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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 26 luglio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 luglio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Garavini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Marchi, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Misiti, Moffa, Mura, Angela Napoli, Nucara, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tassone, Tremonti, Veltroni, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 21 luglio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
FIORIO e ESPOSITO: «Introduzione dell'articolo 97-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di funzioni dei segretari comunali» (4535);
GIANNI: «Disposizioni per ridurre il disagio abitativo mediante la partecipazione delle regioni a fondi immobiliari per l'incremento dell'offerta abitativa, la concessione di finanziamenti per l'adeguamento degli alloggi di anziani ultrasessantacinquenni e l'erogazione di contributi per la locazione di immobili in favore dei nuclei familiari disagiati» (4536);
GARAGNANI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui rapporti tra politica e sanità pubblica» (4537);
FLUVI e SPOSETTI: «Modifiche alla disciplina concernente l'imposizione sui redditi e gli adempimenti tributari delle piccole e medie imprese e dei lavoratori autonomi» (4538);
ANTONIO MARTINO ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Istituzione dei ministeri del tesoro e delle finanze» (4539).

In data 25 luglio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
TOGNI: «Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 5 agosto 1947, n. 871, concernenti la sede dell'ente 'Parco nazionale Gran Paradiso'» (4540);
NASTRI: «Istituzione del servizio civile nazionale nel settore agricolo» (4541);
TOUADI e MELIS: «Abrogazione dell'articolo 10-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riguardante il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, e altre disposizioni in materia di centri di identificazione e di procedimento di espulsione» (4542).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

In data 25 luglio 2011 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
LO PRESTI e altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle nomine negli enti pubblici statali e nelle società controllate dallo Stato» (doc. XXII, n. 25).

Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge BITONCI ed altri: «Modifiche alla legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di limiti alla cumulabilità dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario» (2988) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Allasia, Buonanno, Comaroli, Crosio, Desiderati, Follegot, Simonetti, Stefani, Torazzi e Vanalli.

La proposta di legge GIDONI ed altri: «Disposizioni in favore delle imprese o società italiane coinvolte nella crisi socio-politica sviluppatasi in Libia, Tunisia ed Egitto» (4368) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Giulio Marini.

Ritiro di una proposta di legge.

I deputati DI CENTA e CARLUCCI hanno comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:
DI CENTA e CARLUCCI: «Modifica all'articolo 1 della legge 31 marzo 2005, n. 48, concernente l'equiparazione del Tempio ossario di Timau ai cimiteri di guerra» (3578).

La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
S. 1223-1431-2720. - Senatori MARCENARO e altri; Senatori CONTINI e FLERES; DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: «Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani» (approvato, in un testo unificato, dal Senato) (4534) Parere delle Commissioni II, III (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
II Commissione (Giustizia):
VACCARO ed altri: «Modifiche all'articolo 615-ter del codice penale e al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti la tutela dei dati personali nella rete internet» (3818) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII e XIV;
LABOCCETTA: «Modifica dell'allegato 8 al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, concernente gli importi del diritto dovuto per il rilascio di copie di documenti su supporto diverso da quello cartaceo» (4475) Parere delle Commissioni I, V e VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria).
IV Commissione (Difesa):
DI STANISLAO: «Disposizioni concernenti l'arruolamento di personale femminile nel Corpo militare della Croce rossa italiana» (4491) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, XI e XII.
VI Commissione (Finanze):
BINETTI ed altri: «Agevolazioni fiscali e altre disposizioni per sostenere l'accesso dei giovani all'abitazione principale» (4457) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
MARIO PEPE (Misto): «Modifica all'articolo 1 della legge 2 agosto 1999, n. 264, concernente l'iscrizione in soprannumero ai corsi di laurea nelle discipline mediche e sanitarie per gli studenti che abbiano superato gli esami del primo biennio dei medesimi corsi presso università aventi sede negli Stati membri dell'Unione europea» (4485) Parere delle Commissioni I, V, XII e XIV.
IX Commissione (Trasporti):
CAPARINI: «Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente l'esercizio delle funzioni di prevenzione e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale nelle aree aeroportuali» (4213) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.
XI Commissione (Lavoro):
GIANNI: «Divieto di cumulo dei trattamenti pensionistici con i compensi derivanti da rapporti di consulenza o dalla partecipazione agli organi di amministrazione di società ed enti pubblici o privati» (4461) Parere delle Commissioni I, II e V;
ZUCCHI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e la repressione dell'intermediazione illecita di manodopera e dello sfruttamento dell'attività lavorativa» (4469) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), X, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
MARINELLO ed altri: «Disposizioni concernenti la concessione di finanziamenti garantiti sui trattamenti di fine servizio in favore dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (4488) Parere delle Commissioni I, II, V e VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento).

Trasmissione dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

Il presidente della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, con lettera in data 26 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della legge 5 maggio 2009, n. 42, la relazione semestrale sull'attuazione della medesima legge sul federalismo fiscale, approvata dalla Commissione il 21 luglio 2011 (doc. XVI-bis, n.5).
Detto documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

Il Presidente del Senato, con lettera in data 22 luglio 2011, ha comunicato che la 14a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) del Senato ha approvato, a conclusione dell'esame, ai sensi dell'articolo 144, commi 1, 5 e 6, del regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi ad immobili residenziali (COM(2011)142 definitivo (atto Senato doc. XVIII-bis-A, n. 43), che è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'esportazione ed importazione di sostanze chimiche pericolose (COM(2011)245 definitivo) (Atto Senato doc. XVIII-bis, n. 44), che è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che attribuisce all'ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) una serie di compiti inerenti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria (COM(2011)288 definitivo) (Atto Senato doc. XVIII-bis, n. 45), che è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con le lettere in data 20 luglio 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato, in relazione a interventi da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo, a valere su contributi concessi nel 2009, per il completamento dei seguenti interventi:
scavo, restauro e valorizzazione dell'area archeologica nei pressi della chiesa di Santa Maria dei Centurelli - Caporciano (L'Aquila) e restauro del portone ligneo, del paramento murario di facciata e della pavimentazione esterna;
restauro della chiesa di Santa Maria delle Grazie in Navelli frazione Civitaretenga (L'Aquila).

Tali comunicazioni sono state trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - con lettera in data 20 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 8 del 2011, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 13 luglio 2011, e la relativa relazione concernente effetti dell'applicazione e dell'estensione degli istituti definitori delle controversie fisco/contribuente alternativi al contenzioso.
Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

La Corte dei conti - sezione di controllo sugli enti - con lettera in data 20 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Opera nazionale per i figli degli aviatori (ONFA), per l'esercizio 2009. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 333).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

La Corte dei conti - sezione di controllo sugli enti - con lettera in data 20 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale risi, per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 334).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

La Corte dei conti - sezione di controllo sugli enti - con lettera in data 20 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» (INPGI), per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 335).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

La Corte dei conti - sezione di controllo sugli enti - con lettera in data 20 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), per gli esercizi 2009 e 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 336).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettera del 19 luglio 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Anna Teresa FORMISANO ed altri n. 9/1441-quater-A/34, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 ottobre 2008, concernente l'adozione di iniziative volte a favorire l'inserimento delle funzioni svolte dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco tra le attività usuranti.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro per le pari opportunità.

Il ministro per le pari opportunità, con lettera del 19 luglio 2011, ha trasmesso una nota relativa alla risoluzione conclusiva PELINO ed altri n. 8/00070, accolta dal Governo ed approvata dalla XI Commissione (Lavoro) nella seduta dell'8 giugno 2010, riguardante le politiche a sostegno delle donne e dell'occupazione femminile.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla Commissioni XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) competenti per materia.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettere del 22 luglio 2011, ha trasmesso due note relative all'attuazione data, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno CORSINI n. 9/3638/146 e SORO n. 9/3638/150, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, concernenti il recupero di risorse per le attività della rete diplomatico-consolare e la sua razionalizzazione.
Il ministro degli affari esteri ha altresì trasmesso una nota relativa all'attuazione data alle mozioni CICU ed altri n. 1/00561, TEMPESTINI ed altri n. 1/00562, PORFIDIA ed altri n. 1/00563 e VERNETTI ed altri n. 1/00564, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 15 febbraio 2011, concernenti il piano di ritiro del contingente italiano dall'Afghanistan.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di sei risoluzioni e una dichiarazione approvate nella sessione dal 22 al 23 giugno 2011, che sono assegnate, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica delle Seychelies (doc. XII, n. 792) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Repubblica di Sào Tomé e Principe (doc. XII, n. 793) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo che estende alle misure doganali di sicurezza l'accordo in forma di scambio di lettere tra la Comunità economica europea e il Principato di Andorra (doc. XII, n. 794) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo tra la Comunità europea e il Canada sulla sicurezza dell'aviazione civile (doc. XII, n. 795) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori (doc. XII, n. 796) - alla X Commissione (Attività produttive);
risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2000/25/CE per quanto riguarda le disposizioni per i trattori immessi sul mercato in regime di flessibilità (doc. XII, n. 797) - alla IX Commissione (Trasporti);
dichiarazione su un sistema di etichettatura volontario in braille sull'imballaggio dei prodotti industriali (doc. XII, n. 798) - alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XII (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 21 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti atti:
n. 12948/2011 - Regolamento (UE) della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 2160/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio e l'allegato I del regolamento (CE) n. 2073/2005 per quanto riguarda la salmonella presente nella carne fresca di pollame e relativi allegati, che sono assegnati in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
n. 13059/2011 - Regolamento (UE) della Commissione che modifica l'allegato II del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio istituendo un elenco dell'Unione di additivi alimentari e relativi allegati, che sono assegnati in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali).

Con la medesima comunicazione, il Governo ha richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla dimensione esterna della politica comune della pesca (COM(2011)424 definitivo), già trasmesso dalla Commissione europea e assegnato, in data 19 luglio 2011, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

In data 22 luglio 2011, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/32/CE relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (COM(2011)439 definitivo), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 21 luglio 2011, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è stata altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 22 luglio 2011.
La Commissione europea, in data 22 luglio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che, in data 25 luglio 2011, sono stati assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2011)451 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione dell'impatto (SEC(2011)947definitivo). La predetta proposta di regolamento è stata altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 25 luglio 2011;
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Tachigrafo digitale: una tabella di marcia per le attività future (COM(2011)454 definitivo).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 22 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi svolte dalla medesima Autorità nel primo semestre 2011 (doc. CLIII, n. 7).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

La CONSIP Spa, con lettera in data 11 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la comunicazione concernente atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del nominativo dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Richiesta di un parere parlamentare su atti dei Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 22 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 4 giugno 2010, n. 96, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e alla legge 23 luglio 2009, n. 99, in attuazione della direttiva 2009/71/Euratom, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (386).

Tale richiesta, in data 22 luglio 2011, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 31 agosto 2011. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro l'11 agosto 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 30 giugno 2011, a pagina 4, seconda colonna, diciassettesima riga, dopo la parola: «II» si intende inserita la seguente: «, V».

MOZIONI ESPOSITO, GHIGLIA, ALLASIA, CALGARO, CAMBURSANO, VERNETTI ED ALTRI N. 1-00638 E DI BIAGIO ED ALTRI N. 1-00698 CONCERNENTI INIZIATIVE PER DESTINARE LE RISORSE DISPONIBILI PRESSO L'AGENZIA OLIMPICA TORINO 2006 A FAVORE DELLA REGIONE PIEMONTE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la situazione dei siti olimpici nella provincia di Torino è sempre più allarmante;
è urgente, per evitare il progressivo degrado di queste strutture, che il Governo intervenga con rapidità;
ora, malgrado l'esistenza dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 sia stata prorogata sino al 2014 dal decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe, continua ad essere inspiegabile il non utilizzo di circa 40 milioni di euro riconducibili ad un avanzo di bilancio della suddetta agenzia, come certificato dal Ministero dell'economia e delle finanze;
si tratta di una cifra a cui vanno aggiunti altrettanti fondi risparmiati nella complessiva gestione dell'evento olimpico, al momento non utilizzabili in attesa della conclusione dei contenziosi con alcune imprese costruttrici;
alla Camera dei deputati era stato presentato nel febbraio del 2010 un ordine del giorno a firma Cota, Esposito, Osvaldo Napoli, Giorgio Merlo e Rossomando, dove si impegnava il Governo medesimo ad assumere iniziative capaci di sbloccare le risorse disponibili nel bilancio dell'Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici invernali di Torino 2006;
ad oltre un anno da quell'ordine del giorno, accolto dal Governo, tutto è rimasto fermo e i fondi dell'agenzia restano bloccati;
ora, preso atto che questa situazione va sanata al più presto, soprattutto per evitare che i siti olimpici si riducano ad essere cattedrali nel deserto inutilizzate e costose per l'erario pubblico, il Governo deve assumere al più presto un'iniziativa rapida ed incisiva,

impegna il Governo

ad assumere, in tempi brevi, iniziative normative finalizzate a liberare le risorse disponibili presso l'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 a favore della regione Piemonte, affinché vengano destinate ai comuni montani, sede dei siti olimpici, anche in funzione di una rinnovata promozione turistica delle valli olimpiche.
(1-00638)
«Esposito, Ghiglia, Allasia, Calgaro, Cambursano, Vernetti, Cavallotto, Giorgio Merlo, Togni, Osvaldo Napoli, Boccuzzi, Scanderebech».

La Camera,
premesso che:
la condizione di molti degli impianti olimpici realizzati nella provincia di Torino, segnatamente nei territori di montagna, risulta al momento un nodo critico nella gestione amministrativa degli stessi;
le strutture che sono state realizzate in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 risultano attualmente in uno stato allarmante di degrado, nel silenzio dell'amministrazione locale e del Governo;
l'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici di Torino 2006, istituita dalla legge 9 ottobre 2000, n. 285, ha coordinato e monitorato la progettazione edilizia, infrastrutturale e impiantistica di tutte le strutture operative e funzionali nell'ambito delle manifestazioni sportive delle Olimpiadi invernali di Torino 2006;
già con l'articolo 3, comma 25, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, era stato previsto che «le residue attività dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici di Torino 2006 sono svolte, entro il termine di tre anni, da un commissario liquidatore»;
ai sensi dell'articolo 2, comma 5-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, è stata prevista una proroga per l'attività del commissario liquidatore dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici di Torino 2006 «fino alla completa definizione delle attività residue affidate al commissario liquidatore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014»;
malgrado l'attività dell'Agenzia sia stata procrastinata a norma di legge, risultano non utilizzati circa 40 milioni di euro di avanzo di bilancio della stessa: risorse confermate dal Ministero dell'economia e delle finanze;
a tali risorse accantonate ed inutilizzate si aggiungono ulteriori fondi - originariamente destinati alla gestione degli impianti olimpici - che non riescono ad essere gestiti dagli enti locali poiché attualmente bloccati, anche in ragione di contenziosi subentrati all'indomani dell'evento olimpico con alcune società impegnate nella realizzazione degli stessi impianti e strutture;
attualmente esiste una vera e propria impasse nella gestione delle strutture - molte delle quali decadenti - testimonianza delle Olimpiadi invernali del 2006: molte di queste strutture vivono una pesante condizione di degrado che necessita di essere sanata, onde evitare riflessi negativi sia in termini di costi per lo Stato che di inficiata promozione territoriale delle aree direttamente coinvolte dal sopra indicato degrado infrastrutturale,

impegna il Governo

a predisporre quanto prima ogni eventuale iniziativa normativa al fine di consentire lo sblocco delle risorse attualmente disponibili presso l'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici di Torino 2006, affinché le medesime vengano destinate equamente, secondo criteri prestabiliti, ai siti olimpici che sorgono sui territori, con l'obiettivo anche di incentivare la promozione territoriale e turistica dell'area olimpica, vessata da anni di abbandono infrastrutturale.
(1-00698)
«Di Biagio, Barbaro, Della Vedova».

PROPOSTA DI LEGGE: SORO ED ALTRI: NORME PER LA TUTELA DELLE VITTIME DI REATI PER MOTIVI DI OMOFOBIA E TRANSFOBIA (A.C. 2802-A)

A.C. 2802-A - Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,
premesso che:
la proposta di legge n. 2802 recante «Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia» presenta profili di violazione della Carta costituzionale ed in particolare:
1) violazione dell'articolo 3 della Costituzione. L'inserimento tra le circostanze aggravanti comuni previste dall'articolo 61 del codice penale della circostanza di aver commesso il fatto per motivi di «omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi» viola il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione con riferimento al canone della ragionevolezza. Ciò in quanto:
si tratta di una situazione che già trova nel citato articolo 61 del codice penale idonea collocazione. Il primo comma di tale stesso articolo, al numero 1, consente di contestare l'aggravante per «avere agito per motivi abbietti o futili»; pertanto quando siano commessi reati a danno di persone per scelte legate alla propria sfera personale e, nello specifico, alla vita sessuale, le vittime sono tutelate dal numero 1 del primo comma dell'articolo 61 del codice penale ed è irragionevole introdurre ulteriori fattispecie;
si potrebbe poi delineare anche una violazione del principio di uguaglianza in quanto l'aver agito per motivi di «omofobia e transfobia» prefigurerebbe una situazione normativamente differenziata rispetto ad altre situazioni analogamente meritevoli di tutela, in cui si commettono delitti contro la persona in ragione dello stato in cui versa (ad esempio, un barbone o un anziano, in quanto tali);
2) violazione dell'articolo 25 della Costituzione. La norma si pone in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione in quanto viola il principio di tassatività della fattispecie penale. A tal fine si evidenzia come gli elementi costitutivi della fattispecie che si vuole introdurre, ovvero l'aver agito per motivi di «omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi» siano estremamente generici e possano ricomprendere situazioni ampie e indeterminate;
per comprendere appieno questa censura di incostituzionalità si osserva come ad oggi, con riferimento alle particolari condizioni delle persone offese, sono previste nell'ordinamento aggravanti per fatti commessi contro pubblici ufficiali, persone incaricate di pubblico servizio, persone rivestite della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero agenti diplomatici o consolari di uno Stato estero nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio. Orbene, è di tutta evidenza che, a differenza della disposizione in esame, nei casi citati si tratta sempre di posizioni oggettive: la particolare qualità della persona offesa giustifica ictu oculi un aggravio di tutela, in relazione alla particolarità delle funzioni svolte. Anche nelle ipotesi, pur presenti nell'ordinamento e derivanti dall'adempimento di obblighi internazionali, di aggravanti che si applicano quando il fatto è commesso per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, si fa sempre riferimento a circostanze oggettive circa le condizioni della persona offesa. Tutto ciò manca nella disposizione all'esame, che presenta una formulazione fondata su situazioni e scelte soggettive attinenti alla sfera individuale potenzialmente mutevoli nel tempo e non sempre di agevole verifica,

delibera

di non procedere all'esame dell'A.C. n. 2802-A.
n. 1. Buttiglione, Capitanio Santolini, Binetti.

La Camera,
premesso che:
l'atto Camera 2802, a prima firma dell'on. Soro, recante «Norme per la tutela delle vittime dei reati per motivi di omofobia e transfobia», all'articolo 1 introduce nell'articolo 61 del codice penale una nuova aggravante (numero 11-quater), che ricorre quando l'autore del delitto ha commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, che vengono così qualificati: motivi di odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale della vittima del reato verso persone dello stesso sesso, verso persone del sesso opposto o verso persone di entrambi i sessi;
con la specificazione relativa al concetto di orientamento sessuale, i proponenti intendono in particolare superare le obiezioni che erano state mosse in sede di esame delle proposte sull'orientamento sessuale, relative al mancato rispetto del principio costituzionale di determinatezza della fattispecie penale. A tal proposito si rammenta, infatti, che nell'ottobre 2009 la Commissione Giustizia approvò un testo unificato delle proposte di legge A.C. 1658 e A.C. 1882, volto ad introdurre nel codice penale una nuova circostanza aggravante da applicare ove alcuni determinati reati contro la persona fossero stati commessi in ragione dell'orientamento sessuale della vittima del reato stesso; il testo licenziato dalla Commissione Giustizia venne però respinto dall'Assemblea nella seduta del 13 ottobre 2009, a seguito dell'approvazione di una questione pregiudiziale presentata dal gruppo dell'UDC (Vietti ed altri n. 1) per motivi di costituzionalità. In particolare, si evidenziava, da un lato, la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza, posto che chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court; dall'altro, l'indeterminatezza dell'espressione «orientamento sessuale» per violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali di cui all'articolo 25 della Costituzione;
il punto di partenza nell'esame del testo all'attenzione dell'Aula non può che essere costituito, ovviamente, dall'inaccettabilità di qualsiasi condotta offensiva motivata dai modi in cui la vittima viva la sua sessualità; ciò premesso, è necessario valutare se l'introduzione dell'ipotizzata aggravante riferita a condotte già di per sé costituenti reato, rappresenti una modalità coerente dell'intervento penale, o crei invece differenze di trattamento non ragionevolmente motivabili, e pertanto in contrasto con gli articoli 3 e 13 della Costituzione, nonché incongruenze idonee a compromettere, anche dal punto di vista preventivo, l'impianto sistematico del diritto penale;
in merito all'aggravante in esame, si riscontra una palese disparità dell'intervento penale, che attraverso di essa si introdurrebbe, con riguardo ad altre possibili motivazioni caratterizzanti i reati di cui si discute: motivazioni che possono avere medesima o anche superiore gravità sostanziale, senza che ad esse si ricolleghi l'applicazione di alcuna aggravante specifica. Si pensi solo ai reati commessi in ragioni delle condizioni di handicap o di malattia della parte offesa, o della sua età anziana, o di un contesto di prevaricazione e assoggettamento: situazioni in cui sussiste, tra l'altro, una debolezza intrinseca (una particolare vulnerabilità) della vittima. Ma si pensi anche a reati commessi in ragione delle opinioni politiche della vittima, o dell'avere la medesima collaborato con la giustizia, o della professione che svolge, e così via. Non si comprende tra l'altro perché dovrebbe risultare meno grave un atto offensivo eventualmente motivato dallo stile di vita eterosessuale del soggetto passivo;
emerge dunque una palese violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, anche alla luce della giurisprudenza delle Corti europee, relativa ai principi di non discriminazione e di ragionevolezza-non contraddittorietà, espressi nelle convenzioni e nelle direttive (tra cui la direttiva 2000/78/CE);
d'altra parte, lo stesso articolo 61 del codice penale poi, che la proposta di legge in esame intende novellare, offre già lo strumento per una maggiore punibilità in presenza di motivazioni del reato commesso che assumono un disvalore particolare: si tratta dell'aggravante generale per «motivi abietti o futili» di cui all'articolo 61, numero 1), del codice penale. Tale aggravante è infatti riferibile anche ai casi cui si vorrebbe applicare la nuova aggravante proposta, la cui presenza creerebbe, conseguentemente, una sovrapposizione che non ha ragion d'essere. Tale circostanza, infatti, comprende agevolmente le situazioni in cui la condotta è realizzata allo scopo di offendere, a causa dell'orientamento sessuale, la dignità di ogni persona, come insegna anche una consolidata giurisprudenza in merito. Né si può trascurare che potrebbero altresì risultare applicabili, sussistendone i presupposti, le stesse aggravanti di cui all'articolo 61, numeri 4) e 5), del codice penale;
deve inoltre considerarsi che l'aggravante ipotizzata all'interno dell'A.C. 2802 si presta assai facilmente a ricostruzioni presuntive, avendo per oggetto moventi interiori il cui accertamento obiettivo appare oltremodo difficoltoso. In pratica, con la loro introduzione si finirebbe per presumere l'aver agito «per motivi di omofobia e transfobia» ogni volta che la condotta illecita abbia interessato, comunque, soggetti di cui siano note l'omosessualità o la transessualità, introducendo una vera e propria inversione dell'onere probatorio;
con l'aggravante proposta, la risposta sanzionatoria verrebbe dunque allargata nei confronti di medesimi reati, sulla base dei moventi più intimi. Estendere l'ambito della punibilità ad elementi di natura interiore quali sono le finalità perseguite espone ad una eccessiva discrezionalità: il giudice potrà «presumere» i motivi dell'agire - con inversione dell'onere della prova - rispetto a tutte le condotte illecite che interessino soggetti di cui siano noti specifici stili di vita in materia sessuale. Dunque, la previsione di aggravanti di questo tipo è rischiosa per la libertà dei cittadini, poiché impone uno scandaglio approfondito dei moventi intimi, talora inconsci, che stanno alla base delle azioni umane. Molti delitti sono espressione di «odio» contro la persona - si pensi tra tutti all'omicidio, che spesso trova la sua origine in tale movente - ma tale movente non è previsto in alcun ordinamento come elemento «aggravante» del fatto. L'estensione delle norme della «legge Mancino» alle discriminazioni per motivi di orientamento sessuale segnerebbe la tracimazione dal «diritto penale del fatto» ad un inaccettabile «diritto penale dell'atteggiamento interiore»: da una sanzione che segue un comportamento concreto a una sanzione con aggravante che segue un dato intimistico;
ancora, per risultare applicabile, l'aggravante proposta esige l'effettiva sussistenza dell'omosessualità o della transessualità della persona offesa. Il che viene inevitabilmente a far sì che la condizione sessuale di un dato individuo divenga oggetto, in modo diretto o indiretto, di accertamento giudiziario: conseguenza estremamente pericolosa per un ordinamento laico e liberale. D'altra parte, non si potrebbe di certo ritenersi sufficiente ai fini penali il fumus sociale dell'esistenza di una condizione di omosessualità o transessualità, oppure la semplice ammissione o non ammissione del suo sussistere operata dalla vittima;
l'aggravante proposta violerebbe infine, per la sua genericità ed indeterminatezza, il principio di legalità e di tassatività del precetto penale, di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione: nonostante la versione della norma proposta dall'A.C. 2802 abbia tentato di superare il medesimo rilievo, mosso al testo precedente dalla pregiudiziale approvata lo scorso ottobre 2009 (specificando, come detto, il concetto di orientamento sessuale), l'oggetto evocato dalla norma resta privo di una precisione descrittiva tale da delimitare con chiarezza l'ambito dell'intervento punitivo; ha contorni imprecisi, tali da far applicare la norma in situazioni tra loro molto diverse;
sono differenti dunque le questioni che impediscono al testo in esame di essere conforme ai principi costituzionali,

delibera

di non procedere all'esame dell'A.C. n. 2802-A.
n. 2. Bertolini, Saltamartini, Stracquadanio, Pagano, Pecorella.

La Camera,
premesso che:
il testo della proposta di legge, recante l'introduzione di norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia, presenta profili di violazione della Costituzione;
la disposizione dell'articolo 1 viola il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza della discriminazione introdotta dalla nuova circostanza aggravante, consistente nell'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi;
appare evidente che la circostanza aggravante così configurata offre una protezione privilegiata alla persona offesa in ragione del proprio orientamento sessuale ed in particolare discrimina fra chi subisce forme di violenza, perché vi è una tutela rafforzata del motivo sottostante l'azione (l'odio che si viene a definire come omofobia o transfobia), rispetto invece a chi subisce altre forme di violenza. In tal modo si introdurrebbe quindi un trattamento diverso nel sanzionare delitti non colposi senza alcuna ragionevole giustificazione, né nella logica del maggior danno, né del maggior pericolo per il bene giuridico tutelato dalla norma penale, secondo la giurisprudenza costante della Corte costituzionale (da ultimo la sentenza n. 249 del 2010);
la norma che configura la citata aggravante presenta caratteri di indeterminatezza tali da porsi in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione: nella delicata indagine circa la ricorrenza dei motivi di omofobia o transfobia che determinerebbero l'aggravamento della pena si fa riferimento a «motivazioni di odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale»: in assenza di una nozione di orientamento sessuale, la circostanza aggravante, nella parte in cui dà rilevanza all'orientamento sessuale, viola il principio di tassatività della fattispecie penale. L'indeterminatezza concettuale dell'espressione di orientamento sessuale, per la genericità del disposto normativo, non consente di individuare le fattispecie meritorie di una particolare tutela e contrasta con elementari principi costituzionali che impongono la prevedibilità delle conseguenze delle proprie condotte, in particolar modo di quelle penalmente rilevanti (si veda per tutte la sentenza n. 370 del 1996);
l'eventuale tentativo di definire, in maggior dettaglio, le motivazioni in presenza delle quali ricorrerebbe l'aggravante in oggetto sortisce l'effetto opposto, ossia quello di accrescere a tal punto l'ampiezza della fattispecie da rendere estremamente discrezionale l'apprezzamento del giudice sulle intenzioni dell'autore del reato e sugli orientamenti personali della persona offesa;
sul punto occorre ricordare che le aggravanti previste dal nostro sistema penale che fanno in qualche modo riferimento ad una posizione soggettiva della persona offesa si fondano su caratteristiche oggettive che rimandano o all'età della persona offesa, o alla condizione di disabilità, o alla qualità di pubblico ufficiale o di persona incaricata di pubblico servizio o di persona rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero di agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio. La disposizione in esame, poiché non si basa sul presupposto di condizioni oggettive, difetta dei caratteri di tassatività e di determinatezza imposti dall'articolo 25 della Costituzione, così configurando un condizione di minorità della persona offesa, non fondata su presupposti costituzionalmente rilevanti ed anzi in contrasto con il principio di pari dignità sociale di tutti i cittadini, affermato all'articolo 3 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame dell'A.C. n. 2802-A.
n. 3. Lussana, Nicola Molteni, Isidori, Paolini, Follegot, Vanalli, Luciano Dussin, Pastore, Volpi, Bragantini, Polledri.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2322 - DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO DI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALLE COMUNITÀ EUROPEE - LEGGE COMUNITARIA 2010 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4059-A/R)

A.C. 4059-A/R - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 4, nonché sugli emendamenti 2.300 nuova formulazione, 3.300 nuova formulazione, 6.301, 13,300 nuova formulazione, 13.310, 20.300, 21.300 nuova formulazione, 38.300, 39.300, e 41.0310 della Commissione.

A.C. 4059-A/R - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
siano approvati gli emendamenti 32.300 e 33.300 della Commissione.

e con la seguente osservazione:
si valuti l'opportunità di prevedere una forma di assicurazione obbligatoria nei confronti dei componenti della magistratura, al fine di assicurare la possibilità di recuperare, mediante la procedura di rivalsa nei confronti del magistrato responsabile, le somme liquidate per le azioni di risarcimento del danno contro lo Stato.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE FAVOREVOLE

sull'emendamento 1.300 con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
alla parte consequenziale sopprimere il primo capoverso.

PARRE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.21, 1.52, 1.53. 1.54. 1.55 e sull' articolo aggiuntivo 7.03, limitatamente al comma 2, lettera d), in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura.

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

Ulteriore parere della V Commissione

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti 10.150 e 10.300 con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
al capoverso lettera i-bis), sostituire il numero 6) con il seguente: 6) la destinazione delle risorse del Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, anche all'indennizzo, nei limiti delle disponibilità del Fondo, dei danni patrimoniali conseguenti alle violazioni delle disposizioni di cui alle parti III e IV del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, apportando alla disciplina del Fondo medesimo gli adeguamenti necessari»;

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo aggiuntivo 41.0202
con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
Al comma 2, lettera
b) sostituire le parole «una banca dati nazionale e di» con le seguenti «l'implementazione della banca dati del farmaco umano del Ministero della salute e»;
Al comma 2, sopprimere la lettera d).

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 10.1, 11.50, 13.154, 17.53, 18.50, 18.51, 18.57, 18.58, 18.59, 18.60, 18.61, 18.62, 18.63, 18,151, 24.51, 25.156, 33.57, 33.58 e sull'articolo aggiuntivo 24.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura.

Ulteriore Parere della V Commissione

PARERE FAVOREVOLE

sulle proposte emendative 10.301, 11.301, 13.300, 41.0304, 41.0305, 41.0306 e 41.0307 con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
sia approvato l'emendamento 2.300 (nuova formulazione).

PARERE FAVOREVOLE

sulla proposta emendativa 21.300 (nuova formulazione)
con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
Al comma 2, lettera
c), sopprimere le parole: e Stato;
Al comma 2, lettera f), sostituire le parole: secondo quanto previsto, con le seguenti: nei casi previsti.
Sopprimere il comma 6.

PARERE FAVOREVOLE

sulla proposta emendativa 41.0308
con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
Al comma 2, sopprimere le parole:
parziale e.

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 4, non compresi nel fascicolo n. 3, nonché sulle proposte emendative 2.300 (nuova formulazione), 3.300 (nuova formulazione), 6.301, 13.300 (nuova formulazione), 13.310, 20.300, 38.300, 39.300 e 41.0310.

A.C. 4059-A/R - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa).

1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II, e in aggiunta a quelli contenuti
nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;
b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;
d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile
farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;
e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;
f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;
h) quando non sono d'ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.
(Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa).

Sopprimerlo.

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente articolo:
Art. 42. - (Disposizioni finali). - 1. Nell'esercizio delle deleghe di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 1 e 2 della legge 4 giugno 2010, n. 96. È sempre acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
2. 300. La Commissione.

Sopprimerlo.

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente articolo:
Art. 42. - (Disposizioni finali). - 1. Nell'esercizio delle deleghe di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 1 e 2 della legge 4 giugno 2010, n. 96. Gli schemi dei decreti legislativi sono sempre trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini dell'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, secondo le procedure di cui all'articolo 1 della medesima legge.
2. Il decreto legislativo di cui all'articolo 10-bis è adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. 300.(Nuova formulazione). La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie).

1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale il Governo, fatte
salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, o in regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della citata legge n. 400 del 1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della presente legge.
3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 9 dell'articolo 1.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie).

Al comma 2, secondo periodo, sostituire le parole: della presente legge con le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96.
3. 300. La Commissione.

Al comma 2, primo periodo, sopprimere la parola: citata.

Conseguentemente:
al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: della presente legge con le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96;
al comma 3, sostituire le parole: commi 3 e 9 dell'articolo 1 con le seguenti: commi 3 e 8 dell'articolo 1 della legge 4 giugno 2010, n. 96.
3. 300.(Nuova formulazione). La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Oneri relativi a prestazioni e controlli).

1. In relazione agli oneri per prestazioni e controlli, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della citata legge n. 11 del 2005, e successive modificazioni.

A.C. 4059-A/R - Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie).

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla presente legge per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le altre norme legislative vigenti nelle stesse materie. Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino i princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione o in altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo sono sottoposti al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
2. I testi unici e i codici di settore di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Le disposizioni contenute nei testi unici o nei codici di settore non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 5.
(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie).

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: di cui all'articolo 1, comma 1 con le seguenti: adottati ai sensi.
5. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Missioni connesse con gli impegni europei).

1. La disposizione del quinto periodo del comma 12 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, non si applica alle missioni indispensabili ad assicurare la partecipazione a riunioni nell'ambito dei processi decisionali dell'Unione europea.
2. All'attuazione del comma 1 si provvede nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Missioni connesse con gli impegni europei).

Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e degli organismi internazionali di cui l'Italia è parte, nonché alle missioni nei Paesi beneficiari degli aiuti erogati da parte dei medesimi organismi e dell'Unione europea.
6. 300. La Commissione.
(Approvato)

Al titolo del Capo I, sopprimere le parole: SUI PROCEDIMENTI PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI COMUNITARI.
6. 301. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI E PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI SPECIFICI DI DELEGA LEGISLATIVA

Art. 7.
(Repertorio nazionale dei dispositivi medici).

1. All'articolo 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera d), le parole: «contributo pari al 5 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «contributo pari al 5,5 per cento»;
b) alla lettera e), le parole da: «Per l'inserimento delle informazioni» fino a: «manutenzione del repertorio generale di cui alla lettera a)» sono soppresse.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

Capo II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI E PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI SPECIFICI DI DELEGA LEGISLATIVA

ART. 7.
(Repertorio nazionale dei dispositivi medici).

Sopprimerlo.
7. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.
(Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante «Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari»).

1. Dopo il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«2-ter. L'indicazione degli ingredienti non è necessaria quando, con riferimento alle sostanze elencate nell'allegato 2, sezione III, la denominazione di vendita indica l'ingrediente interessato».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8.
(Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante «Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari»).

Sopprimerlo.
8. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Modifiche al codice del consumo in materia di servizi finanziari a distanza).

1. Al codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 67-quinquies, comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) l'identità del rappresentante del fornitore stabilito nello Stato membro di residenza del consumatore e l'indirizzo geografico rilevante nei rapporti tra consumatore e rappresentante, quando tale rappresentante esista»;
b) all'articolo 67-duodecies, comma 5, lettera c), le parole: «, nonché ai contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per i quali si sia verificato l'evento assicurato» sono soppresse;
c) all'articolo 67-terdecies, comma 4, le parole: «entro quindici giorni» sono sostituite dalle seguenti: «entro e non oltre trenta giorni»;
d) all'articolo 67-terdecies, comma 5, le parole: «entro quindici giorni» sono sostituite dalle seguenti: «entro e non oltre trenta giorni».

A.C. 4059-A/R - Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Delega al Governo per il recepimento della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)).

1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, il Governo è tenuto al rispetto, oltre che dei princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo
2, in quanto compatibili, anche dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto ed integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell'ordinamento nazionale, confermando, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo le competenze e i poteri di vigilanza alla Banca d'Italia e alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) secondo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del citato testo unico;
b) prevedere, in conformità alla disciplina della direttiva in esame, le necessarie modifiche alle norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, per consentire che una società di gestione del risparmio possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in altri Stati membri e che una società di gestione armonizzata possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in Italia;
c) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva in esame, le opportune modifiche alle norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 concernenti la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento delle società di gestione armonizzate, anche al fine di garantire che una società di gestione armonizzata operante in Italia sia tenuta a rispettare le norme italiane in materia di costituzione e di funzionamento dei fondi comuni di investimento armonizzati, e che la prestazione in Italia del servizio di gestione collettiva del risparmio da parte di succursali delle società di gestione armonizzate avvenga nel rispetto delle regole di comportamento stabilite nel citato testo unico;
d) attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB, in relazione alle rispettive competenze, i poteri di vigilanza e di indagine previsti dall'articolo 98 della citata diret
tiva 2009/65/CE, secondo i criteri e le modalità previsti dall'articolo 187-octies del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modificazioni;
e) modificare, ove necessario, il citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 per recepire le disposizioni della direttiva in materia di fusioni transfrontaliere di OICVM e di strutture master-feeder;
f)
introdurre norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di OICVM;
g) ridefinire con opportune modifiche, in conformità alle definizioni e alla disciplina della citata direttiva 2009/65/CE, le norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 concernenti l'offerta in Italia di quote di fondi comuni di investimento armonizzati;
h) attuare le misure di tutela dell'investitore secondo quanto previsto dalla direttiva, in particolare con riferimento alle informazioni per gli investitori, adeguando la disciplina dell'offerta al pubblico delle quote o azioni di OICVM aperti;
i) prevedere l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle regole dettate nei confronti delle società di gestione del risparmio armonizzate in attuazione della direttiva, in linea con quelle già stabilite dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e nei limiti massimi ivi previsti, in tema di disciplina degli intermediari;
l) prevedere, in conformità alle definizioni, alla disciplina della citata direttiva 2009/65/CE e ai criteri direttivi previsti dalla presente legge, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
m) apportare al citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 le integrazioni necessarie per definire la
disciplina applicabile ai fondi gestiti da una società di gestione del risparmio (SGR) in liquidazione coatta amministrativa e per prevedere, anche nei casi in cui la SGR non sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, meccanismi di adeguata tutela dei creditori qualora le attività del fondo siano insufficienti per l'adempimento delle relative obbligazioni.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate devono svolgere le attività previste con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 10.
(Delega al Governo per il recepimento della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)).

Al comma 1, premettere il seguente:
01. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), alla direttiva 2009/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE, 78/855/CEE e 82/891/CEE e la direttiva 2005/56/CE per quanto riguarda gli obblighi in materia di relazioni e di documentazione in caso di fusioni e scissioni e alla direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE.

Conseguentemente:
al comma 1, alinea, dopo le parole:
articolo 2 aggiungere le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96,
sostituire la rubrica con la seguente: Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2009/65/CE, in materia di organismi di investimento collettivo in valori immobiliari, 2009/109/CE, concernente obblighi informativi in caso di fusioni e scissioni, e 2009/110/CE, relativa agli istituti di moneta elettronica.
10. 301. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 10.300 della Commissione, lettera i-bis), sostituire il numero 6) con il seguente: 6) la destinazione delle risorse del Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, anche all'indennizzo, nei limiti delle disponibilità del Fondo, dei danni patrimoniali conseguenti alle violazioni delle disposizioni di cui alle parti III e IV del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, apportando alla disciplina del Fondo medesimo gli adeguamenti necessari.
0. 10. 300. 1.La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, dopo la lettera i) aggiungere la seguente:
i-
bis) in coerenza con quanto previsto alla lettera i), apportare alla disciplina complessivamente vigente in materia sanzionatoria ai sensi del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, le modificazioni occorrenti per assicurare, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l'armonizzazione dei criteri applicativi e delle relative procedure, efficaci misure di deflazione del contenzioso, nonché l'adeguamento della disciplina dei controlli e della vigilanza e delle forme e dei limiti della responsabilità dei soggetti preposti, comunque nel rispetto del principio di proporzionalità ed anche avendo riguardo agli analoghi modelli normativi nazionali o comunitari, a tal fine prevedendo:
1) in presenza di mutamenti della disciplina applicabile, l'estensione del principio del favor rei;
2) la generalizzazione della responsabilità delle persone fisiche responsabili che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo per le violazioni previste dal citato testo unico, con responsabilità solidale dell'ente di appartenenza e diritto di regresso di quest'ultimo nei confronti delle prime;
3) l'estensione dell'istituto dell'oblazione e di altri strumenti deflattivi del contenzioso, nonché l'introduzione, con gli opportuni adattamenti, della disciplina prevista ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287, per le violazioni di natura organizzativa o procedurale previste nell'ambito della disciplina degli intermediari e dei mercati;
4) una revisione dei minimi e dei massimi edittali, in modo tale da assicurare il rispetto dei principi di proporzionalità, dissuasività e adeguatezza previsti dalla normativa comunitaria;
5) una nuova disciplina relativa alla pubblicità dei procedimenti conclusi con l'oblazione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 187-septies, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 58 del 1998;
6) la devoluzione, nei limiti di quanto già previsto ai sensi dell'articolo 27, comma 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, delle somme versate a titolo di pagamento di sanzioni pecuniarie al Fondo previsto dal citato articolo 27, comma 2, della legge n. 262 del 2005 per il ristoro dei danni subiti dagli investitori, apportando alla disciplina di tale Fondo gli adeguamenti necessari affinché esso copra anche i danni conseguenti alla violazione delle disposizioni previste dalle parti III e IV del decreto legislativo n. 58 del 1998.
10. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Disposizioni in materia di IVA).

1. Al fine di dare attuazione alle direttive 2009/69/CE e 2009/162/UE, nonché di adeguare l'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 6:
1) il terzo periodo del terzo comma è soppresso;
2) dopo il quinto comma è aggiunto il seguente:
«In deroga al terzo e al quarto comma, le prestazioni di servizi di cui all'articolo 7-ter, rese da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato a un soggetto passivo ivi stabilito, e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli 7-quater e 7-quinquies, rese da un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato ad un soggetto passivo che non è ivi stabilito, si considerano effettuate nel momento in cui sono ultimate ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. Se anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nel primo periodo è pagato in tutto o in parte il corrispettivo, la presta-
zione di servizi si intende effettuata, limitatamente all'importo pagato, alla data del pagamento. Le stesse prestazioni, se effettuate in modo continuativo nell'arco di un periodo superiore a un anno e se non comportano pagamenti anche parziali nel medesimo periodo, si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare fino all'ultimazione delle prestazioni medesime»;
b) all'articolo 7, comma 1, lettera b), le parole: «Trattato istitutivo della Comunità europea» sono sostituite dalle seguenti: «Trattato sul funzionamento dell'Unione europea»;
c) all'articolo 7-bis, comma 3:
1) all'alinea, le parole: «Le cessioni di gas mediante sistemi di distribuzione di gas naturale e le cessioni di energia elettrica» sono sostituite dalle seguenti: «Le cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete connessa a tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante le reti di riscaldamento o di raffreddamento»;
2) alla lettera a), le parole: «di gas e di elettricità» sono sostituite dalle seguenti: «di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo»;
d) all'articolo 7-septies, comma 1, la lettera g) è sostituita dalla seguente:
«g) la concessione dell'accesso a un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o a una rete connessa a un tale sistema, al sistema dell'energia elettrica, alle reti di riscaldamento o di raffreddamento, il servizio di trasmissione o distribuzione mediante tali sistemi o reti e la prestazione di altri servizi direttamente collegati»;
e) all'articolo 8-bis, primo comma:
1) alla lettera a), dopo le parole: «le cessioni di navi» sono inserite le seguenti: «adibite alla navigazione in alto mare e» e dopo le parole: «o della pesca» sono inserite le seguenti: «nonché le cessioni di navi adibite alla pesca costiera»;
2) dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) le cessioni di navi di cui agli articoli 239 e 243 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66»;
3) alla lettera b), le parole: «di navi e» sono soppresse;
4) alla lettera d), le parole: «escluso, per le navi adibite alla pesca costiera locale, il vettovagliamento» sono sostituite dalle seguenti: «escluse, per le navi adibite alla pesca costiera, le provviste di bordo»;
5) alla lettera e):
5.1) le parole: «di cui alle lettere a), b) e c)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alle lettere a), a-bis), b) e c)»;
5.2) le parole: «di cui alle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alle lettere a), a-bis) e b)»;
6) dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:
«e-bis) le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alla lettera e) direttamente destinate a sopperire ai bisogni delle navi e degli aeromobili di cui alle lettere a), a-bis) e c) e del loro carico»;
f) all'articolo 13, comma 2, lettera c), le parole: «di cui al terzo periodo del terzo comma dell'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al terzo periodo del sesto comma dell'articolo 6»;
g) all'articolo 17, secondo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso delle prestazioni di servizi di cui all'articolo 7-ter rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell'Unione, il committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni»;
h) all'articolo 38-bis, secondo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e nelle ipotesi di cui alla lettera d) del secondo comma del citato articolo 30 quando effettua, nei confronti di soggetti passivi non stabiliti nel territorio dello Stato, per un importo superiore al 50 per cento dell'ammontare di tutte le operazioni effettuate, prestazioni di lavorazione relative a beni mobili materiali, prestazioni di trasporto di beni e relative prestazioni di intermediazione, prestazioni di servizi accessorie ai trasporti di beni e relative prestazioni di intermediazione, ovvero prestazioni di servizi di cui all'articolo 19, comma 3, lettera a-bis)»;
i) all'articolo 67:
1) al comma 1, lettera a), le parole: «, con sospensione del pagamento dell'imposta qualora si tratti di beni destinati a proseguire verso altro Stato membro della Comunità economica europea» sono soppresse;
2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Per le importazioni di cui al comma 1, lettera a), il pagamento dell'imposta è sospeso qualora si tratti di beni destinati a essere trasferiti in un altro Stato membro dell'Unione europea, eventualmente dopo l'esecuzione di manipolazioni di cui all'allegato 72 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni, previamente autorizzate dall'autorità doganale.
2-ter. Per fruire della sospensione di cui al comma 2-bis l'importatore fornisce il proprio numero di partita IVA, il numero di identificazione IVA attribuito al cessionario stabilito in un altro Stato membro nonché, a richiesta dell'autorità doganale, idonea documentazione che provi l'effettivo trasferimento dei medesimi in un altro Stato membro dell'Unione»;
l) all'articolo 68, la lettera g-bis) è sostituita dalla seguente:
«g-bis) le importazioni di gas mediante un sistema di gas naturale o una rete connessa a un tale sistema, ovvero immesso da una nave adibita al trasporto di gas in un sistema di gas naturale o in
una rete di gasdotti a monte, di energia elettrica, di calore o di freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento»;
m) l'articolo 72 è sostituito dal seguente:
«Art. 72. - (Operazioni non imponibili). - 1. Agli effetti dell'imposta, le seguenti operazioni sono non imponibili e sono equiparate a quelle di cui agli articoli 8, 8-bis e 9:
a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle sedi e dei rappresentanti diplomatici e consolari, compreso il personale tecnico-amministrativo, appartenenti a Stati che in via di reciprocità riconoscono analoghi benefìci alle sedi e ai rappresentanti diplomatici e consolari italiani;
b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei comandi militari degli Stati membri, dei quartieri generali militari internazionali e degli organismi sussidiari, installati in esecuzione del Trattato del Nord Atlantico, nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, nonché all'amministrazione della difesa qualora agisca per conto dell'organizzazione istituita con il medesimo Trattato;
c) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dell'Unione europea, della Comunità europea dell'energia atomica, della Banca centrale europea, della Banca europea per gli investimenti e degli organismi istituiti dall'Unione cui si applica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, firmato a Bruxelles l'8 aprile 1965, reso esecutivo con legge 3 maggio 1966, n. 437, alle condizioni e nei limiti fissati da detto protocollo e dagli accordi per la sua attuazione o dagli accordi di sede e sempre che ciò non comporti distorsioni della concorrenza, anche se effettuate nei confronti di imprese o enti per l'esecuzione di contratti di ricerca e di associazione conclusi con l'Unione, nei limiti, per questi ultimi, della partecipazione dell'Unione stessa;
d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle sue istituzioni specializzate nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali;
e) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dell'Istituto universitario europeo e della Scuola europea di Varese nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali;
f) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli organismi internazionali riconosciuti, diversi da quelli di cui alla lettera c), nonché dei membri di tali organismi, alle condizioni e nei limiti fissati dalle convenzioni internazionali che istituiscono tali organismi o dagli accordi di sede.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 trovano applicazione per gli enti indicati alle lettere a), c), d) ed e) se le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono di importo superiore ad euro 300; per gli enti indicati nella lettera a) le disposizioni non si applicano alle operazioni per le quali risulta beneficiario un soggetto diverso, ancorché il relativo onere sia a carico degli enti e dei soggetti ivi indicati. Il predetto limite di euro 300 non si applica alle cessioni di prodotti soggetti ad accisa, per le quali la non imponibilità all'imposta opera alle stesse condizioni e negli stessi limiti in cui viene concessa l'esenzione dai diritti di accisa.
3. Le previsioni contenute in trattati e accordi internazionali relative alle imposte sulla cifra di affari si riferiscono all'imposta sul valore aggiunto»;
n) il numero 127-octies) della tabella A, parte III, è abrogato;
o) la parola: «Comunità», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «Unione».

2. Al decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 38:
1) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:
«4-bis. Agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, costituiscono prodotti soggetti ad accisa i prodotti energetici, l'alcole, le bevande alcoliche e i tabacchi lavorati, quali definiti dalle disposizioni dell'Unione in vigore, escluso il gas fornito mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete connessa a un tale sistema»;
2) la lettera c-bis) del comma 5 è sostituita dalla seguente:
«c-bis) l'introduzione nel territorio dello Stato di gas mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete connessa a un tale sistema, di energia elettrica, di calore o di freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento, di cui all'articolo 7-bis, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni»;
b) il comma 2-bis dell'articolo 41 è sostituito dal seguente:
«2-bis. Non costituiscono cessioni intracomunitarie le cessioni di gas mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete connessa a un tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento, nonché le cessioni di beni effettuate dai soggetti che applicano, agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il regime di franchigia».

3. All'articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, dopo il comma 7 è inserito il seguente:
«7-bis. Al fine di assicurare l'efficacia dei controlli in materia di IVA all'impor-
tazione, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da emanare di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità per l'attivazione di un sistema completo e periodico di scambio di informazioni tra l'autorità doganale e quella fiscale da attuare con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, lettere da a) a d) e da f) a m), e 2 si applicano alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11.
(Disposizioni in materia di IVA).

Al comma 1, premettere il seguente:
01. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure.
sostituire la rubrica con la seguente: Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2010/24/UE, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure, nonché disposizioni in materia di IVA.
11. 301. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:
o) tutti i richiami alla «Comunità» o alla «Comunità europea» o alla «Comunità economica europea» ovvero alle «Comunità europee» devono intendersi riferiti all'«Unione europea» e i richiami al «Trattato istitutivo della Comunità europea» devono intendersi riferiti al «Trattato sul funzionamento dell'Unione europea».
11. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Delega al Governo per il riordino normativo della disciplina della professione di guide turistiche).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto degli statuti delle regioni ad autonomia speciale e delle relative norme di attuazione e con le modalità di cui all'articolo 1 ed al comma 2 del presente articolo, un decreto legislativo per il riordino della professione di guida turistica, con particolare riguardo ai titoli ed ai requisiti per l'esercizio della professione, sulla base dei seguenti criteri:
a) individuare i princìpi fondamentali concernenti la definizione e la disciplina del profilo professionale di guida turistica;
b) prevedere percorsi formativi omogenei per l'esercizio della professione;
c) prevedere modalità attuative uniformi per il conseguimento dell'idoneità all'esercizio della professione;
d) determinare le aree omogenee del territorio nazionale, particolarmente ricche e complesse sotto il profilo storico-artistico, culturale o ambientale, ai fini della predisposizione di particolari percorsi formativi;
e) prevedere le modalità con cui le amministrazioni locali possono avvalersi, per la promozione del proprio territorio e dei siti museali dello stesso, di associazioni di volontariato, costituite e formate con finalità di promozione storica, culturale, paesaggistica e ambientale locale, che operino in convenzione con le pubbliche amministrazioni;
f) indicare un appropriato periodo transitorio per consentire l'ordinato ed organico adeguamento della normativa vigente.

2. Il decreto di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro della giustizia, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché quello delle competenti Commissioni parlamentari.
3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al comma 2, il Governo può emanare disposizioni integrative o correttive del decreto di cui al comma 1.
4. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti ed è consentito alle amministrazioni locali di continuare ad avvalersi per le proprie inizia
tive promozionali delle associazioni di volontariato che già operano nel territorio di riferimento.
5. Dall'attuazione dei decreti di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I soggetti pubblici interessati provvedono ai compiti di cui ai predetti decreti con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 12.
(Delega al Governo per il riordino normativo della disciplina della professione di guide turistiche).

Sopprimerlo.
12. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione delle direttive 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di comunicazioni elettroniche).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine e con le modalità di cui all'articolo 1 della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a recepire la direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, e a recepire la direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati attraverso l'adeguamento e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia di comunicazioni elettroniche, di protezione dei dati personali e di tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e di apparecchiature radio e apparecchiature terminali di telecomunicazione, anche mediante le opportune modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e al decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269.
3. All'articolo 15 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, dopo il comma 6 è inserito il seguente:
«6-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 8, gli operatori di rete locale che d'intesa tra loro raggiungano una copertura non inferiore all'80 per cento della popolazione nazionale possono diffondere un solo programma di fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati in ambito nazionale ad eccezione di quelli integrati, anche con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera q). Un ulteriore programma di fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali, così come definiti precedentemente, può essere trasmesso dagli stessi operatori locali a condizione che per la stessa capacità trasmissiva non vi sia richiesta da parte dei soggetti che hanno proceduto al volontario rilascio delle frequenze utilizzate in ambito locale, di cui al comma 8 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220».

4. I medesimi decreti legislativi sono adottati nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui agli articoli 2 e 3, nonché dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
a) garanzia di accesso al mercato con criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità;
b) rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, nell'ambito dei procedimenti restrittivi dell'accesso alle reti di comunicazione elettronica;
c) gestione efficiente, flessibile e coordinata dello spettro radio, senza distorsioni della concorrenza ed in linea con i
princìpi di neutralità tecnologica e dei servizi, nel rispetto degli accordi internazionali pertinenti, nonché nel prioritario rispetto di obiettivi d'interesse generale o di ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e difesa;
d) possibilità di introdurre, in relazione alle ipotesi di cui alla lettera c), limitazioni proporzionate e non discriminatorie in linea con quanto previsto nelle direttive in recepimento e, in particolare, dei tipi di reti radio e di tecnologie di accesso senza filo utilizzate per servizi di comunicazione elettronica, ove ciò sia necessario, al fine di evitare interferenze dannose; proteggere la salute pubblica dai campi elettromagnetici riesaminando periodicamente la necessità e la proporzionalità delle misure adottate; assicurare la qualità tecnica del servizio; assicurare la massima condivisione delle radiofrequenze; salvaguardare l'uso efficiente dello spettro; conseguire obiettivi di interesse generale;
e) rafforzamento delle prescrizioni in materia di sicurezza ed integrità delle reti;
f) rafforzamento delle prescrizioni a garanzia degli utenti finali, in particolare dei disabili, degli anziani, dei minori e dei portatori di esigenze sociali particolari, anche per ciò che concerne le apparecchiature terminali;
g) rafforzamento delle prescrizioni sulla trasparenza dei contratti per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica, in tema di prezzi, qualità, tempi e condizioni di offerta dei servizi, anche con l'obiettivo di facilitare la loro confrontabilità da parte dell'utente e l'eventuale cambio di fornitore;
h) ridefinizione del ruolo dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni anche attraverso le opportune modificazioni della legge 14 novembre 1995, n. 481, con riferimento alla disciplina dell'incompatibilità sopravvenuta ovvero della durata dell'incompatibilità successiva alla cessazione dell'incarico di componente e di Presidente dell'Autorità medesima, allineandolo alle previsioni delle altre Autorità europee di regolamentazione;
i) rafforzamento delle prescrizioni in tema di sicurezza e riservatezza delle comunicazioni, nonché di protezione dei dati personali e delle informazioni già archiviate nell'apparecchiatura terminale, fornendo all'utente indicazioni chiare e comprensibili circa le modalità di espressione del proprio consenso, in particolare mediante le opzioni dei programmi per la navigazione nella rete internet o altre applicazioni;
l) individuazione, per i rispettivi profili di competenza, del Garante per la protezione dei dati personali e della Direzione nazionale antimafia quali autorità nazionali ai fini dell'articolo 15, paragrafo 1-ter, della citata direttiva 2002/58/CE;
m) adozione di misure volte a promuovere investimenti efficienti e innovazione nelle infrastrutture di comunicazione elettronica, anche attraverso disposizioni che attribuiscano all'autorità di regolazione la facoltà di disporre la condivisione o la coubicazione delle infrastrutture civili, e previsione che, a tale fine, siano adeguatamente remunerati i rischi degli investimenti sostenuti dalle imprese;
n) previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti relative alla concessione del diritto di installazione di infrastrutture al fine di promuovere un efficiente livello di concorrenza;
o) revisione delle procedure di analisi dei mercati per i servizi di comunicazione elettronica, nel perseguimento dell'obiettivo di coerenza del quadro regolamentare di settore dell'Unione europea e nel ri
spetto delle specificità delle condizioni di tali mercati;
p) promozione di un efficiente livello di concorrenza infrastrutturale, al fine di conseguire un'effettiva concorrenza nei servizi al dettaglio;
q) definizione del riparto di attribuzioni tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Garante per la protezione dei dati personali, nell'adempimento delle funzioni previste dalle direttive di cui al comma l, nel rispetto del quadro istituzionale e delle funzioni e dei compiti del Ministero dello sviluppo economico, fatta salva la competenza generale della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e quella del Ministero per i beni e le attività culturali;
r) revisione delle sanzioni e degli illeciti già previsti nelle materie di cui al comma 1 del presente articolo, con particolare riguardo alle previsioni di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al citato decreto legislativo n. 259 del 2003, e alla legge 28 marzo 1991, n. 109. Alla revisione si provvede nel rispetto dei princìpi e criteri generali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della presente legge, prevedendo sanzioni amministrative in caso di violazione delle norme introdotte dall'articolo 2 della citata direttiva 2009/136/CE, con il conseguente riassetto del sistema sanzionatorio previsto, in particolare, dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al citato decreto legislativo n. 196 del 2003, anche mediante depenalizzazione;
s) abrogazione espressa di tutte le disposizioni incompatibili con quelle adottate in sede di recepimento.

5. In attesa dell'attuazione dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 4, lettera h), i giudizi pendenti, salvo quelli penali, nonché i relativi termini, sono sospesi ove abbiano ad oggetto la violazione delle disposizioni in materia di incompatibilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, ovvero altre violazioni di legge determinate dalla violazione delle medesime disposizioni ovvero conseguenti ad essa.
6. All'articolo 33, comma 1, lettera d-ter), quarto periodo, della legge 7 luglio 2009, n. 88, le parole: «in favore dell'ente gestore», sono sostituite dalle seguenti: «in favore del titolare dell'archivio».
7. Dall'esercizio della presente delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'esercizio della presente delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 13.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione delle direttive 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di comunicazioni elettroniche).

Sostituire il comma 1 con il seguente:
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'economia e delle finanze e della giustizia, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alle direttive 2009/127/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine per l'applicazione di pesticidi, 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori, 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all'energia, mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione), e 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia.

Conseguentemente:
al comma 2, dopo le parole:
di cui al comma 1 aggiungere le seguenti: recanti le norme di attuazione delle direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE;
al comma 4, sostituire l'alinea con il seguente: I decreti legislativi di cui al comma 2 sono adottati, altresì, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi specifici;
sostituire la rubrica con la seguente:
Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2009/127/CE, relativa alle macchine per l'applicazione di pesticidi, 2009/136/CE e 2009/140/CE, in materia di servizi di comunicazione elettronica, 2010/30/UE, concernente l'indicazione del consumo di energia e di risorse connesse, e 2011/17/UE, sulla metrologia.
13. 300. La Commissione.

Sostituire il comma 1 con il seguente:

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro dello sviluppo economico, di concerto con i ministri degli affari esteri, dell'economia e delle finanze e della giustizia, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alle direttive 2009/127/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine per l'applicazione di pesticidi, 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori, 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all'energia, mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione), e 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia.

Conseguentemente:
al comma 2, dopo le parole: di cui al comma 1 aggiungere le seguenti: recanti le norme di attuazione delle direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE;
al comma 4:
sostituire l'alinea con il seguente:
I decreti legislativi di cui al comma 2 sono adottati, altresì, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi specifici;
lettera r), secondo periodo, sostituire le parole: della presente legge con le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96;
sostituire la rubrica con la seguente: Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2009/127/CE, relativa alle macchine per l'applicazione di pesticidi, 2009/136/CE e 2009/140/CE, in materia di servizi di comunicazione elettronica, 2010/30/UE, concernente l'indicazione del consumo di energia e di risorse connesse, e 2011/17/UE, sulla metrologia.
13. 300.(Nuova formulazione) La Commissione.
(Approvato)

Sopprimere il comma 5.
13. 301. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Modifiche all'articolo 37 della legge 7 luglio 2009, n. 88).

1. All'articolo 37, comma 2, della legge 7 luglio 2009, n. 88, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera a):
1) all'alinea, le parole: «, senza le prescritte autorizzazioni» sono soppresse;
2) al numero 1) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «senza le prescritte autorizzazioni»;
3) al numero 2), le parole: «, oppure produca o commercializzi uova» sono sostituite dalle seguenti: «senza la prescritta registrazione»;
b) alla lettera e):
1) al numero 1), le parole: «, al divieto di trattamenti per la conservazione» sono soppresse;
2) al numero 3), le parole: «articoli 6 e 11, relativi» sono sostituite dalle seguenti: «articolo 6, relativo»;
c) alla lettera f), dopo le parole: «articoli 8,» è inserita la seguente: «11,» e dopo le parole: «regolamento (CE) n. 589/2008» sono inserite le seguenti: «e le disposizioni nazionali attuative»;
d) alla lettera g), le parole: «ai sensi della normativa vigente» sono soppresse e le parole: «agli articoli 7, 8, 9 e 10 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 13 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 22 dicembre 2007, relativi all'uso di diciture facoltative» sono sostituite dalle seguenti: «sull'uso di diciture facoltative dalle norme dell'Unione europea e dalle disposizioni nazionali attuative in materia di commercializzazione delle uova»;
e) alla lettera h), sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Al di fuori dei casi consentiti, la stessa sanzione si applica a chiunque detiene o pone in commercio uova non stampigliate o non classificate nonché effettua trattamenti di conservazione o di refrigerazione delle uova della categoria A. La sanzione per la detenzione o per la commercializzazione di uova non stampigliate o non classificate non si applica al dettagliante che detiene o pone in vendita uova in confezioni originali, sempre che il dettagliante non sia in condizione di avere conoscenza della violazione o che la confezione originale non presenti segni di alterazione».

2. Il comma 4 dell'articolo 37 della legge 7 luglio 2009, n. 38, è abrogato.
3. All'articolo 37, comma 7, della legge 7 luglio 2009, n. 88, le parole: «dell'irrogazione delle sanzioni» sono sostituite dalle seguenti: «dell'accertamento delle violazioni».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Modifiche all'articolo 37 della legge 7 luglio 2009, n. 88).

Sopprimerlo.
14. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 16.
(Modifiche al decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, recante disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva).

1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Designazione dell'origine). - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque omette di indicare nell'etichetta o nei documenti commerciali degli oli extravergini d'oliva e degli oli d'oliva ver
gini, la designazione di origine prevista dal regolamento (CE) n. 1019/2002 e dalle disposizioni nazionali attuative, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da milleseicento euro a novemilacinquecento euro.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque utilizza una designazione di origine nell'etichetta o nei documenti commerciali o nella presentazione degli oli extravergini d'oliva e degli oli d'oliva vergini, in difformità da quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1019/2002 e dalle disposizioni nazionali attuative, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da milleseicento euro a novemilacinquecento euro. La medesima sanzione si applica a chiunque utilizza nell'etichetta o nella presentazione dei citati oli segni, figure o altri simboli che possono indicare un'origine geografica diversa dalle designazioni di origine consentite dal regolamento (CE) n. 1019/2002 e dalle disposizioni nazionali attuative.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque utilizza una designazione di origine nell'etichetta o nei documenti commerciali o nella presentazione dell'olio d'oliva composto da oli d'oliva raffinati e da oli d'oliva vergini e dell'olio di sansa d'oliva in difformità da quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1019/2002 e dalle disposizioni nazionali attuative, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da milleseicento euro a novemilacinquecento euro. La medesima sanzione si applica a chiunque utilizza nell'etichetta o nella presentazione dei citati oli segni, figure o altri simboli che evocano una qualunque origine geografica.
4. Chiunque, prima dell'inizio dell'attività di confezionamento degli oli extravergini d'oliva e degli oli d'oliva vergini, non osserva l'obbligo di registrarsi nell'apposito elenco tenuto nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale ai sensi delle disposizioni nazionali attuative del regolamento (CE) n. 1019/2002, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da cento euro a seicento euro. La medesima sanzione si applica in caso di mancata comunicazione di cessazione dell'attività di confezionamento.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, pur essendovi obbligato, non istituisce il registro nel quale devono essere annotati le produzioni, i movimenti e le lavorazioni degli oli extravergini d'oliva e degli oli d'oliva vergini previsto dalle disposizioni nazionali attuative del regolamento (CE) n. 1019/2002, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da mille euro a seimila euro. Se l'inosservanza riguarda il mancato rispetto delle modalità di tenuta, ivi comprese l'inesattezza e l'incompletezza, e dei tempi di registrazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da duecento euro a milleduecento euro».

2. L'articolo 5 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, è sostituito dal seguente:
«Art. 5. - (Identificazione delle partite). - 1. Chiunque non rispetta le prescrizioni sull'identificazione delle partite stabilite dalle disposizioni nazionali attuative del regolamento (CE) n. 1019/2002 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da cinquecento euro a tremila euro».

3. L'articolo 6 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, è sostituito dal seguente:
«Art. 6. - (Sanzioni per piccoli e grandi quantitativi). - 1. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli articoli 1, 2, 3, commi 1, 2, 3 e 5, 4 e 5 sono fissate nella misura da cinquanta euro a trecento euro se i fatti ivi previsti sono riferiti a quantitativi di prodotto non superiori a cento litri.
2. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli articoli 1, 2, 3, commi 1, 2, 3 e 5, 4 e 5 sono fissate nella misura da cinquemila euro a trentamila euro se i fatti ivi previsti sono riferiti a quantitativi di prodotto superiori a trentamila litri.
3. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2, per i prodotti preconfezionati il quantitativo di prodotto a cui riferirsi si identifica con quello del lotto di produzione».

4. Al comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, la parola: «inflazione» è sostituita dalla seguente: «infrazione» e le parole: «si applicano le sanzioni previste dal presente decreto legislativo nella misura massima fissata per ciascuna fattispecie» sono sostitute dalle seguenti: «le sanzioni previste per ciascuna fattispecie dal presente decreto legislativo sono raddoppiate».
5. Il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, è sostituito dal seguente:
«1. Senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per il tramite del Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, è l'autorità competente all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto legislativo».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 16.
(Modifiche al decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva»).

Sopprimerlo.
16. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 17.
(Delega al Governo per la disciplina della fiducia).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina della fiducia.
2. La disciplina di cui al comma 1, tenuti in considerazione i principali modelli normativi dei Paesi dell'Unione europea, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e con le convenzioni internazionali, e in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi specifici previsti dal comma 6, realizza il necessario
coordinamento con le altre disposizioni vigenti, anche tributarie.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, corredati di relazione tecnica, sono trasmessi alle Camere perché sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, entro il termine di sessanta giorni dalla data della ricezione; decorso tale termine, i decreti sono emanati, anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di tre mesi.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 6 e con la procedura di cui al comma 4.
6. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere, nell'ambito del titolo III del libro IV del codice civile, la disciplina speciale del contratto di fiducia, quale contratto con cui il fiduciante trasferisce diritti, beni o somme di denaro specificamente individuati in forma di patrimonio separato ad un fiduciario che li amministra, secondo uno scopo determinato, anche nell'interesse di uno o più beneficiari determinati o determinabili;
b) prevedere che il contratto di fiducia venga stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità;
c) prevedere, quali effetti del contratto di fiducia, la separazione patrimoniale, la surrogazione del fiduciario e l'opponibilità del contratto ai terzi ed ai creditori mediante idonee formalità pubblicitarie ri
guardanti i diritti ed i beni che costituiscono oggetto della fiducia. In particolare:
1) escludere che, qualora il fiduciario sia una persona fisica, i diritti e i beni oggetto del rapporto siano parte della comunione legale tra coniugi, o cadano in successione;
2) prevedere che il denaro facente parte del patrimonio fiduciario sia versato in un deposito nella disponibilità del fiduciario e che in tale ipotesi il contratto di fiducia, fermo restando il vincolo di forma di cui alla lettera b), si perfezioni con il versamento dell'intero importo;
d) dettare una disciplina specifica per:
1) la fiducia a scopo di garanzia, quale contratto con cui si garantiscono crediti determinati o determinabili, con previsione, in quest'ultimo caso, dell'importo massimo garantito. In particolare prevedere:
1.1) che risulti dal contratto, a pena di nullità, il debito garantito e il valore del bene trasferito in garanzia;
1.2) che il contratto possa essere concluso esclusivamente con un fiduciante che agisce per scopi inerenti alla propria attività professionale o imprenditoriale;
1.3) che la fiducia possa essere destinata a garantire debiti diversi da quelli per cui era stata originariamente costituita, qualora l'atto costitutivo preveda tale possibilità e purché si tratti di crediti derivanti da rapporti già costituiti ovvero da costituirsi entro limiti temporali specificamente determinati;
1.4) la nullità di qualunque patto che abbia per oggetto o per effetto di liberare il fiduciario dall'obbligo di corrispondere al beneficiario o, se diversamente previsto dal titolo, al fiduciante, il saldo netto risultante dalla differenza tra il valore dei beni costituenti la garanzia e l'ammontare del debito garantito, all'epoca della escussione della garanzia;
1.5) la disciplina per il caso in cui i beni concessi in garanzia, anche
nell'ipotesi di complesso di beni o altri elementi aziendali, siano sostituiti nel corso del rapporto, disponendo in particolare che il valore dei beni sostitutivi non possa essere superiore a quello dei beni sostituiti e che, qualora lo sia, la garanzia non si estenda oltre il valore del bene originario;
2) il contratto di fiducia a scopo assistenziale, prevedendo che il valore dei beni conferiti non possa eccedere i bisogni del beneficiario e facendo salve le disposizioni a tutela dei diritti dei legittimari. Tali disposizioni non si applicano qualora il beneficiario sia una persona disabile;
e) disciplinare i diritti, gli obblighi e i poteri del fiduciario e del fiduciante, o del terzo che sia nominato per far valere gli obblighi del fiduciario;
f) disciplinare l'opponibilità ai terzi aventi causa delle eventuali limitazioni apposte ai poteri del fiduciario e l'obbligo di rendiconto;
g) disciplinare la cessazione del fiduciario dall'incarico, prevedendo la possibilità di sua sostituzione anche da parte del giudice e l'ingresso del nuovo fiduciario nella titolarità dei beni oggetto del rapporto;
h) disciplinare la durata del contratto, la revoca e la rinuncia del fiduciario, nonché la possibilità di nominare da parte del giudice, in caso di urgenza, un fiduciario provvisorio;
i) disciplinare le cause di scioglimento del contratto di fiducia, prevedendo tra di esse l'unanime deliberazione di tutti i beneficiari, purché pienamente capaci di agire;
l) determinare i casi in cui gli effetti del contratto di fiducia possono derivare dalla sentenza del giudice;
m) prevedere che la disciplina della fiducia si applichi anche qualora gli effetti di questa derivino da testamento, salva la disciplina contenuta nell'articolo 627 del codice civile;
n) prevedere che la disciplina della fiducia si applichi anche nell'ipotesi in cui il titolare di beni se ne dichiari fiduciario per il perseguimento di uno scopo nell'interesse di terzi beneficiari;
o) dettare norme di coordinamento e, ove necessario per la realizzazione dei princìpi e criteri direttivi di cui alle lettere da a) a n), di deroga alla disciplina di tutela dei creditori, alla disciplina sul contratto a favore di terzo, alla disciplina sulla cessione dei crediti futuri ed alla disciplina degli strumenti finanziari;
p) dettare norme di coordinamento e, ove necessario per la realizzazione dei princìpi e criteri direttivi di cui alle lettere da a) a o), di deroga alla disciplina fallimentare, regolando in particolare la possibilità per il curatore fallimentare di concludere il contratto di fiducia al fine di agevolare il riparto dell'attivo tra i creditori;
q) assicurare, in ogni caso, il coordinamento con le norme vigenti in materia di prestazione di servizi di investimento, antiriciclaggio, antimafia, conflitto di interessi ed a tutela dell'ordine pubblico;
r) dettare, ove necessario, norme di coordinamento con la normativa in materia di società fiduciarie, nonché con la disciplina fiscale vigente in materia di trust.

7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 17.
(Delega al Governo per la disciplina della fiducia).

Sopprimerlo.
17. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 18.
(Attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo SpA (causa C-173/03) e adeguamento alla procedura di infrazione n. 2009/2230).

1. All'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «con dolo o colpa grave» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione manifesta del diritto»;
b) il comma 2 è abrogato.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, valutati in 2,45 milioni di euro per l'anno 2011 e in 4,9 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012, si provvede, quanto a 2,45 milioni di euro per l'anno 2011, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e quanto a 4,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al fondo per interventi strutturali di politica economica.
3. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino, o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al secondo periodo.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 18.
(Attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo SpA (causa C-173/03) e adeguamento alla procedura di infrazione n. 2009/2230).

Sopprimerlo.
18. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 20.
(Qualità delle acque destinate al consumo umano).

1. All'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori».

2. Conseguentemente è abrogata la lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 20.
(Qualità delle acque destinate al consumo umano).

Al comma 2, sopprimere la parola: Conseguentemente.
20. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 21

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 21.
(Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura d'infrazione n. 2008/4908).

1. Il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è abrogato.
2. All'articolo 01, comma 2-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «comma 1» e dopo le parole: «con licenza» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione di quelle rilasciate dalle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali».
3. All'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 01, comma 2,» sono soppresse.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 21.
(Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura d'infrazione n. 2008/4908).

Sostituirlo con il seguente:
Art. 21. (Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura di infrazione 2008/4908. Delega al Governo in materia di concessioni demaniali marittime) - 1. Al fine di chiudere la procedura d'infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché al fine di rispondere alle esigenze degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consenta lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare-ricreativa:
a) il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, è abrogato;
b) all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 01, comma 2,» sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84.»

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la semplificazione normativa, per le politiche europee e per il turismo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 e successive modificazioni, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) stabilire limiti minimi e massimi di durata delle concessioni entro i quali le regioni fissano la durata delle stesse in modo da assicurare un uso rispondente all'interesse pubblico, nonché proporzionato all'entità degli investimenti;
b) prevedere criteri e modalità di affidamento nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti;
c) individuare modalità per la riscossione e per la suddivisione dei proventi derivanti dai canoni tra comuni, province, regioni e Stato;
d) fermo restando, in assoluto, il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione, disciplinare le ipotesi di costituzione del diritto di superficie ovvero di rilascio del titolo concessorio sulle aree del demanio marittimo;
e) individuare i casi in cui le concessioni nuove, decadute o revocate sono assegnate nell'ambito dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni;
f) prevedere criteri per l'equo indennizzo del concessionario nei casi di revoca della concessione demaniale, secondo quanto previsto dall'articolo 42 del codice della navigazione;
g) stabilire criteri per l'eventuale dichiarazione di decadenza delle concessioni, nonché criteri e modalità per il subingresso in caso di vendita o di affitto delle aziende.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 2 è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché siano espressi, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

4. Dall'attuazione del decreto legislativo di cui al comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

5. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, il Governo, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 2,3 e 4, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo.

6. La proroga delle concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2015, disposta dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, si intende disposta a favore delle concessioni comunque in essere al 31 dicembre 2009, nonché delle concessioni comunque in essere sul demanio lacuale e portuale anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo.

7. Si intendono quali imprese turistico balneari le attività classificate all'articolo 01, comma 1, lettere b), c), d) ed e) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che si svolgono su beni del demanio marittimo ovvero le attività di stabilimento balneare anche quando le strutture sono ubicate su beni diversi dal demanio marittimo. Al fine di promuovere il rilancio delle attività turistico balneari e a tutela della concorrenza, non possono essere poste limitazioni di orario o di attività, diverse da quelle applicate agli altri esercizi ubicati nel territorio comunale, per le attività accessorie degli stabilimenti balneari, quali le attività ludico-ricreative, bar e ristoranti ed intrattenimenti musicali e danzanti, nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, le attività di intrattenimento musicale e di svago danzante ivi previste non sono soggette a limitazioni nel numero degli eventi, nelle modalità di espletamento e nell'utilizzo degli apparati tecnici e impiantistici necessari allo svolgimento delle manifestazioni. Per gli eventi di trattenimento musicale e danzante si applicano i limiti di rumorosità previsti per le attività a carattere temporaneo stabiliti dalle regioni in attuazione della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
21. 300. La Commissione.

All'emendamento 21.300 (nuova formulazione) della Commissione, comma 2, lettera c), sopprimere le parole: e Stato.

Conseguentemente:
al medesimo comma, lettera
f), sostituire le parole: secondo quanto previsto con le seguenti: nei casi previsti;
sopprimere il comma 6.
0. 21. 300. 300. La Commissione.
(Approvato)

Sostituirlo con il seguente:
Art. 21. (Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura di infrazione 2008/4908. Delega al Governo in materia di concessioni demaniali marittime). - 1. Al fine di chiudere la procedura d'infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché al fine di rispondere alle esigenze degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consenta lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare-ricreativa;
a) il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, è abrogato;
b) al comma 2-bis dell'articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 1»;
c) all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 01, comma 2,» sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84».

2. II Governo è delegato ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la semplificazione normativa, per le politiche europee e per il turismo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive modificazioni, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) stabilire limiti minimi e massimi di durata delle concessioni entro i quali le regioni fissano la durata delle stesse in modo da assicurare un uso rispondente all'interesse pubblico, nonché proporzionato all'entità degli investimenti;
b) prevedere criteri e modalità di affidamento nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti;
c) individuare modalità per la riscossione e per la suddivisione dei proventi derivanti dai canoni tra comuni, province, regioni e Stato;
d) fermo restando, in assoluto, il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione, disciplinare le ipotesi di costituzione del titolo di uso o di utilizzo delle aree del demanio marittimo;
e) individuare i casi in cui le concessioni nuove, decadute o revocate sono assegnate nell'ambito dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni;
f) prevedere criteri per l'equo indennizzo del concessionario nei casi di revoca della concessione demaniale, secondo quanto previsto dall'articolo 42 del codice della navigazione;
g) stabilire criteri per l'eventuale dichiarazione di decadenza delle concessioni, nonché criteri e modalità per il subingresso in caso di vendita o di affitto delle aziende.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 2 è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché siano espressi, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque adottato.
4. Dall'attuazione del decreto legislativo di cui al comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
5. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, il Governo, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo.
6. La proroga delle concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2015, disposta dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, si intende disposta a favore delle concessioni comunque in essere al 31 dicembre 2009, nonché delle concessioni comunque in essere sul demanio lacuale e portuale anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo.
7. Si intendono quali imprese turistico balneari le attività classificate all'articolo 01, comma 1, lettere b), c), d) ed e) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che si svolgono su beni del demanio marittimo ovvero le attività di stabilimento balneare anche quando le strutture sono ubicate su beni diversi dal demanio marittimo. Al fine di promuovere il rilancio delle attività turistico-balneari e a tutela della concorrenza, non possono essere poste limitazioni di orario o di attività, diverse da quelle applicate agli altri esercizi ubicati nel territorio comunale, per le attività accessorie degli stabilimenti balneari, quali le attività ludico-ricreative, l'esercizio di bar e ristoranti e gli intrattenimenti musicali e danzanti, nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, le attività di intrattenimento musicale e di svago danzante ivi previste non sono soggette a limitazioni nel numero degli eventi, nelle modalità di espletamento e nell'utilizzo degli apparati tecnici e impiantistici necessari allo svolgimento delle manifestazioni. Per gli eventi di trattenimento musicale e danzante si applicano i limiti di rumorosità previsti per le attività a carattere temporaneo stabiliti dalle regioni in attuazione della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
21. 300.(Nuova formulazione). La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 22

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 22.
(Delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010).

1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi, il Governo è tenuto, oltre che al rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, in quanto compatibili, anche a determinare un periodo di validità delle disposizioni di attuazione della direttiva non inferiore a trenta mesi e che comunque non vada oltre il 30 giugno 2015.
2. In ragione della finalità della direttiva 2010/23/UE di evitare frodi in materia di imposta sul valore aggiunto e in ragione della similarità ai fini dell'imposta sul valore aggiunto delle transazioni aventi ad oggetto le quote di emissioni di gas a effetto serra definite all'articolo 3 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, e le altre unità che possono essere utilizzate per conformarsi alla stessa direttiva, disciplinate dalla direttiva 2010/23/UE, con le transazioni aventi ad oggetto i diritti di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, rilasciati nell'ambito dell'applicazione delle direttive di cui al comma 5 dell'articolo 11 del medesimo decreto legislativo e i titoli di efficienza energetica di cui all'articolo 10 del decreto del Ministro delle attività produttive 20 luglio 2004, recante «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali di energia, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79» e di cui all'articolo 10 del decreto del Ministro delle attività produttive 20 luglio
2004, recante «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164», pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 1o settembre 2004, il Governo è delegato ad adottare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, misure volte ad evitare frodi fiscali in materia di imposta sul valore aggiunto, nel rispetto dei prìncipi e dei criteri previsti dalla direttiva 2010/23/UE per i diritti di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, rilasciati nell'ambito dell'applicazione delle direttive di cui al comma 5 dell'articolo 11 del medesimo decreto legislativo e per i titoli di efficienza energetica di cui all'articolo 10 del citato decreto del Ministro delle attività produttive 20 luglio 2004, adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e di cui all'articolo 10 del citato decreto del Ministro delle attività produttive 20 luglio 2004, adottato ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.
3. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 è subordinata alla preventiva autorizzazione da parte del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 22.
(Delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010).

Sopprimerlo.
22. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 24

ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 24.
(Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009).

1. Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa, entro la scadenza del termine di recepimento fissato dalla stessa direttiva e nel rispetto dei princìpi contenuti nella medesima nonché nelle posizioni comuni 2003/468/PESC del Consiglio e 2008/944/PESC del Consiglio, rispettivamente del 23 giugno 2003 e dell'8 dicembre 2008.
2. La delega di cui al comma 1 deve essere esercitata in conformità ai princìpi di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri per la semplificazione normativa, degli affari esteri, della difesa, della giustizia, dell'interno e dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, con le modalità e le procedure di cui all'articolo 1 con particolare riferimento, in ragione della materia trattata, al parere delle competenti Commissioni parlamentari e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui agli articoli 2 e 3, prevedendo, ove necessario, semplificazioni di natura organizzativa e amministrativa, nonché ulteriori fattispecie sanzionatorie di natura amministrativa nel rispetto dei princìpi di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185.
4. Con uno o più regolamenti si provvede ai fini dell'esecuzione ed attuazione dei decreti legislativi di cui al presente
articolo, con le modalità e le scadenze temporali ivi previste.
5. Gli oneri relativi alle autorizzazioni per le forniture, alle certificazioni e ai controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria. Le tariffe di cui al presente comma sono determinate con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Gli introiti derivanti dal pagamento delle tariffe determinate ai sensi del presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che rilasciano le citate autorizzazioni e certificazioni ed effettuano i controlli previsti dal presente articolo.
6. I tempi di rilascio dei pareri tecnici e delle autorizzazioni connessi alle attività di certificazione di cui alla direttiva 2009/43/CE sono disciplinati secondo i princìpi di semplificazione e trasparenza di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, non potendo, comunque, superare la durata massima di trenta giorni.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 24.
(Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009).

Al comma 3, dopo le parole: di cui all'articolo 1 aggiungere le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96.

Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole: di cui agli articoli 2 e 3 con le seguenti: di cui all'articolo 2 della legge 4 giugno 2010, 96, e all'articolo 3 della presente legge.
24. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 25

ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 25.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).

1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2 della presente legge, in
quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere ogni iniziativa idonea per garantire sistemi alternativi per la sperimentazione e la ricerca scientifica, al fine di limitare ai soli casi di oggettiva e comprovata necessità la possibilità di utilizzare animali a fini di ricerca scientifica, garantendo l'implementazione dei metodi alternativi al fine di contribuire allo sviluppo e alla validazione degli stessi e allo scopo di formare personale esperto nelle tecniche dei metodi alternativi; assicurare l'osservanza e l'applicazione del principio delle tecniche alternative mediante la presenza di un esperto in metodi alternativi all'interno di ogni organismo preposto al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali impiegati a fini scientifici previsto dall'articolo 49 della direttiva;
b) disporre l'avvio di iniziative finalizzate a limitare gli allevamenti destinati a ospitare animali a fini di sperimentazione, prevedendo, per gli allevamenti già esistenti, ogni forma di garanzia per tutelare il ripristino del benessere degli animali ospitati nelle predette strutture e utilizzati a fini di ricerca per non pregiudicare per gli stessi la possibilità di una futura adozione;
c) vietare l'utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via d'estinzione, a meno che non risulti obbligatorio in base a legislazioni o a farmacopee nazionali o internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute delle specie coinvolte;
d) assicurare una misura normativa che tuteli gli organismi geneticamente modificati, tenendo conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione e dell'impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali, anche vietando taluni fenotipi;
e) vietare qualsiasi procedura qualora causi dolore, sofferenza o angoscia intensi che possano protrarsi e non possano essere opportunamente alleviati;
f) assicurare un sistema ispettivo che garantisca il benessere degli animali da laboratorio, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, con ispezioni senza preavviso;
g) predisporre una banca dati telematica presso il Ministero della salute per la raccolta di tutti i dati relativi all'utilizzo degli animali in progetti per fini scientifici o tecnologici e dei metodi alternativi;
h) definire un quadro sanzionatorio appropriato tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo anche in riferimento al titolo IX-bis del libro secondo del codice penale.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione del decreto legislativo di cui al comma 1 con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).

Sopprimerlo.
25. 301. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 26

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 26.
(Gestione della qualità delle acque di balneazione in attuazione dell'articolo 10 della direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006).

1. L'articolo 13 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, recante attuazione della direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione, è sostituito dal seguente:
«Art. 13. - (Cooperazione per le acque transfrontaliere e interregionali) - 1. Se il bacino idrografico comporta un impatto transfrontaliero sulla qualità delle acque di balneazione, lo Stato italiano collabora con gli altri Stati dell'Unione europea interessati nel modo più opportuno per attuare il presente decreto, anche tramite scambio di informazioni e un'azione comune per limitare tale impatto.
2. Se il bacino idrografico comporta un impatto sulla qualità delle acque di balneazione che coinvolge più regioni e province autonome, gli enti interessati collaborano ai sensi del comma 1».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 26.
(Gestione della qualità delle acque di balneazione in attuazione dell'articolo 10 della direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006).

Sopprimerlo.
26. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 27

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 27.
(Adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08).

1. Al fine di adeguare la normativa nazionale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08, all'articolo 27 della legge 14 luglio 1965, n. 963, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, alinea, dopo le parole: «dell'articolo 15, lettere a) e b),» sono inserite le seguenti: «e dell'articolo 26, comma 8,»;
b) al comma 1, lettera b), dopo le parole: «apparecchi di pesca usati» sono inserite le seguenti: «ovvero detenuti».
c) al comma 1, dopo la lettera c-bis) è aggiunta la seguente:
«c-ter) la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a sei mesi e, in caso di recidiva, il ritiro della medesima licenza nei confronti del titolare dell'impresa di pesca quale obbligato in solido, anche ove non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione, in caso di violazione delle disposizioni relative alla detenzione a bordo ovvero alle modalità tecniche di utilizzo di rete da posta derivante».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 27.
(Adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08).

Sopprimerlo.
27. 300. La Commissione.

A.C. 4059-A/R - Articolo 30

ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 30.
(Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161).

1. Al comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161, e successive modificazioni, le parole: «, nei quattro anni successivi alle date ivi previste,» sono soppresse.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 30.
(Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161).

Sopprimerlo.
30. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 34

ARTICOLO 34 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 34.
(Attuazione della direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio, e disciplina organica dei requisiti di installazione degli impianti di distribuzione di benzina).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro i termini di cui all'articolo 1, uno o più decreti legislativi recanti attuazione della direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio.
2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 prevedono l'integrazione della disciplina della direttiva 2009/126/CE nell'ambito della parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e sono adottati nel rispetto della procedura e dei princìpi e criteri direttivi di cui agli articoli 1 e 2
della presente legge, su proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri di cui all'articolo 1, comma 2, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo economico, sono disciplinati in modo organico i requisiti di installazione degli impianti di distribuzione di benzina anche in conformità alla direttiva 94/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, non si applica il punto 3 dell'allegato VIII alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 34 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 34.
(Attuazione della direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio, e disciplina organica dei requisiti di installazione degli impianti di distribuzione di benzina).

Al comma 1, sostituire le parole: i termini di cui all'articolo 1 con le seguenti: quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Conseguentemente, al comma 2:
sostituire le parole:
della presente legge con le seguenti: della legge 4 giugno 2010, n. 96;
sostituire le parole:
di cui all'articolo 1, comma 2 con le seguenti: degli affari esteri, dell'economia e delle finanze e della giustizia.
34. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 38

ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 38.
(Attuazione della direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità bancaria europea, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati).

1. Al fine di dare attuazione alla direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, il Governo è delegato ad apportare le modifiche e le integrazioni necessarie al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, al decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 210, di attuazione della direttiva 98/26/CE sulla definitività degli ordini immessi in un sistema di pagamento o di regolamento titoli, al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, al decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 142, di attuazione della direttiva 2002/87/CE relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante disciplina delle forme pensionistiche complementari, e al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, di attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo
nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) tenere conto dell'integrazione del sistema di vigilanza nazionale nel nuovo assetto di vigilanza del settore finanziario dell'Unione europea e dell'istituzione e dei poteri dell'Autorità bancaria europea istituita dal regolamento (CE) n. 1093/2010, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali istituita dal regolamento (CE) n. 1094/2010, dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati istituita dal regolamento (CE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, del Comitato congiunto delle tre Autorità previsto dall'articolo 54 del regolamento (CE) n. 1093/2010, dall'articolo 54 del regolamento (CE) n. 1094/2010 e dall'articolo 54 del regolamento (CE) n. 1095/2010, nonché del Comitato europeo per il rischio sistemico istituito dal regolamento (CE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010;
b) prevedere che le autorità nazionali competenti possano, secondo le modalità e alle condizioni previste dalle disposizioni
dell'Unione europea, cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le Autorità di vigilanza europee, con il Comitato congiunto, con le autorità competenti degli altri Stati membri e con il Comitato europeo per il rischio sistemico e adempiano agli obblighi di comunicazione nei loro confronti stabiliti dalle stesse disposizioni dell'Unione europea;
c) prevedere che le autorità nazionali competenti tengano conto, nell'esercizio delle loro funzioni, della convergenza in ambito europeo degli strumenti e delle prassi di vigilanza;
d) tenere conto dell'articolo 35 del regolamento (CE) n. 1093/2010, dell'articolo 35 del regolamento (CE) n. 1094/2010 e dell'articolo 35 del regolamento (CE) n. 1095/2010, che stabiliscono le circostanze in cui le Autorità di vigilanza europee possono presentare una richiesta di informazioni, debitamente giustificata e motivata, direttamente ai soggetti vigilati dalle autorità nazionali competenti;
e) tenere conto delle disposizioni dell'Unione europea che prevedono la possibilità di delega di compiti tra le autorità nazionali competenti e tra le stesse e le Autorità di vigilanza europee;
f) tenere conto della natura direttamente vincolante delle norme tecniche di attuazione e delle norme tecniche di regolamentazione adottate dalla Commissione europea in conformità, rispettivamente, agli articoli 15 e 10 dei regolamenti istitutivi delle Autorità di vigilanza europee di cui alla lettera a) del presente comma;
g) tenere conto delle raccomandazioni formulate nelle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del 14 maggio 2008 affinché le autorità di vigilanza nazionali, nell'espletamento dei loro compiti, prendano in considerazione gli effetti della loro azione in relazione alle eventuali ricadute sulla stabilità finanziaria degli altri Stati membri, anche avvalendosi degli opportuni scambi di informazioni con le
Autorità di vigilanza europee e degli altri Stati membri.

2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 38.

Al comma 1, dopo le parole: è delegato aggiungere le seguenti: entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
38. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 39

ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 39.
(Adeguamento alla procedura d'infrazione n. 2009/4117 in materia di deducibilità delle spese relative ai contratti di locazione sostenute da studenti universitari fuori sede).

1. Al fine di adeguare la normativa nazionale a quella dell'Unione europea e per ottemperare alla procedura d'infra zione n. 2009/4117 avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di detrazioni per oneri, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «. Alle medesime condizioni ed entro lo stesso limite, la detrazione spetta per i canoni derivanti da contratti di locazione e di ospitalità ovvero da atti di assegnazione in godimento stipulati, ai sensi della normativa vigente nello Stato in cui l'immobile è situato, dagli studenti iscritti a un corso di laurea presso un'università ubicata nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2012.
3. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, valutati in 28 milioni di euro per l'anno 2013 e in 16 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativo al Fondo per interventi strutturali di politica economica. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 39.

Al comma 2, dopo le parole: a decorrere dal aggiungere le seguenti: periodo d'imposta in corso alla data del.
39. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Articolo 41

ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 41.
(Modifiche al decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 178, recante attuazione della direttiva 2000/36/CE relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana. Sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 novembre 2010 nella causa C-47/09).

1. Al decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 178, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 6 è abrogato;
b) all'articolo 7, il comma 8 è abrogato.

2. Lo smaltimento delle scorte delle etichette e delle confezioni dei prodotti di cioccolato che riportano il termine «puro» abbinato al termine «cioccolato» in aggiunta o integrazione alle denominazioni di vendita di cui all'allegato I annesso al decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 178, oppure la dizione «cioccolato puro» in un'altra parte dell'etichetta deve avvenire entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 41.
(Modifica al decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 178, recante «Attuazione della direttiva 2000/36/CE relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana». Sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 novembre 2010 nella causa C-47/09).

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2009/20/CE e 2010/36/UE, in materia crediti marittimi e di sicurezza delle navi e 2010/35/UE, in materia di attrezzature a pressione trasportabili.) - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi per l'attuazione delle direttive 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull'assicurazione degli armatori per i crediti marittimi e 2010/36/UE della Commissione, del 1o giugno 2010, che modifica la direttiva 2009/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri, e, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, un decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2010/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2010, in materia di attrezzature a pressione trasportabili e che abroga le direttive del Consiglio 76/767/CEE, 84/525/CEE, 84/526/CEE, 84/527/CEE e 1999/36/CE.
41. 0304. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2010/60/UE, in materia di commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2010/60/UE della Commissione, del 30 agosto 2010, che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale.
41. 0305. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2009/128/CE, relativa all'utilizzo sostenibile dei pesticidi). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
41. 0306. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2009/38/CE, relativa al comitato aziendale europeo, 2009/50/CE e 2009/52/CE, in materia di lavoro dei cittadini di paesi terzi). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e dell'interno, uno o più decreti legislativi per l'attuazione delle direttive 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (rifusione), 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
41. 0307. La Commissione.
(Approvato)

All'articolo aggiuntivo 41.0308 della Commissione, comma 2, alinea, sopprimere le parole: parziale e.
0. 41. 0308. 300. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2010/76/CE, concernente il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza e modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, nonché al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti i poteri di intervento della Banca d'Italia). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia, uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2010/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza.
2. Al fine di dare parziale e diretta attuazione alla direttiva 2010/76/CE, al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 53:
1) al comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) il governo societario, l'organizzazione amministrativa e contabile, nonché i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione;»;
2) al comma 3, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) adottare per le materie indicate nel comma 1, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole banche, riguardanti anche: la restrizione delle attività o della struttura territoriale; il divieto di effettuare determinate operazioni, anche di natura societaria, e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio, nonché, con riferimento a strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, il divieto di pagare interessi; la fissazione di limiti all'importo totale della parte variabile delle remunerazioni nella banca, quando sia necessario per il mantenimento di una solida base patrimoniale. Per le banche che beneficiano di eccezionali interventi di sostegno pubblico la Banca d'Italia può inoltre fissare limiti alla remunerazione complessiva degli esponenti aziendali»;
b) all'articolo 67:
1) al comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) il governo societario, l'organizzazione amministrativa e contabile, nonché i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione;»;
2) il comma 2-ter è sostituito dal seguente:
«2-ter. I provvedimenti particolari adottati ai sensi del comma 1 possono riguardare anche: la restrizione delle attività o della struttura territoriale del gruppo; il divieto di effettuare determinate operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio, nonché, con riferimento a strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, il divieto di pagare interessi; la fissazione di limiti all'importo totale della parte variabile delle remunerazioni nella banca, quando sia necessario per il mantenimento di una solida base patrimoniale. Per le capogruppo che beneficiano di eccezionali interventi di sostegno pubblico la Banca d'Italia può inoltre fissare limiti alla remunerazione complessiva degli esponenti aziendali.»;
3. Per le medesime finalità di cui al comma 2, al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 6, comma 2-bis, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) governo societario, requisiti generali di organizzazione, sistemi di remunerazione e di incentivazione;»;
b) all'articolo 7, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La Banca d'Italia può emanare, a fini di stabilità, disposizioni di carattere particolare aventi a oggetto le materie disciplinate dall'articolo 6, comma 1, lettera a), e, ove la situazione lo richieda: adottare provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale; vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio; con riferimento a strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, vietare il pagamento di interessi; fissare limiti all'importo totale della parte variabile delle remunerazioni nei soggetti abilitati, quando sia necessario per il mantenimento di una solida base patrimoniale».
4. All'articolo 12, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 e successive modificazioni, le parole: «al 10 per cento del proprio patrimonio» sono sostituite dalle seguenti: «alla quota percentuale prevista dall'articolo 7, comma 3-bis».
41. 0308. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 41, aggiungere il seguente:
Art. 42. - (Modifiche al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e successive modificazioni, recante attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso). - 1. Al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 5, comma 15, alinea, le parole: «possono consegnare» sono sostituite dalla seguente: «consegnano»;
b) all'articolo 10, comma 1-bis, le parole: «dei centri di raccolta di cui all'articolo 3, comma 1, lettera p)» sono sostituite dalle seguenti: «degli impianti di trattamento di cui all'articolo 3, comma 1, lettera o), per quanto richiesto dagli stessi impianti».
41. 0310. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4059-A/R - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
la recente decisione dell'Unione europea di limitare a tre sole lingue del Nord Europa (inglese, francese e tedesco) le lingue con le quali è possibile registrare i brevetti e le invenzioni europee, escludono così lingue portatrici di grande cultura e scienza, come l'italiano e lo spagnolo, prelude ad una contrapposizione tra Nord e Sud dell'Europa che contraddice lo spirito comunitario dei Trattati istitutivi dell'Unione;
è necessario ritrovare al più presto tale spirito comunitario ed unitario attraverso ulteriori e nuove iniziative d'integrazione, rappresentative della comune patria europea e in grado di valorizzare le ricche diversità culturali presenti al suo interno come patrimonio comune continentale;
tra gli ambiti in grado di causare un maggior valore d'integrazione sociale e culturale vi è con certezza quello sportivo il quale ha, tra le principali finalità e valori, non solo la funzione fondamentale di tutela della salute e del benessere fisico ma, anche e soprattutto l'educazione al confronto, alla fratellanza e la promozione del dialogo interculturale;
in occasione delle ultime Olimpiadi di Pechino, i Paesi membri dell'Unione europea nel loro insieme, hanno vinto 276 medaglie contro le 109 dagli Stati Uniti, le 100 della Cina, le 72 della Russia e delle 276 vittorie dei Paesi membri ben 85 sono state premiate con medaglie d'oro, contro le 51 cinesi, le 36 statunitensi e le 23 russe, ossia quasi il triplo delle medaglie degli altri grandi Paesi impegnati nella competizione olimpica;
su tutti gli edifici istituzionali, a cominciare da quello del Capo dello Stato, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, di già sventolano simbolicamente affiancate la bandiera nazionale e quella europea,

impegna il Governo:

a rappresentare i nostri atleti alle prossime Olimpiadi di Londra del 2012 non solo con la bandiera nazionale, ma anche con quella europea;
a farsi promotore di tale forte iniziativa anche presso gli altri Paesi dell'Unione, poiché capace di dare un'ulteriore importante conoscibilità mondiale all'immagine dell'Europa unita nella diversità, affinché sulle divise degli atleti di tutte le nazionali olimpiche europee e sui monitor di tutte le televisioni del mondo campeggi la doppia bandiera, nazionale e comunitaria, nelle forme e nelle proporzioni che il Governo stesso intenderà opportuno proporre.
9/4059-AR/1. Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene alcune disposizioni che, come evidenziato dal Comitato della Legislazione, non sono volte a dare attuazione alla normativa ed alla giurisprudenza comunitaria, appaiono estranee ai contenuti propri della legge comunitaria come definiti ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 11 del 2005;
tra tali disposizioni spicca in particolare l'articolo 17 che, nel delegare il Governo a disciplinare il contratto di fiducia, delinea una disciplina speciale e derogatoria rispetto ai principi generali posti dal codice civile in materia di responsabilità patrimoniale del debitore e di successioni;
il predetto articolo 17 riprende, inoltre, i contenuti dell'articolo 1 del disegno di legge S. 2284, all'esame del Senato presso la Commissione Giustizia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a garantire che nell'ambito di provvedimenti legislativi quali la legge comunitaria siano inserite solo disposizioni tese a dare attuazione alla normativa ed alla giurisprudenza comunitaria.
9/4059-AR/2. Palomba, Porcino, Cimadoro, Rota.

La Camera,
premesso che:
con il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune (PAC), la Commissione europea lo scorso novembre ha disegnato le linee guida e di indirizzo, per il periodo 2014-2020 per l'agricoltura affinché possa diventare protagonista di pari dignità nelle politiche di sviluppo della società, con riguardo all'approvvigionamento alimentare; alle produzioni sostenibili e alla tutela dell'occupazione;
il suddetto documento che sarà soggetto alle proposte legislative nel prossimo luglio da parte della stessa Commissione, le quali saranno approvate, presumibilmente, entro il secondo semestre del 2012, rappresenta uno degli impegni comunitari di maggiore rilevanza strategica ed economica, in considerazione che per il nostro Paese vale una partita pari a circa 6,5 miliardi di euro all'anno, tra aiuti diretti agli agricoltori (4,3 miliardi di euro/anno) e misure di sostegno allo sviluppo rurale (2,2 miliardi di euro/anno);
il futuro della PAC che sarà nei prossimi mesi oggetto di un negoziato difficile con gli altri Paesi europei quali: Regno Unito, Olanda, Svezia, Danimarca, Austria, che rappresentano i contribuenti netti per il bilancio comunitario con riferimento al capitolo agricolo, rappresenta un'opportunità economica e finanziaria fondamentale per l'Italia, in particolare nel costruire un nuovo rapporto con le Regioni, anche in considerazione che i Programmi di sviluppo rurale (Psr) rappresentano il principale strumento di sostegno al settore agricolo;
dopo gli aiuti diretti e soprattutto dalla constatazione che gran parte degli aiuti economici destinati all'agricoltura dall'Unione europea rischiano di andare perduti a causa di inefficienze burocratiche e automatismi improduttivi che non consentono alle regioni di utilizzare i finanziamenti ricevuti dall'Unione europea che a sua volta li indirizza verso Paesi più performanti,

impegna il Governo:

ad intervenire nell'ambito della rinegoziazione della politica agricola comunitaria al fine di adottare ogni soluzione utile ad evitare il disimpegno dei fondi complessivamente assegnati per le regioni italiane;
a prevedere, nell'ambito della medesima rinegoziazione della politica agricola comunitaria, iniziative volte a snellire le procedure burocratiche e gli adempimenti previsti attraverso una semplificazione del quadro legislativo complessivo, degli aiuti comunitari al settore agricolo, verificando se sussistano le condizioni per trasformare i 21 PSR (Programmi di sviluppo rurale) in un Programma unico nazionale che rappresenterebbe l'unica soluzione per lasciare inalterato l'attuale assetto delle competenze e consentire compensazione finanziarie con le regioni per evitare disimpegni futuri.
9/4059-AR/3. Nastri.

La Camera,
premesso che:
sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
proprio per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, l'articolo 37 del codice della navigazione, di cui al regio decreto n. 327 del 1942, e successive modificazioni, stabilisce che nell'assegnazione della concessione e nella fase di rinnovo della medesima è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico;
le concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative possono avere una durata variabile in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni;
in materia è intervenuto il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, modificato dalla legge di conversione n. 25 del 2010, che, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative che erano in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015;
la norma, mediante un richiamo all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400 del 1993, ha espressamente confermate le scadenze delle concessioni fissate in una data successiva al 31 dicembre 2015;
il suddetto comma 18 ha infine previsto l'abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione, il quale per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, stabiliva, al comma 2, che per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili;
la necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata sollevata dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente rispetto alle nuove istanze;
si tratta in particolare della procedura d'infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi», meglio conosciuta come direttiva Bolkestein (direttiva 123/2006/CE);
la direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla rappresentanza permanente presso la CE al dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva evidenziato che la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all'articolo 43 del trattato che istituisce la Comunità europea, era in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi», invitando le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l'ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
di conseguenza, nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, con il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009 è stata disposta l'abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione;
con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate;
in particolare, la Commissione avrebbe notato che il citato decreto-legge n. 194 del 2009, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 25 del 2010, contiene all'articolo 1, comma 18, un rinvio all'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993 il quale non era previsto dal testo iniziale del decreto-legge n. 194 del 2009. Il rinvio ad altri articoli di legge, secondo la Commissione, avrebbe privato di ogni effetto utile il testo del decreto-legge, che mirava alla messa in conformità della legislazione italiana con il diritto dell'Unione europea, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni;
le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera), si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il ciclo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza;
da qui, l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, così come disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 e richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle regioni nel suo documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;
gli atti amministrativi rilasciati in Italia, per l'uso turistico del demanio marittimo, lacuale e fluviale, rientrano nelle «concessioni di beni» che, pertanto, non possono e non devono essere considerati nel novero di quelli attinenti ai «servizi» ed agli «appalti di lavoro» e quindi tali da poter essere ricompresi tra le esclusioni previste dalla «direttiva servizi»;
la necessità di produrre una disciplina unitaria per tutto il territorio nazionale nonostante l'emanazione del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, (cosiddetto federalismo demaniale), non potrà che avere forza di legge quadro così come chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 12 maggio 2010 che, in materia di concessioni demaniali marittime, ha affermato l'esclusiva competenza statale trattandosi di disciplina concernente la concorrenza e così come chiesto dalla Conferenza delle regioni con il documento citato;
nella predisposizione della nuova disciplina si dovrà tenere in considerazione che l'ordinamento italiano ha teso nel tempo, attraverso il «diritto di preferenza» prima e il «diritto di insistenza» dopo, a sviluppare un principio di stabilità del rapporto concessorio (codice della navigazione, legge n. 493 del 1993, legge n. 88 del 2001, legge n. 135 del 2001 sul turismo, legge n. 296 del 2006) a cui si sono fino ad ora ispirate le stesse linee di politica economica del settore. Tale costante ed uniforme attività legislativa ha determinato nelle imprese balneari la legittima aspettativa di avere davanti un orizzonte temporale lungo - ben più lungo del 2015 - per poter effettuare gli investimenti per l'ammodernamento e il rinnovamento delle strutture e delle attrezzature. Ora, pertanto, non si tratta solo di ammortizzare e remunerare i capitali investiti, ma anche di non veder repentinamente dissolta la prospettiva economica di così tante famiglie e, con essa, l'attività peculiare e creativa che negli anni ha consentito di promuovere un modello turistico virtuoso, nonché la crescita e lo sviluppo di realtà socio-economiche del tutto diverse da quelle di altre realtà europee. Si tratterà quindi anche di salvaguardare i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento che fanno pacificamente parte non solo del nostro ordinamento ma anche di quello europeo (si veda, ad esempio la sentenza della Corte dell'Unione europea, sez. VI, 24 gennaio 2002, procedimento n. C-500/99 e 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02 e le sentenze della Corte costituzionale 264/2005 e 302/2010);
la direttiva servizi nelle sue premesse e, a seguire nei suoi articolati, prevede autorizzazioni temporanee per il prestatore interessato a far circolare un proprio servizio, mentre prevede la necessità di ricorrere al sistema dell'automatico rinnovo laddove il prestatore voglia e abbia bisogno di certezza del lungo termine al fine di stabilire in modo stabile e duraturo la propria impresa (articolo 11 direttivi servizi);
le imprese del settore turistico balneare, per investire e crescere, chiedono oltre alla applicazione di quanto già concordato con il Protocollo d'intesa sottoscritto il 25 novembre 2008 dal Ministro del turismo, le regioni e le organizzazioni delle imprese, per la modifica dei parametri di calcolo dei canoni individuati dalla legge n. 296 del 2006, solo ed esclusivamente certezze giuridiche,

impegna il Governo:

a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale e sulla base dell'unicità, dell'originalità e della specificità del sistema italiano, a prevedere un'adeguata applicazione per l'Italia della direttiva servizi n. 123/2006/CE riferita esplicitamente al settore balneare, da concertare appositamente con la Commissione europea;
ad attivare gli strumenti che la stessa Comunità europea indica per la risoluzione di eventuali disparità, valutando la possibile esclusione delle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative dalla direttiva servizi o con deroga dalla stessa tramite l'attività di monitoraggio che si concluderà quest'anno il 28 dicembre 2011, data entro cui il Consiglio dei ministri può decretarne l'esclusione.
9/4059-AR/4. Favia, Di Pietro, Donadi.

La Camera,
premesso che:
sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
proprio per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, l'articolo 37 del codice della navigazione, di cui al regio decreto n. 327 del 1942, e successive modificazioni, stabilisce che nell'assegnazione della concessione e nella fase di rinnovo della medesima è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico;
le concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative possono avere una durata variabile in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni;
in materia è intervenuto il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, modificato dalla legge di conversione n. 25 del 2010, che, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative che erano in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015;
la norma, mediante un richiamo all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400 del 1993, ha espressamente confermate le scadenze delle concessioni fissate in una data successiva al 31 dicembre 2015;
il suddetto comma 18 ha infine previsto l'abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione, il quale per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, stabiliva, al comma 2, che per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili;
la necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata sollevata dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente rispetto alle nuove istanze;
si tratta in particolare della procedura d'infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi», meglio conosciuta come direttiva Bolkestein (direttiva 123/2006/CE);
la direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla rappresentanza permanente presso la CE al dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva evidenziato che la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all'articolo 43 del trattato che istituisce la Comunità europea, era in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi», invitando le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l'ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
di conseguenza, nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, con il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009 è stata disposta l'abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione;
con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate;
in particolare, la Commissione avrebbe notato che il citato decreto-legge n. 194 del 2009, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 25 del 2010, contiene all'articolo 1, comma 18, un rinvio all'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993 il quale non era previsto dal testo iniziale del decreto-legge n. 194 del 2009. Il rinvio ad altri articoli di legge, secondo la Commissione, avrebbe privato di ogni effetto utile il testo del decreto-legge, che mirava alla messa in conformità della legislazione italiana con il diritto dell'Unione europea, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni;
le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera), si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il ciclo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza;
da qui, l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, così come disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 e richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle regioni nel suo documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;
la necessità di produrre una disciplina unitaria per tutto il territorio nazionale nonostante l'emanazione del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, (cosiddetto federalismo demaniale), non potrà che avere forza di legge quadro così come chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 12 maggio 2010 che, in materia di concessioni demaniali marittime, ha affermato l'esclusiva competenza statale trattandosi di disciplina concernente la concorrenza e così come chiesto dalla Conferenza delle regioni con il documento citato;
nella predisposizione della nuova disciplina si dovrà tenere in considerazione che l'ordinamento italiano ha teso nel tempo, attraverso il «diritto di preferenza» prima e il «diritto di insistenza» dopo, a sviluppare un principio di stabilità del rapporto concessorio (codice della navigazione, legge n. 493 del 1993, legge n. 88 del 2001, legge n. 135 del 2001 sul turismo, legge n. 296 del 2006) a cui si sono fino ad ora ispirate le stesse linee di politica economica del settore. Tale costante ed uniforme attività legislativa ha determinato nelle imprese balneari la legittima aspettativa di avere davanti un orizzonte temporale lungo - ben più lungo del 2015 - per poter effettuare gli investimenti per l'ammodernamento e il rinnovamento delle strutture e delle attrezzature. Ora, pertanto, non si tratta solo di ammortizzare e remunerare i capitali investiti, ma anche di non veder repentinamente dissolta la prospettiva economica di così tante famiglie e, con essa, l'attività peculiare e creativa che negli anni ha consentito di promuovere un modello turistico virtuoso, nonché la crescita e lo sviluppo di realtà socio-economiche del tutto diverse da quelle di altre realtà europee. Si tratterà quindi anche di salvaguardare i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento che fanno pacificamente parte non solo del nostro ordinamento ma anche di quello europeo (si veda, ad esempio la sentenza della Corte dell'Unione europea, sez. VI, 24 gennaio 2002, procedimento n. C-500/99 e 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02 e le sentenze della Corte costituzionale 264/2005 e 302/2010);
la direttiva servizi nelle sue premesse e, a seguire nei suoi articolati, prevede autorizzazioni temporanee per il prestatore interessato a far circolare un proprio servizio, mentre prevede la necessità di ricorrere al sistema dell'automatico rinnovo laddove il prestatore voglia e abbia bisogno di certezza del lungo termine al fine di stabilire in modo stabile e duraturo la propria impresa (articolo 11 direttivi servizi);
le imprese del settore turistico balneare, per investire e crescere, chiedono oltre alla applicazione di quanto già concordato con il Protocollo d'intesa sottoscritto il 25 novembre 2008 dal Ministro del turismo, le regioni e le organizzazioni delle imprese, per la modifica dei parametri di calcolo dei canoni individuati dalla legge n. 296 del 2006, solo ed esclusivamente certezze giuridiche,

impegna il Governo:

a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale e sulla base dell'unicità, dell'originalità e della specificità del sistema italiano, a prevedere un'adeguata applicazione per l'Italia della direttiva servizi n. 123/2006/CE riferita esplicitamente al settore balneare, da concertare appositamente con la Commissione europea;
ad attivare gli strumenti che la stessa Comunità europea indica per la risoluzione di eventuali disparità, valutando la possibile esclusione delle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative dalla direttiva servizi o con deroga dalla stessa tramite l'attività di monitoraggio che si concluderà quest'anno il 28 dicembre 2011, data entro cui il Consiglio dei ministri può decretarne l'esclusione.
9/4059-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Favia, Di Pietro, Donadi.

La Camera,
premesso che:
la Relazione annuale, introdotta dalla legge n. 11 del 2005 al fine di rendere conto delle attività svolte dal Governo in seno alle istituzioni europee e nell'ambito delle politiche comunitarie, rappresenta uno strumento di preziosa rilevanza per l'attività, di valenza costituzionale, di controllo del Parlamento sulle attività dell'esecutivo;
con l'entrata in vigore il 1o dicembre del 2009 del Trattato di Lisbona è stato ulteriormente accresciuto il ruolo dei parlamenti nazionali nelle procedure normative dell'Unione Europea, al fine di garantire, con la più incisiva partecipazione delle assemblee elettive nazionali agli affari europei, una maggiore legittimità democratica all'architettura istituzionale dell'Unione Europea, quando prima la rappresentatività era data in via principale soltanto dalla partecipazione degli esecutivi nazionali al Consiglio Europeo;
in questo processo di democratizzazione la Relazione annuale in oggetto dovrebbe rappresentare un momento di importante coinvolgimento per il nostro Parlamento;
in forza del nuovo articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, da quest'anno il Governo deve presentare al Parlamento, oltre alla Relazione annuale relativa all'anno pregresso, anche una seconda relazione, di carattere programmatico, che tenga conto dei programmi di lavoro dell'Unione europea e riguardi le linee della politica europea dell'Italia per l'anno in corso;
con riferimento alla Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 il provvedimento è stato presentato dal Governo il 5 agosto scorso e arriva all'esame del Parlamento con 17 mesi di ritardo, pregiudicando l'incisività della Relazione in termini programmatici e conoscitivi in quanto il testo contiene riferimenti a circostanze e fatti relativi al 2008 e testimoniando in tale via il depotenziamento della funzione di controllo del Parlamento. La Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica ha sospeso i lavori in merito alla riforma del Regolamento che avrebbe dovuto prevedere la separazione del documento in oggetto dalla legge comunitaria, al fine di rendere più veloce e agevole l'analisi dei due atti e di rispettare in tale modo le tempistiche dettate dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11,

impegna il Governo:

a garantire il rispetto dei tempi previsti per la presentazione al Parlamento della Relazione annuale per il 2010 al fine di mantenere la cogenza e la rilevanza conoscitiva del documento, che si perdono inevitabilmente qualora la Relazione si riferisca a fatti ed eventi anacronistici rispetto al dibattito parlamentare;
a prevedere nella Relazione per l'anno 2010 una valutazione critica delle attività intraprese dall'Italia per il conseguimento degli obiettivi non vincolanti e vincolanti assunti.
9/4059-AR/5. Porcino, Cambursano, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
le regole attualmente utilizzate nel mercato italiano della difesa sono destinate a essere radicalmente modificate nel quadro del processo di integrazione europea;
per l'Italia la maggiore difficoltà, in prospettiva, riguarda la capacità di adeguare tempestivamente e efficacemente il quadro normativo, procedurale e istituzionale ai cambiamenti intervenuti;
uno degli obiettivi principali è il recepimento della direttiva comunitaria, la Direttiva 2009/43/CE che «semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa» e intende armonizzare le legislazioni di tutti i paesi UE e soprattutto favorire una integrazione del mercato comunitario di questa industria;
uno dei maggiori rischi da evitare è quello di una perdita di trasparenza ed informazione, con la riduzione del potere del decisore legislativo di regolamentare una materia che tocca i temi della politica estera italiana e della human security, sottraendo al Parlamento e alla società civile una titolarità che era stata il centro di tutto l'impianto della legge n. 185 del 1990;
l'Italia dovrebbe farsi promotrice in seno all'UE di un innalzamento forte degli standard di trasparenza sulle armi e recepire la posizione comune UE sugli intermediari di armi, con le limitazioni ad aziende per questi tipi di affari, ma solo se anche le armi piccole o leggere saranno ricomprese nella stessa normativa;
recentemente è stata avviata la discussione all'ONU sul Trattato sui Trasferimenti di Armi (ATT) e l'Europa non ha un sistema vincolante di norme sulle armi: la Posizione Comune attualmente in vigore non è vincolante né sanzionatoria e non possiede un sistema omogeneo di dati. È necessario un ampio dibattito sia nell'opinione pubblica sia in Parlamento affinché l'Italia diventi promotrice di un grande rinnovamento e miglioramento della situazione internazionale;
il recepimento della direttiva europea n. 43/2009 è un'occasione molto importante per il nostro Paese e sono, altresì, necessari maggiori controlli e considerazioni. L'export militare ha avuto una crescita esponenziale nonostante una crisi economica che ha atterrato tutti i settori, inoltre proprio la legge n. 185 del 1990 inserì nel Rapporto annuale della Presidenza del Consiglio dei ministri sull'esportazione dei materiali militari la tabella che riporta l'elenco dettagliato delle banche attraverso cui sono state realizzate le operazioni, tabella che è sparita dal 2008;
dal luglio 2012 il «sistema europeo» diventerà operativo e i Paesi o le imprese che non ne faranno parte, non godranno di alcuna facilitazione e semplificazione,

impegna il Governo:

a una massima trasparenza e informazione in materia di export militare italiano;
al recepimento della direttiva 2009/43/CE per determinare con certezza controlli e strumenti di pubblicazione dei dati sull'export militare italiano;
a valutare l'opportunità di farsi promotore in seno all'Unione europea di un innalzamento forte degli standard di trasparenza sulle armi e recepire la posizione comune UE sugli intermediari di armi, con le limitazioni ad aziende per questi tipi di affari, tenendo conto anche delle armi piccole o leggere.
9/4059-AR/6. Di Stanislao, Cimadoro, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri risulta, dal 15 novembre 2010, vacante del Ministro titolare, nonché del sottosegretario competente;
il Ministro per le politiche europee è delegato a esercitare le funzioni e le attribuzioni di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri dirette ad assicurare la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea, partecipando alle riunioni del Consiglio competitività dell'Unione Europea e rappresentando l'Italia negli argomenti posti relativi al mercato interno;
la vacanza di tale carica ha comportato l'affidamento ad interim della competenza sulle politiche comunitarie al Presidente del Consiglio dei ministri, la cui attività in tale ambito è risultata nei mesi risibile a causa degli impegni dello stesso negli affari della Presidenza del Consiglio dei ministri;
il nostro Paese ha risentito della mancanza di un Ministro titolare del Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, non soltanto nell'attività di rappresentanza in seno alle istituzioni comunitarie ma anche nell'attività interna del Dipartimento, come dimostra l'impossibilità, determinata dall'empasse politica, di presentare al Parlamento la Relazione programmatica sulla partecipazione italiana all'unione Europea per il 2011, prevista dall'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11,

impegna il Governo

a nominare, nel più breve tempo possibile, il nuovo titolare della delega a esercitare le funzioni e le attribuzioni di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri dirette ad assicurare la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea, al fine di garantire operatività al Dipartimento per la politiche comunitarie e piena rappresentanza al nostro Paese in seno alle istituzioni europee.
9/4059-AR/7. Evangelisti, Donadi, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
la Relazione annuale, introdotta dalla legge n. 11 del 2005 al fine di rendere conto delle attività svolte dal Governo in seno alle istituzioni europee e nell'ambito delle politiche comunitarie, rappresenta uno strumento di preziosa rilevanza per l'attività, di valenza costituzionale, di controllo del Parlamento sulle attività dell'esecutivo;
con l'entrata in vigore il 1o dicembre del 2009 del Trattato di Lisbona è stato ulteriormente accresciuto il ruolo dei parlamenti nazionali nelle procedure normative dell'Unione Europea, al fine di garantire, con la più incisiva partecipazione delle assemblee elettive nazionali agli affari europei, una maggiore legittimità democratica all'architettura istituzionale dell'Unione Europea, quando prima la rappresentatività era data in via principale soltanto dalla partecipazione degli esecutivi nazionali al Consiglio Europeo;
in questo processo di democratizzazione la Relazione annuale in oggetto dovrebbe rappresentare un momento di importante coinvolgimento per il nostro Parlamento;
in forza del nuovo articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, da quest'anno il Governo deve presentare al Parlamento, oltre alla Relazione annuale relativa all'anno pregresso, anche una seconda relazione, di carattere programmatico, che tenga conto dei programmi di lavoro dell'Unione europea e riguardi le linee della politica europea dell'Italia per l'anno in corso;
con riferimento alla Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 il provvedimento è stato presentato dal Governo il 5 agosto scorso e arriva all'esame del Parlamento con 17 mesi di ritardo, pregiudicando l'incisività della Relazione in termini programmatici e conoscitivi in quanto il testo contiene riferimenti a circostanze e fatti relativi al 2008 e testimoniando in tale via il depotenziamento della funzione di controllo del Parlamento;
la Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica ha sospeso i lavori in merito alla riforma del Regolamento che avrebbe dovuto prevedere la separazione del documento in oggetto dalla legge comunitaria, al fine di rendere più veloce e agevole l'analisi dei due atti e di rispettare in tale modo le tempistiche dettate dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11;
nel merito, si ritiene che relativamente alla risposta dell'Unione europea alla crisi mondiale, si sarebbe dovuto mettere in luce nella Relazione più che il semplice coordinamento delle politiche di bilancio nazionali la volontà degli Stati membri di dare vita ad una cogente governance europea, al fine di disporre di reali e incisivi strumenti di risposta unitaria alle perturbazioni finanziarie ed economiche e capace di individuare misure preventive in grado di riformare strutturalmente il sistema; in merito alla sezione III, che si concentra sull'energia e sui cambiamenti climatici, è stigmatizzabile come il Governo abbia dimostrato poco coraggio nel perseguire gli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni inquinanti, mancando di individuare incentivi per le industrie con compatibilità ecologica, e come abbia rappresentato un freno per gli stati membri più avanzati in materia nella implementazione della politica ambientale e nel raggiungimento del cosiddetto accordo «20-20-20», per il quale ha anche avanzato una proposta di riforma che ne riduce l'apporto;
si giudica inoltre censurabile la estrema vaghezza nel riferire di passate iniziative italiane nell'UE e l'assenza di una proposta programmatica per l'iniziativa italiana nell'UE nell'anno in corso e su base pluriennale,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di competenza volto a favorire il rafforzamento del ruolo del Parlamento e delle Commissioni permanenti per le Politiche dell'Unione europea;
a porre in essere ogni atto di competenza volto a favorire l'esercizio delle prerogative delle predette Commissioni sia nell'elaborazione della fase ascendente della normativa comunitaria - i cui risultati in termini di performance sono stati sicuramente positivi - sia nella fase discendente del recepimento delle stesse direttive, in modo tale da garantire il necessario fondamentale controllo parlamentare.
9/4059-AR/8. Leoluca Orlando, Porcino, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
la Relazione annuale, introdotta dalla legge n. 11 del 2005 al fine di rendere conto delle attività svolte dal Governo in seno alle istituzioni europee e nell'ambito delle politiche comunitarie, rappresenta uno strumento di preziosa rilevanza per l'attività, di valenza costituzionale, di controllo del Parlamento sulle attività dell'esecutivo;
con l'entrata in vigore il 1o dicembre del 2009 del Trattato di Lisbona è stato ulteriormente accresciuto il ruolo dei parlamenti nazionali nelle procedure normative dell'Unione Europea, al fine di garantire, con la più incisiva partecipazione delle assemblee elettive nazionali agli affari europei, una maggiore legittimità democratica all'architettura istituzionale dell'Unione Europea, quando prima la rappresentatività era data in via principale soltanto dalla partecipazione degli esecutivi nazionali al Consiglio Europeo;
in questo processo di democratizzazione la Relazione annuale in oggetto dovrebbe rappresentare un momento di importante coinvolgimento per il nostro Parlamento;
in forza del nuovo articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, da quest'anno il Governo deve presentare al Parlamento, oltre alla Relazione annuale relativa all'anno pregresso, anche una seconda relazione, di carattere programmatico, che tenga conto dei programmi di lavoro dell'Unione europea e riguardi le linee della politica europea dell'Italia per l'anno in corso;
con riferimento alla Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 il provvedimento è stato presentato dal Governo il 5 agosto scorso e arriva all'esame del Parlamento con 17 mesi di ritardo, pregiudicando l'incisività della Relazione in termini programmatici e conoscitivi in quanto il testo contiene riferimenti a circostanze e fatti relativi al 2008 e testimoniando in tale via il depotenziamento della funzione di controllo del Parlamento;
la Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica ha sospeso i lavori in merito alla riforma del Regolamento che avrebbe dovuto prevedere la separazione del documento in oggetto dalla legge comunitaria, al fine di rendere più veloce e agevole l'analisi dei due atti e di rispettare in tale modo le tempistiche dettate dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11;
nel merito, si ritiene che relativamente alla risposta dell'Unione europea alla crisi mondiale, si sarebbe dovuto mettere in luce nella Relazione più che il semplice coordinamento delle politiche di bilancio nazionali la volontà degli Stati membri di dare vita ad una cogente governance europea, al fine di disporre di reali e incisivi strumenti di risposta unitaria alle perturbazioni finanziarie ed economiche e capace di individuare misure preventive in grado di riformare strutturalmente il sistema; in merito alla sezione III, che si concentra sull'energia e sui cambiamenti climatici, è stigmatizzabile come il governo abbia dimostrato poco coraggio nel perseguire gli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni inquinanti, mancando di individuare incentivi per le industrie con compatibilità ecologica, e come abbia rappresentato un freno per gli stati membri più avanzati in materia nella implementazione della politica ambientale e nel raggiungimento del cosiddetto accordo «20-20-20», per il quale ha anche avanzato una proposta di riforma che ne riduce l'apporto;
si giudica inoltre censurabile la estrema vaghezza nel riferire di passate iniziative italiane nell'UE e l'assenza di una proposta programmatica per l'iniziativa italiana nell'UE nell'anno in corso e su base pluriennale,

impegna il Governo:

a utilizzare ogni strumento utile al fine di giungere a una efficiente e efficace governance economica e a potenziarne i risultati ottenuti;
a utilizzare ogni strumento utile volto a ridurre il numero di procedure di infrazione, allineando il dato attuale, 123 procedure aperte, con quello inferiore degli altri paesi dell'Unione europea, nonché il deficit di trasposizione delle direttive comunitarie, passando da un deficit dell'1,4 per cento all'1 per cento, fissato come obiettivo nel 2007.
9/4059-AR/9. Paladini, Cambursano, Borghesi, Messina, Barbato.

La Camera
premesso che:
gli stabilimenti balneari e le aziende ad uso turistico-ricreativo costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico- ricettiva italiana;
risultano censite nel nostro Paese 28.000 concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative con strutture «amovibili» e circa 1.000 pertinenze demaniali marittime con manufatti «inamovibili» di proprietà dello Stato;
l'Italia, con i suoi 7.458 chilometri di costa, si distingue per la sua specificità in ambito europeo. Nel nostro Paese, infatti, vi è una larga diffusione sul demanio marittimo di stabilimenti balneari, oggetto di concessione. Il ricorso a tale istituto è motivato dalla natura del bene, appartenente allo Stato, ex articolo 822 del codice civile, e destinato, tra l'altro, a soddisfare interessi pubblici;
gli stabilimenti balneari sono diffusi in tutto il territorio costiero del Paese ed in alcune particolari aree hanno raggiunto livelli di significatività economica paragonabile a quella di veri e propri distretti produttivi. Sono, inoltre, fortemente integrati con l'offerta alberghiera contribuendo significativamente al PIL turistico;
nel recente Documento di economia e finanza 2011 è stato per la prima volta inserito il concetto dei distretti turistici, al fine di rilanciare il settore del turismo con particolare riguardo al Mezzogiorno;
gli stabilimenti balneari, che con le loro peculiarità derivanti da oltre cento anni di storia sono unici nel panorama europeo, nella maggior parte dei casi sono strutture gestite a livello familiare con una forte tradizione alle spalle, piccole imprese individuali o società di persone che offrono i servizi di spiaggia, di piccola ristorazione e di intrattenimento;
tali aziende si sono sviluppate nel corso del secolo scorso attraverso le iniziative ed i sacrifici di piccoli nuclei familiari, che hanno gradualmente e costantemente trasformato le loro strutture fino a portarle a livelli di grande qualità e di forte richiamo per il turismo nazionale ed internazionale;
sul territorio nazionale sono circa 28.000 le strutture turistico-ricettive balneari che occupano nel periodo estivo non meno di 300.000 persone, alle quali vanno aggiunti tutti i soggetti impiegati nell'indotto, e le imprese turistico-ricettive hanno mantenuto livelli occupazionali accettabili anche durante la dura crisi economica che ci accingiamo a lasciare alle spalle;
le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera) si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il ciclo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza. Le imprese che hanno dato vita al modello italiano di balneazione attrezzata, fondamentale punto di forza della nostra competitività nel mercato internazionale delle vacanze, ad oggi restano «aggrappate» alla proroga disposta dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 (cosiddetto decreto milleproroghe). Il rischio concreto è la fine di un sistema di impresa unico ed esclusivo in Europa e nel mondo. È di tutta evidenza quale gravissimo danno si creerebbe per l'economia del Paese con la «scomparsa» di 30.000 piccoli imprenditori e delle relative famiglie. In altri termini, un vero e proprio problema sociale;
non va dimenticato il ruolo svolto dai gestori di stabilimenti balneari a tutela dell'ambiente naturale costiero e in particolare nelle azioni di pulizia estiva, ma anche invernale, degli arenili;
gli interessi pubblici perseguiti sono: sicurezza a mare; pubblica incolumità; salvaguardia del profilo costiero e paesaggistico; tutela dell'ambiente;
alla luce di quanto esposto la conduzione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, caratterizzata da rilevanti investimenti di carattere strutturale e occupazionale anche finalizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di propria competenza, che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
proprio per le caratteristiche descritte, gli stabilimenti balneari italiani si distinguono profondamente da quelli del resto dei Paesi mediterranei a maggiore vocazione turistica, come Francia, Spagna e Grecia, dove la diffusione è assai più contenuta e in molti casi sono gestiti direttamente dagli alberghi e sono a disposizione esclusivamente della loro clientela;
nel giugno del 2008, per rafforzare le moltissime micro, piccole e medie imprese presenti in Europa, è stato approvato lo «Small Business Act», una comunicazione della Commissione europea tesa ad ancorare irreversibilmente il principio «Pensare anzitutto in piccolo» nei processi decisionali dei Paesi membri a partire dalla formulazione delle normative e a promuovere la crescita delle piccole e medie imprese (PMI) aiutandole ad affrontare i problemi che continuano a ostacolarne lo sviluppo;
la normativa in tema di concessioni ha dato progressivamente sempre più stabilità alla concessione demaniale, al punto che si è passati da una durata annuale ad una durata quadriennale, per poi arrivare ad una durata di sei anni, rinnovabile in modo automatico di sei anni in sei anni e così ad ogni successiva scadenza, salvo la revoca per motivi legati ad un pubblico interesse;
al rinnovo automatico della concessione demaniale marittima ad uso turistico-ricreativo si legava anche il cosiddetto «diritto di insistenza» che dava la preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze;
il quadro normativo più certo ha dato la possibilità di investire diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si è assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari che, grazie al rinnovo automatico, ha permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale;
nel 2008 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2008/4908) nei confronti dell'Italia, sollevando la questione di compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana in materia di concessioni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, nonché delle conseguenti iniziative legislative assunte dalle regioni. In particolare, l'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, nell'ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del demanio marittimo (con finalità turistico-alberghiere), attribuisce preferenza - il cosiddetto diritto d'insistenza - al concessionario uscente;
al fine di superare le censure sollevate dalla Commissione, il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, che, all'articolo 1, comma 18, abroga l'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione e, nel contempo, dispone una proroga estensibile, per la specificità del territorio italiano, alle concessioni in atto sino al 2015;
la Commissione europea, in sede di esame delle disposizioni notificate dall'Italia, ha rilevato alcune discrepanze tra il testo del decreto-legge n. 194 del 2009 e quello della rispettiva legge di conversione la quale, in particolare, all'articolo 1, comma 18, reca un rinvio - non previsto nel decreto-legge n. 194 del 2009 - all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, e ha osservato che il combinato disposto delle norme citate, oltre a rimettere in discussione l'abrogazione del diritto di insistenza - intesa ad adeguare la normativa italiana a quella dell'UE - crea un quadro giuridico ambiguo per gli operatori economici. Pertanto, alla luce delle suddette considerazioni, la Commissione ha deciso, il 5 maggio 2010, di inviare all'Italia una lettera di messa in mora complementare;
la Commissione europea, per accompagnare gli Stati membri nella fase di recepimento della direttiva servizi, ha predisposto un apposito manuale in cui sono presentate e commentate le disposizioni della direttiva anche con riferimento agli orientamenti della Corte di giustizia. In Italia, il Dipartimento delle politiche comunitarie ha istituito la Guida per il monitoraggio della direttiva servizi allo scopo di assistere le singole amministrazioni nell'attività di recepimento della direttiva servizi;
i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento fanno parte non solo del nostro ordinamento ma anche di quello europeo, come affermato in numerosi atti comunitari e nella costante giurisprudenza della Corte di giustizia;
il decreto di attuazione del cosiddetto federalismo demaniale, approvato nel maggio dello scorso anno, ha devoluto alle Regioni competenze in materia di gestione delle concessioni demaniali marittime;
l'approvazione del cosiddetto federalismo demaniale ha evidenziato l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle Regioni nel documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, che sia in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;
presso il Ministero per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale è stato avviato un tavolo di confronto tra Governo, Regioni ed organizzazioni di categoria per giungere ad un accordo sulla bozza d'intesa presentata dal titolare di quel Dicastero nel febbraio scorso;
le Commissioni riunite VIII e X del Senato hanno ritenuto pertanto opportuno avviare un'apposita indagine conoscitiva sulle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, al fine di acquisire utili elementi informativi anche attraverso una serie di sopralluoghi in Italia per giungere eventualmente alla definizione di un provvedimento legislativo per tale settore;
l'incertezza normativa ha generato un blocco degli investimenti in quanto il sistema bancario, in assenza di norme certe, non finanzia più le strutture che insistono sulle concessioni demaniali, gettando in una profonda incertezza i titolari delle concessioni e determinando una drastica diminuzione del valore commerciale delle aziende;
le concessioni demaniali marittime diverse da quelle turistico-ricreative sono state escluse dalla proroga al 31 dicembre 2015, mettendo così a rischio l'esistenza di migliaia di aziende che insistono nelle aree portuali come i porti turistici, i cantieri navali e altre attività aventi finalità diverse da quelle turistico-ricreative;
la direttiva europea assesta un colpo gravissimo all'Italia, non giustificabile se non con la mancanza di un'adeguata visione dei problemi italiani, soprattutto da parte dei Paesi del Nord Europa, dove ci sono condizioni climatiche profondamente diverse e dove le strutture turistico-balneari sono sostanzialmente assenti;
l'incertezza normativa rispetto al rinnovo delle concessioni è aggravata dalle difficoltà legate all'interpretazione giuridica del concetto di facile o difficile rimozione che rischia di vanificare gli sforzi del Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale per far ottenere un congruo risarcimento del valore dell'azienda in caso di mancata assegnazione della concessione al concessionario uscente;
le circolari amministrative, che in alcune parti sono contraddittorie, pongono il serio problema di ridefinire la materia per dare certezza alla qualificazione delle opere che insistono sul demanio marittimo, tenuto conto che i comuni costieri hanno applicato in modo differente le circolari;
quanto appena descritto rischia di produrre, per gran parte delle piccole realtà imprenditoriali attualmente concessionarie, una vanificazione degli sforzi compiuti in lunghi anni di lavoro nella creazione del valore economico degli stabilimenti balneari e nella creazione di un sistema di interrelazioni con le altre imprese del settore turistico-ricreativo;
nella definizione delle opere non amovibili ex articolo 49 del codice della navigazione, non si può non tenere conto dell'evoluzione tecnologica e della facilità o difficoltà tecnica di sgombero, così come già richiamato nei verbali delle Commissioni interministeriali che si sono occupate della materia,

impegna il Governo:

ad agire, in sede comunitaria, per sensibilizzare l'Unione europea sulle peculiarità che caratterizzano le imprese del settore turistico-balneare in Italia e per le quali potrebbero essere individuate soluzioni differenti rispetto a quelle previste dalla «direttiva servizi», proponendo alla Commissione europea modifiche volte a escludere le concessioni demaniali ad uso turistico-ricreativo dalla «direttiva servizi» o a prevedere per esse una diversa applicazione della direttiva medesima, in virtù della specificità del settore, caratterizzato da rilevanti investimenti materiali e occupazionali, della sua unicità a livello europeo, dei motivi di interesse generale, di sicurezza e tutela ambientale previsti dalla direttiva medesima quali fattori di esclusione, del sussistere della libertà di stabilimento in ragione della vastità delle risorse naturali presenti lungo le coste italiane e della conseguente possibilità di rilascio di nuove concessioni;
a valutare ogni più opportuna iniziativa al fine di non penalizzare il settore turistico-balneare e i relativi livelli occupazionali;
a promuovere l'introduzione di una norma transitoria di lungo periodo al fine di realizzare e garantire il principio della tutela dell'affidamento derivante dalla certezza del diritto in considerazione degli investimenti ancora in essere eseguiti dagli attuali concessionari;
alla luce dell'esigenza di armonizzazione della disciplina codicistica con i principi di derivazione comunitaria, a valutare l'opportunità di una revisione della parte prima del codice della navigazione, con particolare riguardo all'articolo 49, nella parte in cui esclude ogni indennizzo per il concessionario in caso di devoluzione delle opere allo Stato;
a tenere in considerazione, nella definizione delle opere di facile e difficile rimozione, del progresso tecnologico legato a tali opere;
a proseguire nell'impegno di raggiungere un accordo tra Esecutivo, Regioni e rappresentanti delle organizzazioni del settore turistico-balneare sulle problematiche legate alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, al fine di giungere alla definizione di un quadro legislativo per il settore fondato su una durata delle concessioni proporzionata all'entità degli investimenti e che salvaguardi gli investimenti effettuati dalle imprese stesse.
9/4059-AR/10. (nuova formulazione) Di Pietro, Favia.

La Camera
premesso che:
gli stabilimenti balneari e le aziende ad uso turistico-ricreativo costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico- ricettiva italiana;
risultano censite nel nostro Paese 28.000 concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative con strutture «amovibili» e circa 1.000 pertinenze demaniali marittime con manufatti «inamovibili» di proprietà dello Stato;
l'Italia, con i suoi 7.458 chilometri di costa, si distingue per la sua specificità in ambito europeo. Nel nostro Paese, infatti, vi è una larga diffusione sul demanio marittimo di stabilimenti balneari, oggetto di concessione. Il ricorso a tale istituto è motivato dalla natura del bene, appartenente allo Stato, ex articolo 822 del codice civile, e destinato, tra l'altro, a soddisfare interessi pubblici;
gli stabilimenti balneari sono diffusi in tutto il territorio costiero del Paese ed in alcune particolari aree hanno raggiunto livelli di significatività economica paragonabile a quella di veri e propri distretti produttivi. Sono, inoltre, fortemente integrati con l'offerta alberghiera contribuendo significativamente al PIL turistico;
nel recente Documento di economia e finanza 2011 è stato per la prima volta inserito il concetto dei distretti turistici, al fine di rilanciare il settore del turismo con particolare riguardo al Mezzogiorno;
gli stabilimenti balneari, che con le loro peculiarità derivanti da oltre cento anni di storia sono unici nel panorama europeo, nella maggior parte dei casi sono strutture gestite a livello familiare con una forte tradizione alle spalle, piccole imprese individuali o società di persone che offrono i servizi di spiaggia, di piccola ristorazione e di intrattenimento;
tali aziende si sono sviluppate nel corso del secolo scorso attraverso le iniziative ed i sacrifici di piccoli nuclei familiari, che hanno gradualmente e costantemente trasformato le loro strutture fino a portarle a livelli di grande qualità e di forte richiamo per il turismo nazionale ed internazionale;
sul territorio nazionale sono circa 28.000 le strutture turistico-ricettive balneari che occupano nel periodo estivo non meno di 300.000 persone, alle quali vanno aggiunti tutti i soggetti impiegati nell'indotto, e le imprese turistico-ricettive hanno mantenuto livelli occupazionali accettabili anche durante la dura crisi economica che ci accingiamo a lasciare alle spalle;
le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera) si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il ciclo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza. Le imprese che hanno dato vita al modello italiano di balneazione attrezzata, fondamentale punto di forza della nostra competitività nel mercato internazionale delle vacanze, ad oggi restano «aggrappate» alla proroga disposta dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 (cosiddetto decreto milleproroghe). Il rischio concreto è la fine di un sistema di impresa unico ed esclusivo in Europa e nel mondo. È di tutta evidenza quale gravissimo danno si creerebbe per l'economia del Paese con la «scomparsa» di 30.000 piccoli imprenditori e delle relative famiglie. In altri termini, un vero e proprio problema sociale;
non va dimenticato il ruolo svolto dai gestori di stabilimenti balneari a tutela dell'ambiente naturale costiero e in particolare nelle azioni di pulizia estiva, ma anche invernale, degli arenili;
gli interessi pubblici perseguiti sono: sicurezza a mare; pubblica incolumità; salvaguardia del profilo costiero e paesaggistico; tutela dell'ambiente;
alla luce di quanto esposto la conduzione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, caratterizzata da rilevanti investimenti di carattere strutturale e occupazionale anche finalizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di propria competenza, che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
proprio per le caratteristiche descritte, gli stabilimenti balneari italiani si distinguono profondamente da quelli del resto dei Paesi mediterranei a maggiore vocazione turistica, come Francia, Spagna e Grecia, dove la diffusione è assai più contenuta e in molti casi sono gestiti direttamente dagli alberghi e sono a disposizione esclusivamente della loro clientela;
nel giugno del 2008, per rafforzare le moltissime micro, piccole e medie imprese presenti in Europa, è stato approvato lo «Small Business Act», una comunicazione della Commissione europea tesa ad ancorare irreversibilmente il principio «Pensare anzitutto in piccolo» nei processi decisionali dei Paesi membri a partire dalla formulazione delle normative e a promuovere la crescita delle piccole e medie imprese (PMI) aiutandole ad affrontare i problemi che continuano a ostacolarne lo sviluppo;
la normativa in tema di concessioni ha dato progressivamente sempre più stabilità alla concessione demaniale, al punto che si è passati da una durata annuale ad una durata quadriennale, per poi arrivare ad una durata di sei anni, rinnovabile in modo automatico di sei anni in sei anni e così ad ogni successiva scadenza, salvo la revoca per motivi legati ad un pubblico interesse;
al rinnovo automatico della concessione demaniale marittima ad uso turistico-ricreativo si legava anche il cosiddetto «diritto di insistenza» che dava la preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze;
il quadro normativo più certo ha dato la possibilità di investire diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si è assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari che, grazie al rinnovo automatico, ha permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale;
nel 2008 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2008/4908) nei confronti dell'Italia, sollevando la questione di compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana in materia di concessioni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, nonché delle conseguenti iniziative legislative assunte dalle regioni. In particolare, l'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, nell'ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del demanio marittimo (con finalità turistico-alberghiere), attribuisce preferenza - il cosiddetto diritto d'insistenza - al concessionario uscente;
al fine di superare le censure sollevate dalla Commissione, il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, che, all'articolo 1, comma 18, abroga l'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione e, nel contempo, dispone una proroga estensibile, per la specificità del territorio italiano, alle concessioni in atto sino al 2015;
la Commissione europea, in sede di esame delle disposizioni notificate dall'Italia, ha rilevato alcune discrepanze tra il testo del decreto-legge n. 194 del 2009 e quello della rispettiva legge di conversione la quale, in particolare, all'articolo 1, comma 18, reca un rinvio - non previsto nel decreto-legge n. 194 del 2009 - all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, e ha osservato che il combinato disposto delle norme citate, oltre a rimettere in discussione l'abrogazione del diritto di insistenza - intesa ad adeguare la normativa italiana a quella dell'UE - crea un quadro giuridico ambiguo per gli operatori economici. Pertanto, alla luce delle suddette considerazioni, la Commissione ha deciso, il 5 maggio 2010, di inviare all'Italia una lettera di messa in mora complementare;
la Commissione europea, per accompagnare gli Stati membri nella fase di recepimento della direttiva servizi, ha predisposto un apposito manuale in cui sono presentate e commentate le disposizioni della direttiva anche con riferimento agli orientamenti della Corte di giustizia. In Italia, il Dipartimento delle politiche comunitarie ha istituito la Guida per il monitoraggio della direttiva servizi allo scopo di assistere le singole amministrazioni nell'attività di recepimento della direttiva servizi;
i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento fanno parte non solo del nostro ordinamento ma anche di quello europeo, come affermato in numerosi atti comunitari e nella costante giurisprudenza della Corte di giustizia;
il decreto di attuazione del cosiddetto federalismo demaniale, approvato nel maggio dello scorso anno, ha devoluto alle Regioni competenze in materia di gestione delle concessioni demaniali marittime;
l'approvazione del cosiddetto federalismo demaniale ha evidenziato l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle Regioni nel documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, che sia in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;
presso il Ministero per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale è stato avviato un tavolo di confronto tra Governo, Regioni ed organizzazioni di categoria per giungere ad un accordo sulla bozza d'intesa presentata dal titolare di quel Dicastero nel febbraio scorso;
le Commissioni riunite VIII e X del Senato hanno ritenuto pertanto opportuno avviare un'apposita indagine conoscitiva sulle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, al fine di acquisire utili elementi informativi anche attraverso una serie di sopralluoghi in Italia per giungere eventualmente alla definizione di un provvedimento legislativo per tale settore;
l'incertezza normativa ha generato un blocco degli investimenti in quanto il sistema bancario, in assenza di norme certe, non finanzia più le strutture che insistono sulle concessioni demaniali, gettando in una profonda incertezza i titolari delle concessioni e determinando una drastica diminuzione del valore commerciale delle aziende;
le concessioni demaniali marittime diverse da quelle turistico-ricreative sono state escluse dalla proroga al 31 dicembre 2015, mettendo così a rischio l'esistenza di migliaia di aziende che insistono nelle aree portuali come i porti turistici, i cantieri navali e altre attività aventi finalità diverse da quelle turistico-ricreative;
la direttiva europea assesta un colpo gravissimo all'Italia, non giustificabile se non con la mancanza di un'adeguata visione dei problemi italiani, soprattutto da parte dei Paesi del Nord Europa, dove ci sono condizioni climatiche profondamente diverse e dove le strutture turistico-balneari sono sostanzialmente assenti;
l'incertezza normativa rispetto al rinnovo delle concessioni è aggravata dalle difficoltà legate all'interpretazione giuridica del concetto di facile o difficile rimozione che rischia di vanificare gli sforzi del Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale per far ottenere un congruo risarcimento del valore dell'azienda in caso di mancata assegnazione della concessione al concessionario uscente;
le circolari amministrative, che in alcune parti sono contraddittorie, pongono il serio problema di ridefinire la materia per dare certezza alla qualificazione delle opere che insistono sul demanio marittimo, tenuto conto che i comuni costieri hanno applicato in modo differente le circolari;
quanto appena descritto rischia di produrre, per gran parte delle piccole realtà imprenditoriali attualmente concessionarie, una vanificazione degli sforzi compiuti in lunghi anni di lavoro nella creazione del valore economico degli stabilimenti balneari e nella creazione di un sistema di interrelazioni con le altre imprese del settore turistico-ricreativo;
nella definizione delle opere non amovibili ex articolo 49 del codice della navigazione, non si può non tenere conto dell'evoluzione tecnologica e della facilità o difficoltà tecnica di sgombero, così come già richiamato nei verbali delle Commissioni interministeriali che si sono occupate della materia,

impegna il Governo:

ad agire, in sede comunitaria, per sensibilizzare l'Unione europea sulle peculiarità che caratterizzano le imprese del settore turistico-balneare in Italia e per le quali potrebbero essere individuate soluzioni differenti rispetto a quelle previste dalla «direttiva servizi», proponendo alla Commissione europea modifiche volte a escludere le concessioni demaniali ad uso turistico-ricreativo dalla «direttiva servizi» o a prevedere per esse una diversa applicazione della direttiva medesima, in virtù della specificità del settore, caratterizzato da rilevanti investimenti materiali e occupazionali, della sua unicità a livello europeo, dei motivi di interesse generale, di sicurezza e tutela ambientale previsti dalla direttiva medesima quali fattori di esclusione, del sussistere della libertà di stabilimento in ragione della vastità delle risorse naturali presenti lungo le coste italiane e della conseguente possibilità di rilascio di nuove concessioni;
a valutare ogni più opportuna iniziativa al fine di non penalizzare il settore turistico-balneare e i relativi livelli occupazionali;
alla luce dell'esigenza di armonizzazione della disciplina codicistica con i principi di derivazione comunitaria, a valutare l'opportunità di una revisione della parte prima del codice della navigazione, con particolare riguardo all'articolo 49, nella parte in cui esclude ogni indennizzo per il concessionario in caso di devoluzione delle opere allo Stato;
a tenere in considerazione, nella definizione delle opere di facile e difficile rimozione, del progresso tecnologico legato a tali opere;
a proseguire nell'impegno di raggiungere un accordo tra Esecutivo, Regioni e rappresentanti delle organizzazioni del settore turistico-balneare sulle problematiche legate alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, al fine di giungere alla definizione di un quadro legislativo per il settore fondato su una durata delle concessioni proporzionata all'entità degli investimenti e che salvaguardi gli investimenti effettuati dalle imprese stesse.
9/4059-AR/10. (nuova formulazione nel testo modificato nel corso della seduta) Di Pietro, Favia, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, l'Italia ha recepito la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali. La direttiva - nata dall'esigenza di introdurre, in tutti gli Stati membri, efficaci misure dissuasive contro i tardivi pagamenti dei crediti commerciali, assicurando così il rispetto dei termini contrattuali anche in situazioni di potenziale squilibrio - si applica alle «transazioni commerciali» e cioè ai contratti tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
la problematica dei ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali ha assunto, soprattutto in Italia, dimensioni sempre più gravi e preoccupanti, causando forti stress finanziari, in particolar modo alle piccole e medie imprese che, nella maggior parte dei casi, godono di scarso potere contrattuale. In base ad un recente studio condotto dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, il ritardo medio nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è di 158 giorni, contro una media europea di 68, arrivando a ritardi massimi che, nei casi più gravi, superano i due anni e mezzo. Secondo l'ABI, l'esposizione delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione è complessivamente stimabile in 50/60 miliardi di euro. Ciò si riflette negativamente sul cash flow (flusso di cassa) delle aziende, creando distorsioni della concorrenza e rendendo più difficoltosa l'integrazione economica e il commercio transfrontaliero;
in data 13 febbraio 2010 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 23 febbraio 2011 la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Detta direttiva è entrata in vigore il 16 marzo 2011 e gli Stati membri dovranno dare attuazione a tale direttiva entro due anni, ovvero entro il 16 marzo 2013;
la citata direttiva 2011/7/UE prevede che il ritardo nel pagamento può essere al massimo di 30 giorni a meno che non sia indicato diversamente dal contratto. Si può arrivare fino a 60 giorni in caso di accordo tra le due imprese e ancora oltre se espressamente previsto dal contratto, a condizione che non costituisca un'evidente ingiustizia verso la parte più debole. Per quanto riguarda invece i pagamenti dal settore pubblico verso un'impresa: il limite per i pagamenti è di 30 giorni. Ogni ritardo deve essere giustificato con motivazioni oggettive, che deve essere concordato e non potrà mai andare oltre i 60 giorni. Inoltre, viene prevista una eccezione per gli enti pubblici che offrono servizi in materia di assistenza sanitaria: limitatamente a questi enti, infatti, è possibile un ritardo fino a 60 giorni, vista la natura particolare e delicata del servizio. Infine, per quanto riguarda le penali, in caso di ritardi ulteriori rispetto a quanto previsto, le società andranno incontro a una penale pari all'8 per cento sul tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea ed a una spesa di 40 euro come compensazione per i costi di recupero del credito,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad attuare quanto prima i principi contenuti della citata direttiva 2011/7/UE.
9/4059-AR/11. Borghesi, Cambursano, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del provvedimento in esame reca, al comma 1, la delega per il recepimento di due direttive in materia di comunicazioni elettroniche: la direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e la direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009;
la prima direttiva, ovvero la direttiva 2009/136/CE, apporta modifiche alla direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica; alla direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e al regolamento (CE) n. 2006/2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori;
la seconda direttiva, ovvero la direttiva 2009/140/CE reca invece modifiche alla direttiva 2002/21/CE, istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica; alla direttiva 2002/19/CE, relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime; alla direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica;
il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245), una delle sette «iniziative faro» della Strategia UE 2020, che si articola in linee d'azione fondamentali per affrontare in modo sistematico sette aree problematiche;
la Commissione si dovrebbe adoperare per: creare un quadro giuridico stabile al fine di incentivare investimenti per internet ad alta velocità; definire una politica efficiente in materia di spettro radio; creare un vero e proprio mercato unico per i contenuti e i servizi online; promuovere l'accesso a internet, in particolare mediante azioni a sostegno dell'alfabetizzazione digitale e dell'accessibilità;
gli Stati membri dovrebbero: elaborare strategie operative per internet ad alta velocità e orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati; creare un quadro legislativo per coordinare i lavori pubblici in modo da ridurre i costi di ampliamento della rete; promuovere la diffusione e l'uso dei moderni servizi online;
nell'ambito dell'agenda digitale europea, il 20 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo di fornire ai cittadini europei l'accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte promuovere gli investimenti nella rete di banda larga, assicurando l'accesso a internet per tutti i cittadini e le imprese e promuovendone la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi.
9/4059-AR/12. Monai, Di Giuseppe, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
la legge 4 giugno 2010, n. 96, legge comunitaria per il 2009, ha previsto il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente;
essa si propone l'obiettivo di ottenere che gli Stati membri introducano, nel proprio diritto penale interno, sanzioni penali che possano garantire una più efficace tutela dell'ambiente, con un grado di deterrenza maggiore rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori del diritto civile;
la direttiva rappresenta, pertanto, un importante cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale, in quanto istituisce un livello minimo di armonizzazione in relazione alle attività contro l'ambiente che devono essere considerate reati e un sistema di responsabilità penale analogo per tutte le persone giuridiche in grado di garantire una più efficace tutela dell'ambiente stesso;
viene indicato un elenco di nove tipi di attività illecite che dovranno essere considerate reati da parte degli Stati membri, allorché poste in essere intenzionalmente o con grave negligenza e qualora provochino danni alla salute delle persone, ovvero un danno rilevante alle componenti naturali dell'ambiente. Allo stesso modo, è previsto che siano qualificate come reati le condotte di favoreggiamento e di istigazione a commettere intenzionalmente talune delle suddette attività;
la direttiva introduce inoltre, una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche per quei reati commessi, a loro vantaggio, da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla stessa persona giuridica;
la direttiva in esame doveva essere recepita dagli Stati membri entro il 26 dicembre 2010, e nonostante la sua importanza, a distanza di oltre tre mesi dalla prevista data di approvazione, il Governo non ha ancora presentato al Parlamento per il previsto parere delle Commissione competenti, lo schema di decreto legislativo di recepimento della medesima direttiva,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento in tempi rapidi lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente.
9/4059-AR/13. Piffari, Cimadoro, Palagiano, Mura.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33 del disegno di legge in esame, prevede una delega al Governo per il riordino e la semplificazione delle disposizioni della Parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice ambientale), finalizzato a garantire il pieno e corretto recepimento della direttiva 2000/60/CE in materia di acque;
con l'entrata in vigore della normativa in materia di servizi pubblici locali, più volte rimaneggiata nel corso dell'ultimo biennio, recata dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 e, successivamente, dall'articolo 15 del cosiddetto «decreto Ronchi» n. 135 del 2009 e, da ultimo, coronata con il regolamento attuativo del dicembre 2010, il sistema dei servizi pubblici locali e, segnatamente, quello del servizio idrico integrato, si trova a fronteggiare una riforma che ha impresso una fortissima spinta verso la liberalizzazione e consente la totale privatizzazione di tutti i servizi pubblici, compreso quello idrico, con una debolissima quanto incongruente assenza di una strategia in ordine alla regolazione economica del settore dei servizi pubblici, di un quadro regolatorio;
detto quadro regolatorio, dovrebbe essere invece determinante in ogni processo di liberalizzazione e quale è nei Paesi più avanzati, sempre più orientati verso l'istituzione di poteri terzi rispetto alla dinamica tra enti concedenti e gestori del servizio pubblico;
in particolare, in ordine al bene acqua e, dunque, al servizio idrico integrato, perfino l'attore pubblico, lo Stato, è da considerarsi mero garante dell'interesse generale riguardo ad un bene indisponibile e inalienabile,

impegna il Governo

a prevedere, in occasione del riordino della materia indicata in premessa, adeguati strumenti autonomi di vigilanza e regolazione economica del mercato dei servizi pubblici locali, con riguardo particolare al settore idrico.
9/4059-AR/14. Messina, Rota, Paladini.

La Camera,
premesso che:
per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell'ambiente naturale e per gli equilibri biologici;
gran parte delle specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio dell'Unione europea, appartengono alle specie migratrici. Esse costituiscono un patrimonio comune, e come tale la loro protezione è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni ai fini della loro protezione e di un costante controllo contro i rischi di un deterioramento del loro stato di conservazione e dei loro habitat;
la conservazione dell'avifauna e delle specie migratrici in particolare, pone dei problemi per i quali si rendono necessari lavori scientifici che permettano, tra l'altro, di valutare l'efficacia delle misure di tutela intraprese sia a livello nazionale che a livello comunitario;
ogni tre anni la Commissione elabora e comunica agli Stati membri una relazione riassuntiva basata sulle informazioni inviatele dagli Stati membri per quanto riguarda l'applicazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva n. 79/409/CEE;
l'articolo 42 della legge 4 giugno 2010, n. 96, (legge comunitaria 2009) ha disposto modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio in attuazione della direttiva 2009/147/CE;
all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ha aggiunto un comma 7-bis che prevede che lo Stato incoraggi le ricerche, i monitoraggi e i lavori necessari per la protezione, la gestione e l'utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1 della citata direttiva 2009/147/CE. Il Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri competenti, dovrà trasmettere alla Commissione europea tutte le informazioni necessarie al coordinamento delle ricerche e dei lavori riguardanti la protezione, la gestione e l'utilizzazione delle specie di uccelli di cui al presente comma. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di trasmissione e la tipologia delle informazioni che le regioni sono tenute a comunicare;
non risulta che dopo quasi un anno dalla data di entrata in vigore di tale disposizione, tale decreto ministeriale sia stato emanato;
la legge Comunitaria 2009 ha, tra le altre cose, inserito nella legge n. 157 del 1992 il comma 1-bis all'articolo 18, che prevede il divieto di caccia nei periodi di riproduzione e migrazione prenuziale degli uccelli, e il comma 1-bis all'articolo 1 che prevede l'obbligo, da parte di Stato, regioni e province autonome, di adottare le misure necessarie a mantenere o riportare le specie di uccelli ad uno stato di conservazione «soddisfacente», in recepimento della direttiva comunitaria 2009/147/CE (già 79/409/CEE) e in risposta alla procedura di infrazione n. 2131 del 2006, giunta a condanna con la sentenza C-753/08 della Corte di Giustizia europea,

impegna il Governo:

ad emanare entro trenta giorni dall'approvazione della presente legge il decreto ministeriale di cui all'articolo 1, comma 7-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
a fare quanto in suo potere perché i prossimi calendari venatori regionali prevedano effettivamente il rispetto dei suddetti obblighi e divieti, secondo le Linee guida fornite dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) quale autorità tecnico-scientifica preposta alla materia, e trasmesse alle amministrazioni regionali competenti già nel mese di luglio del 2010.
9/4059-AR/15. Di Giuseppe, Rota, Piffari, Porcino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto reca disposizioni in materia di turismo e, segnatamente, all'articolo 12 ove si conferisce una delega al Governo per l'adozione di un decreto legislativo di riordino della professione di guida turistica;
il 20 febbraio scorso si è conclusa l'edizione 2011 della Borsa internazionale del turismo di Milano, la principale rassegna del settore in Italia, nell'ambito della quale è emerso, con tutta evidenza, che le imprese hanno registrato un calo molto drastico della domanda interna;
nel turismo, infatti, la crisi non è finita e i dati relativi ai viaggi e alle vacanze degli italiani nel 2010 confermano quanto già evidenziato da ISNART - Unioncamere sull'occupazione delle strutture ricettive (alberghiere ed extralberghiere) che, per quasi tutto l'anno e soprattutto durante l'estate, avevano fatto registrare una contrazione significativa rispetto all'anno precedente;
il 2010, infatti, segna un ritorno al passato, un balzo indietro di quattro-cinque anni almeno, per quanto riguarda la propensione ai viaggi e alle vacanze degli italiani, che lo scorso anno hanno «consumato viaggi» molto di meno che nel recente passato;
le stime convergono su di un valore medio di circa 100-105 euro in termini di spesa media per persona/giorno. Se così fosse, la perdita di fatturato complessiva dell'offerta turistica italiana nel 2010, per il solo effetto del calo del mercato interno di 58 milioni di notti per vacanza, sarebbe di circa 6 miliardi di euro: una enormità. A queste perdite si va poi ad aggiungere il calo di 21 milioni di notti per il turismo d'affari, notoriamente più «ricco»: almeno altri 2 miliardi di euro, a essere prudenti. Secondo l'ISTAT, nel 2010 gli italiani non hanno del tutto rinunciato alla vacanza estiva, ma si sono spostati di meno durante il resto dell'anno, tagliando magari anche solo sui week-end;
al di là di ogni altra considerazione, è del tutto evidente che il vuoto lasciato dal Ministero del turismo (abrogato con referendum popolare nel 1993) non è stato colmato dal protagonismo delle regioni, sancito nel 2001 dalla riforma del Titolo quinto della Costituzione. Su tale aspetto il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori è intervenuto con la presentazione di due distinte proposte di legge a prima firma Borghesi che prevedono da un lato l'istituzione del Ministero del turismo e dall'altro l'introduzione del turismo nell'elenco delle materie attribuite alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni;
a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia turismo, infatti, non essendo indicata né nel secondo né nel terzo comma del nuovo articolo 117 della Costituzione, appartiene alla competenza legislativa «residuale» delle regioni ai sensi del quanto comma dello stesso articolo;
mentre infatti sia l'ENIT - Agenzia italiana per il turismo sia le Regioni hanno mantenuto la competenza sui mercati esteri, il più delle volte duplicando le proprie azioni, il mercato interno è rimasto orfano di ogni attenzione e provvedimento, con i risultati che oggi sono purtroppo sotto gli occhi di tutti,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad attuare interventi concreti per il settore turistico attraverso la predisposizione di adeguate risorse finanziarie per il rilancio dell'intero comparto;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta ad introdurre il turismo nell'elenco delle materie attribuite alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni;
ad adottare iniziative volte a promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, attraverso il riassetto e la razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione.
9/4059-AR/16. Cimadoro, Borghesi, Piffari, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
in un parere motivato inviato il 30 settembre 2010 (procedura n. 2007/4125) la Commissione europea ha contestato all'Italia l'introduzione, con il decreto legislativo n. 27 del 2002, di criteri troppo rigidi in ordine alla commercializzazione dell'acqua potabile in bottiglia, tali da costituire un ostacolo alla vendita del medesimo prodotto importato da altri Stati membri, in contravvenzione al principio di libera circolazione delle merci sancito dall'articolo 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex 28 del Trattato che istituisce la Comunità europea);
in particolare, il decreto legislativo n. 27 del 2002 ha introdotto per le acque potabili in bottiglia standard più rigorosi di quelli già previsti dal precedente decreto legislativo n. 31 del 2001 che, dando attuazione alla direttiva 98/83/CE stabiliva, in conformità con essa, che i valori microbiologici richiesti per dette acque dovevano essere necessariamente soddisfatti al momento dell'imbottigliamento o dell'introduzione in altri contenitori, mentre non era richiesta la permanenza di tali requisiti in relazione ai momenti successivi della catena di distribuzione;
viceversa, il decreto legislativo n. 27 del 2002 ha stabilito che l'acqua confezionata in bottiglie o in altri contenitori deve rispettare i parametri non solo in fase di imbottigliamento, ma anche al momento della commercializzazione o comunque di messa a disposizione per il consumo, rendendo ad avviso della Commissione europea impossibile per taluni importatori francesi e tedeschi la possibilità di commerciare i loro prodotti in Italia, pur presentando i requisiti stabiliti dalla normativa europea. Inoltre, ai sensi della direttiva 98/34/CE, la Commissione ha contestato all'Italia la mancata comunicazione dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 27 del 2002, in quanto contenente parametri tecnici da soddisfarsi a pena dell'incommerciabilità di un prodotto;
l'articolo 20 del provvedimento in esame, al fine di rispondere alle richieste provenienti dall'Unione Europea, novellando l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, sopprime il controllo dei valori di parametro nelle confezioni in fase di commercializzazione delle acque messe in vendita in bottiglie o contenitori, fermo restando il controllo nel punto in cui tali acque sono imbottigliate o introdotte nei contenitori;
in ogni caso, i controlli previsti dalla legislazione attuale appaiono comunque necessari al fine di garantire elevati livelli di sicurezza e qualità delle acque confezionate destinate al consumo umano,

impegna il Governo

a porre in essere ogni atto di competenza volto ad introdurre nell'ambito del nostro ordinamento giuridico misure alternative nelle confezioni in fase di commercializzazione delle acque messe in vendita in bottiglie e contenitori, al fine di assicurare che le acque confezionate e destinate al consumo dei cittadini italiani rispondano sempre e comunque ad alti livelli di sicurezza.
9/4059-AR/17. Mura, Palagiano, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 35 del disegno di legge in esame dispone una delega al Governo al fine di recepire la direttiva 2010/75/CE relativa alle emissioni industriali, prevedendo tra i principi e criteri direttivi, la semplificazione dei procedimenti autorizzativi tra cui l'autorizzazione integrata ambientale (AIA);
l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) riguarda le attività industriali e agricole che presentano un notevole potenziale inquinante, come definite dalla direttiva 2008/1/CE (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali);
le disposizioni della direttiva 96/61/CE sono state recepite dal nostro ordinamento con i decreti legislativi n. 372 del 1999 e n. 59 del 2005, e modificate con il decreto legislativo n. 128 del 2010;
con la suddetta direttiva 2008/1/CE (conosciuta anche come «direttiva IPPC»), vengono previste misure intese ad evitare o comunque a ridurre le emissioni delle suddette attività nell'aria, nell'acqua e nel suolo, e viene conseguentemente disciplinato il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dei suddetti impianti e attività industriali, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi, ai fini del rispetto della medesima autorizzazione integrata ambientale;
la normativa attuale prevede l'obbligo, per gli impianti entrati in esercizio prima del novembre 2000, di adeguarsi entro il 31 marzo 2008 alle autorizzazioni AIA o almeno ad autorizzazioni riesaminate alla luce della suddetta direttiva 2008/1/CE;
attualmente il suddetto obbligo di dotare gli impianti esistenti al 2000 di autorizzazione integrata ambientale entro il marzo 2008, non può però dirsi del tutto ottemperato, ma si conferma in tal senso ancora un significativo ritardo;
sono infatti ancora molti gli impianti privi di autorizzazione rilasciata nel rispetto dei parametri riportati nella suddetta direttiva IPPC,

impegna il Governo

ad attivarsi al fine del completo ottemperamento degli obblighi comunitari in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) per gli impianti che presentano un notevole potenziale inquinante ed entrati in esercizio prima del novembre 2000, al fine di garantire adeguati livelli di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
9/4059-AR/18. Rota, Piffari, Cimadoro, Cambursano, Monai.

La Camera,
premesso che:
tutte le direttive contengono testualmente nei considerando la richiesta agli Stati membri di redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti la concordanza tra le direttive e i provvedimenti di recepimento;
tale richiesta deriva dal punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (Gazzetta Ufficiale C 321 del 31 dicembre 2003) che richiede agli Stati membri di redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra le direttive e i provvedimenti di attuazioni;
il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione invitano gli Stati membri a curare il recepimento corretto, rapido e tempestivo del diritto comunitario nella legislazione nazionale ritenendo che un siffatto recepimento sia indispensabile per l'applicazione coerente ed efficace di tale legislazione da parte degli organi giurisdizionali, delle amministrazioni pubbliche, dei cittadini e degli operatori economici e sociali;
le tre istituzioni predette con l'accordo interistituzionale hanno convenuto di migliorare la qualità della legislazione attraverso una serie di iniziative e di procedure definite nell'accordo;
le misure intraprese perseguono lo scopo di promuovere la semplicità, la chiarezza e la coerenza nella redazione dei testi legislativi nonché la massima trasparenza nell'iter legislativo;
in particolare i prospetti suggeriti al punto 34 dell'accordo sono funzionali al miglioramento del recepimento e dell'applicazione della legislazione comunitaria, nel rispetto dell'articolo 4, paragrafo 3, del Trattato dell'Unione europea, in coerenza con un adeguato conseguimento dell'obiettivo prefisso dalle direttive e con la necessità di un'efficace esecuzione;
nessuno degli schemi di decreto legislativo che il Governo presenta alle Commissioni parlamentari per i previsti pareri contiene il prospetto che permetta di conformarsi a quanto richiesto da tutte le direttive e dall'accordo «Legiferare meglio»;
la mancanza del prospetto non consente al Parlamento e alle sue Commissioni, ma anche alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nei casi in cui è richiesto il suo parere, di potere esprimere il prescritto parere di competenza sullo schema avendo a disposizione tutti gli elementi necessari e indispensabili per la corretta valutazione e il corretto controllo,

impegna il Governo

d'ora innanzi a presentare al Parlamento, insieme agli schemi di decreto legislativo che recepiscono direttive europee, il prospetto con le concordanze e che questo sia presentato ogni volta che viene sottoposto alle Camere uno schema per il previsto parere.
9/4059-AR/19. Aniello Formisano, Porcino, Cimadoro, Monai.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame all'articolo 22 reca specifici principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetta reverse charge) alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi;
appare quanto mai essenziale proseguire con ancora maggiore decisione nelle azioni di contrasto contro il gravissimo fenomeno delle frodi in materia di IVA;
tale fenomeno risulta particolarmente preoccupante, sia per le conseguenze negative sul gettito tributario degli Stati membri, sia per gli effetti deleteri che esso determina sulla parità delle condizioni concorrenziali tra gli operatori economici soggetti all'imposta,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di competenza volto ad individuare soluzioni normative che consentano di colpire alla radice tale fenomeno, in particolare generalizzando il meccanismo di imposizione nello Stato di residenza del cessionario o committente del bene o del servizio imponibile;
ad apportare correttivi alla normativa sui rimborsi IVA, al fine di venire incontro alle esigenze delle numerose imprese italiane che, alla luce delle modifiche recentemente intervenute nella disciplina IVA relativa alla territorialità delle operazioni imponibili, a seguito del recepimento nell'ordinamento italiano della direttiva 2008/8/CE operato dal decreto legislativo n. 18 del 2010, hanno visto ridursi significativamente la possibilità di compensare l'imposta assolta sugli acquisti, e sono ora costrette a recuperare tali crediti d'imposta attraverso il meccanismo dei rimborsi, con conseguenti oneri finanziari a loro carico, i quali risultano particolarmente gravosi nell'attuale sfavorevole congiuntura economica;
a utilizzare tutte le opportunità offerte dal quadro normativo europeo in materia di aliquote ridotte IVA, al fine di estendere l'ambito di applicazione delle aliquote ridotte anche a taluni settori attualmente esclusi che versino in una condizione di particolare difficoltà, soprattutto al fine di riequilibrare gli svantaggi concorrenziali derivanti dalla presenza, in altri Stati membri, di regimi fiscali di particolare favore.
9/4059-AR/20. Barbato, Messina, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
appare quanto mai necessario che l'attività di recepimento nell'ordinamento italiano della normativa europea tenga conto il più possibile dell'esigenza di facilitare l'accesso al credito privato da parte delle piccole e medie imprese al fine di alleviare la condizione di difficoltà in cui versa, a causa della crisi economica internazionale, tale componente essenziale dell'economia;
dallo studio «Mercati, Banche e Imprese verso Basilea 3. un confronto internazionale» realizzato nell'ambito del Club Ambrosetti, guidato e coordinato da Paolo Savona in qualità di Advisor e da Filippo Peschiera, Senior Consultant di The European House-Ambrosetti emerge che l'introduzione delle nuove norme potrebbe costringere imprese e famiglie a rinunciare fino a 436 miliardi di euro di nuovi prestiti, quasi un quarto dell'intero stock erogato dalle banche italiane;
l'Accordo di Basilea 3 potrebbe quindi tradursi in una vera e propria iattura per l'economia italiana e per tali ragioni appare indispensabile che la fase di transizione in vista della piena attuazione dell'Accordo di Basilea 3 sia monitorata con particolare attenzione dal Governo e dalle Autorità di vigilanza sul settore bancario, in particolare per quanto riguarda gli effetti che le misure stabilite nell'Accordo di Basilea 3 possono determinare sulle esigenze di patrimonializzazione delle banche italiane, soprattutto di piccole e medie dimensioni, al fine di escludere che le predette misure comportino ricadute negative sull'erogazione del credito da parte del sistema bancario, segnatamente per quanto riguarda le piccole e medie imprese e le famiglie,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di competenza volto a monitorare la fase di transizione in vista della piena attuazione dell'Accordo di Basilea 3, nonché l'andamento dei tassi di interesse, delle spese e delle commissioni applicate dalle banche alle famiglie ed alle imprese;
valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte ad avviare la creazione di un mercato dei corporate bond, finanziamento di fatto precluso alle imprese di piccole dimensioni, nonché a potenziare il mercato del private equity, anche attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti come peraltro avviene in Francia.
9/4059-AR/21. Cambursano, Cimadoro, Messina.

La Camera,
premesso che:
il 24 dicembre 2010 è scaduto il termine entro il quale gli Stati membri dell'Unione europea avrebbero dovuto recepire la direttiva rimpatri (n. 2008/115/CE riguardante le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri per il rimpatrio di extracomunitari in caso di soggiorno irregolare);
il nostro Paese non ha adottato nessuna iniziativa volta al recepimento, nonostante vi si potesse provvedere con il presente disegno di legge;
il mancato recepimento delle norme da parte dell'Italia ci fa precipitare in una situazione paradossale: le norme italiane sono tecnicamente ancora in vigore, ma i giudici - che sono tenuti ad applicare il diritto comunitario - quando si troveranno a dover decidere su espulsioni e arresti di stranieri clandestini extracomunitari per motivi inerenti alla irregolarità del soggiorno, disapplicheranno il diritto nazionale e applicheranno quello comunitario;
iniziano già a comparire le prime pronunce giudiziali, che disapplicano le norme italiane in favore di quelle comunitarie: ad esempio, il tribunale di Torino ha assolto uno straniero imputato per essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in «violazione» dell'ordine del questore, ed essendo inottemperante a un precedente ordine di allontanamento. L'assoluzione è motivata sul presupposto della prevalenza delle norme comunitarie sul diritto nazionale: l'applicazione delle norme penali in materia di clandestinità viola le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertà personale. In sostanza, non si può punire con una norma penale e con la detenzione la clandestinità, poiché la direttiva comunitaria prevede una sanzione qualitativamente diversa (amministrativa e non penale) e temporalmente meno estesa di quella prevista dalla legge italiana;
simili criticità si sono verificate presso la procura della Repubblica di Firenze e la procura della Repubblica di Pinerolo (nello scorso mese di gennaio), le quali hanno chiesto al GIP l'archiviazione dei procedimenti perché le norme italiane, essendo incompatibili con quelle comunitarie, devono essere disapplicate;
tale vuoto normativo viene colmato dalle indicazioni fornite dagli operatori del settore, in primis dal Ministero dell'interno, che con circolare del 17 dicembre 2010 (Dipartimento della pubblica sicurezza) ha tentato di fare un punto della situazione, suggerendo alle forze dell'ordine di operare «il più possibile» nel rispetto della direttiva - per neutralizzare gli effetti delle scontate impugnazioni giudiziali;
diverse procure hanno dato ordine di bloccare gli arresti di clandestini, eccetto singole situazioni da valutarsi caso per caso, in modo da uniformare nel territorio di loro competenza l'azione delle forze dell'ordine e di rispettare la normativa comunitaria;
tuttavia, il quadro rimane estremamente caotico ed assume profili critici, soprattutto in ordine al fatto che la condizione giuridica dello straniero ed i provvedimenti restrittivi della libertà personale, secondo la Costituzione italiana, articoli 10 e 13, devono conformarsi al diritto ed alle norme internazionali e devono essere disciplinati tassativamente dalla legge, non da disposizioni e circolari varie: il rischio - ormai già diventato certezza - è quello di una elevata discrezionalità amministrativa e di una illegittima difformità di trattamento;
nell'immobilità nazionale, le istituzioni comunitarie vanno avanti: il 27 gennaio 2011 è stato pubblicato un rapporto del Consiglio d'Europa con cui si chiede ai governi degli Stati membri di rispettare l'ordine della Corte europea dei diritti dell'uomo di sospendere l'espulsione o l'estradizione di cittadini di Paesi terzi se ciò li mettesse a rischio di essere torturati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti;
ciò rischia di avere effetti onerosi sulla nostra finanza pubblica, in quanto il nostro Paese potrebbe subire una procedura di infrazione, per non aver ottemperato all'obbligo di recepimento della direttiva, con costi elevatissimi in caso di condanna,

impegna il Governo

a provvedere tempestivamente al recepimento della direttiva indicata in premessa, al fine di uniformare la disciplina italiana delle espulsioni alla direttiva cosiddetta «rimpatri», onde evitare, al contempo, lo «stallo» sul piano giuridico interno e la procedura d'infrazione in ambito comunitario.
9/4059-AR/22. Palagiano, Porcino, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
con la questione delle cosiddette «quote latte» il Governo continua ad esporre l'Italia e tutti i cittadini al rischio dell'apertura di pesanti procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea e della conseguente irrogazione di sanzioni monetarie particolarmente significative;
il 19 marzo scorso il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha dichiarato espressamente che l'Italia è nuovamente a rischio infrazione al Trattato della Ue per la recente proroga di altri sei mesi stabilita dal cosiddetto «decreto mille-proroghe 2011» relativa al pagamento delle multe sulle quote latte;
secondo quanto dichiarato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali i cittadini italiani avrebbero già pagato 2,1 miliardi di euro ma attualmente rischierebbero di pagare altri 2,4 miliardi di euro;
in data 25 marzo 2011, peraltro, è stato varato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha ulteriormente stabilito il termine di proroga fissato per il 31 marzo 2011 dal citato decreto mille-proroghe al 31 dicembre 2011,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa volta ad evitare l'apertura nei confronti dell'Italia dell'ennesima procedura di infrazione dovuta al protrarsi di una rateizzazione fatta a favore degli allevatori che hanno sforato le quote latte;
a garantire che in futuro verrà evitato qualsiasi tentativo di introdurre ulteriori proroghe al pagamento degli importi dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte.
9/4059-AR/23. Zazzera, Di Giuseppe, Borghesi, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
il 15 giugno 2010 le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati hanno approvato la risoluzione 8-00074 su misure volte a ridurre l'inquinamento atmosferico;
il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, di attuazione della direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, non si limita a recepire la direttiva 2008/50/CE, ma provvede anche a sostituire le disposizioni di attuazione della direttiva 2004/107/CE (recate dal decreto legislativo n. 152 del 2007), in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente;
il 24 novembre 2010 la Commissione ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia per non aver rispettato i valori limite di qualità dell'aria dell'UE per il particolato fine o PM10 in relazione alla procedura d'infrazione 2008/2194;
il 5 maggio 2010 la Commissione aveva inviato all'Italia un parere motivato con il quale contestava all'Italia il superamento dei valori limite giornalieri ed annuali consentiti per le particelle PM10 in numerose zone nel 2006 e nel 2007;
alla luce dei dati forniti dall'Italia con le relazioni annuali 2006 e 2007 sui valori limite giornalieri ed annuali per le PM10, nonché delle obiezioni sollevate dalla Commissione per gran parte delle richieste di deroga all'obbligo di applicare i valori limite per il PM10 avanzate dall'Italia per tali zone, la Commissione concludeva che ciò indicherebbe una tendenza al superamento dei valori limite di lungo periodo e che, pertanto, l'Italia sarebbe venuta meno agli obblighi derivanti dalla direttiva 1999/30/CE, concernente i valori limite di qualità dell'aria per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo;
in conformità dell'articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria, l'Italia ha presentato due diverse richieste per essere esentata, in relazione complessivamente a 79 zone, dall'obbligo di applicare i valori limite per il PM10 entro il 1o gennaio 2005, termine stabilito dalla direttiva 1999/30/CE. L'articolo 22 in questione, infatti, prevede la possibilità per la Commissione di concedere una deroga fino al 10 giugno 2011 purché a livello nazionale, regionale e locale siano state adottate tutte le opportune misure di abbattimento, il superamento di tali valori sia imputabile principalmente alle caratteristiche di dispersione specifiche del sito, a condizioni climatiche avverse o all'apporto di inquinanti transfrontalieri e sia predisposto un piano per la qualità dell'aria da cui risulti che entro il nuovo termine sarà possibile conformarsi ai valori limite;
con due distinte decisioni la Commissione ha ritenuto di sollevare obiezioni contro la deroga all'obbligo di applicare i valori limite in relazione a 73 zone poiché per esse, a seconda dei casi: non è stato dimostrato che sono state adottate tutte le misure idonee per conseguire il rispetto dei valori limite entro il termine previsto del 2005, né che tale rispetto potrà essere conseguito entro la scadenza del periodo di deroga nel 2011;
non è stato dimostrato né che il valore limite non può essere rispettato a causa di condizioni climatiche avverse, di caratteristiche specifiche del sito o di apporto di inquinanti transfrontalieri, né che il rispetto dei valori limite potrà essere conseguito entro la scadenza del periodo di deroga nel 2011;
ove i valori limite siano stati rispettati, non si può concedere una deroga;
la Commissione ha invece ritenuto di non dover sollevare obiezioni in relazione a 6 zone per le quali l'Italia dovrà:
nel corso del periodo di deroga, continuare ad applicare il valore limite giornaliero consentito con il margine di tolleranza massimo previsto dall'articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/50/CE;
trasmettere ogni anno alla Commissione dati che confermino che i livelli di concentrazione non superano i valori limite maggiorati del margine di tolleranza massimo;
trasmettere nel corso dell'anno civile successivo alla data di scadenza del periodo di deroga informazioni dettagliate in caso di superamento dei limiti consentiti;
mantenere la delimitazione definita nell'anno di riferimento 2005 o 2006 salvo modifiche da apportare solo previa approvazione della Commissione,

impegna il Governo

anche alla luce di quanto previsto dalla risoluzione parlamentare citata in premessa, ad introdurre con urgenza le misure previste dal richiamato decreto legislativo n. 155 del 2010 di attuazione della direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, al fine di scongiurare una ulteriore procedura di infrazione in questo settore e di tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente.
9/4059-AR/24. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il 29 luglio 2010 l'ottava sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso la sentenza nella causa C-19/10 intentata dalla Commissione europea contro la Repubblica italiana;
la Repubblica italiana è stata condannata «non avendo adottato le misure nazionali necessarie per l'attuazione dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 273/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, relativo ai precursori di droghe,» nonché «dell'articolo 31 del regolamento (CE) n. 111/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, recante norme per il controllo del commercio dei precursori di droghe tra la Comunità e i paesi terzi,» essendo quindi «venuta meno agli obblighi a cui è tenuta ai sensi dei regolamenti suindicati»,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti necessari all'attuazione dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 273/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, relativo ai precursori di droghe, nonché dell'articolo 31 del regolamento (CE) n. 111/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, recante norme per il controllo del commercio dei precursori di droghe tra la Comunità e i paesi terzi.
9/4059-AR/25. Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge n. 332 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474 del 1994, stabilisce che allo Stato possano essere conferiti poteri speciali onde salvaguardarne gli interessi fondamentali, in caso siano a rischio. In primo luogo, lo Stato ha il potere di opporsi sia all'acquisto di azioni che alla conclusione di patti da parte degli azionisti che detengono una determinata percentuale dei diritti di voto (pari al 5 per cento o inferiore, se così stabilito), in secondo luogo, lo Stato può opporsi a talune decisioni prese dalle imprese, ad esempio riguardo a fusioni o scissioni aziendali;
a parere della Commissione europea questa legislazione impone restrizioni non giustificate alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento (articoli 63 e 49, rispettivamente, del trattato sul funzionamento dell'UE);
nel marzo 2009 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso una sentenza, relativa a una precedente causa italiana (C-326/07), confermando che i poteri di opporsi a questo tipo di attività non sono idonei al fine di salvaguardare gli interessi vitali dello Stato, Per quanto riguarda la possibilità di opporsi alle decisioni sulla gestione delle imprese, la Corte segnala la possibilità di stabilire un legame tra tale potere e la necessità di proteggere gli interessi dello Stato, ma ciò deve fondarsi su condizioni oggettive e verificabili. Ad oggi sono stati introdotti in Italia uno o più dei poteri speciali in questione, per le seguenti imprese private: Telecom Italia, ENI, Finmeccanica ed Enel;
a seguito della condanna del marzo 2009 l'Italia non fece nulla e trascorsi alcuni mesi, la Commissione europea nel novembre dello stesso anno decise di inviare una lettera di messa in mora, a seguito della quale l'Italia, ancora una volta, non rispose. Con un comunicato del 16 febbraio scorso, la Commissione europea ha informato di aver chiesto all'Italia di rispettare la sentenza della Corte di giustizia delle dell'Unione europea del 26 marzo 2009,

impegna il Governo

a rispettare la sentenza della Corte europea e a rispondere alla lettera di messa in mora nel senso di volersi uniformare alla legislazione europea togliendo le restrizioni non giustificate alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento, abolendo la cosiddetta golden share prevista dall'articolo 2 del decreto legge n. 332 del 1994.
9/4059-AR/26. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il termine ultimo per recepire la direttiva 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, era fissato per il 24 dicembre 2010;
tramite la previsione del rimpatrio volontario, tale direttiva introduce uno strumento funzionale a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di Paesi terzi rispettando tuttavia le garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per l'efficace protezione degli interessi delle persone coinvolte;
il ritorno volontario assistito consiste nella possibilità di ritornare in modo volontario e consapevole nel proprio Paese di origine; tale possibilità, che prevede un'assistenza con un aiuto logistico e finanziario per il viaggio e la reintegrazione, viene offerta - su base individuale e personale - a quei migranti che, caratterizzati da elementi di vulnerabilità, non possono o non vogliono restare nel Paese ospitante e che desiderano spontaneamente ritornare nel proprio Paese d'origine;
l'introduzione nel nostro ordinamento del «reato di clandestinità» determina il rischio che venga meno, per il cittadino soggiornante illegalmente, la possibilità di accedere al rimpatrio volontario,

impegna il Governo:

ad attivare le procedure necessarie per il recepimento della suddetta direttiva, e in particolare:
a predisporre norme e procedure da applicarsi per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e dei diritti umani;
a prevedere l'introduzione di meccanismi idonei a tutela dell'interesse superiore del bambino, della vita familiare, delle condizione di salute del cittadino di un Paese terzo;
a tenere specificamente in considerazione le esigenze delle persone vulnerabili, tra le quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subito forme di violenza fisica, psicologica o sessuale;
a prevedere l'attuazione del principio di preferenza a favore del rimpatrio volontario rispetto al rimpatrio forzato, nonché l'introduzione di misure mirate a permettere la partenza volontaria in un periodo congruo, di durata compresa tra sette e trenta giorni, garantendo altresì la possibilità di una proroga del periodo per la partenza volontaria in ragione delle circostanze specifiche del caso individuale;
a promuovere una campagna di informazione circa la possibilità, per il cittadino di Paesi terzi irregolare, di procedere alla richiesta di rimpatrio volontario;
a garantire, al fine di promuovere il rimpatrio volontario, una maggiore consulenza e assistenza al rimpatrio, anche orientando in tal senso le possibilità di finanziamento offerte dal Fondo europeo per i rimpatri;
a garantire una procedura equa e trasparente e misure che tengano in considerazione le circostanze specifiche dei casi individuali del richiedente, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di bambini che frequentano le scuole e l'esistenza di altri legami familiari e sociali.
9/4059-AR/27. Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il pacchetto di direttive europee in materia di comunicazioni elettroniche introduce il principio del «diritto d'accesso» per i cittadini dell'Unione Europea;
la «neutralità della rete» è un principio necessario non solo a garantire i diritti civili degli utenti della rete, compreso il sopraccitato diritto d'accesso, ma anche la garanzie di un libero sviluppo del mercato delle telecomunicazioni e in generale dell'economia dell'informazione;
lo spettro radio non è frutto di investimenti privati, ma un bene comune che deve restare disponibile in modo «non esclusivo»;
nelle direttive vengono rafforzate le prescrizioni a garanzia degli utenti finali in particolare dei disabili, degli anziani, dei minori e dei portatori di esigenze sociali particolari, anche per ciò che concerne le apparecchiature terminali;
i tempi e le modalità di conservazione e cancellazione dei dati personali hanno fino ad ora consentito una eccessiva discrezionalità,

impegna il Governo:

ad implementare la rete in banda larga e ultra larga (NGN) con l'obiettivo di raggiungere la totalità dei cittadini entro il 2015;
a procedere alla messa in gara di parte delle frequenze che si liberano nel passaggio dalla TV analogica a quella digitale;
ad implementare il diritto d'accesso contenuto nella direttiva, garantendo concretamente l'accesso a banda larga a tutti i cittadini italiani come diritto fondamentale, dando a tutti gli operatori del mercato la possibilità di contribuire al soddisfacimento di tale diritto;
a garantire che eventuali restringimenti di accesso siano vincolati a procedure eque e imparziali, garantendo in ogni caso il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo;
a garantire un accesso non esclusivo dello spettro radio;
a difendere la neutralità della rete, innanzitutto garantendo adeguata trasparenza rispetto a pratiche di traffic shaping volte a privilegiare o filtrare alcune applicazioni o alcuni contenuti;
ad includere nelle apparecchiature terminali, a cui garantire l'accesso in particolare a disabili, anziani e portatori di esigenze sociali particolari, anche gli strumenti necessari ad esercitare la cosiddetta democrazia elettronica;
a rafforzare le prescrizioni anche relativamente ai tempi e alle modalità di cancellazione dei dati personali.
9/4059-AR/28. Calvisi, Marrocu, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge n. 4059-AR, « Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010»,

impegna il Governo:

ad adottare misure volte a dare completa applicazione alla direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le nuove sanzioni che verranno introdotte in applicazione di quanto previsto dalla direttiva siano efficaci, proporzionate e dissuasive, nonché volte ad assicurare l'emersione più ampia possibile del lavoro nero, il conseguente recupero fiscale e contributivo da parte dello Stato e la contestuale tutela del lavoratore illegale sfruttato;
b) prevedere l'introduzione di meccanismi idonei a garantire l'effettiva percezione da parte del lavoratore del pagamento di ogni retribuzione arretrata dovuta ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nonché di tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un paese terzo, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative;
c) prevedere nei decreti legislativi di recepimento l'introduzione di misure mirate ad affrontare il fenomeno dell'intermediazione abusiva di manodopera, al fine di introdurre strumenti dissuasivi atti a contrastare il fenomeno del caporalato;
d) al fine di favorire con tutti i mezzi concessi dalla legislazione vigente la comunicazione da parte del lavoratore clandestino alle autorità competenti della propria posizione di irregolare, introdurre meccanismi atti a facilitare la possibile denuncia dello sfruttamento lavorativo o delle condizioni d'illegalità del suo rapporto di lavoro, anche prevedendo a tal fine la possibilità che a seguito della avvenuta comunicazione alle autorità competenti della propria condizione di irregolare, venga concesso un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro, trascorso il quale si potrà procedere ad espulsione;
e) considerare, in sede di prima applicazione e senza determinare una sanatoria generalizzata, tra le soluzioni possibili la non applicazione delle sanzioni ai datori di lavoro che scelgano di autodenunciarsi e siano disposti a regolarizzare la posizione dei lavoratori impiegati clandestinamente, nonché a corrispondere loro le retribuzioni e i contributi arretrati che sarebbero stati dovuti in caso di assunzione regolare;
f) verificare la possibile estensione delle norme contro il lavoro nero extra-comunitario anche al lavoro nero nazionale qualora tali norme risultassero più favorevoli alla parte contrattuale più debole.
9/4059-AR/29. Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge n. 4059-AR, « Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010»,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di adottare misure volte a dare completa applicazione alla direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le nuove sanzioni che verranno introdotte in applicazione di quanto previsto dalla direttiva siano efficaci, proporzionate e dissuasive, nonché volte ad assicurare l'emersione più ampia possibile del lavoro nero, il conseguente recupero fiscale e contributivo da parte dello Stato e la contestuale tutela del lavoratore illegale sfruttato;
b) prevedere l'introduzione di meccanismi idonei a garantire l'effettiva percezione da parte del lavoratore del pagamento di ogni retribuzione arretrata dovuta ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nonché di tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un paese terzo, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative;
c) prevedere nei decreti legislativi di recepimento l'introduzione di misure mirate ad affrontare il fenomeno dell'intermediazione abusiva di manodopera, al fine di introdurre strumenti dissuasivi atti a contrastare il fenomeno del caporalato;
d) al fine di favorire con tutti i mezzi concessi dalla legislazione vigente la comunicazione da parte del lavoratore clandestino alle autorità competenti della propria posizione di irregolare, introdurre meccanismi atti a facilitare la possibile denuncia dello sfruttamento lavorativo o delle condizioni d'illegalità del suo rapporto di lavoro, anche prevedendo a tal fine la possibilità che a seguito della avvenuta comunicazione alle autorità competenti della propria condizione di irregolare, venga concesso un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro, trascorso il quale si potrà procedere ad espulsione;
e) considerare, in sede di prima applicazione e senza determinare una sanatoria generalizzata, tra le soluzioni possibili la non applicazione delle sanzioni ai datori di lavoro che scelgano di autodenunciarsi e siano disposti a regolarizzare la posizione dei lavoratori impiegati clandestinamente, nonché a corrispondere loro le retribuzioni e i contributi arretrati che sarebbero stati dovuti in caso di assunzione regolare;
f) verificare la possibile estensione delle norme contro il lavoro nero extra-comunitario anche al lavoro nero nazionale qualora tali norme risultassero più favorevoli alla parte contrattuale più debole.
9/4059-AR/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) ha trasformato le graduatorie permanenti del personale docente in graduatorie ad esaurimento;
malgrado la suddetta chiusura delle graduatorie il MIUR, fino all'anno 2010, ha continuato ad attivare nuovi corsi abilitanti, frequentati da oltre 40.000 docenti con modalità identiche rispetto ai precedenti, e determinati sulla base del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali così distribuiti: 2008 e 2009 attivazione del secondo e terzo corso di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media (classe di concorso 77/A); - 2008: attivazione dei bienni abilitanti COBASLID di formazione docenti ABA - Arte e Disegno; - 2008 e 2009: attivazione dei semestri aggiuntivi, di cui alla Nota Ministeriale n. 3057/2008, attivati presso le SSIS; - 2008, 2009 e 2010: attivazione dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria;
nell'anno 2009, in via eccezionale, il Governo ha decretato la riapertura delle graduatorie ad esaurimento, come previsto dall'articolo 5-bis della legge 30 ottobre 2008, n. 169, consentendo l'inserimento a pieno titolo o con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione a circa 21.000 docenti immatricolati nell'anno accademico 2007/2008 ad alcuni dei corsi abilitanti attivati dal M.I.U.R.;
in quell'occasione è stato concesso l'inserimento a pieno titolo anche ai docenti italiani abilitati in uno degli Stati dell'Unione Europea (articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto ministeriale 8 aprile 2009, n. 42);
con l'articolo 15 del decreto 249/2010 (nuovo regolamento che disciplina la formazione iniziale ed il reclutamento dei docenti) si attribuiscono pari diritti di trattamento ai docenti iscritti dal 2007 al 2010 ai corsi abilitanti già attivati dal Governo prima dell'approvazione dello stesso decreto;
si è venuta così a determinare una situazione di disuguaglianza tra i 21.000 docenti inseriti nelle graduatorie per il biennio 2009/2011 e i circa 19.000 insegnanti esclusi dalle stesse graduatorie perché immatricolati in anni successivi, nonostante essi si fossero iscritti ai corsi abilitanti attivati dal M.I.U.R. ai sensi dei medesimi decreti e prima del 15 febbraio 2011, data di approvazione del nuovo regolamento che disciplina la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti (decreto del 10 settembre 2010, n. 249);
per gli anni successivi, dunque, in attesa di un nuovo sistema di reclutamento, non sono stati previsti analoghi adattamenti;
lo Stato italiano si impegna a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dello stesso all'Unione Europea, in coerenza con gli articoli 11 e 117 della Costituzione, e che lo stesso deve garantire, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, la piena applicazione del principio di uguaglianza fra lavoratori italiani nonché tra docenti abilitati in Italia e docenti abilitati in uno degli Stati dell'Unione Europea in attuazione della normativa comunitaria di cui alle direttive 2005/36/CE e 2006/100/CE,

impegna il Governo

a prevedere un intervento normativo finalizzato a consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento per il biennio 2011/2013 di tutti i docenti immatricolati ai corsi abilitanti attivati dal M.I.U.R. prima del 15 febbraio 2011, data di approvazione del nuovo regolamento che disciplina la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti (decreto del 10 settembre 2010, n. 249).
9/4059-AR/30. Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
il Ministero dell'università e della ricerca - Direzione generale per l'alta formazione artistica musicale e coreutica, ha emanato il decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007, riguardante l'attivazione del biennio di secondo livello per la formazione dei docenti nella classe di concorso di educazione musicale (A031 e A032) e di strumento musicale (A077);
l'articolo 3, comma 3, del citato decreto dispone testualmente: «Limitatamente all'anno accademico 2007-2008, per la classe di concorso A77, sono ammessi (....) i docenti in possesso del diploma di Conservatorio o di Istituto Musicale Pareggiato, congiunto al diploma di istruzione secondaria di secondo grado, che abbiano maturato 360 giorni di servizio di insegnamento nella suddetta classe di concorso A 77, di cui almeno 180 giorni dopo il 6 giugno 2004 e sino all'entrata in vigore del presente decreto»;
per quanto riguarda il servizio utile ai fini dell'ammissione, il limite della prestazione dei 360 giorni, fissato nella data di entrata in vigore del decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 17 ottobre 2007), non sembra essere coerente con i principi fissati da numerosa giurisprudenza formatasi all'atto dell'emanazione delle ordinanze di indizione di precedenti corsi abilitanti speciali;
in particolare si ricorda che le ordinanze n. 153/1999 e n. 33/2000 del Ministero della pubblica istruzione avevano fissato il termine per la valutazione dei servizi utili per l'accesso alle procedure abilitanti alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 1999 (24 maggio 1999);
la fissazione di questo termine venne contestata con numerosi ricorsi presso la giurisdizione amministrativa dagli interessati che ritenevano che la maturazione del requisito di servizio dovesse essere riportata alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di accesso alle procedure, onde evitare discriminazioni tra persone che a tale data sarebbero state in possesso dei medesimi requisiti;
il giudice amministrativo accolse i ricorsi in questione e ciò addirittura costrinse il legislatore, al fine di garantire parità di opportunità a coloro i quali non avevano impugnato l'esclusione per carenza del requisito del servizio, ad uniformarsi a tali pronunce attraverso l'approvazione del comma 6-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 240, recante disposizioni urgenti per l'avvio dell'anno scolastico 2000-2001, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306;
con tale norma, infatti, si ricondusse alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione alla sessione riservata di esami la maturazione del periodo utile per conseguire il requisito di servizio necessario per l'ammissione a tale sessione riservata;
una sorta di «sanatoria» analoga venne adottata, molto più di recente, per attribuire l'abilitazione a pieno titolo a coloro i quali avevano partecipato al corso speciale abilitante indetto dal decreto ministeriale n. 85 del 2005, ammessi con riserva perché non in possesso dei requisiti di servizio indicati dal bando. Infatti con l'emendamento approvato in sede di conversione in legge del decreto mille proroghe, articolo 36, comma 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, si è previsto che: «Resta valida l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto 18 novembre 2005, n. 85, ai sensi del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, che abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, entro il termine di presentazione delle domande di partecipazione ai suddetti corsi speciali e che abbiano superato l'esame di Stato»,

impegna il Governo

a prevedere un intervento normativo finalizzato al riconoscimento dell'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione indetti dal Ministero dell'università e della ricerca con decreto ministeriale n. 137 del 2007 che abbiamo superato l'esame di Stato e abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, prima dell'inizio del corso per il conseguimento del titolo abilitante.
9/4059-AR/31. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'Italia detiene la maglia nera in Europa sul fronte dei ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali;
stando ai dati elaborati dall'indagine European Payment Index 2010 il periodo medio di pagamento a cui è soggetto un imprenditore italiano per riscuotere un credito da una pubblica amministrazione si attesta in Italia attorno ai 186 giorni mentre la media europea si attesta intorno al 63 giorni;
la direttiva 2011/7/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 2013, dispone che «si dovrebbe provvedere a limitare, di regola, i termini di pagamento previsti dai contratti tra imprese a un massimo di sessanta giorni di calendario»;
la suindicata direttiva riconosce la necessità di «un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi» che tra l'altro preveda «l'introduzione di disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute»;
la criticità legata al ritardo nei pagamenti influenza in maniera deleteria il funzionamento del mercato, compromettendo la liquidità e la competitività delle imprese italiane, determinando condizioni di impasse nelle dinamiche di sviluppo del tessuto produttivo del Paese,

impegna il Governo

a predisporre quanto prima per quanto riguarda le transazioni commerciali tra privati e al più presto per le transazioni che coinvolgono soggetti della pubblica amministrazione, attraverso opportune iniziative di natura normativa, il recepimento della suindicata direttiva al fine di disporre che il periodo legale di pagamento nelle transazioni commerciali venga fissato fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario a partire dalla data di fatturazione.
9/4059-AR/32. Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2006/123/CE, in materia di servizi del mercato interno meglio nota come «direttiva Bolkestein», reca disposizioni miranti a regolamentare la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri e la libertà di stabilimento delle attività economiche di servizi;
il suindicato provvedimento, recepito definitivamente dall'ordinamento italiano con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, si configura come una direttiva-quadro, che dispone norme di portata generale nonché principi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità nonché i tempi di applicazione degli stessi;
in particolare, le disposizioni in oggetto, con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
il provvedimento irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare all'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2010 non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore;
il provvedimento introduce un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;
le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata creano un impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia, segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, riconoscendo l'estraneità della categoria dei commercianti su area pubblica alle disposizioni della direttiva europea, salvaguardando come parametri di riferimento per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni per l'esercizio delle attività di commercio al dettaglio su suolo pubblico, i criteri riconosciuti dalla normativa nazionale e regionale vigenti prima dell'entrata in vigore della suindicata normativa, e a modificare l'articolo 70 del medesimo decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
9/4059-AR/33. Raisi, Di Biagio, Mazzocchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33 del disegno di legge in esame, prevede una delega al Governo per il riordino e la semplificazione delle disposizioni della parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice ambientale), finalizzato a garantire il pieno e corretto recepimento della direttiva 2000/60/CE in materia di acque;
siamo in presenza di una delega generica e fumosa nelle sue finalità, come sono assolutamente generici i principi e criteri direttivi a cui si dovrà attenere il decreto legislativo;
tra i suddetti princìpi e criteri direttivi, troviamo, alla lettera h), il «riordino e aggiornamento delle disposizioni in materia di concessione d'uso della risorsa idrica». Anche in questo caso si evidenzia l'estrema genericità del testo, che non consente alcuna valutazione di merito circa le intenzioni del Governo nell'intervenire in un settore determinante per la collettività, che risulta sottoposto, negli ultimi tre anni, ad una congerie di modifiche;
la delega interviene su una materia oggetto il 12 ed il 13 giugno scorsi di due quesiti referendari, sui quali la volontà popolare si è espressa con chiarezza, determinando l'abrogazione della disciplina vigente nel momento in cui detta delega è stata introdotta nel provvedimento - dettata dall'articolo 23-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dagli interventi successivi (articolo 15 del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2009, legge n. 99 del 2009) e dai regolamenti adottati in sua attuazione - e la riduzione in pristino delle disposizioni di cui al previgente testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000),

impegna il Governo

nell'esercizio della delega di cui all'articolo indicato e, segnatamente, della lettera h), recante «riordino e aggiornamento delle disposizioni in materia di concessione d'uso della risorsa idrica», a rispettare e a corrispondere pienamente alla volontà popolare espressa attraverso il voto sul quesito referendario in materia di servizi pubblici locali, avente un impatto diretto sulle modalità di affidamento e concessione del servizio idrico integrato, e sul quesito referendario in materia di composizione della tariffa del medesimo servizio.
9/4059-AR/34. Donadi, Borghesi, Mura, Messina.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, ha dato attuazione alla direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati e ha modificato le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e abrogato la direttiva 84/253/CEE;
tale decreto ha apportato significative modifiche alla disciplina vigente nel nostro ordinamento in materia di revisione legale, senza però alcuna previsione di coordinamento tra la normativa nazionale e quella regionale, con particolare riguardo alle regioni a statuto speciale;
queste regioni hanno, come noto, potestà legislativa esclusiva nelle materie espressamente previste nei rispettivi statuti di autonomia e, nel caso del diritto comunitario, la legge nazionale di attuazione è applicabile solo qualora la regione interessata non abbia ancora esercitato la sua potestà legislativa esclusiva, altrimenti prevale la normativa regionale;
lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni, all'articolo 4 riconosce alla Regione la potestà di esercitare il potere legislativo in materia di «sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative»;
a norma dell'articolo 4 dello Statuto, il Trentino-Alto Adige/Südtirol ha approvato la legge regionale n. 5 del 2008 e il relativo regolamento attuativo n. 11 del 2008, introducendo speciali disposizioni applicabili alle sole cooperative della Regione, che dovrebbero prevalere sul decreto legislativo n. 39 del 2010,

impegna il Governo

a interpretare il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nel senso che sia applicabile alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano che hanno competenza esclusiva in materia di vigilanza cooperativa, solo compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
9/4059-AR/35. Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge comunitaria 2010 reca norme volte ad assicurare l'osservanza degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nonché a recepire ed attuare nell'ordinamento nazionale la normativa adottata a livello comunitario;
si ravvisano l'opportunità che nella legge comunitaria ci siano espliciti riferimenti ai principi della riforma federale e l'esigenza di affermare il principio di territorialità anche in ambito comunitario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure tese ad una piena armonizzazione dei livelli di governo statale e regionale nel processo di formazione e recepimento del diritto comunitario.
9/4059-AR/36. Caparini.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle politiche di promozione dell'efficienza energetica, riveste un ruolo fondamentale il sostegno alla cogenerazione ad alto rendimento;
le direttive comunitarie in materia impegnano gli Stati membri a mettere in atto adeguate misure di incentivazione e sostegno e semplificazione amministrativa;
nel rispetto dei princìpi di non distorsione della concorrenza sul mercato interno, il Governo è impegnato a dare attuazione alle misure contenute nella legge n. 99 del 2009 e nel decreto legislativo n. 28 del 2011 in materia di cogenerazione ad alto rendimento,

impegna il Governo:

a tener conto, nell'attuare il regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento, degli effettivi risparmi di energia primaria e dei conseguenti benefici energetici ed ambientali;
a prevedere il diritto all'incentivo per gli impianti cogenerativi ad alto rendimento riconosciuti come tali, purché continuino ad essere cogenerativi secondo le norme vigenti alla data di entrata in esercizio degli impianti per tutta la durata prevista dell'incentivo;
a prevedere una adeguata/maggiore durata del regime di sostegno per interventi che riguardano le unità di cogenerazione ad alto rendimento connesse funzionalmente a reti di teleriscaldamento urbano insieme alle reti medesime.
9/4059-AR/37. Paroli.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle politiche di promozione dell'efficienza energetica, riveste un ruolo fondamentale il sostegno alla cogenerazione ad alto rendimento;
le direttive comunitarie in materia impegnano gli Stati membri a mettere in atto adeguate misure di incentivazione e sostegno e semplificazione amministrativa;
nel rispetto dei princìpi di non distorsione della concorrenza sul mercato interno, il Governo è impegnato a dare attuazione alle misure contenute nella legge n. 99 del 2009 e nel decreto legislativo n. 28 del 2011 in materia di cogenerazione ad alto rendimento,

impegna il Governo:

a tener conto, nell'attuare il regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento, degli effettivi risparmi di energia primaria e dei conseguenti benefici energetici ed ambientali;
a valutare l'opportunità, compatibilmente con il controllo dei costi a carico degli utenti, di prevedere che il diritto all'incentivo per gli impianti cogenerativi ad alto rendimento riconosciuti come tali, sia subordinato al rispetto della normativa vigente alla data di entrata in esercizio degli impianti e sia garantito per tutta la durata prevista dell'incentivo;
a valutare l'opportunità di prevedere una congrua durata del regime di sostegno per interventi che riguardano le unità di cogenerazione ad alto rendimento connesse funzionalmente a reti di teleriscaldamento urbano insieme alle reti medesime.
9/4059-AR/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Paroli.

La Camera,
premesso che:
con riferimento alla situazione emergenziale della Campania la Corte di giustizia nella causa C-297/08 ha già adottato una sentenza che accerta l'inadempimento da parte dello Stato italiano rispetto al recepimento della direttiva 2006/12/CE in materia di smaltimento dei rifiuti. Laddove lo Stato italiano non dovesse in tempi rapidi, adottare i provvedimenti necessari all'esecuzione di tale sentenza, la Commissione europea avvierà la procedura di cui all'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, al fine di ottenere la condanna al pagamento di un'ammenda che può raggiungere l'importo di 680 mila euro per ogni giorno di inadempimento;
secondo quanto riferiscono gli organi di informazione il commissario UE all'ambiente Janez Potocnik, in merito alla situazione dei rifiuti in Campania ha dichiarato il 28 giugno 2011 «Quello che è accaduto di recente dimostra che le autorità italiane non hanno ancora fatto quanto necessario per trovare una soluzione adeguata e definitiva al problema». Secondo il commissario europeo, «i miglioramenti reali si devono ancora vedere e vanno confermati da parte dei cittadini». «L'assenza di questi miglioramenti lascia alla Commissione poca scelta, se non quella di proseguire attivamente con la procedura d'infrazione», ha aggiunto Potocnik chiedendo un intervento in tempi rapidi. «A meno che la situazione non cambi per tempo, questo potrebbe portare - ha proseguito - a sanzioni pecuniarie all'Italia da parte della Corte europea di giustizia». Il commissario ha concluso lanciando di nuovo un appello alle autorità italiane «a tutti i livelli» perché prendano in mano la questione, in «modo che il denaro dei contribuenti serva a migliorare la situazione sul terreno piuttosto che a pagare le multe»;
l'adozione delle misure strutturali necessarie a risolvere in via definitiva il problema non può prescindere dalla soluzione dell'attuale situazione di emergenza, in presenza della quale non è possibile avviare alcun programma di medio-lungo periodo. È quindi del tutto prioritario rispetto ad ogni altra iniziativa, adottare i provvedimenti utili a rimuove i rifiuti dalle strade di Napoli, collocandoli nei siti disponibili, anche fuori dalla regione;
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto TUA) - Parte quarta - Titolo I - detta norme in materia di gestione dei rifiuti, prevedendo, tra l'altro, il divieto di smaltimento dei rifiuti urbani in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano (articolo 182, comma 3);
allo smaltimento dei rifiuti speciali, invece, si applica il principio generale della libera circolazione sul territorio nazionale, insuscettibile di limitazione da parte delle regioni (con particolare riferimento all'articolo 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 4-octies del decreto-legge n. 97 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 129 del 2008, all'articolo 8 del decreto legislativo n. 205 del 2010, alla direttiva 2008/98/CE). Tali tipologie di rifiuti possono infatti essere smaltiti in regime di libero mercato, attraverso accordi volontari tra operatori economici degli impianti di smaltimento delle diverse regioni;
l'impianto di incenerimento rifiuti di Brescia è gestito dalla società A2A, la quale è a capo di un gruppo di imprese che controlla interamente la società Partenope Ambiente, alla quale è stata affidata la gestione dell'inceneritore di Acerra (NA);
sulla base della normativa vigente e viste le capacità di trattamento dell'impianto, l'inceneritore di Brescia sarebbe perfettamente in grado di smaltire una parte dei rifiuti urbani campani opportunamente trattati oltre che quelli speciali già presenti in Campania; i primi nell'ambito dell'Accordo Stato-Regioni per fronteggiare l'emergenza;
la legislazione statale di natura eccezionale, introdotta per fronteggiare l'emergenza rifiuti in Campania, non prevede eccezioni al principio di smaltimento intra-regionale dei rifiuti solidi urbani e assimilati (come confermato dalla sentenza TAR Lazio, sezione I-ter, 31 maggio 2011, n. 4915, l'assenso delle regioni interessate al trasferimento dei RSU campani è il presupposto che abilita lo smaltimento dei rifiuti campani nel territorio extra-regionale, in base alla previsioni contenute nell'articolo 182, comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 263 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 290 del 2006, e nell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 196 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2011), non sussistono, invece, simili limitazioni per quanto riguarda lo smaltimento extra regionale di rifiuti speciali, non per iniziativa pubblica, ma per iniziativa privata;
poiché i due impianti di Brescia e Acerra sono gestiti da imprese appartenenti al medesimo gruppo societario, non si comprende l'indisponibilità ad accogliere i rifiuti provenienti dalla Campania. Con la conseguenza che tali rifiuti continuano ad intasare l'inceneritore di Acerra (che soffre guasti e interruzioni con cadenza ormai periodica), nonostante questo sia gestito dalla stessa società A2A, per il tramite della sua controllata Partenope Ambiente;

data la grave situazione determinatasi a Napoli e anche al fine di evitare condanne dell'Italia in sede comunitaria,

impegna il Governo:

a proporre, con la massima urgenza, ogni iniziativa normativa urgente che consenta il trasporto e lo smaltimento di rifiuti solidi urbani dalla Campania a tutte le regioni italiane in deroga ai princìpi riportati nella parte IV del codice ambientale;
a verificare se gli accordi tra la società A2A e la sua controllata Partenope Ambiente possono consentire lo smaltimento di una parte dei rifiuti urbani campani oltre che quelli speciali nell'inceneritore di Brescia o in altri impianti del Nord gestiti da A2A; i primi nell'ambito dell'Accordo di programma Stato-Regioni;
a verificare quali altri impianti di smaltimento del Nord Italia possano ospitare e assorbire parte delle giacenze della Provincia di Napoli, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e a tutela della salute dei cittadini;
a controllare che immediatamente la Regione Campania in collaborazione con le Province individui, anche attraverso le numerose cave esistenti, alcune discariche per far fronte alla situazione emergenziale e definisca un immediato piano che consenta di riportare la regione nella gestione ordinaria così come previsto dalla direttiva 2008/98 CE.
9/4059-AR/38. Bratti, Mariani, Realacci, Bonavitacola, Cuomo, Graziano, Iannuzzi.

La Camera,
premesso che:
la notizia del maxisequestro della Guardia di finanza di Padova, che ha portato al ritiro dal mercato di 700 milioni di articoli di bigiotteria contraffatti e potenzialmente pericolosi per la salute, impone interventi di immediata efficacia contro il dilagante fenomeno della contraffazione;
la questione, molto sentita dal nostro sistema produttivo e dai consumatori, è stata più volte portata all'attenzione della Camera dei deputati anche con la costituzione in questa legislatura di una Commissione di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e con diversi atti di sindacato ispettivo;
in particolare è stato denunciato come diversi produttori cinesi hanno l'abitudine di copiare il marchio CE, che i produttori italiani devono apporre sui loro prodotti a dimostrazione della conformità degli stessi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee, facendolo risultare in tutto identico a quello originale ad eccezione del minor spazio lasciato tra le due lettere, ad indicare la versione cinese del marchio «China Export»; quest'ultimo viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard di sicurezza europei;
la difficoltà nella distinzione tra i due marchi rappresenta una grave distorsione delle regole della concorrenza e reca un danno sia nei confronti dei consumatori che sono erroneamente indotti a pensare di acquistare un prodotto con determinate garanzie di qualità e di sicurezza certificate, sia dei produttori, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese e sull'occupazione;
l'Italia, in particolare, nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, ha esplicitamente vietato di apporre sugli apparecchi e i relativi imballaggi ed istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE, prevedendo l'applicazione di apposite sanzioni nel caso di violazioni della norma,

impegna il Governo

a farsi promotore in ambito comunitario di iniziative volte a porre fine all'uso disonesto del marchio CE, quale acronimo di «China export», affinché sia sempre garantita la conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie.
9/4059-AR/39. Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2008/98/CE, all'articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c), ha previsto espressamente l'esclusione dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti sia del «terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno» (lettera b), sia del «suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione ...» (lettera c);
in ambito comunitario, dunque, si è chiaramente stabilito che ogni sito contaminato, e dunque il «suolo» contaminato che non sia stato movimentato, sia da considerarsi un «bene immobile» ricompreso, giuridicamente, nel più generale concetto del «terreno in situ» e che pertanto, come tale, debba essere escluso dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti;
nello stesso senso, del resto, si ponevano anche le precedenti normative comunitarie in materia di rifiuti, concordi nel ritenere che il rifiuto, per essere tale, dovesse presupporre l'esistenza di un «bene mobile»; la direttiva 2006/12/CE, ad esempio, disponeva che «una regolamentazione efficace e coerente dello smaltimento e del recupero dei rifiuti dovrebbe applicarsi, fatte salve talune eccezioni, ai beni mobili di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi» (quarto considerando);
al fine di garantire omogeneità di posizioni in ambito applicativo e di dare piena e concreta applicazione alla normativa europea in materia di «terreno» (in situ), sia escavato sia non escavato, si rende pertanto oggi necessario confermare, attraverso una interpretazione autentica, che in relazione alle matrici materiali di riporto di origine antropica presenti nel terreno, il decreto legislativo n. 152 del 2006, così come del resto previsto nell'allegato 2 alla parte IV del medesimo, si pone in assoluta continuità con quanto previsto dal decreto ministeriale n. 471 del 1999 e delle citate direttive;
già il decreto ministeriale n. 471 del 1999 - ad oggi ancora vigente, a mente dell'articolo 264 del decreto legislativo n. 152 del 2006, per le parti che non si pongono in contrasto con le disposizioni del nuovo TUA - qualificando il materiale di riporto come autonoma matrice ambientale alla stregua del «suolo» e del «sottosuolo», lo esclude dalla disciplina dei rifiuti e lo assoggetta, sempre che contaminato, alla ordinaria procedura di «bonifica» dei suoli;
inequivoci, in tal senso, da un lato l'articolo 4, comma 4, del citato decreto ministeriale n. 471 del 1999, secondo cui «gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato devono privilegiare il ricorso a tecniche che favoriscano la riduzione della movimentazione, il trattamento nel sito ed il riutilizzo del suolo, del sottosuolo e dei materiali di riporto sottoposti a bonifica» e, dall'altro, gli allegati I e II al medesimo decreto ministeriale in cui vengono disciplinati i criteri di «caratterizzazione» (in quanto matrice ambientale e quindi da sottoporre a bonifica) dei materiali di riporto presenti nei siti contaminati;
peraltro, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto testo unico dell'ambiente, TUA), lo spirito e il dato letterale della disciplina non sono in alcun modo cambiati;
va sottolineato che il decreto legislativo n. 152 del 2006 continua espressamente ad individuare i materiali di riporto come matrice ambientale nell'Allegato 2 alla parte quarta, ove dedica una sezione alla «rappresentazione dello stato di contaminazione del sottosuolo» nel piano di caratterizzazione, stabilendo che: «l'elaborazione dei risultati analitici deve esprimere l'incertezza del valore di concentrazione determinato per ciascun campione: in considerazione della eterogeneità delle matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto la deviazione standard per ogni valore di concentrazione determinato, da confrontare con i valori di concentrazione limite accettabili, dovrà essere stabilita sulla base del confronto delle metodologie che si intendono adottare per il campionamento e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua»;
la qualificazione dei materiali di riporto come matrici ambientali, contenuta nell'Allegato 2 alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, non fa, dunque, che confermare quanto già stabilito dal decreto ministeriale n. 471 del 1999,

impegna il Governo

a presentare una norma di interpretazione autentica dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di chiarire che nel più ampio concetto di «terreno», suolo e sottosuolo deve ricomprendersi anche la matrice materiale di riporto, sia quando detta matrice non sia contaminata e, una volta escavata, venga utilizzata nel medesimo sito, sia quando sia contaminata ma non venga escavata, rimanendo in situ, sia - infine - quando una volta escavata se ne debba valutare l'eventuale utilizzazione anche al di fuori del sito in cui sia stata escavata.
9/4059-AR/40. Realacci, Bratti.

La Camera,
considerata la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione);
premesso che:
risulta insoluto il debito pluriennale maturato nei confronti del Ministero della giustizia a fronte delle prestazioni fornite dalle aziende impegnate nel supporto tecnologico delle attività tecnico-investigative della polizia giudiziaria e della procura della Repubblica, con specifico riferimento alle operazioni di intercettazioni telefoniche e ambientali;
l'ammontare di tale debito al 31 dicembre 2009 era di 350 milioni di euro e, ad oggi, come risulta da recenti notizie stampa, è lievitato a un miliardo di euro;
il perdurare della situazione debitoria senza interventi adeguati nei documenti di bilancio 2011, né nel patto di stabilità 2011-2013, ha conseguenze gravi e pressoché irreparabili sul piano economico ed occupazionale, per quanto riguarda la situazione delle imprese che forniscono il servizio, di cui 50 associate nell'I.L.I.I.A. (Associazione italiana per le intercettazioni legali e l'intelligence), il cui presidente, Walter Nicolotti, ha dichiarato: «se non verrà risolta al più presto la questione del debito che il Ministero della giustizia ha nei confronti delle imprese che attualmente realizzano le intercettazioni, molte di esse si troveranno costrette a cessare la propria attività e quindi a sospendere il proprio prezioso servizio a supporto delle investigazioni, con prevedibili ripercussioni sia sull'occupazione sia sulla lotta alla criminalità»;
il persistere del debito, nonostante le ripetute promesse di soluzioni definitorie, può rappresentare di fatto una misura volta indirettamente a limitare l'utilizzo dello strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche,

impegna il Governo

a dare disposizione per il pagamento di quanto fatturato e dovuto al 31 dicembre 2010 entro 60 giorni.
9/4059-AR/41. Rosato, Rossomando, Ferranti.

La Camera,
premesso che:
l'applicazione delle norme comunitarie impone alle diverse amministrazioni il rispetto di tempi più certi per la liquidazione dei propri debiti alle imprese fornitrici di beni o servizi;
si oppone alla pratica attuazione di questo principio la necessità di rispettare patti di equilibrio finanziario da parte degli enti locali, tali per cui spesso amministrazioni - che pur dispongono dei fondi disponibili al pagamento - si trovano nella impossibilità di procedere tempestivamente alle liquidazioni per non uscire dai limiti imposti dai cosiddetti «patti di stabilità» più o meno severi in dipendenza dello stato finanziario degli enti;
sono stati creati sul territorio dei fondi di garanzia tesi a tutelare le imprese mediante tempi certi di pagamento;
partecipano a tali fondi gli enti locali, gli istituti di credito e le associazioni di categoria;
fondi di mutua garanzia richiedono solo l'iscrizione delle imprese fornitrici negli appositi albi, la garanzia della certezza del credito vantato presso gli enti locali e la serietà dell'impresa che si impegna al rispetto delle normative in essere, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con il proprio personale;
alla scadenza il fondo procede a garantire la liquidazione anche nei confronti degli istituti di credito, limitando così gli interessi passivi a carico delle imprese,

impegna il Governo

a favorire tali iniziative al fine di creare sul territorio una vera e propria rete di consorzi di garanzia tesi ad aiutare le piccole e medie imprese, limitare i ritardi di pagamento ed, in definitiva, rafforzare così il sistema produttivo a tutto vantaggio dell'economia e dell'occupazione.
9/4059-AR/42. Zacchera.

La Camera,
premesso che:
l'applicazione delle norme comunitarie impone alle diverse amministrazioni il rispetto di tempi più certi per la liquidazione dei propri debiti alle imprese fornitrici di beni o servizi;
si oppone alla pratica attuazione di questo principio la necessità di rispettare patti di equilibrio finanziario da parte degli enti locali, tali per cui spesso amministrazioni - che pur dispongono dei fondi disponibili al pagamento - si trovano nella impossibilità di procedere tempestivamente alle liquidazioni per non uscire dai limiti imposti dai cosiddetti «patti di stabilità» più o meno severi in dipendenza dello stato finanziario degli enti;
sono stati creati sul territorio dei fondi di garanzia tesi a tutelare le imprese mediante tempi certi di pagamento;
partecipano a tali fondi gli enti locali, gli istituti di credito e le associazioni di categoria;
fondi di mutua garanzia richiedono solo l'iscrizione delle imprese fornitrici negli appositi albi, la garanzia della certezza del credito vantato presso gli enti locali e la serietà dell'impresa che si impegna al rispetto delle normative in essere, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con il proprio personale;
alla scadenza il fondo procede a garantire la liquidazione anche nei confronti degli istituti di credito, limitando così gli interessi passivi a carico delle imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a favorire tali iniziative, al fine di creare sul territorio una vera e propria rete di consorzi di garanzia tesi ad aiutare le piccole e medie imprese, limitare i ritardi di pagamento ed, in definitiva, rafforzare così il sistema produttivo a tutto vantaggio dell'economia e dell'occupazione.
9/4059-AR/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Zacchera.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni il settore apistico, il cui rapporto con l'ambiente è alquanto delicato e fragile, è stato, ed è tutt'ora, vittima di gravi problemi, primo fra i quali la moria delle api, dovuta all'uso indiscriminato di molecole altamente tossiche (i cosiddetti «neonicotinoidi») usate nella concia del mais contro la diabrotica e nell'ortofrutta contro gli afibi;
la nocività di queste molecole è stata accertata nel progetto APENET finanziato sia dal Ministero della salute che da diverse regioni;
tali studi hanno determinato la decisione di sospendere l'utilizzo di tali molecole relativamente alla concia del mais;
alle suddette problematiche se ne sono sommate delle nuove, tra l'altro non di piccola entità, legate al nuovo parassita, la «Psylla Lerp» che ha attaccato le piante di eucalipto. Tale parassita svolge le funzioni di killer allo stadio larvale in quanto, succhiando la linfa della pianta e portando alla defogliazione dell'albero, comporta l'impossibilità di formare il bocciolo per la prossima fioritura;
i boccioli dell'eucalipto sono emessi un anno prima. La mancata fioritura procura la morte delle piante nell'arco di due o tre anni e porta ad un drastico calo della produzione di miele di eucalipto;
al parassita che ha colpito le piante di eucalipto si aggiunge anche la moria dei castagneti ad opera del cinipide o vespa cinese e la situazione di particolare difficoltà che vivono gli agrumeti per l'uso di alcune molecole killer;
le fioriture di castagno, eucalipto e arance sono il pilastro portante delle produzioni apistiche. Il venir meno della fioritura di questi alberi provoca all'intero comparto danni gravissimi che possono incidere pesantemente alla sua tenuta e al mantenimento dei livelli occupazionali,

impegna il Governo:

a promuovere un tavolo istituzionale al fine di analizzare le problematiche connesse al settore apistico e per individuare le strategie da intraprendere onde dare risposte adeguate alla crisi del settore, scongiurando il rischio della chiusura del comparto che inciderebbe negativamente sui livelli occupazionali;
nell'ambito delle proprie competenze e attraverso le opportune iniziative legislative, ad intervenire urgentemente per favorire l'approvazione di una norma che consenta, l'introduzione di specie non autoctone in deroga al divieto, previa autorizzazione del Ministero dell'ambiente (di concetto con quelli delle politiche agricole e della salute), su istanza delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, per motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse ad esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali, nel rispetto della salute e del benessere delle specie autoctone.
9/4059-AR/43. Oliverio, Schirru, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Marrocu, Pepe Mario (PD), Sani, Servodio.

La Camera,

impegna il Governo

ad interpretare il comma 6 dell'emendamento 21.300, laddove prevede la proroga al 31 dicembre 2015 delle concessioni demaniali marittime in essere al 31 dicembre 2009, nel senso di ricomprendere il minor tempo del termine di scadenza della delega di cui al comma 2, entro il quale la disciplina giuridica delle concessioni marittime ne definisce l'ulteriore esercizio.
9/4059-AR/44. Ciccanti, Buttiglione.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha ritenuto che la legislazione italiana in materia di acque destinate al consumo umano imponga restrizioni eccessive rendendo impossibile in Italia la commercializzazione dell'acqua potabile in bottiglia da parte di esportatori di altri Stati membri europei;
recependo le suddette osservazioni della Commissione europea, il comma 1 dell'articolo 13 del provvedimento in esame modifica la disciplina sulla verifica dei valori di parametro per le acque confezionate in bottiglie o contenitori destinate al consumo umano, sopprimendo il controllo delle acque nelle confezioni dopo l'imbottigliamento ed in fase di commercializzazione;
per una maggiore tutela della salute dei consumatori è assolutamente necessario garantire il rispetto dei valori microbiologici richiesti per dette acque in ogni momento della catena di distribuzione, e non solo nel momento dell'imbottigliamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere idonee misure di controllo delle acque confezionate destinate al consumo umano in grado di garantire elevati livelli di sicurezza per la salute dei consumatori.
9/4059-AR/45. Frassinetti.

RELAZIONE SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2009 (DOC. LXXXVII, N. 3-A/R)

Doc. LXXXVII, n. 3-A/R - Risoluzioni

RISOLUZIONI

La Camera,
premesso che:
il documento recante la Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 (Doc. LXXXVII, n. 3) è stato presentato dal Governo nell'agosto 2010 e arriva all'esame del Parlamento, per l'ennesima volta, con quasi due anni di ritardo, vanificando, di fatto, l'utilità e l'incisività di un esame parlamentare nel merito;
l'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, inoltre, come modificato dalla legge 4 giugno 2010 (legge Comunitaria 2009) ha cambiato la procedura stabilendo che il Governo presenti ora al Parlamento due distinte relazioni: l'una, da presentarsi entro il 31 dicembre di ogni anno, a carattere programmatico, che tenga conto cioè dei programmi di lavoro dell'Unione europea e delle linee della politica europea dell'Italia per l'anno in corso; l'altra, invece, a carattere consuntivo, da presentarsi entro il 31 gennaio di ogni anno, che fornisca al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare le attività che l'Italia ha compiuto nell'ambito della propria partecipazione nell'anno precedente a quello considerato;
il Governo, dunque, non solo ha presentato la relazione a carattere consuntivo, ora all'esame di questo ramo del Parlamento, con quasi due anni di ritardo, ma avrebbe già dovuto presentare anche la seconda relazione a carattere programmatico per l'anno in corso, con l'esposizione dei principi e delle linee caratterizzanti la politica italiana nei lavori preparatori in vista dell'emanazione degli atti normativi comunitari, nonché degli indirizzi del governo su ciascuna delle politiche europee;
secondo quanto è stato disposto da una pronuncia della Giunta per il regolamento della Camera, adottata il 14 luglio 2010, la relazione «programmatica» avrebbe poi dovuto essere oggetto di esame congiunto con gli strumenti di programmazione legislativa e politica delle Istituzioni europee;
i ritardi e le omissioni sia in fase di rendicontazione dell'attività già svolta dall'Italia, sia per tutta la fase di programmazione dell'attività futura, assumono una connotazione ancora più grave alla luce del rinnovato contesto istituzionale europeo che, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha riaffermato la centralità e il ruolo dei Parlamenti nazionali nel processo di integrazione europea;
tra le criticità rilevate nell'attività dell'Italia nell'Unione europea nel 2009, sono da segnalare, nel merito, le continue e rilevanti violazioni del regime linguistico, che favorendo un'affermazione sempre più diffusa del trilinguismo, incidono negativamente sul ruolo dell'Italia e sulla competitività delle nostre imprese, criticità che hanno portato all'approvazione da parte di questa Camera, lo scorso aprile, di una mozione sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari che ha già impegnato il Governo, tra le altre cose, a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico delle istituzioni dell'Unione europea e di marginalizzazione della lingua italiana, ricorrendo, ove necessario, anche agli strumenti giurisdizionali disponibili;
il documento all'esame del Parlamento, in quanto tardivo e datato, non tiene nella giusta considerazione il tema della riscrittura delle regole relative alla nuova governance economica europea, con il rafforzamento del coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri e la conseguente imposizione di nuovi vincoli di deficit e di rientro del debito pubblico; questioni rilevanti che non sono mai stati oggetto di una tempestiva informazione e di un coinvolgimento adeguato del Parlamento italiano, nonostante le decisioni assunte nelle sedi europee anche dal nostro governo determinino conseguenze rilevanti, incerte e gravose per il nostro Paese;
in particolare è da denunciare l'incapacità del governo italiano di contrapporre una strategia di politica economica più flessibile, articolata sugli investimenti infrastrutturali che aumentino la competitività nel medio e nel lungo periodo;
risulta miope e insufficiente la linea di indirizzo prevalente concentrata quasi esclusivamente sulla disciplina di bilancio, nella convinzione che solo politiche restrittive possano ripristinare la stabilità macroeconomica dell'Unione e degli stati membri; in questo modo, invece, si rischia di produrre effetti esattamente opposti a quelli annunciati, deprimendo le prospettive di crescita e deteriorando ulteriormente e le capacità di reddito dei consumatori e le condizioni di solvibilità dei debitori;
anche il Documento di economia e finanza (DEF) 2011, il principale strumento di programmazione economica e finanziaria contenente lo schema del Programma di stabilità e il Piano nazionale di Riforma, recentemente approvato dal Parlamento, ha rappresentato un contenitore vuoto e un'occasione persa per il Parlamento al fine di indirizzare l'esecutivo verso scelte improntate a prospettive di crescita e di sviluppo. Il DEF è stato presentato alle Camere al limite dello scadere del termine di presentazione in sede europea, occupando uno spazio esiguo per la discussione parlamentare, ma soprattutto ha dimostrato di non essere all'altezza delle sfide richieste. Le misure di stabilizzazione, infatti, per quanto coraggiose non potranno essere risolutive se procrastinate negli anni a venire con misure generiche e incerte, né gli obiettivi di finanza pubblica potranno essere raggiunti in assenza dell'innalzamento del potenziale della nostra economia nel quadro di una politica economica europea per il sostegno della domanda interna; se le prossime manovre finanziarie, infatti, non terranno conto anche del fattore crescita e competitività, con la previsione di un taglio alle spese per gli investimenti pubblici e alle infrastrutture, si determineranno effetti distorsivi proprio sulla crescita del PIL;
la situazione è stata ulteriormente aggravata dalla perdurante assenza ormai da diversi mesi di un Ministro per le politiche europee, che sta diventando insostenibile ed emblematica al tempo stesso della scarsa ambizione e della marginalizzazione dell'azione politica del Governo italiano nelle sedi europee; proprio l'assenza del Ministro competente, peraltro, ha fatto sì che un documento a carattere orizzontale come il Piano nazionale di Riforma fosse presentato dal solo Ministro dell'economia e delle finanze, noto per le sue posizioni scarsamente attente e assai poco sensibili al tema della crescita;
la stessa perdita di influenza e di ruolo politico si rivela nell'insufficiente azione del Governo italiano nel porre come priorità dell'agenda europea la questione del Mediterraneo, tanto sotto il profilo dell'aggiornamento degli strumenti politici e istituzionali a seguito del fallimento dell'Unione per il Mediterraneo, quanto sotto quello delle risorse finanziarie, profili entrambi necessari in presenza degli avvenimenti di straordinario rilievo in corso nel Maghreb e del Mashrek, che stanno mutando il quadro geopolitico della regione;
d'altra parte, proprio nelle vicende delle rivoluzioni arabe nel Nord Africa il comportamento del Governo si sta dimostrando sempre più confuso e ambiguo, anche a causa di evidenti spaccature al suo interno sulla linea da tenere, finendo per oscillare tra un atteggiamento eccessivamente accondiscendente nei confronti dei vecchi regimi contestati dalle popolazioni, e il continuo adeguamento alle decisioni assunte dagli altri partner;
egualmente infruttuoso e controproducente è il comportamento di ministri di questo Governo che alternano la polemica e la contrapposizione con la Commissione europea - fino a ventilare, come ha fatto il Ministro Maroni, un'uscita dell'Italia dall'Unione europea - alla richiesta di maggiore presenza delle istituzioni europee, o reclamando la richiesta di interventi urgenti di solidarietà, come fanno contraddicendosi i Ministri Maroni e Frattini, senza preoccuparsi di sanare le patenti inadeguatezze e vere e proprie inadempienze di obblighi comunitari in tema di immigrazione, tra cui rilevano il mancato recepimento della direttiva sui rimpatri e l'assenza di un'iniziativa forte in tema di adeguamento del nostro paese alle politiche di asilo;
in particolare, il grave ritardo nel recepimento della direttiva rimpatri, scaduta ormai da più di quattro mesi - e nonostante il Partito democratico abbia presentato emendamenti volti al recepimento fin dal 2009 - ha determinato, dapprima, un gran numero di pronunce giurisdizionali interne che hanno portato alla disapplicazione in diversi casi specifici della legge Bossi-Fini, laddove incompatibile con la citata direttiva; e da ultimo alla pronuncia dello scorso 28 aprile della Corte di Giustizia dell'Unione europea che ha sancito, tra l'altro, che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all'insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all'allontanamento coattiva, una pena detentiva, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine sia scaduto, permane in maniera irregolare in detto territorio;
secondo la Corte di Giustizia, inoltre, una tale pena detentiva, segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell'obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l'instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali;
appaiono peraltro preoccupanti le continue divisioni nel Governo proprio sulla linea da tenere in materia di immigrazione, che finiscono per indebolire ancora una volta la posizione italiana, contribuendo a consolidare la scarsa credibilità del nostro Paese, specie alla luce della procedura d'infrazione attualmente in corso nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della direttiva rimpatri;
è interesse dell'Italia garantire un'efficace funzionamento del sistema Schengen, la cui modifica dovrebbe pertanto prevedere una riduzione al minimo delle possibili eccezioni alla libera circolazione delle persone; il possibile ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen, da valutarsi certamente in termini positivi, non deve comportare il rischio di ulteriori future limitazioni alla libertà di circolazione delle persone;
è da rilevare che nella comunicazione della Commissione del 4 maggio 2011 la Commissaria Malstrom annuncia di aver presentato delle iniziative per una strategia globale più strutturata e in grado di garantire una risposta rapida dell'Unione europea alle sfide e alle opportunità delle migrazioni, anche in considerazione degli avvenimenti attualmente in corso nel Mediterraneo; tali iniziative prevedono tra l'altro controlli efficaci alle frontiere esterne e insieme un rafforzamento del principio della libera circolazione delle persone;
è da segnalare, in particolare, la presentazione di una proposta volta all'istituzione di un meccanismo che permetta all'Unione di gestire sia le situazioni in cui uno Stato membro non adempie all'obbligo di controllare la propria sezione di frontiera esterna, sia quelle in cui un tratto particolare della frontiera esterna diventa oggetto di pressione inaspettata e grave a seguito di eventi esterni. Secondo la Commissione europea, una risposta coordinata a livello UE in situazioni critiche aumenterebbe senza dubbio la fiducia reciproca degli Stati membri e ridurrebbe inoltre il ricorso a iniziative unilaterali degli Stati membri volte a reintrodurre temporaneamente i controlli alle frontiere interne o ad intensificare i controlli di polizia nelle regioni frontaliere interne, con un inevitabile rallentamento degli attraversamenti delle frontiere interne per chiunque;
il meccanismo proposto dalla Commissione prevede l'adozione di una decisione a livello europeo per definire quali Stati membri possano reintrodurre eccezionalmente i controlli alle frontiere interne e per quanto tempo, contrapponendosi il tal senso alla forte impronta nazionalistica che emerge nella lettera congiunta inviata da Berlusconi e Sarkozy il 26 aprile scorso al Presidente della Commissione Barroso, nella quale si sollecitava invece la riattivazione dei controlli alle frontiere su iniziativa dei singoli Stati membri;
tali spinte nazionalistiche, contrapposte al carattere europeo della proposta della Commissione, sono nettamente da respingere perché contrarie in generale all'interesse dell'Unione europea, e in particolare dell'Italia, che nulla avrebbe da guadagnare da un improvvisa e unilaterale riattivazione delle frontiere da parte di Francia, Austria, Svizzera e Slovenia;
è inaccettabile in tal senso che le migliaia di immigrati, profughi e sfollati provenienti dalla sponda sud del mediterraneo siano utilizzati come pretesto da parte di Italia e Francia per un indebolimento del sistema Schengen, ed è auspicabile che la Commissione sappia ritrovare coraggio nel garantire il pieno rispetto della libertà di circolazione, senza cedere alle pressioni unilaterali degli Stati membri,

impegna il Governo:

a presentare quanto prima al Parlamento, essendo già scaduti i tempi previsti, la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2010 nonché quella a carattere programmatico per l'anno 2011, con le modalità e i contenuti stabiliti dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005;
a consolidare i positivi risultati conseguiti a partire dalla XV legislatura in termini di riduzione sia del numero di procedure di infrazione, sia del deficit di trasposizione delle direttive comunitarie rafforzando la struttura del Ministero e il coordinamento governativo delle politiche comunitarie e il confronto parlamentare di merito;
ad assumere efficaci iniziative a livello europeo, conformemente a quanto previsto dalla mozione n. 1-00567, approvata dall'Assemblea della Camera dei deputati il 19 aprile 2011, al fine di concordare ed attuare una strategia coerente ed efficace per la tutela della lingua italiana nella UE e nella altre organizzazioni internazionali, valutando in particolare l'opportunità di utilizzare un criterio oggettivo che, limitando le lingue di lavoro entro un numero massimo di sei, tenga conto del numero effettivo di parlanti all'interno dell'Unione;
a provvedere con urgenza alla nomina di un Ministro delle politiche europee;
a garantire il pieno, sistematico e tempestivo coinvolgimento delle Camere, con particolare riferimento all'esame dei documenti economico-finanziari e ai nuovi profili sostanziali e procedurali della normativa contabile nazionale, in coerenza con la procedura del «semestre europeo» e le modifiche apportate alla nuova legge di stabilità, per il coordinamento ex ante delle politiche economiche degli stati membri UE;
a rafforzare il processo di unificazione nell'Unione europea, anche mediante nuovi indirizzi capaci di prefigurare, accanto alle necessarie misure di stabilizzazione finanziaria, i saldi legami tra stabilità finanziaria e sviluppo economico, equità sociale e riequilibrio territoriale, creando le condizioni per accrescere le prospettive economiche e sociali e adeguate condizioni di benessere materiale e di contrasto alla povertà nell'Unione;
a dare priorità alle politiche per la crescita, la ricerca, gli investimenti e lo sviluppo, definendo un percorso realistico e sostenibile di riduzione del debito, coerente con gli obiettivi di medio periodo del Patto di stabilita rafforzato, e una concreta attuazione degli obiettivi delineati dalla «Strategia UE 2020»;
a farsi promotore in sede europea della realizzazione di un piano europeo di investimenti per infrastrutture, formazione del capitale umano, consumi collettivi, occupazione, ambiente e innovazione, e a sostenere le proposte volte a prevedere che tale piano sia alimentato dalle risorse raccolte attraverso l'emissione di eurobond e dall'introduzione di specifici strumenti fiscali a livello europeo, tra i quali l'imposta sulle transazioni finanziarie e il rafforzamento della tassazione ambientale;
a sostenere il rafforzamento dell'azione di Frontex sulla scia di quanto stabilito all'interno del programma di Stoccolma - anche prevedendo, tra le altre cose, l'istituzione di una vera e propria polizia europea delle frontiere - nonché l'attribuzione all'Agenzia europea del coordinamento di operazioni congiunte di rimpatrio e della co-direzione di operazioni congiunte di pattugliamento marittimo e terrestre;
a sollecitare, nel quadro di collaborazione e cooperazione con le istituzioni dell'Unione Europea, una discussione sul principio di Dublino, anche al fine di accelerare la creazione di un'area comune di protezione e solidarietà basata su una condivisa procedura per richiesta e ottenimento dell'asilo, sostenendo in tal senso l'obiettivo annunciato anche dalla Commissione nella sua comunicazione del 4 maggio 2011 di giungere ad un completamento del sistema europeo comune d'asilo entro il 2012, in linea con i valori fondamentali e gli obblighi internazionali dell'Unione europea;
a provvedere quanto prima ad un adeguato recepimento della direttiva rimpatri, in particolare modificando, conformemente alla sentenza della Corte di Giustizia, quella parte della normativa interna palesemente incompatibile con il regime e lo spirito della direttiva rimpatri, e attivandosi fin da subito nei confronti della Commissione al fine di giungere ad una positiva chiusura della procedura d'infrazione attualmente in corso;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee, al fine di negoziare tutte le garanzie adeguate a presidio di un positivo ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen, avendo cura di scongiurare ulteriori future limitazioni del principio di libertà di circolazione e dunque ad un indebolimento del sistema di Schengen;
a sostenere tutte le iniziative della Commissione volte a mettere l'Unione europea nella condizione di offrire una risposta rapida ed efficace alle sfide e alle opportunità offerte dalle migrazioni;
ad attivarsi presso le istituzioni UE al fine di avere accesso alle disponibilità di finanziamento per far fronte alla situazione emergenziale verificatasi a seguito degli eventi rivoluzionari in Nord Africa e, più in generale, individuare con le medesime istituzioni appropriate forme di coordinamento per la gestione delle emergenze emerse negli ultimi mesi.
6-00082. Gozi, Albonetti, Bindi, Castagnetti, Farinone, Fedi, Garavini, Lucà, Luongo, Merloni, Pompili, Soro, Tocci, Zampa.

La Camera,
premesso che:
la Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2009, presentata dal Governo il 5 agosto 2010, giunge, come già avvenuto negli anni precedenti, all'attenzione della Camera con un ritardo tale da renderne di scarsa utilità l'esame nel merito;
l'obsolescenza del documento discende essenzialmente dalla scelta del Governo di presentare il documento stesso secondo la struttura e i contenuti previsti dalla formulazione dell'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, previgente rispetto alle modifiche introdotte dal comma 1 dell'articolo 8, della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge comunitaria 2009), in vigore dal 10 luglio 2007. La Relazione, infatti, dando conto in un unico documento sia dell'attività svolta dall'Italia a livello di Unione europea nel 2009 sia delle priorità per il 2010, non appare conforme al testo del medesimo articolo 15 vigente, in base al quale il Governo deve presentare al Parlamento due distinte relazioni annuali: una di rendiconto e l'altra programmatica;
il Governo non ha ancora presentato la Relazione «programmatica» per il 2011, che, in base al richiamato articolo 15 della legge n. 11 del 2005, andrebbe trasmessa alle Camere entro il 31 dicembre di ogni anno e dovrebbe indicare gli orientamenti che il Governo intende assumere per l'anno successivo, con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica;
il Governo non ha inoltre presentato la Relazione di rendiconto relativa all'anno 2010, che dovrebbe essere invece sottoposta alle Camere entro il 31 gennaio di ogni anno e che è volta ad illustrare le attività svolte nell'anno precedente dall'Unione Europea e dal Governo con riguardo all'evoluzione istituzionali, alla normativa e alle politiche dell'Unione Europea;
la Giunta per il Regolamento della Camera, nel parere del 14 luglio 2010, ha disposto che la relazione «programmatica» sia oggetto di esame congiunto con il programma legislativo delle Istituzioni europee, secondo la procedura già delineata a questo scopo dalla Giunta per il Regolamento il 9 febbraio 2000; la Relazione di rendiconto continuerà invece ad essere esaminata congiuntamente con il disegno di legge comunitaria, secondo il disposto di cui all'articolo 126-ter del Regolamento;
l'esame congiunto della Relazione programmatica per il 2011 e degli strumenti di programmazione dell'UE - il programma di lavoro della Commissione europea per il 2011, già presentato nello scorso ottobre - assume una particolare rilevanza in quanto consente alla Camera di svolgere una vera e propria sessione europea di fase ascendente, interamente dedicata alla valutazione e al confronto tra le priorità delle Istituzioni dell'Unione europea e quelle del Governo per l'anno in corso e alla conseguente definizione di indirizzi generali per l'azione dell'Italia a livello europeo;
la mancata presentazione delle due Relazioni sopra indicate nei termini previsti dalla legge pregiudica pertanto, gravemente, le competenze di indirizzo e controllo delle Camere nei confronti dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee;
la Relazione per il 2009 risulta inoltre pletorica e disomogenea, essendo le sezioni relative alle singole politiche redatte secondo un approccio ed un metodo notevolmente differente da settore a settore, che denunciano un debole coordinamento redazionale;
sul piano metodologico, va rilevato, in senso positivo, che la seconda parte della Relazione, analogamente alle relazioni per il 2006, il 2007 e il 2008, reca una specifica sezione relativa agli indirizzi espressi dalle Camere in fase ascendente;
va altresì considerata con favore la presenza nella Relazione di un'apposita sezione relativa alle strategie di comunicazione promosse dal Governo per avvicinare i cittadini all'Europa;
i capitoli della Relazione relativi all'attività svolta dal Governo nelle singole politiche danno conto solo occasionalmente del seguito dato agli atti di indirizzo delle Camere, come è invece disposto dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005;
si registrano numerose e crescenti violazioni del regime linguistico dell'Unione europea, in contrasto con il principio di non discriminazione in base alla nazionalità e quindi alla lingua di cui all'articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e in violazione del regolamento del Consiglio n. 1 del 1958;
è infatti crescente il ricorso, sia nelle prassi interne delle Istituzioni dell'Unione europea sia nella disciplina di specifici istituti giuridici, ad inglese, francese e tedesco quali lingue di lavoro o di comunicazione con gli Stati membri e i loro cittadini;
l'affermazione del trilinguismo è suscettibile di incidere negativamente sul ruolo dell'Italia nel processo di integrazione europea e sulla competitività del sistema produttivo italiano, che è costretto a sostenere costi di traduzione ulteriori rispetto alle imprese dei paesi che utilizzano una delle tre lingue in questione;
è bensì vero che i costi di traduzione per le 23 lingue ufficiali dell'Unione possono essere esorbitanti, ma non si vede in base a quale principio se ne privilegino solo tre;
la Camera ha in più occasioni, da ultimo nella mozione Pescante ed altri (n. 1-00567), approvata, all'unanimità, il 14 aprile 2011, impegnato il Governo ad opporsi ai tentativi di imporre inglese, francese e tedesco quali «lingue di lavoro» di altre istituzioni ed organi dell'Unione europea;
occorre che l'Italia elabori una strategia organica e coerente per la tutela della lingua italiana nell'Unione Europea, nonché in altre organizzazioni internazionali e sopranazionali;
va tenuto conto del testo unificato dei progetti di legge A.C. 2854-2862-2888-3055-3866A recanti «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», approvato dalla Camera all'unanimità, in prima lettura, il 23 marzo 2011, che prospetta un rafforzamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea,

impegna il Governo:

con riferimento alla redazione delle Relazioni di cui all'articolo 15 della legge n. 11 del 2005:
a) a presentare le Relazioni entro i termini previsti dalla legge, assicurando che esse siano predisposte secondo criteri redazionali omogenei, che consentano un'agevole individuazione, per ciascuna politica o tema, degli elementi essenziali dell'azione del Governo nelle sedi decisionale europee;
b) ad indicare, nella Relazione programmatica di cui all'articolo 15, comma 1, della legge n. 11 del 2005, gli orientamenti del Governo in merito alle singole priorità politiche e misure prospettate negli strumenti di programmazione legislativa dell'Unione europea, nonché le iniziative che il Governo intende adottare per dare seguito agli indirizzi generali definiti dalle Camere con riferimento a specifiche politiche e progetti di atti dell'Unione europea;
c) a dare conto, nella Relazione di rendiconto di cui all'articolo 15, comma 2, della legge n. 11 del 2005, degli interventi già adottati nell'anno precedente dal Governo per attuare gli indirizzi definiti dalle Camere su singoli atti o progetti di atti dell'Unione europea nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005;
con riguardo al raccordo con il Parlamento nella formazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea:
d) ad assicurare, in coerenza con l'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio europeo e Consiglio dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni o organi dell'Unione europea tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o di atti dell'Unione europea nonché su ogni altro atto o questione relativa all'Unione europea;
e) a riferire regolarmente alle Camere, in attuazione del medesimo articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, del seguito dato agli indirizzi da esse definiti, fornendo adeguata motivazione nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi in questione;
f) a garantire la costante e tempestiva informazione del Parlamento sulle iniziative adottate dal Governo nella cosiddetta fase ascendente del processo decisionale europeo, con particolare riferimento alla politica estera e di sicurezza comune nonché ai temi segnalati nelle risoluzioni approvate annualmente dal Parlamento in merito alla relazione del Governo e al programma legislativo della Commissione europea e agli altri strumenti di programmazione delle istituzioni europee;
g) ad accompagnare, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 4-quater della legge n. 11 del 2005, la trasmissione degli atti e dei progetti di atti dell'Unione europea di maggiore rilevanza con una valutazione approfondita e tempestiva sui contenuti dei documenti trasmessi, sul loro fondamento giuridico, sull'impatto previsto sull'ordinamento nazionale, sul rispetto dei principi di sussidiarietà;
h) ad assicurare una partecipazione sistematica dei rappresentanti del Governo alle sedute degli organi parlamentari in cui si discuta di progetti di atti dell'Unione europea o di altri temi europei, in modo da assicurare il confronto politico approfondito ed adeguato;
i) a garantire il pieno, sistematico e tempestivo coinvolgimento delle Camere nella procedura del semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche degli stati membri dell'UE, con le modalità prospettate dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, che ha modificato la legge di contabilità n. 196 del 2009;
con riferimento alla partecipazione dell'Italia al processo decisionale dell'Unione europea:
l) ad assicurare - anche in vista della definitiva approvazione ed entrata in vigore del testo unificato dei progetti di legge A.C. 2854-2862-2888-3055-3866-A, recanti «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea» - che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari (CIACE) eserciti un effettivo ruolo di coordinamento dell'azione del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. A tale scopo occorre che il Comitato si riunisca almeno prima delle riunioni del Consiglio europeo e delle sessioni del Consiglio dell'Unione europea in cui siano in discussione provvedimenti o questioni di natura intersettoriale;
m) a rafforzare il ruolo del Comitato tecnico permanente del CIACE, anche al fine di definire orientamenti per i rappresentanti dell'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
n) ad assicurare un più sistematico raccordo tra la rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, il CIACE e il suo Comitato tecnico permanente;
o) ad accrescere la presenza dei funzionari dei ministeri e delle altre amministrazioni presso la rappresentanza italiana all'Unione europea, in maniera da consentire un più efficace lavoro ai vari tavoli in cui si svolgono i negoziati nella fase di predisposizione della normativa europea;
p) a promuovere un'ulteriore incremento degli esperti nazionali distaccati (END) presso le istituzioni dell'Unione europea, dando piena attuazione alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri sulla razionalizzazione ed il rafforzamento dell'istituto dell'esperto nazionale distaccato presso l'Unione europea, emanata nel 2007, nonché prevedendo le opportune garanzie per una ricollocazione degli END in posizioni adeguate e strettamente attinenti alle attività relative all'Unione europea nelle amministrazioni di provenienza ovvero presso il CIACE;
con riferimento al regime linguistico dell'Unione europea:
q) a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico delle istituzioni dell'Unione europea e di marginalizzazione della lingua italiana, ricorrendo ove necessario anche agli strumenti giurisdizionali disponibili;
r) nell'opporsi al tentativo di affermare il ricorso alle sole lingue inglese, francese e tedesco nel funzionamento, anche al solo livello amministrativo, di ogni istituzione ed organo dell'Unione europea, a valutare l'opportunità di utilizzare un criterio oggettivo che, limitando le lingue di lavoro entro un numero massimo di sei, tenga conto del numero effettivo di parlanti all'interno dell'Unione;
s) a sostenere, nei casi in cui le esigenze di riduzione dei costi e di miglior funzionamento delle strutture amministrative delle istituzioni ed organi dell'Unione lo giustifichino ed il criterio precedentemente esposto non venga recepito, il ricorso alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo e globale;
t) a concordare con altri Paesi che sarebbero gravemente penalizzati, al pari dell'Italia, dall'adozione del trilinguismo, tutte le iniziative appropriate per assicurare il rispetto del principio della pari dignità delle lingue ufficiali dell'Unione europea;
con riferimento alla comunicazione e all'informazione in materia di integrazione europea:
u) a rafforzare le iniziative di formazione e comunicazione volte a promuovere la conoscenza dell'ordinamento e delle politiche europee e del loro impatto sull'Italia, anche alla luce delle innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona;
v) ad adoperarsi, in attuazione di quanto previsto dal contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per gli anni 2010-2012, firmato nell'aprile 2011, affinché, nell'ambito delle proprie competenze, sia assicurata, da parte della RAI, un'adeguata informazione sulle attività e il funzionamento dell'Unione europea, auspicabilmente attraverso la trasmissione in fasce orarie di ascolto medio-alto, di contenuti europei appropriati sia nei tele e radiogiornali, sia nelle trasmissioni di approfondimento o divulgative.
6-00083. Fucci, Buttiglione, Pescante, Formichella, Stanca.

La Camera,
premesso che:
la Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2009, presentata dal Governo il 5 agosto 2010, giunge, come già avvenuto negli anni precedenti, all'attenzione della Camera con un ritardo tale da renderne di scarsa utilità l'esame nel merito;
l'obsolescenza del documento discende essenzialmente dalla scelta del Governo di presentare il documento stesso secondo la struttura e i contenuti previsti dalla formulazione dell'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, previgente rispetto alle modifiche introdotte dal comma 1 dell'articolo 8, della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge comunitaria 2009), in vigore dal 10 luglio 2007. La Relazione, infatti, dando conto in un unico documento sia dell'attività svolta dall'Italia a livello di Unione europea nel 2009 sia delle priorità per il 2010, non appare conforme al testo del medesimo articolo 15 vigente, in base al quale il Governo deve presentare al Parlamento due distinte relazioni annuali: una programmatica, entro il 31 dicembre di ogni anno, e l'altra di rendiconto, entro il 31 gennaio;
in attuazione del nuovo testo dell'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, il Governo ha trasmesso alle Camere, il 18 maggio 2011, la Relazione «programmatica» per il 2011 che è esaminata dalla Camera unitamente agli strumenti di programmazione politica e legislativa delle Istituzioni dell'Unione europea, secondo la procedura stabilita dalla Giunta per il Regolamento, nel parere del 14 luglio 2010;
la Relazione per il 2009 risulta pletorica e disomogenea, essendo le sezioni relative alle singole politiche redatte secondo un approccio ed un metodo notevolmente differente da settore a settore;
sul piano metodologico, va rilevato, in senso positivo, che la seconda parte della Relazione, analogamente alle relazioni per il 2006, il 2007 e il 2008, reca una specifica sezione relativa agli indirizzi espressi dalle Camere in fase ascendente;
va altresì considerata con favore la presenza nella Relazione di un'apposita sezione relativa alle strategie di comunicazione promosse dal Governo per avvicinare i cittadini all'Europa;
i capitoli della Relazione relativi all'attività svolta dal Governo nelle singole politiche danno conto solo occasionalmente del seguito dato agli atti di indirizzo delle Camere, come è invece disposto dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005;
va tenuto conto del testo unificato dei progetti di legge A.C. 2854-2862-2888-3055-3866A recanti «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», approvato dalla Camera all'unanimità, in prima lettura, il 23 marzo 2011, che prospetta un rafforzamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea,

impegna il Governo:

con riferimento alla redazione delle Relazioni di cui all'articolo 15 della legge n. 11 del 2005:
a) a presentare le Relazioni entro i termini previsti dalla legge, assicurando che esse siano predisposte secondo criteri redazionali omogenei, che consentano un'agevole individuazione, per ciascuna politica o tema, degli elementi essenziali dell'azione del Governo nelle sedi decisionale europee;
b) ad indicare, nella Relazione programmatica di cui all'articolo 15, comma 1, della legge n. 11 del 2005, gli orientamenti del Governo in merito alle singole priorità politiche e misure prospettate negli strumenti di programmazione legislativa dell'Unione europea, nonché le iniziative che il Governo intende adottare per dare seguito agli indirizzi generali definiti dalle Camere con riferimento a specifiche politiche e progetti di atti dell'Unione europea;
c) a dare conto, nella Relazione di rendiconto di cui all'articolo 15, comma 2, della legge n. 11 del 2005, degli interventi già adottati nell'anno precedente dal Governo per attuare gli indirizzi definiti dalle Camere su singoli atti o progetti di atti dell'Unione europea nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005;
con riguardo al raccordo con il Parlamento nella formazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea:
d) ad assicurare, in coerenza con l'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio europeo e Consiglio dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni o organi dell'Unione europea tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o di atti dell'Unione europea nonché su ogni altro atto o questione relativa all'Unione europea;
e) a riferire regolarmente alle Camere, in attuazione del medesimo articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, del seguito dato agli indirizzi da esse definiti, fornendo adeguata motivazione nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi in questione;
f) a garantire la costante e tempestiva informazione del Parlamento sulle iniziative adottate dal Governo nella cosiddetta fase ascendente del processo decisionale europeo, con particolare riferimento alla politica estera e di sicurezza comune nonché ai temi segnalati nelle risoluzioni approvate annualmente dal Parlamento in merito alla relazione del Governo e al programma legislativo della Commissione europea e agli altri strumenti di programmazione delle istituzioni europee;
g) ad accompagnare, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 4-quater della legge n. 11 del 2005, la trasmissione degli atti e dei progetti di atti dell'Unione europea di maggiore rilevanza con una valutazione approfondita e tempestiva sui contenuti dei documenti trasmessi, sul loro fondamento giuridico, sull'impatto previsto sull'ordinamento nazionale, sul rispetto dei principi di sussidiarietà;
h) ad assicurare una partecipazione sistematica dei rappresentanti del Governo alle sedute degli organi parlamentari in cui si discuta di progetti di atti dell'Unione europea o di altri temi europei, in modo da assicurare il confronto politico approfondito ed adeguato;
i) a garantire il pieno, sistematico e tempestivo coinvolgimento delle Camere nella procedura del semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche degli stati membri dell'UE, con le modalità prospettate dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, che ha modificato la legge di contabilità n. 196 del 2009;
con riferimento alla partecipazione dell'Italia al processo decisionale dell'Unione europea:
l) ad assicurare - anche in vista della definitiva approvazione ed entrata in vigore del testo unificato dei progetti di legge A.C. 2854-2862-2888-3055-3866-A, recanti «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea» - che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari (CIACE) eserciti un effettivo ruolo di coordinamento dell'azione del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. A tale scopo occorre che il Comitato si riunisca almeno prima delle riunioni del Consiglio europeo e delle sessioni del Consiglio dell'Unione europea in cui siano in discussione provvedimenti o questioni di natura intersettoriale;
m) a rafforzare il ruolo del Comitato tecnico permanente del CIACE, anche al fine di definire orientamenti per i rappresentanti dell'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
n) ad assicurare un più sistematico raccordo tra la rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, il CIACE e il suo Comitato tecnico permanente;
o) ad accrescere la presenza dei funzionari dei ministeri e delle altre amministrazioni presso la rappresentanza italiana all'Unione europea, in maniera da consentire un più efficace lavoro ai vari tavoli in cui si svolgono i negoziati nella fase di predisposizione della normativa europea;
p) a promuovere un'ulteriore incremento degli esperti nazionali distaccati (END) presso le istituzioni dell'Unione europea, dando piena attuazione alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri sulla razionalizzazione ed il rafforzamento dell'istituto dell'esperto nazionale distaccato presso l'Unione europea, emanata nel 2007, nonché prevedendo le opportune garanzie per una ricollocazione degli END in posizioni adeguate e strettamente attinenti alle attività relative all'Unione europea nelle amministrazioni di provenienza ovvero presso il CIACE;
con riferimento alla comunicazione e all'informazione in materia di integrazione europea:
u) a rafforzare le iniziative di formazione e comunicazione volte a promuovere la conoscenza dell'ordinamento e delle politiche europee e del loro impatto sull'Italia, anche alla luce delle innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona;
v) ad adoperarsi, in attuazione di quanto previsto dal contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per gli anni 2010-2012, firmato nell'aprile 2011, affinché, nell'ambito delle proprie competenze, sia assicurata, da parte della RAI, un'adeguata informazione sulle attività e il funzionamento dell'Unione europea, auspicabilmente attraverso la trasmissione in fasce orarie di ascolto medio-alto, di contenuti europei appropriati sia nei tele e radiogiornali, sia nelle trasmissioni di approfondimento o divulgative.
6-00083.(Testo modificato nel corso della seduta)Fucci, Buttiglione, Pescante, Formichella, Stanca, Gozi, Borghesi.