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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 25 maggio 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 maggio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 24 maggio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

ANNA TERESA FORMISANO ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti l'esclusione dei rifiuti urbani e speciali non pericolosi destinati al recupero, costituiti da rottami di ferro, acciaio, ghisa e metalli non ferrosi, dal sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti» (4370);

RAMPELLI e MARSILIO: «Disposizioni per il recupero e la valorizzazione delle città e dei nuclei di fondazione in Italia» (4371);

GIACOMELLI e RUGGHIA: «Disposizioni concernenti le associazioni combattentistiche e di interesse delle Forze armate» (4372).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

In data 24 maggio 2011 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:

dal ministro degli affari esteri:
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007» (4373);
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010» (4374).

Saranno stampati e distribuiti.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge COMPAGNON ed altri: «Disposizioni a sostegno delle famiglie con bambini affetti da malattie rare» (4029) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Buttiglione.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

La proposta di legge n. 4074, d'iniziativa dei deputati RENATO FARINA ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni per la tutela della salute di coloro che praticano attività sportive».

Assegnazione di un progetto di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

Commissioni riunite VII (Cultura) e XII (Affari sociali):
RENATO FARINA ed altri: «Disposizioni per la tutela della salute di coloro che praticano attività sportive» (4074) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 12 e del 16 maggio 2011, ha trasmesso cinque note relative all'attuazione data agli ordini del giorno FERRARI ed altri n. 9/3857-A/6, concernente l'individuazione delle fattispecie di reato che comportano il diniego dell'accesso alle manifestazioni sportive, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 2 dicembre 2010, CAZZOLA ed altri n. 9/3857-A/4, accolto dal Governo nella medesima seduta dell'Assemblea, riguardante la possibilità di retribuire con buoni lavoro le attività di «stewarding» svolte in manifestazioni diverse da quelle sportive ma ad esse assimilabili, ZELLER ed altri n. 9/2449-A/9, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 22 settembre 2009, concernente iniziative in materia di sicurezza stradale in relazione al consumo di alcolici, MESSINA n. 9/3290-A/24, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 27 maggio 2010, concernente la creazione di «white lists» di imprese, fornitori e prestatori di servizi volte a contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti pubblici, STUCCHI n. 9/1891/1, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 3 dicembre 2008, in materia di adeguamento alle norme di sicurezza antincendio delle strutture sanitarie pubbliche e private.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alle Commissioni I (Affari costituzionali) e XII (Affari sociali) competenti per materia.

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 16 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il documento contenente le note integrative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011, aggiornate dalle amministrazioni con la manovra finanziaria 2011-2013.
Questa documentazione è trasmessa a tutte le Commissioni permanenti.

Trasmissioni dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 19 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e successive modificazioni, la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2010 (doc. LXXXVII, n. 4).
Questo documento sarà stampato.

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 19 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e successive modificazioni, la prima relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2011 (doc. LXXXVII-bis, n. 1).
Tale documento è assegnato, per l'esame generale, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) e, per l'esame delle parti di rispettiva competenza, a tutte le altre Commissioni permanenti nonché al Comitato per la legislazione.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 24 maggio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che attribuisce all'ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) una serie di compiti inerenti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria (COM(2011)288 definitivo) e il relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)613 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n.814/2000 del Consiglio relativo alle azioni di informazione riguardanti la politica agricola comune (COM(2011)294 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'andamento delle spese del FEAGA Sistema d'allarme n.4/2011 (COM(2011)301 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Il presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera h), del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la relazione sull'attività svolta dall'Autorità stessa nell'anno 2009 (doc. XLIII, n. 3).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di un parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'ammiraglio ispettore capo Alberto Gauzolino a presidente della Cassa di previdenza delle Forse armate (120).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

S. 2665 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 31 MARZO 2011, N. 34, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN FAVORE DELLA CULTURA, IN MATERIA DI INCROCI TRA SETTORI DELLA STAMPA E DELLA TELEVISIONE, DI RAZIONALIZZAZIONE DELLO SPETTRO RADIOELETTRICO, DI MORATORIA NUCLEARE, DI PARTECIPAZIONI DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI, NONCHÉ PER GLI ENTI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE DELLA REGIONE ABRUZZO (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4307)

A.C. 4307 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 reca disposizioni per l'area archeologica di Pompei, dopo che sugli organi di stampa e nel dibattito pubblico era stato evidenziato il rischio di degrado di tale rilevantissimo sito archeologico;
si tratta di un intervento articolato ma, al tempo stesso, limitato allo stretto necessario nonché estremamente puntuale;
è evidente che nessun settore come quello dei beni culturali è in Italia così complesso. Si assiste infatti ad una stratificazione di competenze e di interventi fra i vari livelli di governo. Stato, regioni, province e comuni creano un sistema di governo incredibilmente stratificato, una sorta di policentrismo assai poco collaborativo e parecchio confuso. Ai soggetti pubblici occorre inoltre aggiungere anche quelli privati. Nonostante la somma di questi interventi, il problema che periodicamente riemerge è sempre lo stesso: la mancanza di fondi;
dal 22o rapporto Eurispes emerge che i soldi vengono stanziati, ma non sono spesi. Stando alla rilevazione fatta il 31 novembre 2009 dalla Tesoreria unica, la differenza fra entrate e uscite dà un attivo di 25.293.995,28 alla Soprintendenza architettonica di Pompei e di 3.622.949,99 al Polo museale napoletano;
in tutti e due i casi si tratta di istituti dotati di autonomia speciale, in grado cioè di avere una maggiore elasticità e dinamicità nella spesa. I soldi dunque ci sono ma, come sostiene l'Eurispes, rimangono nel cassetto. Se nel 2009 lo Stato ha stanziato per la cultura lo 0,23 per cento del PIL (di cui una parte non è stata nemmeno spesa), i comuni, le province e le regioni italiani impegnano rispettivamente il 3, il 2,10 e lo 0,6 dei propri bilanci I soldi pubblici arrivano, seppur tra mille rivoli. Più che reclamare nuovi stanziamenti, si dovrebbe allora pensare a come gestire nel miglior modo possibile l'esistente. L'Italia ha un patrimonio artistico e culturale particolarmente ingente;
il legislatore, poi, ha dato una accezione molto ampia di «bene culturale». Ci ritroviamo quindi a dover tutelare una quantità incredibile di palazzi, centri storici, musei, opere d'arte, parchi archeologici, ecc. Se a questi si aggiunge anche tutta la tradizione italiana legata allo spettacolo dal vivo (dall'opera lirica al teatro di prosa), non basterebbe nemmeno una pressione fiscale moltiplicata per due a conservare e a valorizzare con soldi pubblici tutto questo patrimonio;
il contributo dei privati è indispensabile, così come una maggior collaborazione tra i vari soggetti pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un intervento normativo che renda più efficaci e trasparenti gli stanziamenti pubblici a favore dei beni culturali, prevedendo anche il coinvolgimento dei soggetti privati per ottimizzare e gestire le risorse umane e finanziarie delle istituzioni culturali.
9/4307/1. Lisi.

La Camera,
premesso che:
per l'importanza del ruolo svolto da Radio Radicale nella trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2005, n. 25, ha autorizzato la spesa di 9,9, milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a;
la convenzione è attiva dal 1994 ed è stata rinnovata, a partire dal 2000, con le leggi finanziarie;
la legge 11 luglio 1998, n. 224, confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio della convenzione a suo tempo stipulata tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari;
le successive proroghe triennali sono state autorizzate e finanziate con leggi finanziarie: da ultimo, l'articolo 1, comma 1242, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;
non si comprende la ragione del mancato rinnovo della convenzione,

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie, non inferiori, a 10,2 milioni di euro per l'anno 2012, per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a., ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224.
9/4307/2. Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
per l'importanza del ruolo svolto da Radio Radicale nella trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2005, n. 25, ha autorizzato la spesa di 9,9, milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a;
la convenzione è attiva dal 1994 ed è stata rinnovata, a partire dal 2000, con le leggi finanziarie;
la legge 11 luglio 1998, n. 224, confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio della convenzione a suo tempo stipulata tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari;
le successive proroghe triennali sono state autorizzate e finanziate con leggi finanziarie: da ultimo, l'articolo 1, comma 1242, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;
non si comprende la ragione del mancato rinnovo della convenzione,

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie per l'anno 2012, per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a., ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224.
9/4307/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto legge in esame è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174 - 230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB / DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112, nonché nell'articolo 2-bis del decreto-legge 23 gennaio 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174 - 230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo:

nel dare attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4, a salvaguardare le legittime aspettative delle imprese radiofoniche e degli operatori di rete radiofonici, nonché le relative attività in tecnica digitale in atto e gli investimenti da questi ultimi già effettuati, assicurando che le frequenze necessarie per l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale siano, a tal fine, effettivamente preservate e rese disponibili per il rilascio dei diritti d'uso in capo agli operatori di rete radiofonici autorizzati ed alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, in conformità alle disposizioni regolamentari emanate in materia dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a favorire il rapido avvio e sviluppo delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale in ambito nazionale e locale procedendo al sollecito rilascio dei diritti d'uso definitivi agli operatori di rete autorizzati, alle condizioni previste dal predetto regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/3. Meta, Gentiloni Silveri, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto legge in esame è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174 - 230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB / DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112, nonché nell'articolo 2-bis del decreto-legge 23 gennaio 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174 - 230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo:

nel dare attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, a salvaguardare le legittime aspettative delle imprese radiofoniche e degli operatori di rete radiofonici, nonché le relative attività in tecnica digitale in atto e gli investimenti da questi ultimi già effettuati, assicurando che le frequenze necessarie per l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale siano, a tal fine, effettivamente preservate e rese disponibili per il rilascio dei diritti d'uso in capo agli operatori di rete radiofonici autorizzati ed alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, in conformità alle disposizioni regolamentari emanate in materia dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a favorire il rapido avvio e sviluppo delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale in ambito nazionale e locale procedendo al sollecito rilascio dei diritti d'uso definitivi agli operatori di rete autorizzati, alle condizioni previste dal predetto regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Meta, Gentiloni Silveri, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto in esame, si prevede di rilasciare i diritti d'uso relativi alle frequenze della banda 174 - 230 Mhz agli operatori radiotelevisivi;
le medesime frequenze sono già, in parte, destinate alle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale, diffuse secondo le specifiche DAB, come previsto dal regolamento 664/09/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
la radio digitale ai sensi dell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n 112, rappresenta «la naturale evoluzione» degli attuali sistemi di trasmissione;
il servizio radiofonico effettuato dalle imprese private e dalla concessionaria generale per il servizio radiotelevisivo rappresenta uno strumento di interesse generale a disposizione di tutti i cittadini in forma diretta e gratuita;
è opportuno garantire il principio di neutralità tecnologica per la transizione al digitale dei sistemi di diffusione radiotelevisivi analogici e, conseguentemente, è urgente favorire e sostenere le nuove trasmissioni radiofoniche digitali;
si rende necessario salvaguardare gli investimenti già sostenuti dagli operatori di rete radiofonici garantendo la continuità della loro attività e la piena vigenza delle relative autorizzazioni ad essi rilasciate;
l'attuazione del predetto articolo 4 necessita di criteri interpretativi tali da equilibrare gli interessi di tutti gli operatori radiofonici e televisivi eliminando ogni forma di discriminazione e di preclusione allo sviluppo tecnologico,

impegna il Governo:

ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4, garantendo in ogni caso un armonico avvio e sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale attraverso la disponibilità delle frequenze della porzione di spettro elettromagnetico oggetto dell'articolo stesso, necessarie per le diffusioni radiofoniche e utili al rilascio dei diritti d'uso delle medesime agli operatori di rete radiofonici secondo quanto disposto dal regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 664/09/CONS;
ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4 in ossequio al principio di neutralità tecnologica e in modo da non interferire o ridurre le possibilità di sviluppo delle diffusioni radiofoniche digitali, sempre nei limiti previsti dal citato regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a sostenere le imprese radiofoniche ed i loro consorzi operatori di rete nel prosieguo dell'attività in tecnica digitale già intrapresa, salvaguardando gli investimenti effettuati, i relativi programmi di sviluppo delle predette diffusioni, nonché garantendo la corretta prosecuzione delle attività in atto e la piena vigenza dei titoli abilitativi rilasciati;
a procedere al sollecito rilascio degli ulteriori diritti d'uso delle frequenze della predetta porzione di spettro elettromagnetico al fine di completare il servizio di diffusione DAB sull'intero territorio nazionale da parte degli operatori di rete radiofonici secondo le disposizioni regolamentari emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/4. Comaroli.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
consapevole altresì della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese, asse portante dell'economia del Paese,

impegna il Governo

a verificare la possibilità, con il primo provvedimento utile, di integrare l'articolo 15 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, con una norma che consenta agli operatori di rete locali, che d'intesa tra loro raggiungano una copertura non inferiore all'80 per cento della popolazione nazionale, la diffusione sino a quattro programmi di fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali.
9/4307/5. Sardelli.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
consapevole altresì della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese, asse portante dell'economia del Paese;
in virtù dell'ordine del giorno G4.15 accolto dal Governo, nella seduta del 19 aprile u.s., nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato della Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità, con il primo provvedimento utile, di integrare la delibera AGCOM n. 366/10/CONS con una norma che attribuisca numerazioni automatiche dei canali della televisione digitale terrestre destinate ai canali nazionali ai fornitori di servizi di media in ambito locale che raggiungano una copertura pari ad almeno l'80 per cento del territorio nazionale, sia attraverso accordi con operatori di rete locali, sia in parte attraverso tali accordi e per la parte restante in forma di syndacation.
9/4307/6. Porfidia, Sardelli.

La Camera,
consapevole della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese;
consapevole altresì dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
visto l'articolo 10 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 422;
premesso che il finanziamento annuale previsto per le emittenti locali dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modifiche ed integrazioni, non è mai stato portata a regime e che ha subito considerevoli tagli nella legge finanziaria 2009,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità, con il primo provvedimento utile, di definire gli incentivi previsti dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modifiche ed integrazioni, in 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, e 270 milioni di euro a decorrere dal 2014.
9/4307/7. Razzi, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 4, del provvedimento in esame, stabilisce che la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, ai fini dell'attuazione del programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro, di cui al comma 1, può altresì avvalersi, nel rispetto dei principi e delle disposizioni di fonte comunitaria, della società ALES S.p.a., interamente partecipata dallo Stato, mediante stipula di un'apposita convenzione, nell'ambito delle risorse disponibili, per l'affidamento diretto di servizi tecnici, anche afferenti alla fase di realizzazione degli interventi in attuazione del citato programma;
la società ALES S.p.a., interamente partecipata dal Ministero per i beni e le attività culturali, costituita nel 1998, ai sensi dell'articolo 20, della legge n. 196 del 1997, al fine di consentire la stabilizzazione del personale impiegato in attività socialmente utili presso il Ministero in parola, ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di valorizzazione del circuito museale;
gli ex lavoratori socialmente utili (LSU) sono attualmente impegnati nelle attività ordinarie di supporto presso gli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali operanti in Campania,

impegna il Governo

ad affidare la gestione funzionale del personale ex LSU alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, quale organo periferico del Ministero, fino al suo completo assorbimento, man mano che si rendano disponibili i posti in organico.
9/4307/8. Graziano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 4, del provvedimento in esame, stabilisce che la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, ai fini dell'attuazione del programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro, di cui al comma 1, può altresì avvalersi, nel rispetto dei principi e delle disposizioni di fonte comunitaria, della società ALES S.p.a., interamente partecipata dallo Stato, mediante stipula di un'apposita convenzione, nell'ambito delle risorse disponibili, per l'affidamento diretto di servizi tecnici, anche afferenti alla fase di realizzazione degli interventi in attuazione del citato programma;
la società ALES S.p.a., interamente partecipata dal Ministero per i beni e le attività culturali, costituita nel 1998, ai sensi dell'articolo 20, della legge n. 196 del 1997, al fine di consentire la stabilizzazione del personale impiegato in attività socialmente utili presso il Ministero in parola, ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di valorizzazione del circuito museale;
gli ex lavoratori socialmente utili (LSU) sono attualmente impegnati nelle attività ordinarie di supporto presso gli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali operanti in Campania,

impegna il Governo

a valutare l'affidamento della gestione funzionale del personale ex LSU alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, quale organo periferico del Ministero, fino al suo completo assorbimento, man mano che si rendano disponibili i posti in organico.
9/4307/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Graziano.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto legge in esame è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174 - 230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n.112, nonché dall'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB / DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112, nonché nell'articolo 2-bis del decreto-legge 23 gennaio 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174 - 230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione del predetto articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti dei soggetti ultimi citati ed in particolare nei confronti delle prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo:

ed in particolare il competente Ministero per lo sviluppo economico, a salvaguardare, dando attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4, le legittime aspettative delle imprese radiofoniche e degli operatori di rete radiofonici, nonché le relative attività in tecnica digitale in atto e gli investimenti da questi ultimi già effettuati, assicurando che le frequenze necessarie per l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale siano, a tal fine, effettivamente preservate e rese disponibili per il rilascio dei diritti d'uso in capo agli operatori di rete radiofonici autorizzati ed alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, in conformità alle disposizioni regolamentari emanate in materia dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

a favorire il rapido avvio e sviluppo delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale in ambito nazionale e locale procedendo al sollecito rilascio dei diritti d'uso definitivi agli operatori di rete autorizzati, alle condizioni previste dal predetto regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/9. Giulietti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, in materia di impianti nucleari, prevede la riformulazione di una serie di disposizioni relative alla strategia energetica nazionale, con particolare riferimento alla produzione di energia elettrica nucleare;
con le modifiche apportate all'articolo 29 della legge 23 luglio 2009, n.99 sono state ridefinite le funzioni dell'Agenzia per la sicurezza nucleare;
all'Agenzia per la sicurezza nucleare sono quindi riconosciuti i compiti relativi alla gestione e sistemazione dei rifiuti radioattivi, dei materiali nucleari provenienti da attività mediche ed industriali nonché alla protezione dalle radiazioni e alla vigilanza sugli impianti e sui materiali nucleari;
la citata legge n. 99 del 2009 prevede il trasferimento all'Agenzia di unità di personale proveniente dall'ISPRA e dall'ENEA per garantire l'efficace funzionamento della stessa;
fin dagli anni sessanta la legge, nell'ambito della gestione delle emergenze anche legate all'uso dell'energia nucleare, ha attribuito specifiche competenze al Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di garantire la sicurezza della popolazione;
le successive disposizioni normative in materia di radioprotezione e di regolamentazione dell'uso pacifico delle radiazione ionizzanti hanno confermato ed ampliato le competenze dei Vigili del fuoco in materia di radioprotezione, sia in merito alla tutela della popolazione sia al rilascio delle autorizzazioni per le attività con uso di radiazioni;
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge compiti specifici anche in relazione al Piano nazionale di emergenza nucleare di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 marzo 2010 recante il «Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche»;
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha maturato un'ampia esperienza nelle materie legate all'uso sicuro dell'energia nucleare e potrebbe dare un contributo importante alle attività svolte dall'Agenzia per la sicurezza nucleare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare opportune iniziative normative volte a prevedere che la composizione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare sia integrata con un componente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
9/4307/10. Allasia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge presenta un contenuto eterogeneo, in quanto reca una pluralità di disposizioni di natura sostanziale - aventi ad oggetto interventi finanziari dello Stato in favore della cultura (articolo 1), il potenziamento delle funzioni di tutela dell'area archeologica di Pompei (articolo 2), la proroga del divieto di incroci tra settore della stampa e della televisione e la razionalizzazione dello spettro radioelettrico (articoli 3 e 4), l'abrogazione delle disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari (articolo 5), gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (articolo 6) e modifiche alla disciplina della Cassa depositi e prestiti S.p.a. (articolo 7) - le quali incidono su diversi settori dell'ordinamento, senza che tra le stesse possa essere rinvenuto alcun elemento unificante;
le prescrizioni contenute nell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, nell'intento di razionalizzare l'esercizio della potestà normativa del Governo, stabiliscono - in ragione delle peculiarità dello strumento - che il contenuto dei decreti-legge deve essere specifico e omogeneo, nonché rispondente al titolo;
la ratio della citata norma, oltre che ribadire quella sottesa all'articolo 77 della Costituzione, mira ad evitare che nei decreti-legge possano confluire interventi che, sulla base di indici intrinseci ed estrinseci, quali l'epigrafe, il preambolo ovvero il contenuto prevalente dell'articolato (come sottolineato della sentenza della Corte costituzionale n. 171 del 2007), non siano intrinsecamente correlati alle ragioni di straordinaria necessità ed urgenza che giustificano l'esercizio del potere di decretazione d'urgenza nelle fattispecie concrete,

impegna il Governo

ad esercitare il potere di decretazione d'urgenza nel rispetto delle disposizioni recate dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
9/4307/11. Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge interviene su materie oggetto di una complessa stratificazione normativa, disciplinate sia da fonti di rango primario che da fonti di rango secondario, dando vita ad un'estrema sovrapposizione degli strumenti normativi, suscettibile di ingenerare incertezze relativamente alla disciplina concretamente operante nelle materie oggetto di intervento legislativo, anche in ragione della non perfetta identità delle normative recate dai vari provvedimenti intervenuti in materia;
esso, all'articolo 5, comma 5, lettera c), che, novellando l'articolo 3 del decreto legislativo n. 31 del 2010, demanda la definizione della disciplina attuativa ad un «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che può avvalersi dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto;
il decreto-legge, all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, che demanda la definizione della disciplina introdotta dal primo periodo del medesimo comma ad un'ordinanza di protezione civile, ricorre ad un istituto di cui appare dubbia la congruità rispetto alle finalità che si intendono perseguire, nonché, più in generale, alle esigenze di un coerente utilizzo delle fonti normative;
inoltre, il provvedimento, all'articolo 7, comma 1, che attribuisce ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare, per la cui adozione non viene previsto alcun termine, l'individuazione dei requisiti delle società che, ai sensi della disposizione in oggetto, potranno essere acquisite da Cassa depositi e prestiti S.p.a., demanda la disciplina attuativa ad un atto che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, ha qualificato come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»,

impegna il Governo

ad aver cura di non assegnare a fonti atipiche compiti di tipo normativo che l'ordinamento assegna alle fonti del diritto, anche in considerazione del fatto che ad esse non è riconosciuto un regime di pubblicità analogo a quello previsto per le fonti del diritto (pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e che gli atti non numerati non vengono inseriti nell'ambito della banca dati pubblica e gratuita (Normattiva), con la conseguenza che, ogniqualvolta un atto atipico incida su una fonte del diritto, le modifiche apportate a quest'ultima sono prive del requisito della conoscibilità.
9/4307/12. Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge interviene su materie oggetto di una complessa stratificazione normativa, disciplinate sia da fonti di rango primario che da fonti di rango secondario, dando vita ad un'estrema sovrapposizione degli strumenti normativi, suscettibile di ingenerare incertezze relativamente alla disciplina concretamente operante nelle materie oggetto di intervento legislativo, anche in ragione della non perfetta identità delle normative recate dai vari provvedimenti intervenuti in materia;
esso, all'articolo 5, comma 5, lettera c), che, novellando l'articolo 3 del decreto legislativo n. 31 del 2010, demanda la definizione della disciplina attuativa ad un «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che può avvalersi dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto;
il decreto-legge, all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, che demanda la definizione della disciplina introdotta dal primo periodo del medesimo comma ad un'ordinanza di protezione civile, ricorre ad un istituto di cui appare dubbia la congruità rispetto alle finalità che si intendono perseguire, nonché, più in generale, alle esigenze di un coerente utilizzo delle fonti normative;
inoltre, il provvedimento, all'articolo 7, comma 1, che attribuisce ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare, per la cui adozione non viene previsto alcun termine, l'individuazione dei requisiti delle società che, ai sensi della disposizione in oggetto, potranno essere acquisite da Cassa depositi e prestiti S.p.a., demanda la disciplina attuativa ad un atto che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, ha qualificato come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di aver cura di non assegnare a fonti atipiche compiti di tipo normativo che l'ordinamento assegna alle fonti del diritto, anche in considerazione del fatto che ad esse non è riconosciuto un regime di pubblicità analogo a quello previsto per le fonti del diritto (pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e che gli atti non numerati non vengono inseriti nell'ambito della banca dati pubblica e gratuita (Normattiva), con la conseguenza che, ogniqualvolta un atto atipico incida su una fonte del diritto, le modifiche apportate a quest'ultima sono prive del requisito della conoscibilità.
9/4307/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame sospende ma non accantona definitivamente un eventuale progetto di produrre energia nucleare attraverso la realizzazione di impianti sul territorio nazionale;
nel 1979 il CNEN individuò una mappa di possibili siti per la realizzazione di centrali nucleari e/o possibili siti di scorie radioattive;
si tratta di 45 siti che coinvolgono molte regioni italiane;
tra questi in Campania vi sarebbe la foce del fiume Sele;
si tratta di un comprensorio territoriale tra i più belli e produttivi dell'intero Mezzogiorno;
il territorio in questione è caratterizzato dalla presenza di scavi archeologici, da produzioni di qualità in campo agricolo e dalla famosissima produzione della mozzarella di bufala;
tra le caratteristiche dei siti per il nucleare vi sarebbe quella di luoghi sicuri non a rischio alluvioni;
basta andarsi a rileggere le cronache di questo inverno per trovare quanti e quali danni hanno provocato le alluvioni nella valle del Sele per far sì di espungere questo sito dalla lista;
più complessivamente la regione Campania ha già pagato duramente un maltrattamento ambientale del proprio territorio, con ripercussioni in tema di salute molto delicate, ipotecando il futuro delle prossime generazioni,

impegna il Governo

ad escludere in maniera irrevocabile la foce del Sele quale potenziale sito per la localizzazione di una centrale nucleare o deposito nazionale di scorie radioattive.
9/4307/13. Cuomo.

La Camera,
premesso che:
con bando del 14 luglio 2008 veniva indetto il concorso pubblico per esami, su base regionale, a 30 posti di archeologo, nella III area, fascia retributiva F1, nel ruolo del Ministero per i beni e le attività culturali;
il concorso prevedeva 1 posto per la Calabria, 7 per l'Emilia Romagna, 3 per il Friuli Venezia Giulia, 2 per la Liguria, 5 per la Lombardia, 1 per le Marche, 4 per il Piemonte, 1 per la Puglia, 1 per la Sardegna, 2 per la Toscana, 3 per il Veneto e che ogni candidato potesse fare domanda per una sola regione;
nel dicembre del 2009 ebbero termine le prove d'esame, le graduatorie di merito furono pubblicate il 19 gennaio 2010, nell'aprile del 2010 i 30 vincitori del concorso sono entrati in servizio;
complessivamente sono risultati idonei 96 archeologi (ripartiti in modo non omogeneo per le varie regioni) oltre ai 30 vincitori;
il decreto-legge in esame, all'articolo 2, nel quadro di una serie di iniziative a potenziamento delle funzioni di tutela dell'area archeologica di Pompei, prevede l'assunzione di personale di III area, posizione economica F1, (in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25), mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, nel limite di spesa di euro 900.000 annui a decorrere dall'anno 2011. Il medesimo decreto prevede, inoltre, l'assunzione di ulteriore personale specializzato, anche dirigenziale, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, da destinare all'espletamento di funzioni di tutela del patrimonio culturale;

in considerazione di quanto sopra e dell'urgenza di assicurare la realizzazione delle previsioni di cui al citato articolo 2, attraverso l'assunzione delle necessarie risorse umane,

impegna il Governo

a valutare se, in virtù delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge in esame e compatibilmente con le esigenze di bilancio, sussista la possibilità di ampliare la platea dei soggetti rientranti nella previsione «mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, di personale di III area, posizione economica F1» anche alle graduatorie regionali formatesi in seguito al concorso citato in premessa.
9/4307/14. Cazzola, Mazzuca.

La Camera,
preso atto dell'impegno del Governo, attraverso il provvedimento in esame, di integrare le risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS);
ritenuto che ciò costituisca un primo e significativo momento di riconsiderazione della funzione civile, sociale, formativa, occupazionale ed economica che le arti dello spettacolo dal vivo rivestono;
evidenziando la necessità che un mero reintegro delle risorse finanziarie non appare sufficiente a garantire la corretta evoluzione delle dinamiche dei processi culturali, ancora oggi condizionati dalla legge istitutiva del FUS del 1985 (cd. legge madre), un provvedimento di carattere esclusivamente finanziario e mai completamente attuato per l'assenza delle pur previste le leggi di riforma dei settori (le cosiddette leggi figlie);
constatato che le fondazioni lirico sinfoniche e le attività cinematografiche hanno costituito oggetto di opportuni e ripetuti provvedimenti legislativi riformatori nel corso degli anni, anche con l'intento di incentivare l'intervento sussidiario dei privati;
considerato che la disciplina normativa per le attività musicali e di danza, per il circo e lo spettacolo viaggiante risalgono agli anni '60, mentre il teatro è tuttora privo di un formale riconoscimento normativo;
rilevata l'urgenza di dare seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione che definisce lo spettacolo materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni, come ribadito dalla stessa Corte Costituzionale che ha sollecitato Governo e Parlamento a dare seguito normativo a tale principio;
ribadita l'indifferibilità di varare un provvedimento-quadro volto alla definizione delle competenze istituzionali in materia, alla sistematizzazione organica di tutto il settore dello spettacolo dal vivo, a rendere maggiormente efficace ed efficiente la spesa pubblica, a consentire la defiscalizzazione per gli investimenti privati, provvedimento al quale la VII Commissione ha lungamente lavorato pervenendo in maniera condivisa ad un testo unificato;
ritiene improcrastinabile l'approvazione della proposta di legge-quadro sullo spettacolo dal vivo all'esame della Commissione cultura,

impegna il Governo

a continuare a sostenere il settore dello spettacolo, reperendo ulteriori risorse, anche ai fini dell'approvazione di una legge quadro di riforma dello spettacolo dal vivo.
9/4307/15. Carlucci.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
consapevole altresì della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese, asse portante dell'economia del Paese;
in virtù dell'ordine del giorno G4.15 accolto dal Governo, nella seduta del 19 aprile u.s., nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato della Repubblica,

impegna il Governo

ad integrare, in occasione del primo provvedimento utile e nell'ambito delle proprie competenze, ad integrare la disciplina dettata dalla delibera AGCOM n. 366/10/CONS con una norma che attribuisca numerazioni automatiche dei canali della televisione digitale terrestre destinate ai canali nazionali ai fornitori di servizi di media in ambito locale che raggiungano una copertura pari ad almeno l'80 per cento del territorio nazionale, sia attraverso accordi con operatori di rete locali, sia in parte attraverso tali accordi e per la parte restante in forma di syndacation.
9/4307/16. Di Cagno Abbrescia.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
consapevole altresì della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese, asse portante dell'economia del Paese,

impegna il Governo

in occasione del primo provvedimento utile, ad integrare l'articolo 15 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, con una norma che consenta agli operatori di rete locali, che d'intesa tra loro raggiungano una copertura non inferiore all'80 per cento della popolazione nazionale, la diffusione sino a quattro programmi di fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali.
9/4307/17. Sisto.

La Camera,
consapevole della stretta correlazione esistente tra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese;
consapevole altresì dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato al principio del pluralismo dell'informazione;
visto l'articolo 10 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 422;
premesso che il finanziamento annuale previsto per le emittenti locali dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modifiche ed integrazioni, non è mai stato portata a regime e che ha subito considerevoli tagli nella legge finanziaria 2009,

impegna il Governo

in occasione del primo provvedimento utile, a definire gli incentivi previsti dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modifiche ed integrazioni, in 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, e 270 milioni di euro a decorrere dal 2014.
9/4307/18. Distaso.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare al più presto una strategia complessa come quella energetica, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

ad adottare entro tre mesi la Strategia energetica nazionale.
9/4307/19. Quartiani, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro Paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate;
in tal senso, centrale è la questione dell'efficienza energetica (dagli interventi di riqualificazione energetica degli edifici alle pompe di calore, dalla sostituzione dei motori elettrici tradizionali nell'industria all'utilizzo della domotica intelligente), grazie alla quale è possibile ottenere significativi risultati, con periodi di ritorno degli investimenti brevi ed una significativa ricaduta sul nostro tessuto economico e produttivo,

impegna il Governo

a perseguire con decisione, a partire dalla Strategia energetica nazionale, politiche di incentivazione dell'efficienza energetica, che comporta investimenti di entità ridotta e con caratteristiche di pervasività sul tessuto economico.
9/4307/20. Federico Testa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro Paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a promuovere iniziative rivolte all'educazione al risparmio energetico, attraverso idonee campagne di comunicazione.
9/4307/21. Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro Paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a promuovere, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, iniziative rivolte all'educazione al risparmio energetico, attraverso idonee campagne di comunicazione.
9/4307/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a procedere, a partire dalla Strategia energetica nazionale, sulla linea di sviluppo delle fonti rinnovabili, termiche ed elettriche, valorizzando le tecnologie che consentono maggiori ricadute sul tessuto produttivo/industriale italiano, cercando di approfittare della diminuzione continua e veloce dei costi di produzione per unità di energia prodotta, collegando la diffusione delle fonti rinnovabili con lo sviluppo delle reti, sia in senso quantitativo che in senso qualitativo attraverso le cd smart grid, evitando ricadute troppo pesanti sulle bollette elettriche di famiglie e imprese.
9/4307/22. Vico.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a procedere, a partire dalla Strategia energetica nazionale, sulla linea di sviluppo delle fonti rinnovabili, termiche ed elettriche, valorizzando le tecnologie che consentono maggiori ricadute sul tessuto produttivo/industriale italiano, cercando di approfittare della diminuzione continua e veloce dei costi di produzione per unità di energia prodotta, collegando la diffusione delle fonti rinnovabili con lo sviluppo delle reti, sia in senso quantitativo che in senso qualitativo.
9/4307/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Vico.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine dei 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a promuovere l'affermazione della mobilità elettrica come strada per diminuire l'inquinamento, soprattutto nei centri urbani.
9/4307/23. Sanga, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);

impegna il Governo

a promuovere l'affermazione della mobilità elettrica come strada per diminuire l'inquinamento, soprattutto nei centri urbani.
9/4307/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Sanga, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28 del 2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a farsi promotore di una politica energetica che superi il livello nazionale, per integrare i sistemi energetici continentali e per realizzare l'interconnessione dell'intero spazio mediterraneo, valutando la possibilità di effettuare una «divisione del lavoro» tra i vari Paesi, che valorizzi specificità, competenze, storie industriali, attraverso investimenti nelle reti di trasmissione, nazionali e transnazionali, che superino i colli di bottiglia esistenti.
9/4307/24. Froner.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento reca disposizioni in materia di impianti nucleari, cancellando dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 8 detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella previgente) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale (SEN);
in base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e dovrà individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del Sistema e lo sviluppo delle infrastrutture, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali;
in realtà, l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale: tale Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto;
analogamente, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un Piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009 ma di questo non c'è traccia, anzi sono stati progressivamente indeboliti gli strumenti fiscali in essere: in particolare la detraibilità del 55 per cento per interventi di efficientamento degli edifici è stata resa sempre meno incentivante (dai tre anni iniziali la detrazione è ora ripartita su dieci anni), messa in dubbio fino all'ultimo e priva di certezza per il futuro (scadrà alla fine del 2011);
sulle fonti rinnovabili l'assoluta improvvisazione delle scelte normative ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010 che vanifica i certificati verdi e, più di recente, il decreto legislativo n. 28/2011 è, di fatto, illegittimamente intervenuto in modo retroattivo con gravi danni per gli investitori e per la credibilità per lo Stato italiano (credibilità su cui influisce anche la vicenda del nucleare);
lo schema di decreto legislativo sul «terzo pacchetto energia» non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando per il meccanismo di separazione funzionale, più debole, come sottolineato dall'AEEG e dall'Antitrust, in luogo della separazione proprietaria: la mancata piena concorrenzialità del gas assume nel nostro paese, infatti, particolare importanza perché il 65 per cento dell'energia elettrica è prodotta tramite gas metano e questo ha pesanti ripercussioni sul costo dell'energia, tra le voci che più spiegano le tendenze inflazionistiche attuali;
appare, pertanto, evidente la necessità di delineare una strategia complessa come quella energetica sulla base di un approccio complessivo e articolato alle problematiche del nostro Paese, costruendo un quadro prospettico d'insieme, anche al fine di fornire agli operatori, alle comunità interessate e ai cittadini gli elementi di merito necessari per poter esprime le proprie valutazioni ragionate,

impegna il Governo

a rilanciare le politiche di liberalizzazione, che possono offrire più di una leva per ridurre gli oneri sui prezzi dell'energia, direttamente riconducibili alla bassa concorrenzialità del mercato.
9/4307/25. Colaninno.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 4 e 5, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni in favore del settore culturale e cinematografico, provvedendo ad aumentare l'aliquota dell'accisa su alcuni prodotti energetici, in particolare sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio usato come carburante;
le disposizioni hanno affidato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, adottato il 5 aprile 2011, la modifica delle aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici tali da garantire 281 milioni di euro nel 2011, 326 milioni di euro annui nel 2012 e 2013 e di 236 milioni di euro annui dal 2014 cui debbono annualmente aggiungersi gli oneri per i rimborsi agli autotrasportatori, la cui quantificazione è correlata alla determinazione dell'incremento dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione;
l'aggravio sui consumatori è particolarmente pesante specie in una fase di aumento dei prezzi dei prodotti energetici sui mercati internazionali, una questione che già provoca un aumento dell'inflazione;
l'articolo 1, commi 290 e seguenti, della legge n. 244 del 2007 prevede che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, siano ridotte le aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili, a fronte delle maggiori entrate IVA conseguenti alle variazioni del prezzo internazionale del greggio, al verificarsi di uno scostamento superiore al 2 per cento di tale prezzo rispetto al valore indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria ed alle condizioni di cui al comma 291 del medesimo articolo;
la finalità di tale meccanismo è quella di impiegare le maggiori entrate a titolo IVA, conseguenti all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, per diminuire, mediante la riduzione delle aliquote di accisa, il prezzo finale al consumo dei prodotti medesimi;
tramite questo strumento è, pertanto, possibile impedire che il consumatore sia gravato da un duplice aumento, quello determinato dal prezzo e quello originato dalla tassazione, consentendo così il trasferimento sul prezzo finale del solo incremento dei costi di acquisto;
la misura garantisce, peraltro, la neutralità finanziaria, provvedendo, a parità di gettito complessivo, ad una ricomposizione della quota Iva e della accisa;
l'incremento del prezzo del greggio si è riflesso sul prezzo dei carburanti, determinando un incremento del gettito Iva nel primo quadrimestre di oltre 300 milioni di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2010 secondo i calcoli effettuati dal Centro Studi Promotor GL Events, senza che il Governo abbia provveduto ad emanare l'atteso decreto sulla cosiddetta accisa mobile trimestrale, al fine di abbassare subito il prezzo dei carburanti,

impegna il Governo

a procedere immediatamente all'emanazione del decreto ministeriale di riduzione dell'accisa sui carburanti in attuazione della norma prevista dalla legge finanziaria per il 2008, in modo tale da utilizzare il maggior gettito IVA dovuto all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi per la riduzione temporanea dell'aliquota di accisa sui carburanti e, quindi, del prezzo al consumo.
9/4307/26. Lulli, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a chiarire, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato ed evitare distorsioni della concorrenza, che la Cassa depositi e prestiti SpA possa assumere, ai sensi del comma 7, partecipazioni azionarie esclusivamente minoritarie e non di controllo.
9/4307/27. Causi, Fluvi, Baretta, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a chiarire che le società o i fondi di investimento che acquisiscono le partecipazioni debbano essere controllati dalla Cassa depositi e prestiti.
9/4307/28. Marchi.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a chiarire, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato ed evitare distorsioni della concorrenza, che la Cassa depositi e prestiti SpA possa assumere, ai sensi del comma 7, partecipazioni azionarie esclusivamente per periodi di tempo prestabiliti.
9/4307/29. Baretta, Causi, Fluvi, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a comunicare, con motivata relazione del Ministro dell'economia e delle finanze, alle competenti Commissioni parlamentari le operazioni di acquisizione di partecipazioni di minoranza di Società di rilevante interesse nazionale, entro il termine di trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni medesime.
9/4307/30. Fluvi, Causi, Baretta, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a comunicare, con motivata relazione del Ministro dell'economia e delle finanze, alle competenti Commissioni parlamentari le operazioni di acquisizione di partecipazioni di Società di rilevante interesse nazionale.
9/4307/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Fluvi, Causi, Baretta, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a riferire alle competenti Commissioni parlamentari, entro il 31 marzo di ciascun anno, in merito alle operazioni poste in essere relativamente alle ricadute per il sistema economico-produttivo, ai livelli occupazionali, all'evoluzione delle dati di bilancio relativi alle società oggetto di partecipazione.
9/4307/31. Vannucci.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a riferire alle competenti Commissioni parlamentari, in merito alle operazioni poste in essere.
9/4307/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Vannucci.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a garantire, qualora la Cassa depositi e prestiti effettui indirettamente l'acquisizione, che gli amministratori delle società veicolo siano scelti fra persone di indiscussa moralità e indipendenza, di comprovata professionalità ed elevata qualificazione e competenza nei settori di riferimento.
9/4307/32. Boccia.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasfor-mata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di garantire, qualora la Cassa depositi e prestiti effettui indirettamente l'acquisizione, che gli amministratori delle società veicolo siano scelti fra persone di indiscussa moralità e indipendenza, di comprovata professionalità ed elevata qualificazione e competenza nei settori di riferimento.
9/4307/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccia.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a chiarire che gli amministratori che la Cassa depositi e prestiti, direttamente o indirettamente, nominerà nelle società partecipate non possano acquisire deleghe operative e gestionali.
9/4307/33. Sereni.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

ad adottare indirizzi volti ad assicurare che le partecipazioni della Cassa depositi e prestiti SpA, ai sensi dell'articolo 7 del presente provvedimento, possano garantire una posizione di controllo sulle società partecipate esclusivamente nei confronti di quelle proprietarie di infrastrutture energetiche nazionali e sovranazionali, anche al fine di contribuire, anche tramite operazioni di fusione tra le società acquisite e partecipate da CDP S.p.A. stessa, alla costruzione di un mercato interno concorrenziale, tramite la separazione proprietaria di SNAM rete gas da ENI, alla sicurezza degli approvvigionamenti, allo sviluppo di mercato unitario dell'energia a dimensione europea, tramite la realizzazione delle necessarie infrastrutture di interconcessione.
9/4307/34. Vassallo.

La Camera,
premesso che:
in questi anni sono state notevolmente ampliate le funzioni della Cassa depositi e prestiti SpA, che si è trasformata da istituto erogatore, attraverso il risparmio postale, di mutui e prestiti ad enti locali a strumento di sostegno alle imprese;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni non quotata, di fatto determinandone l'uscita dal perimetro della pubblica amministrazione ma al contempo condizionandone la gestione attraverso la partecipazione di maggioranza da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'articolo 7 del provvedimento in esame inserisce il comma 8-bis all'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, consentendo a Cassa depositi e prestiti SpA di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, i cui requisiti sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare;
il citato decreto, emanato lo scorso 3 maggio 2011, ha definito in modo eccessivamente ampio e vago il «rilevante interesse nazionale», che può essere legato al settore (sono considerate di rilevante interesse nazionale le società di capitali con significative prospettive di sviluppo che operano nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture e dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e intermediazione finanziaria, nonché della ricerca e dell'innovazione e quelle dei pubblici servizi e ad alto contenuto tecnologico), ovvero alle dimensioni (fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250), in assenza dei quali rilevano l'indotto e i benefici per il sistema economico-produttivo, una formula assolutamente generica;
era già possibile a legislazione vigente, per Cassa depositi e prestiti, acquisire partecipazioni azionarie - e di fatto ne possiede di rilevanti come ad esempio in ENI e in Terna - tanto che, con nota del 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiarito che l'intervento normativo in discussione è sostanzialmente volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti;
l'utilizzo della Cassa depositi e prestiti come strumento di politica industriale avrebbe meritato una discussione ampia e approfondita, mentre l'attuale provvedimento mina la trasparenza e la certezza delle regole lasciando eccessiva discrezionalità al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza alcun ruolo per il Parlamento;
la disposizione prevista dall'articolo 7 potrebbe somigliare al Fonds stratégique d'investissement (FSI) che, in Francia, la Caisse des Dépôts et Consignation, insieme al Ministero dell'economia, ha istituito, nel 2008, al fine di aumentare la competitività del Paese attraverso l'ingresso nel capitale di società strategiche;
il Fondo francese, tuttavia, differisce da quello in esame in quanto non è riferito ad un vago concetto di interesse nazionale, ma fa un esplicito richiamo al concetto di competitività del Paese; il Fondo francese inoltre è volto a favorire i co-investimenti e non agisce come investitore unico; inoltre esso sostiene le imprese nel medio e lungo termine entrando in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo;
è necessario organizzare questo strumento di intervento dentro una vera strategia di politica industriale evitando che quanto avvenuto in passato in merito alle partecipazioni statali italiane che, rispetto i buoni risultati iniziali degli anni Cinquanta e Sessanta, persero successivamente di vista la missione dello sviluppo e iniziarono ad avere una governance non più attenta all'equilibrio gestionale e alla redditività delle imprese,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di indirizzi volti ad assicurare che le partecipazioni della Cassa depositi e prestiti SpA, ai sensi dell'articolo 7 del presente provvedimento, possano garantire una posizione di controllo sulle società partecipate esclusivamente nei confronti di quelle proprietarie di infrastrutture energetiche nazionali e sovranazionali, anche al fine di contribuire, anche tramite operazioni di fusione tra le società acquisite e partecipate da CDP S.p.A. stessa, alla costruzione di un mercato interno concorrenziale, tramite la separazione proprietaria di SNAM rete gas da ENI, alla sicurezza degli approvvigionamenti, allo sviluppo di mercato unitario dell'energia a dimensione europea, tramite la realizzazione delle necessarie infrastrutture di interconcessione.
9/4307/34. (Testo modificato nel corso della seduta) Vassallo.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha dovuto prendere atto dell'insostenibilità dei tagli inflitti con precedenti provvedimenti al settore dello spettacolo e dei beni culturali, provvedendo, con l'articolo 1 del decreto in esame, al parziale ripristino delle dotazioni originarie, con 149 milioni di euro per il Fondo unico dello spettacolo, 80 milioni di euro per la manutenzione e conservazione dei beni culturali del sito archeologico di Pompei e 7 milioni di euro per interventi in favore di enti e istituzioni culturali e 45 milioni di euro per il 2011 e 90 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 derivanti dall'abrogazione del contributo speciale a carico dello spettatore per l'accesso nelle sale cinematografiche;
le risorse stanziate, ancora del tutto insufficienti, sono quindi necessarie ad assicurare almeno l'ordinaria operatività delle nostre istituzioni culturali, ma certamente sarebbe necessario ben altro approccio politico e investimento finanziario per continuare a far vivere pienamente, nel nostro Paese, un'ampia ed adeguata offerta culturale capace di produrre crescita, occupazione e reddito, capace di promuovere il prestigio dell'Italia nel mondo, di attrarre turismo e investimenti, di elevare il livello culturale del Paese;
non poche polemiche e perplessità hanno suscitato le modalità di copertura per gli oneri finanziari derivanti dalle richiamate disposizioni di reintegro parziale dei fondi per la cultura, attraverso l'aumento delle rispettive aliquote di accisa gravanti sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, facendone così gravare i costi sulle tasche dei cittadini e smentendo i più volti ribaditi intenti di non aumentare il carico fiscale su consumatori e imprese;
certamente nelle pieghe del bilancio dello Stato non mancano le voci su cui si potrebbe esercitare un'intelligente azione di razionalizzazione e risparmio, basti pensare ai costi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lievitati a dismisura come emerge nell'ultima relazione della Corte dei Conti sul costo del lavoro pubblico,

impegna il Governo

ad individuare quanto prima una diversa forma di copertura degli oneri necessari al sostegno della cultura e della cinematografia nel nostro Paese che garantisca continuità di erogazione e, al tempo stesso, non rappresenti l'ennesima tassa su cittadini e imprese.
9/4307/35. Verini.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha dovuto prendere atto dell'insostenibilità dei tagli inflitti con precedenti provvedimenti al settore dello spettacolo e dei beni culturali, provvedendo, con l'articolo 1 del decreto in esame, al parziale ripristino delle dotazioni originarie, con 149 milioni di euro per il Fondo unico dello spettacolo, 80 milioni di euro per la manutenzione e conservazione dei beni culturali del sito archeologico di Pompei e 7 milioni di euro per interventi in favore di enti e istituzioni culturali e 45 milioni di euro per il 2011 e 90 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 derivanti dall'abrogazione del contributo speciale a carico dello spettatore per l'accesso nelle sale cinematografiche;
le risorse stanziate, ancora del tutto insufficienti, sono quindi necessarie ad assicurare almeno l'ordinaria operatività delle nostre istituzioni culturali, ma certamente sarebbe necessario ben altro approccio politico e investimento finanziario per continuare a far vivere pienamente, nel nostro Paese, un'ampia ed adeguata offerta culturale capace di produrre crescita, occupazione e reddito, capace di promuovere il prestigio dell'Italia nel mondo, di attrarre turismo e investimenti, di elevare il livello culturale del Paese;
non poche polemiche e perplessità hanno suscitato le modalità di copertura per gli oneri finanziari derivanti dalle richiamate disposizioni di reintegro parziale dei fondi per la cultura, attraverso l'aumento delle rispettive aliquote di accisa gravanti sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, facendone così gravare i costi sulle tasche dei cittadini e smentendo i più volti ribaditi intenti di non aumentare il carico fiscale su consumatori e imprese;
certamente nelle pieghe del bilancio dello Stato non mancano le voci su cui si potrebbe esercitare un'intelligente azione di razionalizzazione e risparmio, basti pensare ai costi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lievitati a dismisura come emerge nell'ultima relazione della Corte dei Conti sul costo del lavoro pubblico,

impegna il Governo

ad individuare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, una diversa forma di copertura degli oneri necessari al sostegno della cultura e della cinematografia nel nostro Paese che garantisca continuità di erogazione.
9/4307/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Verini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 4 e 5, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni in favore del settore culturale e cinematografico, provvedendo ad aumentare l'aliquota dell'accisa su alcuni prodotti energetici, in particolare sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio usato come carburante;
le disposizioni affidano a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, adottato il 5 aprile 2011, la modifica delle aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici tali da garantire la copertura degli oneri di 236 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 per interventi a favore della cultura e di 45 milioni di euro per il 2011 e 90 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 derivanti dall'abrogazione del contributo speciale a carico dello spettatore per l'accesso nelle sale cinematografiche;
l'aggravio sui consumatori è particolarmente pesante specie in una fase di aumento dei prezzi dei prodotti energetici sui mercati internazionali, una questione che già provoca un aumento dell'inflazione;
appare necessaria una costante verifica della congruità delle richiamate misure già adottate dall'Agenzia delle entrate,

impegna il Governo

a presentare annualmente al Parlamento una relazione sugli effetti di gettito derivanti dall'aumento delle aliquote di accisa sui prodotti energetici, sia con riferimento all'effettiva copertura degli oneri finanziari, sia per quanto concerne gli effetti sul costo della vita.
9/4307/36. Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 4 e 5, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni in favore del settore culturale e cinematografico, provvedendo ad aumentare l'aliquota dell'accisa su alcuni prodotti energetici, in particolare sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio usato come carburante;
le disposizioni affidano a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, adottato il 5 aprile 2011, la modifica delle aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici tali da garantire la copertura degli oneri di 236 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 per interventi a favore della cultura e di 45 milioni di euro per il 2011 e 90 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 derivanti dall'abrogazione del contributo speciale a carico dello spettatore per l'accesso nelle sale cinematografiche;
l'aggravio sui consumatori è particolarmente pesante specie in una fase di aumento dei prezzi dei prodotti energetici sui mercati internazionali, una questione che già provoca un aumento dell'inflazione;
appare necessaria una costante verifica della congruità delle richiamate misure già adottate dall'Agenzia delle entrate,

impegna il Governo

a presentare annualmente al Parlamento una relazione sugli effetti di gettito derivanti dall'aumento delle aliquote di accisa sui prodotti energetici.
9/4307/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Strizzolo.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo,

impegna il Governo

ad attivarsi al fine di stanziare adeguate risorse aggiuntive, per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, per gli eventi relativi al Festival Verdi nell'ambito delle celebrazioni del Bicentenario.
9/4307/37. Motta.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, di reperire risorse economiche alternative rispetto a quelle stanziate dall'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinate ad interventi di ricostruzione post-sisma.
9/4307/38. Ginoble.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, di reperire risorse economiche alternative, quali ad esempio una diminuzione degli stanziamenti destinati alle cosiddette «auto blu», rispetto a quelle stanziate dall'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinate ad interventi di ricostruzione post-sisma.
9/4307/39. Grassi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009 misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, di reperire risorse economiche alternative, quali ad esempio un aumento percentuale, seppur minimo, delle aliquote sugli apparecchi da gioco (PREU), rispetto a quelle stanziate dall'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinate ad interventi di ricostruzione post-sisma.
9/4307/40. Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
anche il settore artistico e culturale dell'Abruzzo, ed in particolare dell'Aquila ha subito in seguito al terremoto del 6 aprile 2009 gravi danni,

impegna il Governo

ad individuare ed effettuare gli opportuni interventi, sia economici che normativi, a favore del patrimonio storico e culturale esistente nel centro storico della città de L'Aquila.
9/4307/41. Tenaglia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
anche il settore artistico e culturale dell'Abruzzo, ed in particolare dell'Aquila ha subito in seguito al terremoto del 6 aprile 2009 gravi danni,

impegna il Governo

a proseguire gli interventi, sia economici che normativi, a favore del patrimonio storico e culturale esistente nel centro storico della città de L'Aquila.
9/4307/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Tenaglia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto;
anche le strutture edilizie, in particolare l'ospedale dell'Aquila, in seguito al terremoto del 6 aprile 2009, hanno subito danni strutturali che necessitano, ancora oggi, di nuovi e maggiori finanziamenti onde poter pervenire ad una completa ricostruzione, basti pensare che le attività dell'ospedale dell'Aquila vengono tuttora espletate nella sede appositamente costruita in occasione del G-8,

impegna il Governo

ad individuare ulteriori risorse economiche, finanziarie e normative atte a far sì che si possa completare nel più breve tempo possibile una completa ristrutturazione dell'ospedale dell'Aquila in modo tale che le popolazioni colpite dal sisma del 2009 possano tornare ad avere una struttura sanitaria completa, adeguata e funzionante in tutte le sue parti.
9/4307/42. D'Incecco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto;
anche le strutture edilizie, in particolare l'ospedale dell'Aquila, in seguito al terremoto del 6 aprile 2009, hanno subito danni strutturali che necessitano, ancora oggi, di nuovi e maggiori finanziamenti onde poter pervenire ad una completa ricostruzione, basti pensare che le attività dell'ospedale dell'Aquila vengono tuttora espletate nella sede appositamente costruita in occasione del G-8,

impegna il Governo

a rafforzare l'iniziativa atta a far sì che si possa completare nel più breve tempo possibile una completa ristrutturazione dell'ospedale dell'Aquila in modo tale che le popolazioni colpite dal sisma del 2009 possano tornare ad avere una struttura sanitaria completa, adeguata e funzionante in tutte le sue parti.
9/4307/42. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Incecco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto;
ad ormai 15 mesi dal sisma, anche le strutture edilizie, ed in particolare i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali dell'Aquila, soffrono di una carenza di strutture adeguate, con molti ambulatori ancora ospitati nei container, in casette di legno nell'area parcheggio del campo Acquasanta,

impegna il Governo

ad individuare ulteriori risorse economiche, finanziare e normative atte a far sì che nel più breve tempo possibile le popolazioni dell'Abruzzo ed in particolare i cittadini dell'Aquila possono avvalersi di strutture edilizie sanitarie adeguate e non dover più recarsi per le visite mediche presso casette di legno o peggio ancora container.
9/4307/43. Pedoto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto;
ad ormai 15 mesi dal sisma, anche le strutture edilizie, ed in particolare i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali dell'Aquila, soffrono di una carenza di strutture adeguate, con molti ambulatori ancora ospitati nei container, in casette di legno nell'area parcheggio del campo Acquasanta,

impegna il Governo

a rafforzare l'iniziativa atta a far sì che nel più breve tempo possibile le popolazioni dell'Abruzzo ed in particolare i cittadini dell'Aquila possono avvalersi di strutture edilizie sanitarie adeguate.
9/4307/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Pedoto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
ad ormai 15 mesi dal sisma, anche le strutture edilizie, ed in particolare l'Ospedale San Salvatore dell'Aquila, già al centro di un'inchiesta per i crolli che lo hanno interessato, è solo parzialmente agibile, in quanto dopo un iniziale intervento di consolidamento, le strutture dei cosiddetti delta medico e chirurgico vedono i lavori fermi da un anno e mezzo e versano in uno stato di incredibile abbandono;
interi reparti dell'ospedale San Salvatore, come Anatomia Patologica, Maxillo Facciale e Oculistica, ospitati prima del sisma all'interno dei suddetti delta operano ancora oggi all'interno di container, tra mille difficoltà, in condizioni di incredibile precarietà, e in strutture definite «provvisorie», come quella montata in occasione del G8;
questa situazione provoca naturalmente numerosi disservizi,

impegna il Governo

ad individuare, al di là dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, risorse economiche adeguate nonché procedure normative semplificate affinché si possa pervenire nel più breve tempo possibile ad una ricostruzione completa dell'Ospedale San Salvatore dell'Aquila.
9/4307/44. Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
ad ormai 15 mesi dal sisma, anche le strutture edilizie, ed in particolare l'Ospedale San Salvatore dell'Aquila, già al centro di un'inchiesta per i crolli che lo hanno interessato, è solo parzialmente agibile, in quanto dopo un iniziale intervento di consolidamento, le strutture dei cosiddetti delta medico e chirurgico vedono i lavori fermi da un anno e mezzo e versano in uno stato di incredibile abbandono;
interi reparti dell'ospedale San Salvatore, come Anatomia Patologica, Maxillo Facciale e Oculistica, ospitati prima del sisma all'interno dei suddetti delta operano ancora oggi all'interno di container, tra mille difficoltà, in condizioni di incredibile precarietà, e in strutture definite «provvisorie», come quella montata in occasione del G8;
questa situazione provoca naturalmente numerosi disservizi,

impegna il Governo

ad individuare risorse economiche aggiuntive affinché si possa pervenire ad una ricostruzione completa dell'Ospedale San Salvatore dell'Aquila.
9/4307/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

qualora l'applicazione dell'articolo 6 del presente decreto comportasse nuovi e maggiori oneri, ad utilizzare per la stabilizzazione dei precari della sanità anche nei comuni al di fuori del cratere del sisma risorse economiche ulteriori e alternative rispetto a quelle attualmente previste dal decreto stesso, destinate alla ricostruzione post terremoto.
9/4307/45. Bossa.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

ad individuare risorse finanziarie adeguate e diverse da quelle attualmente previste dal decreto stesso affinché si possa pervenire ad una stabilizzazione di tutti i precari della sanità dell'Abruzzo, facendo sì che già entro il 2011 diverse centinaia precari non rimangano senza lavoro.
9/4307/46. Lolli.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
tale articolo modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010), in particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:
il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio;
gli eventuali maggiori oneri derivanti da tale normativa sono fatti valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell'aprile 2009, contenute nel citato decreto,

impegna il Governo

a valutare possibili iniziative di stabilizzazione dei precari della sanità dell'Abruzzo, che dovessero essere considerati necessari per le prestazioni di servizio.
9/4307/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Lolli.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede all'articolo 6, in considerazione degli eventi sismici dell'aprile 2009, misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo;
ad ormai 15 mesi dal sisma, anche le strutture edilizie, ed in particolare l'Ospedale San Salvatore dell'Aquila, già al centro di un'inchiesta per i crolli che lo hanno interessato, è solo parzialmente agibile, in quanto dopo un iniziale intervento di consolidamento, le strutture dei cosiddetti delta medico e chirurgico vedono i lavori fermi da un anno e mezzo e versano in uno stato di incredibile abbandono;
interi reparti dell'Ospedale San Salvatore, come Anatomia Patologica, Maxillo Facciale e Oculistica, ospitati prima del sisma all'interno dei suddetti Delta operano ancora oggi all'interno di container, tra mille difficoltà, in condizioni di incredibile precarietà, e in strutture definite «provvisorie», come quella montata in occasione del G8;
questa situazione provoca naturalmente numerosi disservizi,

impegna il Governo:

ad individuare tutte le risorse finanziarie necessarie affinché nel più breve tempo possibile sia ripristinata la piena operatività del presidio ospedaliero «San Salvatore» attraverso la riapertura di tutte le sale operatorie, dei reparti, delle specialità e della tecnologie andate distrutte con il sisma del 6 aprile;
a mettere a disposizione, senza ulteriori formalità, le risorse statali di cui all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, destinate agli interventi di cui alla delibera del Consiglio Regionale d'Abruzzo n. 69/6 del 26 giugno 2002 e proposti dalla Regione Abruzzo con nota del 22 febbraio 2008, localizzati nella provincia di L'Aquila e nei comuni delle altre province abruzzesi colpiti dal sisma e non ancora assegnate.
9/4307/47. Murer.

La Camera,
premesso che:
il reintegro del Fondo unico dello spettacolo di 149 milioni di euro, previsto dal provvedimento in esame, rappresenta solo un piccolo passo indietro del Governo per riparare ai tagli operati, arrivati a meno il 36,6 per cento delle risorse complessive;
un vero e concreto sostegno al settore della cultura è determinato anche dall'approvazione di un provvedimento-quadro, volto alla sistematizzazione di tutto il settore dello spettacolo dal vivo;
la Commissione cultura da tempo lavora in maniera condivisa ad una legge quadro di riforma dello spettacolo dal vivo, per la quale il precedente Ministro della cultura si era già impegnato per una veloce approvazione;
non poche polemiche e perplessità hanno suscitato le modalità di copertura per gli oneri finanziari derivanti dalle richiamate disposizioni di reintegro parziale dei fondi per la cultura, attraverso l'aumento delle rispettive aliquote di accisa gravanti sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, facendone così gravare i costi sulle tasche dei cittadini e smentendo i più volti ribaditi intenti di non aumentare il carico fiscale su consumatori e imprese,

impegna il Governo:

ad attuare una politica a sostegno del settore dello spettacolo come impresa culturale produttiva del Paese reperendo, nel primo provvedimento utile, ulteriori risorse aggiuntive, anche ai fini dell'approvazione della legge quadro di riforma dello spettacolo dal vivo, votata all'unanimità dalla Commissione cultura della Camera dei deputati;
ad individuare quanto prima una diversa forma di copertura degli oneri necessari al sostegno della cultura nel nostro Paese che garantisca continuità di erogazione e, al tempo stesso, non gravi su cittadini e imprese.
9/4307/48. De Biasi, Quartiani.

La Camera,
premesso che:
in sede di discussione della legge 29 giugno 2010, n. 100, di conversione del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, il Governo ha accolto l'ordine del giorno a firma De Biasi (n. 9/3552/5) con il quale si impegnava a prevedere incentivi fiscali in favore di soggetti privati;
in seguito a tale impegno ad oggi non risultano provvedimenti volti a prevedere suddetti incentivi;
i recenti dati forniti da Federculture dimostrano come l'assenza di un sostegno statale condizioni l'intervento dei privati, che faticano a sostenere i livelli di finanziamento degli anni passati ad esempio: il valore complessivo delle sponsorizzazioni private nel 2010 è stato di 1.454 milioni di euro, con un flessione del 9,6 per cento rispetto al 2009. Di questi sono stati investiti nella cultura 181 milioni di euro, circa il 30 per cento in meno di quanto le imprese private avevano destinato al settore nel 2008, quando le sponsorizzazioni culturali erano state pari a 258 milioni di euro. Le erogazioni effettuate dalle fondazioni di origine bancaria a favore settore dei beni culturali nel 2009 - ultimi dati disponibili - sono state in totale di 408 milioni di euro, ed evidenziano una riduzione del 20,5 per cento rispetto all'anno precedente. La cultura è comunque il primo beneficiano delle erogazioni bancarie, rappresentando il 29,5 per cento del totale,

impegna il Governo

a prevedere, a partire dai prossimi provvedimenti a carattere economico-finanziario, interventi volti a sostenere incentivi fiscali per la contribuzione da parte di soggetti privati.
9/4307/49. Levi.

La Camera,
premesso che:
in sede di discussione della legge 29 giugno 2010, n. 100, di conversione del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, il Governo ha accolto l'ordine del giorno a firma De Biasi (n. 9/3552/5) con il quale si impegnava a prevedere incentivi fiscali in favore di soggetti privati;
in seguito a tale impegno ad oggi non risultano provvedimenti volti a prevedere suddetti incentivi;
i recenti dati forniti da Federculture dimostrano come l'assenza di un sostegno statale condizioni l'intervento dei privati, che faticano a sostenere i livelli di finanziamento degli anni passati ad esempio: il valore complessivo delle sponsorizzazioni private nel 2010 è stato di 1.454 milioni di euro, con un flessione del 9,6 per cento rispetto al 2009. Di questi sono stati investiti nella cultura 181 milioni di euro, circa il 30 per cento in meno di quanto le imprese private avevano destinato al settore nel 2008, quando le sponsorizzazioni culturali erano state pari a 258 milioni di euro. Le erogazioni effettuate dalle fondazioni di origine bancaria a favore settore dei beni culturali nel 2009 - ultimi dati disponibili - sono state in totale di 408 milioni di euro, ed evidenziano una riduzione del 20,5 per cento rispetto all'anno precedente. La cultura è comunque il primo beneficiano delle erogazioni bancarie, rappresentando il 29,5 per cento del totale,

impegna il Governo

a valutare l'adozione, a partire dai prossimi provvedimenti a carattere economico-finanziario, di interventi volti a sostenere incentivi fiscali per la contribuzione da parte di soggetti privati.
9/4307/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Levi.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito del provvedimento in esame non risultano norme in materia di federalismo fiscale che riguardino la cultura;
la recente sentenza della Corte costituzionale n. 153 del 21 aprile 2011, ha ribadito il concetto, presente nella proposta di legge sullo spettacolo dal vivo (provvedimento al quale la Commissione cultura ha lavorato in maniera condivisa) che per il settore cultura vi è bisogno di una compartecipazione di competenza tra Stato e regioni,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, una compartecipazione di competenza tra Stato e Regioni per il settore della cultura.
9/4307/50. Coscia.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 2 del provvedimento in esame autorizza la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei ad avvalersi, per l'attuazione del programma di interventi conservativi urgenti nell'area di Pompei, della società Arte Lavoro e Servizi (ALES Spa);
la suddetta società si avvale di personale impiegato in attività socialmente utili presso il Ministero per i beni e le attività culturali;
il profilo dei suddetti lavorati appare inadeguato alla realizzazione e al coordinamento di lavori archeologici di alta specializzazione necessari alla conservazione del sito di Pompei,

impegna il Governo

a verificare, in sede di realizzazione degli interventi previsti, che i lavori nel sito di Pompei siano affidati a soggetti con profili professionali specialistici.
9/4307/51. Melandri.

La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 2 del provvedimento in esame disciplina i contratti di sponsorizzazione per favorire l'apporto di risorse finanziarie da parte di soggetti privati per la realizzazione del programma straordinario e prevede la pubblicazione di un avviso, contenente l'elenco degli interventi da realizzare, nella Gazzetta Ufficiale e su due quotidiani a diffusione nazionale;
oggi il modo più veloce e adeguato di comunicazione è sicuramente internet,

impegna il Governo

al fine di raggiungere una maggiore platea di soggetti privati, a prevedere, oltre la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e tramite i quotidiani, un annuncio ufficiale degli interventi da realizzare attraverso il sito della Sovraintendenza.
9/4307/52. Pes.

La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 2 del provvedimento in esame disciplina i contratti di sponsorizzazione per favorire l'apporto di risorse finanziarie da parte di soggetti privati per la realizzazione del programma straordinario e prevede, qualora, le candidature risultino insufficienti, che il Soprintendente possa ricercare ulteriori sponsor, anche attraverso trattative private,

impegna il Governo

nel caso in cui il Soprintendente dovesse avviare trattative con sponsor privati, a prevedere la presentazione al Parlamento di una relazione che fornisca i dettagli, con riferimento alle modalità, ai criteri e alle selezioni utilizzate.
9/4307/53. Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
come evidenziato anche dal parere espresso dal Comitato per la legislazione, sotto il profilo della corretta formulazione del testo, il citato articolo 1, comma 1, lettera c), nell'introdurre autorizzazioni di spesa, non contiene alcuna indicazione sulle modalità attuative della spesa, generando incertezze sull'effettivo significato tecnico-normativo e sull'effettiva assegnazione dei fondi;
l'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge n. 122 del 2010) ha disposto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, la riduzione degli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009 e che le conseguenze per i beneficiari del Ministero per i beni e le attività culturali sono state deleterie;
l'impegno assunto dal Governo, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) in sede di prima lettura del provvedimento al Senato, di assegnare i suddetti 7 milioni «prioritariamente a quegli enti e istituti che attuano ricerca nell'ambito delle specificità linguistiche, culturali e storico-geografiche territoriali e regionali» contrasta con la previsione dell'articolo 2 del disegno di legge del ministro Bondi «Disposizioni in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali» che, in applicazione al citato articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), dispone nuove modalità di contribuzione statale a sostegno delle istituzioni culturali di rilievo nazionale, in grado di rappresentare gli indirizzi e la storia della cultura italiana,

impegna il Governo:

ad assicurare che i previsti finanziamenti vadano a favore degli istituti ed enti culturali di cui all'articolo 32, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e all'articolo 1 della legge 17 ottobre 1996 n. 534;
ad abrogare, in sede di discussione del primo provvedimento utile, la riduzione del 50 per cento dei contributi erogati dal ministero per i beni e le attività culturali ad enti, istituti e fondazioni e altri organismi, disposta dall'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), che di fatto neutralizza l'efficacia della previsione dell'articolo 1, comma 1 lettera c) del provvedimento in esame;
a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive necessarie a garantire la continuità delle attività svolte dai prestigiosi istituti culturali.
9/4307/54. Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
come evidenziato anche dal parere espresso dal Comitato per la legislazione, sotto il profilo della corretta formulazione del testo, il citato articolo 1, comma 1, lettera c), nell'introdurre autorizzazioni di spesa, non contiene alcuna indicazione sulle modalità attuative della spesa, generando incertezze sull'effettivo significato tecnico-normativo e sull'effettiva assegnazione dei fondi;
l'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge n. 122 del 2010) ha disposto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, la riduzione degli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009 e che le conseguenze per i beneficiari del Ministero per i beni e le attività culturali sono state deleterie;
l'impegno assunto dal Governo, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) in sede di prima lettura del provvedimento al Senato, di assegnare i suddetti 7 milioni «prioritariamente a quegli enti e istituti che attuano ricerca nell'ambito delle specificità linguistiche, culturali e storico-geografiche territoriali e regionali» contrasta con la previsione dell'articolo 2 del disegno di legge del ministro Bondi «Disposizioni in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali» che, in applicazione al citato articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), dispone nuove modalità di contribuzione statale a sostegno delle istituzioni culturali di rilievo nazionale, in grado di rappresentare gli indirizzi e la storia della cultura italiana,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità che i previsti finanziamenti vadano a favore degli istituti ed enti culturali di cui all'articolo 32, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e all'articolo 1 della legge 17 ottobre 1996 n. 534;
ad abrogare, in sede di discussione del primo provvedimento utile, la riduzione del 50 per cento dei contributi erogati dal ministero per i beni e le attività culturali ad enti, istituti e fondazioni e altri organismi, disposta dall'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), che di fatto neutralizza l'efficacia della previsione dell'articolo 1, comma 1 lettera c) del provvedimento in esame;
a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse ag giuntive necessarie a garantire la continuità delle attività svolte dai prestigiosi istituti culturali.
9/4307/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c) la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
come evidenziato anche dal parere espresso dal Comitato per la legislazione, sotto il profilo della corretta formulazione del testo, il citato articolo 1, comma 1, lettere c), nell'introdurre autorizzazioni di spesa, non contiene alcuna indicazione sulle modalità attuative della spesa, generando incertezze sull'effettivo significato tecnico-normativo e sull'effettiva assegnazione dei fondi;
non poche polemiche e perplessità hanno suscitato le modalità di copertura per gli oneri finanziari derivanti dalle disposizioni di reintegro parziale dei fondi per la cultura attraverso l'aumento delle rispettive aliquote di accisa gravanti sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, facendone così gravare i costi sulle tasche dei cittadini e smentendo i più volti ribaditi intenti di non aumentare il carico fiscale su consumatori e imprese,

impegna il Governo:

a presentare alle commissioni parlamentari competenti per materia una relazione indicante le modalità attuative della spesa;
ad individuare quanto prima una diversa forma di copertura che non gravi su cittadini e imprese e che non penalizzi ulteriormente l'economia del Paese già in difficoltà.
9/4307/55. De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c) la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
l'impegno assunto dal Governo, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) in sede di prima lettura del provvedimento al Senato, di assegnare i suddetti 7 milioni «prioritariamente a quegli enti e istituti che attuano ricerca nell'ambito delle specificità linguistiche, culturali e storico-geografiche territoriali e regionali» contrasta con la previsione dell'articolo 2 del disegno di legge del ministro Bondi «Disposizioni in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali» che, in applicazione al citato articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), dispone nuove modalità di contribuzione statale a sostegno delle istituzioni culturali di rilievo nazionale, in grado di rappresentare gli indirizzi e la storia della cultura italiana,

impegna il Governo

ad assicurare che i previsti finanziamenti andranno a favore degli istituti ed enti culturali di cui all'articolo 32, commi 2 e 3 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 e all'articolo 1 della legge 17 ottobre 1996 n. 534.
9/4307/56. Mazzarella.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c) la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
l'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010) ha disposto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, la riduzione degli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009 e che le conseguenze per i beneficiari del Ministero per i beni e le attività culturali sono state deleterie,

impegna il Governo

ad abrogare, in sede di discussione del primo provvedimento utile, la riduzione del 50 per cento dei contributi erogati dal ministero per i beni e le attività culturali ad enti, istituti e fondazioni e altri organismi, disposta dall'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010), che di fatto neutralizza l'efficacia della previsione dell'articolo 1, comma 1 lettera c) del provvedimento in esame.
9/4307/57. Nicolais.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risultano assenti interventi volti a sostenere le istituzioni culturali presenti all'Aquila;
le attività, che da molti decenni, intraprendono all'Aquila le suddette Istituzioni Culturali, complessivamente apprezzata oltre che a livello locale e regionale, anche in ambito nazionale ed internazionale, rappresenta una consolidata componente della vita culturale e dello stesso tessuto connettivo della Città; tale attività rappresenta, inoltre, una preziosa ed irrinunciabile fonte di lavoro per alcune centinaia di addetti di livello artistico, tecnico ed amministrativo altamente specializzati;
è fondamentale che il concetto di ricostruzione includa anche la rivitalizzazione delle attività culturali, la cui ripresa, però, è resa difficile dalle condizioni della finanza regionale;
l'articolo 7, comma 24, del decreto legge n. 78 del 2010 (legge 122/2010) ha disposto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, la riduzione degli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009,

impegna il Governo

in sede di discussione del primo provvedimento utile, a definire le risorse da trasferire al Comune dell'Aquila che, a causa del sisma, non ha potuto nel 2009 destinare risorse ad associazioni culturali del territorio e che, in base al decreto 78 del 2010 (legge 122/2010), si troverebbe a dover ridurre una voce di bilancio assente nel 2009.
9/4307/58. Bachelet.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali su tutto il territorio nazionale.
9/4307/59. Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella città di Genova.
9/4307/60. Rossa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Marche.
9/4307/61. De Torre.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Lombardia.
9/4307/62. Pollastrini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Piemonte.
9/4307/63. Bobba.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Valle d'Aosta.
9/4307/64. Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Trentino Alto Adige.
9/4307/65. Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Veneto.
9/4307/66. Bressa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Friuli Venezia Giulia.
9/4307/67. Maran, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Liguria.
9/4307/68. Andrea Orlando.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Emilia Romagna.
9/4307/69. Ferrari.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Toscana.
9/4307/70. Gatti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Umbria.
9/4307/71. Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Lazio.
9/4307/72. Carella.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Abruzzo.
9/4307/73. Touadi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Molise.
9/4307/74. Luongo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Campania.
9/4307/75. Picierno.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Puglia.
9/4307/76. Losacco.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Basilicata.
9/4307/77. Cavallaro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Calabria.
9/4307/78. Cesare Marini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Sicilia.
9/4307/79. Samperi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali;
al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge 1o dicembre 1997, n. 420, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Sardegna.
9/4307/80. Calvisi.

La Camera
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone quanto segue:
all'articolo 1, comma 1, nuove spese permanenti a decorrere dal 2011. In particolare alla lettera a) incrementa di 149 milioni il Fondo unico per lo spettacolo; alla lettera b) autorizza la spesa di 80 milioni per la manutenzione e la conservazione di beni culturali; alla lettera c) prevede la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti e istituzioni culturali,

impegna il Governo

ad assegnare le risorse di cui alle lettere b) e c), comma 1, dell'articolo 1 prioritariamente a favore di coloro che attuano ricerca e conservazione nell'ambito delle specificità storico-archeologico territoriali dell'area Locri Epizefiri.
9/4307/81. Laganà Fortugno.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Reggio Calabria.
9/4307/82. Villecco Calipari.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica della Sibaritide, località Cassano all'Ionio.
9/4307/83. Oliverio.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica dell'Antica Capua, località Santa Maria Capua Vetere.
9/4307/84. Ciriello.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica dell'Antica Calatia, località Maddaloni.
9/4307/85. Mario Pepe (PD).

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Cuma, località Pozzuoli.
9/4307/86. Piccolo.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Fornaci romane, località Cesenatico.
9/4307/87. Santagata.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Necropoli di Via Flaminia-Roma.
9/4307/88. Sarubbi.

La Camera
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Altavilla Irpina, località Ortolano.
9/4307/89. Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Area dell'abitato romano di Mevaniola», località Galeata.
9/4307/90. Albonetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Fornaci romane» - Cesenatico.
9/4307/91. Brandolini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Necropoli romana di Voghenza» - Voghiera.
9/4307/92. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Ferrara.
9/4307/93. La Forgia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Sarsinate, località Sarsina.
9/4307/94. Lenzi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica della città romana di Veleia, località Lugagnano Val d'Arda.
9/4307/95. Migliavacca.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Parma.
9/4307/96. Marchioni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Resti di ponte d'epoca romana» - Parma.
9/4307/97. Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Villa Romana di Via Benedetta - Parma.
9/4307/98. Miglioli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Villa Romana di Russi, località Russi.
9/4307/99. Zampa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica dell'acquedotto di Montereale Valcellina - Trieste.
9/4307/100. Rosato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Necropoli di Via Portuense - Roma.
9/4307/101. Argentin.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Basilica e Sepolcreto di Pianabella - Ostia Antica - Roma.
9/4307/102. Ferranti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Parco delle Tombe della Via Latina - Roma.
9/4307/103. Fioroni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Santuario sariaco al Gianicolo - Roma.
9/4307/104. Giachetti, Tullo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Scavi di Ostia Antica - Roma.
9/4307/105. Pompili.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Tempio di Minerva Medica - Roma.
9/4307/106. Recchia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Villa di Livia - Roma.
9/4307/107. Rugghia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Antica Città Ferentem» - Viterbo.
9/4307/108. Sposetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Terme Taurine» - Civitavecchia.
9/4307/109. Tidei.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Villa dei Volusii, Complesso residenziale extraurbano di età romana» - Fiano Romano.
9/4307/110. Tocci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Villa Romana - Sanremo.
9/4307/111. Garofani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Anfiteatro Romano - Milano.
9/4307/112. Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Villa tardo romana», località Palazzo Pignano.
9/4307/113. Colombo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo archeologico» di Mantova.
9/4307/114. Corsini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo Archeologico Nazionale della Lomellina», località Vigevano.
9/4307/115. Duilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Parco Archeologico di Castelseprio», località Castelseprio.
9/4307/116. Farinone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Anfiteatro Romano», località Ancona.
9/4307/117. Agostini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Arcevia.
9/4307/118. Merloni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Ostra, località Ostra Vetere.
9/4307/119. Pistelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Villa Romana», località Osimo.
9/4307/120. Misiani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Attidium», località Fabriano.
9/4307/121. Mosca.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Sentinum», località Sassoferrato.
9/4307/122. Peluffo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Necropoli Picena», località Sirolo.
9/4307/123. Pizzetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica del Teatro Romano, località Ascoli Piceno.
9/4307/124. Zucchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica del Teatro Romano, località Torino.
9/4307/125. Barbi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica del Castello, località Susa.
9/4307/126. Damiano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica della città romana di industria località Monteu da Po.
9/4307/127. Fiorio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «La Maddalena», località Chiomonte.
9/4307/128. Lucà.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Parco archeologico di Belmonte», località Prascorsano.
9/4307/129. Portas.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Caselette.
9/4307/130. Rampi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Anfiteatro romano di Segusium», località Susa.
9/4307/131. Rossomando.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo archeologico Statale», località Altamura.
9/4307/132. Capano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo nazionale archeologico», località Gioia del Colle.
9/4307/133. Concia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica di Egnazia, località Fasano.
9/4307/134. Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Anfiteatro romano», località Lucera.
9/4307/135. Servodio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo archeologico nazionale», località Cagliari.
9/4307/136. Fadda.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Necropoli di Bonaria», località Cagliari.
9/4307/137. Marrocu.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica Castiglione della Pescaia.
9/4307/138. Cenni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Valle dei Templi», località Agrigento.
9/4307/139. Burtone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Selinute» e dell'area archeologica «Valle dei Templi» di Agrigento.
9/4307/140. (Testo corretto) Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1 a 7, prevede l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante il ricorso ad assunzioni di personale, di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree;
si tratta di una misura condivisibile, data la rilevanza dell'area archeologica di Pompei, tuttavia molti altri siti di grande interesse storico, artistico e archeologico del nostro paese richiedono analoga attenzione e il sostegno mediante specifici interventi di conservazione e valorizzazione,

impegna il Governo

a prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area archeologica «Museo archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate», località Arezzo.
9/4307/141. Scarpetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura;

impegna il Governo

a prevedere, sia nelle aree tecniche in cui, alla data del 1o gennaio 2011, non abbia avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, sia in quelle in cui, alla stessa data, tale passaggio abbia avuto luogo, ad assegnare ai soggetti risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie i diritti d'uso delle sole frequenze adatte alla diffusione senza interferenze su tutto il territorio dell'area tecnica.
9/4307/142. Nannicini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
la ratio della norma è stata spiegata in modo molto chiaro dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quale, nella conferenza stampa seguita al vertice italo-francese tra il premier italiano e Nicolas Sarkozy del 26 aprile 2011, ha dichiarato che «l'accadimento giapponese ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini», spiegando che «se fossimo andati oggi al referendum, non avremmo avuto il nucleare in Italia per tanti anni, per questo abbiamo deciso di adottare la moratoria, per chiarire la situazione giapponese e per far sì che magari dopo un anno o due si possa ritornare ad avere un'opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all'energia nucleare», ribadendo che il governo italiano «è assolutamente convinto che l'energia nucleare sia il futuro di tutto il mondo»;

impegna il Governo

a chiarire, informando sul punto il Parlamento, per quale ragione il Governo intenda negare ai cittadini italiani il diritto, sancito dall'articolo 75 della nostra Carta Costituzionale, di esprimere la propria valutazione in merito alla scelta di riportare l'energia nucleare in Italia, attraverso un meccanismo di sostanziale aggiramento della consultazione popolare, operando il semplice rinvio di una scelta strategica che, secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, rimane immutata.
9/4307/144. Braga, Mariani, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
in particolare la norma, così come modificata, provvede alla cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare, previsto dagli articoli 25 e 26 della legge n. 99 del 2009;
per ammissione dello stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la norma è stata introdotta per «aggirare» il referendum abrogativo che si dovrebbe tenere il 12 e 13 giugno, ma il Governo ha l'intenzione di proseguire il proprio programma per il ritorno all'energia nucleare;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere, nel momento in cui verrà nuovamente predisposto il programma sugli impianti di produzione di energia nucleare e delle relative norme attuative, l'introduzione di meccanismi partecipativi di assenso all'installazione degli impianti da parte delle popolazioni interessate.
9/4307/145. Esposito, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessita di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
in particolare la norma prevede la riformulazione integrale della norma sulla strategia energetica nazionale, attraverso l'abrogazione dell'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, che introduceva e disciplinava la cosiddetta «Strategia energetica», configurata come strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale, cui pervenire a seguito di una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente, contemplando anche la possibilità di realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia nucleare.; detto strumento era delineato come afferente a tutte le tipologie di energia, inclusa, con specifici riferimenti (lettere d) e d-bis), l'energia nucleare;
la strategia energetica ha lo scopo di indicare le priorità per il breve ed il lungo periodo per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, gli obiettivi della diversificazione delle fonti di energia e delle aree di approvvigionamento, del potenziamento della dotazione infrastrutturale, della promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, del potenziamento della ricerca nel settore energetico e della sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia;
la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame,

impegna il Governo

a promuovere, da subito, un approfondito dibattito parlamentare sui contenuti e le linee guida della strategia energetica nazionale, in modo che le scelte di politica energetica del nostro paese vengano effettuate con la giusta ponderatezza e la massima condivisione.
9/4307/146. Iannuzzi, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 3 dell'articolo 5 modifica l'articolo 25 della legge 99 del 2009, che prevedeva la delega al Governo per disciplinare la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare, regolamentare i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e i sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi, definire le misure compensative da corrispondere e da realizzare alle popolazioni interessate;
con le modifiche intervenuto è stato eliminato il riferimento alla localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, nonché alla definizione di procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti nucleari, nonché tutti i riferimenti alla costruzione e all'esercizio di impianti o attività nucleari; gli unici riferimenti rimasti sono quelli relativi alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento,

impegna il Governo

ad avviare, prima ancora di intraprendere nuovamente il progetto di riportare il nucleare in Italia, un accurato studio per l'individuazione dei siti necessari alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento delle centrali destinate al commissioning, la cui mancanza negherebbe, ad avviso dei presentatori, ogni credibilità ai propositi di ritorno all'atomo paventati dal Governo.
9/4307/147. Marantelli, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto-legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
il comma 3 dell'articolo 5 modifica l'articolo 25 della legge 99 del 2009, che prevedeva la delega al Governo per disciplinare la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare, regolamentare i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e i sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi, definire le misure compensative da corrispondere e da realizzare alle popolazioni interessate;
con le modifiche intervenuto è stato eliminato il riferimento alla localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, nonché alla definizione di procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti nucleari, nonché tutti i riferimenti alla costruzione e all'esercizio di impianti o attività nucleari; gli unici riferimenti rimasti sono quelli relativi alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento,

impegna il Governo

ad avviare, prima ancora di intraprendere nuovamente il progetto di riportare il nucleare in Italia, un accurato studio per l'individuazione dei siti necessari alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento delle centrali destinate al commissioning.
9/4307/147. (Testo modificato nel corso della seduta) Marantelli, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
tra gli interventi normativi dell'articolo 5, come modificato dal Senato, vi è l'integrale abrogazione dell'articolo 26 della legge 99 del 2009, il quale affidava ad una delibera del CIPE, da adottare previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, la definizione delle tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare realizzabili nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti; sempre con delibera del CIPE si sarebbe dovuto provvedere all'individuazione dei criteri e delle misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari,

impegna il Governo

ad istituire una Commissione di esperti di provata competenza e professionalità cui affidare la valutazione delle tecnologie attualmente disponibili per la realizzazione degli impianti di produzione dell'energia nucleare, individuando le tipologie che, sulla base del principio di cautela, garantiscano la piena sicurezza intrinseca, riducendo al minimo i rischi, sia per quanto concerne le probabilità di guasto, malfunzionamento od incidente,, sia per quanto riguarda il normale esercizio, che in molte tipologie di impianto comporta comunque significative emissioni di radiazioni potenzialmente dannose.
9/4307/148. Amici, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
tra gli interventi normativi dell'articolo 5, come modificato dal Senato, vi è l'integrale abrogazione dell'articolo 26 della legge 99 del 2009, il quale affidava ad una delibera del CIPE, da adottare previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, la definizione delle tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare realizzabili nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti; sempre con delibera del CIPE si sarebbe dovuto provvedere all'individuazione dei criteri e delle misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire una Commissione di esperti di provata competenza e professionalità cui affidare la valutazione delle tecnologie attualmente disponibili per la realizzazione degli impianti di produzione dell'energia nucleare, individuando le tipologie che, sulla base del principio di cautela, garantiscano la piena sicurezza intrinseca, riducendo al minimo i rischi, sia per quanto concerne le probabilità di guasto, malfunzionamento od incidente,, sia per quanto riguarda il normale esercizio, che in molte tipologie di impianto comporta comunque significative emissioni di radiazioni potenzialmente dannose.
9/4307/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Amici, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, la cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
in particolare viene modificato l'articolo 29 della legge n. 99 del 2009, eliminando ogni riferimento a funzioni dell'Agenzia relative a nuovi impianti di produzione di energia nucleare e lasciando, in capo all'Agenzia, i soli compiti relativi alla gestione e sistemazione dei rifiuti radioattivi, dei materiali nucleari provenienti da attività mediche ed industriali, nonché alla protezione dalle radiazioni e alla vigilanza sugli impianti e sui materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ridurre le risorse da destinare all'agenzia di cui all'articolo 29 della legge n. 99 del 2009, tenendo conto della diminuzione dei compiti ad essa affidati, utilizzando i relativi risparmi per investimenti nel settore della ricerca sulle energia da fonti rinnovabili.
9/4307/149. Viola, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, recante disposizioni in materia di impianti nucleari, nella versione iniziale disponeva - «allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario» - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari;
la norma, giustificata evidentemente dalla necessità di un approfondimento sul tema della sicurezza delle centrali nucleari, alla luce dell'incidente verificatosi nella centrale di Fukushima, è stata modificata, nel corso d'esame presso l'assemblea del Senato attraverso l'approvazione di emendamento governativo interamente sostitutivo;
il nuovo articolo 5, La cui rubrica è stata modificata in «Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» sembra essere orientato alla cancellazione dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (decreto legge n. 112 del 2008, legge n. 99 del 2009, decreto legislativo n. 31 del 2010, decreto legislativo n. 41 del 2011);
in particolare la riformulazione del quadro normativo in materia di energia nucleare:
elimina i riferimenti alla localizzazione, la realizzazione, l'esercizio di impianti nucleari e alla campagna d'informazione al pubblico; elimina i riferimenti alle attività di costruzione, di esercizio e di decommissioning degli impianti nucleari, fatta salva la localizzazione del deposito nazionale destinato ad accogliere i rifiuti radioattivi provenienti di attività pregresse di impianti nucleari e similari;
elimina le definizioni specificamente attinenti agli impianti e ai siti nucleari;
abroga le disposizioni relative al procedimento unico per la localizzazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari; ai benefici economici per le persone residenti, gli enti locali e le imprese e le disposizioni sulla decommissioning degli impianti, nonché della disposizione del concernente il corrispettivo per il conferimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato;
modifica le norme relative alle procedure per la localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi;
sottrae alla Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) Sp.A. i compiti relativi alla gestione di nuovi impianti,

impegna il Governo

a prendere in considerazione l'opportunità di istituire un gruppo di studio, composto da giuristi ed esperti del settore, cui affidare il compito di valutare l'impatto del nuovo quadro normativo sul settore della produzione di energia elettrica, in modo da poter individuare in tempi brevi ogni eventuale criticità e da poter provvedere con interventi legislativi correttivi.
9/4307/150. Bordo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, modificato durante l'esame al Senato, reca disposizioni in materia di energia nucleare e, in particolare, dispone la cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare, nonché l'integrale riformulazione della norma sulla strategia energetica nazionale;
l'apparente ripensamento sulle scelte di politica energetica da parte del Governo è stato prontamente chiarito dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio del 26 aprile scorso, che ha ribadito l'intenzione di proseguire il programma di realizzazione di nuove centrali nucleari nel Paese;
il fabbisogno energetico dell'Italia è attualmente assicurato da fonti tradizionali e da una quota crescente di fonti rinnovabili, in particolare nel settore eolico e fotovoltaico, il cui valore percentuale complessivo è passato dal 16,5 per cento del 2008 al 20,8 per cento del 2009; il 13,6 per cento del fabbisogno è coperto con il saldo tra energia importata ed energia esportata;
il quadro complessivo della tipologia di fonte di produzione risente in primo luogo della scelta con cui, l'8 novembre 1987, l'Italia si è espressa, attraverso un referendum, per rinunciare al ricorso dell'energia nucleare, giudicata troppo pericolosa;
negli anni scorsi si è registrata l'esigenza di incentivare sia la produzione di energie rinnovabili, sia gli interventi di risparmio e di efficientamento energetico, anche alla luce delle problematiche legate ai cambiamenti climatici ed alla necessità di rispettare gli accordi e le convenzioni internazionali sottoscritte, in base alle quali il nostro Paese si è impegnato a ridurre sensibilmente le emissioni di gas climalteranti;
in particolar modo con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 sono state avviate importanti azioni per un più corretto orientamento della politica energetica del nostro Paese;
in controtendenza con l'orientamento appena assunto, il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99 in materia di sviluppo economico, la quale, agli articoli 25 e seguenti, avvia il ritorno del nucleare in Italia, demandando ad un successivo provvedimento del Governo l'individuazione delle località in cui si intendono insediare le centrali nucleari in Italia;
la delicatezza della scelta dei siti e l'indeterminatezza che caratterizza l'azione di Governo hanno portato all'emanazione di un primo decreto legislativo per la localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari, al quale ne è seguito un secondo contenente modifiche ed integrazioni, ma senza una vera e propria individuazione dei siti;
ad aumentare il quadro di incertezza si è aggiunto il drammatico evento calamitoso dell'il marzo scorso sisma e tsunami - che ha colpito il Giappone, danneggiando gravemente la centrale nucleare di Fukushima, con preoccupanti conseguenze per la salute e per l'ambiente;
l'allarme sui possibili pericoli e sul rischio di una catastrofe sono ancora molto alti e solo nei prossimi mesi sarà possibile avere maggiori informazioni sulle reali conseguenze dei problemi verificatisi nei reattori della centrale;
la decisione, assunta dal Governo, di tornare all'energia nucleare non sembra essere basata su una sufficientemente attenta analisi costi-benefici, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell'opzione atomica; basti pensare che il costo di decomissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
al momento non è stato ancora individuato neppure il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall'attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l'effettiva individuazione dell'area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
nel frattempo in Europa e nel mondo si sta avviando un serio ripensamento delle strategie di produzione dell'energia e la Germania ha già deciso il progressivo smantellamento dell'intero parco di centrali nucleari presenti sul proprio territorio;
l'Italia conserva ancora oltre 23.000 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle vecchie centrali disattivate;
in Italia non si è ancora riusciti ad individuare e a realizzare il sito unico per lo stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie radioattive, prodotte in quantità di gran lunga minore rispetto a quelle che si avrebbero con la realizzazione delle centrali nucleari;
l'energia nucleare soddisfa solo una percentuale ridotta del fabbisogno energetico mondiale: il 6 per cento dell'energia commerciale nell'Unione Europea e circa il 2 per cento nel resto del mondo;
l'energia nucleare non riduce la dipendenza dell'Unione Europea dall'importazione di energia, poiché tutto l'uranio necessario alla fabbricazione del combustibile nucleare deve essere importato;
secondo le previsioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia le riserve di uranio a livello planetario sarebbero esauribili nel giro di soli cinquant'anni, addirittura la metà qualora Cina e India portassero avanti il piano nucleare già annunciato;
molte regioni italiane hanno già espresso la loro contrarietà alla localizzazione di centrali nel proprio territorio, tenendo conto che fattori come la forte antropizzazione e la presenza di oggettivi elementi di rischio da calamità naturali rendono poco agevole l'individuazione di siti che possano essere considerati ragionevolmente sicuri;
l'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) ha calcolato che l'esplosione del reattore nucleare n. 4 della centrale di Chernobyl, nel 1986, ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell'effetto combinato delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki;
la probabilità che si verifichino problemi di sicurezza nelle centrali nucleari è tutt'altro che remota, corna dimostra la lunghissima serie di incidenti registrati negli ultimi anni: solo nel 2007 si sono verificati 942 «incidenti minori», ossia con un livello INES - la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Eveni Scale) sviluppata dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici - inferiore a 4;
dal 1969 ad oggi si sono verificati ben 9 incidenti di elevata gravità (dal 4o al 7o livello della scala INES), le cui conseguenze sono tali da causare gravi danni alla salute delle persone e compromettere la vivibilità delle aree in prossimità della centrale, anche per lunghissimo tempo;
oltre agli enormi rischi legati a problemi di malfunzionamento, le centrali nucleari risultano pericolose anche nelle normali condizioni di esercizio: uno studio del governo tedesco ha dimostrato come vi siano aumenti di incidenza di leucemie, in particolare nei bambini (aumento del 60o dell'incidenza di tumori e leucemie), e tumori vicino le sedici centrali nucleari del paese, anche a distanza di 20-30 chilometri dagli impianti; un altro studio effettuato in Romania ha evidenziato una inquietante presenza di trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il funzionamento delle centrali) nel latte, con imprevedibili conseguenze sulla salute;
altri studi, realizzati in Spagna (Department of sanitary and socio-medical science dell'università Alcalà di Madrid), Germania (Bundesamtes fyr Strahlenschutz) e Inghilterra (Icfr cancer epidemiology and clinical trials unit di Oxford), hanno dimostrato che chi vive nelle vicinanze di centrali atomiche è sottoposto a un maggior rischio di ammalarsi di cancro;
la produzione di energia elettrica da fonti nucleari, come evidenziato dal Massachussets Institute of Technology (MIT), risulta essere meno conveniente di altre fonti; dal 2003 i costi di costruzione per tutti i tipi di progetti di ingegneria a grande scala sono cresciuti; i costi stimati per la costruzione di un impianto nucleare sono cresciuti al tasso del 15o all'anno, sino all'attuale crisi economica;
uno studio di Moody's, la celebre agenzia internazionale di rating finanziario, è giunto a conclusioni analoghe a quelle della prestigiosa università di ricerca statunitense; secondo lo studio il costo e la complessità di costruzione di un nuovo impianto nucleare può indebolire i parametri finanziari di un'impresa elettrica, e porre sotto pressione il suo rating per parecchi anni, portandolo ad un deterioramento compreso tra il 25 e il 30 per cento, rendendo di fatto più elevati gli oneri di remunerazione del capitale investito, rispetto ad altre infrastrutture per la produzione di energia, meno rischiose e più remunerative;
secondo lo studio di Moody's, che ha preso in considerazione tutti i costi, fissi, variabili, gli oneri finanziari, gli ammortamenti differenziati per la diversa durata degli impianti il prezzo medio delle singole fonti energetiche (dollari per megawattora) risulta il seguente: 120 per il gas, 125 per l'eolico e 151 per il nucleare; in sostanza, a pari redditività, il prezzo medio dell'energia nucleare risulta più costoso non solo di gas (+26o) ma anche dell'eolico (+21o); lo studio non tiene ovviamente conto delle particolari caratteristiche del nostro paese, che inciderebbero sensibilmente sui costi effettivi dell'energia prodotta con l'atomo;
in sintesi allo stato attuale il rilancio del nucleare rappresenterebbe un inconcepibile dispendio di risorse economiche, a basso tasso occupazionale, soprattutto nel lungo termine, privo dei necessari requisiti di sicurezza intrinseca, mentre nei tempi ragionevolmente necessari per la sua effettiva entrata in esercizio sarebbe possibile avviare una vera svolta energetica basata sulle fonti rinnovabili e sull'efficientamento ed il risparmio energetico,

impegna il Governo

a proseguire, coerentemente con gli impegni assunti a livello europeo ed internazionale, la politica energetica, avviata nel 2006, che incentivi lo sviluppo delle fonti rinnovabili e che punti al raggiungimento dell'obiettivo del cosiddetto pacchetto clima-energia, volto, entro il 2020, a ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, a portare al 20 per cento il risparmio energetico e ad aumentare al 20 per cento il consumo di fonti rinnovabili.
9/4307/151. Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, modificato durante l'esame al Senato, reca disposizioni in materia di energia nucleare e, in particolare, dispone la cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare, nonché l'integrale riformulazione della norma sulla strategia energetica nazionale;
l'apparente ripensamento sulle scelte di politica energetica da parte del Governo è stato prontamente chiarito dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio del 26 aprile scorso, che ha ribadito l'intenzione di proseguire il programma di realizzazione di nuove centrali nucleari nel Paese;
il fabbisogno energetico dell'Italia è attualmente assicurato da fonti tradizionali e da una quota crescente di fonti rinnovabili, in particolare nel settore eolico e fotovoltaico, il cui valore percentuale complessivo è passato dal 16,5 per cento del 2008 al 20,8 per cento del 2009; il 13,6 per cento del fabbisogno è coperto con il saldo tra energia importata ed energia esportata;
il quadro complessivo della tipologia di fonte di produzione risente in primo luogo della scelta con cui, l'8 novembre 1987, l'Italia si è espressa, attraverso un referendum, per rinunciare al ricorso dell'energia nucleare, giudicata troppo pericolosa;
negli anni scorsi si è registrata l'esigenza di incentivare sia la produzione di energie rinnovabili, sia gli interventi di risparmio e di efficientamento energetico, anche alla luce delle problematiche legate ai cambiamenti climatici ed alla necessità di rispettare gli accordi e le convenzioni internazionali sottoscritte, in base alle quali il nostro Paese si è impegnato a ridurre sensibilmente le emissioni di gas climalteranti;
in particolar modo con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 sono state avviate importanti azioni per un più corretto orientamento della politica energetica del nostro Paese;
in controtendenza con l'orientamento appena assunto, il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99 in materia di sviluppo economico, la quale, agli articoli 25 e seguenti, avvia il ritorno del nucleare in Italia, demandando ad un successivo provvedimento del Governo l'individuazione delle località in cui si intendono insediare le centrali nucleari in Italia;
la delicatezza della scelta dei siti e l'indeterminatezza che caratterizza l'azione di Governo hanno portato all'emanazione di un primo decreto legislativo per la localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari, al quale ne è seguito un secondo contenente modifiche ed integrazioni, ma senza una vera e propria individuazione dei siti;
ad aumentare il quadro di incertezza si è aggiunto il drammatico evento calamitoso dell'11 marzo scorso - sisma e tsunami - che ha colpito il Giappone, danneggiando gravemente la centrale nucleare di Fukushima, con preoccupanti conseguenze per la salute e per l'ambiente;
l'allarme sui possibili pericoli e sul rischio di una catastrofe sono ancora molto alti e solo nei prossimi mesi sarà possibile avere maggiori informazioni sulle reali conseguenze dei problemi verificatisi nei reattori della centrale;
la decisione, assunta dal Governo, di tornare all'energia nucleare non sembra essere basata su una sufficientemente attenta analisi costi-benefìci, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell'opzione atomica; basti pensare che il costo di decomissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
al momento non è stato ancora individuato neppure il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall'attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l'effettiva individuazione dell'area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
nel frattempo in Europa e nel mondo si sta avviando un serio ripensamento delle strategie di produzione dell'energia e la Germania ha già deciso il progressivo smantellamento dell'intero parco di centrali nucleari presenti sul proprio territorio;
l'Italia conserva ancora oltre 23.000 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle vecchie centrali disattivate;
in Italia non si è ancora riusciti ad individuare e a realizzare il sito unico per lo stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie radioattive, prodotte in quantità di gran lunga minore rispetto a quelle che si avrebbero con la realizzazione delle centrali nucleari;
l'energia nucleare soddisfa solo una percentuale ridotta del fabbisogno energetico mondiale: il 6 per cento dell'energia commerciale nell'Unione europea e circa il 2 per cento nel resto del mondo;
l'energia nucleare non riduce la dipendenza dell'Unione europea dall'importazione di energia, poiché tutto l'uranio necessario alla fabbricazione del combustibile nucleare deve essere importato;
secondo le previsioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia le riserve di uranio a livello planetario sarebbero esauribili nel giro di soli cinquant'anni, addirittura la metà qualora Cina e India portassero avanti il piano nucleare già annunciato;
molte regioni italiane hanno già espresso la loro contrarietà alla localizzazione di centrali nel proprio territorio, tenendo conto che fattori come la forte antropizzazione e la presenza di oggettivi elementi di rischio da calamità naturali rendono poco agevole l'individuazione di siti che possano essere considerati ragionevolmente sicuri;
l'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) ha calcolato che l'esplosione del reattore nucleare n. 4 della centrale di Chernobyl, nel 1986, ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell'effetto combinato delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki;
la probabilità che si verifichino problemi di sicurezza nelle centrali nucleari è tutt'altro che remota, come dimostra la lunghissima serie di incidenti registrati negli ultimi anni: solo nel 2007 si sono verificati 942 «incidenti minori», ossia con un livello INES - la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Event Scale) sviluppata dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici - inferiore a 4;
dal 1969 ad oggi si sono verificati ben 9 incidenti di elevata gravità (dal 4o al 7o livello della scala INES), le cui conseguenze sono tali da causare gravi danni alla salute delle persone e compromettere la vivibilità delle aree in prossimità della centrale, anche per lunghissimo tempo;
oltre agli enormi rischi legati a problemi di malfunzionamento, le centrali nucleari risultano pericolose anche nelle normali condizioni di esercizio: uno studio del governo tedesco ha dimostrato come vi siano aumenti di incidenza di leucemie, in particolare nei bambini (aumento del 60 per cento dell'incidenza di tumori e leucemie), e tumori vicino le sedici centrali nucleari del paese, anche a distanza di 20-30 chilometri dagli impianti; un altro studio effettuato in Romania ha evidenziato una inquietante presenza di trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il funzionamento delle centrali) nel latte, con imprevedibili conseguenze sulla salute;
altri studi, realizzati in Spagna (Department of sanitary and socio-medical science dell'università Alcalà di Madrid), Germania (Bundesamtes fyr Strahlenschutz) e Inghilterra (Icfr cancer epidemiology and clinical trials unit di Oxford), hanno dimostrato che chi vive nelle vicinanze di centrali atomiche è sottoposto a un maggior rischio di ammalarsi di cancro;
la produzione di energia elettrica da fonti nucleari, come evidenziato dal Massachussets Institute of Technology (MIT), risulta essere meno conveniente di altre fonti; dal 2003 i costi di costruzione per tutti i tipi di progetti di ingegneria a grande scala sono cresciuti; i costi stimati per la costruzione di un impianto nucleare sono cresciuti al tasso del 15 per cento all'anno, sino all'attuale crisi economica;
uno studio di Moody's, la celebre agenzia internazionale di rating finanziario, è giunto a conclusioni analoghe a quelle della prestigiosa università di ricerca statunitense; secondo lo studio il costo e la complessità di costruzione di un nuovo impianto nucleare può indebolire i parametri finanziari di un'impresa elettrica, e porre sotto pressione il suo rating per parecchi anni, portandolo ad un deterioramento compreso tra il 25 e il 30 per cento, rendendo di fatto più elevati gli oneri di remunerazione del capitale investito, rispetto ad altre infrastrutture per la produzione di energia, meno rischiose e più remunerative;
secondo lo studio di Moody's, che ha preso in considerazione tutti i costi, fissi, variabili, gli oneri finanziari, gli ammortamenti differenziati per la diversa durata degli impianti il prezzo medio delle singole fonti energetiche (dollari per megawattora) risulta il seguente: 120 per il gas, 125 per l'eolico e 151 per il nucleare; in sostanza, a pari redditività, il prezzo medio dell'energia nucleare risulta più costoso non solo di gas (+26 per cento ) ma anche dell'eolico (+21 per cento ); lo studio non tiene ovviamente conto delle particolari caratteristiche del nostro paese, che inciderebbero sensibilmente sui costi effettivi dell'energia prodotta con l'atomo;
in sintesi allo stato attuale il rilancio del nucleare rappresenterebbe un inconcepibile dispendio di risorse economiche, a basso tasso occupazionale, soprattutto nel lungo termine, privo dei necessari requisiti di sicurezza intrinseca, mentre nei tempi ragionevolmente necessari per la sua effettiva entrata in esercizio sarebbe possibile avviare una vera svolta energetica basata sulle fonti rinnovabili e sull'efficientamento ed il risparmio energetico,

impegna il Governo

a rinunciare, in modo chiaro, definitivo e senza ambiguità, all'opzione nucleare nell'intero territorio italiano e a promuovere, a livello nazionale ed internazionale, iniziative finalizzate alla ricerca sulla produzione di energia «sostenibile», al fine di ridurre progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili.
9/4307/152. Bratti, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la struttura dei costi del nucleare è particolare rispetto a quella delle altre fonti energetiche: incide molto la costruzione degli impianti, relativamente poco la gestione e il costo del combustibile, tantissimo lo smantellamento e la chiusura del ciclo, con la messa in sicurezza delle scorie. Il Dipartimento USA dell'energia (DOE) nel 2010 ha presentato la proiezione annuale dei costi industriali dell'elettricità da nuovi impianti previsti in linea al 2020 ed espressi in centesimi di dollari correnti. Secondo queste previsioni l'elettricità da nucleare è stimata quella con il costo industriale più alto: 11,15 centesimi di dollaro al kWh, contro i 9,6 dell'eolico cent/kWh, i 10,56 cent/kWh del carbone e gli 8,0 del gas;
se in un'economia di mercato si tiene conto di tutti questi costi il ritorno al nucleare non è competitivo, mentre diverso è ovviamente il caso delle centrali già esistenti. È questo il motivo per cui attualmente in tutto l'Occidente sono in costruzione due soli impianti nucleari, uno in Francia a Flamanville e uno in Finlandia a Oikiluoto, entrambi con tecnologia francese AREVA, la stessa privilegiata dal l'Enel e dal Governo italiano. L'impianto di Oikiluoto avrebbe dovuto essere consegnato lo scorso anno, si parla ora del 2012 e i costi di costruzione sono già aumentati del 60 per cento, un vero e proprio disastro industriale;
lo scorso 19 aprile 2011, anche in seguito al gravissimo incidente verificatosi alla centrale nucleare giapponese di Fukushima, il Governo italiano ha deciso di fermare il programma di realizzazione delle centrali. È stata infatti inserita una disposizione, nell'ambito della moratoria già prevista nel provvedimento in esame, che abroga tutte le norme approvate per consentire la realizzazione degli impianti nucleari in Italia; l'approvazione di tale normativa potrebbe, inoltre, determinare il superamento del quesito referendario, sul ritorno all'atomo, su cui i cittadini italiani sono chiamati ad esprimersi il 12 e 13 giugno prossimi;
il Ministro Tremonti ha sottolineato, diversamente da quanto fatto in precedenti occasioni, di come l'Italia, non avendo un «debito nucleare» da attribuire alla gestione in sicurezza delle centrali e del combustibile esausto da trattare, «abbia in più chance» di altri paesi per investire su ricerca, innovazione, fonti rinnovabili;
il 24 febbraio 2009 Italia e Francia hanno firmato un protocollo di cooperazione tecnica sull'energia nucleare, aprendo così la strada per la costruzione di quattro centrali nucleari EPR in territorio italiano con tecnologia «Areva» con un esborso stimato al ribasso di circa 18 miliardi di euro;
in data 8 aprile 2011 lo scrivente ha presentato un'interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, al Ministro dello sviluppo economico per sapere se nel corso degli incontri tra il Governo Italiano, il Governo francese e la società francese Areva sia stata ipotizzata una clausola secondo la quale in caso di mancata realizzazione delle centrali nucleari in Italia, per cause indipendenti dalla volontà del fornitore, lo stesso abbia comunque la garanzia ad essere pagato totalmente, con un evidente e pesante onere sulle finanze dello Stato italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere note al Parlamento e all'opinione pubblica nazionale tutte le clausole previste dal protocollo Italia-Francia sull'energia nucleare sottoscritto nel febbraio 2009 e a chiarire se tale protocollo contempli eventuali clausole di rescissione e rimborso in caso di arresto del piano di cooperazione energetica in materia di nucleare tra Italia e Francia.
9/4307/153. Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
in Italia sono presenti cinque Accademie storiche e civiche non statali (Perugia, Genova, Ravenna, Bergamo e Verona);
notoriamente queste prestigiose istituzioni, vanto del nostro Paese in tutto il mondo, rappresentano un forte polo di attrazione per gli studenti stranieri, oltre che per quelli di tutta Italia;
in particolare, l'Accademia di Belle Arti Vannucci di Perugia accoglie 250 studenti di quattordici regioni italiane, di quattordici Paesi di tre continenti e di trentacinque comuni dell'Umbria, una realtà estremamente composita e dal respiro internazionale;
gli studenti delle Accademie hanno lo stesso diritto allo studio di quelli universitari, dato che il titolo è equivalente;
a partire dal 2008 le Accademie hanno dovuto affrontare notevoli disagi economici, a causa delle difficoltà del governo a reperire le risorse necessarie a garantire il loro funzionamento,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità, già ipotizzata dal Governo, di statalizzazione delle cinque Accademie storiche e civiche italiane;
a prevedere, in ogni caso, l'istituzione di un capitolo di spesa specifico per il finanziamento delle cinque Accademie.
9/4307/154. Bocci.

La Camera,
premesso che:
dall'articolo 4 del decreto-legge in esame, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

nel dare attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4, a salvaguardare le legittime aspettative delle imprese radiofoniche e degli operatori di rete radiofonici, nonché le relative attività in tecnica digitale in atto e gli investimenti da questi ultimi già effettuati, assicurando che le frequenze necessarie per l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale siano, a tal fine, effettivamente preservate e rese disponibili per il rilascio dei diritti d'uso in capo agli operatori di rete radiofonici autorizzati ed alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, in conformità alle disposizioni regolamentari emanate in materia dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/155. Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
dall'articolo 4 del decreto-legge in esame, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4, garantendo in ogni caso un armonico avvio e sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale attraverso la disponibilità delle frequenze della porzione di spettro elettromagnetico oggetto dell'articolo stesso, necessarie per le diffusioni radiofoniche e utili al rilascio dei diritti d'uso delle medesime agli operatori di rete radiofonici secondo quanto disposto dal regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 664/09/CONS;
ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4 in ossequio al principio di neutralità tecnologica e in modo da non interferire o ridurre le possibilità di sviluppo delle diffusioni radiofoniche digitali, sempre nei limiti previsti dal citato regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a sostenere le imprese radiofoniche ed i loro consorzi operatori di rete nel prosieguo dell'attività in tecnica digitale già intrapresa, salvaguardando gli investimenti effettuati, i relativi programmi di sviluppo delle predette diffusioni, nonché garantendo la corretta prosecuzione delle attività in atto e la piena vigenza dei titoli abilitativi rilasciati;
a procedere al sollecito rilascio degli ulteriori diritti d'uso delle frequenze della predetta porzione di spettro elettromagnetico al fine di completare il servizio di diffusione DAB sull'intero territorio nazionale da parte degli operatori di rete radiofonici secondo le disposizioni regolamentari emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto-legge in esame, A.C. 4307-A, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

a favorire il rapido avvio e sviluppo delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale in ambito nazionale e locale, procedendo al sollecito rilascio dei diritti d'uso definitivi agli operatori di rete autorizzati, alle condizioni previste dal predetto regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/156. Lovelli.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto-legge in esame, A.C. 4307-A, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4, garantendo in ogni caso un armonico avvio e sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale attraverso la disponibilità delle frequenze della porzione di spettro elettromagnetico oggetto dell'articolo stesso, necessarie per le diffusioni radiofoniche e utili al rilascio dei diritti d'uso delle medesime agli operatori di rete radiofonici secondo quanto disposto dal regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 664/09/CONS;
ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4 in ossequio al principio di neutralità tecnologica e in modo da non interferire o ridurre le possibilità di sviluppo delle diffusioni radiofoniche digitali, sempre nei limiti previsti dal citato regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a sostenere le imprese radiofoniche ed i loro consorzi operatori di rete nel prosieguo dell'attività in tecnica digitale già intrapresa, salvaguardando gli investimenti effettuati, i relativi programmi di sviluppo delle predette diffusioni, nonché garantendo la corretta prosecuzione delle attività in atto e la piena vigenza dei titoli abilitativi rilasciati;
a procedere al sollecito rilascio degli ulteriori diritti d'uso delle frequenze della predetta porzione di spettro elettromagnetico al fine di completare il servizio di diffusione DAB sull'intero territorio nazionale da parte degli operatori di rete radiofonici secondo le disposizioni regolamentari emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/156. (Testo modificato nel corso della seduta) Lovelli.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto-legge in esame, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

nel dare attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4 in merito ai diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz da assegnare agli operatori di rete radiotelevisivi, a salvaguardare le frequenze necessarie per il servizio di radiodiffusione sonora in tecnica digitale in conformità al regolamento 112 del 2004 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/157. Gasbarra.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto-legge in esame, è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4, garantendo in ogni caso un armonico avvio e sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale attraverso la disponibilità delle frequenze della porzione di spettro elettromagnetico oggetto dell'articolo stesso, necessarie per le diffusioni radiofoniche e utili al rilascio dei diritti d'uso delle medesime agli operatori di rete radiofonici secondo quanto disposto dal regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 664/09/CONS;
ad attuare il disposto delle norme contenute nell'articolo 4 in ossequio al principio di neutralità tecnologica e in modo da non interferire o ridurre le possibilità di sviluppo delle diffusioni radiofoniche digitali, sempre nei limiti previsti dal citato regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a sostenere le imprese radiofoniche ed i loro consorzi operatori di rete nel prosieguo dell'attività in tecnica digitale già intrapresa, salvaguardando gli investimenti effettuati, i relativi programmi di sviluppo delle predette diffusioni, nonché garantendo la corretta prosecuzione delle attività in atto e la piena vigenza dei titoli abilitativi rilasciati;
a procedere al sollecito rilascio degli ulteriori diritti d'uso delle frequenze della predetta porzione di spettro elettromagnetico al fine di completare il servizio di diffusione DAB sull'intero territorio nazionale da parte degli operatori di rete radiofonici secondo le disposizioni regolamentari emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4307/157. (Testo modificato nel corso della seduta) Gasbarra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissione televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative normative affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisca le modalità e le condizioni per la predisposizione delle previste graduatorie in ciascuna area tecnica o regione.
9/4307/158. Sani, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissione televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative normative affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisca le modalità e le condizioni per la predisposizione delle previste graduatorie, tenuto conto della necessità di favorire il superamento del digital divide tra le diverse aree del paese.
9/4307/159. Laratta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a differire al 30 giugno 2012 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre.
9/4307/160. Cardinale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a differire al 30 settembre 2012 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre.
9/4307/161. Pierdomenico Martino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

a provvedere entro il 30 giugno 2012 all'assegnazione dei diritti d'uso relativi ad almeno un terzo delle frequenze radiotelevisive.
9/4307/162. Velo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo:

a prevedere, sia nelle aree tecniche in cui, alla data del 1o gennaio 2011, non abbia avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale che in quelle in cui, alla stessa data, tale passaggio abbia avuto luogo, ad assegnare ai soggetti risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie i diritti d'uso delle sole frequenze adatte alla diffusione senza interferenze su tutto il territorio dell'area tecnica;
a prevedere che tali frequenze, da assegnare in misura non inferiore ad un terzo delle frequenze complessivamente assegnate alle emittenti nazionali e locali, siano ricomprese nell'ambito delle bande 174-230 Mhz e 470-790 Mhz, fatte salve le frequenze necessarie per il servizio di radiodiffusione sonora in tecnica digitale definite con il regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui all'articolo 24 della legge 13 maggio 2004, n. 112;
a disporre che tali frequenze siano specificate dai piani di assegnazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre in ciascuna area tecnica predisposti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con l'obiettivo di massimizzare la qualità del servizio per gli utenti e nel rispetto della delibera 300/10/CONS (Piano nazionale) e dei vincoli di coordinamento internazionale.
9/4307/163. Bonavitacola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo:

a prevedere, sia nelle aree tecniche in cui, alla data del 1o gennaio 2011, non abbia avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale che in quelle in cui, alla stessa data, tale passaggio abbia avuto luogo, ad assegnare ai soggetti risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie i diritti d'uso delle sole frequenze adatte alla diffusione senza interferenze su tutto il territorio dell'area tecnica;
a prevedere che tali frequenze, da assegnare in misura non inferiore ad un terzo delle frequenze complessivamente assegnate alle emittenti nazionali e locali, siano ricomprese nell'ambito delle bande 174-230 Mhz e 470-790 Mhz, fatte salve le frequenze necessarie per il servizio di radiodiffusione sonora in tecnica digitale definite con il regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui all'articolo 24 della legge 13 maggio 2004, n. 112.
9/4307/164. Giorgio Merlo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

a disporre che tali frequenze siano specificate dai piani di assegnazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre in ciascuna area tecnica predisposti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con l'obiettivo di massimizzare la qualità del servizio per gli utenti e nel rispetto della delibera 300/10/CONS (Piano nazionale) e dei vincoli di coordinamento internazionale.
9/4307/165. Ginefra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre; detta altresì nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive, e per l'espletamento della gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda;
in base all'articolo 4, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, a norma dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010;
per le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà disporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale, che ne facciano richiesta, e in possesso di particolari requisiti, tenuto conto: dell'entità del patrimonio al netto delle perdite; del numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; dell'ampiezza della copertura della popolazione; della priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative normative affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni definisca le modalità e le condizioni economiche, in relazione ai soggetti assegnatari dei diritti d'uso delle frequenze, mediante clausole contrattuali e definendo dei prezzi che tengano conto dei costi effettivi.
9/4307/166. Fiano.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare i commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
il comma 5 prevede deroghe ad alcuni termini previsti dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e, in particolare, la riduzione della metà dei termini minimi di presentazione delle richieste di invito e delle offerte, nonché sulle varie forme di comunicazione ai candidati e agli offerenti, indicati negli articoli 70, 71, 72 e 79, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di tutela dell'area archeologica di Pompei;
il medesimo comma 5 prevede, inoltre, che per l'affidamento dei lavori compresi nel programma sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale;
al riguardo si sottolinea come il livello di progettazione sia fondamentale per una efficace e reale programmazione dei lavori che consenta alle imprese di indicare gli oneri effettivi da sostenere - e quindi la giusta remunerazione del lavoro appaltato - e alla pubblica amministrazione di non subire ritardi nell'esecuzione dei lavori e i conseguenti aumenti di costo dell'opera;
si sottolinea che il Governo si era già impegnato al Senato, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, a «prevedere, quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare, dando altresì piena attuazione all'ordine del giorno già accolto in Senato.
9/4307/167. Margiotta, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare i commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
il comma 5 prevede deroghe ad alcuni termini previsti dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e, in particolare, la riduzione della metà dei termini minimi di presentazione delle richieste di invito e delle offerte, nonché sulle varie forme di comunicazione ai candidati e agli offerenti, indicati negli articoli 70, 71, 72 e 79, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di tutela dell'area archeologica di Pompei;
il medesimo comma 5 prevede, inoltre, che per l'affidamento dei lavori compresi nel programma sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale;
al riguardo si sottolinea come il livello di progettazione sia fondamentale per una efficace e reale programmazione dei lavori che consenta alle imprese di indicare gli oneri effettivi da sostenere - e quindi la giusta remunerazione del lavoro appaltato - e alla pubblica amministrazione di non subire ritardi nell'esecuzione dei lavori e i conseguenti aumenti di costo dell'opera;
si sottolinea che il Governo si era già impegnato al Senato, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, a «prevedere, quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare»,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di ulteriori iniziative normative volte a prevedere quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare, dando altresì piena attuazione all'ordine del giorno già accolto in Senato.
9/4307/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Margiotta, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione da predisporre entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame;
in particolare ai commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
il comma 5 prevede deroghe ad alcuni termini previsti dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e, in particolare, la riduzione della metà dei termini minimi di presentazione delle richieste di invito e delle offerte, nonché sulle varie forme di comunicazione ai candidati e agli offerenti, indicati negli articoli 70, 71, 72 e 79, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di tutela dell'area archeologica di Pompei;
il medesimo comma 5 prevede, inoltre, che per l'affidamento dei lavori compresi nel programma sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale;
con il comma 6 si dispone la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi del programma ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche e la possibilità di realizzarli anche in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione ed il comune territorialmente competente;
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, TU in materia di espropriazione per pubblica utilità;
per quel che riguarda la prevista deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica, la disposizione, per l'ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica,

impegna il Governo

a presentare il piano di cui all'articolo 2, comma 1, anche alle competenti Commissioni parlamentari, indicando in maniera puntuale gli interventi previsti al comma 6 ricadenti al di fuori del perimetro delle aree archeologiche sottoposti ai regimi speciali e derogatori ivi previsti.
9/4307/168. Morassut, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione; in particolare i commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
il comma 5 prevede, tra l'altro, che per l'affidamento dei lavori compresi nel programma straordinario sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale;
a riguardo si sottolinea come il livello di progettazione sia fondamentale per una efficace e reale programmazione dei lavori che consenta alle imprese di indicare gli oneri effettivi da sostenere - e quindi la giusta remunerazione del lavoro appaltato - e alla pubblica amministrazione di non subire ritardi nell'esecuzione dei lavori e i conseguenti aumenti di valore economico dell'opera;
si sottolinea che il Governo si era già impegnato al Senato, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, a «prevedere, quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare»;
tale disciplina speciale, che consente maggiore elasticità operativa in deroga a quanto disposto dall'articolo 203 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), potrebbe presentare dei profili problematici in rapporto con l'ordinamento comunitario tali da far scaturire eventuali effetti sanzionatori per l'Italia,

impegna il Governo

a verificare la compatibilità della suddetta disposizione con l'ordinamento comunitario e, di conseguenza, l'assenza di possibili sanzioni economiche nei confronti del nostro Paese.
9/4307/169. D'Antona, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispone alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione; in particolare i commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
il comma 5 prevede, tra l'altro, che per l'affidamento dei lavori compresi nel programma straordinario sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale;
a riguardo si sottolinea come il livello di progettazione sia fondamentale per una efficace e reale programmazione dei lavori che consenta alle imprese di indicare gli oneri effettivi da sostenere - e quindi la giusta remunerazione del lavoro appaltato - e alla pubblica amministrazione di non subire ritardi nell'esecuzione dei lavori e i conseguenti aumenti di valore economico dell'opera;
si sottolinea che il Governo si era già impegnato al Senato, accogliendo l'ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, a «prevedere, quale condizione per l'affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell'area archeologica di Pompei, l'adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare»;
tale disciplina speciale, che consente maggiore elasticità operativa in deroga a quanto disposto dall'articolo 203 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), potrebbe presentare dei profili problematici in rapporto con l'ordinamento comunitario tali da far scaturire eventuali effetti sanzionatori per l'Italia,

impegna il Governo

a verificare la compatibilità della suddetta disposizione con l'ordinamento comunitario.
9/4307/169. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Antona, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare con il comma 6 si dispone la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi del programma ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche e la possibilità di realizzarli anche in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione ed il comune territorialmente competente;
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità;
per quel che riguarda la prevista deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica, la disposizione, per l'ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica,

impegna il Governo:

a chiarire con urgenza l'ambito applicativo della norma di cui in premessa, escludendo, in sede applicativa, qualsiasi possibilità di deroga in relazione ai piani con valenza ambientale e paesaggistica;
a ricorrere alla dichiarazione di pubblica utilità per la procedura di esproprio solo qualora questo sia giustificato da motivi di interesse generale.
9/4307/170. Fontanelli, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare con il comma 6 si dispone la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi del programma ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche e la possibilità di realizzarli anche in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione ed il comune territorialmente competente;
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità;
per quel che riguarda la prevista deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica, la disposizione, per l'ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica,

impegna il Governo

in sede di applicazione delle richiamate disposizioni, a delimitare in maniera puntuale l'ambito di applicazione della disposizione di cui in premessa, individuando con precisione il territorio compreso dentro il perimetro esterno delle aree archeologiche, escludendo, in ogni caso, qualsiasi possibilità di deroga in relazione ai piani con valenza territoriale, ambientale e paesaggistica e limitando ai casi di effettiva necessità e urgenza eventuali deroghe alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica.
9/4307/171. Giovanelli, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare con il comma 6 si dispone la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi del programma ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche e la possibilità di realizzarli anche in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione ed il comune territorialmente competente;
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, TU in materia di espropriazione per pubblica utilità;
per quel che riguarda la prevista deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica, la disposizione, per l'ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica,

impegna il Governo

ad assicurare ai procedimenti di cui all'articolo 2 comma 6 del provvedimento in esame la necessaria pubblicità per garantire il rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa.
9/4307/172. Minniti, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione da predisporre entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame;
in particolare i commi 5, 6 e 7 recano alcune disposizioni derogatorie finalizzate ad accelerare la realizzazione del programma straordinario nonché per favorire le relative sponsorizzazioni,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché la realizzazione del programma straordinario di cui all'articolo 2 sia realizzato in tempi congrui ed utili alla effettiva prevenzione di ulteriori fenomeni di distruzione di beni culturali non riproducibili.
9/4307/173. Naccarato, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, del disegno di legge in discussione, modificando l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi proroga dal 31 marzo 2011 al 31 dicembre 2012 il divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il medesimo articolo 3, inoltre, ridefinisce l'ambito di applicazione del citato divieto, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, abbiano conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore;
le modifiche relative all'ambito di applicazione del divieto sono col legate agli orientamenti espressi dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con riferimento alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore. L'articolo in esame introduce altresì una deroga al citato divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
ritenuto, infine, che il meccanismo di valutazione del peso economico delle reti e delle testate non appare, comunque, credibile. Infatti, tenuto conto che la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni recentemente non è riuscita a stabilire l'ammontare esatto della pubblicità, che delle diverse voci del nebuloso sistema integrato delle comunicazioni è quella di più certo calcolo, è impensabile utilizzare il SIC come denominatore di riferimento in una normativa di settore che ambisca ad essere rigorosa,

impegna il Governo

ad adottare, prima della scadenza del termine previsto dall'articolo 3 e in attuazione di quanto in altra sede si è impegnato a fare, ulteriori iniziative normative volte ad estendere il divieto fino al 31 dicembre 2013.
9/4307/174. Bellanova.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, del disegno di legge in discussione, modificando l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi proroga dal 31 marzo 2011 al 31 dicembre 2012 il divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il medesimo articolo 3, inoltre, ridefinisce l'ambito di applicazione del citato divieto, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, abbiano conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore;
le modifiche relative all'ambito di applicazione del divieto sono collegate agli orientamenti espressi dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con riferimento alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore. L'articolo in esame introduce altresì una deroga al citato divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
ritenuto, infine, che il meccanismo di valutazione del peso economico delle reti e delle testate non appare, comunque, credibile. Infatti, tenuto conto che la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni recentemente non è riuscita a stabilire l'ammontare esatto della pubblicità, che delle diverse voci del nebuloso sistema integrato delle comunicazioni è quella di più certo calcolo, è impensabile utilizzare il SIC come denominatore di riferimento in una normativa di settore che ambisca ad essere rigorosa,

impegna il Governo

ad adottare, prima della scadenza del termine previsto dall'articolo 3, le opportune iniziative, anche normative, volte a proporre altri meccanismi per valutare la reale consistenza economica del sistema delle comunicazioni, compatibili con i nuovi scenari tecnologici, conseguenti alla definizione del passaggio al digitale terrestre.
9/4307/175. Berretta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, del disegno di legge in discussione, modificando l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi proroga dal 31 marzo 2011 al 31 dicembre 2012 il divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il medesimo articolo 3, inoltre, ridefinisce l'ambito di applicazione del citato divieto, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, abbiano conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore;
le modifiche relative all'ambito di applicazione del divieto sono collegate agli orientamenti espressi dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con riferimento alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore. L'articolo in esame introduce altresì una deroga al citato divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
ritenuto, infine, che il meccanismo di valutazione del peso economico delle reti e delle testate non appare, comunque, credibile. Infatti, tenuto conto che la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni recentemente non è riuscita a stabilire l'ammontare esatto della pubblicità, che delle diverse voci del nebuloso sistema integrato delle comunicazioni è quella di più certo calcolo, è impensabile utilizzare il SIC come denominatore di riferimento in una normativa di settore che ambisca ad essere rigorosa,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la proroga del divieto di cui all'articolo 3 fino al 31 dicembre 2015, eliminando il riferimento al sistema integrato delle comunicazioni, che ha dimostrato di non poter garantire in modo rigoroso la trasparenza, la certezza e la non discriminazione nell'ambito di applicazione del divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani.
9/4307/176. Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, del disegno di legge in discussione, modificando l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi proroga dal 31 marzo 2011 al 31 dicembre 2012 il divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il medesimo articolo 3, inoltre, ridefinisce l'ambito di applicazione del citato divieto, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, abbiano conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore;
le modifiche relative all'ambito di applicazione del divieto sono collegate agli orientamenti espressi dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con riferimento alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore. L'articolo in esame introduce altresì una deroga al citato divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
ritenuto, infine, che il meccanismo di valutazione del peso economico delle reti e delle testate non appare, comunque, credibile. Infatti, tenuto conto che la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni recentemente non è riuscita a stabilire l'ammontare esatto della pubblicità, che delle diverse voci del nebuloso sistema integrato delle comunicazioni è quella di più certo calcolo, è impensabile utilizzare il SIC come denominatore di riferimento in una normativa di settore che ambisca ad essere rigorosa,

impegna il Governo:

ad adottare, prima della scadenza della proroga di cui al comma 3, le opportune iniziative normative volte:
ad eliminare il riferimento al sistema integrato delle comunicazioni, che ha dimostrato di non poter garantire in modo rigoroso la trasparenza, la certezza e la non discriminazione nell'ambito di applicazione del divieto per coloro che esercitano l'attività televisiva attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
a rendere il divieto permanente, in quanto garanzia del pluralismo informativo, principio fondamentali dell'Unione europea, e imposto sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale.
9/4307/177. Madia.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del decreto-legge in esame è stata disposta la possibilità di rilasciare, agli operatori di rete radiotelevisivi, i diritti d'uso relativi alle frequenze nella banda 174-230 Mhz;
le diffusioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, secondo lo standard DAB/DMB, utilizzano, come è noto, sulla base dei parametri, requisiti e condizioni indicati nell'articolo 24 della legge 3 maggio 2004, n. 112 nonché nell'articolo 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66, e regolamentate dalla delibera 664/09/CONS del 26 novembre 2009 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la medesima porzione di spettro elettromagnetico (banda 174-230 Mhz);
è necessario promuovere e sostenere l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale come naturale evoluzione di questo importante medium, garantendo gli investimenti e l'attività degli editori radiofonici privati, degli operatori di rete radiofonici e quelli della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
la transizione alle tecnologie digitali deve avvenire senza alcuna discriminazione tra le diverse piattaforme diffusive ed i relativi standard tecnici;
l'attuazione dell'articolo 4 - in assenza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di opportune cautele di bilanciamento tra le esigenze di spettro degli operatori televisivi e i diritti delle imprese e degli operatori di rete radiofonici - potrebbe tradursi in un grave danno nei confronti degli operatori di rete radiofonici, in particolare per quel che riguarda le prospettive di sviluppo delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale,

impegna il Governo

nel dare attuazione alle disposizioni previste dall'articolo 4, a salvaguardare le legittime aspettative delle imprese radiofoniche e degli operatori di rete radiofonici, assicurando che le frequenze necessarie per l'avvio delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale siano, a tal fine, effettivamente preservate e rese disponibili per il rilascio dei diritti d'uso in capo agli operatori autorizzati;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere più incisive forme di sostegno finanziario, anche sotto forma di agevolazioni fiscali, per le imprese radiofoniche, nazionali e locali, che compiuta la transizione alle tecnologie digitali, destinino almeno il 60 per cento della propria programmazione all'informazione sociale, in particolare, alla promozione delle attività delle organizzazioni senza scopo di lucro e delle associazioni sportive dilettantistiche.
9/4307/178. Mattesini.

La Camera,
premesso che:
la carenza di organico nel personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali rende di fatto estremamente complesso lo svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero;
importanti studiosi, tra i quali il Professor Carandini, già Presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, hanno lanciato l'allarme avvertendo che nuovi crolli, dopo quelli già avvenuti a Pompei, sono possibili se non si creano le condizioni per far lavorare presso le Sovrintendenze e gli istituti del Ministero archeologi, architetti, tecnici;
le professionalità necessarie per un corretto svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero devono essere di alta qualità e certificate da serie valutazioni sulle competenze tecniche e scientifiche,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad autorizzare il Ministro per i Beni e le Attività culturali ad assumere, anche in deroga alle vigenti disposizioni, i candidati risultati idonei del concorso pubblico a 500 posti, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV Serie Speciale - Concorsi ed esami n. 56 del 18 luglio 2008.
9/4307/179. Mosella.

La Camera,
premesso che:
la città muraria di Siena, fondata come colonia romana al tempo dell'imperatore Augusto con il nome di Saena Iulia, conserva ancora oggi molti siti archeologici - come un pozzetto votivo posto sotto il Duomo e un edificio termale dietro all'Ospedale di S. Maria della Scala - che hanno portato alla luce resti della Siena antica;
la storia delle mura di Siena è preziosa non solo per la città, ma per tutto il Paese, per il grande significato storico, artistico e architettonico che esse hanno avuto;
le mura di Siena sono infatti ancora oggi testimonianza della storia e dell'importanza di una città che, nel corso dei secoli XIII-XIV, occupava quasi un terzo della Toscana, fino al Grossetano;
oggi l'attenzione dimostrata dalle istituzioni locali nei confronti dell'area delle mura provvede a confermare il valore preminente che esse rivestono nella città di Siena;
in particolare, il documento preliminare del Piano di Gestione del sito Unesco «Centro Storico di Siena», approvato dal Comune di Siena nel dicembre 2010, ed illustrato alla stampa nel febbraio 2011, prevede espressamente, tra le strategie di tutela e di conservazione, la valorizzazione delle mura tra i parchi urbani di maggior rilievo, nell'ambito di un ampio obiettivo di valorizzazione del centro storico della città;
alcune parti del perimetro murario risultano danneggiate tanto da richiedere opere urgenti e necessarie di restauro e conservazione, anche attraverso la messa in atto di attività di ricerca e conoscenza con l'attivazione di studi sperimentali finalizzati alla rilevazione strumentale delle mura con tecnologia laser scanner;
le mura di Siena fanno parte del patrimonio demaniale dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare tutti gli interventi richiesti per il restauro e la tutela artistico-architettonica delle mura di Siena, allo scopo predisponendo le risorse necessarie.
9/4307/180. Ceccuzzi.

La Camera,
premesso che:
i cittadini italiani sono contrari alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare in Italia, mediante la costruzione di nuove centrali;
la catastrofe che di recente ha colpito il Giappone, dove alcune centrali nucleari sono state gravemente danneggiate a causa di eventi naturali, ha messo in luce - a venticinque anni dal disastro di Chernobyl - che la produzione di energia da fonte elettrica non è mai davvero sicura per la salute dei cittadini e la salvaguardia dell'ambiente;
il rispetto del principio di prevenzione deve guidare tutti i governanti a non esporre i cittadini e l'ambiente a rischi potenzialmente non controllabili capaci di provocare danni irreparabili;
vicino ai confini del nostro Paese sono installate diverse centrali nucleari, che possono rappresentano un pericolo anche per l'Italia nel caso di un disastro nucleare. Ciò non può significare, tuttavia, che l'Italia accresca questo rischio attraverso la costruzione di nuove centrali all'interno dei confini nazionali. Il nostro Paese dovrebbe piuttosto impegnarsi, a livello internazionale, a sostenere lo smantellamento di tali centrali e l'investimento nello sviluppo di fonti alternative di energia che non presentino rischi;
alcune delle centrali costruite ai nostri confini forniscono energia elettrica a buon mercato all'Italia, soprattutto perché le centrali non si possono spegnere a piacimento e quando l'energia prodotta è in eccesso e non può essere consumata dal Paese produttore vi è la necessità di cederla. Questa situazione rappresenta quindi un vantaggio per l'Italia e non il contrario;
va tenuto conto che le centrali nucleari sono in grado di produrre solo energia elettrica e che la quantità di energia elettrica consumata dall'Italia rappresenta solo il 30 per cento del totale dell'energia necessaria al nostro Paese;
la scelta di produrre energia elettrica da fonte nucleare inciderebbe solo in minima parte sulla riduzione dell'utilizzo di combustibili fossili con cui si continuerebbe a produrre almeno il 70 per cento dell'energia che l'Italia consuma;
al contrario già il 20 per cento dell'energia elettrica è prodotta in Italia da fonti rinnovabili e se si volesse produrre l'intero fabbisogno elettrico italiano da fonti rinnovabili è stato calcolato che servirebbe una superficie di circa 2.300 kilometri quadrati, pari a circa un decimo della superficie della Lombardia o all'intera provincia di Piacenza. Se si considera che nella sola Lombardia le aree urbanizzate e cementificate corrispondono 2.880 kilometri quadrati, ne risulta che in tutta Italia ci sarebbero tetti a sufficienza se si volesse produrre l'intera produzione elettrica nazionale direttamente dal sole;
a favore della produzione dell'energia elettrica direttamente dal sole propendono molti fattori: è esente da rischi per la salute dai cittadini; lo sviluppo della ricerca aumenta l'efficienza dei sistemi di produzione e riduce il loro impatto ambientale; infine, dal punto di vista economico, il costo del kilowattora prodotto dal sole si è addirittura dimezzato in soli due anni;
è evidente, quindi, che ci sono valide alternative alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare e che il Governo deve aumentare gli investimenti su tali fonti alternative,

impegna il Governo

a non presentare in futuro iniziative legislative che introducono e regolano in Italia la costruzione di centrali per la produzione di energia elettrica da fonte nucleare.
9/4307/181. Di Pietro, Piffari, Donadi, Borghesi, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
i cittadini italiani sono contrari alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare in Italia, mediante la costruzione di nuove centrali;
la catastrofe che di recente ha colpito il Giappone, dove alcune centrali nucleari sono state gravemente danneggiate a causa di eventi naturali, ha messo in luce - a venticinque anni dal disastro di Chernobyl - che la produzione di energia da fonte elettrica non è mai davvero sicura per la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente;
il rispetto del principio di prevenzione deve guidare tutti i governanti a non esporre i cittadini e l'ambiente a rischi potenzialmente non controllabili capaci di provocare danni irreparabili;
il Governo ha presentato un emendamento al decreto-legge in esame con l'intento di bloccare il referendum contro il nucleare, per il quale il voto è fissato il 12 e 13 giugno 2011;
l'intenzione del Governo, tuttavia, è solo quella di boicottare il referendum riproponendo iniziative legislative in materia di costruzione di centrali nucleari in Italia appena se ne ripresenterà l'occasione;
lo stesso Presidente del Consiglio, infatti, ha affermato l'intento sostanziale del Governo di far approvare una moratoria, facendola passare per una formale abrogazione. In una intervista del 20 aprile, il Ministro dello sviluppo economico ha risposto: «Quanto alla valenza reale dello stop al nucleare parliamoci chiaro: Fukushima ci ha mostrato che incidenti rilevanti sono possibili. Lo dico mal volentieri, visto che ero e rimango nuclearista convinto. Un nuclearista che sa benissimo che il nucleare, ora, non è culturalmente tollerato. [...] Quando lo scenario dell'incidente di Fukushima sarà definitivamente chiarito, nella sua portata, nelle sue conseguenze, nelle indicazioni da trarne [il nucleare potrà tornare all'ordine del giorno]». Anche secondo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si tratta solo di una sospensione;
diversa sembra essere l'opinione del Ministro dell'economia e delle finanze, il quale il 19 aprile, a Bruxelles in audizione al Parlamento europeo, ha dichiarato che l'incidente di Fukushima non è «riducibile alla banalità di un incidente tecnico», ma assume una dimensione «molto rilevante in cifra storica». Il Ministro ha richiesto di fare un calcolo vero dei costi del nucleare, perché ritiene che non sia mai stato fatto prima. «Sappiamo» ha detto «che i benefici [del nucleare] ci sono e sono locali, ma i malefici sono generali»;
spesso quando si parla di centrali che producono energia elettrica da fonte nucleare si fa passare il messaggio che si tratti di impianti quasi magici, che creano energia dal nulla, senza emettere gas serra e senza produrre alcun tipo di inquinamento, ma ciò è falso perché il nucleare non è pulito, non è risolutivo, non è economico ed è pericoloso;
per capire e provare a conoscere i costi visibili ed occulti del nucleare si riportano - solo a titolo d'esempio - alcuni dati tratti dal volume «Energia per l'astronave terra» edito da Zanichelli, scritto dai professori Armaroli e Balzani;
la centrale nucleare di Chernobyl andò fuori controllo ed esplose il 26 aprile 1986. In una decina di giorni vennero liberate nell'atmosfera 6,7 tonnellate di materiale radioattivo. Si stima che l'incidente abbia riguardato più o meno direttamente 8,4 milioni di persone e che abbia messo fuori produzione 784 mila ettari di terreno agricolo e 694 mila ettari di foreste. Un'area di 30 km quadrati intorno all'impianto è ancora altamente contaminata e mancano piani per collocare in luogo sicuro le numerose tonnellate di materiale radioattivo della centrale distrutta. C'è anche il pericolo di collasso del sarcofago provvisorio di cemento con cui è stato ricoperto il reattore. Per mettere in condizioni di maggiore sicurezza il relitto del reattore, almeno per i prossimi cento anni, si sta costruendo una gigantesca struttura ad arco (NSF new safe confinement) alta 110 metri e larga 270, il cui costo stimato è di 800 milioni di dollari, stanziati principalmente dall'Unione europea. A distanza di 25 anni, nonostante vari rapporti internazionali, è difficile fare un bilancio del disastro poiché l'effetto delle radiazioni si protrae nel tempo. I costi economici complessivi del disastro vengono attualmente stimati attorno ai 6,7 miliardi di dollari, ma probabilmente un calcolo preciso non potrà mai essere fatto. Circa 600 mila persone fra addetti alla centrale, residenti, squadre di emergenza e soccorritori sono state colpite da radiazioni. Le vittime immediate sono state 56, anche se altre fonti parlano di 200. A queste vanno aggiunte altre 9 mila persone, un numero inferiore a quello inizialmente stimato, che sono morti prematuramente a causa dell'esposizione più o meno massiccia alle radiazioni. Di circa 4.000 mila bambini ucraini colpiti da cancro alla tiroide causato dallo iodio radioattivo, per fortuna soltanto una ventina sono morti; gli altri sono guariti, ma grazie a costose cure. Gravissimi sono stati i danni psicologici, 350 mila persone sono state evacuate, 116 mila subito dopo l'incidente. Solo una parte di loro ha potuto far ritorno nella propria casa. L'economia dell'Ucraina è stata devastata, i giovani vanno via (problema demografico), ciò che arriva dall'area di Chernobyl è visto con sospetto;
i rifiuti o scorie radioattive sono rappresentate al 94 per cento da uranio (isotopo 238) e dall'1 per cento da plutonio e si dividono in due categorie:
a bassa e media radioattività, comprendendo le attrezzature impiegate per la lavorazione del combustibile, i terreni contaminati, i pezzi di impianti smantellati e i dispositivi di protezione del personale addetto agli impianti;
ad alta radioattività, che comprende il combustibile esausto o riprocessato che deve essere conservato per almeno dieci anni in apposti impianti di raffreddamento, prima di essere messo in un deposito permanente. Durante queste fasi sono stati documentati decine di casi di perdite di materiale radioattivo nell'ambiente;
il plutonio, assente in natura, si produce solo attraverso reazioni nucleari. È talmente tossico e radioattivo che basta inalarne meno di un milionesimo di grammo per sviluppare un cancro al polmone. Dall'inizio dell'era atomica le centrali elettronucleari ne hanno prodotto circa 1.500 tonnellate, cioè 15 milioni di miliardi di dosi carcinogeniche, più di due milioni di dosi a testa per ciascun abitante del pianeta. Nonostante siano state impiegate quantità enormi di denaro per mettere in sicurezza questa velenosa eredità, non si è ancora trovata una vera soluzione e probabilmente non la si troverà mai. La sua radioattività impiega 24 mila anni per dimezzarsi. Il 9 settembre 1945 una bomba contenente 6 kilogramrni di plutonio rase al suolo la città giapponese di Nagasaki causando in un istante 80 mila morti. Molte altre migliaia morirono o si ammalarono nei decenni seguenti a causa degli effetti devastanti delle radiazioni;
ogni volta che si produce elettricità con il nucleare, quindi, si produce plutonio, che è un eccellente materiale per costruire bombe atomiche, estratto dal combustibile esausto con la tecnica chiamata del riprocessamento, che richiede tecnologie avanzate. Nel 1977 Jimmy Carter, volendo dare il buon esempio, vietò il riprocessamento negli USA, ma non trovò imitatori all'estero. Questa tecnologia la detengono almeno altre 6 nazioni: Regno Unito, Francia, Giappone, Russia e India. Chiaramente la scelta di Carter non ha impedito agli USA di produrre testate atomiche utilizzando altre vie. Il plutonio è la sostanza più pericolosa che l'uomo abbia mai creato;
l'esperienza statunitense in materia di scorie dovrebbe fornire un grande insegnamento, anche per la valutazione dei costi. Gli Usa fin dagli anni 70 si sono posti il problema di trovare un deposito definitivo delle scorie delle centrali e delle testate nucleari. All'inizio sembrava non impossibile trovare un sito, trattandosi anche del Paese tecnologicamente più avanzato del mondo, ricco e potente, con vaste zone di territorio remote, disabitate e geologicamente sicure. All'inizio si era individuato un sito in Kansas, ma poi ci si accorse che lì si era trivellato troppe volte il terreno alla ricerca di giacimenti di gas, quindi il tappo era bucato. Nel 1978 cominciarono gli studi su un altro sito: Yucca Mountain, una sorta di bunker naturale del deserto del Nevada a circa 150 km da Las Vegas. Sulla storia di questo sito sono state scritte milioni di pagine di rapporti e intere collane di libri. Inizialmente il sito doveva offrire sicurezza per centomila anni, poi ridotti a «soli» diecimila anni. Ci si chiede che senso abbia certificare qualcosa per un periodo di tempo pari al doppio della storia della civiltà umana. Resta anche da stabilire come trasportare le scorie fino al sito, attraversando l'intera nazione: autostrade o ferrovie? Anche su questo non si è ancora giunti ad una decisione definitiva. Ad oggi i costi per la costruzione del sito di Yucca ammontano a oltre 60 miliardi di dollari e non contiene ancora neppure un grammo di rifiuti depositati: la data di inizio dello stoccaggio è già stata rinviata molte volte ed è attualmente fissata per il 2017. Fino ad allora serviranno almeno altri 15 miliardi di dollari per finire i lavori. Intanto nei pressi delle 104 centrali nucleari americane si trovano oltre 45 mila tonnellate di combustibile esausto che attende di essere messo in sicurezza. Il deposito di Yucca Mountain potrà contenere 70 mila tonnellate di rifiuti e dovrà essere riempito gradualmente nell'arco di 30 anni, ma nel 2017 gli USA avranno già accumulato 85 mila tonnellate di combustibile esausto delle loro centrali nucleari: dunque il sito sarebbe già virtualmente pieno, molti anni prima che apra, ma fra decine di battaglie legali, anche intentate presso la Corte suprema, non vi è certezza che il sito di Yucca entrerà mai in funzione;
al ritmo mondiale odierno di produzione di energia elettrica e armamenti nucleari, il mondo avrebbe bisogno di un deposito come quello di Yucca Mountain ogni due anni. Gli Usa in 40 anni non sono stati capaci di aprirne neppure uno, e in questo periodo ci sono state varie indagini giudiziarie a carico di funzionari pubblici e aziende private accusati di falsificazione di documenti e corruzione. Come ha spesso rimarcato l'agenzia ambientale delle Nazioni unite, la messa in sicurezza dei rifiuti della complessa filiera nucleare civile e la gestione degli immensi siti contaminati dalle centinaia di test atomici effettuati durante la guerra fredda (New Mexico, steppe asiatiche e atolli del pacifico) rappresentano pagine oscure ed inquietanti della storia degli ultimi 50 anni il cui costo è inquantificabile. Inoltre per decenni è andato avanti l'utilizzo dei mari, come discarica di scorie nucleari e si teme che sia ancora praticato, sebbene ufficialmente bandito a livello internazionale. Il traffico di materiale nucleare, favorito dal vuoto di potere che per anni ha caratterizzato le repubbliche ex-sovietiche, è oggi un affare molto attraente per le organizzazioni criminali internazionali, comprese quelle italiane;
per produrre energia elettrica da fonte nucleare serve uranio che pur essendo un metallo non abbondante è meno raro di altri, per esempio l'argento. Si stima che la sua disponibilità è limitata a non più di 50 anni con le attuali tecnologie e livelli di consumo. Sulla crosta terrestre è presente con una concentrazione media di 3 parti per milione (ppm): cioè ogni tonnellata di roccia ne contiene in media 3 grammi. Tuttavia per rendere economicamente conveniente la sua estrazione bisogna trovare minerali in cui la concentrazione è molto più elevata, nell'ordine di mezzo kilo per tonnellata. Oggi la produzione di uranio è molto al di sotto della domanda, a causa della crisi del nucleare degli ultimi 30 anni. Come conseguenza dal 2002 al 2007 il prezzo dell'uranio è cresciuto di sette volte, molto più del petrolio. Tra i primi 15 Pesi detentori di riserve non vi è un solo paese dell'Unione europea e ciò rende peregrine le affermazioni di chi indica il nucleare come una strada verso l'autosufficienza energetica elettrica europea o addirittura italiana;
ma il vero dramma sono l'inquinamento e i costi energetici che il ciclo industriale dell'energia nucleare richiede, oltre all'enorme investimento economico iniziale;
la produzione del combustibile nucleare è un processo lungo, complesso, inquinante ed energeticamente dispendioso e anch'esso basato principalmente sui combustibili fossili:
le miniere di uranio si trovano in zone remote della terra (Australia, Kazakhstan, Canada, Usa, Mongolia, Namibia, Sud Africa);
l'estrazione richiede molto lavoro, incluso l'impiego di enormi escavatori. Per produrre 160 tonnellate di uranio, che è la quantità necessaria per far funzionare una centrale standard per un anno, serve lavorare oltre 160 mila tonnellate di rocce, ma la quantità di rocce estratta dalle miniere è ancora maggiore. Tutte queste rocce devono essere smaltite, perché a loro volta contengono materiali radioattivi;
il materiale grezzo estratto dalle miniere va raffinato (trasformato in yellowcake) attraverso un processo chimico molto inquinante. Il materiale raffinato va poi ancora trattato - «arricchito» - per trasformare l'uranio nell'isotopo necessario (il 235);
infine il materiale ottenuto va ancora ritrasformato attraverso un complesso processo chimico per trasformarlo in barrette delle dimensioni del filtro di una sigaretta. Una centrale nucleare da mille megawatt contiene 50 mila barre di questo tipo, che vanno sostituite ogni tre anni;
a valle della filiera vi sono costi energetici elevati per lo smantellamento delle centrali a fine vita. Si calcola che per smantellare una centrale nucleare serve un'energia dieci volte più grande di quella che serve per demolire una centrale a gas di uguale potenza;
il tempo necessario affinché un impianto produca l'energia utilizzata per costruirlo (payback time) in genere non viene preso in considerazione per le centrale nucleari. Ricercatori australiani hanno calcolato che, con le tecnologie attuali, un impianto nucleare deve lavorare 7 anni a pieno regime prima che restituisca l'energia utilizzata per costruirla;
la stragrande maggioranza delle circa 440 centrali oggi in funzione appartengono alla cosiddetta seconda generazione, con vari tipi di progetto (ad acqua leggera - soggette a forte usura e corrosione, oltre che a manutenzione costosa e delicata - o ad acqua pesante). Le centrali di terza generazione attive sono solo 3 nel mondo. Si tratta sostanzialmente di centrali ad acqua leggera (LWR) basate su un progetto più evoluto e, soprattutto, più competitive dal punto di vista economico, ma che presentano ancora tutti i costi e gli inconvenienti descritti in precedenza;
le centrali nucleari del futuro dovrebbero appartenere alla cosiddetta quarta generazione o G4. Attualmente il loro sviluppo è oggetto di un protocollo di collaborazione internazionale fra tredici Stati. Questo tipo di impianti, eventualmente, non potrà essere costruito prima di 20/25 anni. Si lavora almeno su 6 progetti diversi con 3 obiettivi comuni:
1) aumentare la resa di conversione elettrica degli impianti, che attualmente è attorno al 30 per cento;
2) offrire impianti più sicuri e meno esposti a possibili impieghi militari indiretti;
3) rendere il ciclo nucleare competitivo in termini economici con le fonti tradizionali e rinnovabili;
non è detto che si riesca nell'impresa di arrivare alla quarta generazione. Per esempio i progetti di G4 autofertilizzanti, cioè che producono da soli il proprio combustibile, vanno avanti da decenni, ma sono sempre falliti, a partire dal famoso Superphenix francese. Questo impianto, compartecipato dallo stato italiano attraverso ENEL, fu chiuso definitivamente nel 1997 dopo 12 anni di travagliato funzionamento nella cornice di un colossale fiasco economico, che è stato pagato anche con i soldi dei cittadini italiani;
l'energia nucleare esercita indubbiamente fascino per la sua potenza ed eleganza tecnologica, ma restano tutti i problemi, limiti e incognite che genera sul tappeto:
economicità del ciclo industriale;
sicurezza degli impianti in condizioni ordinarie e in presenza di scenari catastrofici (terremoti, attacchi terroristici);
smaltimento delle scorie;
legame indissolubile e ambiguo con l'industria militare;
a queste condizioni a nessun'altra attività industriale sarebbe permesso di continuare a svilupparsi e le ragioni della crisi del settore nucleare sono principalmente ragioni economiche. Infatti la liberalizzazione dei mercati elettrici è stata un deterrente formidabile per gli investimenti, dimostrando che il nucleare non sopravvive in regime di libero mercato. Se le generose casse statali non garantiscono la copertura di enormi investimenti per la copertura degli enormi costi dell'intero ciclo industriale, in particolare quelli per la costruzione e la dismissione delle centrali, nessuna impresa privata è disposta ad investire un euro in progetti che possono andare incontro a rischi di varia natura, a cominciare da lunghe ed onerose battaglie legali con le comunità locali nei siti prescelti;
tutte le analisi più autorevoli riservano al nucleare un ruolo limitato sullo scenario energetico futuro: l'Agenzia internazionale per l'energia IEA prevede che nel 2030 esso fornirà il 7 per cento del fabbisogno primario mondiale, una percentuale quasi identica all'attuale. Questi dati rappresentano una sconfitta per una tecnologia che negli ultimi decenni ha bruciato oltre il 60 per cento dei fondi per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie nei Paesi avanzati;
quanto precede dovrebbe essere sufficiente a comprendere perché la scelta nucleare rappresenti una sciagura e non conviene economicamente, come anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha riconosciuto,

impegna il Governo

a finanziare una o più ricerche per la valutazione dei costi diretti e indiretti, noti ed occulti della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, tenendo conto dell'intera filiera industriale del nucleare e delle conseguenza in caso di scenari catastrofici.
9/4307/182. Piffari, Cimadoro, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 3, apporta modifiche all'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, che prevede fino al 31 dicembre 2010 - termine prorogato al 31 marzo 2011 dal decreto-legge n. 225 del 2010 - il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
in particolare il citato articolo 3, oltre a prorogare il divieto fino al 31 dicembre 2012, ne ridefinisce l'ambito di applicazione, prevedendo che esso si applichi: 1) ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, hanno conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore; nonché ai soggetti di cui al comma 11, dell'articolo 43, ossia quelle imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche siano superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore. Viene, inoltre, introdotta una deroga al divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica. Infine si prevede che il divieto si applichi anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a garantire che il citato divieto di incroci stampa-tv venga definito previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al fine di garantire il massimo rispetto del principio del pluralismo dell'informazione;
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a garantire che il provvedimento di valutazione del valore economico del sistema integrato delle comunicazioni (SIC) venga adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 30 novembre di ciascun anno ai fini dell'individuazione dei soggetti principali operanti nel SIC nell'anno di riferimento precedente;
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a garantire che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotti uno specifico provvedimento di valutazione della dimensione economica del mercato delle comunicazioni elettroniche entro il 30 novembre di ciascun anno, previa definizione da parte della medesima Autorità della nozione di «mercati rilevanti» del settore delle comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 259 del 2003.
9/4307/183. Borghesi, Cambursano, Zazzera, Monai, Mura.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 4, differisce al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo per la transizione alla trasmissione televisiva digitale terrestre, e detta una nuova disciplina di assegnazione delle frequenze radiotelevisive, anche in riferimento alla gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in banda larga;
avendo riguardo ai contenuti dell'articolo citato, si rileva con tutta evidenza che l'asta delle frequenze, derivante dall'individuazione del cosiddetto «dividendo esterno», venga fatta pesare esclusivamente sulle emittenti televisive locali, quando invece tutti gli attori del mercato delle telecomunicazioni dovrebbero contribuire alla liberazione delle frequenze per i servizi di comunicazione in banda larga, coinvolgendo in tale sforzo anche le televisioni nazionali che, proprio sulla tecnologia della banda larga, stanno investendo in maniera significativa,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta a garantire che alla liberazione delle frequenze per la loro destinazione ai servizi di comunicazione elettronica mobili in banda larga concorrano in misura di due terzi le frequenze destinate ai soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito nazionale ed in misura di un terzo le frequenze destinate ai soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta a incrementare la misura di compensazione pecuniaria in favore delle emittenti televisive locali prevista dalla legge di stabilità per il 2011 e corrispondente alla somma di 240 milioni di euro.
9/4307/184. Monai, Di Pietro, Borghesi, Cambursano, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame, all'articolo 1, comma 1, dispone che il Fondo unico per lo Spettacolo, sia incrementato per l'anno in corso di 149 milioni (lettera a); prevede di aggiungere ulteriori 80 milioni di euro annui agli stanziamenti ordinari per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali (lettera b); infine dispone l'autorizzazione della spesa di 7 milioni di euro per interventi in favore di enti ed istituzioni culturali (lettera c);
dall'inizio della XIV legislatura il fondo unico per lo spettacolo, istituito ai sensi della legge n. 163 del 1985, ha subito significative decurtazioni;
infatti, la legge 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria per il 2009), nell'ambito degli interventi a sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo, ha destinato, per l'anno 2009, 398.036.000 euro contro i 511.544.000 euro previsti per lo stesso anno 2009 dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) Governo di centro sinistra;
inoltre, la legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) ha destinato 418.418.000 euro quale dotazione del fondo suddetto per l'anno 2010, prevedendo per i due anni successivi (2011 e 2012) solo 304.075.000 euro;
la legge 13 dicembre 2010, n. 220, (legge di stabilità 2011) ha quindi destinato al FUS solo 258.610.000 di euro (contro i 304 milioni già preventivati dallo stesso Governo di centro destra l'anno prima), prevedendo giusto qualche milione in più - 262.465.000 - per i due anni successivi (2012 e 2013);
nel mese di marzo del 2011, con una nota ufficiale, il Ministero per i beni e le attività culturali, ha sostenuto che la copertura prevista per il fondo della sopracitata legge di stabilità 2011, non sarebbe poi tale. Infatti, per effetto di alcuni commi che rinviano a provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, a riguardo di eventuali scostamenti dagli introiti preventivati dalla vendita delle frequenze radioelettriche, sono stati congelati ulteriori 27 milioni di euro del FUS, già ridotto quest'anno a 258 milioni di euro. Detto congelamento non potrà comunque sbloccarsi prima della fine dell'anno, anche qualora la vendita delle frequenze abbia buon esito, di conseguenza le risorse da ripartire fra le diverse voci del FUS restano solo 231.610.000 euro, poco più di quanto destinato al solo settore dei teatri lirici dai governi di centro sinistra - 215 milioni di euro;
dunque il Fondo unico dello spettacolo ha sofferto di tagli che ne hanno ridotto in maniera considerevole e progressiva la dotazione e, a causa di questa significativa riduzione di fondi, le aziende del settore cinematografico e dello spettacolo, numerosi teatri ed altre istituzioni culturali rischiano la completa paralisi;
la cultura e lo spettacolo in Italia rappresentando uno dei fattori distintivi nel mondo, necessariamente hanno bisogno di tutela con stanziamenti di risorse adeguate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ad adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, le iniziative legislative necessarie ad aumentare ulteriormente le dotazioni del FUS in modo da riportare l'ammontare del Fondo stesso ai livelli stabiliti nel 2009 (511 milioni di euro per l'anno 2009), infatti, l'incremento stabilito con la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del presente decreto-legge, pari a 149 milioni di euro annuì, non risulta sufficiente, mancando ancora 130 milioni di euro per arrivare ai livelli di finanziamento del FUS stabiliti con la legge n. 244 del 2007.
9/4307/185. Zazzera, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il problema dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni alle imprese è sempre stato in Italia una delle principali cause di fallimento di molte imprese, ma negli ultimi anni questo fenomeno ha assunto delle dimensioni particolarmente preoccupanti;
l'indagine svolta ad aprile 2010 dall'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) presso le imprese associate, ha evidenziato come il 98 per cento delle imprese di costruzioni che operano nel settore dei lavori pubblici subisce ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione;
in particolare, il 58 per cento di tali imprese registra ritardi medi di pagamento superiori ai due mesi, il 30 per cento evidenzia tempi medi di ritardo compresi fra i tre e i quattro mesi, mentre il 28 per cento delle imprese subisce, mediamente, ritardi superiori ai quattro mesi, con un 10 per cento di imprese per le quali i ritardi medi superano i sei mesi;
si tratta di dati peggiori rispetto a quelli registrati dalla stessa indagine condotta dall'ANCE nel gennaio 2009. I suddetti dati, uniti ad una contingenza economica aggravata dal razionamento del credito operato dalle banche, nella migliore delle ipotesi impedisce agli operatori economici di procedere all'indispensabile programmazione delle proprie attività, mentre nel peggiore dei casi mette seriamente a rischio la sopravvivenza delle imprese;
per cercare di risolvere il problema, il 28 aprile 2010 è stata approvata, da parte della Commissione mercato interno del Parlamento europeo, la proposta di direttiva europea che prevede l'armonizzazione del termine massimo di pagamento a trenta giorni, sia per i rapporti contrattuali tra privati e pubblica amministrazione che per i rapporti contrattuali tra privati, nonché l'introduzione di importanti sanzioni finanziarie nel caso di ritardato pagamento, in modo da garantire un migliore livello di indennizzo per le imprese che subiscono ritardi;
in data 24 gennaio 2011 il Consiglio europeo ha definitivamente adottato la direttiva con la quale si prospetta una rifusione della direttiva 2000/35/CE già attuata in Italia dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali che compromettono il corretto funzionamento del mercato interno;
dopo le necessarie revisioni formali tale direttiva verrà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, ma intanto la pubblica amministrazione italiana continua ad essere debitrice nei confronti delle imprese per un ammontare pari a circa 70 miliardi di euro;
al fine di arginare questo annoso problema, si devono individuare strumenti giuridici ulteriori rispetto a quelli in vigore, prevedendo l'intervento della Cassa depositi e prestiti al fine di garantire la necessaria liquidità alle pubbliche amministrazioni, in modo tale da accelerare i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni alle imprese,

impegna il Governo:

a valutare le opportune iniziative per dare la possibilità ai fornitori con crediti liquidi ed esigibili, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle amministrazioni pubbliche, di cedere i propri crediti alla Cassa depositi e prestiti. A tal fine a valutare l'istituzione di un apposito Fondo, al quale, dopo essere state versate all'entrata, sono riassegnate le somme iscritte nel conto dei residui passivi del bilancio dello Stato relative ai debiti ceduti alla Cassa depositi e prestiti;
a valutare, nel contempo, la possibilità per la Cassa depositi e prestiti di provvedere ai pagamenti relativi ai crediti ceduti dai fornitori a valere su di un Fondo istituito presso la gestione separata della Cassa medesima con un'adeguata dotazione.
9/4307/186. Cimadoro, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge in esame è volto ad ampliare l'oggetto sociale della Cassa depositi e prestiti SpA oltre l'attività di finanziamento tipica della società per comprendere l'assunzione di partecipazioni in società la cui attività è considerata strategica per gli interessi nazionali, o per il settore in cui operano, o per la dimensione della società o, infine, per la rilevanza della filiera;
l'acquisizione delle partecipazioni può avvenire in via diretta, o attraverso società veicolo o fondi di investimento, dei quali CDP SpA abbia sottoscritto quote;
il funding può avvenire anche tramite le risorse del risparmio postale;
CDP SpA - in quanto votata ad operare nel mercato e secondo le dinamiche dello stesso - potrà usufruire delle facoltà che le sono concesse in relazione al nuovo perimetro della sua missione nei limiti delle sue proprie scelte e delle sue disponibilità che riterrà di potere, al riguardo, utilmente impiegare. Si tratta di un'estensione delle facoltà già accordate alla Cassa depositi e prestiti che rappresenta una sterzata grave della politica economica verso un intervento sistemico dello Stato nell'economia e nel mercato senza che siano definite le linee di politica economica lungo le quali il Governo intende muoversi;
tale disposizione presenta diversi profili problematici. In particolare:
dopo una stagione lunga venti anni di privatizzazioni e liberalizzazioni, con la definizione di un assetto di regole che miravano a mettere l'economia in un ambito di governo tecnico e di autonomia, si assiste ad una svolta per mezzo della quale lo Stato torna a svolgere un ruolo attivo come proprietario, senza accorgimenti adeguati e senza porsi finalità ben definite; l'intervento sembra essere una risposta del tutto insoddisfacente alle difficoltà del sistema finanziario ed economico (privato) italiano nel rispondere alle sfide che mercati liberalizzati e altri sistemi più competitivi portano alla nostra economia, per proporre, piuttosto, un nuovo assetto di governo dai risvolti per niente rassicuranti;
la norma, stante la genericità degli ambiti individuati, così come la totale assenza di indicazioni di carattere quantitativo, lascia ampi spazi di discrezionalità al Ministro dell'economia e delle finanze, cui è affidata la facoltà di qualificare come strategici, e quindi rendere fattibili, i nuovi interventi della CDP, con conseguenti ricadute sul normale funzionamento dei mercati, sulla concorrenza, sull'occupazione e sullo sviluppo economico dei territori, il tutto mediante utilizzo del risparmio postale, che, come accennato in precedenza, non viene utilizzato per il finanziamento di interventi ed opere pubbliche;
si sollevano dubbi sull'efficacia della disposizione in merito agli obiettivi prefissati dalla stessa; la Cassa depositi e prestiti non è una società quotata e la sua gestione è fortemente condizionata dall'azionista di maggioranza (il MEF) senza un confronto con il mercato; la CDP SpA possiede una forte competenza nel campo delle infrastrutture, ma non ha alcuna competenza nella gestione di imprese industriali, che ad oggi è fuori dalla sua mission;
forti preoccupazioni si sollevano in caso di utilizzo delle risorse della raccolta postale per il sostegno delle imprese del settore bancario; e questo per due ragioni di fondo: la prima risiede nel fatto che l'utilizzo del risparmio postale, garantito dallo Stato, per rafforzare il sistema finanziario, in caso di una nuova crisi finanziaria potrebbe generare una perdita secca per il contribuente, la seconda, più in generale, è che il MEF, per mezzo di CDP SpA e della garanzia dello Stato sui fondi utilizzati, nell'erogare o meno fondi a privati potrebbe risultare condizionante nella gestione delle banche;
i fondi della Cassa derivano principalmente dalla raccolta postale, che viene remunerata a condizioni non di mercato per via dell'assicurazione che lo Stato garantisce; nella norma in esame il potenziale utilizzo da parte di CDP SpA delle risorse provenienti dalla raccolta postale si pone in aperto contrasto con gli indirizzi più volte espressi in materia dalla Commissione europea; gli interventi di CDP SpA, controllata dallo Stato italiano, pertanto, rischiano di essere configurati in sede comunitaria come aiuti di Stato, con conseguente apertura di procedure di infrazione e ricadute negative sul bilancio dello Stato;
l'utilizzo delle risorse provenienti dalla raccolta postale, in assenza di regole e procedure atte a garantire la piena tutela e l'integrità di tale forma di risparmio, pone dubbi di costituzionalità della norma in quanto in aperto contrasto con quanto previsto dall'articolo 47, primo comma, della Costituzione;
il Senato ha apportato due modifiche all'articolo 7:
si prevede che le società di rilevante interesse nazionale partecipate dalla CDP devono risultare «in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico» ed essere «caratterizzate da adeguate prospettive di redditività»;
i requisiti delle società di interesse nazionale devono essere definiti con un decreto del Ministro dell'economia, decreto che deve essere trasmesso alle Camere. Ma il decreto rimane di natura non regolamentare e la trasmissione alle Camere non prevede neanche il parere di quest'ultime;
stante la genericità degli ambiti individuati, così come la totale assenza di indicazioni di carattere quantitativo nella norma in esame, vengono lasciati al futuro decreto ministeriale ampi margini di discrezionalità nel circoscrivere le tipologie di società oggetto di possibili acquisizioni da parte della Cassa depositi e prestiti Spa;
l'articolo 7 del decreto in esame non sostiene che si interviene per difendere l'italianità delle aziende, ma autorizza l'intervento della Cassa in caso di necessità per finanziare aziende ritenute strategiche per fatturato o per importanza del settore in cui operano o per eventuali ricadute sul sistema economico nazionale. In pratica, si resuscita il vecchio IRI rendendo possibile che lo Stato prenda il controllo delle imprese che abbiano requisiti ritenuti strategici dal Governo nella sua amplissima discrezionalità;
si potrebbe sospettare che il vero obiettivo del Governo sia quello di entrare nel sistema bancario, ed in particolare nelle banche territoriali: le banche popolari, le banche cooperative, le casse di risparmio, quelle più a corto di capitale. Di fatto la politicizzazione del credito;
dovrà nascere il fondo italiano strategico d'investimento, ispirato al «FSI» francese (Fond strategique d'investissement): un veicolo che consentirà alla CDP di evitare l'intervento diretto in azioni con il risparmio postale. Il fondo anti-scalata, previsto dalla norma inserita all'articolo 7 del decreto in esame dovrà avere dimensioni importanti;
e per questo sarà necessaria la partecipazione di tutti per fare sistema, dagli imprenditori e dalle società private agli enti pubblici e alle società possedute dallo Stato;
la relazione relativa all'articolo 7 precisa che «Cdp Spa - in quanto votata ad operare nel mercato e secondo le dinamiche dello stesso - potrà usufruire delle facoltà che le sono concesse in relazione al nuovo perimetro della sua missione nei limiti delle sue proprie scelte e delle sue disponibilità che riterrà di potere, al riguardo, utilmente impiegare». Dunque autonomia di valutazione garantita per i vertici della Cassa;
per questo motivo la Presidenza della Cassa ha modificato lo statuto per recepire le novità introdotte dal decreto-legge ed estendere così le sue attività di interesse nazionale anche all'acquisizione di partecipazioni in società ritenute strategiche sotto il profilo occupazionale e di settore;
in relazione alla norma in esame, e quindi all'ipotesi di dare alla Cassa depositi e prestiti un ruolo di fondo strategico per la difesa delle aziende italiane dalle scalate di gruppi esteri, giova rilevare che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in una intervista al Sole 24 Ore, si è dichiarata molto perplessa. «Abbiamo realizzato - ha affermato la leader degli industriali - il fondo per la capitalizzazione delle imprese e questa è stata un'esperienza positiva, ma resta un fondo privato, come deve essere. Se la Cdp entra in un'azienda industriale o in una banca si rischia di avere magari un piano di protezione ma non un piano industriale. Ciò che serve è la reciprocità tra paesi e la dimensione d'impresa, il resto lo fa il mercato»;
l'articolo 7 in esame sembra quindi evocare una riedizione dell'IRI. È lo Stato che torna a farsi padrone. Perché la nuova norma trasforma, estendendola, la stessa missione della Cassa depositi e prestiti, società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze (70 per cento) e dalle Fondazioni bancarie (30 per cento);
non più solo investimenti nel settore delle infrastrutture (Terna con il 29,9 per cento) e nelle utilities (ENI con il 26,37 per cento), ma partecipazione diretta in società anche industriali purché «di rilevante interesse nazionale». Formula larga limitata da un altrettanto vago confine: la «strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del paese». Si capisce che Cassa depositi potrà acquisire partecipazioni solo in aziende di grandi dimensioni, ma per il resto sembrano non esserci altri vincoli;
ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo il Governo sembra avere nostalgia dell'IRI: ma almeno Beneduce aveva una visione dell'economia italiana e del rapporto tra banche e imprese. Quello del Ministro Tremonti, invece, appare come un intervento pubblico senza politica industriale;
in questo disegno c'è, tra le altre, un'incognita che riguarda il ruolo delle fondazioni bancarie (quasi 50 miliardi di patrimonio contabile). Le fondazioni possiedono il 30 per cento della Cassa. Investono lì perché la CDP ha - proprio come le fondazioni - una serie di vincoli che le vietano operazioni rischiose,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative volte a limitare l'assunzione di quote azionarie da parte di CDP SpA in società quotate di rilevante interesse nazionale a sole partecipazioni di minoranza, vietandole comunque di partecipare a salvataggi d'impresa, nonché di partecipare a società che richiedano oneri di ricapitalizzazione.
9/4307/187. Cambursano, Cimadoro, Borghesi, Messina, Barbato.

La Camera,
premesso che:
dati recenti fanno emergere che sono 100 mila gli infermieri mancanti in Italia per raggiungere la media Ocse di 9 infermieri per 1000 abitanti e nei prossimi anni ci sarà bisogno di 22 mila medici. Circa 16 mila, invece, i precari della sanità che rischiano di saltare nel prossimo anno a seguito delle misure contenute nella manovra della scorsa estate. Per quanto riguarda il numero di posti letto, già in calo da anni, il loro numero subirà un ulteriore e drastico calo nelle regioni che devono rimettere a posto i conti della sanità: 11 mila nel prossimo anno;
l'Abruzzo è una di quelle regioni interessate da un piano di rientro con riduzioni, tagli al personale e chiusure dei piccoli ospedali e attualmente ci sono 4649 posti letto (compresi quelli di lungodegenza e riabilitazione), una media di 4,2 per ogni mille abitanti. Secondo una recente inchiesta, nel 2012 dovrebbero scendere a 3799 (3,5 posti ogni mille abitanti). Sono a rischio, quindi, altri 840 posti letto;
i sindacati sono intervenuti in maniera assai critica sia sulla norma di cui all'articolo 6 in esame, sia sul decreto n. 10 del 2011 del Presidente della Regione Abruzzo, commissario ad acta;
le segreterie regionali di CGIL-Fp, CISL-Fp e UIL-Fp, in una nota congiunta sostengono che il decreto del commissario «non risolverà i problemi della carenza di personale delle ASL e di fatto porterà al licenziamento di centinaia di precari. Infatti, stabilizzerà solo una minima parte dei precari, poiché consentirà l'assunzione di personale a tempo indeterminato prevalentemente attraverso l'istituto della mobilità (dunque personale proveniente da fuori regione che vuole trasferirsi a lavorare in Abruzzo). In via residuale e ove possibile, si attingerà a reclutare personale utilizzando lo scorrimento di graduatorie di concorsi a tempo indeterminato. Tali nuove assunzioni saranno appena sufficienti a garantire il turn-over del personale che andrà in pensione nel corso dell'anno 2011»;
quanto a «portare il riferimento della cosiddetta spesa storica dei lavoratori atipici delle Asl abruzzesi al 2010 anziché al 2009» secondo i sindacati tale decisione «consentirà poi di prorogare i contratti dei precari per qualche mese in più. L'emergenza si ripresenterà proprio a partire dai mesi estivi, dove la necessità di garantire ai dipendenti un minimo periodo di ferie, porterà serie difficoltà di garanzia dei livelli essenziali di assistenza. Tra l'altro, ciò porterà ad un ulteriore aumento della mobilità passiva verso le regioni limitrofe, con maggiori costi a carico della sanità abruzzese. Ne consegue che i provvedimenti adottati sono assolutamente insufficienti a risolvere i problemi delle carenze di personale della sanità pubblica e si rendono necessarie nuove misure che consentano ulteriori proroghe ed una reale stabilizzazione dei precari»;
altresì, per le disposizioni in esame non è prevista alcuna copertura finanziaria e ove necessario si farà ricorso alle risorse già stanziate dal decreto Abruzzo. Il Governo, nella documentazione trasmessa l'11 aprile 2011, ha precisato preliminarmente che l'applicabilità agli enti del SSN della norma di contenimento della spesa per il personale a contratto flessibile (comma 28 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010) è solo in termini di principio. Pertanto le regioni non sono vincolate al rispetto puntuale del limite di spesa ma possono modulare l'intervento garantendo comunque una riduzione tendenziale di tale componente di spesa. Il Governo, inoltre, precisa che la relazione tecnica al citato articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, non associava effetti di risparmio alla norma di contenimento del lavoro flessibile con riferimento al sistema delle autonomie, ivi compresi gli enti del SSN;
risulta pertanto evidente la situazione drammatica in cui versa il sistema sanitario abruzzese e l'assoluta insufficienza dei provvedimenti adottati per risolvere i problemi delle carenze di personale della sanità pubblica,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di aprire un tavolo di confronto con i sindacati regionali al fine di concordare nuove e necessarie misure che consentano ulteriori proroghe ed una reale stabilizzazione di tutti i precari;
a valutare l'opportunità di escludere totalmente la possibilità di attingere alle risorse stanziate dal decreto Abruzzo per la ricostruzione post terremoto per stabilizzare i precari della sanità, due emergenze che meritano risposte e soluzioni con lo stesso rispetto, la stessa dignità e dando i giusti mezzi e le giuste risorse tanto per i terremotati quanto per i precari.
9/4307/188. Di Stanislao.

La Camera,
premesso che,
nell'articolo 2, comma 4, del provvedimento in esame si evidenziano, con riguardo alla società in house del Ministero per i beni e le attività culturali «ALES spa», le medesime criticità che a suo tempo suscitò la proposta di istituzione di «Protezione civile spa» - anch'essa disposta con decreto-legge, successivamente ritirata dal Governo - o di «Difesa servizi spa»: «ALES spa» non appare indicata al ruolo che il provvedimento le affida, in quanto, al momento, non vi sono indicazioni riguardo al personale né al grado di qualifica, né sono note le forme di reclutamento e gli eventuali criteri di selezione e dal sito internet risulta che «ALES spa» medesima abbia richiesto e pagato, per il 2011, la consulenza di una società per l'esecuzione delle procedure di gara relative al progetto «MiBac Merchandising»;
«ALES spa» potrà essere affidataria direttamente di servizi tecnici, anche afferenti alla fase di realizzazione degli interventi per l'esecuzione dei lavori, dei servizi e delle forniture inerenti agli interventi straordinari ed urgenti del programma di tutela dell'area archeologica di Pompei;
l'inciso «nel rispetto dei principi e delle disposizioni di fonte comunitaria» non copre l'alto rischio di illiceità, di alterazione delle regole della concorrenza, di mortificazione delle regole del libero mercato, di nocumento per le valide imprese che operano nel settore del restauro e della conservazione;
gli affidamenti ad «ALES spa» appaiono, inoltre, in evidente e netto contrasto totale con l'incipit del comma 7 che - ancora derogando, in questo caso in ordine all'assolvimento degli obblighi di pubblicità, imparzialità e trasparenza previsti dal Codice dei contratti pubblici - avrebbe lo scopo di favorire la partecipazione di soggetti privati;
l'Unione europea non ha mai smesso di segnalare come l'affidamento in house nel caso di lavori pubblici, servizi e forniture non possa essere in nessun caso considerato come una regola, ma solo come un'eccezione ed ha per questo richiamato l'Italia ad una maggiore moderazione nell'uso di tale modalità;
lo Statuto di «ALES spa» attualmente vigente non sembra poter soddisfare quanto il provvedimento dispone di affidare alla società in ordine ai lavori di realizzazione del programma per le zone archeologiche,

impegna il Governo

ad affidare in forma diretta ad ALES spa compiti e servizi esclusivamente tra quelli indicati nel vigente Statuto della società, nel rigoroso rispetto delle regole comunitarie per l'affidamento cosiddetto in house, valutando, altresì, la convenienza per la pubblica amministrazione di procedere a tale affidamento rispetto all'utilizzo delle modalità ordinarie.
9/4307/189. Favia, Zazzera, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che,
«i giorni della scienza» è un progetto che coinvolge i giovani dagli 8 ai 18 anni, gli insegnanti e le famiglie e fa parte di un'iniziativa ideata dalla Fondazione Veronesi e promossa in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che si avvale dell'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica per creare, partendo dalla scuola, occasioni di incontro, condivisione e dialogo tra il mondo della scienza e le giovani generazioni;
le 80 associazioni del Comitato «vota sì per fermare il nucleare», grazie anche alle numerose segnalazioni di genitori allarmati dal tentativo di indottrinamento dei loro figli, denunciano il carattere propagandistico degli incontri succitati, volti prevalentemente a promuovere il nucleare nelle scuole;
le associazioni affermano inoltre che basta leggere i nomi degli ospiti degli incontri e dare uno sguardo su internet al materiale informativo per capire che si tratta di un'iniziativa volta a promuovere il nucleare nelle scuole;
nell'incontro della serie «Energie del terzo millennio», in programma a Padova, ad esempio, a spiegare l'energia del futuro ai ragazzi delle scuole venete saranno tre nuclearisti (Alessandro Cecchi Paone, volto di uno degli spot pro atomo di Enel e Edf, Giorgio Turchetti, e Marco Ricotti, distintosi dall'esplosione di Fukushima «per l'assenza di obiettività e il tifo da stadio per il nucleare», come afferma il Comitato); con loro una esperta di fotovoltaico dell'Enea;
il 5 novembre 2010 il professore Umberto Veronesi è stato nominato presidente dell'Agenzia per la Sicurezza Nucleare, l'autorità italiana per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza (compresa la protezione dalle radiazioni) di tutte le fasi legate alla realizzazione e gestione delle centrali elettronucleari e alla gestione dei rifiuti radioattivi;
se fosse confermato che gli incontri nelle scuole propagandati come formazione scientifica, in realtà svolgono spot pro nucleare, questo sarebbe davvero inaccettabile; oltretutto essi sono promossi da una fondazione che meritoriamente ha conquistato la propria autorevolezza dedicandosi alla salute delle persone, e che porta il nome del presidente dell'autorità indipendente sulla sicurezza nucleare, il quale dovrebbe piuttosto fungere da garante,

impegna il Governo

a mettere in essere opportune iniziative per illustrare agli alunni delle scuole medie superiori, mediante l'organizzazione di dibattiti e di contraddittori tra le varie tesi, i pericoli reali del nucleare.
9/4307/190. Leoluca Orlando, Piffari, Zazzera.

La Camera,
premesso che,
il 15 e 16 maggio scorsi, 877.982 cittadini sardi, si sono pronunciati sul referendum consultivo regionale sul nucleare. I cittadini dell'isola dovevano esprimere la loro volontà in merito al quesito: «sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate e preesistenti?»;
il risultato del referendum consultivo è stato nettissimo. il «no al nucleare» ha stravinto con una percentuale del 97,14 per cento. Un vero e proprio plebiscito che spazza via la stagione nucleare, e manda un segnale chiaro al Governo;
contro la costruzione delle centrali nucleari si erano pronunciati tutti i partiti e tutte le forze sociali;
dopo il voto sardo, e a scrutini ormai conclusi, lo stesso Governatore della regione, Ugo Cappellacci, ha sottolineato come «la scelta espressa in maniera così compatta dalla Sardegna non è stata presa sull'onda dell'isteria per il disastro nucleare di Fukushima. Quella antinucleare è una convinzione radicata»;
la nettissima contrarietà al nucleare espressa in questi giorni dai cittadini sardi, è solo l'ultima di una lunga sequenza di posizioni assolutamente contrarie a qualunque ipotesi di istallazioni nucleari espresse dalla gran parte delle regioni italiane;
già nei mesi scorsi, quasi tutte le regioni, hanno detto «no» al piano nucleare, sull'onda dei ricorsi alla Corte costituzionale presentati da 11 amministrazioni (Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana), che hanno rilevato profili di incostituzionalità nelle procedure previste per la definizione dei siti e per i processi autorizzativi delle centrali. In Sicilia l'Assemblea regionale ha detto «no» al nucleare con un ordine del giorno, approvato all'unanimità, con l'appoggio anche del presidente Raffaele Lombardo;
in questo contesto, va rammentata la dichiarazione dello stesso Sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, che aveva dichiarato («Corriere della Sera» del 12 febbraio scorso) che: «è chiaro che nessuna centrale nucleare si farà contro la volontà della regione, è una cosa che non accadrà mai». Peraltro una dichiarazione certamente vincolante per il Governo, e che non è mai stata smentita o ridimensionata nelle settimane successive;
quanto suesposto mostra chiaramente che non vi è alcuno spazio per un ritorno alla politica nucleare;
il Governo invece, si è solo preso una «pausa di riflessione», ma di fatto continua a non voler rinunciare all'avventura nucleare;
l'intento sostanziale del Governo - esplicitato anche in provvedimenti legislativi all'esame del Parlamento - è infatti quello di far approvare una sospensione della scelta nucleare, facendola invece passare per una formale abrogazione delle norme approvate dal Governo che hanno reintrodotto la produzione di energia nucleare in Italia;
il Governo quindi, pur ponendo uno «stop» sulla scelta del nucleare, evidenzia chiaramente che non intende fare un passo indietro definitivo, ma che mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo;
a conferma di questi reali intendimenti del Governo, basta ricordare che lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 26 aprile scorso in occasione del vertice italo-francese, aveva dichiarato che continuerà sulla via del nucleare. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. È un destino ineluttabile (...)». E ancora: «la moratoria serve per avere il tempo necessario affinché la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare. (...)». Quanto accaduto in Giappone, sempre secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, «ha spaventato ulteriormente i cittadini italiani e se fossimo andati oggi al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni»;
l'obiettivo esplicito del Governo è quindi quello di tentare di annullare il quesito referendario del 12 e 13 giugno prossimi, dove gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, per abrogare definitivamente proprio la normativa che consente la realizzazione di centrali nucleari sul nostro territorio nazionale,

impegna il Governo

a prendere atto che i cittadini italiani non vogliono più sentir parlare di una nuova avventura nucleare nel nostro Paese, e nel rispetto della loro volontà, chiudere in maniera definitiva ogni ipotesi di ritorno del nucleare in Italia.
9/4307/191. Palomba, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Cimadoro.

La Camera,
premesso che,
se il Governo riuscisse a far fallire il referendum sul nucleare si troverebbe comunque di fronte a un grosso ostacolo sulla via del ritorno all'atomo. Per fare le centrali è obbligatorio trovare un'intesa con le Regioni, dice una sentenza della Corte costituzionale depositata nei giorni scorsi;
lo stop sul nucleare, come ha ammesso lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, è solo una ritirata strategica temporanea, per far fallire i referendum. Se l'intento del Governo avesse successo e, aggirata la volontà popolare, si volesse riproporre il ritorno all'atomo, l'esecutivo si troverebbe però di fronte ad un nuovo ostacolo;
con la sentenza n. 165 del 2011, depositata da pochi giorni in Cancelleria, la Corte costituzionale ha infatti bocciato una parte del decreto sulle misure urgenti in materia di energia, essenziale per il ritorno al nucleare;
accogliendo i ricorsi promossi da Toscana, Puglia e Provincia di Trento, la Corte ha stabilito che per la trasmissione, la distribuzione e la produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale il Governo debba obbligatoriamente trovare l'intesa con le Regioni, senza poter far ricorso a poteri sostitutivi;
la Corte ha dichiarato illegittimi parti dell'articolo 1 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129;
in particolare, sono state dichiarate incostituzionali le seguenti disposizioni:
al comma 1 le parole: «Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie.»;
al comma 1, la parte in cui introduce il seguente comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009:
«4. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo può individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilità nonché definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata. In tal caso il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, dà impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di:
a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche già previste a legislazione vigente; in ogni caso l'apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate»;
non si potranno dunque fare le centrali se le Regioni non sono d'accordo e, come sappiamo, quasi nessuna, comprese quelle amministrate dal centro-destra, è disponibile ad ospitare un reattore,

impegna il Governo

a rispettare a pieno la sentenza n. 165 del 2011 della Corte costituzionale.
9/4307/192. Evangelisti, Piffari, Borghesi.

La Camera,
premesso che,
in conseguenza dell'incidente nucleare giapponese del marzo scorso, l'Unione europea ha cominciato ad attivarsi al fine di realizzare un sistema comune di allerta rapido, e la Russia ha deciso nuove analisi al fine di verificare la presenza di radioattività proveniente dal Giappone; il problema sanitario e ambientale, viste le caratteristiche proprie dell'inquinamento nucleare, non si può affrontare solo con un innalzamento del livello di attenzione e di monitoraggio limitato nel tempo;
seppure attualmente la situazione in Europa si possa ancora definire sotto controllo, il vero problema è cosa succederà nel medio-lungo periodo. E ciò anche in considerazione del fatto che la situazione dei reattori nucleari giapponesi non è affatto ancora sotto controllo, e ci vorranno ancora diverse settimane per la loro stabilizzazione;
dopo oltre due mesi i maggiori esperti mondiali non sono ancora riusciti a bloccare la fuoriuscita di materiale radioattivo, e soprattutto non sono in grado di valutare con una certa precisione la possibile evoluzione;
attualmente il governo giapponese ha portato la sua valutazione della gravità dell'incidente alla centrale nucleare di Fukushima al livello massimo di 7 della scala internazionale, finora raggiunto solo dall'incidente di Chernobyl del 1986, e nessuno è attualmente in grado di escludere la possibilità che nel prossimo periodo le radiazioni nucleari superino quelle della centrale nucleare ucraina;
la maggior parte dei radionuclidi fuoriusciti dalla centrale giapponese arriva in Europa con un effetto ancora per il momento trascurabile dal punto di vista dell'inquinamento atmosferico; la stessa cosa, però, non si può dire dal punto di vista della possibile presenza di cibi contaminati dalla radioattività, in conseguenza sia del fatto che quotidianamente importiamo direttamente o indirettamente alimenti e materie prime da quella regione, sia del rischio più che concreto che il livello di radioattività a livello atmosferico nel futuro potrebbe essere destinato ad aumentare, con inevitabili depositi sul terreno di particelle radioattive, e ricadute evidenti per la salute pubblica;
ancora non abbiamo notizie precise sull'evoluzione dell'evento e sull'andamento della meteorologia, così come non siamo a conoscenza delle misurazioni e dei dati in possesso dell'ISPRA;
in tutta la fase subito successiva all'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986, l'Istituto superiore di Sanità cominciò fin da subito a fornire informazioni chiare e conseguenti raccomandazioni di carattere alimentare, ma anche di comportamento;
fortunatamente non siamo ancora in una situazione paragonabile a quella del 1986, ma è chiaro che è indispensabile rivedere in maniera radicale sia l'intero sistema dei controlli al fine di tutelare la salute dei cittadini, che programmare un efficace e costante programma di informazione puntuale ai cittadini;
è evidente che la soluzione più saggia dovrebbe essere quella di un totale ripensamento del nostro paese - come sta già avvenendo in diversi Stati - e la sua uscita dallo scellerato programma di produzione di energia nucleare;
i prossimi 12 e 13 giugno si voterà per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, al fine di abrogare proprio la normativa che intende dare il via libera alla realizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale,

impegna il Governo:

a prendere le opportune misure per il necessario coordinamento con gli altri Stati membri della UE in materia di controlli sanitari conseguenti al disastro nucleare del Giappone,
ad attivare ed intensificare un programma di controllo sulle importazioni provenienti direttamente o indirettamente dalle aree di cui in premessa, al fine di garantire e tutelare la salute dei cittadini, prevedendo altresì un opportuno programma di informazione alla popolazione.
9/4307/194. Palagiano, Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Cimadoro.

La Camera,
premesso che,
malgrado la formale soppressione delle norme sull'introduzione del nucleare nel nostro Paese, il Governo italiano è intenzionato ad andare avanti sul nucleare e si permette anche di invitare gli italiani a non fare delle «scelte di pancia», come se le notizie che continuano a giungere dal Giappone potrebbero consentire di accettare tranquillamente l'installazione di centrali nucleari vicino casa;
per fortuna cresce la protesta dei cittadini, delle associazioni, dei sindacati e persino dei presidenti di quasi tutte le regioni;
la scelta del nucleare è spesso frutto, oltretutto, di decisioni poco trasparenti che muovono somme mastodontiche (il programma italiano prevede una spesa di almeno 25 miliardi di euro) e crea il terreno propizio anche per estesi fenomeni di corruzione;
i cable dell'ambasciata americana di Roma resi noti poche settimane fa da Wikileaks parlano di pressioni internazionali, colpi bassi, faide interne e di un giro di tangenti per condizionare le scelte relative alle tecnologie nucleari;
la diplomazia Usa si è, dunque, mossa negli ultimi anni in seguito all'opzione nuclearista del Governo per garantire e sponsorizzare le aziende americane: Westinghouse e General electric;
i francesi non sono stati da meno e fanno pesanti pressioni sul Governo italiano. Come riportato da fonti di stampa, secondo dichiarazioni dell'ambasciata Usa: «l'intensa pressione francese, che potrebbe comportare anche pagamenti per corrompere funzionari del Governo italiano, ha portato all'accordo di febbraio per costruire in Italia quattro reattori Areva per il 2020»,

impegna il Governo

a predisporre gli opportuni meccanismi di controllo al fine di evitare il ripetersi di eventuali fenomeni corruttivi da parte di dirigenti dell'amministrazione pubblica e per fugare ogni dubbio che le scelte sulle tecnologie energetiche siano comunque fatte basandosi unicamente su dati tecnici ed economici.
9/4307/195. Aniello Formisano, Rota, Cimadoro.

La Camera,
premesso che,
malgrado la formale soppressione delle norme sull'introduzione del nucleare nel nostro Paese, il Governo italiano è intenzionato ad andare avanti sul nucleare e si permette anche di invitare gli italiani a non fare delle «scelte di pancia», come se le notizie che continuano a giungere dal Giappone potrebbero consentire di accettare tranquillamente l'installazione di centrali nucleari vicino casa;
per fortuna cresce la protesta dei cittadini, delle associazioni, dei sindacati e persino dei presidenti di quasi tutte le regioni;
la scelta del nucleare è spesso frutto, oltretutto, di decisioni poco trasparenti che muovono somme mastodontiche (il programma italiano prevede una spesa di almeno 25 miliardi di euro) e crea il terreno propizio anche per estesi fenomeni di corruzione;
i cable dell'ambasciata americana di Roma resi noti poche settimane fa da Wikileaks parlano di pressioni internazionali, colpi bassi, faide interne e di un giro di tangenti per condizionare le scelte relative alle tecnologie nucleari;
la diplomazia Usa si è, dunque, mossa negli ultimi anni in seguito all'opzione nuclearista del Governo per garantire e sponsorizzare le aziende americane: Westinghouse e General electric;
i francesi non sono stati da meno e fanno pesanti pressioni sul Governo italiano. Come riportato da fonti di stampa, secondo dichiarazioni dell'ambasciata Usa: «l'intensa pressione francese, che potrebbe comportare anche pagamenti per corrompere funzionari del Governo italiano, ha portato all'accordo di febbraio per costruire in Italia quattro reattori Areva per il 2020»,

impegna il Governo

ad assicurare che le scelte sulle tecnologie energetiche siano comunque fatte basandosi unicamente su dati tecnici ed economici.
9/4307/195. (Testo modificato nel corso della seduta) Aniello Formisano, Rota, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
un consuntivo su questi primi tre anni di legislatura mostra con assoluta evidenza come sulle fonti energetiche rinnovabili il Governo non abbia di fatto investito praticamente nulla, ma, al contrario, ha fin dal primo momento scelto con forza di porre al centro delle sue strategie energetiche, il ritorno al nucleare;
questa scelta, ad avviso dei presentatori scellerata, del nucleare imposta dal Governo fin dall'inizio, e che solo adesso - seppure in forma molto ambigua - sembrerebbe in parte «rimangiarsi», ha di fatto impedito di puntare fin da subito su una politica energetica che avesse al centro la crescita delle energie alternative, con la conseguenza di «affossare» quanto di importante aveva fatto il precedente Governo di centro-sinistra per il decollo di questo settore;
dopo ben tre anni di legislatura, il Ministro dell'Economia sembra accorgersi solo adesso degli elevatissimi costi legati al nucleare, finora volutamente ignorati dal Governo, se è vero che nei giorni scorsi il Ministro dell'economia e delle finanze coniava il concetto di «debito nucleare», secondo il quale i costi per il «decommissioning», cioè quelli derivanti dalla chiusura di una centrale nucleare, ridurrebbero il PIL del Paese e comunque ne aumenterebbero sensibilmente il debito;
è importante ricordare che i prossimi 12 e 13 giugno gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, al fine di abrogare proprio la normativa che intende dare il via libera alla realizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale;
occorre invece puntare con maggiore determinazione a una vera innovazione in campo energetico, che deve vedere lo sviluppo delle energie rinnovabili nel rispetto della salvaguardia ambientale;
ci si augura che dopo la tragedia nucleare giapponese possa aprirsi qualche minimo spiraglio in questa direzione all'interno dello stesso governo. In questo senso ricordiamo che sempre il Ministro dell'Economia e delle finanze, intervenendo il 19 aprile scorso davanti alla commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo, sottolineava come «questa fase va utilizzata anche per sostenere investimenti pubblici destinati a operazioni di interesse collettivo: il finanziamento delle energie alternative risponde a questa esigenza»;
va rivista l'intera strategia energetica del governo, e il nuovo piano energetico nazionale, da troppo tempo atteso, deve diventare l'occasione per sostenere e aumentare con determinazione gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, e nella ricerca e sviluppo in questo ambito. Ricordiamo che l'obiettivo che la UE ha posto all'Italia, è quello di coprire entro il 2020 con le fonti energetiche rinnovabili il 17 per cento dei consumi energetici nazionali;
finora l'unico provvedimento di rilievo di questa legislatura che ha riguardato le energie alternative è stato il recente decreto legislativo 28/2011 di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Un provvedimento che, per come formulato, bloccherà lo sviluppo del settore delle rinnovabili che producono energia elettrica, e che per tali ragioni è riuscito a raccogliere una serie di forti critiche sia dal mondo imprenditoriale del settore che dalla totalità delle associazioni ambientaliste, tanto che, secondo quanto risulta ai presentatori di tale ordine del giorno, il Governo in queste ore sta provvedendo a varare un decreto interministeriale parzialmente correttivo del decreto legislativo 28/2011. Peraltro la lettura della bozza del suddetto decreto correttivo ha già provocato le prime critiche da parte delle principali associazioni di categoria operanti nel settore delle rinnovabili, che lo ritengono del tutto insoddisfacente;
tutta questa incertezza e totale improvvisazione non può che ripercuotersi negativamente sugli investimenti in un settore strategico e «anticiclico», quale è appunto quello delle energie pulite, che avrebbe invece bisogno di certezze e di un quadro normativo chiaro e non in continua modificazione,

impegna il Governo

a varare un nuovo piano energetico nazionale che superi definitivamente la nefasta parentesi nucleare e ponga finalmente al centro della politica energetica nazionale lo sviluppo delle energie rinnovabili e la filiera italiana del settore, garantendo a tal fine le necessarie risorse finanziarie.
9/4307/196. Rota, Borghesi, Cambursano, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
un recente studio del World Watch Institute evidenzia come l'energia atomica abbia iniziato la propria parabola discendente già dal 1980, e nel 1990 per la prima volta il numero di reattori arrestati ha superato il numero di avviamenti. Un trend confermato anche da ulteriori analisi: con riferimento ad aprile 2011, risultano in funzione nel mondo un totale di 437 reattori nucleari per 30 Paesi, 8 in meno rispetto al picco massimo di 444 reattori del 2002;
da questo anno inoltre i reattori avviati sono stati 25, mentre quelli spenti 32, compresi i 6 di Fukushima ed esclusi i 7 fermati in Germania dopo il disastro giapponese;
cala anche la produzione mondiale di elettricità derivante dall'energia nucleare: nel 2009 gli impianti hanno prodotto 2558 TeraWatt/ora (1 TWh equivale a 1012 watt ore), con una flessione di circa il 4 per cento se confrontati con i dati del 2006;
i sei Paesi più nuclearizzati (Francia, Germania, Corea del sud, Stati uniti, Giappone e Russia) hanno ridotto la quota di energia derivante dal nucleare;
i cantieri dei reattori di «terza generazione», gli EPR (i reattori nucleari di potenza che incorporano sviluppi delle tecnologie della «seconda generazione» - la stragrande maggioranza di quelli attualmente in funzione - con miglioramenti «evolutivi» nel progetto, ma senza innovazioni sostanziali sui principi di funzionamento) stanno fallendo dal punto di vista innanzitutto finanziario, come dimostra il caso del reattore finlandese Olkiluoto 3, il cui cantiere registra 4 anni di ritardo nei lavori e un quasi raddoppio nei costi;
il Governo cinese ha dichiarato di volere congelare tutti i progetti incorso. La Cina si era massicciamente impegnata nella costruzione di reattori con 27 dei 64 cantieri aperti prima del disastro di Fukushima;
secondo quanto pubblicato dal quotidiano La Repubblica, il 14 aprile, gli impianti dei 29 reattori nucleari installati ad appena 200 chilometri dai confini italiani e situati in Francia, Svizzera, Germania e quello in Slovenia a soli 130 chilometri da Trieste, risulterebbero oramai obsoleti, senza i livelli di sicurezza adeguati e pertanto pericolosi;
l'articolo citato sostiene che in Germania, nella Bavaria a soli 250 chilometri da Cortina d'Ampezzo e da Bressanone, è stato chiuso recentemente e in tempi brevi, il reattore denominato Isar 1, poiché considerato insicuro, reattore avente la stessa tecnologia (i boiling water reactor) e circa la stessa età di quello giapponese;
in Francia, Svizzera, Germania e in Slovenia le scelte di politica industriale ed energetica, hanno fino a poco tempo fa privilegiato il nucleare;
l'incidente giapponese, cosi come accadde con Chernobyl, ha evidenziato che i radionuclidi non conoscono frontiere, le radiazioni viaggiano con i venti, la pioggia le deposita su verdure e foraggio, dimostrando che le scelte energetiche di singoli Paesi possono produrre conseguenze anche per altri;
l'articolo del quotidiano La Repubblica descrive uno scenario generale sulla sicurezza degli impianti nucleari alle nostre frontiere situati nei Paesi citati pericolosa per la salute degli individui e per l'intero sistema ambientale;
l'accordo UE sugli stress test da effettuare sulle centrali nucleari del continente, il 12 maggio scorso, dopo la riunione dei responsabili per l'energia nucleare dei 27 stati membri, non è stato raggiunto. Ogni decisione è rimandata alla prossima riunione, in programma per il 19 e 20 maggio a Praga;
gli stress test che si stanno mettendo a punto a livello europeo per i 143 impianti presenti sul nostro continente non sembrano però molto accurati. Numerosi rischi, quali un incidente aereo, un attentato terroristico oppure un errore umano, sembra siano stati esclusi. Ci si è concentrati prevalentemente sulle calamità naturali: terremoti, inondazioni e variazioni violente di temperatura;
questi test sono lontani dal possedere il rigore necessario per una valutazione corretta della sicurezza dei reattori e per ridurre il rischio di incidente;
alcune associazioni ambientaliste hanno denunciato in particolare l'intenso lavoro di lobbying delle autorità francesi (ed inglesi) a detrimento della trasparenza e della sicurezza dei cittadini. Greenpeace, in particolare, ricorda di avere dimostrato fin dal 2005 che nessuna centrale nucleare, comprese quelle con la tecnologia EPR, resisterebbe alla caduta di un aereo di linea nel corso di un attentato del genere di quello dell'11 settembre,

impegna il Governo:

a chiedere in sede europea che gli stress test da applicare alle centrali nucleari siano rigorosi e ricomprendano errori umani e crash di aerei e non soltanto le catastrofi naturali;
a chiedere altresì che si ricorra per l'esecuzione dei test ad esperti indipendenti e non alle stesse società che gestiscono gli impianti nucleari al fine di ottenere una valutazione imparziale dei rischi.
9/4307/197. Donadi, Evangelisti, Piffari, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
la scala INES o scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Event Scale) è stata sviluppata a partire dal 1989 dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici e rendere immediatamente percepibile al pubblico, in maniera corretta, la gravità di incidenti di tipo nucleare o radiologico, senza fare riferimento a dati tecnici di più difficile comprensione. Si applica ad eventi associati al trasporto, deposito ed impiego di materiale o sorgenti radioattive, indipendentemente dall'accadere l'evento in un impianto industriale od all'esterno (per esempio durante il trasporto);
la scala INES comprende 7 livelli (più un livello 0 al di sotto della scala) ed è divisa in due parti: gli incidenti (dal 7o al 4o livello) e i guasti (dal 3o al 1o). Il livello 0 è catalogato come una deviazione. È una scala logaritmica ed il passaggio da un livello all'altro significa pertanto un aumento di danni di circa dieci volte;
non si sa molto sugli effetti dei cosiddetti «piccoli incidenti» di livello Ines compreso tra 0 e 3, in quanto è molto complicato correlare un evento puntuale all'interno di uno studio epidemiologico. Di sicuro però aggravano una situazione che a quanto si è visto è già compromessa;
secondo un rapporto - pubblicato dalla Federazione dei Verdi - solo nel 2007 ci sono stati registrati 942 incidenti cosiddetti «minori». Quindi non è che siano così rari come qualcuno sostiene. Incidenti che, peraltro, vengono quasi sempre nascosti. In Spagna hanno dato notizia di un incidente sei mesi dopo che era accaduto. In Francia hanno sconfessato apertamente alcuni studi scientifici che avevano dimostrato come si era verificato un aumento delle leucemie nei bambini nei pressi degli impianti. Dal 1980 al 2005, i casi di cancro della tiroide in Francia sono aumentati negli uomini del 433 per cento e nelle donne del 186 per cento (Joseph J. Mangano, direttore del Radiation and public health project di New York). Negli Stati Uniti il 29 gennaio scorso si è scoperto che in una falda di una centrale americana (Vermont Yankee) il trizio presente è mille volte superiore rispetto a quello ammesso dall'Epa, l'agenzia americana, peraltro molto più restrittiva di quella europea;
negli ultimi 40 anni (1970-2010) negli oltre 440 impianti nucleari del Mondo si sono verificati nove incidenti nucleari compresi tra il 4o e il 7o livello Ines:
1969, 4o livello INES, Lucens (Svizzera);
1973, 4o livello INES, Windscale (Gran Bretagna);
1979, 5o livello INES, Three Mile Island (Pennsylvania, USA);
1980, 4o livello INES, Saint-Laurent-Nouan (Francia);
1986, 7o livello INES, Chernobyl (Ucraina);
1987, 5o livello INES, Goiania (Brasile);
1999, 4o livello INES, Tokaimura (Giappone);
2006, 4o livello INES, Fleurus (Belgio);
2011, 7o livello INES, Fukushima (Giappone);
statisticamente si verifica un incidente grave ogni 4-5 anni e non sembra poco specie per il tipo di incidente. Ciò basta a smentire le statistiche dei nuclearisti che spesso affermano che la probabilità di un incidente grave è infinitesimale;
anche in Italia si deve registrare una sequela di piccoli incidenti di cui i più rilevanti sono stati i seguenti:
Maggio 1974 - Casaccia (Italia). Si spacca un recipiente contenente plutonio. Non si sa altro.
Centrale Garigliano - lavori per la realizzazione della centrale. Gli incidenti furono 18 fino al 1982, ma solo nel novembre del 1980 ci fu la prima segnalazione ufficiale ai comuni limitrofi delle Province di Caserta e Latina. In quell'occasione venne denunciato un incidente dovuto alle infiltrazioni di acqua di falda nei sotterranei della centrale dove c'erano i contenitori di stoccaggio delle resine provenienti dal sistema di purificazione delle acque del reattore della centrale. L'incidente provocò la fuoriuscita di ingenti quantità di materiale radioattivo (in particolare Cesio 137, Cesio 134 e cobalto 60). Qualche giorno dopo l'incidente si registrò la morte di 25 bufale che avevano pascolato in aree sommerse dal fiume e la moria di grossi pesci lungo il tratto di mare dove sfocia il fiume Garigliano.
1978 Maggio, Caorso - Il giorno del collegamento della centrale con la rete elettrica (26 Maggio '78) si sono avute fughe limitate nel reparto turbine. Ci sono valvole che non tengono, strutture portanti, come i tiranti che sostengono i tubi del gas radioattivo, mal progettati con calcoli sbagliati.
Marzo 1993 - Impianto ITREC di Trisaia, Rotondella, Italia. Primo incidente radioattivo nell'impianto: versamento sulla spiaggia di liquido contaminato della condotta di scarico a mare.
12 Maggio 2000 - un sottomarino nucleare inglese subisce un'avaria e rilascia in mare l'acqua radioattiva del circuito di raffreddamento.
2 Ottobre 2000, Saluggia, la piena della Dora Baltea lambisce il deposito nucleare Eurex, Carlo Rubbia afferma che è stata sfiorata la catastrofe planetaria.
22 Giugno 2001 - Puglia, un peschereccio «pesca» un sottomarino nucleare USA nelle acque territoriali italiane.
15 Novembre 2002 - La Maddalena, un sommergibile nucleare USA entra in collisione con una motonave.
12 Agosto 2003 - La Maddalena, un sommergibile nucleare Usa si trova in avaria, sconosciute le cause.
17 Ottobre 2003 - La Maddalena. Si avverte una scossa sismica, i militari italiani affermano che è dovuta a un terremoto in Corsica ma la Francia smentisce. Dopo 20 giorni, un giornale americano riporta la notizia che un sottomarino nucleare si era incagliato in una secca riportando gravi danni allo scafo e all'elica.
2004 - Vicenza presso le Acciaierie Beltrame, fusione accidentale di Cesio 137.
8 Gennaio 2004 - La Maddalena. La CRIIRAD rileva in campioni di alghe tracce di radioattività anomala.
29 gennaio 2004 - Galliate (No) Trafugato Kripto 85, mai più rinvenuto.
1o marzo 2004 - Massacra (Ta). Trafugato Iridio 192.
3 Marzo 2004 - Napoli. Sequestrato presso le ferrovie materiale radioattivo.
10 Agosto 2004 - Caprera, Un sottomarino nucleare USA s ' incaglia, l'evento viene tenuto segreto per 2 settimane.
13 Novembre 2005 - Il CNR rileva tracce di trizio e Cs 137 sul Monte Rosa. Le tracce risalgono ai test nucleari effettuati nel '63 in Algeria e all'incidente nucleare di Chernobyl, e poi arrivate sul Monte Rosa, trasportate per migliaia di chilometri dalle correnti atmosferiche.
25 Novembre 2005 - Teverola (Mt), trafugato Indio 192, rinvenuto dopo 4 mesi abbandonato in una strada in provincia di Salerno.
9 gennaio 2006 - Pozzuoli (Na), Trafugato Tecnezio 99M mai più rinvenuto.
17 gennaio 2006 - Roma, Trafugati 6 fusti radioattivi.
27 febbraio 2006 - Catania, Trafugato Iodio 131, rinvenuto in seguito sul ciglio di una strada.
Maggio 2006 Laboratori Enea di Casaccia: si verifica una perdita di plutonio che verrà riconosciuta solo 4 mesi dopo, 6 persone risultano contaminate.
31 agosto 2006 - Napoli. Trafugata una sorgente di Radio.
31 agosto 2006 - Salerno. Trafugata una sorgente di Radio.
12 Settembre 2006 La Maddalena. Il fronte indipendentista sardo denuncia che gli USA scaricano l'acqua radioattiva dei reattori atomici dei sottomarini davanti alle Bocche di Bonifacio.
Ottobre 2006 - Roma, laboratori nucleari della Casaccia. Dichiarata fuga di Plutonio avvenuta 6 mesi prima.
1o Novembre 2006 - Roma, laboratori nucleari della Casaccia. Un inspiegata esplosione distrugge le porte del magazzino contenente plutonio.
1o Giugno 2007 - Abbiate Guazzone, Varese. Scoperta una fonte di Cesio 137.
Ottobre 2007 - Basilicata, Riparte un inchiesta sul traffico di plutonio della 'ndrangheta. Un pentito rivela che 600 fusti radioattivi sono stati sepolti nel materano e che navi cariche di bidoni radioattivi vengono regolarmente affondate al largo del Tirreno.
16 Novembre 2007 - Sarezzo, Brescia. Chiuse e Acciaierie Venete in seguito a un incidente di fusione di Cesio 137 che finisce nei fumi di scarico.
1o marzo 2008 - I Carabinieri sequestrano a Brindisi, Campobasso, Treviso, Milano, Lucca, Frosinone, Latina e Mantova 30 tonnellate di acciaio contaminato da Cobalto 60.
Giugno 2008 - Parma. Una partita di materiale radioattivo viene sequestrata dai carabinieri.
16 Giugno 2008 - Savignano Irpino, Avellino. Tracce radioattive trovate in un carico di rifiuti diretto alla locale discarica.
7 Luglio 2008 - Varese. Il quotidiano online Varesenews, riporta che sono stati registrati valori anormali di radioattività nell'aria. Nessun comunicato ufficiale.
23 Novembre 2009 - Saluggia. L'Arpa Piemonte trova nel sottosuolo Cesio 137 e Cobalto 60 nei dintorni del complesso di Saluggia di cui fanno parte l'impianto Eurex-SO.G.I.N. all'interno del Centro ricerche dell'ENEA, il Complesso Sorin e il Deposito Avogadro che contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Ganigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).
18 settembre 2010 presso la discarica, Cava San, veniva posto sotto sequestro un autocompattatore appartenente alla scuderia A.S.I.A Napoli spa. A un controllo si accertava la presenza di materiale altamente radioattivo tra i rifiuti solidi urbani provenienti da Napoli,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento entro tre mesi una relazione completa su tali incidenti avvenuti nel nostro Paese negli ultimi 40 anni.
9/4307/198. Porcino, Piffari, Aniello Formisano, Rota.

La Camera,
premesso che:
la scala INES o scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Event Scale) è stata sviluppata a partire dal 1989 dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici e rendere immediatamente percepibile al pubblico, in maniera corretta, la gravità di incidenti di tipo nucleare o radiologico, senza fare riferimento a dati tecnici di più difficile comprensione. Si applica ad eventi associati al trasporto, deposito ed impiego di materiale o sorgenti radioattive, indipendentemente dall'accadere l'evento in un impianto industriale od all'esterno (per esempio durante il trasporto);
la scala INES comprende 7 livelli (più un livello 0 al di sotto della scala) ed è divisa in due parti: gli incidenti (dal 7o al 4o livello) e i guasti (dal 3o al 1o). Il livello 0 è catalogato come una deviazione. È una scala logaritmica ed il passaggio da un livello all'altro significa pertanto un aumento di danni di circa dieci volte;
non si sa molto sugli effetti dei cosiddetti «piccoli incidenti» di livello Ines compreso tra 0 e 3, in quanto è molto complicato correlare un evento puntuale all'interno di uno studio epidemiologico. Di sicuro però aggravano una situazione che a quanto si è visto è già compromessa;
secondo un rapporto - pubblicato dalla Federazione dei Verdi - solo nel 2007 ci sono stati registrati 942 incidenti cosiddetti «minori». Quindi non è che siano così rari come qualcuno sostiene. Incidenti che, peraltro, vengono quasi sempre nascosti. In Spagna hanno dato notizia di un incidente sei mesi dopo che era accaduto. In Francia hanno sconfessato apertamente alcuni studi scientifici che avevano dimostrato come si era verificato un aumento delle leucemie nei bambini nei pressi degli impianti. Dal 1980 al 2005, i casi di cancro della tiroide in Francia sono aumentati negli uomini del 433 per cento e nelle donne del 186 per cento (Joseph J. Mangano, direttore del Radiation and public health project di New York). Negli Stati Uniti il 29 gennaio scorso si è scoperto che in una falda di una centrale americana (Vermont Yankee) il trizio presente è mille volte superiore rispetto a quello ammesso dall'Epa, l'agenzia americana, peraltro molto più restrittiva di quella europea;
negli ultimi 40 anni (1970-2010) negli oltre 440 impianti nucleari del Mondo si sono verificati nove incidenti nucleari compresi tra il 4o e il 7o livello Ines:
1969, 4o livello INES, Lucens (Svizzera);
1973, 4o livello INES, Windscale (Gran Bretagna);
1979, 5o livello INES, Three Mile Island (Pennsylvania, USA);
1980, 4o livello INES, Saint-Laurent-Nouan (Francia);
1986, 7o livello INES, Chernobyl (Ucraina);
1987, 5o livello INES, Goiania (Brasile);
1999, 4o livello INES, Tokaimura (Giappone);
2006, 4o livello INES, Fleurus (Belgio);
2011, 7o livello INES, Fukushima (Giappone);
statisticamente si verifica un incidente grave ogni 4-5 anni e non sembra poco specie per il tipo di incidente. Ciò basta a smentire le statistiche dei nuclearisti che spesso affermano che la probabilità di un incidente grave è infinitesimale;
anche in Italia si deve registrare una sequela di piccoli incidenti di cui i più rilevanti sono stati i seguenti:
Maggio 1974 - Casaccia (Italia). Si spacca un recipiente contenente plutonio. Non si sa altro.
Centrale Garigliano - lavori per la realizzazione della centrale. Gli incidenti furono 18 fino al 1982, ma solo nel novembre del 1980 ci fu la prima segnalazione ufficiale ai comuni limitrofi delle Province di Caserta e Latina. In quell'occasione venne denunciato un incidente dovuto alle infiltrazioni di acqua di falda nei sotterranei della centrale dove c'erano i contenitori di stoccaggio delle resine provenienti dal sistema di purificazione delle acque del reattore della centrale. L'incidente provocò la fuoriuscita di ingenti quantità di materiale radioattivo (in particolare Cesio 137, Cesio 134 e cobalto 60). Qualche giorno dopo l'incidente si registrò la morte di 25 bufale che avevano pascolato in aree sommerse dal fiume e la moria di grossi pesci lungo il tratto di mare dove sfocia il fiume Garigliano.
1978 Maggio, Caorso - Il giorno del collegamento della centrale con la rete elettrica (26 Maggio '78) si sono avute fughe limitate nel reparto turbine. Ci sono valvole che non tengono, strutture portanti, come i tiranti che sostengono i tubi del gas radioattivo, mal progettati con calcoli sbagliati.
Marzo 1993 - Impianto ITREC di Trisaia, Rotondella, Italia. Primo incidente radioattivo nell'impianto: versamento sulla spiaggia di liquido contaminato della condotta di scarico a mare.
12 Maggio 2000 - un sottomarino nucleare inglese subisce un'avaria e rilascia in mare l'acqua radioattiva del circuito di raffreddamento.
2 Ottobre 2000, Saluggia, la piena della Dora Baltea lambisce il deposito nucleare Eurex, Carlo Rubbia afferma che è stata sfiorata la catastrofe planetaria.
22 Giugno 2001 - Puglia, un peschereccio «pesca» un sottomarino nucleare USA nelle acque territoriali italiane.
15 Novembre 2002 - La Maddalena, un sommergibile nucleare USA entra in collisione con una motonave.
12 Agosto 2003 - La Maddalena, un sommergibile nucleare Usa si trova in avaria, sconosciute le cause.
17 Ottobre 2003 - La Maddalena. Si avverte una scossa sismica, i militari italiani affermano che è dovuta a un terremoto in Corsica ma la Francia smentisce. Dopo 20 giorni, un giornale americano riporta la notizia che un sottomarino nucleare si era incagliato in una secca riportando gravi danni allo scafo e all'elica.
2004 - Vicenza presso le Acciaierie Beltrame, fusione accidentale di Cesio 137.
8 Gennaio 2004 - La Maddalena. La CRIIRAD rileva in campioni di alghe tracce di radioattività anomala.
29 gennaio 2004 - Galliate (No) Trafugato Kripto 85, mai più rinvenuto.
1o marzo 2004 - Massacra (Ta). Trafugato Iridio 192.
3 Marzo 2004 - Napoli. Sequestrato presso le ferrovie materiale radioattivo.
10 Agosto 2004 - Caprera, Un sottomarino nucleare USA s ' incaglia, l'evento viene tenuto segreto per 2 settimane.
13 Novembre 2005 - Il CNR rileva tracce di trizio e Cs 137 sul Monte Rosa. Le tracce risalgono ai test nucleari effettuati nel '63 in Algeria e all'incidente nucleare di Chernobyl, e poi arrivate sul Monte Rosa, trasportate per migliaia di chilometri dalle correnti atmosferiche.
25 Novembre 2005 - Teverola (Mt), trafugato Indio 192, rinvenuto dopo 4 mesi abbandonato in una strada in provincia di Salerno.
9 gennaio 2006 - Pozzuoli (Na), Trafugato Tecnezio 99M mai più rinvenuto.
17 gennaio 2006 - Roma, Trafugati 6 fusti radioattivi.
27 febbraio 2006 - Catania, Trafugato Iodio 131, rinvenuto in seguito sul ciglio di una strada.
Maggio 2006 Laboratori Enea di Casaccia: si verifica una perdita di plutonio che verrà riconosciuta solo 4 mesi dopo, 6 persone risultano contaminate.
31 agosto 2006 - Napoli. Trafugata una sorgente di Radio.
31 agosto 2006 - Salerno. Trafugata una sorgente di Radio.
12 Settembre 2006 La Maddalena. Il fronte indipendentista sardo denuncia che gli USA scaricano l'acqua radioattiva dei reattori atomici dei sottomarini davanti alle Bocche di Bonifacio.
Ottobre 2006 - Roma, laboratori nucleari della Casaccia. Dichiarata fuga di Plutonio avvenuta 6 mesi prima.
1o Novembre 2006 - Roma, laboratori nucleari della Casaccia. Un inspiegata esplosione distrugge le porte del magazzino contenente plutonio.
1o Giugno 2007 - Abbiate Guazzone, Varese. Scoperta una fonte di Cesio 137.
Ottobre 2007 - Basilicata, Riparte un inchiesta sul traffico di plutonio della 'ndrangheta. Un pentito rivela che 600 fusti radioattivi sono stati sepolti nel materano e che navi cariche di bidoni radioattivi vengono regolarmente affondate al largo del Tirreno.
16 Novembre 2007 - Sarezzo, Brescia. Chiuse e Acciaierie Venete in seguito a un incidente di fusione di Cesio 137 che finisce nei fumi di scarico.
1o marzo 2008 - I Carabinieri sequestrano a Brindisi, Campobasso, Treviso, Milano, Lucca, Frosinone, Latina e Mantova 30 tonnellate di acciaio contaminato da Cobalto 60.
Giugno 2008 - Parma. Una partita di materiale radioattivo viene sequestrata dai carabinieri.
16 Giugno 2008 - Savignano Irpino, Avellino. Tracce radioattive trovate in un carico di rifiuti diretto alla locale discarica.
7 Luglio 2008 - Varese. Il quotidiano online Varesenews, riporta che sono stati registrati valori anormali di radioattività nell'aria. Nessun comunicato ufficiale.
23 Novembre 2009 - Saluggia. L'Arpa Piemonte trova nel sottosuolo Cesio 137 e Cobalto 60 nei dintorni del complesso di Saluggia di cui fanno parte l'impianto Eurex-SO.G.I.N. all'interno del Centro ricerche dell'ENEA, il Complesso Sorin e il Deposito Avogadro che contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Ganigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).
18 settembre 2010 presso la discarica, Cava San, veniva posto sotto sequestro un autocompattatore appartenente alla scuderia A.S.I.A Napoli spa. A un controllo si accertava la presenza di materiale altamente radioattivo tra i rifiuti solidi urbani provenienti da Napoli,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento una relazione su tali incidenti avvenuti nel nostro Paese negli ultimi 40 anni.
9/4307/198. (Testo modificato nel corso della seduta) Porcino, Piffari, Aniello Formisano, Rota.

La Camera,
premesso che:
molti Paesi hanno risposto alla crisi cominciata nel 2008 varando «pacchetti verdi», ossia misure di promozione dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
tre anni dopo il nostro Paese discute di quali riforme varare per dare il necessario slancio alla nostra crescita, ma finora è evidente a tutti che l'energia e l'ambiente non rientrano tra le priorità del Governo. Ciò come si evince - tra l'altro - dallo stesso Piano nazionale di riforma, da poco approvato nell'ambito del Documento di economia e finanza 2011, dove l'energia e l'ambiente non figurano tra le priorità del governo;
la scarsissima sensibilità ai suddetti settori, peraltro strategici, fa trascurare i loro potenziali vantaggi rispetto al ciclo economico negativo che stiamo attraversando;
saranno sempre più determinanti gli investimenti che ciascun Paese finalizzerà al settore delle energie pulite. Ricordiamo come lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Obama, nel febbraio scorso, nel suo discorso sullo stato dell'Unione, dichiarava: «il Paese che dominerà le energie pulite e rinnovabili sarà il leader del XXI secolo»;
al contrario, il Governo, pur ponendo un finto «stop» sulla scelta del nucleare, ha più volte sottolineato che in realtà non intende fare un passo indietro definitivo in questo ambito, mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo, e questo avverrà inevitabilmente a scapito dello sviluppo delle fonti rinnovabili;
a conferma di questi reali intendimenti del Governo, basta ricordare che lo stesso Presidente del Consiglio, il 26 aprile scorso in occasione del vertice italo-francese, aveva dichiarato che continuerà sulla via del nucleare. Secondo il Premier infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. È un destino ineluttabile ....» E ancora: «la moratoria serve per avere il tempo necessario affinché la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare. (....). quanto accaduto in Giappone »ha spaventato ulteriormente i cittadini italiani e se fossimo andati oggi al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni«»;
la ripresa del nucleare come è nelle intenzioni esplicite del governo dirotterà inevitabilmente risorse finanziarie per la ripresa del nucleare nel nostro Paese;
lo stesso ministro dell'Economia e delle finanze ha avuto modo di ricordare i costi legati a questa scelta energetica. Costi che si cerca di nascondere ma che sono evidenti. Oltre a quelli di avvio vi sono infatti i costi elevatissimi legati al decommissioning;
si rammenta infatti che solo qualche settimana fa il ministro dell'Economia ammetteva in maniera esplicita gli elevatissimi costi legati al nucleare, finora volutamente ignorati dal Governo, coniando il concetto di «debito nucleare», secondo il quale i costi per il decommissioning, cioè quelli derivanti dalla chiusura di una centrale nucleare, ridurrebbero il PIL del Paese e comunque ne aumenterebbero sensibilmente il debito;
tutte risorse che sarebbe invece fondamentale dirottare per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative, per la crescita della filiera italiana delle rinnovabili e per la ricerca e l'innovazione in questo ambito;
in conseguenza degli elevatissimi costi a carico delle casse pubbliche (finanziamenti e sovvenzioni), la scelta nucleare ostacola infatti il perseguimento degli obiettivi di diffusione delle fonti rinnovabili, innovazione tecnologica ed efficienza energetica: l'Agenzia internazionale per l'energia ha calcolato che dal 1992 al 2005 nei Paesi OCSE il nucleare da fissione ha usufruito del 46 per cento degli investimenti in ricerca e sviluppo, quello da fusione del 12 per cento, mentre alle rinnovabili è stato destinato l'11 per cento;
i costi del kwh nucleare imputabili all'investimento, all'esercizio e alla manutenzione sono superiori a qualunque altra fonte di produzione di energia. Il presunto basso costo del kWh da nucleare è infatti quasi esclusivamente dovuto in tutto il mondo dall'intervento dello Stato nella chiusura del ciclo del combustibile nucleare (costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali);
senza sufficienti risorse, e con l'intenzione del governo di riprendere appena possibile la politica nucleare, molto difficilmente si potranno raggiungere gli obiettivi che l'Unione europea ci impone;
ricordiamo che con il cosiddetto «Pacchetto energia-clima» approvato nel 2008, l'Unione europea, e quindi conseguentemente anche il nostro Paese, si è impegnata a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra, e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili. L'obiettivo che la UE ha posto all'Italia, è quello di coprire entro il 2020 con le fonti energetiche rinnovabili il 17 per cento dei consumi energetici nazionali;
il Governo non ha finora intrapreso alcuna politica industriale e fiscale efficace finalizzata al rispetto dei suddetti impegni presi in ambito europeo,

impegna il Governo:

a chiudere definitivamente la parentesi fallimentare del rilancio del nucleare, puntando a una politica energetica realmente sostenibile, attraverso adeguati stanziamenti pluriennali indispensabili a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra, e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, pena il pagamento di consistenti multe per il mancato rispetto dei medesimi obiettivi europei,
a mettere in campo in tempi brevi politiche fiscali a favore del settore dell'efficienza energetica, delle energie rinnovabili e delle nuove tecnologie, per contribuire a creare opportunità per l'innovazione tecnologica e produttiva e per nuova occupazione qualificata.
9/4307/199. Barbato, Cimadoro, Piffari, Evangelisti, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento al nostro esame, reca misure finalizzate a potenziare le funzioni di tutela dell'area archeologica di Pompei, mediante l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi e, a tal fine, si dispongono le modalità per l'adozione e le misure necessarie per la sua attuazione;
in particolare, i commi 5-7, dettano disposizioni speciali per l'affidamento di lavori, servizi e forniture, nonché per le sponsorizzazioni, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei;
in pratica si tratta di disposizioni speciali volte ad accelerare la realizzazione del programma straordinario di interventi per la tutela dell'area archeologica di Pompei, nonché per favorire le relative sponsorizzazioni;
inoltre, il comma 5, prevede deroghe alla normativa sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture al fine dell'attuazione del programma straordinario e urgente succitato;
si prevede altresì la possibilità di effettuare interventi previsti dal programma straordinario ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche, i quali, tra l'altro, possono essere realizzati, in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione e il Comune territorialmente competente;
è senz'altro necessario che siano implementate le garanzie di correttezza e legalità nella concessione degli appalti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che in relazione agli interventi che possono essere eventualmente realizzati in deroga agli strumenti urbanistici vigenti sia comunque garantita l'intesa delle Regioni e dei Comuni interessati.
9/4307/200. Di Giuseppe, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
per la costruzione di nuove centrali nucleari i siti papabili erano stati individuati secondo alcune organizzazioni ambientalistiche nelle seguenti località: Montalto di Castro (Viterbo), già candidata a ospitare una centrale nucleare prima che l'Italia dicesse addio all'energia dell'atomo, Borgo Sabotino (Latina), Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Oristano, Palma (Agrigento ) e Monfalcone (Gorizia);
il decreto legislativo n. 41 del 23 marzo 2011 contiene modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, recante disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché benefici economici e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
l'intento del Governo era quello - a suo dire - di semplificare e rendere più chiare le procedure di valutazione (con particolare riferimento alla Valutazione Ambientale Strategica - VAS) e di autorizzazione dei nuovi impianti nucleari, nel rispetto della disciplina ambientale e dell'assetto dei poteri interni, e ridurre i tempi di costruzione e di dare più flessibilità al procedimento di localizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;
il provvedimento citato, inoltre, recependo quanto statuito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 33/2011), prevede la necessità di acquisire il parere (obbligatorio ma non vincolante) della Regione interessata in ordine al rilascio dell'autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto nucleare;
l'autorizzazione unica degli impianti nucleari verrebbe rilasciata previa «acquisizione del parere della Regione sul cui territorio insiste l'impianto e dell'intesa con la Conferenza unificata». «Il parere della Regione - prosegue il correttivo - di carattere obbligatorio e non vincolante, sarà espresso entro il termine di novanta giorni dalla richiesta, decorso il quale si prescinde dalla sua acquisizione e si procede a demandare la questione alla Conferenza unificata»;
secondo il decreto legislativo n. 41 del 2011, entro 3 mesi dall'approvazione da parte del Consiglio dei ministri dei criteri tecnici per l'individuazione di aree idonee ad ospitare il Parco tecnologico e l'annesso deposito scorie, Sogin definisce una proposta di Carta nazionale delle potenziali aree, proponendone anche un ordine di idoneità. Contestualmente Sogin presenta un progetto preliminare per la realizzazione del Parco stesso;
con la sentenza n. 165 del 9 maggio 2011, la Consulta ha bocciato una parte del decreto legge 8 luglio 2010, n. 105, sulle misure urgenti in materia di energia, essenziale per il ritorno al nucleare. Accogliendo i ricorsi promossi da Toscana, Puglia e Provincia di Trento, la Corte ha stabilito che per la trasmissione, la distribuzione e la produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale il Governo debba obbligatoriamente trovare l'intesa con le Regioni, senza poter far ricorso a poteri sostitutivi;
ma nessuna comunità locale accetta di sacrificare il proprio territorio per ospitare i rifiuti nucleari. La Sardegna, la Puglia, la Basilicata sono i recenti casi italiani di forti proteste antinucleari (2003);
secondo una mappatura di Greenpeace sono 23 i siti italiani in cui attualmente sono stoccate e per la maggior si tratta di rifiuti ancora all'interno di ex impianti. ormai disattivati e posizionati vicino all'acqua;
stazionano sulla penisola 100 mila metri cubi di spazzatura radioattiva, con tempi di decadimento che vanno da qual che mese o anno (i rifiuti della medicina nucleare) a centinaia di migliaia di anni (il plutonio). Mettere in sicurezza il nucleare del passato ci costerà almeno 4,5 miliardi di euro, in parte prelevati dalle bollette (alla voce A2), che la società incaricata Sogin sta spendendo per smantellare le centrali e neutralizzare i rifiuti. Il tutto dovrebbe essere terminato entro il 2020, anno in cui gli impianti francesi e britannici cominceranno a restituirci ben impacchettate le scorie derivanti dal riprocessamento del combustibile esaurito;
le scorie nucleari non possono essere distrutte e l'unica soluzione, per il momento, sembra essere lo stoccaggio per migliaia di anni in depositi geologici o ingegneristici. Sono necessari anni di studi e grandi investimenti per l'individuazione delle soluzioni di stoccaggio per centinaia di migliaia di anni;
in Italia sono decine i siti pieni di scorie: centrali chiuse dal referendum, centri di ricerca, depositi. A proporre la mappa dei siti di scorie è il settimanale L'Espresso del 22 aprile 2011. L'inventario radioattivo nazionale conta anche alcune «piscine», dove stanno a mollo le barre di combustibile irraggiato (e ancora fortemente radioattivo) estratte dai vecchi reattori, in attesa di prendere la via del riprocessamento a La Hague (Francia) o a Sellafield (GB);
nella mappa del «nucleare reale» a guidare la classifica di pericolosità riportata dal settimanale citato, troviamo Saluggia, un piccolo centro in provincia di Vercelli che ospita l'impianto Eurex e il deposito Avogadro. Il primo, realizzato nel 1965, serviva per il riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca, poi trasformato in deposito di rifiuti radioattivi. Avogadro, invece, è uno dei primi reattori di ricerca italiani, costruito dalla Fiat negli anni Cinquanta e successivamente trasformato in deposito;
nella classifica di pericolosità segue il Centro Itrec di Trisaia, a Rotondella (Matera). Costruito a fine anni Sessanta come impianto di trattamento del combustibile del ciclo Uranio-Tono, oggi deve vedersela con 64 barre ad alta radioattività provenienti dalla centrale statunitense di Elk River. Sono immerse dagli anni Sessanta in una piscina e non sono mai più ripartite alla volta dell'America, che di fatto non le rivuole indietro;
trecento chilometri più a nord di Rotondella c'è Sessa Aurunca (Caserta), nella piana alluvionale del fiume Garigliano, in zona sismica, è stata costruita una centrale nucleare, entrata in funzione nel 1964 e spenta nel 1978 a causa di un guasto tecnico. Ripulire la centrale riportandola a «prato verde», come dicono gli operatori, dovrebbe avvenire non oltre il 2019;
a Nord di Roma si trova il centro Enea della Casaccia, dalle parti di Anguillara Sabazia. È lì che è nata la ricerca sulle applicazioni del nucleare in Italia, alla fine degli anni Cinquanta. Nei 90 ettari in cui si estende il centro qualche resto di nucleare c'è ancora. I due reattori sperimentali, per esempio, il Triga e il Tapiro, non hanno mai smesso di funzionare. Insieme al Triga-2 del centro Lena dell'università di Pavia, i reattori della Casaccia compiono sia studi medici sia indagini su materiali come la datazione di reperti, o ancora caratterizzazione di alimenti o studi pilota sul futuro delle tecnologie nucleari;
il viaggio nel nucleare italiano torna a Nord nelle centrali di Trino Vercellese e Caorso (Piacenza), in fase avanzata di smantellamento. Le ultime 47 barre di combustibile ancora presenti dovrebbero partire da Trino fra non molto, mentre la maggior parte degli edifici e la torre di raffreddamento sono già stati demoliti e stoccati come rifiuti. Anche a Caorso rimane da trattare il reattore (senza combustibile, già asportato) e una ragguardevole quantità di rifiuti frutto dello smantellamento delle strutture principali dell'impianto;
il trasporto di scorie e di materiale nucleare è uno degli aspetti più critici della questione «sicurezza». Durante il trasporto sussiste il rischio di incidenti e di attentati terroristici. In Francia, i treni speciali adibiti al trasporto di scorie nucleari sono scortati da autoblindo e da poliziotti a cavallo. L'itinerario del treno cambia in continuazione all'insaputa delle popolazioni residenti nei pressi delle ferrovie,

impegna il Governo

a rispettare a pieno le sentenze della Corte costituzionale citate e a ottenere preventivamente ed obbligatoriamente il consenso degli enti territoriali interessati alla localizzazione del sito nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari.
9/4307/201. Messina, Paladini, Piffari, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
vari studi - raccolti dai Verdi italiani - dimostrano la pericolosità delle centrali nucleari durante il loro funzionamento normale, studi che sono stati sistematicamente osteggiati dall'industria atomica;
le centrali elettronucleari sono a oggi 441 nel mondo, alle quali corrisponde il 13 per cento della produzione elettrica totale. Innanzitutto distinguiamo tra funzionamento in condizioni normali e problematiche radioattive relative agli incidenti. Il primo problema è costituito dal trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il normale funzionamento delle centrali), idrogeno a massa pesante, tre volte di più dell'idrogeno normale. Questo gas si forma di norma negli strati alti dell'atmosfera per azione dei raggi cosmici sull'azoto e sull'ossigeno; una parte contribuisce a determinare il fondo radioattivo naturale. La maggior parte del trizio presente sul nostro pianeta è di tipo antropico. Cioè prodotto dalle attività umane. Negli ultimi anni la quantità di trizio è aumentata enormemente. Esso è definito un tossico di classe quarta dalla legge. In una centrale si produce un atomo di trizio ogni 10mila fissioni al secondo. Il trizio viene assorbito sia per ingestione, perché entra nella composizione degli alimenti, nonché sotto forma di acqua triziata, che per inalazione;
il destino di molti bambini che hanno vissuto nei pressi delle centrali atomiche si giocherebbe ancora quando sono in utero. Uno studio fatto in Romania mostra la quantità di trizio trovato nel latte. E la catena alimentare, peraltro, è caratterizzata dall'imprevedibilità dell'assorbimento. La distanza dalle centrali condizionerebbe la quantità di trizio assorbito; vi sono studi pubblicati che tuttavia evidenziano come quantità di trizio non trascurabile possano ancor essere significative a distanze di centinaia di chilometri dall'impianto nucleare. Il trizio cade sotto forma di vapore acqueo, e ha una grande importanza nella formazione delle piogge acide. Il trizio e il carbonio 14 vengono eliminati in situazione di normale funzionamento dai camini dove vengono trasportati nella troposfera, sono fortemente solubili, interferendo con l'uomo. Il trizio si concentra nel sangue e rimane nell'uomo, nella matrice organica in cui si è coniugato e vi persiste praticamente per tantissimo tempo a seconda della costituzione fisico-chimica dei diversi tessuti e del tipo di radio nuclide;
oltre al trizio altre sostanze radioattive sono prodotte dalle centrali. Il cesio (che ha un tempo di dimezzamento di 30 anni), lo stronzio 90 (28), lo iodio 131 (di 8 giorni ma con variabilità enorme, influenzato dall'età e dalle caratteristiche della persona) e il plutonio, che è un inevitabile prodotto delle centrali (25mila anni) ed è anche altamente tossico (la dose letale si stima in un milionesimo di grammo) e il carbonio 14 (5.700 anni). Nei reattori delle centrali con le reazioni fissili, infatti, si forma anche il plutonio. Se malato, anche in sola frazione di milligrammo, è letale per una persona. Anche lo iodio viene assorbito nella catena alimentare. La tiroide dei bambini è talmente «golosa» di iodio che l'assorbimento è velocissimo. In uno studio di qualche anno fa (dati Cnr sugli effetti di Chernobyl) si vede che dal 1987 in poi c'è un aumento lineare negli adulti e, dato su cui riflettere, ce n'è uno molto più importante, da un punto di vista dell'incidenza del cancro alla tiroide, nei bambini. Negli adolescenti si è avuto un assorbimento a linearità intermedia;
quando evidenziata, la patologia si trova in uno stadio molto più avanzato e si presenta con metastasi linfonodali e polmonari con una frequenza molto superiore alla media; questi tumori sono molto più aggressivi. Un'altra patologia studiata sempre a Chernobyl è la cardiomiopatia da cesio, che ha generato infarti senza fenomeni infiammatori (gli studi sono quelli del dottor Yuri Bandazhevskij). L'Oms ha sempre ammesso che Chernobyl ha prodotto 4.000 vittime. Eugenia Stepanova, una ricercatrice del centro scientifico del governo ucraino dice: «Siamo pieni di casi di cancro della tiroide, mutazioni genetiche che non sono state registrate nei dati che erano sconosciuti venti anni fa». E ancora il vicecapo della commissione di valutazione per la radioprotezione: «Abbiamo studi che dimostrano come 34.499 persone, di quelle che partecipavano alla ripulitura, sono morte di cancro». Il tasso di mortalità è aumentato del 30 per cento. Queste informazioni sono state ignorate dall'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ente nato sostanzialmente per la promozione del nucleare civile nel 1957 cui aderiscono 137 Paesi. Aiea ha una peculiarità che pochi conoscono: ad essa, in tema di nucleare, deve rendere conto la stessa Oms;
attorno al deposito di scorie situato ad Asse, in Bassa Sassonia (Germania), si è verificato un aumento dei casi di leucemia fra gli uomini, e di cancro alla tiroide fra le donne. Nell'ex miniera di salgemma di Asse durante gli Anni 60 e 70 furono sepolti 126.000 fusti di scorie nucleari, al 90 per cento provenienti da centrali atomiche. Il sito era ritenuto sicuro per un tempo indefinito ma molto, molto lungo. Negli ultimi anni tuttavia l'ex miniera è diventata instabile. Si sono verificate infiltrazioni d'acqua. Alcuni dei fusti che contengono le scorie si sono crepati, col risultato che l'acqua della miniera è radioattiva, e deve essere costantemente pompata verso gli strati più bassi. Soprattutto, è necessario spostare le scorie. Ora il Registro dei tumori ha pubblicato dati secondo i quali nella zona di Asse, fra il 2002 e il 2009, si sono verificati 12 casi di leucemia fra gli uomini: il doppio del numero statisticamente atteso. I casi di cancro alla tiroide fra le donne sono stati addirittura il triplo di quelli statisticamente attesi;
uno studio ufficiale del governo Tedesco dalla Bundesamtes fur Strahlenschutz (BfS) l'Ufficio Federale per la Protezione dalle Radiazioni dimostra che il rischio del cancro sta aumentando per bambini che crescono nelle vicinanze di centrali nucleari. In particolare per la leucemia, un caso speciale di cancro. In Germania, tutti i casi di cancro nei bambini vengono registrati. Quindi, è stato possibile indagare sui casi di cancro dei bambini dal 1980 al 2003. Coinvolti nello studio di ricerca erano: 1.592 bambini d'età inferiore ai 5 anni che hanno preso la malattia, e 4.735 bambini in buona salute. Il risultato ha mostrato un rischio significativamente più alto di contrarre il cancro se i bambini abitavano nei pressi delle centrali. Secondo i normali valori statistici nazionali, ci sarebbero 48 casi di cancro e 17 casi di leucemia dentro il sopracitato raggio di 5 km intorno alle centrali nucleari. Sono stati riscontrati, invece, 77 casi di cancro (60 per cento più del previsto) e 37 casi di leucemia (117 per cento più del previsto). Alla Radio Svizzera, il responsabile dello studio, Professoressa Maria Blettner (Università di Mainz) ha affermato che: «Possiamo provare statisticamente che il rischio per i bambini di contrarre il cancro aumenta se crescono vicino ad una centrale nucleare. Non possiamo arrivare ad nessuna conclusioni per gli adulti - semplicemente perché lo studio è relativo solo ai bambini»;
lo studio condotto dal Department of Sanitary and Socio-Medical Sciences, Area of Preventive Medicine and Public Health, Biostatistics and Epidemiology Units, University of Alcalà, Madrid, Spain, sui pazienti ricoverati nell'ospedale di Guadalajara nel periodo 1988-99 scelti, in base alla distanza di residenza dalla centrale di Trillo, 10, 20, 30 km ha evidenziato che i rischi di contrarre un tumore correlato a un'esposizione radiologica ha un incremento lineare in relazione alla distanza di residenza dalla centrale;
lo studio dell'ICRF Cancer Epidemiology and Clinical Trials Unit, Gibson Laboratories, Radcliffe Infirmary, Oxford, UK, ha analizzato 11 cause di morte legate ad eventi cancerosi in tre gruppi di popolazione, differenziati in base all'età, tra il 1969 e il 1978 in generale all'interno delle analisi effettuate dal sistema sanitario britannico. Uno dei parametri della ricerca era la prossimità a 15 impianti nucleari delle due regioni ed è emerso che c'è un significativo incremento di mortalità nelle persone al di sotto dei 25 anni per leucemia, per leucemia linfoide e per la sindrome di Hodgkin's, fenomeni che non riguardavano il gruppo tra i 25 e i 64 anni;
tutti questi studi giungono a un'unica conclusione: il rischio di cancro si incrementa per i soggetti che vivono nelle vicinanze delle centrali atomiche e in presenza delle cosiddette «piccole dosi» di radiazioni rilasciate dalle centrali durante il loro normale funzionamento,

impegna il Governo

a commissionare uno studio sulle patologie riscontrate dalle popolazioni che hanno vissuto nei decenni scorsi nelle vicinanze delle centrali nucleari italiane ed a fornire in merito una dettagliata relazione al Parlamento.
9/4307/202. Paladini, Palagiano, Mura.

La Camera,
premesso che:
la riforma della Cassa depositi e prestiti, voluta dal ministro dell'Economia due anni fa, ha segnato un passaggio epocale, non solo per il ruolo che la Cassa attualmente svolge, ma per il nuovo ruolo che questo strumento può assumere nel moderno processo di infrastrutturazione del Paese;
la Cassa depositi e prestiti deve svolgere il suo ruolo nel modo più dinamico e flessibile, che gli viene appunto assegnato dalla riforma e che è oggetto delle modifiche del suo statuto;
si ritiene necessario, nel contempo, rafforzare l'efficacia della vigilanza da parte del Parlamento, sull'attività di Cassa depositi e prestiti S.p.A;

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative volte a rafforzare il ruolo della Commissione di Vigilanza in merito anche a:
a) efficienza del servizio e dell'attività della Cassa in relazione alle esigenze degli utenti, equilibrio delle gestioni e utilizzo dei fondi disponibili;
b) programmazione dell'attività della Cassa e risultati gestionali;
c) coerenza del sistema con le linee di sviluppo dell'attività di indirizzo politico, economico e amministrativo generale.
9/4307/203. Franzoso.

La Camera,
premesso che:
la legge n.420 del 1o dicembre 1997 ha istituito presso il Ministero per i beni culturali e ambientali la Consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali;
tali comitati hanno il compito di promuovere e realizzare eventi e manifestazioni che ricordino i grandi protagonisti ed avvenimenti della storia e della cultura italiana, finalizzata alla individuazione delle celebrazioni o delle manifestazioni culturali di particolare rilevanza;
in dieci anni, dal 1998 al 2008, sono stati quasi 200 i Comitati Nazionali promossi dal Ministero per i beni culturali e ambientali e volti alla celebrazione di momenti o personaggi dell'arte, della storia, della scienza, della letteratura in Italia;
tuttavia sono sempre più numerose le richieste dei comitati già operanti che non vengono accolte per l'esiguità dei fondi stanziati nel capitolo del ministero relativo, cui si aggiungono le richiesti di finanziamenti da parte di comitati recentemente riconosciuti;
si tratta di commemorazioni importanti che rischiano di non essere celebrate proprio nell'anno del 150o anniversario dell'unità d'Italia,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di stanziare risorse aggiuntive volte a garantire il funzionamento dei comitati nazionali per le celebrazioni e la manifestazioni culturali istituiti dal Ministero per i beni culturali e ambientali.
9/4307/204. Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Lusetti.

La Camera,
premesso che:
l'Italia vanta un ineguagliabile patrimonio artistico e culturale che necessita tuttavia di una cura e una manutenzione proporzionate alla sua bellezza ed importanza;
il crollo della casa dei gladiatori a Pompei ha riproposto il problema della tutela dei beni culturali in Italia ma è solo l'emblema di una situazione emergenziale che necessita di una particolare attenzione e di interventi generalizzati su tutto il territorio nazionale;
molte di queste emergenze ed esigenze istituzionali segnalate dalle Soprintendenze, sono dovute alla carenza di organico che senza un intervento adeguato rischia di paralizzare l'intero sistema della tutela dei beni culturali italiani;

impegna il Governo

ad attivarsi nel senso indicato nella premessa, valutando l'opportunità di un immediato scorrimento delle graduatorie degli idonei del concorso bandito in data 14 luglio 2008 dal Ministero per i beni e le Attività Culturali - Ufficio Concorsi del MIBAC così da inserire progressivamente nuovo personale, severamente selezionato mediante concorso pubblico.
9/4307/205. Enzo Carra, Poli, Capitanio Santolini, Lusetti.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 2 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, autorizza la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei ad avvalersi, per l'attuazione del programma di interventi conservativi urgenti nell'area di Pompei previsto dal comma 1, della società ALES, società per azioni interamente partecipata dallo Stato Arte Lavoro e Servizi s.p.a. (ALES), mediante la stipula di apposita convenzione;
la società Arte Lavoro e Servizi (Ales SpA) è stata costituita nel dicembre 1998, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 196 del 1997 (pacchetto Treu), al fine di consentire la stabilizzazione di personale impiegato in attività socialmente utili presso il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ed ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di conservazione del patrimonio culturale;
si tratta, tuttavia, di lavori di specializzazione in un campo particolarmente complesso, quello archeologico, artistico, culturale che non si possono fare in maniera improvvisata o superficiale,

impegna il Governo

ad introdurre incentivi per corsi di formazione finalizzati al rafforzamento delle competenze professionali di questi lavoratori.
9/4307/206. Lusetti, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Poli.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 1, comma 4, prevede che si provvederà al reintegro delle somme stanziate per la cultura mediante l'aumento dell'aliquota delle accise della benzina e della benzina su piombo;
si introduce una tassa sulla benzina che pagheranno tutti e che pagheranno maggiormente coloro che avranno un maggiore consumo di benzina per questioni di lavoro, di necessità e per questioni legate alle attività personali e imprenditoriali;
in tal modo si aggrava ulteriormente la spesa delle famiglie e si crea la base per un rincaro dei prezzi dei beni trasportati, che si traduce in un'impennata dell'inflazione;
con questa stessa norma da una parte si abroga la disposizione che prevedeva l'euro introdotto come «tassa sullo spettacolo» per affrontare le spese dei beni culturali - perché aveva suscitato una serie di reazioni molto forti da tutti gli addetti del settore che avevano denunciato i pericoli di una misura del genere - e dall'altra si aumenta l'accise sulla benzina aumentando in qualche modo le tasse e la spesa degli italiani,

impegna il Governo

a prevedere un'efficace forma di monitoraggio dell'andamento dei prezzi praticati dalla compagnie petrolifere, al fine di evitare eventuali speculazioni dovute all'aumento del costo del barile.
9/4307/207. Capitanio Santolini, Enzo Carra, Lusetti, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame prevede la non prosecuzione del piano di attuazione per la realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare sul territorio nazionale ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 25 della legge n.99 del 2009;
la sospensione viene disposta al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello comunitario;
negli ultimi anni il Governo ha fortemente considerato lo sviluppo di energia prodotta da fonte nucleare come strumento prioritario per recuperare il gap che il nostro paese vanta rispetto alla media dei paesi europei per ciò che concerne le fonti di approvvigionamento energetico;
nell'ultimo varo della «Strategia energetica nazionale», tra le priorità indicate per il breve ed il lungo periodo nell'ottica del miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e dello sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo priorità è stata assegnata alla promozione e realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare;
in considerazione della decisione di sospendere il piano di realizzazione di impianti nucleari, è necessaria la fissazione di nuovi obiettivi programmatici in politica energetica al fine dell'introduzione di un sistema di approvvigionamento energetico quanto più efficiente e virtuoso possibile,

impegna il Governo

a comunicare entro breve tempo alle Camere, alla luce delle recenti disposizioni introdotte in materia di energia nucleare, la Nuova Strategica Energetica nazionale in cui individuare quali siano le fonti di approvvigionamento su cui farà riferimento in futuro il Paese nel processo di sviluppo energetico.
9/4307/208. Dionisi, Libè, Mondello, Anna Teresa Formisano, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame prevede la sospensione delle norme introdotte in materia di progettazione e realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare sul territorio nazionale, disponendo di fatto una moratoria che ferma il processo, già avviato, di individuazione e realizzazione degli impianti;
il Governo ha giustificato la sospensione disposta con la necessità di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza degli impianti, anche a seguito delle conseguente sui sistemi di produzione nucleare avvenuti in Giappone dopo il catastrofico terremoto di qualche mese fa, rimandando ogni decisione in materia ad un globale accordo a livello comunitario tra gli stati dell'Unione Europea,

impegna il Governo

a destinare adeguate risorse finanziarie al settore della ricerca e agli organismi che operano nel settore della sperimentazione in campo di costruzione di impianti nucleari al fine di ottemperare alla finalità della moratoria introdotta.
9/4307/209. Mereu, Libè, Dionisi, Mondello, Anna Teresa Formisano, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame prevede la sospensione delle norme introdotte in materia di progettazione e realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare sul territorio nazionale, disponendo di fatto una moratoria che ferma il processo, già avviato, di individuazione e realizzazione degli impianti;
il Governo ha giustificato la sospensione disposta con la necessità di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza degli impianti, anche a seguito delle conseguente sui sistemi di produzione nucleare avvenuti in Giappone dopo il catastrofico terremoto di qualche mese fa, rimandando ogni decisione in materia ad un globale accordo a livello comunitario tra gli stati dell'Unione Europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare adeguate risorse finanziarie, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, al settore della ricerca e agli organismi che operano nel settore della sperimentazione in campo di costruzione di impianti nucleari al fine di ottemperare alla finalità della moratoria introdotta.
9/4307/209. (Testo modificato nel corso della seduta) Mereu, Libè, Dionisi, Mondello, Anna Teresa Formisano, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
nonostante le difficoltà connesse al dover operare in un sistema duopolistico, le emittenti locali sono riuscite nel tempo ad assicurare il pluralismo dell'informazione in Italia;
con l'unanime riconoscimento dell'importante ruolo svolto dall'emittenza radiotelevisiva locale, sono state, nel corso degli anni, individuate anche adeguate misure di sostegno che, tuttavia, non sono mai arrivate a regime: in particolare, a seguito dei tagli delle recenti manovre economiche, le risorse assegnate sono state ridotte per il 2011 a 95 milioni e, per gli anni a decorrere dal 2013, a 105 milioni;
la crisi economica, inoltre, ha fortemente ridimensionato i ricavi pubblicitari, sia degli inserzionisti locali, sia di quelli nazionali;
le difficoltà quindi permangono se si considera che con lo stanziamento 2009 (150 milioni), le TV locali riuscivano appena a chiudere i bilanci in pareggio e con quello previsto per il 2010 (140 milioni) la gran parte delle tv locali chiuderà in perdita;
il passaggio al digitale sta fortemente penalizzando le emittenti locali in quanto soggetti deboli del sistema, con sempre meno risorse da investire in produzione e acquisto di programmi;
il calo registrato negli ascolti (fino al 113 per cento di quelli precedenti) determina, come immediata conseguenza, quello dei ricavi pubblicitari;
la chiusura delle TV locali comporterebbe gravissime conseguenze per l'occupazione, poiché ai 5.000 posti di lavoro direttamente assicurati dalle TV locali, ed agli ulteriori 5.000 dell'indotto, si potrebbero aggiungere molti posti di lavoro delle PMI del Paese (che rappresentano il 70,8 per cento del valore aggiunto totale della nostra economia), che perderebbero il mezzo attraverso il quale farsi conoscere dai cittadini e stimolare il consumo dei loro prodotti;
con l'interruzione del servizio fornito dalle emittenti locali il Paese perderebbe la pluralità di soggetti che assicura il pluralismo dell'informazione, e perderebbe, quindi, lo strumento prezioso con il quale garantire la tutela delle specialità culturali ed identitarie delle regioni e dei territori;

impegna il Governo

ad adottare iniziative in tempi rapidi volte ad individuare concrete misure di sostegno in favore dell'emittenza locale, riprestando i tagli subiti dallo stanziamento iniziale, al fine di consentirne la sopravvivenza delle emittenti locali e, con essa, sostenere lo sviluppo economico delle PMI, il pluralismo, la tutela delle identità culturali dei territori.
9/4307/210. Ciccanti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, prevedeva, fino al 31 marzo 2011, il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
l'articolo 3 del provvedimento, oltre a prorogare il divieto fino al 31 dicembre 2012, ridefinisce l'ambito di applicazione dello stesso divieto, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, hanno conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore;
la norma inoltre introduce una deroga al divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;

impegna il Governo

a verificare, prima della nuova scadenza, se, dopo attenta valutazione e al fine di garantire la stabilità ed i livelli occupazionali del settore, esistano le condizioni per prorogare ulteriormente il divieto di cui in premessa.
9/4307/211. Rao, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto per il triennio 2011-2013 un taglio lineare ai trasferimenti agli enti locali pari a 1.500 milioni di euro nel 2011 e a 2.500 milioni di euro a decorrere dal 2012
non è la prima volta che l'onere stabilito dalle manovre economiche, finalizzato alla correzione e contenimento dei conti pubblici, ricade così pesantemente a carico degli enti locali;
il taglio delle risorse unito ai vincoli del patto di stabilità metterà gli enti locali nell'impossibilità di procedere a spese in conto capitale e li costringerà ad una forte riduzione della spesa corrente;
i comuni sono da sempre la principale stazione appaltante ed uno dei principali volani della ripresa economica, senza dubbio rappresentato dalle opere pubbliche, ma in questa situazione per i comuni sarà difficile onorare gli impegni con le imprese appaltatrici di opere ed infrastrutture;
sul sito web della la Cassa depositi e prestiti si legge che «da 160 anni persegue una missione istituzionale: finanziare lo sviluppo del Paese. Porta avanti questa missione impiegando risorse a favore di investimenti pubblici, opere infrastrutturali destinate alla fornitura dei servizi pubblici, grandi opere di interesse nazionale, altri interventi di interesse pubblico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere gli enti locali che registrano difficoltà nell'effettuare i pagamenti riferibili a spese per opere ed infrastrutture pubbliche, attraverso la realizzazione di un fondo dedicato presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A. in grado di erogare stanziamenti da inserire nei bilanci di previsione degli enti richiedenti.
9/4307/212. Galletti, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 1 reca la copertura dell'onere conseguente all'aumento delle risorse del Fondo Unico dello Spettacolo e alle agevolazioni fiscali per il cinema;
per tale copertura si prevede l'aumento delle accise sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché sul gasolio usato come carburante;
i prezzi dei carburanti in Italia risultano superiori alla media europea ed i rincari stabiliti produrranno un ulteriore aggravio nei bilanci delle famiglie e delle imprese, già vessati da una incontrollata ascesa dei prezzi alla pompa registratisi nell'ultimo anno,

impegna il Governo

a verificare la possibilità, appena in grado, di modificare la tipologia di copertura utilizzata dal citato comma 4 dell'articolo 1, allo scopo di evitare un ulteriore aggravio della spesa delle famiglie e venire incontro alle esigenze manifestate in tal senso dalle imprese, soprattutto quelle medio-piccole.
9/4307/213. Compagnon, Ciccanti, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
il Festival Verdi, fondato a metà degli anni Ottanta, sospeso e poi reintrodotto in occasione delle Celebrazioni Nazionali del Centenario Verdiano, rappresenta uno dei principali festival italiani di musica lirica;
oltre ad opere liriche, il festival organizza anche concerti, recital e altri generi di spettacolo tra le città di Parma, Reggio Emilia, Fidenza, Fontanellato, Fontevivo, Torrechiara e Busseto;
oltre alla normale programmazione il Festival si sta preparando ad allestire e registrare in alta definizione l'intera opera verdiana entro il 2013, anno delle Celebrazioni Nazionali del Bicentenario Vercliano;
purtroppo senza un adeguato sostegno finanziario il progetto rischia di naufragare e tale evenienza rappresenterebbe una grave perdita per la città di Parma e per tutto il territorio, oltre che per il Paese,

impegna il Governo

a reperire, anche nell'ambito dello stanziamento per il Fondo Unico dello Spettacolo, risorse adeguate a consentire al Festival Verdi di organizzare gli eventi previsti dalle celebrazioni del Bicentenario.
9/4307/214. Libè.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge in esame contiene misure finalizzate a potenziare le funzioni di tutela dell'area archeologica di Napoli e Pompei, attraverso l'adozione di un programma straordinario di interventi, predisposto dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei ed adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali;
la Campania registra anche la presenza del sito dei Campi Flegrei, che è tra i più importanti del mondo per concentrazione di patrimonio archeologico;
purtroppo la bellezza culturale e paesaggistica dei Campi Flegrei è inversamente proporzionale rispetto al livello di manutenzione, preservazione e presentazione al pubblico di tale stupefacente patrimonio, che nella quasi totalità dei casi - dal Sacello degli Augustali all'acropoli di Pozzuoli e alla necropoli di Cuma - versa in stato di abbandono e degrado;
questo quadro spiega perché la richiesta da parte del comune di Pozzuoli per l'inserimento dei Campi Flegrei nell'elenco dei beni patrimonio dell'umanità dell'UNESCO non abbia avuto successo e perché, in una comunicazione ufficiale del 26 marzo 2009, il Ministero per i beni e le attività culturali affermava: «Il sito non dimostra di possedere tutti i requisiti richiesti dall'UNESCO (...) ed in particolare si fa riferimento al requisito dell'integrità e della autenticità, dell'eccellenza rispetto allo stato di conservazione del bene e della sua presentazione al pubblico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere provvedimenti anche in merito ai Campi Flegrei avviando, in collaborazione e in sinergia con gli enti locali interessati, un tavolo tecnico finalizzato a sviluppare in pieno le straordinarie potenzialità, sia in termini di pregio archeologico paesaggistico che in termini di sviluppo del turismo e quindi dell'economia locale, insite in quell'area;
a valutare l'opportunità di farsi parte attiva, per quanto di sua competenza, nei confronti degli enti locali interessati, al fine di promuovere e agevolare l'inserimento del territorio dei Campi Flegrei nella Lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.
9/4307/215. Cosenza.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure per l'intervento della Cassa Depositi e prestiti nei settori strategici dell'economia nazionale;
in esso si prevede che le partecipazioni in società di interesse nazionale possano essere acquisite dalla Cassa anche attraverso veicoli societari, fondi di investimento partecipati ed eventualmente da società private o controllate dalla Stato o enti pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di avvalersi dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) quale strumento utilizzabile nell'ambito dell'intervento della Cassa Depositi e prestiti spa nei settori rilevanti dell'economia nazionale, in particolare per quel che riguarda eventuali interventi in realtà produttive site nelle regioni meridionali.
9/4307/217. Marinello.

La Camera,
premesso che:
con la presente legge si determina una sospensione del programma nucleare italiano, con la decisione di non procedere alla definizione e attuazione dello stesso;
lo stop al programma nucleare italiano non prevede limiti temporali e, sebbene sia determinato «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto per l'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare», non fa alcun accenno al nucleare di quarta generazione;
risulta essere fondamentale, nello sviluppare un piano energetico nazionale, una diversificazione delle fonti di approvvigionamento, per evitare una sostanziale dipendenza da una sola delle fonti e soprattutto per cogliere le occasioni che un costante sviluppo tecnologico può offrire nei vari settori della produzione energetica;
il Governo, nelle scorse settimane, ha annunciato che procederà, nei prossimi mesi, ad indire una conferenza tra i soggetti interessati per sviluppare un nuovo piano energetico nazionale,

impegna il Governo:

a rendere definitiva la sospensione di cui in premessa, relativamente alla sola fissione nucleare, determinando il sostanziale abbandono del programma di costruzione di reattori sul territorio nazionale;
a reperire i fondi ulteriori da destinare alle energie rinnovabili, rimodulando al contempo la destinazione dei fondi CIP6, anche al fine di recuperare la corretta distribuzione degli stessi, oggi impropriamente assorbiti dalle energie cosiddette «assimilate»;
a creare un fondo da destinare alla ricerca scientifica sulle nuove tecnologie nucleari (quarta generazione e fusione), indirizzando l'approvvigionamento energetico da tale fonte verso prospettive di sicurezza e sostenibilità ambientale;
a dare un ruolo primario all'Italia nei programmi di produzione dell'energia del futuro, compiendo ogni sforzo per porla in una posizione di avanguardia geopolitica piuttosto che di retroguardia tecnologica attraverso l'uso di energie che hanno contrassegnato lo scorso secolo.
9/4307/218. Rampelli, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
le emittenti televisive locali sono un presidio fondamentale per la garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale ed impiegano oltre 20.000 addetti;
le tv locali, considerata la copertura capillare su tutto il territorio nazionale, sono a pieno titolo soggetto di servizio pubblico e potrebbero rivestire un ruolo altrettanto determinante per colmare il digital divide anche attraverso il pieno e completo riconoscimento della loro prerogativa a svolgere il ruolo di operatore di rete in tecnica digitale in ambito locale consentendogli di concedere la capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale e locale;
le concessionarie televisive sono impegnate nella conversione alla tecnica trasmissiva digitale terrestre con ingenti oneri finanziari aggravati dalla congiuntura economica e dalla recente diminuzione delle provvidenze previste dalla legge n. 448/98;
la quantificazione delle misure economiche di natura compensativa, di cui al comma 9 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 (legge di stabilità 2011) destinate alle tv locali che eserciscono le frequenze che dovranno essere rese disponibili a favore degli operatori dei servizi mobili in larga banda da giugno 2012, non sembra essere proporzionata agli introiti derivanti dalla gara di cui al comma 8 della medesima legge,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire un congruo compenso per la cessione delle risorse frequenziali.
9/4307/219. Caparini, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame detta norme in materia di energia nucleare e, in particolare, in tema di localizzazione e realizzazione degli impianti sia di produzione che di smaltimento di rifiuti radioattivi;
in particolare l'articolo 5 dispone in materia di sicurezza degli impianti nucleari; attraverso la direttiva 2009/71/Euratom viene istituito un quadro comunitario per assicurare la sicurezza nucleare nei paesi della Comunità;
risultano responsabili le scelte del Governo di una moratoria sul nucleare - perfettamente in linea con le decisioni adottate in sede europea - essendo necessari ulteriori approfondimenti tecnici per le procedure della localizzazione e realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare di cui al decreto legislativo n. 31 del 2010,

impegna il Governo

a monitorare costantemente in contemporanea con gli approfondimenti esposti in premessa lo stato di sicurezza delle centrali nucleari dei Paesi confinanti con l'Italia.
9/4307/220. Nastri.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 si autorizza l'adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, si dispongono alcune misure ritenute necessarie per la sua attuazione;
in particolare con il comma 6 si dispone la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi del programma ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche e la possibilità di realizzarli anche in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione ed il comune territorialmente competente;
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, TU in materia di espropriazione per pubblica utilità;
per quel che riguarda la prevista deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica, la disposizione, per l'ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica,

impegna il Governo

a chiarire l'ambito di applicazione della norma e a ricorrere alla dichiarazione di pubblica utilità per la procedura di esproprio solo qualora questo sia giustificato da motivi di interesse generale.
9/4307/221. Narducci, Lo Moro, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
l'11 dicembre 2009 ha avuto luogo anche nel territorio della provincia di Benevento il passaggio dalla televisione tradizionale alla televisione digitale terrestre;
immediatamente si sono registrati in tutta la Campania numerosi e diffusi problemi circa la cattiva o mancata ricezione di molti canali televisivi, compresi quelli della rete RAI;
il passaggio ad una nuova tecnologia, come evidente, ha comportato fisiologici problemi che col trascorrere del tempo sono man mano diminuiti;
ancora oggi però, ad oltre un anno dallo switch-off, continuano a pervenire da parte di alcuni amministratori locali e di numerosi cittadini della provincia di Benevento diverse segnalazioni di cattiva o mancata ricezione di numerosi canali televisivi, compresi alcuni facenti riferimento alla rete RAI;
come evidente, l'intera popolazione provinciale si è chiaramente dotata di tutte le apparecchiature necessarie a ricevere il segnale digitale;
i problemi sopra citati sono in particolare riscontrati da quei cittadini che vivono in territori ubicati in particolari e difficili posizioni geografiche e morfologiche, come il «Fortore» e la «Valle del Tammaro»;
anche nelle aree più centrali del territorio beneventano, inoltre, permangono problemi relativi alla stabilità, durante l'intero arco della giornata, del segnale televisivo anche di canali RAI,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere con una operazione di monitoraggio delle problematicità evidenziate al fine di garantire, mediante appositi interventi, a tutti i cittadini della provincia di Benevento una completa fruizione del servizio televisivo.
9/4307/222. Boffa.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito alla possibilità di produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo del documento unico di regolarità contributiva (durc) per i contratti pubblici di modesto importo - 301670

ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il documento unico di regolarità contributiva (durc) è nato con il decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito con modificazioni dalla legge 22 novembre 2002, n. 266, recante «disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale», nell'ottica di incentivare l'emersione del lavoro sommerso;
il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, con la nota n. 13505 del 20 aprile 2009, confermando in via generale l'onere di esibire il documento unico di regolarità contributiva per le imprese che stipulano contratti di forniture e servizi con la pubblica amministrazione, ha avuto modo di chiarire che, qualora si tratti di forniture di modesto importo, le imprese possano produrre la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera p), del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, nell'ottica della semplificazione e dello snellimento degli oneri a carico delle imprese, chiedendo alle amministrazioni stesse di effettuare dei controlli periodici, anche a campione, sulla regolarità delle dichiarazioni sostitutive esibite -:
se si ritenga corretto che le pubbliche amministrazioni e le società cosiddette in house possano limitarsi a chiedere la dichiarazione sostitutiva per i contratti pubblici fino a 10.000 euro, alla luce della nota della Ragioneria generale dello Stato, di cui in premessa. (3-01670)

Iniziative dirette a fronteggiare l'incremento dei prezzi delle materie prime destinate all'alimentazione animale - 3-01669

DELFINO, NARO, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, OCCHIUTO, LIBÈ, CERA e MARCAZZAN. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati Istat relativi all'andamento del settore primario, dai quali risulterebbe una produzione agricola stagnante e zavorrata soprattutto dall'incremento dei costi di produzione, che solo nel mese di febbraio 2011 sarebbero saliti del 4,9 per cento rispetto al 2010;
a destare particolare preoccupazione sono i dati relativi al rincaro delle materie prime destinate all'alimentazione animale con un aumento di oltre il 19 per cento, e di oltre il 66 per cento per i mangimi a base di cruscami e orzo;
la situazione risulta particolarmente aggravata se si considera che tale onere, se così confermato, andrebbe ad aggiungersi alle già numerose difficoltà economiche che sta affrontando l'intero comparto agricolo nazionale;
la costante impennata dei costi di produzione, sostenuti dalle imprese agricole, sta influendo negativamente sullo sviluppo dell'intero settore primario, già notevolmente compromesso dalla chiusura registrata nel 2010 di circa 25 mila aziende agricole incapaci di far fronte agli oneri derivati dalla pressione costante della grave crisi economica in atto;
un'ulteriore penalizzazione per le aziende agricole, dove la spesa per l'alimentazione animale rappresenta una delle principali voci di spesa, sarebbe da attribuire al fatto che all'aumento dei costi di produzione non sarebbe conseguito un aumento proporzionale dei prezzi di vendita alla stalla -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di fronteggiare la costante volatilità dei prezzi relativi alle materie prime destinate all'alimentazione animale, che sta incidendo negativamente sull'intero comparto, già fortemente penalizzato dalla grave crisi economica. (3-01669)

Iniziative di competenza per la complessiva bonifica dell'area dei Regi Lagni in Campania - 3-01671

PORFIDIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'area dei Regi Lagni è un bacino di circa 1.095 chilometri quadrati tra le province di Napoli e Caserta. Si tratta di un vasto reticolo di canali rettilinei, perlopiù artificiali, il cui bacino si estende attraversando le province di Caserta, Napoli e Benevento e 99 comuni, per un numero di abitanti equivalenti (sia d'ambito civile che industriale) pari a circa 2.796.360;
classificati dal decreto legislativo n. 152 del 1999 come corpo idrico artificiale, i Regi Lagni raccolgono acque piovane e sorgive convogliandole dalla pianura a nord di Napoli per oltre 56 chilometri da Nola verso Acerra, Brusciano, Pomigliano d'Arco, Afragola e, quindi, al mare, tra la foce del Volturno ed il lago di Patria, estendendosi lungo 110 mila ettari pianeggianti dalle grandi qualità agrarie delimitati a nord-ovest dal litorale domizio e dal bacino del Volturno, a sud-est dall'area casertano-nolana e a sud-ovest dai Campi Flegrei;
i Regi Lagni sono frutto di un'opera di canalizzazione e bonifica avviata dal vice regno spagnolo nel 1610 per porre fine ad un problema che da secoli attanagliava la Campania Felix: le frequenti inondazioni del fiume Clanio che tormentavano le popolazioni locali e impedivano lo sviluppo urbanistico sin dall'epoca pre-romana;
lungo il canale principale dei Regi Lagni, oltre sessanta chilometri di percorso, ci sono centinaia di aziende zootecniche, impianti industriali, megastore commerciali e officine meccaniche;
producono mozzarella, conserve, detersivi, abbigliamento e il più delle volte immettono gli scarti di lavorazione direttamente nel canalone, saltando le griglie e le paratie. Ciò che arriva a mare, transitando per le vasche di depurazione, è una mistura incontrollata e velenosa, molto più pericolosa di quanto fosse in partenza, responsabile di un disastro ambientale di grandi proporzioni. Senza giri di parole i Regi Lagni sono oggi delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in collegamento con i pozzi utilizzati per irrigare i vicini campi, che convogliano a mare diventando una delle principali fonti di inquinamento del litorale Domitio;
l'immagine ricorrente del bufalotto gonfio, sulla spiaggia di Castelvolturno, vale più di cento analisi chimiche e batteriologiche. È arrivato lì, sul tratto di arenile compreso tra la foce dei Regi Lagni e la Cittadella, seguendo il corso delle acque luride, una sorta di bara liquida di animali improduttivi e di carcasse, di lattine di alluminio e bottiglie di plastica, di escrementi allo stato semi-solido e di veleni industriali. Attorno, centinaia di ettari di terreno, che un tempo era fertilissimo, e che oggi si stanno trasformando in masse tumorali vegetali che uccidono la vegetazione, le colture, i frutteti;
nell'area sono presenti diversi depuratori, ma sovrastati dal materiale di scarico non rendono da tempo il risultato voluto versando in uno stato di abbandono e divenendo essi stessi parte dell'immenso rifiuto industriale da smaltire -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica sovraesposta e quali iniziative di competenza intenda assumere per rimediare a tale stato di degrado in vista di un'opera di generale bonifica dell'area, opera che, oltre ad un risultato sul piano ambientale, paesaggistico e sanitario, potrebbe fare da volano per diverse aziende e contribuire ad innalzare il livello di occupazione locale, oggi ai suoi minimi storici. (3-01671)

Iniziative di competenza per garantire un'efficace tutela del patrimonio culturale e paesaggistico della città di Roma, con particolare riguardo ai danni prodotti dall'abusivismo edilizio - 3-01672

VERINI, MORASSUT, POMPILI, TOUADI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ARGENTIN, BACHELET, CARELLA, COSCIA, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, MADIA, META, RECCHIA e TOCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, la n. 3-00259 del 2008, si denunziava il pericolo di gravi ripercussioni sulla tutela del patrimonio artistico, archeologico, paesaggistico e architettonico della città di Roma, derivante dallo smantellamento dell'ufficio antiabusivismo del comune, ufficio nato con l'obiettivo di reprimere gli abusi edilizi;
da allora il comune di Roma non dispone più di uno strumento fondamentale che negli anni passati ha consentito di rilevare qualsiasi variazione, anche prospettica, realizzata sul territorio: l'ufficio lavorava in stretta sinergia con gli enti parco, la polizia municipale e la procura;
in occasione della discussione in Assemblea dell'interrogazione di cui sopra, l'allora Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Sandro Bondi, assumeva l'impegno di «monitorare con particolare attenzione il sistema dei beni culturali, paesaggistici, architettonici e archeologici della città di Roma» e riportava all'Assemblea le dichiarazioni che in proposito il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, gli aveva fatto pervenire: «la lotta all'abusivismo edilizio continuerà con più determinazione di quanto sinora sia stato fatto»;
nella risposta l'allora Ministro per i beni e le attività culturali riferiva anche della «determinazione nella lotta all'abusivismo a Roma evidenziata dall'assessore all'urbanistica, Marco Corsini, che, appunto, ha sottolineato come la lotta all'abusivismo a Roma non si ferma anzi si rafforza, ed il segnale è dato dall'istituzione di un ufficio di coordinamento operativo per la repressione dell'abusivismo edilizio che avrà un organico adeguato, per numero e qualità di tecnici e impiegati e risorse che verranno raddoppiate»;
il quotidiano la Repubblica ha pubblicato, il 9 aprile 2011, un articolo dal titolo «Tangenti per sanare gli abusi edilizi a Roma. Il supertestimone: ogni mattina arriva un uomo con le mazzette dai 5 ai 30 mila euro»;
nell'articolo si legge che: «all'interno dell'ufficio condono edilizio - dice il supertestimone - esiste un clan, una cupola composta da alcuni inamovibili funzionari comunali e da almeno sette dipendenti di Gemma. Gemma è la società pubblico/privata che ha gestito per conto del Campidoglio le pratiche del condono fino al giugno del 2010. Il potere di dare o rifiutare una concessione è tutto nelle mani del clan che quindi gestisce la tangente». E ancora: «il pagamento della tangente è solo metà dell'opera. Perché poi bisogna saper aggiustare la pratica. E qui si entra nel campo dell'arte. In generale il sistema migliore è quello delle pratiche in bianco, buono per tutti gli abusi. Negli ultimi giorni utili per presentare le domande, il dirigente G. si era inventato di »protocollare« alcune pratiche in bianco. Cioè dei fogli bianchi col timbro certificato del comune ai quali aggiungere successivamente i dettagli dell'abuso. In teoria si potrebbe costruire una villa in un parco domani mattina e farla apparire condonata nel 2004. Ancora oggi esiste un mercato di queste pratiche pre datate. Costano 50 mila euro l'una. Una notte, sotto i miei occhi ne vennero fabbricate 500»;
il valore del patrimonio culturale della città di Roma è inestimabile e necessita di un'attenta tutela, in particolare contro ogni forma di abusivismo edilizio: come ben sottolineato dall'allora Ministro per i beni e le attività culturali, sempre in occasione della discussione dell'interrogazione in questione: «del resto, come ho avuto modo di osservare in più occasioni, in Italia, storia e paesaggio si fondono in un tutt'uno armonico. Tutelare i beni culturali senza tutelare il territorio, ossia il paesaggio, sarebbe opera vana e inconcludente. Se distruggiamo il nostro paesaggio, distruggiamo la nostra ricchezza più importante per noi e per il futuro del Paese e in questo modo distruggiamo anche la possibilità stessa dello sviluppo del turismo» -:
se, anche in base alle informazioni in possesso del Ministero per i beni e le attività culturali, in seguito al «monitoraggio» a suo tempo annunciato, rispondano al vero i gravissimi fatti citati e denunciati dagli organi di informazione, i quali, qualora verificati, rappresenterebbero una conferma del fatto che la lotta all'abusivismo edilizio nella città di Roma non solo sta subendo una pericolosissima battuta d'arresto, ma sta anche conoscendo inquietanti fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, e quali iniziative di verifica e controllo di competenza il Ministero per i beni e le attività culturali abbia ritenuto di intraprendere in merito ai fatti riportati dalla stampa e, più in generale, in relazione alla lotta all'abusivismo edilizio nella città di Roma, al fine di garantire un'adeguata ed efficace tutela del patrimonio culturale, paesaggistico, architettonico ed archeologico ubicato a Roma, fatte ovviamente salve le competenze comunali nel rispetto dei principi costituzionali in materia.
(3-01672)

Iniziative di competenza volte ad incrementare il tasso di occupazione femminile - 3-01673

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il rapporto annuale dell'Istat «La situazione del Paese nel 2010», presentato il 23 maggio 2011 alla Camera dei deputati, conferma il legame tra il sottofinanziamento del welfare familiare e la situazione di debolezza occupazionale della forza lavoro femminile;
l'Italia è penultima in Europa per spesa a favore delle famiglie e ventitreesima nelle risorse destinate alla disabilità, che assorbono rispettivamente il 4,7 e il 5,9 per cento della spesa per la protezione sociale;
la struttura della spesa sociale comporta, quindi, una distorsione del mercato del lavoro, costringendo le donne a surrogare il ruolo che nei Paesi avanzati è svolto da servizi pubblici efficienti e riducendo l'offerta di lavoro femminile;
questo dato è ulteriormente aggravato da un evidente squilibrio nella distribuzione dei carichi di lavoro familiare, con una forte asimmetria di genere;
da tutto ciò discende che in Italia quasi una donna su due è inattiva (48,9 per cento), e nel Sud quasi due su tre, con una percentuale (63,7 per cento) di più di una volta e mezza superiore a quella del Nord (39,6 per cento);
conseguentemente anche il tasso di occupazione risulta modesto, pari al 46,1 per cento, circa 12 punti in meno della media europea, che si attesta al 58,2 per cento; inoltre il divario diventa crescente quando non si considera la popolazione femminile nel suo complesso, ma le sole donne con figli;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, aveva previsto, all'articolo 12-sexies, che le economie conseguenti all'innalzamento dell'età pensionabile per le dipendenti pubbliche confluissero nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, per «interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici»;
la legge di stabilità 2011 ha immediatamente contraddetto questa previsione, stabilendo che le disponibilità del citato Fondo, per l'anno 2011, fossero ridotte di 242 milioni di euro (riduzione pari all'intero ammontare delle economie derivanti nell'anno dall'innalzamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche);
nel complesso, malgrado la ricorrente retorica sui valori della famiglia, le politiche pro family dal punto di vista welfaristico e fiscale non hanno avuto, ad avviso dell'interrogante, evoluzioni osservabili dal 2008 ad oggi; in particolare né la struttura della spesa sociale, né la quota di essa destinata direttamente o indirettamente alla famiglia sono state modificate in modo da favorire l'offerta di lavoro femminile -:
quale valutazione dia dei dati diffusi il 23 maggio 2011 dall'Istat e richiamati in premessa, e quali impegni ritenga di assumere, per quanto di propria competenza, per incrementare il tasso di attività e occupazione femminile. (3-01673)

Iniziative a favore dei territori della regione Veneto colpiti dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010 - 3-01674

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
nei giorni tra la domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010 straordinarie avversità atmosferiche hanno colpito la regione Veneto, creando gravi disagi per più di 500.000 persone e provocando frane, smottamenti, allagamenti, straripamento di fiumi, interruzioni stradali e autostradali, sfollamenti e ingenti danni ai privati e alle aziende;
il Governo ha emanato provvedimenti immediati per far fronte agli eventi alluvionali, tra i quali l'ordinanza n. 3906 del 13 novembre 2010 recante primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della regione veneto nei giorni dal 31 ottobre al 2 novembre 2010;
tale ordinanza prevede al comma 7 dell'articolo 4 che il commissario delegato è autorizzato ad erogare un contributo fino al 75 per cento del danno ai beni mobili registrati e non registrati subito dai soggetti privati, anche in anticipazione, sulla base di spese fatturate per la riparazione, o in caso di rottamazione, sulla base del valore del bene desunto dai listini correnti per un importo non inferiore a 1.000,00 euro, secondo voci e percentuali di contribuzione, criteri di priorità e modalità attuative che saranno fissate dal commissario delegato stesso con propri provvedimenti;
tali limitazioni non consentono di rispondere alle numerosissime richieste di contributo riferite a danni a beni mobili non registrati la cui spesa per la riparazione o il riacquisto sia di importo inferiore a 1.000,00 euro, perché non permettono la possibilità del cumulo del valore dei beni danneggiati;
il limite di 1.000 euro è fissato con riferimento a ciascun bene, singolarmente considerato. Di fatto appare evidente che considerare tale limite come riferito a ciascun bene singolo comporta l'inammissibilità a contributo della maggior parte delle domande, con grave pregiudizio per i richiedenti;
i cittadini si sentono ingannati, nell'impossibilità di riprendere le normali condizioni di vita, poiché, in pratica, non si riconosce a loro alcun contributo per poter ricomprare i beni distrutti di valore singolarmente inferiore a 1.000 euro;
la citata ordinanza alla lettera d), comma 1, dell'articolo 5 prevede la possibilità di erogare un contributo, fino al 75 per cento del danno medesimo, per beni mobili registrati distrutti o danneggiati, sulla base di spese fatturate per la riparazione, o in caso di rottamazione, sulla base del valore desunto dai listini correnti per un importo non inferiore a 3.500,00 euro, secondo voci e percentuali di contribuzione, criteri di priorità e modalità attuative che saranno fissate dal commissario delegato stesso con propri provvedimenti;
una buona parte di cittadini e/o attività produttive hanno provveduto, anziché a rottamare, a radiare i propri mobili registrati (operazione che viene anche chiamata cessata circolazione per esportazione). Un'interpretazione restrittiva dell'ordinanza renderebbe impossibile erogare contributi a mobili registrati per i quali non sia avvenuta la rottamazione (escluse ovviamente le riparazioni);
il commissario delegato Luca Zaia, con nota n. 159900 del 1o aprile 2011 ha chiesto al capo del dipartimento della Protezione civile di accogliere una richiesta di modifica all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010, nel senso di considerare il limite di 1.000 euro e di 3.500 euro come riferito al valore complessivo dei beni e di confermare l'ammissibilità delle relative richieste in essere;
un'ulteriore modifica all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010 si rende necessaria per consentire al commissario delegato di approvare le varianti agli strumenti urbanistici al fine di procedere celermente alla realizzazione degli indispensabili interventi di mitigazione del rischio idrogeologico dei territori inseriti nel novero delle disposizioni commissariali;
la crisi post alluvione che ha colpito i cittadini e le imprese della regione Veneto rende improrogabile la necessità di accogliere le sopra citate modifiche per non vanificare le aspettative dei cittadini di veder risarciti i danni per i beni mobili non registrati che, nel caso di specie, costituiscono una delle parti più consistenti del danno prodotto;
l'entità dei danni rende inoltre indispensabile un ulteriore stanziamento di risorse in favore dei territori colpiti -:
quali iniziative immediate il Governo intenda adottare sia per incrementare le risorse disponibili in favore dei territori colpiti dalle alluvioni verificatisi nei giorni tra la domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010, sia per modificare l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010, nel senso di considerare il limite di 1.000 euro e di 3.500 euro come riferito al valore complessivo dei beni, prevedendo la possibilità di erogare contributi in relazione a beni mobili registrati per i quali non sia avvenuta la rottamazione bensì la radiazione, e riconoscendo altresì al commissario delegato la possibilità di approvare le varianti agli strumenti urbanistici, allo scopo di rendere veramente possibile il riacquisto di quanto perso dai cittadini colpiti dall'alluvione. (3-01674)

Orientamenti del Governo in ordine alla definitiva chiusura del programma di rilancio dell'energia nucleare ed alla promozione di investimenti nel settore delle fonti rinnovabili - 3-01675

LEOLUCA ORLANDO, CIMADORO, PIFFARI, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
molti Paesi hanno risposto alla crisi cominciata nel 2008 varando «pacchetti verdi», ossia misure di promozione dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
ma, secondo gli interroganti, finora è evidente a tutti che l'energia e l'ambiente non rientrano tra le priorità del Governo, come si evince - tra l'altro - dallo stesso Piano nazionale di riforma, da poco approvato nell'ambito del Documento di economia e finanza 2011, dove l'energia e l'ambiente non figurano tra le priorità del Governo;
lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Obama, nel febbraio 2011, nel suo discorso sullo stato dell'Unione, dichiarava: «il Paese che controllerà un'energia pulita e rinnovabile sarà il leader del XXI secolo»;
al contrario, il Governo, pur ponendo un finto «stop» sulla scelta del nucleare, mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo, e questo avverrà inevitabilmente a scapito dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Secondo il Presidente del Consiglio infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo». «È un destino ineluttabile». In un'intervista del 20 aprile 2011, il Ministro interrogato ha risposto: «Quanto alla valenza reale dello stop al nucleare parliamoci chiaro: Fukushima ci ha mostrato che incidenti rilevanti sono possibili. Lo dico mal volentieri, visto che ero e rimango nuclearista convinto»;
diversa sembra essere l'opinione del Ministro Tremonti, il quale il 19 aprile 2011, a Bruxelles in audizione al Parlamento europeo, ha dichiarato che l'incidente di Fukushima non è «riducibile alla banalità di un incidente tecnico», ma assume una dimensione «molto rilevante in cifra storica». Il Ministro ha richiesto di fare un calcolo vero dei costi del nucleare, perché ritiene che non sia mai stato fatto prima. «Sappiamo» ha detto «che i benefici (del nucleare) ci sono e sono locali, ma i malefici sono generali». Tremonti ha coniato il concetto di «debito nucleare», secondo il quale i costi per il decommissioning, cioè quelli derivanti dalla chiusura di una centrale nucleare, ridurrebbero il prodotto interno lordo del Paese e, comunque, ne aumenterebbero sensibilmente il debito;
la ripresa del nucleare, come è nelle intenzioni esplicite del Governo, dirotterà inevitabilmente risorse finanziarie per la ripresa del nucleare nel nostro Paese;
tutte risorse che sarebbe invece fondamentale dirottare per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative, per la crescita della filiera italiana delle rinnovabili e per la ricerca e l'innovazione in questo ambito;
malgrado tutto, in un anno si sono installati in Italia impianti per le energie rinnovabili con un potenziale di produzione energetica pari a quello di una centrale nucleare;
in conseguenza degli elevatissimi costi a carico delle casse pubbliche (finanziamenti e sovvenzioni), la scelta nucleare ostacola infatti il perseguimento degli obiettivi di diffusione delle fonti rinnovabili, innovazione tecnologica ed efficienza energetica: l'Agenzia internazionale per l'energia ha calcolato che dal 1992 al 2005 nei Paesi Ocse il nucleare da fissione ha usufruito del 46 per cento degli investimenti in ricerca e sviluppo, quello da fusione del 12 per cento mentre alle rinnovabili è stato destinato l'11 per cento;
i costi del kilowattora nucleare imputabili all'investimento, all'esercizio e alla manutenzione sono superiori a qualunque altra fonte di produzione di energia. Il presunto basso costo del kilowattora da nucleare è infatti quasi esclusivamente dovuto in tutto il mondo dall'intervento dello Stato nella chiusura del ciclo del combustibile nucleare (costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali);
a favore della produzione dell'energia elettrica direttamente dal sole propendono molti fattori: è esente da rischi per la salute dei cittadini; lo sviluppo della ricerca aumenta l'efficienza dei sistemi di produzione e riduce il loro impatto ambientale; infine, dal punto di vista economico, il costo del kilowattora prodotto dal sole si è addirittura dimezzato in soli due anni;
è evidente, quindi, che ci sono valide alternative alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare e che il Governo deve aumentare gli investimenti su tali fonti alternative;
con il cosiddetto «pacchetto energia-clima», approvato nel 2008, l'Unione europea, e quindi conseguentemente anche il nostro Paese, si è impegnata a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili. L'obiettivo che l'Unione europea ha posto all'Italia è quello di coprire, entro il 2020, con le fonti energetiche rinnovabili il 17 per cento dei consumi energetici nazionali -:
se il Governo intenda chiudere definitivamente la parentesi fallimentare del rilancio del nucleare, puntando su una politica energetica realmente sostenibile, attraverso adeguati stanziamenti pluriennali indispensabili a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra, e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, pena il pagamento di consistenti sanzioni per il mancato rispetto dei medesimi obiettivi europei. (3-01675)