnata a fare nel mese di febbraio, e secondo le cronache giornalistiche, non risponde al telefono. Appare chiaro che questa società non ha le risorse né l'assetto societario necessario per un acquisto di quella portata che riguarda - vorrei ricordarlo - l'intera filiera della chimica italiana, nel settore dei cloroderivati. È formata da due personaggi, un signore svizzero e una signora russa, di cui francamente non si conoscono i requisiti e la potenzialità finanziaria. È chiaro che le ripetute affermazioni del Ministro Romani, che si è fatto garante...

PRESIDENTE. Onorevole Melis, ci dia il testo scritto...

GUIDO MELIS. Signor Presidente, chiedo che il Ministro Romani venga a riferire in Aula su questa vicenda, che riguarda parecchi lavoratori.

PRESIDENTE. Ci sono altri colleghi che hanno chiesto di parlare, tuttavia darò loro la parola al termine della seduta.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2364 (ore 13,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di una proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

alla II Commissione (Giustizia):
S. 307. - Senatore Centaro: «Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento» (Approvata dal Senato) (2364).

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Per consentire alla stessa Commissione di procedere all'abbinamento richiesto dall'articolo 77 del Regolamento sono quindi trasferite in sede legislativa anche le proposte di legge: La Russa ed altri: «Modifiche all'articolo 20 della legge 23 febbraio 1999, n. 44. Interpretazione autentica della nozione di evento lesivo per l'ammissione ai benefici della sospensione o della proroga di termini in favore delle vittime di richieste estorsive e di usura» (728), Losacco ed altri: «Disposizioni per il superamento delle situazioni di sovraindebitamento delle famiglie, mediante l'istituzione della procedura di concordato delle persone fisiche insolventi con i creditori» (1944) e Volontè: «Disposizioni per il superamento delle situazioni di sovraindebitamento delle famiglie, mediante l'istituzione della procedura di concordato delle persone fisiche insolventi con i creditori» (2564).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Realacci ed altri; Zacchera; Marchi ed altri; Fava ed altri; Stradella e Carlucci; Luciano Rossi ed altri; Razzi ed altri: Disciplina dell'attività di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura edilizia (A.C. 60-496-1394-1926-2306-2313-2398-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Realacci ed altri; Zacchera; Marchi ed altri; Fava ed altri; Stradella e Carlucci; Luciano Rossi ed altri; Razzi ed altri: Disciplina dell'attività di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura edilizia. Pag. 37
Ricordo che nella seduta del 23 marzo 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali e hanno avuto luogo le repliche della relatrice e del rappresentante del Governo. Secondo quanto risulta alla Presidenza, non è stato ancora espresso il parere della Commissione bilancio su tre emendamenti presentati ieri dalla Commissione. Ne chiedo conferma al presidente della Commissione ambiente, onorevole Alessandri.

ANGELO ALESSANDRI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, corrisponde al vero, manca ancora il parere della Commissione bilancio. D'accordo con il collega, il presidente della Commissione bilancio stessa, chiederei una sospensione di almeno un quarto d'ora per consentire di esprimere il parere; dopodiché, siamo pronti per poter procedere.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo solo per capire. Sospendiamo per un quarto d'ora e, poi, che facciamo? Alle ore 13,35 riprendiamo?

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, anche in forza di quanto lei ha preannunciato in ordine alla sospensione dei lavori intorno alle ore 13,30, poiché anche oggi pomeriggio è convocata la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e, quindi, potrebbe esserci in concomitanza con i lavori dell'Aula, formulerei una proposta all'Assemblea. È evidente che la proposta potrebbe essere accolta soltanto con l'adesione di tutti i gruppi. Se ci fosse la volontà comune, si potrebbe prevedere seduta con votazioni, con il seguito dell'esame dei provvedimenti iscritti all'ordine del giorno, non nel pomeriggio, ma già dalla mattinata di martedì prossimo, ad esempio a partire - indico un orario di massima - dalle ore 11. Così facendo, signor Presidente, potremmo permettere oggi pomeriggio alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, e alle altre Commissioni, di riunirsi in tutta tranquillità e, se ci fosse una convergenza unanime, interrompere qui i lavori dell'Assemblea per i quali sono previste votazioni, per riprenderli nella mattina di martedì. Questa, sommessamente, è una proposta che avanzo senza preavviso agli altri gruppi, ma la formulo a lei per indirizzarla a tutti gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Si verifica rapidamente, onorevole Baldelli. I rappresentanti dei gruppi hanno inteso la proposta avanzata?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se ho capito bene, il collega Baldelli propone di procedere con l'ordine del giorno la prossima settimana. Non ho nessun problema a fare in modo che il punto seguente sia rinviato, anche se lei l'ha già preannunciato e, quindi, teoricamente è incardinato; solo nel titolo, tuttavia, perché, poi, il collega Alessandri ha chiesto un quarto d'ora per la Commissione bilancio e, dunque, anche per il Comitato dei nove. Va da sé, però, signor Presidente, che il calendario è già stilato e, quindi, solo la Conferenza dei presidenti di gruppo può decidere se iniziare martedì mattina o meno. È evidente, quindi, che la disponibilità nostra resta solo per la prosecuzione dell'ordine del giorno alla prossima settimana. È a lei decidere, con la Conferenza dei presidenti di gruppo, sul resto.

PRESIDENTE. Sta bene. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30.

Pag. 38

La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bocci, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Bruno, Caparini, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, De Biasi, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Martini, Melchiorre, Meloni, Migliavacca, Milanato, Leoluca Orlando, Paniz, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Sardelli, Stefani, Tabacci, Tremonti, Vernetti, Vitali, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Esame degli articoli - A.C. 60-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 60-A ed abbinate).
Avverto che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere sugli emendamenti 1.100, 2.100 e 10.100 della Commissione, che è in distribuzione.
Avverto che prima dell'inizio della seduta l'emendamento Margiotta 14.52 è stato ritirato dal presentatore.

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, le chiedo di verificare se la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale stia svolgendo i propri lavori. Se per caso questo corrispondesse a verità, le chiedo di procedere all'immediata sconvocazione della Commissione stessa.

PRESIDENTE. La sua richiesta mi sembra non solo puntuale ma opportuna e, quindi, prima di procedere all'esame dell'articolo 1 e degli emendamenti presentati, dal momento che dobbiamo passare ai voti, chiederei di verificare quanto richiesto dall'onorevole Galletti.
Mi sembra che la richiesta formulata dall'onorevole Galletti sia non solo doverosa ma opportuna nel merito e che sia dovere da parte della Presidenza verificarla.
Pertanto, dovendo passare immediatamente ai voti, per avere il tempo di effettuare questa verifica ed eventualmente anche di sconvocare immediatamente la Commissione, sospendo la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,45.

PRESIDENTE. Onorevole Galletti, abbiamo svolto la verifica: la Commissione ha sospeso i propri lavori e, quindi, chiedo ai colleghi di prendere posto, perché possiamo, a questo punto, riprendere l'esame del provvedimento.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 39

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, apprezzate le circostanze e anche visto il lavoro delle Commissioni - non solo quella bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, ma anche la Commissione bilancio - che sono già convocate per il pomeriggio, propongo il rinvio a martedì dei punti all'ordine del giorno della seduta odierna.

PRESIDENTE. Sulla proposta formulata dall'onorevole Reguzzoni darò la parola ad un oratore a favore e ad uno contro.

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare contro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra contrarietà sulla proposta di rinvio. I lavori sono stati concordati in una riunione dei presidenti di gruppo; per oggi pomeriggio erano previsti lavori in Aula; non abbiamo concluso l'esame dei nostri provvedimenti; abbiamo all'ordine del giorno un provvedimento importante che riguarda le imprese edili, oltretutto - ve lo ricordo - di iniziativa del Parlamento e non del Governo. Non vi sono motivazioni per rinviare l'esame in Aula, perché la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale può essere tranquillamente riconvocata domani, sabato, domenica o lunedì e vi sono tutti i tempi tecnici.
Bisogna che i parlamentari si abituino al fatto che si lavora anche il giovedì pomeriggio: non è più possibile far partire i lavori il martedì o il mercoledì per poi pensare di poterli chiudere alle 13 (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, domanderei cortesemente di poter essere messo nelle condizioni di parlare serenamente.

PRESIDENTE. Colleghi! Prego, onorevole Baldelli.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, in quest'Aula tutti coloro che hanno responsabilità di conduzione in qualche modo dei gruppi farebbero bene ad evitare di tirarsi addosso l'accusa di volere o non volere lavorare a seconda di questioni che, invece, sono relative ad esigenze politiche, condivise o meno in questo Parlamento.
Prima della pausa, signor Presidente, io ho fatto presente al Presidente Fini e all'Assemblea intera che vi sarebbe stata la questione della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e che è evidente che, per non far sovrapporre i lavori dell'Aula (che dovrebbero svolgersi in questo momento) con quelli della Commissione, bisogna fare una scelta: o riunire la Commissione o riunire l'Aula.
Signor Presidente, ho avanzato la proposta di aggiornare i nostri lavori a martedì mattina, rispetto alla quale vi è stata l'opposizione legittima del gruppo del PD.
Sappiamo che vi è una questione relativa ad impegni di partito del gruppo a cui appartiene l'onorevole Galletti per poter riconvocare la nostra Assemblea unanimemente nella mattinata di martedì ed io potrei, alla stessa stregua dell'onorevole Galletti, dire che noi lavoriamo poco e che, quindi, potremmo lavorare anche martedì mattina.
Ma credo che sia una questione di buon senso, signor Presidente, prendere atto, per un verso, della richiesta che viene fatta anche dallo stesso gruppo dell'Unione di Centro di non sovrapporre i lavori dell'Assemblea, così come noi abbiamo fatto prima della pausa di stamani, con i lavori della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e, per altro verso, onorevole Galletti, non di andare in vacanza, ma di decidere di poter rinviare il seguito di queste discussioni a Pag. 40martedì della prossima settimana, in un orario che io credo, onorevole Galletti e colleghi, possa andare incontro alle esigenze di tutti, sapendo che, se dovessimo rinviare oggi, sarà forse utile recuperare questo tempo anticipando un poco i lavori della giornata di martedì.
Signor Presidente, io credo che sia una posizione di buon senso e ritengo, quindi, che una composizione generale di questa situazione, per la quale abbiamo chiesto tutti quanti noi ai colleghi di essere presenti alla ripresa dei lavori, in un'incertezza complessiva data dal fatto che non si è acceduto alla proposta da me formulata stamani, va nel senso di cercare di capire come vogliamo procedere.
Io credo che la proposta dell'onorevole Reguzzoni sia praticabile e credo che, se vogliamo individuare un percorso utile dei nostri lavori, si debba ragionare anche comunemente sulla possibilità di anticipare l'apertura dei lavori nella giornata di martedì, anche compatibilmente con i lavori dei colleghi dell'Unione di Centro e del terzo polo, sapendo che questo però ci permette di recuperare un po' di tempo a seguito dello slittamento odierno.

PRESIDENTE. Colleghi, anch'io apprezzo le circostanze e, quindi, ci mancherebbe altro, se i rappresentanti dei gruppi vogliono esprimersi su questo tema possono farlo.
Tuttavia, solo per fare chiarezza, vorrei ricordare che la proposta dell'onorevole Reguzzoni è di rinviare il seguito dell'esame dei provvedimenti, previsti per la seduta pomeridiana odierna, alla giornata di martedì. Ricordo, inoltre che, con riferimento alla giornata di martedì, è prevista la seduta pomeridiana con votazioni. Quindi, siamo in questo ambito: non possiamo stabilire l'ora della seduta della giornata di martedì. Questo per chiarezza, di tutti.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei fare due precisazioni e la prima l'ha già fatta lei. Infatti, glielo avrei chiesto: è evidente, che dobbiamo attenerci al calendario.
Per quanto riguarda la seconda precisazione, a nome del nostro gruppo, avevo già espresso, questa mattina, la nostra disponibilità al rinvio. Ciò per il semplice motivo che il lavoro della Commissione bicamerale è una questione che interessa tutti e, peraltro, interessa non solo la Commissione bicamerale stessa, ma anche la Commissione bilancio, che dovrà esprimere il suo parere.
Quindi, per consentire ai commissari della Commissione bicamerale e della Commissione bilancio di lavorare, è del tutto evidente che dovremo concentrare nella settimana prossima una serie di punti all'ordine del giorno, impegnandoci, poi, ad affrontarli.
Già questa mattina, avevo detto che doveva essere la Conferenza dei presidenti di gruppo o la Presidenza a decidere l'orario: per noi era indifferente che si iniziasse alle 11 o alle 14. Poiché, una parte dell'opposizione ha un'iniziativa alle 11, è del tutto evidente che le 14 possono essere un orario migliore. Lo ripeto: per noi era indifferente che si iniziasse alle 11 o alle 14 e, quindi, anche per questo motivo, ci asterremo.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Quartiani, lei lo ha sottolineato, poi, sarà compito della Presidenza, con riferimento alla seduta pomeridiana di martedì prossimo, decidere a quale ora convocare l'Assemblea.
Se nessun altro collega chiede di intervenire, ricordo che dobbiamo votare la proposta di rinvio alla giornata di martedì dell'esame del provvedimento concernente la disciplina dell'attività di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura edilizia e del provvedimento concernente disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
Ricordo altresì che, qualora l'Assemblea votasse a favore del rinvio, resta Pag. 41inteso che le interpellanze urgenti saranno svolte immediatamente dopo l'esito della votazione che si terrà ora.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio formulata dall'onorevole Reguzzoni.
Dichiaro aperta la votazione.
Onorevole Motta... onorevole Lehner... onorevole Traversa... onorevole Saltamartini... onorevole Repetti... onorevole Cesario... onorevole Giammanco... onorevole Formichella... onorevole Castiello... onorevole Lamorte... Hanno votato tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.

(È approvata).

La Camera approva per 110 voti di differenza.
Resta inteso che il seguito dell'esame dei provvedimenti è rinviato alla giornata di martedì, che prevede votazioni a partire del pomeriggio. La Presidenza si riserva di stabilire l'ora di convocazione dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,55).

ROBERTO CASSINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CASSINELLI. Signor Presidente, vorrei dare notizia all'Assemblea che la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con sentenza definitiva, ha assolto oggi l'Italia dall'accusa di avere responsabilità nella morte di Carlo Giuliani, avvenuta durante gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine nel corso del G8 di Genova tenutosi nel 2001.
La decisione è stata presa a maggioranza dai giudici della Grande Camera con tredici voti a favore, e quattro contrari. I giudici della Grande Camera hanno stabilito la piena assoluzione di Mario Placanica, il carabiniere che sparò a Carlo Giuliani in piazza Alimonda, confermando così la sentenza di primo grado emessa il 25 agosto 2009. La Grande Camera ha assolto anche l'Italia dall'accusa di non aver condotto un'inchiesta sufficientemente approfondita sulla morte di Giuliani; in questa caso, la Corte si è espressa con dieci voti a favore e sette contrari. La stessa maggioranza si è pronunciata anche per l'assoluzione dell'Italia dall'accusa di non aver organizzato e pianificato in modo adeguato le operazioni di polizia durante il summit del G8 a Genova.
Credo che questa sentenza renda giustizia, seppur a distanza di dieci anni, sulla gestione che il Governo fece di quel difficile evento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

JEAN LEONARD TOUADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, prendo la parola per ricordare all'Aula l'anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine avvenuto il 24 marzo del 1944. Trecentotrentacinque persone, tra civili e militari, sono state trucidate qui, a Roma, in un episodio che ha segnato tragicamente la città.
Il monumento delle Fosse Ardeatine è diventato un simbolo della resistenza all'occupazione nazista e fascista, sua alleata, e proprio nel giorno in cui l'ANPI apre, oggi, il suo congresso annuale a Torino, vogliamo ribadire l'attaccamento ai valori di libertà, di giustizia sociale e di pace della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.
Dobbiamo serbare memoria di quell'evento e di eventi simili accaduti un po' ovunque in Italia perché dobbiamo trasmettere questa memoria, dobbiamo evitare il corto circuito generazionale; i giovani devono sapere come è nata la Costituzione e quello delle Fosse Ardeatine è un momento simbolico, un momento creativo della Repubblica italiana.
Purtroppo, non siamo immunizzati definitivamente dal virus dell'intolleranza, dell'antisemitismo e del razzismo. Ecco Pag. 42perché bisogna che si continui a raccontare alle nuove generazioni ciò che è avvenuto perché l'ignoranza della storia ci obbliga tragicamente a ripetere i suoi errori (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega Nord Padania).

GIANNI MANCUSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, cambio completamente argomento, però vorrei appellarmi alla sua attenzione e disponibilità per segnalare al Governo un'altra questione. Con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-03590, presentato il 14 ottobre 2010, avevo richiesto l'attenzione del Governo sul fatto che venissero rivisti i criteri fiscali che sottendono all'attuale redditometro, correggendo l'anacronistica visione secondo cui il possesso di un cavallo sia un indicatore di ricchezza e chiedendo se non si intenda, alla luce delle distorsioni evidenziate nelle premesse del mio atto, eliminare il cavallo dagli indicatori del nuovo redditometro allo studio dell'Agenzia delle entrate.
Sono passati circa cinque mesi da quando ho presentato questo atto di sindacato ispettivo, ho appreso da organi di stampa, come è possibile fare per tutti, proprio in questi giorni, che il direttore dell'Agenzie delle entrate ha rilasciato una intervista al quotidiano La Stampa nella quale sostanzialmente viene indicata la direzione che si prefiggeva proprio l'atto da me promosso.
Vorrei, quindi, con questo intervento, chiedere al Governo di essere un po' più tempestivo nelle risposte e di dare atto che su questa materia non si configurano necessariamente situazioni particolarmente lussuose, stante il fatto che tenere un cavallo non può di per sé essere considerato una situazione di lusso sfrenato, ma invece ci sono persone che magari vogliono avere la fortuna di condividere la propria esistenza con un animale di questo tipo, anche a fronte, magari, di ristrettezze e di risparmi. Il senso del mio intervento era quello di richiamare l'attenzione del Governo su questo.

MASSIMO VANNUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. Ci tenevo molto a parlare oggi - anche se molto brevemente - in coda al dibattito che vi è stato sulla vicenda Libia.
È evidente che questa mattina abbiamo affrontato un problema fondamentale, cioè le intenzioni del nostro Paese in merito alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Volevo tuttavia segnalarle, Presidente, che questa crisi che si è aperta in Medio Oriente, specificamente prima in Tunisia e adesso in Libia, crea gravi problemi al nostro mondo economico. Sarebbe allora opportuno che a latere delle vicende relative all'andamento dell'azione che la comunità internazionale ha intrapreso, il nostro Paese si facesse carico di verificare cosa è successo nel sistema economico, cioè per le piccole e medie imprese, ma anche per quelle grandi, che operavano in Tunisia e in Libia.
Come lei ricorderà, in Tunisia vi sono stati effetti drammatici, molti degli stabilimenti di imprese straniere sono stati assaltati e alcuni dati alle fiamme. Queste imprese hanno molte difficoltà a recuperare i crediti, anche perché sono stati assaltati uffici pubblici e, in qualche caso, anche i tribunali.
Così in Libia, Presidente: le imprese hanno dovuto abbandonare i cantieri, le loro maestranze sono rientrate e hanno dovuto interrompere la loro attività. Come lei sa, per i lavoratori all'estero non vi sono ammortizzatori sociali, non sono in cassa integrazione. Queste maestranze, però, se debbono aspettare di tornare in Libia, avrebbero bisogno di essere tutelate.
Secondo me, un altro aspetto fondamentale in questa fase, è che le banche, che si sono impegnate ad «accompagnare» le nostre aziende per le loro attività in Libia e in Tunisia, potrebbero chiedere - e stanno richiedendo - il rientro delle esposizioni bancarie, per le quali, ovviamente, le Pag. 43aziende sono in difficoltà, non avendo potuto riscuotere i corrispettivi e non avendo le attività in corso.
Questi sono i temi più immediati: la tutela del lavoro e dei lavoratori e il credito alle aziende. Vorrei ricordare in quest'Aula che, durante la famosa crisi del Golfo persico del 1991, il Parlamento italiano adottò una specifica legge recante disposizioni a favore dei connazionali coinvolti nella crisi del Golfo. Vi sono quindi norme di riferimento. Volevo annunciarle la presentazione di una risoluzione in questo senso, ossia che, dopo aver affrontato il tema più generale della nostra presenza, limitatamente alla risoluzione del Consiglio di sicurezza, si valutino anche gli effetti economici sulle nostre aziende e non solo.

GIANLUCA BENAMATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, darò poi la parola solo all'onorevole Quartiani, perché all'ordine del giorno sono previste le interpellanze urgenti. Gli altri deputati potranno parlare a fine seduta.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per dare conto all'Aula di un ordine del giorno che un comune del mio collegio, il comune di Collecchio, ha trasmesso alla Presidenza della Camera e al Presidente del Consiglio dei ministri.
Nella seduta del 17 febbraio, quel consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno contro la violenza verso i cristiani in Medio Oriente e questa approvazione è avvenuta, come dicevo, in maniera unanime.
Il documento del consiglio comunale nasce sulla base dei lavori di questa Camera (avendo come riferimento le risoluzioni discusse il 12 gennaio scorso) e del Parlamento europeo.
Nell'esprimere in questo ordine del giorno la più ferma condanna verso i massacri perpetrati contro i cristiani e, comunque, contro chi professa la propria fede religiosa, si chiede al Governo di proseguire in un'azione diplomatica in modo che l'Europa agisca a difesa dei diritti dei cristiani quando sono discriminati o sacrificati e agisca, più in generale, a tutela dei diritti di ogni minoranza etnica o religiosa.
Signor Presidente, ho inteso richiamare anche in quest'Aula questo ordine del giorno, che condivido in pieno, perché dimostra anche, d'altra parte, la sintonia che quest'Aula, con i suoi lavori, ha con il Paese quando temi importanti e significativi vi vengono trattati. Essi sono spesso, come in questo caso, ripresi e amplificati dagli enti locali e dai cittadini italiani.
Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato questa opportunità.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Cassinelli n. 2-00975)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Cassinelli n. 2-00975 è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00999)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00999 è rinviato ad altra seduta.

(Orientamenti del Governo circa l'affissione di una targa commemorativa in ricordo di Gabriele Sandri nella stazione di servizio della A1 «Badia al Pino» - n. 2-00981)

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00981, concernente orientamenti del Pag. 44Governo circa l'affissione di una targa commemorativa in ricordo di Gabriele Sandri nella stazione di servizio della A1 «Badia al Pino» (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, questa interpellanza, sottoscritta da altri 43 parlamentari, chiede al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'interno delucidazioni in merito all'affissione della targa per il giovane Gabriele Sandri ucciso l'11 novembre 2007 nell'area di servizio «Badia al Pino» dell'autostrada A1 dall'agente di Polizia Luigi Spaccarotella. Questa targa, che dovrebbe contenere la scritta «Nel ricordo di Gabriele Sandri, cittadino italiano», è stata richiesta dalla famiglia di Gabriele Sandri e da una fondazione costituita, anche per fini di volontariato, contro la violenza nel mondo dello sport.
Tale richiesta aveva inizialmente avuto il parere favorevole dell'ANAS e veniva rigettata dalla società Autostrade per l'Italia, che adduceva quale motivazione il fatto che la targa avrebbe creato un precedente costringendo la società ad affiggere targhe in memoria di tutte le vittime della strada. In seguito a tale diniego, si è creato un vero e proprio moto di indignazione diffuso in maniera omogenea in tutta Italia, che ha provocato una petizione sostenuta da 25.000 firme per chiedere la concessione della targa commemorativa.
In seguito a tali iniziative, l'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia Spa si era dichiarato favorevole all'affissione della targa, suggerendo ai familiari di Gabriele Sandri di rivolgersi al comune di Civitella in Val di Chiana e alla prefettura di Arezzo per avere il nulla osta definitivo. Il sindaco di Civitella in Val di Chiana, Massimiliano Dindalini, aveva dimostrato una totale disponibilità, ma poi, rappresentando alcune perplessità, cambiava idea sostenendo di aver bisogno di ulteriori approfondimenti, nonché del parere vincolante del prefetto di Arezzo.
Trascorso ormai diverso tempo nessun parere è giunto né dal sindaco del comune di Civitella in Val di Chiana, né dal prefetto di Arezzo. Gabriele Sandri non è assolutamente equiparabile alle vittime degli incidenti stradali e rappresenta un caso unico in Italia, che ha creato sgomento non solo tra i tifosi della Lazio e tra i suoi concittadini di Roma, ma nell'intero mondo sportivo e nell'intera opinione pubblica nazionale che, in diverse occasioni, ha manifestato sdegno per quanto accaduto e assoluta solidarietà e sostegno alla famiglia della vittima.
Chiedo, quindi, se i ministri interpellati siano a conoscenza della vicenda descritta in premessa e se, effettuate tutte le verifiche del caso, intendano attivare le più opportune e celeri procedure, anche mettendo in atto un tavolo di confronto fra le parti, al fine di assicurare l'affissione della targa commemorativa su quanto accaduto a Gabriele Sandri nella stazione di servizio dell'A1 «Badia al Pino» l'11 novembre del 2007.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevole interpellante, in merito alla richiesta di apposizione di una targa commemorativa in memoria di Gabriele Sandri, nell'area di servizio Badia al Pino sulla A-1 Milano-Napoli, si evidenzia che la normativa vigente, in particolare la legge n. 1188 che risale al 1927, detta organiche disposizioni sull'affissione di lapidi, sull'installazione di monumenti e di ricordi permanenti siti in luoghi pubblici o aperti al traffico, quali strade e piazze. Monumenti, lapidi o altri ricordi non possono essere, in realtà, dedicati a persona se non deceduta da almeno dieci anni, salva la facoltà di deroga concessa dal Ministro dell'interno in casi eccezionali.
In virtù di queste disposizioni l'autorizzazione per l'apposizione di una stele con la targa commemorativa per Gabriele Sandri ricade tra le competenze del prefetto Pag. 45di Arezzo, acquisiti i pareri del comune di Civitella in Val di Chiana e della società Autostrade.
La società Autostrade per l'Italia e l'ANAS hanno già espresso il proprio assenso, informandone sia il prefetto sia il comune per le determinazioni di loro competenza. Pertanto, si è in attesa del parere favorevole del comune interessato e delle decisioni finali che vorrà assumere il competente Ministero dell'interno.

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di replicare.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, mi dichiaro solo parzialmente soddisfatta e ringrazio il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che ha analizzato la problematica e mi ha fornito una solerte risposta.
Credo che la burocrazia non possa fermare questa richiesta. Dalla risposta si evince chiaramente che vi è stato un rallentamento nel fornire risposte, la cui responsabilità ricade sia in capo al comune di Civitella Val di Chiana sia in capo al prefetto di Arezzo.
So che il prefetto di Arezzo è di nuova nomina, perché si è verificato un avvicendamento recente. Pertanto, mi auguro che il nuovo prefetto abbia tutto il tempo per valutare la decisione di concedere il nulla osta per l'affissione della targa.
La burocrazia non può fermare questa iniziativa che è un'iniziativa sentita. Ricordiamo tutti lo scalpore suscitato, nel mondo dello sport, dall'uccisione di questo ragazzo che era seduto nel sedile posteriore dell'autovettura, stava dormendo e andava in trasferta per seguire la sua squadra del cuore. So anche che ci sono state delle petizioni con migliaia e migliaia di firme che hanno coinvolto i tifosi di tutta Italia. Spesso e volentieri si parla delle divisioni e delle violenze tra i tifosi, ma questo è un caso nel quale tutti gli amanti dello sport e del calcio nonché tutte le tifoserie sono concordi nell'affissione di questa targa.
Vi è questo limite di dieci anni, ma mi risulta che sia stato superato molte volte e nella pratica esistono targhe affisse per persone uccise anche se è trascorso un periodo inferiore ai dieci anni. Pertanto, penso proprio che si debba affiggere questa targa, anche in merito al forte consenso che questa interpellanza urgente ha registrato, poiché è stata firmata da 44 parlamentari e ha visto moti di assenso, su questo punto, che si sono registrati in tutta Italia.
Credo che tale vicenda non si possa assolutamente equiparare ad altri casi e la motivazione mi sembra risibile, a fronte di un ragazzo ucciso da un agente di polizia che, pensando di essere nel far west, prendeva la mira e lo uccideva. Dunque, tale uccisione non può essere paragonata alle vittime degli incidenti stradali, cui va ovviamente tutto il nostro rispetto, ma sicuramente la causa della loro morte va a collegarsi, appunto, con gli incidenti stradali. Quello di Gabriele Sandri, invece, è un evento straordinario ed eccezionale, mai avvenuto - a quanto mi risulta - nelle autostrade italiane e, pertanto, è giusto che questa targa sia affissa, non solo per ricordare Gabriele, ma anche e soprattutto per lanciare un monito contro la violenza nel mondo dello sport.
È importante, dunque, che vi sia una concertazione tra gli organi che devono in questo momento decidere. Mi auguro che questa interpellanza urgente possa davvero fare riflettere e accelerare l'affissione di questa targa in quella piazzola autostradale che ha registrato, purtroppo, in quella mattina l'uccisione di un giovane tifoso.

(Iniziative di competenza del Governo al fine di garantire un corretto utilizzo degli autovelox sulla strada statale Agrigento-Palermo - n. 2-01007)

PRESIDENTE. L'onorevole Vincenzo Antonio Fontana ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01007, concernente iniziative di competenza del Governo al fine di garantire un corretto utilizzo degli autovelox sulla strada statale Agrigento-Palermo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

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VINCENZO ANTONIO FONTANA. Signor Presidente, dobbiamo considerare che la sicurezza stradale nasce da un insieme di norme, di attenzioni e comportamenti che, combinandosi, rendono le strade più o meno sicure e che la differenza tra la strada sicura ed una pericolosa sarà sempre legata alla condotta dell'automobilista che vi transita. Una campagna di comunicazione che punti all'educazione e alla sicurezza, come quella adottata dal Ministero competente, non poteva prescindere anche dal coinvolgere tutti i soggetti interessati, chiamandoli in prima persona a mantenere comportamenti corretti. Ogni misura adottata per fare rispettare le norme che puntano a garantire la sicurezza sulla strada deve comunque apparire funzionale ai veri obiettivi che si perseguono, senza dare assolutamente la sensazione di voler vessare i cittadini, che attraversano la strada statale 189 Agrigento-Palermo, con accorgimenti che, a volte, hanno poco a che vedere con una guida sicura.
Diventa infatti sempre più pressante la protesta dei cittadini, raggiunti da un numero veramente sproporzionato di contravvenzioni elevate lungo questa strada e si fa riferimento proprio alla decisione delle amministrazioni comunali di Castronovo e di Lercara Friddi di installare gli autovelox fissi con limiti di velocità che sono estremamente ridotti in tratti di strada dove francamente questo non è assolutamente giustificato. Questa misura, infatti, obbedendo più ad esigenze di fare cassa che alla necessità di rispettare misure di sicurezza, penalizza oltremodo tutti gli autisti e tutti coloro i quali, per ragioni di lavoro o per altre ragioni, attraversano questo tratto di strada. Infatti, non si vuole contestare assolutamente l'uso degli autovelox, ma questi strumenti, ad avviso del sottoscritto, ma anche degli altri interpellanti, non possono rappresentare una trappola artatamente predisposta per sorprendere l'automobilista, quanto piuttosto devono servire semmai a educare tutti gli automobilisti e soprattutto i più giovani al rispetto delle regole e ad essere assolutamente molto cauti, soprattutto in una strada considerata «la strada della morte» per gli innumerevoli incidenti che vi sono stati.
Inoltre, sappiamo che la nostra Sicilia è una terra nella quale non esistono collegamenti viari adeguati, né esistono snodi autostradali; l'unico collegamento autostradale è in corso di realizzazione tra Agrigento e Caltanissetta, ma la strada statale 189 Agrigento-Palermo è una vecchia strada, peraltro con notevoli attraversamenti che mettono veramente a rischio la vita dei cittadini e degli automobilisti.
L'intenso traffico su questa strada non consente di contestare l'effetto deterrente degli stessi strumenti di controllo sulla velocità, anche se lascia fortemente perplessi proprio l'accanimento con cui alcuni comuni fanno uso di questi sistemi in alcune zone della rete viaria che non presentano caratteristiche tali da imporre limitazioni così basse.
Il numero delle contravvenzioni, comunque elevate anche per infrazioni minime, ha finito per convincere i cittadini che si tratti di provvedimenti che hanno come unico obiettivo quello di far cassa, piuttosto che di rendere l'attraversamento più sicuro.
Quindi, credo che sarebbe opportuno che l'ANAS, in qualità di proprietaria della strada, prima di dare il suo nulla osta, svolgesse gli accertamenti necessari per stabilire la congruità delle limitazioni di velocità imposte. Sarebbe anche opportuna una maggiore attenzione da parte dei prefetti di Agrigento e di Palermo, che hanno l'autorità per fare svolgere quelle indagini che riterranno opportune ed eventualmente per agire nei confronti di quelle amministrazioni locali che utilizzano questi sistemi solo per colpire le tasche dei cittadini anziché per garantire la sicurezza.
Quindi, vogliamo sapere quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di assicurare il giusto equilibrio in relazione alla necessità di garantire la sicurezza della strada, rimuovendo quelle condizioni che sembrano vessatorie, che poco incidono sul comportamento Pag. 47virtuoso degli automobilisti e che si traducono spesso in un elevato costo accessorio per chi è costretto a percorrere quell'arteria che già ha fatto pagare prezzi molto elevati in termini di vite umane (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevole interrogante, vorrei confermarle che questa è una legislatura dedicata alla sicurezza stradale con ripetuti provvedimenti, sia del Ministero dell'interno sia soprattutto con l'approvazione del nuovo codice della strada, la legge 29 luglio 2010, n. 120, approvata dal Parlamento a fine luglio dello scorso anno, una legge che ha modificato ben 60 articoli del codice della strada tutti volti a modificare il comportamento alla guida che, come lei sa, rappresenta il 75 per cento delle cause dell'incidentalità stradale. Quindi, l'attenzione del Governo, sia del Ministero dell'interno che del Ministero per le infrastrutture e i trasporti, al tema della sicurezza stradale, le garantisco, è massima.
Come noto, gli articoli 25 e 36 della legge 29 luglio 2010, n. 120 hanno provveduto ad individuare l'ambito applicativo dei dispositivi misuratori della velocità. In tale materia, già con un'apposita direttiva del Ministero dell'interno dell'agosto 2009 - altro provvedimento di questa legislatura - sono state dettate le istruzioni operative riguardanti l'utilizzo delle apparecchiature di controllo e le modalità di accertamento delle violazioni per eccesso di velocità dei veicoli.
L'esercizio delle apparecchiature di rilevamento delle infrazioni è ricompreso nell'ambito dell'espletamento dei servizi di Polizia stradale di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), del nuovo codice della strada e qualora emergano comportamenti ritenuti non corretti, questi devono essere segnalati al Ministero dell'interno cui compete il coordinamento dei servizi di Polizia stradale da chiunque espletati.
Per quanto riguarda i criteri di installazione, per i dispositivi di rilevamento a distanza delle violazioni è vigente l'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito dalla legge 1 agosto 2002, n. 168 e successive modifiche. In particolare, tale disposizione prevede che, nella individuazione delle strade o tratti di esse, diverse dalle autostrade e dalle strade extraurbane principali, lungo le quali è possibile il rilevamento a distanza delle violazioni, i prefetti tengano conto del tasso di incidentalità e delle condizioni strutturali, planoaltimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo dei veicoli senza pregiudizio per la sicurezza della circolazione, la fluidità del traffico e la incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. Tali criteri sono stati peraltro già esplicitati nelle circolari emanate in data 3 ottobre 2002 dal competente Dipartimento per la pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Per quanto riguarda l'impiego dei dispositivi di misura della velocità, l'organizzazione del servizio e la scelta dei punti da controllare rientrano nelle facoltà dell'organo di Polizia stradale procedente, nel rispetto della predetta circolare del 2009.
Per quanto concerne poi l'imposizione dei limiti di velocità, l'articolo 142 comma 2 del nuovo codice della strada consente agli enti proprietari di strade di stabilire limiti diversi entro i valori massimi fissati dal medesimo articolo 142, comma 1, in relazione ai vari tipi di strade, secondo le direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A tal proposito, il Ministero che rappresento ha impartito precise istruzioni in merito sia con la circolare del 14 giugno 1979 che con la direttiva 24 ottobre 2000. In particolare viene stigmatizzata l'imposizione di limiti massimi di velocità localizzati non giustificati dalle effettive condizioni della strada o da esigenze di sicurezza.
Il Ministro dell'interno, nel richiamare l'attenzione sulla necessità di un maggiore Pag. 48sforzo organizzativo ed operativo per assicurare la tutela della sicurezza stradale e la riduzione degli incidenti correlati anche al fenomeno dell'eccesso di velocità, ha affidato alle Prefetture il compito di monitorare il fenomeno dell'eccesso di velocità e di pianificare le pertinenti attività di controllo, affinché esse rappresentino uno strumento effettivo di prevenzione. La direttiva ha poi individuato nella conferenza provinciale permanente l'ambito privilegiato nel quale definire le strategie e il momento di sintesi per la verifica dei risultati.
In proposito, in tutte le province si sono tenute riunioni della citata conferenza, cui hanno partecipato i rappresentanti della polizia stradale, dell'Arma dei carabinieri e dei comandi di polizia municipale. In tali occasioni sono stati individuati, nel territorio di ogni provincia, i punti critici lungo la rete stradale caratterizzati da una maggiore incidentalità per consentire alle autorità interessate di coordinare le attività di accertamento degli eccessi di velocità mediante l'impiego di apparecchiature di rilevamento. Nell'ambito della conferenza, come riferito sempre dal Ministero dell'interno, è stato costituito un osservatorio per il monitoraggio degli incidenti stradali con il compito di verificare lo stato delle principali arterie stradali del territorio provinciale di competenza, elaborare le statistiche sui sinistri stradali e procedere alla ricognizione delle apparecchiature autovelox presenti sul territorio di competenza. Mi sono dilungato molto nella prima parte, perché la sicurezza del traffico nel nostro Paese riguarda tutte le province. Nello specifico, in merito alla strada statale 189 Agrigento-Palermo sono stati rilevati da parte della sola polizia stradale più di cento incidenti, oltre a quelli segnalati dalle altre forze dell'ordine nel corso del 2010. In relazione all'elevato indice di rischio per la sicurezza stradale riscontrato nella citata arteria, il Ministero dell'interno, anche al fine di ridurre il numero degli incidenti causati dall'eccesso di velocità, ha ritenuto opportuno intensificare l'attività di tutela della sicurezza stradale con particolare riferimento ai limiti di velocità. In tale ottica di contrasto alle condotte di guida non rispettose dei suddetti limiti e che costituiscono pericolo per la sicurezza stradale, i comuni di Lercara Friddi e Castronovo di Sicilia hanno recentemente installato apparecchiature fisse per la rilevazione automatica della velocità al km 14,500 e 6,500, mentre i restanti comuni di Bolognetta, Ciminna, Misilmeri, Vicari, Villabate e Villafrati hanno optato per l'utilizzo di postazioni mobili. Si soggiunge al riguardo che, proprio al fine di elaborare un'adeguata strategia di potenziamento della sicurezza nel citato tratto viario, nell'ambito dell'osservatorio istituito in seno alla conferenza permanente è stato predisposto, da parte della polizia stradale di Palermo, un calendario per la pianificazione dell'attività di prevenzione e contrasto all'eccesso di velocità, mediante l'utilizzo alternato delle postazioni, fisse e mobili, per i vari comuni. L'iniziativa, che a breve sarà estesa a tutti i comuni della provincia che utilizzano apparecchiature elettroniche per il rilevamento della velocità, tende ad evitare il rischio che l'automobilista possa essere soggetto a più controlli nel medesimo tratto viario. Con particolare riferimento ai criteri per la fissazione dei limiti di velocità, la polizia stradale di Palermo ha avviato specifici contatti con i responsabili dell'ANAS al fine di verificare l'adeguatezza dei predetti limiti in relazione all'indice di incidentalità e alle condizioni del traffico che influiscono sulla sicurezza della circolazione per apportare eventuali correzioni che si rendessero necessarie. Giova segnalare, inoltre, che sulla strada statale 189, sia nella direzione Agrigento-Palermo che in quella opposta, sono presenti numerosi cartelli che indicano il limite di velocità consentito oltre alla «presegnalazione» di postazioni di rilevamento elettronico della velocità. Ciò consente agli automobilisti di adeguare gradualmente la velocità, evitando in questo modo brusche decelerazioni. In tale ottica, la prefettura di Palermo ha avviato contatti con i comuni interessati e l'ANAS al fine di potenziare ulteriormente la segnaletica stradale già Pag. 49esistente. Infine, la stessa prefettura di Palermo, nell'ambito delle iniziative avviate in seno alla conferenza permanente, ha promosso la programmazione di specifiche attività di ricognizione dei limiti di velocità volte a valutare l'opportunità di procedere ad un'eventuale revisione dell'attuale decreto prefettizio che autorizza i comuni all'utilizzo di sistemi di controllo remoto delle violazioni, come l'autovelox, senza la necessità di effettuare la contestazione immediata.

PRESIDENTE. L'onorevole Vincenzo Antonio Fontana ha facoltà di replicare.

VINCENZO ANTONIO FONTANA. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatto della risposta del sottosegretario. Tra l'altro, la prima cosa che ci sta a cuore è proprio la sicurezza delle strade, soprattutto delle nostre strade, che sono, come le dicevo nella interpellanza, veramente poco sicure. So bene che questo Governo ha fatto tanto per la sicurezza. Abbiamo votato un provvedimento sulla sicurezza proprio in quest'Aula, quindi c'è stato anche il nostro voto. Considerato che sulle nostre strade vi sono state tante vittime, lei capisce che la vita e la sicurezza dei nostri cittadini sta veramente a cuore di tutti noi.
Però, ciò che non tollero, che non tolleriamo e che non tollerano neppure i nostri concittadini sono gli atteggiamenti vessatori nei riguardi degli automobilisti che, soprattutto per ragioni di lavoro, sono costretti ad attraversare quotidianamente quella strada e che si vedono recapitare, quasi ogni quindici giorni, una contravvenzione per il superamento dei limiti di velocità previsti che, a mio parere, sono sproporzionatamente bassi e, tra l'altro, - scusi se posso sembrare presuntuoso - posti in zone con il solo intento di colpire i cittadini per «fare cassa». Questo mi indigna come cittadino, come ex amministratore locale e come parlamentare.
Quindi, la pregherei, se fosse possibile, di consultare anche i prefetti che hanno la responsabilità di autorizzare i comuni al posizionamento degli autovelox fissi perché a questi ultimi, poi, devono aggiungersi, come lei ha già ricordato, anche gli autovelox mobili. La strada in questione è veramente, per fortuna, molto presidiata anche dalla polizia stradale che utilizza gli autovelox mobili che, certamente, a mio parere, sono molto più utili in quanto non viene posta una segnaletica di preavviso, dunque l'automobilista non sa della presenza dei suddetti autovelox, anche perché il loro posizionamento cambia di volta in volta e, quindi, possono cogliere di sorpresa il cittadino, il che è ancora più utile.
Bisognerebbe evitare, invece, il posizionamento di autovelox fissi, posti a distanza molto ravvicinata, che prevedono un limite di velocità che, a mio parere, diventa molto pericoloso perché sulle strade a scorrimento veloce, dove è consentita una velocità di 90 chilometri orari, improvvisamente ci si può imbattere nella previsione di un limite di 50 chilometri orari, il che significa frenare bruscamente proprio per evitare di incorrere nella sanzione e ciò può essere anche causa di incidenti, come è già successo.
La pregherei, ove fosse possibile, di evitare che si verifichino altri incidenti e si continui a vessare l'automobilista che è costretto ad attraversare questa arteria (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Rinvio dell'interpellanza urgente Franzoso n. 2-00992)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Franzoso n. 2-00992, concernente orientamenti del Governo circa l'individuazione di risorse a favore del comune di Ginosa (Taranto) colpito dall'esondazione del fiume Bradano, è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative a sostegno della regione Marche recentemente colpita da eccezionali precipitazioni - n. 2-00993)

PRESIDENTE. L'onorevole Agostini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Ventura Pag. 50n. 2-00993 concernente iniziative a sostegno della regione Marche recentemente colpita da eccezionali precipitazioni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente, il 27 e 28 febbraio ed il 1o marzo nella regione Marche vi è stata una grande calamità naturale, un'alluvione, che ha interessato tutto il territorio regionale.
Vi è stata una precipitazione che da tanti anni non si ricordava così consistente e che ha riguardato un territorio molto vasto che corrisponde a tutto il territorio della regione Marche e della provincia di Teramo.
I dati forniti dalla Protezione civile sono molto pesanti: 52 zone allagate, 3 vittime, 113 persone evacuate, 70 strade interrotte, 43 località senza energia elettrica. Le prime stime fatte dai comuni circa l'entità dei danni causati sono di 480 milioni di euro, ai quali bisogna aggiungere le stime che si stanno redigendo in relazione al settore agricolo che, da una prima sommaria valutazione, dovrebbero addirittura far raddoppiare la suddetta cifra già definita.
Vi sono state alcune zone, alcune località, particolarmente colpite. Di questo evento ha risentito, soprattutto, la zona calzaturiera, dove le piccole e medie imprese sono in ginocchio.
Vi è stato il danneggiamento della costa, da Pesaro fino a San Benedetto del Tronto, proseguendo oltre sino alla costa dei paesi del teramano, molto colpita, con grave pregiudizio delle imprese turistiche e balneari.
I comuni sono fortemente in crisi, già vessati dai tagli dei precedenti provvedimenti di questo Governo, e non riescono a far fronte alle immediate necessità per riaprire strade e togliere le frane. Sono, quindi, veramente in uno stato di grande difficoltà.
Il Governo ha approvato lo stato di calamità - di questo gliene diamo atto - ma, come previsto dal provvedimento amministrativo prodotto dal Governo con il riconoscimento dello stato di calamità, la regione Marche dovrebbe rientrare ed esordire con la cosiddetta tassa sulle disgrazie, che è stata introdotta nel milleproroghe. Infatti, secondo lo stesso atto amministrativo, la regione dovrebbe fare una manovra di bilancio; qualora ciò non fosse possibile, si dovrebbe rimettere mano all'aumento delle aliquote (fino al massimo delle aliquote IRPEF ed IRAP); se questo non fosse ulteriormente sufficiente, si dovrebbe aumentare di cinque centesimi la benzina e, solo dopo avere effettuato questo tipo di manovre, si potrebbe eventualmente rientrare nel Fondo nazionale di protezione civile.
Si capisce, evidentemente, che i provvedimenti proposti sono inaccettabili e inapplicabili, almeno per quanto riguarda la nostra regione Marche. Uno stato di grave difficoltà si andrebbe ulteriormente ad accrescere con un aumento delle tasse e verrebbe quindi a mancare il principio di solidarietà, che ha sempre animato questo Paese nei grandi momenti di difficoltà.
Noi chiediamo con questa interpellanza che venga interpretata la norma contenuta nel milleproroghe e che venga prorogato il termine, in attesa che possano essere emessi i decreti attuativi di questo principio. Chiediamo, dunque, che la regione Marche per questa calamità, per le difficoltà e la criticità che incontra, venga trattata almeno alla stessa stregua della regione Veneto. Abbiamo immediatamente necessità, come sostengono i dati della Protezione civile e lo stesso presidente della regione, che si è incontrato con il sottosegretario Letta, di almeno 80 milioni di euro per far fronte alle prime necessità e per rimettere in una condizione di normalità la nostra regione.
Chiediamo, quindi, con questa interpellanza di poter procrastinare l'entrata in vigore della cosiddetta tassa prevista nel milleproroghe e che la regione Marche possa essere trattata alla stessa stregua della regione Veneto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

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BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli interpellanti, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato, concernente l'ondata di maltempo nelle regioni Marche e Abruzzo nei primi giorni di marzo 2011, in conformità con quanto comunicato dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si fa presente quanto segue.
Nei giorni dal 1o al 6 marzo 2011 eventi meteorologici diffusi, di forte intensità, con fenomeni alluvionali e franosi, hanno interessato tutte le province della regione Marche e, in Abruzzo, principalmente il territorio della provincia di Teramo. Nonostante l'allarme della Protezione civile sia stato diramato in tempo utile per consentire di attivare tutte le misure di sicurezza necessarie, tali fenomeni hanno creato tre vittime, gravi danni a strutture e soprattutto a infrastrutture pubbliche e private, oltre che a infrastrutture di servizio (ad esempio acquedotti, depuratori, telecomunicazioni) ed alle attività produttive.
In particolare, nella regione Marche si sono verificati i fenomeni di piena, aggravati dalle condizioni meteo-marine che hanno ostacolato il deflusso a mare, determinando esondazioni, allagamenti e mareggiate lungo tutto il tratto di costa regionale con diffusi fenomeni franosi. Due delle zone maggiormente colpite dal maltempo sono state Casette d'Ete e la zona industriale di Corridonia, dove ha ceduto il ponte sul torrente Fiastrone.
La regione Marche ha effettuato una prima stima dei danni segnalati dai comuni interessati per circa 480 milioni di euro. Tale valutazione riguarda le spese per interventi effettuati durante l'emergenza, per la riparazione di beni immobili e di infrastrutture, i danni segnalati dai privati e danni alle attività produttive.
Inoltre, l'amministrazione regionale marchigiana, nelle more di poter effettuare una stima più accurata, soprattutto per quanto riguarda le criticità geologiche, ha chiesto la delibera dello stato di emergenza.
Per quanto riguarda, invece, la regione Abruzzo, da una prima ricognizione effettuata sulla base delle segnalazioni pervenute, i danni che si sono riscontrati nella provincia di Teramo riguardano soprattutto la viabilità, sia provinciale che di competenza dell'ANAS. In particolare, la strada di collegamento tra Teramo e il mare è stata interessata da un parziale crollo della carreggiata a seguito dell'erosione spontanea del fiume Tordino e la strada provinciale n. 8 è stata chiusa per danni strutturali con cedimenti alle pile del ponte sul Salinello, in località Villa Ricci. Anche il ponte sulla strada provinciale n. 10, in località Villa Maggi, è stato chiuso per evidenti danni strutturali ed è stata segnalata la rottura del ponte sulla strada provinciale n. 17 di collegamento tra i comuni di Sant'Omero e Campli. L'entroterra teramano ha subito danni per allagamenti a causa di dissesti e frane: sono stati danneggiati la rete idrica della provincia di Teramo e gli impianti di depurazione.
In seguito alle situazioni di criticità verificatesi il 10 marzo scorso, il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza fino al 31 marzo 2012, sia nella regione Marche che nel territorio della provincia di Teramo. Riguardo all'utilizzo del Fondo della Protezione civile per fronteggiare le situazioni emergenziali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 24 febbraio 1992 , n. 225, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quinquies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, il milleproroghe, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2011, n. 10, le ordinanze che il Presidente del Consiglio emana ex articolo 5 della legge n. 225 del 1992, vengono emanate per gli aspetti di carattere finanziario di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
A seguito del citato decreto-legge n. 225 del 2010 e in particolare dell'articolo 2, comma 2-sexies concernente l'obbligo da parte dei commissari delegati di Pag. 52sottoporre al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti i provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, il Dipartimento della protezione civile, in data 14 marzo 2011, ha diramato a tutti i commissari delegati una circolare recante le necessarie indicazioni operative concertate con la suddetta Corte dei conti per garantire uniformità di comportamento da parte delle strutture commissariali.
Per quanto concerne la corretta interpretazione delle norme introdotte con la legge n. 10 del 2011, modificative dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e se le stesse siano applicabili all'emergenza in questione, si rappresenta che è in via di emanazione una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri volta a chiarire la portata applicativa delle nuove disposizioni in materia di Protezione civile.
Ai sensi dell'articolo 5, comma 5-quater e 5-quinquies della citata legge n. 225 del 1992, a fronte di uno degli eventi contemplati dall'articolo 2, comma 1, lettera c), da considerarsi di rilevanza nazionale per l'intensità e l'estensione degli stessi, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è anzitutto la regione interessata a dover reperire le risorse finanziarie necessarie per poter far fronte ai fabbisogni occorrenti e conseguenti all'evento stesso, attraverso l'utilizzo delle disponibilità finanziarie del bilancio regionale ovvero, qualora lo stesso bilancio non rechi sufficienti disponibilità, mediante aumenti di tributi addizionali e aliquote o maggiorazione di aliquote attribuite alla regione, sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente.
Inoltre, qualora i predetti aumenti non siano sufficienti, la regione può elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, fino a un massimo di 5 centesimi per litro ulteriori rispetto alla misura massima consentita. Nel caso di dimostrata insufficienza dei richiamati mezzi di copertura finanziaria, la regione può chiedere al Dipartimento della protezione civile l'accesso alle risorse del Fondo nazionale di Protezione civile. In caso di inadeguatezza di tale fondo, può essere disposto, previa valutazione del Ministero dell'economia e delle finanze, il reintegro, a valere sul Fondo di riserva per le spese impreviste. In tal caso, il Fondo di riserva sarà a sua volta corrispondentemente reintegrato con le maggiori entrate derivanti dall'aumento di aliquote di accise, disposto con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, come previsto dal richiamato comma 5-quinquies.
Ciò premesso, le nuove disposizioni si applicano a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 10 del 2011, di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010 e pertanto anche ai provvedimenti che saranno adottati per far fronte ai recenti eventi alluvionali.
A tal proposito, in ordine alla predisposizione di apposite ordinanze di Protezione civile ed alla prima quantificazione dei danni, si segnala che le regioni interessate dovranno comunicare una prima stima degli oneri, gli interventi necessari e le misure che intendono attuare, in applicazione del comma 5-quater, per quanto di loro competenza, anche al fine del reperimento delle necessarie risorse finanziarie.
Riguardo, poi, al rischio idrogeologico nel territorio marchigiano, in data 25 novembre 2010, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha sottoscritto con la regione Marche un Accordo di programma finalizzato all'individuazione, al finanziamento ed alla attuazione di interventi urgenti prioritari in difesa del suolo per la mitigazione del rischio idrogeologico. Il suddetto accordo ha previsto un finanziamento di 76 interventi prioritari per la mitigazione del rischio da frana, da alluvione e da erosione costiera, per un importo complessivo di circa 56 milioni di euro. Tali interventi sono stati individuati dalla regione Marche e condivisi con la Direzione generale del suddetto Dicastero e con il Dipartimento Pag. 53della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le autorità di bacino interessate.
Inoltre, nell'Accordo di programma, sono stati individuati interventi di prevenzione per la difesa idrogeologica per oltre il 60 per cento delle zone colpite dagli eventi di dissesto degli ultimi giorni, relativi alla sistemazione delle zone franose e delle zone terminali dei principali corsi d'acqua. Sono stati inseriti anche interventi di difesa della costa e di rifacimento artificiale delle spiagge, nonché le procedure per eventuali riprogrammazioni delle risorse economiche, anche sulla base di eventi sopravvenuti.

PRESIDENTE. L'onorevole Vannucci, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, sono assolutamente insoddisfatto, ma devo testimoniarle anche la mia delusione perché l'evento calamitoso che è stato illustrato dall'onorevole Agostini è avvenuto il 27 febbraio. Noi entriamo in Aula il 24 marzo; noi l'interpellanza l'avevamo già presentata, ma la Presidenza del Consiglio ci chiese di poterla rinviare per avere ulteriori elementi e, quindi, per venire con una risposta quanto mai positiva. Apprendiamo, invece, dalla risposta che ci ha dato il sottosegretario Giachino, che essa è assolutamente negativa.
Da una parte il sottosegretario ha detto che è in via di emanazione una direttiva della Presidenza del Consiglio, quando, invece, signor sottosegretario, purtroppo la Presidenza del Consiglio ha emanato la direttiva. In che caso ci troviamo noi? Il cosiddetto milleproroghe, la legge n. 10, è del 26 febbraio 2011, mentre la calamità è del 27 febbraio 2011. Un giorno dopo. Eravamo stati facili profeti nel denunciare questa tra le norme vergogna del cosiddetto milleproroghe. La norma, come ci ha confermato il sottosegretario, dice esattamente questo, ossia che, in caso di calamità, le regioni se le pagano. Salta il principio della solidarietà nazionale, salta assolutamente, per un Paese come l'Italia che, invece, si è sempre distinto proprio nei momenti più difficili.
La norma prescinde della dimensione e, allora, io le parlo della nostra regione, delle Marche, una regione piegata, messa a terra nel suo sistema industriale, nel sistema agricolo, nel sistema turistico delle coste. Non ci sono più coste per l'apertura della stagione balneare e la regione è messa a terra anche nel suo sistema infrastrutturale. Abbiamo, con la nostra interpellanza, riferito al Governo la nostra preoccupazione. Qui è a rischio la coesione sociale, è a rischio il modello marchigiano.
Perché dico a prescindere dalla dimensione? La nostra è una regione di un milione e mezzo di abitanti, per cui anche quando avesse attivato tutte le norme considerate e aumentato l'addizionale IRPEF all'1,4 per cento - le segnalo che è già all'1,4 nelle Marche, tranne che per le fasce più basse -, in base alla norma secondo la quale anche a chi ha 15 mila euro di reddito si applicherebbe l'1,4 per cento, che cosa sarebbe successo? Le manovre di bilancio, dopo i tagli che ci sono stati, che risultati potrebbero dare? Dovremmo aumentare di 5 centesimi la benzina e solo dopo il Governo interverrebbe. Ma lei, signor sottosegretario, non ci ha detto come e per quanto il Governo è in grado intervenire. Quanto c'è nel Fondo nazionale di Protezione civile? Come si intende far fronte alle risorse? Ma è possibile così, in questo modo, scaricare un evento che costa 500 milioni di euro su una regione di un milione e mezzo di abitanti?
Cosa avevamo detto con la nostra interrogazione? La norma è del 26. L'evento è del 27. Possibile che i nostri «soloni», che hanno proposto questa norma, siano così sicuri del suo effetto, che sia giusta questa norma? Allora abbiamo detto fermiamola un attimo. Ha bisogno di norme applicative, ha bisogno di decreti attuativi, perché dobbiamo subito applicarla?
Vi segnalo tra l'altro che le regioni potranno impugnare questa norma davanti alla Corte costituzionale. Si creerà un contenzioso. Cosa facciamo nel frattempo? Pag. 54Risarciamo le aziende che hanno avuto i danni o no? Hanno bisogno di essere risarcite e di riprendere la loro attività, ripristiniamo i ponti che lei ha elencato? Non vi avevamo chiesto una cronistoria. Risistemiamo le strade, le colture che si sono perse in campo agricolo? Diamo degli indennizzi, ricostruiamo le coste per riaprire la stagione balneare? Questo lei, sottosegretario, non ce l'ha detto e noi rimaniamo in questa situazione. Le dico che il provvedimento verrà impugnato dalla regione e, quindi, nel frattempo non si potrà fare niente perché la regione non potrà affrontare la situazione con le sue forze.
Allora voglio segnalarle, signor Presidente, dal momento che conosco la sua sensibilità, che su questa materia abbiamo già prodotto alla Presidenza del Consiglio un parere pro veritate del professor Valerio Onida che afferma che la norma, così com'è stata applicata, non è stata applicata bene. Infatti la modifica che abbiamo approvato alla legge sulla Protezione civile va applicata in modo che le regioni fanno fronte con le proprie risorse quando la calamità è di entità regionale ma, con il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale, la calamità diventa nazionale e, quindi, quella norma non è interpretata correttamente.
Vede quale complessità c'è intorno a questo problema e quindi la certezza che lei ci ha dato in questa risposta che le ha fornito - lo so bene - la Presidenza del Consiglio, a nostro avviso, non è corretta. Ad esempio, perché non fare un accenno al patto di stabilità degli enti locali? Allora qui comuni e province sono colpiti dal punto di vista infrastrutturale, pur avendo peraltro anche disponibilità di cassa, cioè hanno fondi che non possono spendere perché non possono, com'è noto, superare il tetto che prima era stabilito nel 2007 e poi della media che abbiamo stabilito quest'anno. Non possono spenderli pur avendoli. Allora deroghiamo magari a questa norma, autorizziamo le province e i comuni, per le opere infrastrutturali conseguenti alle calamità, ad erogare tali risorse e a derogare al patto. Ma questo non c'è stato detto, non c'è questa volontà.
L'ultima osservazione che vorrei segnalarle, signor Presidente, perché la ritengo grave è la seguente: tutti i parlamentari delle Marche, di tutti gruppi parlamentari del PdL e del PD, della Lega, dell'UdC, hanno scritto al Ministro Tremonti in data 15 marzo segnalando questo problema, dicendo che c'è una norma entrata in vigore il 26 febbraio, e una calamità verificatasi il 27 e che bisogna chiarirsi. Ebbene questa mattina ho sollecitato di nuovo la richiesta al Ministro e quest'ultimo praticamente se ne è lavato le mani.
Questo è gravissimo: mi ha detto che è una questione che riguarda la regione. Ormai è legge. Mentre noi sappiamo che questo Paese è legato alle decisioni del Ministro dell'economia e delle finanze. Noi sappiamo che questa norma è stata scritta ed è stata formulata per volontà del Ministero dell'economia e delle finanze, che non si può quindi trattare in questo modo una comunità regionale ma soprattutto non si può, Presidente Lupi, condannare una comunità operosa come la nostra che ha avuto questa sfortuna di subire una catastrofe tra le più grosse che abbiamo conosciuto. È stata assolutamente superiore al terremoto che abbiamo condiviso con la regione Umbria per l'entità dei danni. Il sottosegretario l'ha ricordato, la catastrofe ha fatto anche tre vittime e quindi riteniamo di dover ritornare assolutamente sopra questo argomento attraverso una mozione che proporremo a quest'Aula.
Vedremo poi in Aula quanti saranno i parlamentari che possono condividere questo principio di fondo, che è contenuto in questa norma, secondo il quale ognuno si paga le sue disgrazie, ognuno si paga le sue calamità. Dobbiamo assolutamente modificarla. Avevamo l'occasione per dare una diversa interpretazione - infatti la norma non è immediatamente applicabile, per quello che dicono fior di costituzionalisti e ve ne ho citato uno, il professor Onida - per prevenire possibili contenziosi. Questo passaggio non lo avete voluto Pag. 55fare, speriamo lo possiate fare prossimamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza volte a far luce su una violenza che sarebbe avvenuta all'interno dei locali della stazione dei carabinieri del quartiere Quadraro di Roma - n. 2-00994)

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00994, concernente iniziative di competenza volte a far luce su una violenza che sarebbe avvenuta all'interno dei locali della stazione dei carabinieri del quartiere Quadraro di Roma (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio scorso una giovane donna, di 32 anni se non sbaglio, è stata fermata per furto di un abito dai carabinieri e portata alla stazione dei carabinieri del quartiere Quadraro di Roma, dove è stata trattenuta in stato di fermo in attesa dell'udienza di convalida. A seguito di questa notte in cella la donna ha poi denunciato di essere stata vittima di abusi sessuali nella stessa caserma.
È evidente che eventuali responsabilità per fatti penalmente rilevanti che dovessero emergere dall'attività istruttoria in corso e della quale abbiamo oltretutto aggiornamenti inquietanti, sarebbero ovviamente individuali. Tuttavia è importante che l'accertamento e i provvedimenti conseguenti siano rigorosi, affinché nessuna ombra possa calare sull'operato e sulla credibilità dei carabinieri.
Dico questo perché nello stesso quartiere del Quadraro, nei giorni successivi all'emergere della notizia, vi sono state delle proteste degli abitanti dello stesso quartiere molto sentite e anche piuttosto partecipate, con lancio di uova contro la caserma stessa, manifestazioni che ovviamente non sono minimamente condivisibili, ma che segnalano uno stato d'animo tra i cittadini di Roma in particolare, che sono sottoposti ad una serie di violenze soprattutto sulle donne in questi ultimi mesi, crescenti e sempre più preoccupanti, e un clima in generale di costante insicurezza nella città, che certamente non viene favorito da notizie e da sospetti di questo tipo.
In più il clima in questione non è circoscritto soltanto alla città di Roma, ma in occasione dell'8 marzo vi sono state iniziative analoghe - deplorevoli, ma comunque vi sono state - nella città di Torino, con atti ostili nei confronti delle caserme dei carabinieri. Siccome sappiamo che i carabinieri svolgono un ottimo lavoro in Italia e all'estero, nelle missioni internazionali, credo che sia utile che questo Parlamento sappia quali iniziative i ministeri competenti stanno adottando non soltanto per garantire una totale trasparenza ed una facilità di accesso da parte degli inquirenti alle informazioni utili per le indagini, ma anche e soprattutto quali azioni i ministeri stanno intraprendendo per tutelare l'immagine del Corpo dei carabinieri.
È vero che i tre carabinieri in questione sono stati sospesi a scopo precauzionale dal Comando generale dei carabinieri lo scorso 5 marzo, con un certo ritardo rispetto all'emersione della notizia. È vero anche che il vigile urbano, presente anch'esso durante l'atto, è stato sospeso ma molto tardivamente, troppo tardivamente, soltanto dopo ripetuti interventi di esponenti del Partito Democratico anche in consiglio comunale.
È importante, però, che su questa vicenda si faccia chiarezza, non soltanto dal punto di vista giudiziario, perché se anche emergesse che non vi è stata violenza sessuale, ma - come sembra sia la linea difensiva dei carabinieri accusati - «solo» abuso di autorità, credo che sia molto grave che i cittadini italiani e le cittadine italiane soprattutto possano concepire e possano pensare che le autorità politiche di questo Paese e le istituzioni di questo Paese concepiscano come possibile il fatto che una donna in stato di fermo in una caserma dei carabinieri possa anche volontariamente intrattenere un rapporto Pag. 56sessuale, in un momento in cui la propria libertà personale è limitata, in un momento in cui evidentemente è in condizione di inferiorità, se non fisica (ma in realtà anche fisica), psicologica molto evidente.
Obiettivamente credo che sia un dovere delle istituzioni di questo Paese, a partire dai ministeri competenti, reagire di fronte alle parole di uno dei carabinieri che sono state pubblicate dalle agenzie di stampa qualche giorno fa, che ha dichiarato a scopo difensivo: «Abbiamo sì bevuto un po', le abbiamo offerto da bere, ma non era ubriaca, era consenziente».
Tutto questo si è svolto all'interno di una caserma dei carabinieri. Al di là dell'eventuale rilevanza penale di questi comportamenti - che, devo dire la verità, però, mi sembra ormai piuttosto accertata - vi è una responsabilità della politica e delle istituzioni di questo Paese nel rassicurare i cittadini italiani che l'Arma dei carabinieri tutta reagisce in modo fermamente contrario a questo tipo di atteggiamenti, al netto, appunto, delle responsabilità penali, e che questo tipo di atteggiamenti e di comportamenti non sono assolutamente da ripetersi in nessun caso nel nostro territorio nazionale.
Ne va non soltanto della sicurezza dei cittadini e delle cittadine di questo Paese, ma ne va soprattutto ed anche del buon nome e della tutela dell'ottimo lavoro che i carabinieri stanno svolgendo - lo ripeto - su tutto il territorio nazionale e nelle missioni internazionali. Non si può permettere che episodi, comportamenti e parole di questo tipo offuschino un'azione altrimenti fondamentale per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevole Mogherini Rebesani, leggo la risposta preparata dal Dipartimento per i rapporti con il Parlamento e, quindi, non le do una risposta politica, che è implicita nelle cose: l'impegno del Governo per quanto riguarda la sicurezza è massimo e assoluto.
In relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato da lei, onorevole Mogherini Rebesani, concernente la violenza sessuale ai danni di una donna in stato di fermo presso la stazione dei carabinieri di Roma al quartiere Quadraro, e in conformità a quanto comunicato dai Ministeri della difesa e della giustizia, si fa presente quanto segue.
Il comando generale dell'Arma dei carabinieri ha comunicato che il 24 febbraio 2011, la signora Sara ha presentato una denuncia presso la stazione dei carabinieri di Roma Cinecittà, dichiarando che, nel corso della nottata del giorno medesimo, mentre era ristretta in una camera di sicurezza dell'omologo reparto di Roma Quadraro, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto, eseguito da militari dell'Arma il giorno precedente per furto aggravato ai danni di un supermercato, sarebbe stata costretta, da tre o quattro individui, uno dei quali in uniforme, a ingerire una sostanza alcolica e a subire rapporti sessuali.
Le indagini, condotte dal nucleo investigativo del comando provinciale di Roma e coordinate dalla locale procura della Repubblica, sono tuttora in corso e gli atti relativi sono stati secretati dall'autorità giudiziaria procedente.
I militari coinvolti nella vicenda, sono stati dapprima inviati in servizio provvisorio in altre stazioni del comando provinciale dei carabinieri e, successivamente, trasferiti d'autorità, per incompatibilità ambientale, in reparti della linea mobile.
Il 5 marzo 2011, gli stessi sono stati sospesi precauzionalmente dall'impiego per motivi disciplinari, con provvedimento del comando generale dell'Arma emesso ai sensi dell'articolo 917, comma 2, del decreto legislativo n. 66 del 2010.
Inoltre, da quanto riferito dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma in relazione ai suddetti fatti commessi in data 24 febbraio 2011, a Pag. 57Roma è stato iscritto il procedimento penale n. 9407, contestandosi ai tre indagati la violazione degli articoli 61 n. 9, 609-octies, 609-ter comma 1, nn. 2 e 4, del codice penale e ad un quarto indagato la violazione degli articoli 40, 61 n. 9, 609-octies, 609-ter comma 1, nn. 2 e 4, del codice penale.
Allo stato - così come precisato dalla procura - le indagini sono svolte in stretta collaborazione con la VI Sezione del Reparto operativo - Nucleo investigativo di Roma e sono indirizzate ad accertare la veridicità dei fatti narrati dalla parte offesa oltre che ad acclarare le modalità di svolgimento degli stessi.
Nell'ambito del citato procedimento si segnala, altresì, che nei confronti dei quattro indagati la procura ha avanzato richiesta di misura cautelare per esigenze investigative, ai sensi dell'articolo 274, lettera a), del codice di procedura penale.
Il competente GIP ha, tuttavia, rigettato tale richiesta, ritenendo «che la maggior parte delle esigenze investigative sia stata già espletata e che ulteriori indagini - quasi tutte di natura tecnica ed alcune anche irripetibili - non sarebbero in alcun modo compromesse dallo stato di libertà degli indagati».

PRESIDENTE. L'onorevole Touadi, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, la nostra è un'insoddisfazione totale, non solo perché avremmo gradito che ci fosse in Aula, con tutto il rispetto per il sottosegretario Giachino che ringraziamo per la sua presenza e per la relazione che ha svolto, un esponente del Ministero competente. Siamo però abituati, signor Presidente, a questa formula di non rispetto per il Parlamento. Questa mattina il Presidente del Consiglio non era in Aula e oggi, per questa interpellanza che noi riteniamo urgente, importante, non c'è il Ministro competente.
La nostra insoddisfazione nasce proprio dalle prime parole pronunciate dal sottosegretario. Vede, sottosegretario, lei ci ha letto cose che avremmo potuto apprendere direttamente dalla cronaca giudiziaria; sapevamo infatti come sono andate le indagini, le stiamo seguendo con molta attenzione ma non è questo che è in gioco, non possiamo accontentarci di quella che lei chiama una risposta implicita. Avremmo voluto avere una risposta esplicita del Governo riguardo alle valutazioni politiche di questa vicenda.
Vede, signor Presidente, la fiducia dell'opinione pubblica italiana per le forze dell'ordine si aggira intorno all'88 per cento; in un momento di crisi delle istituzioni il popolo italiano esprime una grande fiducia nelle forze dell'ordine e quindi questo episodio è una ferita importante nel rapporto di fiducia tra cittadini e garanti dell'ordine pubblico. L'Arma gode di grande stima non solo in ragione della sua presenza capillare sul territorio a presidio della legalità ma anche per la professionalità e il senso dello Stato che i membri dell'Arma dei carabinieri dimostrano.
L'episodio del Quadraro a Roma, a danno di una donna che si trovava in un momento di particolare vulnerabilità della sua vicenda esistenziale, è un episodio allarmante perché viene dopo le tristi vicende dei carabinieri coinvolti nella vicenda Marrazzo in corso di accertamento, dopo che, all'interno di questa città, crescono gli episodi di violenza a danno delle donne. Questo episodio avviene, mi permetterete di citarlo, in un momento in cui c'era una grande mobilitazione culturale e sociale nel Paese, di riflessione proprio sul corpo della donna, una riflessione culturale sul rapporto tra corporeità e sessualità, tra potere e corporeità, tra donne e uomini in questo Paese.
Ebbene, proprio in questo momento una donna è stata violentata ed è stata violentata due volte: non perché ciò sia avvenuto all'interno di una cella di sicurezza dei carabinieri ma perché, come spesso sta avvenendo nei nostri tribunali, ancora una volta c'è questo presunto consenso che sarebbe stato dato a una violenza consumata da tre carabinieri e un vigile urbano che è stato chiamato a Pag. 58questa specie di consenso carpito con la consumazione di bevande alcoliche. Questa donna è stata violentata due volte: una volta in caserma e una volta dalle dichiarazioni che parlano di una specie di consenso; una doppia violenza che sta avvenendo troppo spesso nei tribunali della Repubblica.
Questa interpellanza è per tutelare quel bene prezioso che è il rapporto di fiducia tra Stato e cittadino; non bisogna interpellare Hobbes per sapere che lo Stato si fonda proprio sul fatto di delegare il compito esclusivo del monopolio della violenza alle forze dell'ordine, compito che viene sottratto quindi ai privati cittadini.
Quando mi trovo nelle mani delle forze dell'ordine mi devo sentire tutelato come persona e come cittadino. Invece questa donna sotto l'ombrello delle istituzioni ha subito la più grande delle violenze: la violenza della sua integrità fisica, della sua integrità psicologica come donna e come persona. Ricordo che il reato di stupro è un reato non contro la morale, come lo era una volta, ma un reato contro la persona.
Siccome i carabinieri sono anche una forza molto stimata all'estero - hanno infatti conquistato un grande prestigio all'estero per la loro professionalità - noi vogliamo garanzie effettive che questo prestigio dell'Arma dei carabinieri venga tutelato dall'autorità politica, e che si impedisca che all'interno dell'Arma possa crescere sempre di più quel virus per il quale dei tutori dell'ordine possano in qualche modo ritorcersi contro i cittadini.
Vorrei inoltre fare un'annotazione locale: la partecipazione del vigile urbano di Roma a questo stupro di massa. Abbiamo dovuto aspettare tre o quattro giorni per avere una condanna ufficiale. Ricordo, invece, che per molto meno, quando l'amministrazione era guidata da Walter Veltroni, abbiamo sospeso il comandante del corpo della polizia municipale, solo per il fatto di aver utilizzato un tagliando di ingresso nel centro storico risultato rubato o smarrito. Non si tratta di una questione solo penale, ma di moralità pubblica.
Governo e maggioranza, vi preghiamo, quindi, di restituire a questo Paese il prestigio dell'Arma dei carabinieri, che è un bene importante per i nostri territori. Vi preghiamo, soprattutto, di restituire ai cittadini la serenità che, mai e poi mai, sotto l'ombrello delle istituzioni, l'integrità fisica delle persone venga violata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative per fronteggiare l'emergenza amianto in Sicilia - n. 2-00959)

PRESIDENTE. L'onorevole Germanà ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00959, concernente iniziative per fronteggiare l'emergenza amianto in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, signor sottosegretario, credo di essere un parlamentare fortunato - lo dico sempre - perché eletto in Sicilia, e perché vivo e rappresento una delle coste più belle della Sicilia e forse d'Italia, che è la fascia tirrenica della provincia di Messina a ridosso dei monti Nebrodi, con di fronte quelle meraviglie che sono le isole Eolie. Proprio quella stupenda zona, la costa del messinese, con una fortissima vocazione turistica, negli anni passati, purtroppo, è stata massacrata da insediamenti industriali, che inizialmente avevano fatto credere ad una soluzione dei problemi occupazionali; poi, però, gli stessi insediamenti hanno fatto piangere tante famiglie per i decessi che hanno provocato, dovuti alla produzione e all'uso di amianto.
È necessario fare un breve excursus cronologico relativo all'impiego dell'amianto, che, in ragione delle ottime caratteristiche chimiche e meccaniche, è stato utilizzato sin dagli anni Ottanta nella fabbricazione di oltre tremila prodotti, anche unito ad altri materiali in diverse percentuali. Si tratta di prodotti di tutti i tipi, e, per inciso, vorrei ricordarne qualcuno tra i più diffusi: tubi per acquedotti, fognature, lastre, fogli di cemento-amianto - che tutti conosciamo - mattonelle per Pag. 59pavimentazioni, frizioni, freni per automobili e prodotti vari per attrito, con un elenco infinito.
A fronte di questo massiccio utilizzo del minerale, questo materiale reca con sé un paradosso eclatante: la polvere e le fibre di asbesto sono estremamente pericolose per la salute umana. Già nel 1900, in Inghilterra, fu descritta la prima malattia che venne riconosciuta come provocata dalla polvere di amianto e denominata asbestosi. Nel dettaglio, si tratta di una fibrosi polmonare causata dall'esposizione professionale - quindi continuativa - alle polveri contenenti amianto.
Dopo questa breve introduzione preme esporre la circostanza che, in Italia, la lotta alla fibra killer ha preso le mosse dalla legge n. 257 del 27 marzo 1992, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto. Essa fu la prima ad occuparsi anche dei lavoratori ad esso esposti, e ha fissato alla data del 28 aprile 1994 il divieto per l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto e di prodotti contenenti amianto. Infine, occorre ricordare che, oltre alla vigente normativa italiana, lo Stato italiano ha attuato anche la direttiva comunitaria 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto.
Tutto ciò premesso, voglio sottolineare il caso siciliano, considerato che nella regione Sicilia si registrano ogni anno 400 decessi accertati per cancro alla pleura e sono state presentate addirittura 36.000 domande di risarcimento da parte di alcune categorie di lavoratori che sono state a contatto con l'amianto.
A tal proposito, abbiamo sottoscritto con parecchi colleghi questa interpellanza urgente, chiedendo di conoscere quali iniziative e quali impegni voglia assumere il Governo e quali azioni verranno implementate per fronteggiare l'emergenza amianto in Sicilia.
Ci riferiamo, in particolare, a quella zona del messinese citata nell'interpellanza (ovvero quella di Milazzo e del comprensorio della valle del Mela: San Filippo del Mela, Pace del Mela, Villafranca e tutti quei paesini limitrofi) dove era situata la fabbrica ex Sacelit, industria che in una frazione di San Filippo del Mela, in provincia di Messina, ha prodotto in Sicilia tubi, contenitori e lastre a base di amianto e che si è meritata il triste appellativo di «fabbrica della morte». Infatti, addirittura, su un totale di 220 dipendenti assunti nel periodo di attività dell'azienda soltanto 8 non si sono ammalati di patologie polmonari.
Ci riferiamo, inoltre, alla società Pirelli di Villafranca Tirrena, sempre in provincia di Messina, i cui ex dipendenti hanno lavorato sottoposti a rischio di amianto e debbono, quindi, essere beneficiari dei diritti previdenziali previsti soprattutto in ragione del terrificante dato che, su circa 1.000 ex dipendenti, sono stati già registrati più di 300 decessi e, dopo 16 anni dal licenziamento e dal pensionamento, sono ancora in attesa di sorveglianza sanitaria. L'INAIL di Milazzo sta conducendo le relative pratiche con un atteggiamento che definirei di scarsa sensibilità, e qui mi fermo.
Mi avvio alle conclusioni sottolineando anche che la disciplina vigente prevede che le ex ASL, adesso ASP, si attivino per dare avvio ai censimenti e alle mappature dei fabbricati in cui è presente amianto e che i proprietari degli immobili informino le ASL al riguardo.
Concludo, signor sottosegretario, segnalando la grande urgenza di individuare un mezzo di smaltimento che non sia l'interramento, ma un vero impianto all'interno del quale i prodotti dell'amianto vengano trattati a temperature elevatissime (1.200-1.300 gradi) ricavandone un prodotto da utilizzare, eventualmente, anche come additivo in edilizia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Pag. 60Signor Presidente, onorevole Germanà, confermo - da piemontese - la bellezza della sua isola.
La questione esposta nell'atto parlamentare presentato, relativa agli effetti prodotti dall'amianto nell'ambito del territorio siciliano, investe diverse competenze in relazione alle ricadute sul piano sanitario, ambientale, previdenziale e risarcitorio. Tali interventi, pertanto, sono riconducibili - sulla base della vigente normativa - a diverse amministrazioni competenti, sia a livello centrale che territoriale.
In premessa, può essere utile ricordare che, già all'indomani della messa al bando, con la legge n. 257 del 1992, di questo minerale che, per le molteplici proprietà, è stato in passato diffusamente impiegato in contesti diversi, si sono aperti numerosi fronti critici taluni dei quali, come il corretto smaltimento e la bonifica dei siti di impiego, ancora oggi non del tutto risolti.
A questo proposito, va considerato che l'amianto o, meglio, l'esposizione all'amianto può produrre effetti in lassi temporali molto ampi e questo spiega perché attualmente, malgrado, come detto, il suo utilizzo sia cessato da quasi due decenni, molte questioni rimangono ancora aperte sotto il profilo delle malattie asbesto-correlate (sia a carico dei lavoratori che talvolta anche dei loro familiari).
Come è noto, al fine di definire un quadro completo dei siti contaminati e dei rischi ad essi associati, è stato introdotto lo strumento della mappatura dell'amianto con specifico riferimento a quelle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di tale minerale.
A questo proposito, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che coordina tale attività, ha individuato, con un proprio atto regolamentare (decreto ministeriale n. 101 del 2003) i soggetti, gli strumenti e le fasi per la realizzazione di tale mappatura, nonché i criteri per l'attribuzione del carattere di urgenza agli interventi di bonifica.
In applicazione del citato decreto, lo stesso Ministero dell'ambiente ha deliberato il trasferimento alla regione siciliana di risorse finanziarie - per un importo pari a circa euro 300.000 - da destinare alla realizzazione della mappatura dell'amianto presente nel territorio insulare.
Ad oggi, tuttavia, non sono ancora disponibili i risultati di tale ricognizione. In proposito, il Ministero della salute ha reso noto che tali dati, non appena disponibili, verranno analizzati e discussi nell'ambito di una delle prossime riunioni del Gruppo di studio amianto (GSA), insediato presso una delle direzioni generali del Ministero stesso.
In particolare, il 16 febbraio scorso, nel corso dell'ultima riunione del gruppo di studio amianto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito i dati in proprio possesso relativi alle mappature amianto regionali. Tali dati hanno messo in evidenza che il primo stanziamento (pari a 9 milioni di euro) è stato utilizzato - sulla base di criteri prestabiliti - nella misura del 50 per cento per gli interventi urgenti di bonifica o messa in sicurezza e per il restante 50 per cento per la realizzazione delle mappature volte ad individuare le situazioni di maggiore rilevanza sulla base di quanto segnalato da ciascuna regione. Una nuova riunione del gruppo di studio amianto è stata programmata per il prossimo 29 marzo per la valutazione di ulteriori iniziative che possano essere adottate in materia.
Per quanto concerne, poi, le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza, emergenza e bonifica, con particolare riferimento alla Sicilia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha reso noto di aver autorizzato il finanziamento di interventi di bonifica di particolare urgenza, da effettuarsi nel territorio di alcuni comuni della regione siciliana che presentavano particolari criticità.
In relazione all'azienda ex Sacelit (oggi Punto Industria srl), espressamente richiamata nell'atto parlamentare, va considerato che già alla fine del 2006, i funzionari del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi del Pag. 61supporto tecnico dell'ISPESL e del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, avevano effettuato un sopralluogo per una prima definizione dello stato di inquinamento dei luoghi e della eventuale contaminazione da amianto, al fine di valutare l'opportunità di realizzare interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale del sito.
Premesso quanto già a conoscenza dell'onorevole interpellante, informo che a seguito del sequestro disposto dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta dell'azienda sono state definite - di concerto con l'ISPESL - le modalità per la decontaminazione delle merci in deposito e che, solo a seguito delle attività di bonifica di tali merci, è stato disposto, nell'ottobre 2007, il dissequestro dell'area.
Si è provveduto pertanto a realizzare tutti gli interventi di messa in sicurezza degli edifici nonché al rilascio del certificato di restituibilità degli stessi da parte dei competenti organi (ASL e ARPA).
Nella conferenza dei servizi del marzo 2008 si è provveduto ad approvare, in conformità alla normativa vigente - la legge n. 152 del 2006 - il piano di caratterizzazione presentato dalla ex Sacelit. L'azienda ha, tuttavia, ottemperato solo in parte alle richieste formulate in seno alla conferenza medesima.
Successivamente, nell'ambito della conferenza di servizi dello scorso settembre, è stata evidenziata la mancata esecuzione del campionamento e dell'analisi dello spessore del cosiddetto top soil, ossia i primi 10 centimetri di suolo, spessore in cui, peraltro, si concentra la maggior parte della contaminazione da amianto.
Alla luce dell'incompleta esecuzione delle indagini di caratterizzazione, che non consente di avere un quadro completo e reale della contaminazione presente nei suoli, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alla ex Sacelit di procedere all'effettuazione dei predetti campionamenti nonché alla ricerca di amianto sui campioni prelevati.
Solo a seguito della trasmissione delle analisi mancanti nonché della validazione dei dati della caratterizzazione da parte dell'Agenzia regionale per l'ambiente, si potrà prendere atto dei risultati della caratterizzazione eseguita nei siti di interesse.
Per quanto concerne il profilo previdenziale, è opportuno chiarire che l'accertamento dell'esposizione qualificata all'amianto dei lavoratori, che ne agevola l'uscita dal lavoro, è competenza esclusiva dell'INAIL, che provvede a certificarla sulla base delle valutazioni e degli accertamenti tecnico-scientifici effettuati dalla propria struttura tecnica, la Contarp.
L'erogazione della prestazione viene, invece, concretamente effettuata dall'ente previdenziale di appartenenza al quale il lavoratore, una volta in possesso della certificazione rilasciata dall'INAIL, deve presentare domanda di pensione.
Riguardo alla ulteriore segnalazione richiamata nell'atto parlamentare, in merito all'operato della sede di Milazzo dell'INAIL, si rappresenta che l'istituto non ha finora rilevato alcuna irregolarità nell'operato della propria sede territoriale, né sono state accertate condotte difformi rispetto alle direttive impartite a livello centrale per l'istruttoria delle malattie professionali asbesto correlate.
L'INAIL ha, pertanto, evidenziato che le patologie asbesto correlate vengono valutate caso per caso dai propri medici legali, sulla base della documentazione fornita dall'assicurato o acquisita dai vari soggetti istituzionalmente coinvolti.
Per fugare ogni dubbio in merito alla imparzialità dell'INAIL su tale delicata questione, l'istituto ha espressamente precisato che la normativa vigente attribuisce compiti di sorveglianza sanitaria per gli esposti ed ex esposti all'amianto esclusivamente alle ASL territorialmente competenti, in qualità di organi di vigilanza in materia.
Per quanto attiene alle competenze della regione siciliana, si rappresenta che presso la presidenza della Regione è stato istituito un apposito tavolo tecnico allo scopo di affrontare le diverse questioni Pag. 62connesse alla esposizione all'amianto, con particolare riferimento agli ambiti territoriali ricadenti nelle province di Messina, Caltanissetta e Siracusa. L'ente regionale ha altresì reso noto che è stato istituito un ufficio speciale per lo smaltimento dell'amianto.
In conclusione, a testimonianza dell'attenzione da sempre riservata alle vittime degli effetti nocivi dell'amianto, vorrei ricordare che la legge finanziaria per il 2008 ha previsto un Fondo per le vittime dell'amianto, istituito presso l'INAIL, al fine di erogare un beneficio economico in favore di coloro che hanno contratto patologie asbesto correlate a causa dell'esposizione all'amianto e alla fibra fiberfrax nonché, in caso di premorte, ai loro superstiti. Tale beneficio, in particolare, si sostanzia in una prestazione economica aggiuntiva alla rendita in godimento, fissata in una misura percentuale della stessa.
Per dare concreta attuazione a tale previsione è stato recentemente adottato (lo scorso 12 gennaio) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il relativo regolamento attuativo. In tale provvedimento viene stabilito che, per gli anni 2008, 2009 e 2010, la prestazione aggiuntiva è fissata nella misura del 20 per cento della rendita.
Lo Stato concorre al finanziamento del Fondo con uno stanziamento di 30 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009 e di 22 milioni di euro, a decorrere dal 2010. Tale finanziamento rappresenta i tre quarti della spesa complessiva, mentre la restante parte è posta a carico delle imprese operanti nei settori di attività lavorative comportanti esposizione all'amianto.

PRESIDENTE. L'onorevole Germanà ha facoltà di replicare.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la puntuale relazione e per tutto quello che ci ha detto. Mi dichiaro anche abbastanza soddisfatto per le risposte che ci ha dato, anche se vorrei fare qualche osservazione.
È vero che è stato introdotto lo strumento della mappatura dell'amianto in riferimento a quelle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di questo minerale, però purtroppo è anche vero che in Sicilia questo ancora non è mai stato applicato. È vero che il Ministero ha trasferito la somma di 300 mila euro da destinare alla realizzazione della mappatura dei siti nel nostro territorio, con l'augurio che detto lavoro venga finalmente effettuato e che si possa giungere ad una precisa quantificazione dell'amianto esistente. Tuttavia dobbiamo certamente fare una raccomandazione - se così la possiamo chiamare - e cioè che non possiamo dimenticare gli ex dipendenti di quella fabbrica, della ex Sacelit, che sono andati in pensione prima dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 e che sono rimasti esclusi dai benefici previdenziali, pur avendo lavorato per ben venti o trenta anni.
In ultimo, condivido un po' meno la risposta in merito all'INAIL di Milazzo, che non riguarda solo la struttura di Milazzo. Mi risulta infatti che l'INAIL, nell'operare i controlli medici relativamente alla richiesta di riconoscimento delle malattie professionali (non sto parlando di sorveglianza sanitaria, che è compito dell'APS), ha sicuramente interesse, pur essendoci la documentazione, a non riconoscere o ad assegnare un punteggio inferiore al 6 per cento in quanto fino al 5 per cento non è remunerabile.
Chiedevo su questa base che la valutazione e il riconoscimento della malattia professionale o di un'eventuale rendita al coniuge superstite fosse valutata dai medici dell'ASP e non dai dirigenti medici dell'INAIL, che hanno interessi evidenti in quanto ente erogatore. Infatti, tutti i pareri negativi formulati dai medici dell'INAIL vengono poi ribaltati nei ricorsi legali e riconosciute le esposizioni alle patologie. Volevo dunque una spiegazione a tale riguardo, perché si tratta di semplici medici nominati dal giudice che non hanno comunque alcun interesse in quanto non sono enti erogatori.

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(Iniziative in ordine alla nota ministeriale del 14 marzo 2011 relativa alle classi di concorso delle materie letterarie nelle scuole secondarie di II grado - n. 2-01012)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-01012, concernente iniziative in ordine alla nota ministeriale del 14 marzo 2011 relativa alle classi di concorso delle materie letterarie nelle scuole secondarie di II grado (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, qualche tempo fa l'Italia dei Valori interrogò il Ministro sullo stesso argomento per il quale oggi ancora una volta chiediamo venga fatta chiarezza. Il problema è, come allora, il riesame delle classi di concorso per l'insegnamento negli istituti secondari di secondo grado.
Le classi di concorso delle materie letterarie in questi istituti, secondo la dicitura tradizionale tutt'ora vigente sono le seguenti: A052 lettere, latino e greco al liceo classico, A051 lettere, latino nei licei e istituti magistrali, A050 lettere negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Questa suddivisione di classi di concorso riguardante quindi le materie letterarie serve ad assegnare i docenti nelle diverse tipologie di istituti secondari. C'è da rilevare anche che dalle tabelle dei decreti ministeriali del 2 marzo 1972 e del 3 settembre 1982 e la n. 39 del 30 gennaio 1998 risulta un quadro di associazioni delle classi di concorso ai diversi insegnamenti dei vari istituti superiori molto preciso e dal quale non si può chiaramente prescindere. In particolare: classe A052 italiano, latino, greco, storia, educazione civica e geografia al ginnasio del liceo classico, quindi latino e greco al triennio. Pertanto la classe di concorso A052, molto specifica, prevede competenze idonee all'insegnamento proprio nel liceo classico.
Per la classe A051, italiano, latino, storia, educazione civica e geografia, al biennio del liceo scientifico; quindi italiano e latino al triennio del liceo classico e scientifico e italiano, latino, storia, educazione civica e geografia al primo anno dell'istituto magistrale. Latino e storia al triennio.
Infine, la A050, materie letterarie negli istituti magistrali, istituti tecnici, istituti professionali, licei artistici, istituti d'arte e istituti per la decorazione e l'arredo della chiesa. È escluso chiaramente l'insegnamento sia al classico che allo scientifico. Tanto è dovuto per maggiore chiarezza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

ANITA DI GIUSEPPE. Bisogna rimarcare che ogni classe di concorso più alta possiede i requisiti professionali ed i titoli necessari per insegnare nelle classi inferiori, si tratta delle famose abilitazioni a cascata secondo il decreto ministeriale n. 54 del 1998. Quindi la classe di concorso più alta fra le tre è proprio la A052, che è abilitata all'insegnamento delle materie letterarie in qualsiasi istituto secondario inferiore o superiore.
Fino all'entrata in vigore della riforma delle superiori - la riforma attuata dal Ministro Gelmini -, le classi di concorso che ho poc'anzi elencato erano considerate atipiche solo in rare eccezioni, ad esempio al triennio del liceo classico. Al liceo classico l'insegnamento del latino era assegnato sia alla classe A052, visto che è una classe che ha l'abilitazione specifica per l'insegnamento nel liceo classico, sia alla A051, ma in modo non legittimo, perché gli insegnanti appartenenti a questa classe di concorso potevano insegnare anche al liceo classico per garantire sia all'insegnante sia agli studenti l'omogeneità dei consigli di classe e delle sezioni.
Quindi, come abbiamo fatto notare all'inizio del mio intervento, il gruppo dell'Italia dei Valori già la scorsa primavera fece presente al Ministro queste incongruenze. Il Ministro prestò attenzione perché Pag. 64accolse questa problematica, ma il problema è che il 14 marzo del 2011 il MIUR di nuovo, come se niente fosse, ha stabilito con questa nota che per il prossimo anno scolastico la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti dei primi due anni degli istituti superiori per effetto della riforma Gelmini ripropone la stessa questione.
Quello che deriverà da questa decisione sarà l'indiscutibile limitazione delle possibilità lavorative per i docenti che appartengono alla classe di concorso A052, che è proprio la classe di concorso che possiede le competenze specifiche.
C'è da dire che tali limitazioni erano tollerate fino al precedente anno scolastico, perché era consuetudine dei dirigenti scolastici attribuire le cattedre di lettere in questo modo: per gli istituti professionali e tecnici, attingendo dalla classe di concorso A050; per i licei, escluso il ginnasio del classico, attingendo dalla classe A051; per i ginnasi dei licei classici, attingendo esclusivamente dalla A052; per il triennio del liceo classico, per italiano e latino, dalla A051, mentre per il latino e greco, dalla classe di concorso A052.
Ancora una volta, temiamo che in questo rimescolare si arrivi di nuovo ad un disordine. A questo punto risulta tutto stravolto ancora una volta, nonostante abbiamo fatto presente questa situazione al Ministro già l'anno scorso.
Ora che cosa chiede l'Italia dei Valori ancora una volta? Vuole sapere se il Ministro intende ritirare la nota del 14 marzo 2011 e rivedere le diciture delle classi di concorso, in modo da permettere a chi ha titoli maggiori di avere almeno le stesse opportunità lavorative delle altre classi di concorso, cioè della A050 e della A051, oppure lasciare il liceo classico ad esclusivo appannaggio della classe di concorso A052 (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, la revisione degli assetti ordinamentali del secondo ciclo di istruzione in attuazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 113 del 2008, come è noto, troverà graduale applicazione dall'anno scolastico in corso a partire dalle prime classi e, dall'anno scolastico 2011-2012, anche con le seconde classi. Tra i provvedimenti da emanare in applicazione del richiamato articolo 64 vi è anche il regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso, finalizzato a rendere queste ultime più coerenti con il nuovo impianto ordinamentale del secondo ciclo di istruzione delineato dai decreti del Presidente della Repubblica nn. 87, 88 e 89 del 2010, rispettivamente per gli istituti professionali, per gli istituti tecnici e per i licei.
In attesa della conclusione dell'iter del citato regolamento sulla revisione delle classi di concorso, che, per la sua complessità, è tuttora all'esame dei soggetti a vario titolo interessati e competenti - si citano per esempio le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali, i dirigenti scolastici, i docenti -, si è reso necessario, in sede di costituzione degli organici per l'anno scolastico 2011-2012 e per le conseguenti operazioni di mobilità e di nomine in ruolo relative al medesimo anno, procedere alla conferma delle attuali classi di concorso, facendo confluire nelle stesse le discipline relative al primo e secondo anno di corso degli istituiti di secondo grado interessati al riordino.
La nota n. 272 del 14 marzo 2011, alla quale fa riferimento l'onorevole interpellante, è stata diramata al fine di consentire, nell'attuale fase transitoria, ai dirigenti scolastici e al personale interessato di avere contezza circa le modalità utilizzate ai fini della confluenza. Le tabelle allegate alla nota citata recano l'indicazione delle attuali classi di concorso, relative alle classi prime e seconde degli istituti di secondo grado, alle quali, ai sensi delle vigenti disposizioni, si applica la riforma. Pag. 65
Ovviamente le citate tabelle risultano opportunamente integrate con le discipline relative ai nuovi ordinamenti del primo e secondo anno di corso degli istituti di secondo grado. La nota precisa, altresì: «Come già fatto presente nel decorso anno, le tabelle di confluenza sopra menzionate hanno natura solo dichiarativa dell'esistente. Gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso del pregresso ordinamento devono essere trattati come insegnamenti atipici la cui assegnazione alle classi di concorso deve prioritariamente mirare a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, la ottimale determinazione delle cattedre e la continuità didattica».
Ne consegue, pertanto, che nessuna proposta di modifica, fatte salve le integrazioni conseguenti all'adozione dei nuovi ordinamenti, è stata apportata alle attuali classi di concorso con la citata nota che si limita a fotografare l'esistente.
Eventuali modifiche ed integrazioni al vigente assetto delle classi di concorso potranno essere apportate con l'apposito regolamento che, come si è già detto, è in corso di elaborazione.
Tale regolamento per un verso non potrà comportare incrementi degli esuberi dei docenti titolari e, al tempo stesso, dovrà riservare prioritariamente l'assegnazione degli insegnamenti ai docenti in possesso dello specifico titolo di studio e di abilitazione. Infatti, nell'interesse degli studenti, è sicuramente da privilegiare la presenza in classe di professionisti muniti di titoli specifici piuttosto che di docenti che abbiano conseguito abilitazioni più ampie e tali da consentire, solo in via residuale, di insegnare una specifica materia.
Come fatto presente nell'atto parlamentare cui si risponde, i docenti titolari della classe di concorso A052 sono abilitati anche per la A051 e per la A050. Ciò consente loro di potere richiedere ogni anno il passaggio su tali cattedre mediante le procedure della mobilità.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe, ha facoltà di replicare.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, signor sottosegretario, va bene che repetita iuvant, ma mi auguro di non trovarmi ancora, in futuro, a far presente la stessa situazione perché non ci intendiamo, ancora non riusciamo a capirci. In questa rivisitazione delle classi di concorso di incongruenze ve ne sono parecchie e riguardano anche la classe di concorso relativa alla matematica.
Sempre parlando, però, delle classi di concorso che interessano le materie letterarie, voglio far presente, ancora una volta, che gli insegnanti di lettere e latino, per quanto riguarda proprio l'insegnamento delle materie letterarie, verranno reclutati dalle classi di concorso A051 e A052, mentre in tutti gli altri licei, per le materie dell'ambito disciplinare di lettere, saranno reclutati esclusivamente dalle graduatorie A050 e A051 e per gli istituti tecnici e professionali esclusivamente dalla classe di concorso più bassa, ossia la A050.
Risulta, pertanto, che questa possibilità che si offre alla classe di concorso A051 di insegnare al ginnasio del liceo classico è illegittima dal momento che, come risulta dalle tabelle allegate al decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998, questo, chiaramente, non è possibile; i docenti della classe di concorso A051 non possiedono il titolo abilitante per l'insegnamento al ginnasio.
Non vogliamo togliere nulla, ma solo far presente queste illegittimità soprattutto perché non è giusto che i docenti che appartengono alla classe di concorso A052 vedano limitata la possibilità di insegnare anche in altri istituti.
Senza togliere nulla ai docenti che appartengono alle classi di concorso A050 e A051 che sicuramente avranno competenze idonee ad insegnare in altre istituti, voglio solo dire che la filologia classica parla a proposito del latino e del greco di lingue sorelle. È consequenziale, allora, che ad insegnare latino e greco al ginnasio, ma anche al triennio del liceo classico, siano proprio quegli insegnanti che hanno Pag. 66l'abilitazione idonea, vale a dire quelli che appartengono alla classe di concorso A052.
Anche per quanto riguarda il ginnasio, però, la storia greca e quella romana hanno bisogno di essere studiate attraverso un continuo rapporto tra le fonti. Anche in questo caso occorrono dei docenti che abbiano un'abilitazione specifica, quindi sempre gli stessi, ossia quelli che appartengono alla classe di concorso A052.
Però voglio far presente un altro problema. In questo scenario, oltre a penalizzare i docenti di ruolo della classe A052 che prestano da diversi anni servizio nei licei classici, ci sarà anche un'estromissione dall'insegnamento di tutti i docenti precari abilitati per la classe A052, che da anni lavorano con contratti a tempo determinato e che, all'interno delle graduatorie permanenti, non hanno la possibilità di far valere i loro diritti nei confronti dei docenti appartenenti alle classi A050 e A051, perché posseggono, sì, l'abilitazione, ma non il pieno riconoscimento del punteggio. Dunque, verranno penalizzati anche questi precari. Ora, voglio far notare che, dall'anno scolastico 2011-2012, per la prima volta, per insegnare lettere e latino al ginnasio e al liceo classico, diventerà norma utilizzare gli insegnanti che appartengono alla classe A051.
La riforma Gelmini poi ha apportato anche una riduzione delle ore di insegnamento di latino, italiano, storia e geografia nei licei e tutti gli esuberi nella classe di concorso A051 - lei lo ha fatto presente - saranno tali da costringere i dirigenti scolastici, proprio per salvaguardare la titolarità di questi docenti, ad assegnare le classi di latino e di lettere nel liceo classico al personale appartenente alla classe A051.
Purtroppo, tali incoerenze rendono evidente il modo di agire del Ministro e le illogicità che vengono messe in atto. C'è infatti confusione nella definizione di queste classi di concorso, ma non solo, signor sottosegretario, io devo fare presente anche altro. Pare che nella scuola del Ministro Gelmini tutto giri al contrario, non soltanto la rivisitazione delle classi di concorso: vi sono classi con oltre 30 alunni, alla faccia del recupero, del potenziamento e di un adeguato piano dell'offerta formativa; vi è una riduzione delle ore disciplinari e, quindi, meno tempo da trascorrere a scuola per gli alunni e chiusura delle scuole nei piccoli plessi, con cui si toglie, quindi, il futuro a quei paesi; le scuole sono poco sicure e, anzi, direi molto poco sicure; è una scuola poi in cui chi presenta una diversa normalità - ultimo fatto accaduto - non può partecipare ai giochi della gioventù, perché non ci sono i fondi necessari a garantirne l'assistenza (questa è un'altra bella cosa!); le classi di concorso sono, inoltre, confuse, come ho rilevato fino ad ora; una scuola dove, in barba alle normative comunitarie che mirano a scoraggiare i contratti a tempo determinato, si lasciano precari a vita i docenti che prestano da anni il proprio servizio all'interno della scuola.
È un quadro desolante e a rimetterci, sicuramente, è la scuola pubblica e il gruppo dell'Italia dei Valori continuerà a rimarcare questa scarsa attenzione del Governo per la scuola pubblica. Un buon Governo dovrebbe tutelare la scuola pubblica e dovrebbe investire risorse nella scuola; invece, signor sottosegretario, avete finora tagliato i fondi in maniera sistematica, avete marcato ancora di più i problemi del precariato storico e avete smantellato l'università, cancellando i fondi per la ricerca e avete lasciato a pezzi strutture e strumenti.
Voglio fare una considerazione. Mi duole farlo, ma purtroppo la devo fare. Il Premier non conosce la scuola, ma il Ministro non è da meno, perché non conosce i punti di forza e i punti di debolezza sui quali agire. I docenti, il personale ATA e i genitori si chiedono tutti dove arriverà una scuola pubblica così tanto penalizzata da questo Governo, una scuola dove i docenti vengono messi in punizione e dove, secondo quanto affermato dal Ministro, i professori sono troppi. Non si tiene conto che per fare la qualità occorre anche la quantità.
Sia serio il Premier, signor sottosegretario, punti sulla scuola come risorsa. E come deve farlo? Con finanziamenti che Pag. 67siano accuratamente programmati. Ma sia serio anche il Ministro, sostenga gli insegnanti, non li critichi come sta facendo da circa tre anni! Deve sostenerli con un adeguato percorso formativo perché non è retorico dire che gli insegnanti formano gli alunni, formano quindi menti critiche e mi auguro che non sia questo a far paura al Governo. Voglio terminare, rivolgendo un invito al Ministro: si ricordi che la valutazione riesce meglio a chi la pratica per professione ed esperienza e non a chi sta dietro una scrivania a dettar legge e poi dà dei fannulloni a tutti i docenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Rinvio dell'interpellanza urgente Garagnani n. 2-00996)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Garagnani n. 2-00996, concernente iniziative volte a garantire il diritto allo studio, evitando disparità di trattamento tra regioni. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta. Ci congediamo pertanto dal Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Guido Viceconte.

(Iniziative per l'adozione di misure a tutela delle imprese strategiche italiane contro le cosiddette «scalate ostili», nel rispetto del principio di reciprocità - n. 2-01013)

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01013, concernente iniziative per l'adozione di misure a tutela delle imprese strategiche italiane contro le cosiddette «scalate ostili», nel rispetto del principio di reciprocità (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, tra il 2000 e il 2010 sono state quaranta le operazioni che hanno trasferito dai confini nazionali il controllo delle società. In questa lista, c'è di tutto, il settore bancario, il lusso, le telecomunicazioni, l'energia, il settore immobiliare, quello aereo-spaziale, della difesa, dei giochi, il settore finanziario, quello alimentare e l'elettronica e mi permetterò, perché resti agli atti, una lettura rapidissima: Bnl, Cariparma, Friuladria, Banca Intesa, Olimpia, Italenergia Bis di Edison, Optical Technologies di Pirelli, Fastweb, Wind, RAS, Electrogen, Supermercati Gs, Eti, Intesa Sanpaolo servizi transnazionali, Intesa Sanpaolo Bank, proprietà immobiliari del gruppo RAS, Beni Stabili - Borsa italiana, Valentino Fashion Group, New Real, Api Holding Spa, Divisione Cavi di Pirelli, Agorà, Nuova Tirrena Spa, MPS assicurazioni Vita, MPS assicurazioni Danni e Fondi pensione aperti di MPS, Galbani, Appleton Papers, Montedison, SeverEnergia, Società Italiana della Distribuzione Moderna, Interbanca Spa, Fides Italia, CareStar, HanseNet Telekommunikation passata ai tedeschi (ex gruppo Telecom), Area giochi holding (ex Sisal), Nextra Investment Management, FL Selenia, Findus Italy, Felchlin, N&W Global Vending, Bertolli, Cifa e Acciaierie di Piombino.
Si tratta più o meno di 100 miliardi di euro, questo il conto dello shopping estero in Italia, al netto dei 4,3 miliardi messi sul tavolo da Louis Vuittons di Bernard Arnault per portarsi a casa il lusso romano della Bulgari e al netto della vicenda Parmalat e ovviamente anche di tutto ciò che negli anni Novanta era già cominciato con l'espatrio del made in Italy, se penso a Fendi e a Gucci. Insomma, negli ultimi venti anni, 2.600 aziende sono passate «allo straniero», lo dico tra virgolette, e solo 2.250 aziende estere sono state comprate da italiani. Questo ci dice che il confronto internazionale indica che il sistema di imprese italiane è molto chiuso sia in entrata che in uscita, che le imprese molto raramente hanno una venture capitalista nella compagine azionaria e tanto meno hanno una quota di finanziamento bancario superiore a quello degli altri Paesi. Pag. 68
Il Governo, onorevole sottosegretario, ritiene di occuparsi, in primo luogo, delle condizioni in cui le imprese operano e dei problemi di competitività di sistema? Il controllo delle imprese italiane è noto a tutti, anche al Governo: soffre di problemi antichi e mai risolti, come la sottocapitalizzazione, mentre la struttura proprietaria resta incentrata sulla famiglia, generalmente contraria all'apertura del capitale per timore di perdere il controllo. Il Governo, allora, intende promuovere iniziative per accrescere la capitalizzazione delle imprese, per favorire l'afflusso del risparmio delle famiglie verso forme di investimento azionario, sviluppando il mercato borsistico e facendo crescere il settore del venture capital e del private equity, predisponendo una strategia di politica industriale, quella che manca all'economia italiana? Onorevole sottosegretario, il Governo intende varare, sulla base del criterio di reciprocità, per evitare di incorrere in procedure di infrazione da parte di Bruxelles, norme contro le scalate ostili, come accade in Francia e in Canada?
Onorevoli colleghi, signor Presidente, rappresentante del Governo, il Governo francese è in grado di dire sì o no ad una società che intende acquisire una partecipazione o il controllo di un gruppo francese strategico; detta, attraverso norme precise di leggi nazionali, il caso delle condizioni per ottenere il nulla osta. Ha, inoltre, definito 11 settori strategici ed è stata prevista una distinzione tra aziende predatrici - così dice la legge francese - dell'Unione europea ed extraeuropee per evitare lo stop di Bruxelles. Tra le norme più forti previste da quella normativa - quella francese, perché è di questa che sto parlando -, è rilevante quella che dà alla CONSOB francese, la AMF, il potere di chiedere al presunto scalatore, anche solo in base a notizie che anticipano l'effettiva scalata, un piano dettagliato entro 48 ore. In caso di mancata risposta, è previsto un blocco di sei mesi. Come facciamo a dimenticare quello che è accaduto all'ENEL quando nel 2006 tentò di scalare Suez? Come dimenticare il caso della progettata fusione tra la spagnola Abertis e Autostrade e il tentativo di Ferrovie dello Stato italiane di entrare nelle ferrovie francesi? Ecco, queste sono le cose che sono già avvenute. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con una mossa tardiva, ha lanciato, nei giorni scorsi, l'allarme per l'escalation verificatesi nelle ultime settimane. Quali provvedimenti seriamente si intendono assumere per accelerare l'adozione di misure a tutela delle imprese strategiche italiane? Provvedimenti - ribadisco - tutti basati sulla reciprocità, nel rispetto delle regole europee, anche rifacendosi al modello della normativa che già esiste, sia in Francia, che in Canada, contro le scalate ostili.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente l'onorevole Vico ed altri, alla luce delle recenti scalate sui marchi italiani, chiedono quali iniziative si intendano assumere a tutela delle imprese strategiche italiane basate sulla reciprocità, nel rispetto delle regole europee, anche rifacendosi al modello della normativa esistente in altri Paesi, contro le scalate ostili. Al riguardo, occorre premettere che il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sancisce, tra le libertà fondamentali, costituenti il cosiddetto primo pilastro dell'Unione europea, la libertà di circolazione dei capitali. Più precisamente, l'articolo 63 vieta qualsiasi restrizione nei movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra questi ultimi e Paesi terzi. La Corte di giustizia ha, in più occasioni, dettato istruzioni agli Stati membri sulle caratteristiche che le misure nazionali restrittive dei movimenti di capitali devono presentare per superare il vaglio di compatibilità con il Trattato suddetto. In particolare, la Corte di giustizia ha sostenuto che misure nazionali suscettibili di impedire l'acquisizione di azioni di società e dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall'investire nel Pag. 69capitale di tali società possono vanificare la libera circolazione dei capitali e costituire così una restrizione ai movimenti dei capitali, ai sensi dell'articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e del diritto di stabilimento, ai sensi dell'articolo 49 del Trattato medesimo.
Gli Stati membri possono giustificare le misure nazionali restrittive della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento alla luce delle condizioni indicate agli articoli 65 e 52 del Trattato.
In particolare, la Corte di Giustizia ha stabilito che la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali giustificati da ragioni imperative di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione.
Nell'interpellanza viene citata la clausola di reciprocità; essa nell'ambito degli investimenti diretti figura solamente nella direttiva 2004/25/CE relativa alla disciplina delle offerte pubbliche di acquisto. Ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della citata direttiva gli Stati membri possono consentire alle società che adottano la passivity rule o la breakthrough rule, per opzione statutaria o per obbligo legislativo, di disapplicarle qualora i titoli da esse emesse siano oggetto di offerta pubblica di acquisto da parte di un soggetto che, in base all'ordinamento nazionale cui soggiace, non applica misure equivalenti. La legislazione nazionale, che consente alle società di non applicare le dette regole, prevede anche la clausola della reciprocità (articolo 104-ter del TUF), alla quale viene affidato il ruolo di ovviare al differente grado di contendibilità delle imprese assicurato dalla legislazione nazionale degli altri Paesi UE.
Sulla questione, la Commissione nazionale per le società e la borsa ha comunicato che la materia delle cosiddette scalate è regolata a livello europeo dalla direttiva OPA (direttiva 2004/25/CE).
Già dal febbraio 2007 la Commissione europea, con un documento intitolato Report on the implementation of the Directive on Takeover Bids si è fatta carico di implementare l'applicazione della direttiva OPA proprio in considerazione del fatto che la stessa non aveva (e non ha) ancora trovato un'applicazione omogenea all'interno dei singoli Stati membri, sia per quanto riguarda le condizioni che fanno scattare l'obbligo di lanciare un'offerta pubblica di acquisto, sia per quanto attiene alle norme che consentono di derogare a tale citato obbligo, nonché in merito ai cosiddetti diritti di squeeze-out e sell-out successivi al lancio di un'OPA.
Con riferimento, poi, alla normativa francese - di cui è cenno nell'interpellanza in esame - la Consob ha precisato che l'articolo 223-32 del Libro II (dedicato agli emittenti e alla trasparenza finanziaria) del regolamento generale dell'Autoritè des Marchés Financìers - AMF («Consob» francese), prevede che, nel caso in cui la trattazione dei titoli di una società emittente sia caratterizzata da larghe oscillazioni di prezzo o da volumi anomali, la AMF può richiedere alle persone che si ritiene stiano preparando (da sole o con altri) il lancio di un'OPA di dichiarare pubblicamente le proprie intenzioni.
Nel caso in cui le citate persone non diano seguito a tale adempimento informativo, l'articolo 223-35 vieta alle stesse di procedere al lancio di un'OPA nei sei mesi successivi.
Si soggiunge che il Consiglio dei ministri riunitosi in data 23 marzo 2011 ha approvato un decreto-legge in ordine alla proroga del termine per le assemblee societarie nei casi indicati, riservandosi di valutare l'adozione di ulteriori provvedimenti previa consultazione dell'Unione europea, se del caso.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, mi trovo di fronte ad una risposta notarile. Solo nella conclusione della risposta, che ha reso a me e agli altri sottoscrittori dell'interpellanza urgente presentata, fa cenno al decreto-legge annunciato che penso sarà pubblicato nei prossimi giorni. Quello che si capisce è una cosa abbastanza semplice Pag. 70su un doppio versante: il primo, l'obiettivo del decreto-legge così come rappresentato dalla risposta offerta alla nostra interpellanza urgente di cui sono primo firmatario è guadagnare tempo su una vicenda specifica, quella della Lactalis Parmalat, che diventa un settore strategico di fronte ad operazioni che sono aggressive, aggressive proprio come quella della Lactalis francese. Così non va bene e ci attendevamo una risposta anche più di prospettiva rispetto ai ritardi delle vicende fin qui accadute.
Manca ogni riferimento alla strategia politica di supporto all'industria italiana. Noi continueremo a sostenere misure volte ad adottare strumenti contro le scalate ostili, però occorre una strategia politica. Io parlo soprattutto per le grandi e medie aziende, che avrebbero bisogno di un aiuto programmatico per sostenere adeguatamente la competizione internazionale. Invece qui c'è ancora un vuoto. Manca il programma per la formazione, per la ricerca e per lo sviluppo.
Onorevole sottosegretario, signor Presidente, onorevoli colleghi, ma soprattutto il Governo: oggi il bilancio italiano quanto investe nella programmazione industriale? Lo 0,2 per cento? Lo 0,3, lo 0,33 per cento del PIL? Con questi numeri non andiamo da nessuna parte, non si può fare politica industriale. La sfida dovrebbe essere costruire una politica che riduce la frammentazione, che valorizza le potenzialità delle singole imprese e della filiera. In questi ultimi anni - dato che tutti citiamo la Germania - la Germania non ha tagliato dal suo bilancio il sostegno alle imprese e alle risorse umane, l'Italia invece sì.
Onorevole rappresentante del Governo, lei sa quanto me che è rimasto bloccato persino il decreto legislativo relativo agli incentivi, agli aiuti alle imprese e all'internazionalizzazione, decreto che è fondamentale in attuazione della legge n. 99 del 2009. E come se non bastasse tutto questo ragionamento che noi oggi abbiamo voluto porre con delle misure sicuramente anche urgenti e che passino per il Parlamento, l'Italia comunque ha il problema di attrarre gli investimenti esteri, che è un altro grande problema.
E cosa dire specificatamente della vicenda Parmalat, come cenno di una delle vicende che è più vicina alle nostre ore? Noi qui stiamo parlando di brevetti, di modalità di lavorazione, di impianti industriali unici, che hanno conseguito il primato di una produzione italiana, in questo caso della Parmalat e di molti prodotti che sono commercializzati. Il successo simbolico di questa vicenda, in questo caso della Parmalat e dei suoi prodotti, sta solo nella lavorazione del latte a lunga conservazione e di altri prodotti unici e lì risiede. E tutta questa unicità, questo valore tecnologico, industriale, commerciale, così importante per il Paese, sta nei suoi macchinari protetti dai segreti industriali, nel know-how, nella conoscenza, nella ricerca tecnologica.
Allora perché l'Italia non cresce? Questo poi è l'interrogativo che ci riconduce anche in ordine all'interpellanza, per come lo abbiamo posto. Infatti il problema principale dell'economia italiana e della sua scarsa crescita sta nei sospetti e nell'incapacità di collaborazione tra pubblico e privato. Il ruolo dello Stato, il ruolo del Governo in carica e dei Governi, come dice oggi Fabrizio Garimberti su Il Sole 24 Ore in un suo intervento, dovrebbe essere quello di lubrificare le ruote della carretta e spianare le strade che deve percorrere. Questo è il punto. Poi questa noi la chiamiamo - aggiungerò io - politica industriale che manca, ruolo dello Stato che manca, provvedimenti che mancano.
La sua risposta purtroppo, onorevole rappresentate del Governo, è un certificato di questa situazione: ancora una volta di ciò che manca e caso mai di un «pannicello caldo» sotto il nome roboante di un decreto e di un approccio notarile al rispetto doveroso delle leggi comunitarie e delle leggi del nostro Paese.
Ma bisogna andare oltre, coniugando la necessità di adottare provvedimenti con quella di guardare che le ragioni fondamentali sono: una politica industriale per il Paese, l'obiettivo della crescita e il ruolo Pag. 71dello Stato. Qui risiede il cuore del problema del nostro Paese, dell'Italia in Europa.
Per parte nostra, pur non apprezzando la risposta e, quindi, esprimendo insoddisfazione, rispetto all'interpellanza urgente che abbiamo posto, continueremo ad operare e vorremmo anche - userò questo termine - collaborare all'interno di una prospettiva che sia quella che l'Italia torni a crescere.

(Iniziative per la protezione del magistrato Giuseppe Lombardo e per il contrasto alla criminalità organizzata calabrese - n. 2-00988)

PRESIDENTE. L'onorevole Garavini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00988, concernente iniziative per la protezione del magistrato Giuseppe Lombardo e per il contrasto alla criminalità organizzata calabrese (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, con l'interpellanza urgente in oggetto intendiamo sottoporre all'attenzione del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno la necessità e l'opportunità di aumentare le misure di sicurezza a tutela di un giovane procuratore, il procuratore Giuseppe Lombardo, che nel giro degli ultimi dodici mesi, si è visto recapitare una serie di pericolose minacce.
È, infatti, arrivata una prima lettera minatoria il 25 gennaio dell'anno scorso, a cui ne è seguita una seconda contenente un proiettile, e quant'altro, nel maggio del 2010, per finire con una recente ed ulteriore minaccia, soltanto un involucro, intercettato dal centro smistamento delle Poste a Lamezia Terme, che non conteneva più alcuna minaccia, ma molto chiaramente un proiettile di mitragliatrice.
Partiamo dal presupposto che il procuratore Lombardo opera in una delle procure più esposte d'Italia, che, grazie al cielo, proprio per l'ottimo lavoro che porta avanti, è nelle cronache dei giornali, ormai, quasi settimanalmente, per le ottime iniziative e per gli ottimi risultati delle indagini condotte da magistratura e forze dell'ordine. Purtroppo, però, tale procura è all'ordine del giorno anche per la vicissitudine di gravi attentati che sono stati fatti.
Vorrei citare la stessa relazione della procura nazionale antimafia, di recente pubblicazione, nella quale, illustrando quella che è la situazione della 'ndrangheta, si dice quanto un dato assolutamente allarmante sia costituito dalla propensione dell'organizzazione mafiosa a commettere gravi delitti, addirittura eclatanti. Si è avuto un elemento di particolare gravità negli attentati con ordigni esplosi in danno dell'edificio della procura generale nel gennaio dell'anno scorso e, in seguito, dello stabile del procuratore generale Salvatore di Landro, e successivamente, con una serie di numerose intimidazioni a magistrati, giornalisti, e quant'altro, per non pensare, poi, al bazooka lasciato nei pressi degli uffici della stessa procura della Repubblica.
La procura nazionale parla di un'allarmante sequenza di atti intimidatori, che offre «contezza immediata della gravità della situazione ambientale in cui si trovano ad operare i magistrati del distretto calabrese, che (...) ha generato una scomposta ed inequivocabile reazione da parte della criminalità organizzata». Nell'ultimo anno, si sono registrati allarmanti segnali di un escalation di violenza, che ha visto come obiettivo primario la magistratura requirente reggina. La procura nazionale antimafia conclude dicendo che la progressione criminale si inquadra in una strategia di aggressione alle istituzioni e si manifesta in un'offensiva in atto.
Questo è il quadro generale - ripeto - ribadito anche recentemente, nelle scorse settimane, dalla procura nazionale antimafia, nel quale si colloca questa serie massiccia di minacce nei confronti di questo giovane procuratore.
Ecco perché, con la nostra interpellanza urgente, abbiamo attirato l'attenzione: ci aspettiamo che da parte del Governo vi sia una presa di responsabilità Pag. 72nei confronti di questo procuratore in una procura così esposta, che, però, sta portando a casa grandi risultati, non soltanto con riferimento agli interventi che vengono condotti nella stessa Reggio Calabria e in Calabria, ma anche attraverso quegli arresti che sono andati ben oltre i confini regionali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, la questione sollevata dagli interpellanti si inserisce nel più ampio problema della tutela della sicurezza pubblica in Calabria, con specifico riferimento alla provincia di Reggio Calabria, ove nel corso dell'ultimo anno si è dovuto registrare un innalzamento della pressione criminale della `ndrangheta che, rispetto al passato, ha assunto una fisionomia più marcatamente agguerrita e di attacco alle istituzioni.
Questa situazione ha reso necessario elevare il già sensibile livello di attenzione che il Ministero dell'interno ha sempre rivolto a quella provincia con una serie di iniziative, alcune di carattere politico ed altre di natura amministrativa, che hanno voluto lanciare un segnale preciso di non consentire pause né di disattenzione né di sottovalutazione del problema della criminalità in quella provincia.
Si colloca in questa prospettiva il vertice straordinario tenutosi il 7 gennaio 2010 presso la prefettura di Reggio Calabria con la partecipazione del Ministro dell'interno, del Ministro della giustizia, del procuratore nazionale antimafia e dei vertici della magistratura locale, appositamente convocato in seguito all'esplosione di un ordigno davanti all'ingresso principale della sede della procura generale della Repubblica presso la corte d'appello e degli uffici del giudice di pace di Reggio Calabria.
In seguito a tale vertice è stato disposto un notevole rafforzamento sia degli uomini appartenenti alle forze di polizia sia dei magistrati presso gli uffici giudiziari inquirenti di Reggio Calabria.
Per lanciare poi un ulteriore segnale si è tenuto il successivo 28 gennaio un Consiglio dei ministri straordinario che ha approvato il Piano straordinario contro le mafie che prevedeva, tra l'altro, l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Le iniziative del Governo hanno trovato una pronta risposta del Parlamento se si considera che il Piano straordinario è stato approvato dalle Camera all'unanimità.
Ciò dimostra come le istituzioni, gli uomini delle forze dell'ordine, gli apparati della magistratura, il Governo nel suo complesso, il Parlamento, hanno risposto con immediatezza al pericolo rappresentato dalla criminalità organizzata calabrese, come dimostrano i duri colpi inferti a tali consorterie criminali, anche con le operazioni degli ultimi giorni.
Rientra in questo disegno strategico del Governo anche la tutela del sostituto procuratore di Reggio Calabria, dottore Giuseppe Lombardo, considerata anche l'elevata esposizione al rischio per le delicate indagini nei confronti della criminalità organizzata.
È stata istituita, nel novembre 2007, un'adeguata misura di protezione ravvicinata tra quelle previste dalla normativa vigente: il decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito con modificazioni nella legge 2 luglio 2002, n. 133 e il decreto ministeriale del 28 maggio 2003.
Il 25 gennaio 2010, in seguito al rinvenimento di una busta allo stesso indirizzata, contenente una cartuccia ed un messaggio di carattere intimidatorio, il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, riunitosi presso la locale prefettura, disponeva l'innalzamento del livello di protezione già assicurato al magistrato, ritenendo l'evento riconducibile all'attività svolta dallo stesso. Pag. 73
Dal febbraio 2010, è stato disposto anche il rafforzamento delle misure di vigilanza presso l'abitazione del magistrato.
Il successivo 17 maggio, una seconda busta di contenuto analogo alla prima veniva intercettata presso il centro meccanizzazione postale di Lamezia Terme. In seguito a questo nuovo atto intimidatorio il dispositivo di tutela veniva esteso anche ai familiari del magistrato.
La risposta del Ministero dell'interno è stata pronta anche in seguito al nuovo atto intimidatorio, il 28 febbraio scorso, in occasione dell'apertura di una terza busta indirizzata sempre al magistrato, contenente un proiettile di mitra kalashnikov.
Infatti, il competente Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, previsto dalla citata normativa, ha interessato la locale prefettura per un ulteriore, approfondito esame degli elementi di rischio rapportati allo specifico contesto ambientale.
Il 10 marzo scorso, in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, alla presenza dei vertici della procura generale presso la corte di appello di Reggio Calabria, è stato infatti riesaminato il livello di esposizione al rischio del magistrato e confermato il dispositivo di protezione vigente assicurando, inoltre, un continuo monitoraggio della situazione.
I risultati finora raggiunti sono la prova tangibile che la strada prescelta è quella giusta e continueremo a seguirla, contrastando con ogni mezzo la criminalità organizzata calabrese senza farci intimidire da episodi come quelli richiamati dall'interpellante, ma anzi dimostrando la solidarietà dello Stato e di tutte le istituzioni nella tutela dei valorosi magistrati quotidianamente impegnati a garantire la legalità nel Mezzogiorno d'Italia.
Del resto lo stesso procuratore della Repubblica di Reggio Calabria ha precisato che nonostante il susseguirsi di minacce ed intimidazioni nei confronti di magistrati dell'ufficio requirente, la stessa procura ha intensificato l'azione di contrasto alla 'ndrangheta e, più in generale, ad ogni forma di illegalità.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavini ha facoltà di replicare.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, signor sottosegretario Davico, mi pare, dunque, di aver capito che, rispetto alla terza minaccia pervenuta al procuratore Lombardo, non siano state adottate ulteriori misure. Che ne fossero state adottate precedentemente, rispetto alle precedenti minacce, mi era chiaro, tant'è che mi risulta che egli sia sottoposto ad una tutela rinforzata, con un auto e due persone, ma questo già preliminarmente rispetto all'ultima minaccia pervenuta soltanto poche settimane fa. Non posso che esprimere pertanto la nostra insoddisfazione rispetto alla risposta che lei mi ha dato e non posso che invitare il Governo a rivalutare la decisione assunta.
Questo perché anche stamani, parlando con il procuratore generale Salvatore Di Landro, lui stesso mi esprimeva la sua preoccupazione rispetto allo stato di sovraesposizione con il quale si confronta il procuratore Di Landro. Tra l'altro, mi diceva il procuratore generale che, in base alla sua esperienza davvero pluriennale, proprio rispetto ad una escalation di minacce di questo tipo e di tale portata, anche proprio con questi livelli crescenti di messaggi 'ndranghetisti inviati e con una ristrettezza nella tempistica così marcata - si tratta appunto di tre minacce nel giro di un solo anno - vi è il rischio, purtroppo, di trovarci di fronte anche ad una presa di posizione e ad una inversione da parte della 'ndrangheta. Insomma, vi è il rischio che con il prossimo messaggio si passi alle maniere forti.
Credo sia nostro dovere, di parlamentari, ma chiaramente anche a livello governativo - io parlo dai banchi dell'opposizione, ma credo che sia veramente nostro dovere - valutare queste questioni con una grande attenzione e una grande sensibilità.
Approfitto dell'occasione per invitare il Governo a rivalutare la decisione presa, forse semplicemente investendo il competente ufficio presso il Ministero dell'interno (l'UCIS) a rivalutare il caso.

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(Problematiche riguardanti la ridefinizione dei collegi elettorali per le elezioni provinciali di Catanzaro - n. 2-01011)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01011, concernente problematiche riguardanti la ridefinizione dei collegi elettorali per le elezioni provinciali di Catanzaro (Vedi l'allegato A -Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, interverrò brevemente. Con questa interpellanza abbiamo voluto richiamare l'attenzione del Governo - per una risposta che mi auguro consona alla problematica - su una vicenda che richiede un'attenzione particolare e un impegno particolare del Governo.
Il sottosegretario Davico sa - come sappiamo tutti - che è in discussione, in Commissione affari costituzionali della Camera, un provvedimento che riguarda la soppressione delle province. Il mio partito e il mio gruppo si sono sempre espressi per il superamento di questa istituzione, ma abbiamo dovuto registrare e verificare, anche in quest'Aula, che vi sono delle posizioni diverse e delle valutazioni diverse proprio per quanto riguarda il mantenimento delle province stesse.
Il fatto è che se queste province debbono mantenersi dobbiamo avere anche dei criteri, soprattutto dobbiamo avere rispetto della normativa esistente, per evitare che al peso che comporta la permanenza di questo ente territoriale, e che noi abbiamo dovuto evidenziare, si aggiunga anche una irrazionalità, soprattutto nella selezione della rappresentanza istituzionale.
Il sottosegretario Davico sa che l'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito poi con modificazioni dalla legge n. 42 del 2010, ha previsto i criteri della consistenza demografica per quanto riguarda la definizione dei collegi, della struttura economica e sociale, della contiguità, nonché del tribunale nelle cui circoscrizioni è compreso il territorio del collegio.
Le decisioni o quantomeno i provvedimenti per definire l'ambito dei collegi provinciali sono stati assunti dalla prefettura di Catanzaro, ovviamente per cattiva valutazione, ma do atto certamente ai funzionari del loro impegno in tante occasioni manifestato e riconosciuto. Questo lo dico con molta sincerità. Ma la prefettura non si è sempre attenuta a quei criteri previsti nella legge 26 marzo 2010, n. 42, che poc'anzi richiamavo. La continuità - per quanto riguarda la definizione di questi collegi - viene ad essere vanificata anche per quanto riguarda il numero degli abitanti.
Infatti, lo dico anche nella mia interpellanza: i collegi del comune di Catanzaro hanno in media una popolazione di 13 mila abitanti. I collegi del comune di Lamezia Terme hanno una popolazione media di 14 mila abitanti. Gli altri comuni risultano raggruppati in collegi aventi in media una popolazione di 17 mila abitanti. Quindi, c'è uno scompenso, ma soprattutto c'è il rischio che la rappresentanza istituzionale venga ad essere di appannaggio delle aree di Catanzaro e di Lamezia Terme con uno squilibrio per quanto riguarda i territori. Ma c'è qualcosa di più: non viene nemmeno seguito il criterio della contiguità.
Signor Presidente, con il suo consenso e il suo permesso faccio degli esempi al sottosegretario. È possibile che ci sia un raggruppamento così costruito: il comune di Taverna, insieme ai comuni di Sorbo, Soveria Mannelli, Pentone, Cicala, Carlopoli, Albi, Petronà, Magisano, Zagarise, Sellia Marina? Ci sono comuni distanti l'uno dall'altro, ma anche diversi per storia, situazione economica, struttura economica e sociale, come veniva ad essere ovviamente richiamato e previsto dalla legge n. 42 del 2010, senza parlare ovviamente della contiguità. Alcuni comuni insistono nell'area di Lamezia Terme, altri in quella di Catanzaro, altri in quella della Sila, della Presila o del mare. Certamente non ci sono né omogeneità, né razionalità. Ad esempio, vi è un collegio che comprende il comune di Jacurso, Curinga Maida, San Pietro a Maida e la frazione di Pag. 75Vena di Maida. Tali realtà debbono stare con altri comuni come, per esempio, Amaroni (che, invece, viene ad essere catapultato in un'altra realtà) e Cortale Girifalco: non c'entra niente. Ho fatto così degli esempi.
Ritengo che, se dobbiamo mantenere queste province (e noi ovviamente non siamo d'accordo), non c'è dubbio che le manteniamo, ma non è che dobbiamo distruggerle di fatto sul piano di un frazionamento, ma - peggio ancora - di una penalizzazione sul piano della rappresentanza democratica. Infatti, manteniamo le province, ci sono i costi delle province e poi già in partenza evidenziamo e costruiamo l'inefficienza oppure ovviamente l'inadeguatezza della rappresentanza per territori omogenei, vanificando tutto quello che ovviamente è una dottrina e lo spirito con cui certamente andiamo ad eleggere i rappresentanti degli enti locali, in questo caso nell'amministrazione provinciale. Mi fermerei qui.
Lo ripeto, signor Presidente, perché su queste cose certamente vi possono essere delle sviste. Voglio fare un esempio in ordine alla popolazione. Lo dico e lo voglio ripetere, perché la prefettura non ha esattamente registrato il numero degli abitanti dei comuni costituenti i vari collegi provinciali. Faccio un esempio: il comune di Belcastro risulta avere, nella nota prevista della prefettura, un numero di abitanti pari a 3.612, laddove la cifra esatta è di 1.400 abitanti. Non sappiamo come si arriva a 3.612 e poi a 1.400. Quale conteggio si è fatto? Pertanto, non vi sono neanche certezze per quanto riguarda la consistenza demografica e ci sono altri tipi di valutazione.
Dunque, la vicenda è certamente delicata perché, al di là della formazione e della costruzione dei collegi, vi sono problemi che sono intervenuti e che intervengono molto pesantemente nella dialettica «parapolitica» o «pseudopolitica» fra i comuni stessi. Credo che sia importante evidenziare e sottoporre all'attenzione del Ministero dell'interno se vi è la volontà, in questo caso, di rivedere almeno i fatti più macroscopici per ricondurre la situazione a una maggiore razionalità e funzionalità.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, come è noto la materia in questione è disciplinata dall'articolo 9 della legge 8 marzo 1951, n. 122, come di recente modificato dal decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante «Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni», convertito dalla legge 26 marzo 2010, n. 42.
Le tabelle dei collegi elettorali provinciali sono stabilite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Interno, sentita previamente la provincia interessata, in numero corrispondente a quello dei consiglieri provinciali da eleggere, variabile in relazione all'entità demografica della provincia stessa, come indicato all'articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Le modifiche normative appena citate, che hanno istituzionalizzato la partecipazione degli enti locali nella definizione degli ambiti territoriali dei collegi provinciali, sono il frutto di delicate valutazioni mirate ad armonizzare diversi criteri, quali l'omogeneità di struttura geo-economico-sociale, la contiguità territoriale e l'equilibrio demografico.
Il Ministero dell'interno, in fase d'istruzione delle proposte, valuta il rispetto dei criteri della contiguità territoriale e dell'equilibrio demografico rimettendosi, per quanto attiene al criterio dell'omogeneità geo-economico-sociale, alle determinazioni degli uffici periferici, unici depositari di fondati elementi di giudizio.
Pertanto, dal quadro normativo che ho appena descritto emerge chiaramente che il Ministero dell'interno, ai fini di una corretta valutazione delle istanze locali, non può prescindere dalla sintesi che di Pag. 76queste viene fatta in ambito territoriale, sia a livello di provincia che di prefettura.
In relazione agli specifici quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, rispondo all'esito degli accertamenti svolti dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno e dalla prefettura di Catanzaro.
Il presidente della provincia di Catanzaro aveva inizialmente manifestato la propria formale adesione ad una prima bozza di proposta elaborata dalla prefettura, al fine di rendere operativa la riduzione del 20 per cento dei consiglieri provinciali, disposta dal decreto-legge n. 2 del 2010, che ho citato in precedenza.
Tale proposta, attenendosi alle indicazioni fornite dai competenti uffici del Ministero, ha ridefinito l'ambito dei collegi uninominali provinciali, portandoli da 30 a 24, tenendo conto, in particolare, dei criteri della consistenza demografica, della struttura economico-sociale, della contiguità, nonché del tribunale nella cui circoscrizione è compreso il territorio del collegio.
Inoltre, premesso che i collegi devono avere una popolazione prossima al collegio medio, con possibili variazioni del 10 per cento in aumento o in diminuzione, fino ad una variazione massima del 20 per cento, si è calcolata la popolazione residente prendendo come base di calcolo l'ultimo censimento, quello del 2001.
Voglio, in proposito, precisare che a livello statistico l'unico dato ufficiale per determinare la popolazione di un comune è proprio quello fornito dal censimento.
Ciò premesso, la prefettura di Catanzaro ha ritenuto opportuno formulare una proposta di ridefinizione dei collegi, andando ad intervenire in primo luogo sui collegi del comune capoluogo che sono stati ridotti da otto a sette, nel pieno rispetto dei limiti di popolazione previsti dalla normativa ed in considerazione della particolare conformazione orografica del territorio comunale, composto da un centro urbano pre-collinare (a circa 400 metri di altitudine), una frazione marina e numerosi quartieri e frazioni sparsi su una superficie complessiva di 111,34 chilometri quadrati.
La prefettura di Catanzaro ha ritenuto opportuno lasciare inalterato il numero dei collegi ricadenti nel comune di Lamezia Terme che, pertanto, conserva cinque collegi. Un'eventuale riduzione degli stessi avrebbe, infatti, determinato uno scostamento eccessivo della popolazione rispetto a quella del collegio medio.
Inoltre, conformemente alle direttive ministeriali, la prefettura di Catanzaro ha ritenuto opportuno di non intaccare l'unità territoriale del comune di Lamezia Terme con l'annessione di comuni limitrofi. I rimanenti collegi, invece, sono stati ridotti da diciassette a dodici.
L'operazione di accorpamento dei comuni è stata effettuata in primo luogo nel rispetto del criterio della contiguità territoriale, riunendo nel medesimo collegio comuni adiacenti e collegati il più possibile da facili e celeri vie di comunicazione. Tale criterio è stato coniugato con quello della omogeneità della struttura per caratteristiche geografiche, economiche e sociali, aggregando fra loro, rispettivamente, i comuni montani o quelli ubicati sulle zone costiere.
Si è tenuto conto, con un'unica eccezione, dell'appartenenza del comune alla circoscrizione dei due tribunali di Catanzaro e Lamezia Terme. A tale criterio si è dovuto necessariamente derogare soltanto per il comune di Pentone, ricadente nella circoscrizione del tribunale di Catanzaro, che è stato aggregato al collegio n. 23 «Soveria Mannelli-Decollatura-Taverna», ricadente nella circoscrizione del tribunale di Lamezia Terme. La popolazione residente in ciascun collegio rientra in linea di massima entro i limiti di oscillazione previsti dalla legge.
In taluni casi, per garantire l'omogeneità strutturale del collegio o in relazione alle concrete possibilità di collegamenti viari fra i comuni aggregati, si è resa necessaria una variazione percentuale della popolazione residente superiore al 10 Pag. 77per cento rispetto a quella del collegio medio, ma rientrante comunque entro il quadro normativo vigente.
In un unico caso, quello del collegio n. 15 «Borgia-Girifalco», si è realizzata una variazione percentuale rispetto alla popolazione del collegio medio, pari ad un aumento del 20,38 per cento. Voglio precisare, tuttavia, che si è trattato di un caso eccezionale, motivato dall'assoluta esigenza di mantenere intatta l'unità territoriale del comune di Catanzaro, ad esso adiacente.
Successivamente però - anche in seguito alla richiesta di riesame avanzata da alcuni amministratori provinciali e all'invito rivolto alla provincia da parte della prefettura a formalizzare il proprio avviso definitivo - il consiglio provinciale, con deliberazione del 26 novembre 2010, si è pronunciato sulla proposta formulata dalla prefettura, prospettando una diversa definizione dei collegi provinciali.
La prefettura, dopo aver tenuto nel debito conto l'assetto prospettato dal consiglio provinciale, ha confermato l'impianto delineato nella proposta originaria, salvo limitate modifiche nella composizione degli ambiti dei collegi n. 19 (Sellia Marina-Botricello) e n. 21 (Sersale), disposte in parziale accoglimento delle indicazioni formulate dalla provincia, al fine di realizzare una maggiore omogeneità dei comuni in essi ricompresi, sotto il profilo geografico, economico e sociale.
Questa seconda proposta - tuttora in fase istruttoria - risulta coerente con i criteri stabiliti dal Ministero dell'interno tra i quali l'equilibrio demografico dei collegi, che appaiono tutti compresi entro i limiti di tolleranza consentiti, ad eccezione del solo caso che ho richiamato in precedenza in cui vi è un leggero scostamento rispetto al limite massimo previsto.
Gli uffici competenti di questo Ministero - al fine di pervenire ad un assetto definitivo il più possibile rispondente alle esigenze delle comunità locali e all'attuale quadro normativo - hanno nuovamente interessato, nell'ottica della leale collaborazione interistituzionale, la prefettura di Catanzaro per acquisire chiarimenti ed eventuali nuovi elementi di valutazione sulla proposta in esame.
Assicuro quindi che il Ministero dell'interno presterà la massima attenzione affinché nella definizione dei collegi vi sia una giusta ed equilibrata ponderazione di tutti i fattori, salvaguardando nei limiti del possibile le omogeneità territoriali della provincia e comunque nel rispetto dei criteri predeterminati dalla legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, devo intanto ringraziare per la risposta il sottosegretario Davico, che ha richiamato più volte i criteri previsti anche dalla normativa, perché sono sempre gli stessi quelli che ovviamente sono contenuti nel mio strumento di sindacato ispettivo, ma ovviamente credo che siano criteri da tenere presente, da valutare e da rispettare.
Quando ci sono questi criteri - poi è anche il legislatore che fa le leggi, no? - non sappiamo se tutti questi criteri, queste condizioni - chiamiamole così - devono stare in piedi oppure basta una sola condizione che sia fuori per far saltare l'ingranaggio. Noi da legislatori sappiamo che tutte le condizioni devono stare in piedi.
Certamente capiamo che la legge ha previsto la riduzione dei collegi - adesso devono essere coperti 24 collegi - nella provincia di Catanzaro, ma ho evidenziato, signor Presidente e signor sottosegretario, alcune incongruenze che possono venir fuori. Per carità, quando si lavora -presso la prefettura di Catanzaro c'è gente che lavora - possono capitare delle disattenzioni, anche perché la materia non è di facile dominio, vi sono alcune cose che sfuggono. Vi sono delle situazioni stridenti che anche il sottosegretario richiamava (mi ero dimenticato del collegio di Taverna, va fatto riferimento certamente a Botricello, a Borgia, al collegio di Girifalco) ma vi sono delle situazioni di incongruenza comunque. C'è stato anche il «lavorio» dell'amministrazione provinciale, Pag. 78quindi del presidente, in una prima e poi in una seconda fase. Adesso il sottosegretario per l'interno conclude, signor Presidente, dicendo che c'è una disponibilità da parte del Ministro dell'interno a valutare ulteriori correzioni.
Ritengo che questo sia un aspetto da valutare con attenzione e anche positivamente, perché è certamente interesse di tutti superare alcune confusioni - soprattutto alcune contraddizioni - e alterazioni per quanto riguarda l'omogeneità dei collegi, ma i collegi a cui facevo riferimento, signor sottosegretario, stia tranquillo che sono sicuramente delle situazioni non sostenibili.
Non si tratta solo della questione di Pentone per quanto riguarda i tribunali e così via, ma ci sono tante varie vicende e certamente dobbiamo andare sempre più verso un'omogeneità. Poi ci sono comuni distanti, le faccio un esempio: Vena di Maida fa parte del collegio Jacurso, Curinga, San Pietro a Maida, ma a Vena di Maida c'è stata sempre una grande polemica, tanto per portare all'attenzione un esempio. Vena di Maida è più proiettata verso Caraffa che verso Maida, anche se hanno la stessa lingua, l'arbëreshe. Anche in questo caso forse un'attenzione in più bisognerebbe - visto e considerato che ci sono spazi per attuare le condizioni - prestarla, quindi mi affido certamente all'impegno del Ministero dell'interno e degli uffici territoriali di Governo che, d'accordo con la provincia di Catanzaro - presieduta da una bravissima presidente - potranno ovviamente superare quelle incertezze ma soprattutto quello stato di disagio che aveva colpito le popolazioni che ho voluto denunciare con la mia interpellanza. Questo è tutto signor Presidente, ringrazio lei ed anche il signor sottosegretario.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,45).

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera del 23 marzo 2011, il presidente della Commissione ambiente ha rappresentato l'esigenza, a seguito di quanto convenuto, all'unanimità, in sede di ufficio di presidenza, che l'inizio della discussione in Assemblea della proposta di legge recante disposizioni per la ricostruzione, il recupero lo sviluppo economico-sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, già previsto per lunedì 28 marzo, sia differito alla fine del mese di aprile. L'esame di tale provvedimento non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana.

Per fatto personale (ore 18,47).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Deputato Presidente, intervengo per fatto personale, perché stamani, durante la seduta, nel corso del dibattito sulla crisi libica, dopo l'intervento del presidente dell'Italia dei Valori, il deputato Di Pietro, c'è stato un intervento dell'onorevole Porfidia che, riferendosi proprio a quell'intervento forte, di fuoco, ha affermato (queste sono le sue testuali parole): «vorrei chiedere scusa agli italiani per lo spettacolo forse indecoroso che stiamo dando oggi, perché su un tema così importante della politica estera non dovrebbero accadere "queste cose", riferendosi alle affermazioni del presidente Di Pietro.
Poi continua ancora dicendo: "mi dispiace che ancora una volta in quest'Aula si sia dovuta vedere e sentire una marionetta che ha parlato su input di un puparo". La marionetta era chi vi parla, che si era permesso di intervenire, considerando e affermando che un deputato, benché sottoposto alla normativa di questa nostra bella Costituzione, che consente ad ognuno di noi di non avere vincolo di mandato, è pur sempre soggetto, al di là delle norme cui ogni deputato deve rispondere e obbedire, ad un vincolo ancora Pag. 79più importante, che è di natura etica e morale, al quale ognuno di noi dovrebbe attenersi nei suoi comportamenti quotidiani e sempre.
Ebbene, per questa ragione, ritenevo che un deputato scelto dal popolo, che viene eletto nelle file dell'opposizione, non possa così facilmente, per motivi reconditi o meno, «scavallare» le gambe e infilarsi nei banchi della maggioranza, dove forse è più comodo stare seduti. A questo punto, per aver fatto queste affermazioni sono stato considerato un pupo nelle mani del puparo. Il puparo sarebbe il presidente dell'Italia dei Valori, il deputato Di Pietro.
Poi continua ancora dicendo che Italia dei Valori sta dimostrando la sua vera faccia e che deve essere lui a chiedere scusa a tutti i suoi elettori - dice sempre l'onorevole Porfidia - per aver chiesto di votare per un partito come Italia dei Valori, che non ha mantenuto alcun impegno assunto durante la campagna elettorale. Per quanto riguarda gli impegni assunti in campagna elettorale, ho sentito e visto perché parlo sempre per cognizione di causa e riferendo fatti e atti e non mi permetto mai di dare giudizi sulle persone, come anche questa mattina non ho dato alcun giudizio sull'onorevole Porfidia.
Mi risulta, però, che un coraggioso magistrato come il dottor Cantone, già pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli ebbe...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Devo avviarmi a concludere, signor Presidente, ma devo anche riferire questi fatti che sono molto importanti. Il dottor Cantone, in un suo libro che ha recentemente presentato, parla del fatto che l'onorevole Porfidia è incappato nelle maglie della Direzione distrettuale antimafia di Napoli perché, probabilmente, si era rivolto ad un boss locale per fare estromettere da una clinica un suo socio, per fare eliminare quel socio, dopo che, probabilmente, la stessa richiesta di chiudere quella clinica era stata fatta al sindaco di Caserta, Petteruti, che l'aveva concessa. Allora ha chiesto l'intermediazione di un boss locale per eliminare il socio.
Ebbene, signor Presidente, voglio semplicemente dire che, al di là dell'aspetto personale e politico di cui discuteremo in altra sede, non è giusto che per analoghi epiteti rivolti al Presidente del Consiglio il sottoscritto abbia avuto una sospensione di cinque giorni. Chiamare me un pupo e il presidente Di Pietro un puparo penso che non sia giusto, anche perché mi sembra che sia l'onorevole Di Pietro che chi vi parla non appartengano al mondo dei pupi e dei pupari, anzi lo contrastano.
Dunque, la invito a sottoporre alla Presidenza della Camera questo comportamento per adottare i dovuti provvedimenti. Questa è la prima richiesta che le faccio.
Con la seconda, signor Presidente, poiché si stanno portando di fatto qui in Parlamento e nel Governo comportamenti e mentalità mafiosi, le chiedo...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. ...di evitare che mi venga proibito di parlare in quest'Aula, perché un deputato del gruppo Iniziativa Responsabile, l'onorevole Belcastro, il mese scorso, mi minacciò in quest'Aula dicendo che mi avrebbe preso a botte perché solo così sarebbe riuscito a non farmi parlare.
Insomma, a causa di questi comportamenti mafiosi che stiamo registrando in quest'Aula e che provengono soprattutto dal gruppo di Iniziativa Responsabile, signor Presidente, chiedo che lei sottoponga queste vicende e questi fatti alla Presidenza della Camera, perché non possiamo permettere che succedano queste cose.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, sottoporremo all'attenzione della Presidenza della Camera il resoconto stenografico in modo che si esamini se sussistono gli estremi per adottare dei provvedimenti.
Vorrei ricordare due cose. La prima è che la Costituzione, come lei ha giustamente ricordato, garantisce che per i parlamentari Pag. 80non esiste un vincolo di mandato. Il deputato è responsabile soltanto verso la propria coscienza e i propri elettori che lo confermeranno o meno. Credo che questa sia una garanzia contro la partitocrazia e contro la possibilità di creare dei poteri che controllano poi, di fatto, i parlamentari.
La seconda è che in quest'Aula siamo tutti onorevoli non perché siamo particolarmente onorevoli più di qualunque cittadino italiano, ma perché nel rispetto verso il collega si esercita il rispetto verso gli elettori che lo hanno scelto. Ognuno di noi è qui in Aula perché alcune decine di migliaia di elettori, direttamente o indirettamente votando le liste di partito, lo hanno votato e voluto.
Infine, le garantisco che in quest'Aula lei, come ognuno dei componenti di questa Assemblea, avrà sempre piena libertà di parola.

ARTURO IANNACCONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, approfittando evidentemente della conclusione dei lavori e immaginando di non essere ascoltato, l'onorevole Barbato ancora una volta si è prodotto in una serie di affermazioni farneticanti, che sono state riprese anche da alcune agenzie di stampa. Esse giustificano un'affermazione che ha fatto l'onorevole Porfidia questa mattina, lasciando intendere che, rispetto ad un giudizio politico, un parlamentare era intervenuto - evidentemente su mandato del suo leader di partito - per scagliarsi, ancora un volta in maniera violenta e con toni inaccettabili, nei confronti di un altro parlamentare il quale, come lei ha opportunamente ricordato, siede in quest'Aula senza vincolo di mandato.
Non devo ricordare le vicende politiche molto convulse di queste ultime settimane, che ci hanno condotto sull'orlo di una grave crisi politica e che potevano consegnare l'Italia ad una lunga e difficile instabilità, che avrebbe procurato gravi danni al nostro Paese, non solo per la crisi economica e finanziaria che ha messo in ginocchio altri Paesi europei (basti pensare a quello che è successo in Portogallo, in Grecia e alle difficoltà che vive la Spagna), ma anche per vicende internazionali estremamente delicate, nelle quali il nostro Governo ha saputo mantenere una posizione ferma e decisa, tentando di portare stabilità in un'area geografica in prossimità del nostro Paese che sta diventando estremamente instabile.
In queste settimane abbiamo assistito ad accuse di ogni tipo nei confronti dei deputati che fanno parte del gruppo Iniziativa Responsabile, i quali - voglio ricordare - hanno compiuto la scelta di sostenere il Governo per rendere un servizio a questo Paese. Se altri parlamentari, che facevano parte della maggioranza, hanno quasi messo in crisi tale maggioranza, replicando un possibile ribaltone, ed hanno fatto la scelta di passare dalla maggioranza all'opposizione, altri deputati hanno ritenuto, in assoluta coscienza, libertà e autonomia, di compiere una scelta diversa, ovvero quella di consentire a questo Paese di avere un Governo stabile, che non fosse espressione di una maggioranza raccogliticcia nata, quella sì, sulla base del tradimento del voto e del consenso elettorale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, per concludere, mi prendo lo stesso tempo che lei ha concesso all'onorevole Barbato.
Anche le dichiarazioni rivolte nei confronti dell'onorevole Belcastro testimoniano che quanto dice l'onorevole Barbato più che un caso politico rappresentano un caso di altra natura sul quale non voglio soffermarmi. Non c'è stata, per quello che mi risulta, mai, nessuna minaccia nei confronti dell'onorevole Barbato, semmai un invito ad essere misurato nei toni e a non usare espressioni offensive nei confronti dei deputati che fanno parte del gruppo di Iniziativa Responsabile.

Pag. 81

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, la prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, sto per concludere. In questa sede voglio ribadire la mia personale stima nei confronti dell'onorevole Porfidia che non merita le espressioni che sono state utilizzate in quest'Aula, ritengo abusando del Regolamento che prevede che si debbano utilizzare espressioni che non offendano la dignità dei parlamentari.
Ho già avuto occasione, in una vicenda analoga, di ricordare all'onorevole Barbato di non usare espressioni offensive nei confronti dei parlamentare del gruppo Iniziativa Responsabile e della componente al suo interno Noi Sud. Abbiamo registrato ancora una volta tale scadimento. Mi auguro che il Presidente possa riferire all'Ufficio di Presidenza quanto è avvenuto e tentare di riportare serenità nel rapporto tra i gruppi parlamentari e di restituire dignità a quest'Aula. Noi ci sentiamo impegnati in questa direzione.

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, le ho concesso di parlare quanto l'onorevole Barbato anzi, quindici secondi in più. Non posso concederle di più.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 28 marzo 2011, alle 14:

1. - Discussione congiunta del disegno di legge e del documento:
S. 2322 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato). (C. 4059-A)
- Relatore: Pini.
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 (Doc. LXXXVII, n. 3).
- Relatore: Fucci.

2. - Discussione della proposta di legge:
S. 1880 - D'iniziativa dei senatori: GASPARRI ed altri: Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Approvata dal Senato). (C. 3137-A).
- Relatore: Paniz.

La seduta termina alle 19.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 3)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ris. Cicchitto e a. n. 6-71 595 593 2 297 300 293 11 Appr.
2 Nom. Ris. Franceschini e a. n. 6-72 586 557 29 279 547 10 11 Appr.
3 Nom. Ris. Mecacci e a. n. 6-73 590 528 62 265 227 301 11 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.