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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 7 settembre 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 7 settembre 2011.

Albonetti, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fallica, Fava, Fitto, Franceschini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Misiti, Moffa, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Polidori, Prestigiacomo, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Vitali, Vito, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fallica, Fava, Fitto, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Vitali, Vito, Volontè.

Annunzio di una proposta di legge.

In data 6 settembre 2011 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
LABOCCETTA: «Disposizioni in materia di sanatoria di opere edilizie abusive minori» (4606).
Sarà stampata e distribuita.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 5 settembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO), per gli esercizi 2008 e 2009. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 343).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 5 settembre 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Valutazione intermedia del programma Dogana 2013 (COM(2011)537 definitivo);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Valutazione intermedia del programma Fiscalis 2013 (COM(2011)538 definitivo).

Trasmissione dal Garante per la protezione dei dati personali.

Il Garante per la protezione dei dati personali, con lettera in data 6 settembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 154, comma 1, lettera m), del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la relazione sull'attività svolta e sullo stato di attuazione del medesimo codice, riferita all'anno 2010 (doc. CXXXVI, n. 4).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla II Commissione (Giustizia).

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 4 agosto 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni relative al conferimento, ai sensi dei commi 3 e 6 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
alla V Commissione (Bilancio) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi:
al professor Vittorio Grilli, l'incarico di direttore generale del Tesoro;
al dottor Mario Canzio, l'incarico di ragioniere generale dello Stato;
alla dottoressa Giuseppina Baffi, l'incarico di capo del dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi;

alla VI Commissione (Finanze) la comunicazione concernente il seguente incarico:
alla dottoressa Fabrizia Lapecorella, l'incarico di direttore generale delle Finanze.

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 16 agosto 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4, comma 6, lettere b) e c), del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento per la disciplina del reclutamento delle risorse umane da parte dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (398).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla XI Commissione (Lavoro), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 7 ottobre 2011. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 22 settembre 2011.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 30 agosto 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (399).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 22 ottobre 2011. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 30 settembre 2011.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 1o settembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, commi 634 e 635, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dell'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per l'adeguamento della disciplina di organizzazione dell'Istituto per il credito sportivo (400).
Tale richiesta è assegnata, dal Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, alla Commissione parlamentare per la semplificazione, che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 7 ottobre 2011.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 1o settembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alla ripartizione delle risorse previste dall'ultima voce dell'elenco 1 di cui al medesimo comma 40 (401).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 7 ottobre 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE DELLA XIV COMMISSIONE SULLA RELAZIONE PROGRAMMATICA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2011, SUL PROGRAMMA DI LAVORO DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER IL 2011 E SUL PROGRAMMA DI 18 MESI DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA PRESENTATO DALLE PRESIDENZE POLACCA, DANESE E CIPRIOTA (DOC. LXXXVII-BIS, N. 1-A)

Doc. LXXXVII-bis, n. 1-A - Risoluzioni

La Camera,
premesso che:
l'esame della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2011, del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 e del Programma del trio di Presidenze polacca, danese e cipriota è stato svolto per la prima volta in modo congiunto, secondo la procedura definita dalla Giunta per il regolamento nel parere del 14 luglio 2010, nell'ambito di una vera e propria sessione interamente dedicata alla valutazione e al confronto tra le priorità delle Istituzioni europee e quelle del Governo per il 2011;
la nuova sessione «programmatica» mira a sviluppare un ampio dibattito, esteso anche alle parti sociali, alle categorie produttive e a tutti gli altri soggetti interessati, sullo stato e le prospettive del processo di integrazione e sul ruolo che nel suo ambito l'Italia può svolgere. È pertanto essenziale che la sessione programmatica si collochi all'inizio di ogni anno, in modo da assicurare che l'intervento delle Camere sia precoce ed efficace, precedendo l'attuazione delle azioni preannunciate nel programma di lavoro della Commissione europea;
la Relazione programmatica del Governo per il 2011 è stata trasmessa alla Camera dei deputati il 19 maggio 2011, quasi cinque mesi dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005. Questo ritardo, in parte giustificato dal lavoro di preparazione richiesto dalla prima applicazione della nuova disciplina, ha determinato l'avvio della nuova sessione europea per il 2011 a metà del 2011, riducendo l'utilità dell'esame del programma di lavoro della Commissione per il 2011, in buona misura già attuato;
la Relazione indica soltanto per alcuni settori gli orientamenti del Governo in merito alle specifiche iniziative avviate o preannunciate dalle Istituzioni europee e dà conto solo in modo occasionale degli indirizzi già definiti in relazione a numerose questioni o progetti legislativi dalle Camere;
la crisi economica e gli altri grandi problemi globali, quali la prevenzione e la risoluzione dei conflitti regionali, i flussi migratori, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata impongono all'Unione europea di procedere verso una sempre più stretta integrazione politica ed economica, da un lato, e la riemersione di nazionalismi, dall'altro;
le risposte sinora offerte dall'Unione europea alle questioni sopra richiamate appaiono complessivamente inadeguate sotto il profilo sia della tempestività sia dell'efficacia, denunciando la debolezza delle Istituzioni comuni e l'opposizione di molti Stati membri verso forme più avanzate di integrazione;
molte delle innovazioni istituzionali previste dal Trattato di Lisbona - intese a dotare le Istituzioni europee di competenze e strumenti di azione più avanzati - sono state utilizzate secondo un approccio minimalista, impedendo un reale salto di qualità nel ruolo e nelle politiche dell'Unione europea;
la pretesa di alcuni Stati membri di dettare, in via unilaterale o mediante intese o assi bilaterali, orientamenti e decisioni di maggiore rilievo per lo sviluppo del processo di integrazione, oltre a risultare contraria ai principi e alla logica dei Trattati, alterando gli equilibri nei rapporti tra le Istituzioni, tra l'Unione europea e gli Stati membri e tra gli stessi Stati membri, risulta inadeguata, in quanto volta alla mera affermazione di interessi di politica interna;
occorre che l'Italia formuli proposte concrete ed ambiziose su questioni di particolare importanza, come la creazione di un governo dell'economia e la riforma del bilancio, anche in vista dell'adozione di modifiche dei Trattati volte a rafforzare, mediante gli adattamenti istituzionali appropriati, lo spirito comunitario;
gli attacchi speculativi contro alcuni Paesi della zona euro e il mancato rilancio di crescita e occupazione hanno posto in rilievo le lacune e gli squilibri del nuovo modello di governance economica europea - più volte denunciate dalla Camera dei deputati e da altri Parlamenti nazionali - imponendo la stipulazione del «Patto euro plus» e correzioni dei meccanismi di stabilizzazione per l'area euro. Per assicurare la stabilità e, soprattutto, la crescita dell'area euro, occorre che le Istituzioni promuovano una reale iniziativa europea per la crescita e l'occupazione, dotata di un preciso piano di interventi coordinati e finanziati direttamente dall'Unione europea;
un primo passo in questa prospettiva sarebbe assicurato dando seguito alle varie proposte avanzate in materia di emanazione di titoli di debito dell'Unione europea, che consentano di alleviare la situazione debitoria dei Paesi membri e di finanziare progetti infrastrutturali e di interesse europeo. Occorre, pertanto, che la Commissione europea, che ha preannunciato l'avvio di un apposito studio sulla questione, presenti in tempi rapidi e, in ogni caso entro il Consiglio europeo di dicembre 2011, proposte operative volte a dare concretamente seguito all'iniziativa;
nel medio e lungo periodo è necessario procedere alla creazione di un vero «governo economico» dell'eurozona, attribuendo, mediante appropriate modifiche ai Trattati, al Consiglio e all'Eurogruppo, su proposta della Commissione ed in codecisione con il Parlamento europeo, poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione. Andrà in questo contesto valutata l'ipotesi di creare figure istituzionali innovative;
occorre che l'Italia proceda ad una rapida approvazione delle opportune modifiche all'articolo 81 della Costituzione volte a codificare, in coerenza con la direttiva sui quadri nazionali di bilancio, in corso di approvazione, e del «Patto euro plus», i vincoli di finanza pubblica derivanti dal Patto di stabilità e crescita;
per assicurare che il risanamento delle finanze pubbliche proceda in modo equo ed efficace occorre un maggiore coordinamento delle politiche fiscali nazionali, al fine di prevenire o correggere fenomeni di concorrenza dannosa, soprattutto in materia di imposizione sulle imprese e sulle rendite finanziarie, che potrebbero avere effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea;
l'Unione europea rischia di essere relegata ad un ruolo marginale nelle vicende internazionali, soprattutto anche nelle zone di vitale interesse come il Mediterraneo, non essendo capace di offrire una risposta comune neanche agli eventi che hanno investito aree vicine al nostro continente, quali i Paesi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Tali vicende confermano l'assenza di visione strategica in seno alle Istituzioni dell'Unione europea, la scarsa solidarietà tra gli Stati membri, anche a fronte dei massicci flussi migratori che ne sono conseguiti, e, soprattutto, l'inadeguatezza dell'Alto rappresentante per la politica estera ad adempiere i compiti che gli sarebbero attribuiti in vista della costruzione graduale di una reale politica estera europea;
carattere prioritario riveste, alla luce del fallimento dell'Unione per il Mediterraneo, il rilancio del partenariato euromediterraneo. In questa prospettiva, andrebbe valutata con attenzione la progressiva creazione di una nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, dotata di istituzioni comuni ed impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile ed aperta ad estendersi verso il Mar Caspio e il Mar Nero;
il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero proporre ai Paesi del Mediterraneo meridionale questa Comunità basata su istituzioni che si ispirino a quelle della Ceca, essendo condizione indispensabile che a queste istituzioni partecipino come partner su un piede di eguaglianza l'Unione europea da una parte ed un'organizzazione integrata regionale dei Paesi del Mediterraneo meridionale dall'altra;
le proposte della Commissione europea per il quadro finanziario 2014-2020, presentate il 29 giugno 2011, recano risorse ed obiettivi modestissimi per il sostegno alla crescita e all'occupazione, affidandosi sostanzialmente al ricorso a strumenti finanziari innovativi per promuovere ulteriori investimenti pubblici e privati;
occorre, invece, che l'Unione europea si doti di risorse adeguate per far fronte alle proprie competenze interne ed esterne, accresciute sia per qualità sia per quantità dal Trattato di Lisbona, e per rispondere alle aspettative dei cittadini nel processo di integrazione europea;
desta preoccupazione la difficoltà di definire, nell'ambito dei processi decisionali dell'Unione europea, una posizione unitaria o quanto meno non contraddittoria tra gli attori istituzionali e non istituzionali italiani, soprattutto con riferimento alle questioni di maggiore interesse nazionale;
va stigmatizzato, in particolare, il disallineamento, emerso in modo esemplare in occasione della cooperazione rafforzata sul brevetto unico europeo, tre le posizioni assunte dal Governo e dal Parlamento a tutela degli interessi del Paese e del sistema produttivo nel suo complesso e quelle di segno opposto espresse da alcune associazioni rappresentative delle categorie produttive per perseguire meri interessi settoriali;
appare necessaria pertanto una tempestiva approvazione della riforma della legge n.11 del 2005, che prospetta un rafforzamento degli strumenti di coordinamento tra tutti gli attori interessati nella fase di formazione della posizione nazionale,

impegna il Governo:

con riguardo alla governance economica, alla crescita e all'occupazione:
a) a promuovere, accanto alle misure in corso di definitiva approvazione in materia di sostenibilità delle finanze pubbliche, sorveglianza macroeconomica e quadri nazionali di bilancio, un'iniziativa europea per la crescita e l'occupazione, dotata di un preciso programma di interventi coordinati e finanziati direttamente dall'Unione europea;
b) ad adoperarsi affinché sia dato seguito, anche attraverso opportune modifiche dei Trattati, alle proposte avanzate in materia di emanazione di titoli di debito dell'Unione europea che consentano di alleviare la situazione debitoria dei Paesi membri e di finanziare progetti infrastrutturali e di interesse europeo;
c) ad avviare una riflessione volta alla creazione a medio e lungo termine di un vero «governo economico» dell'eurozona, attribuendo, mediante appropriate modifiche ai Trattati, al Consiglio e all'Eurogruppo, su proposta della Commissione ed in codecisione con il Parlamento europeo, poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione, nonché valutando la creazione a tale scopo di nuove figure istituzionali;
d) ad assicurare, in coerenza con le previsioni della legge n. 196 del 2009, e successive modificazioni, il coinvolgimento delle Camere, delle regioni e delle autonomie locali nella predisposizione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità nell'ambito del semestre europeo;
con riferimento al quadro finanziario pluriennale 2014-2020:
a) ad adoperarsi, in attesa delle definizione di puntuali indirizzi da parte delle Camere, affinché, nell'ambito del negoziato avviato con la presentazione da parte della Commissione europea delle proposte relative al quadro finanziario e alle risorse proprie dell'Unione europea 2014-2020, presentate il 29 giugno 2011, siano tenuti in adeguata considerazione i seguenti principi:
1) miglioramento del saldo netto dell'Italia, riducendo il rilevante divario attualmente esistente tra i finanziamenti versati dal nostro Paese e i fondi da esso ricevuti, anche attraverso l'eliminazione delle correzioni di bilancio riconosciute nell'attuale quadro finanziario ad alcuni Stati membri;
2) garanzia di un volume del bilancio che consenta di perseguire efficacemente gli obiettivi fissati a livello europeo, con particolare riferimento a quelli definiti nell'ambito della strategia Europa 2020, nel rispetto delle compatibilità finanziarie imposte dall'attuale situazione di crisi, che impone agli Stati il rispetto di stringenti vincoli di bilancio;
3) rafforzamento del coordinamento e dell'armonizzazione dei bilanci nazionali e del bilancio dell'Unione europea, al fine di assicurare una più corretta valutazione e un migliore utilizzo delle risorse disponibili e di garantire il maggiore coordinamento tra le politiche dell'Unione europea e le misure adottate a livello nazionale e regionale;
4) mantenimento di un livello adeguato di risorse per la politica di coesione, concentrandone gli interventi su un numero limitato di obiettivi ad alto valore aggiunto, migliorando e semplificando le procedure di programmazione, gestione e controllo e assicurando che gli stanziamenti destinati alle regioni italiane nell'ambito della politica di coesione non siano inferiori a quelli previsti nell'attuale quadro finanziario. A tale scopo, appare necessario che il Governo ribadisca la propria ferma contrarietà all'introduzione dell'obiettivo «regioni in transizione» e sostenga il mantenimento delle regole vigenti di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate;
5) conferma delle riserve espresse dal Governo in ordine all'introduzione di una riserva di premialità a livello europeo che potrebbe mettere a carico della politica di coesione traguardi non sostenibili;
b) a valutare con attenzione le proposte della Commissione europea volte ad introdurre, quale nuova risorsa propria dell'Unione europea, una tassa sulle transazioni finanziarie, assicurando che analoghe iniziative siano assunte anche a livello internazionale, anche al fine di scongiurare il rischio di determinare lo spostamento delle attività finanziarie verso altre nazioni;
c) ad informare tempestivamente le Camere dei principali sviluppi del negoziato e a trasmettere dati e simulazioni adeguate sull'impatto sul saldo netto dell'Italia delle diverse opzioni relative al prossimo quadro finanziario e al sistema di risorse proprie;
con riguardo alla politica di coesione:
a) ad individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei cofinanziamenti nazionali, relativi ai programmi dei fondi strutturali europei, dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione di spese in favore degli investimenti;
b) a sostenere in sede europea la semplificazione delle procedure relative all'utilizzo e alla rendicontazione dei fondi strutturali, la cui complessità costituisce un freno al loro tempestivo impiego;
c) a sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte concernenti l'innalzamento della quota di cofinanziamento europeo previsto per tutti gli obiettivi dei fondi strutturali;
con riguardo al mercato interno e alla politica per le imprese:
a) a sostenere l'introduzione di un approccio diversificato fra micro, piccole e medie imprese, soprattutto ai fini della semplificazione degli oneri amministrativi e contabili;
b) ad adoperarsi per un'effettiva e sistematica applicazione del «test PMI» nelle valutazioni di impatto, prevedendo per ogni proposta della Commissione europea la valutazione d'impatto degli oneri che gravano sulle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, prevedendo la riduzione corrispondente di altri oneri, l'applicazione del principio di proporzionalità e di specificità e tempi di adeguamento posticipati nel tempo;
c) a promuovere l'accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, non limitandosi ad offrire incentivi alle amministrazioni aggiudicatrici, affinché gli appalti tengano conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, ma prevedendo, attraverso opportune modifiche alle direttive vigenti in materia, che alcune tipologie di appalti siano espressamente riservate alle piccole e medie imprese;
d) ad adoperarsi per il rafforzamento degli strumenti dell'Unione europea volti alla prevenzione e al contrasto della contraffazione, anche assicurando la massima tracciabilità dei prodotti, in particolare mediante un sistema di controllo a campione della merce sulle reti di vendita al pubblico;
e) a sostenere presso le istituzioni europee ogni strumento nazionale o europeo diretto alla salvaguardia del made in e ad una più ampia tracciabilità dei prodotti;
con riguardo ai mercati finanziari:
a) a promuovere, in sede di revisione del regolamento (CE) n. 1060/2009 sulle agenzie di rating del credito:
1) la revisione del ruolo attribuito ai giudizi espressi dalle agenzie di rating e il loro impatto sul funzionamento dei mercati, in particolare eliminandone o circoscrivendone significativamente l'uso a fini regolamentari;
2) l'introduzione di meccanismi di responsabilità in capo alle agenzie di rating, nel caso in cui i giudizi emessi da queste ultime risultino gravemente viziati, e la soluzione del problema dei conflitti di interesse esistenti in capo alle agenzie di rating, nonché la revisione dei meccanismi di remunerazione del servizio di rating;
3) l'istituzione di un'agenzia di rating creditizio pubblica e indipendente e la definizione di un indice europeo di rating (EURIX), al fine di controbilanciare il potere delle tre maggiori agenzie di rating;
b) a migliorare la disciplina sulla gestione delle crisi finanziarie, rafforzando i relativi sistemi di monitoraggio, nonché introdurre nuove misure normative che coinvolgano i principali protagonisti del mercato a livello globale, anche nel quadro del G20;
con riferimento alla politica fiscale:
a) ad adoperarsi, in coerenza con il «Patto euro plus», per rafforzare il coordinamento dei sistemi fiscali nazionali, al fine di prevenire la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri, valutando l'introduzione di regole armonizzate anche in materia di imposte dirette, con particolare riferimento all'imposizione sui redditi prodotti da soggetti o nell'ambito di attività che assumono rilievo transnazionale, quali le società e le rendite finanziarie;
b) a sostenere l'adozione di misure volte a consentire la riduzione del carico fiscale sulle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small business act, e la semplificazione dei relativi oneri di dichiarazione e riscossione;
c) a promuovere il rafforzamento del quadro normativo per la prevenzione e la lotta contro l'evasione e le frodi tributarie;
d) a sostenere una rapida approvazione della proposta di direttiva relativa ad una base consolidata comune per l'imposizione sulle società, valutandone le opportune modifiche ed integrazioni. In particolare, occorre accompagnare la definizione di una base imponibile comune dell'imposta sulle società con la fissazione di una o più aliquote minime di imposta, sul modello dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise;
e) a promuovere la presentazione, dando seguito alle indicazioni contenute nel libro verde sul futuro dell'iva, di proposte legislative per la riforma dell'imposta che contemplino:
1) la fissazione di regole più stringenti ed omogenee, sia in merito alla determinazione della base imponibile sia con riguardo alle aliquote, riducendo le esenzioni ed eliminando le deroghe per specifiche categorie di beni o servizi riconosciute in capo a singoli Stati membri;
2) la razionalizzazione e l'aggiornamento del sistema delle aliquote minime dell'imposta, che tenga conto degli obiettivi di crescita, competitività ed occupazione previsti dalla strategia Europa 2020, resi urgenti dall'esigenza di rilanciare l'economia europea dopo la crisi;
3) la semplificazione degli oneri relativi alla dichiarazione e alla riscossione dell'imposta;
con riferimento all'azione esterna dell'Unione europea e alla politica di vicinato:
a) ad adoperarsi affinché l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza eserciti in modo più sistematico ed efficace i compiti ad esso attribuiti dal capo 2 del titolo V del Trattato sull'Unione europea, sfruttando tutte le potenzialità assicurate dal Servizio per l'azione esterna;
b) a promuovere, anche mediante il ricorso alle cooperazioni strutturate permanenti di cui all'articolo 42, paragrafo 6, del Trattato sull'Unione europea, lo sviluppo di una politica di sicurezza e difesa comune, affrontando con decisione la soluzione dei nodi ancora irrisolti che ancora bloccano la piena sinergia con la Nato;
c) a promuovere un rilancio del processo di allargamento, cogliendo il momento positivo dell'ingresso della Croazia nell'Unione europea;
d) ad adoperarsi per la definizione di una nuova e ambiziosa cornice strategica per l'azione dell'Unione europea verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, che miri, oltre che al rafforzamento delle istituzioni, ad un forte sostegno all'economia locale e allo sviluppo di infrastrutture;
e) ad assicurare, nell'ambito del negoziato sulle proposte della Commissione europea relative al nuovo quadro finanziario, che, nell'ambito dello strumento dell'Unione europea per la politica di vicinato, siano destinati stanziamenti adeguati al partenariato euromediterraneo e in ogni caso in misura non inferiore ai due terzi delle risorse disponibili;
f) ad agire affinché negli accordi, sia multilaterali sia bilaterali, conclusi tra l'Unione europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo siano inserite clausole di condizionalità che subordinino l'erogazione di aiuti o assistenza tecnica da parte dell'Unione europea al rispetto di impegni precisi e verificabili in materia di prevenzione e lotta all'immigrazione irregolare, al terrorismo e alla criminalità organizzata;
g) ad assumere tutte le iniziative appropriate presso le competenti Istituzioni dell'Unione europea al fine di promuovere la creazione di nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile, l'educazione, la formazione e la gioventù, l'estensione del mercato interno all'insieme della nuova Comunità e dotata di istituzioni comuni cui parteciperebbero su un piano di parità l'Unione europea, da una parte, ed un'organizzazione integrata regionale dei Paesi del Mediterraneo meridionale, dall'altra;
h) a promuovere, ai fini del rafforzamento della sicurezza interna dell'Unione europea, forme di cooperazione con i Paesi terzi maggiormente a rischio rispetto alla propaganda terroristica e con i Paesi terzi nei quali è maggiormente presente la criminalità organizzata;
i) a rafforzare il partenariato strategico con la Federazione russa, in una visione coordinata ed unitaria di tutte le dimensioni in cui esso si articola;
con riguardo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia:
a) ad adoperarsi per assicurare la partecipazione diretta dell'Unione europea al controllo delle frontiere su richiesta dello Stato membro, anche attraverso il rafforzamento di Frontex, prevedendo l'istituzione di una vera e propria polizia europea delle frontiere e l'attribuzione alla medesima agenzia il coordinamento di operazioni congiunte di rimpatrio e la co-direzione di operazioni congiunte di pattugliamento marittimo e terrestre;
b) ad assicurare la partecipazione, anche sotto il profilo finanziario, dell'Unione europea alle operazioni di rimpatrio degli stranieri entrati illegalmente sul territorio di uno Stato membro e a prevedere sanzioni in caso di inosservanza, da parte di uno Stato membro, dei doveri di solidarietà e cooperazione in materia di lotta all'immigrazione e controllo delle frontiere, nonché l'adozione di programmi di assistenza tecnica tra l'Unione europea e gli Stati membri;
c) a promuovere l'istituzione di un meccanismo di reinsediamento dei rifugiati tra gli Stati membri avente carattere obbligatorio, e non volontario, ponendo i relativi costi a carico del bilancio dell'Unione europea;
d) a sostenere le iniziative preannunciate dalla Commissione europea in materia di immigrazione legale, volte a promuovere strumenti comuni di integrazione;
e) a promuovere l'incremento del sostegno finanziario ai Paesi maggiormente a rischio di povertà, quali, in particolare, quelli colpiti da conflitti e disastri ambientali;
f) a sostenere il completamento del sistema europeo comune d'asilo;
g) ad adoperasi, con riferimento alla proposta di regolamento volta a modificare alcune disposizioni del codice frontiere Schengen e della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (COM(2011)118), affinché sia confermato l'obbligo, per lo straniero, di dichiarare la propria presenza sul territorio di uno Stato membro;
riguardo alla politica ambientale:
a) a sostenere, nell'ambito del prossimo quadro finanziario dell'Unione europea che le risorse significative nell'ambito del fondo europeo per lo sviluppo regionale e del fondo di coesione, nonché degli stanziamenti relativi ad interventi nel settore dei trasporti e dell'energia, siano finalizzate alla realizzazione di interventi di opere a tutela dell'ecosistema e per l'efficienza energetica;
b) ad assicurare che il futuro quadro strategico comune per la ricerca e l'innovazione contempli un sostegno finanziario alle tecnologie ambientali più avanzate, conformando le misure di incentivazione in relazione all'obiettivo di massimizzare i risultati conseguibili a parità di risorse a disposizione, sulla base di un'accurata analisi di costi benefici;
c) a promuovere interventi dell'Unione europea che favoriscano la sostenibilità energetico-ambientale dei programmi edilizi, che incentivino la costruzione di immobili improntati a criteri di risparmio energetico e l'utilizzo di materiali di costruzione ecologici con ridotto impatto ambientale (cosiddetta bioedilizia), sostenendo, altresì, interventi orientati all'efficienza e al risparmio energetico in tutti gli usi civili e abitativi;
d) ad adoperarsi affinché l'Unione europea solleciti gli altri Stati aventi maggiore responsabilità delle emissioni di gas serra ad assumere precisi impegni, comparabili a quelli di cui si è fatta carico l'Unione europea, per la riduzione delle emissioni stesse;
e) a promuovere l'intervento finanziario diretto dell'Unione europea per concorrere alle operazioni di bonifica dei siti maggiormente inquinati e incentivare la diffusione delle migliori pratiche a livello dell'Unione europea per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, in modo da ridurre significativamente la quota parte destinata a discarica;
con riguardo alla politica agricola e della pesca:
a) a perseguire, nell'ambito dei negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale e sulla riforma della politica agricola comune dopo il 2013, gli indirizzi indicati nelle mozioni approvate dalla Camera dei deputati il 2 febbraio 2011, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
1) evitare che il criterio della superficie agricola sia l'unico parametro di riferimento per la redistribuzione degli aiuti diretti e che l'Italia, che è un contribuente netto al bilancio dell'Unione europea, resti penalizzata nella ripartizione del bilancio agricolo fra i 27 Stati membri;
2) prevedere l'introduzione di strumenti di gestione in grado di prevenire le crisi e l'attuazione di una normativa di regolazione dei mercati più flessibile e diretta ad integrare il reddito dei produttori in presenza di situazioni di crisi di mercato;
3) puntare ad una maggiore flessibilità nel perseguimento degli obiettivi dello sviluppo rurale, eliminando la rigida ripartizione delle misure per asse, e ricercare una maggiore concentrazione tematica e territoriale degli interventi;
4) assicurare che gli obiettivi dei diversi strumenti previsti nel prossimo quadro finanziario per la politica agricola comune e la politica comune della pesca siano coerenti con gli obiettivi della biodiversità;
b) ad adoperasi affinché nell'ambito dell'esame della proposta di regolamento recante modifica al regolamento (CE) n.1698/2005 del Consiglio, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS) (COM(2010)537), si preveda: la possibilità, in deroga alle disposizioni del richiamato regolamento, per gli Stati membri che hanno optato per programmi regionali, di effettuare il calcolo del disimpegno automatico delle risorse finanziarie a livello dello Stato membro; l'ammissibilità a contributo dell'iva non recuperabile se realmente e definitivamente sostenuta dai beneficiari. Occorre che meccanismi analoghi a quelli sopra indicati siano previsti anche per il futuro periodo di programmazione, al fine di evitare qualsiasi forma di penalizzazione conseguente all'applicazione del disimpegno automatico;
c) a promuovere, a tutela dei consumatori e dell'impegno delle imprese agroalimentari per produzioni di qualità, le iniziative necessarie per l'elaborazione di una normativa dell'Unione europea per contrastare i fenomeni di agropirateria;
d) ad adoperasi, nell'ambito dell'esame delle proposte legislative della Commissione europea sulla riforma della politica della pesca, al fine di combinare gli obiettivi ambientali con quelli economico-sociali, assicurando sia la salvaguardia delle risorse ittiche sia i presupposti della stessa sopravvivenza della pesca quale attività economica;
con riferimento al raccordo tra Governo e Parlamento nella formazione delle politiche dell'Unione europea:
a) ad assicurare che le relazioni programmatiche del Governo siano trasmesse alle Camere entro il termine del 31 dicembre di ogni anno previsto dalla legge n. 11 del 2005, in modo da consentire l'avvio ad inizio anno della sessione programmatica presso la Camera dei deputati;
b) a rafforzare il raccordo tra il Parlamento, il Governo e tutti gli altri attori interessati nella formazione della posizione italiana nel processo decisionale dell'Unione europea, valorizzando a questo scopo le competenze del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (Ciace) ed assicurandone un più sistematico collegamento con la rappresentanza italiana presso l'Unione europea;
c) ad assicurare, in particolare, che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei sia convocato con riferimento a tutti i principali provvedimenti e questioni di portata trasversale, tra cui il nuovo quadro finanziario pluriennale e la riforma della politica di coesione e della politica agricola comune, e, in ogni caso, prima delle riunioni del Consiglio europeo, e che il Comitato tecnico permanente sia convocato con cadenza almeno mensile;
d) a motivare in modo articolato, all'atto della trasmissione alle Camere, la segnalazione dei progetti legislativi e degli altri documenti dell'Unione europea di maggiore rilevanza per l'Italia;
e) a provvedere, anche in adempimento dell'articolo 4-quater della legge n. 11 del 2005, alla trasmissione alle Camere di relazioni tecniche sui progetti legislativi dell'Unione europea oggetto di esame parlamentare o di particolare rilevanza politica, giuridica ed economica.
(6-00085) «Pescante, Formichella, Maggioni, Centemero».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
il programma di lavoro della Commissione europea pone l'accento sulla rilevanza delle politiche di vicinato, allargamento, sviluppo e per gli aiuti umanitari quali strumenti per la diffusione dei valori e dei principi dell'Unione europea;
la libertà religiosa nella sua dimensione individuale e collettiva costituisce un diritto umano fondamentale sancito da vari strumenti giuridici internazionali, inclusa la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (1950), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), la Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o la convinzione (1981);
il principio della libertà di pensiero coscienza e religione, implica la libertà di avere o meno una religione, di cambiamento o abbandono di religione, di manifestazione della religione attraverso un culto e di associazione religiosa, senza discriminazione né preferenza, e non può che realizzarsi all'interno di uno Stato laico,

impegna il Governo:

ad adoperarsi in tutte le sedi istituzionali europee, preannunciando il ricorso alla Corte europea di giustizia nel caso in cui la Commissione europea continui ad ostinarsi a non rispettare alla lettera la cosiddetta «clausola sui diritti umani e la democrazia» degli accordi di cooperazione che l'Unione europea ha con i Paesi terzi, nonché ad adoperarsi per estendere la cosiddetta «clausola sui diritti umani e la democrazia» a tutti i tipi di accordi con i Paesi terzi.
(6-00086)«Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
il programma di lavoro della Commissione europea pone l'accento sulla rilevanza delle politiche di vicinato, allargamento, sviluppo e per gli aiuti umanitari quali strumenti per la diffusione dei valori e dei principi dell'Unione europea;
la libertà religiosa nella sua dimensione individuale e collettiva costituisce un diritto umano fondamentale sancito da vari strumenti giuridici internazionali, inclusa la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (1950), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), la Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o la convinzione (1981);
il principio della libertà di pensiero coscienza e religione, implica la libertà di avere o meno una religione, di cambiamento o abbandono di religione, di manifestazione della religione attraverso un culto e di associazione religiosa, senza discriminazione né preferenza, e non può che realizzarsi all'interno di uno Stato laico,

impegna il Governo:

ad adoperarsi in tutte le sedi istituzionali europee, invitando la Commissione europea, per quanto di sua competenza, ad attuare la clausola sui diritti umani e la democrazia negli accordi di cooperazione che l'Unione europea stipula con i Paesi terzi, nonché ad adoperarsi per estendere la cosiddetta «clausola sui diritti umani e la democrazia» a tutti i tipi di accordi con i Paesi terzi.
(6-00086)(Testo modificato nel corso della seduta) «Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
la relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2011 ribadisce l'impegno dell'Italia a favore dello sviluppo della strategia di allargamento, precisando che a tal fine «si lavorerà per assicurare il necessario dinamismo al processo negoziale con la Turchia, anche mediante un rilancio del gruppo informale Turkey focus group promosso dall'Italia»;
si condividono le conclusioni del secondo rapporto della Commissione indipendente sulla Turchia del settembre 2009, presieduta da Martti Ahtisaari, ex Presidente della Repubblica di Finlandia e Premio Nobel per la pace 2008, secondo le quali «La Commissione indipendente resta convinta dei numerosi vantaggi che presenterebbe la convergenza della Turchia con l'Europa e l'eventuale adesione all'Unione europea di una Turchia trasformata, sia per il Paese che per l'Unione stessa. Gli enormi progressi realizzati dalla Turchia in tutti i campi negli ultimi 10 anni sono stati chiaramente legati allo status della Turchia di Paese candidato all'Unione europea e al relativo processo di adesione. Per garantire un seguito al processo di trasformazione della Turchia, è necessario preservare la sua prospettiva europea. Nessuno può prevedere l'esito del processo di adesione e se l'obiettivo dichiarato potrà essere raggiunto, ma la possibilità di centrare l'obiettivo dipende anche dalla credibilità dell'Unione europea, dal suo interesse e dalla correttezza dovuta a tutti i Paesi candidati.»;
si ricorda la risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione affari esteri, emigrazione del Senato della Repubblica del 14 gennaio 2009, la quale «ribadisce la centralità della Turchia, la cui prospettiva europea rappresenta un potente fattore di equilibrio geopolitico e di stabilità nell'area del Mediterraneo e del Medio Oriente. Saluta con favore l'apertura di due ulteriori capitoli negoziali in occasione della Conferenza di adesione del dicembre 2008 ed auspica che la dinamica del processo di adesione possa proseguire con slancio nel corso della Presidenza ceca e di quella svedese nella seconda metà del 2009. Auspica, pertanto, che al Governo turco venga concesso il massimo sostegno in vista delle riforme politiche necessarie perché il Paese risponda ai criteri di Copenaghen e possa fruire di un'ulteriore accelerazione del processo negoziale. Invita, quindi, il Governo e tutti gli altri attori in campo a profondere il massimo impegno, in tutte le sedi, per incoraggiare la Turchia nel processo di allineamento all'acquis comunitario, nonché per favorire il buon esito dei negoziati tra i leader delle comunità greco-cipriota e turco-cipriota e la normalizzazione dei rapporti bilaterali tra Turchia e Cipro»;
si ricorda, infine, che la mancata soluzione della questione cipriota è dovuta al fatto che, a pochi giorni dalla formalizzazione definitiva dell'ingresso nell'Unione europea dell'intera isola, sia i cittadini greco-ciprioti che quelli turco-ciprioti avrebbero votato un referendum per l'adozione o meno del piano dell'Onu, il «piano Annan», che avrebbe portato alla riunificazione dell'isola. Il piano era stato negoziato ed approvato dalle due comunità con l'accordo di Grecia e Turchia e con l'apporto della Commissione europea attraverso il Commissario all'allargamento Günter Verheugen. Dopo aver ottenuto la formalizzazione dell'ingresso nell'Unione europea, il Governo e le forze politiche greco-cipriote cambiarono d'avviso e la maggioranza greco-cipriota votò contro, a differenza della comunità turca che lo approvò. Il 21 aprile 2004, tre giorni prima del voto referendario, durante il dibattito al Parlamento europeo, il Commissario Verheugen affermò: personalmente mi sento tradito dal Governo della Repubblica di Cipro«. Continuare ad attribuire la mancata riunificazione dell'isola e a farne pagare le conseguenze alla Turchia e ai cittadini turchi è immotivato ed ingiusto,

impegna il Governo:

a sostenere l'ingresso della Turchia nell'Unione europea alle stesse condizioni poste ad altri Paesi candidati all'adesione;
ad adoperarsi, in coerenza con le indicazioni del programma di 18 mesi delle Presidenze polacca, danese e cipriota, per una soluzione globale del problema di Cipro, che contempli anche la ripetizione della consultazione dei cittadini della Repubblica di Cipro in merito al piano dell'Onu («piano Annan»), al fine di procedere alla riunificazione dell'isola.
(6-00087)«Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 (COM (2010) 623 definitivo) è stato trasmesso alla Camera dei deputati il 03 novembre 2010 dalla Commissione europea e il 09 novembre 2010 dal Governo;
al Senato della Repubblica l'esame è cominciato il 22 dicembre 2010 presso la Commissione di merito XIV (politiche dell'Unione europea) e con parere della XIII (territorio, ambiente, beni ambientali);
alla Camera dei deputati l'esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione europea e della Relazione programmatica del Governo è iniziato solo il 15 giugno 2011;
il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 è stato elaborato sulla base delle cinque priorità politiche definite dal Presidente Barroso nel suo primo discorso sullo stato dell'Unione europea del 7 settembre 2010, essendo incentrato principalmente sulle sfide poste dalla crisi economico-finanziaria;
il Programma della Commissione europea per il 2011 è in buona misura già realizzato, avendo avuto esecuzione a partire dal 1o gennaio 2011, pertanto l'utilità del suo esame da parte della Camera dei deputati a partire da metà giugno è pregiudicata, anzi del tutto inficiata;
ciò vale anche per la parte di programma non ancora realizzata, essendo ormai definitiva e non modificabile;
con il «piede sbagliato» parte anche la «prima» Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2011;
infatti, questa prima relazione, in base al nuovo articolo 15 della legge n. 11 del 2005 - integralmente sostituito dalla legge comunitaria per il 2009 - reca indicazione di obiettivi, priorità e orientamenti che il Governo intende seguire a livello europeo nell'anno successivo;
purtroppo, però, questa prima volta parte già a tempo scaduto: la relazione è stata presentata alle Camere il 19 maggio 2011;
anziché leggere la relazione come un programma, si dovrebbe indagarla già come un rendiconto, perché molte dei programmi ivi riportati dovrebbero essere già stati realizzati o avviati, se non fosse che il Governo, continuando a non rispettare le scadenze individuate dalla legge n. 11 del 2005, ancora non ha presentato neppure la relazione di rendiconto relativa alle attività svolte nel 2010 ed è già in ritardo di 5 mesi;
la credibilità dell'Italia in Europa si misura anche da questo. A poco serve lamentarsi delle scelte fatte a livello dell'Unione europea, a volte tacciate di essere contro i cittadini, se è il nostro Paese a creare una distanza reale dall'Unione europea e dalla possibilità di incidere sulle sue scelte;
lo sviluppo della centralità del Parlamento italiano nel determinare le scelte operate dal Governo a livello di Unione europea è la cifra della crescita della democraticità del grande progetto dell'Unione europea;
su questa via il Parlamento si è già predisposto, ma ora tocca al Governo, che deve dimostrare maggiore attenzione verso il Parlamento, mettendolo in condizione di lavorare anche nei termini temporali imposti dalla legge;
non possono esserci ragioni giustificatrici dei ritardi e delle loro nefaste conseguenze, se non responsabilità completamente imputabili all'Esecutivo nel suo complesso;
l'assenza del Ministro per le politiche europee per ben otto mesi ha arrecato gravi danni all'immagine e alla credibilità dell'Italia,

impegna il Governo:

a rispettare in avvenire l'articolo 15 della legge n. 11 del 2005 - integralmente sostituito dalla legge comunitaria per il 2009 - che ha disposto la presentazione ogni anno:
a) entro il 31 dicembre di una relazione programmatica al Parlamento, recante indicazione di obiettivi, priorità e orientamenti che il Governo intende seguire a livello europeo nell'anno successivo;
b) entro il 31 gennaio di una relazione di rendiconto delle attività svolte dal Governo nell'anno precedente con indicazione del seguito dato agli indirizzi assunti.
(6-00088)«Borghesi, Donadi, Evangelisti, Porcino».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
in sede di Commissione politiche dell'Unione europea si è svolto un esame approfondito e articolato del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 (COM(2010)623), del Programma delle tre Presidenze polacca, danese e cipriota e della Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011 (doc. LXXXVII-bis n. 1);
l'esame di tale ultimo documento, congiuntamente ai primi due, rappresenta un'innovazione importante che vede per la prima volta la sua applicazione, in forza dell'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, modificato dalla legge comunitaria per il 2009;
in sede di prima applicazione è comunque da rilevare negativamente il ritardo, cinque mesi, con il quale la relazione governativa è stata trasmessa al Parlamento, pregiudicando l'esame tempestivo dei documenti;
questa condotta si iscrive, purtroppo, nel quadro generale di una ancora scarsa attenzione e cooperazione del Governo con il Parlamento, aspetto in relazione al quale è particolarmente grave fare due ulteriori considerazioni: da una parte, la relazione indica soltanto per alcuni settori gli orientamenti del Governo in merito alle specifiche iniziative avviate o preannunciate dalle Istituzioni europee; dall'altra, si dà scarsamente conto e solo in modo occasionale degli indirizzi approvati e definiti in atti parlamentari;
sotto quest'ultimo aspetto, appare inaccettabile che in tema di riforma del bilancio, della politica di coesione e della nuova governance economica europea, le posizioni a più riprese espresse dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, con atti di indirizzo puntuali, non sono richiamate nella relazione ed addirittura, in alcuni casi, sono contraddette dalle posizioni assunte dal Governo, peraltro in violazione dell'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, in base al quale il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere e impone al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero al Ministro per le politiche europee l'obbligo di riferire regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi parlamentari e di trasmettere una relazione semestrale al riguardo;
occorre, pertanto, rafforzare il raccordo tra Camere e Governo affinché l'intervento delle Camere in fase ascendente diventi l'occasione per facilitare una sintesi degli interessi in gioco ai fini della formazione delle posizione nazionale, anzitutto prevedendo una sistematica partecipazione di rappresentanti dei Ministeri competenti alle sedute degli organi parlamentari e la predisposizione di relazioni tecniche sui progetti delle Istituzioni europee di maggiore rilevanza o oggetto dell'esame parlamentare;
la crisi economica e gli altri grandi problemi globali, quali la prevenzione e la risoluzione dei conflitti regionali, i flussi migratori, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, pongono l'Unione europea di fronte alla scelta tra una sempre più stretta integrazione politica ed economica, da un lato, e un inesorabile declino e la riemersione di nazionalismi, dall'altro;
le risposte sinora offerte dall'Unione europea alle questioni sopra richiamate appaiono complessivamente inadeguate sotto il profilo sia della tempestività sia dell'efficacia, denunciando la debolezza delle Istituzioni comuni e l'opposizione di molti Stati membri verso forme più avanzate di integrazione;
la pretesa di alcuni Stati membri di dettare, in via unilaterale o mediante intese o assi bilaterali, gli orientamenti e le decisioni di maggiore rilievo per lo sviluppo del processo di integrazione, oltre a risultare contraria ai principi e alla logica dei Trattati, alterando gli equilibri nei rapporti tra le Istituzioni, tra l'Unione europea e gli Stati membri e tra gli stessi Stati membri, risulta assolutamente inaccettabile, pertanto da condannare e ostacolare sul piano politico e diplomatico, foriera di danni rilevanti alla credibilità dell'intero progetto, alla sua legittimazione presso i cittadini europei e alla sua credibilità esterna;
preoccupante, in questo senso, risulta la debolezza politica della Commissione Barroso, resa evidente anche nella timida azione di cui è stata capace nei mesi centrali della crisi economica, del debito greco e dello stesso euro, lasciando spazio ad un'impostazione eccessivamente intergovernativa e di breve periodo della risposta europea;
occorre che l'Italia recuperi la leadership politica a livello europeo che gli è storicamente propria, ma che è andata declinando non solo per la scarsa credibilità di uno Stato con un eccessivo stock di debito pubblico e una crescita stagnante, ma anche per le incertezze, le incoerenze, le disattenzioni di un Governo che nei confronti dell'Unione europea ha mostrato sempre, in molte delle sue componenti, diffidenza se non aperta ostilità;
un ruolo di stimolo e di dialogo europeista proficuo deve essere recuperato anche nei confronti di un partner essenziale quale la Germania, un Paese che pare aver smarrito la visione costruttiva ambiziosa con cui ha dato un contribuito importante alla stabile e progressiva crescita dell'Unione europea, dando corpo in passato a un asse di fatto proprio con il nostro Paese nei consessi europei, a favore del progetto di integrazione;
certamente, il recupero di un ruolo italiano in Europa passa non solo per il necessario risanamento dei conti, ma, perché si vuole affermare una scelta politica e una visione del futuro del progetto europeo, anche formulando proposte concrete ed ambiziose per l'avanzamento del processo di integrazione in una prospettiva sempre più federalista, che punti a dotare di un'anima politica e di una democrazia compiuta e piena l'Unione europea;
in questa nuova fase di iniziativa politica a favore dell'Europa, sarebbe importante sostenere senza timidezze la necessità di riformare il Trattato di Lisbona, vecchio sin dalla nascita per gli aspetti relativi al governo dell'economia e oggi del tutto obsoleto, a tal fine anche proponendo la convocazione, il prima possibile, di una nuova Convenzione in cui parlamentari europei, nazionali e rappresentanti dei Governi e delle Istituzioni europee siano chiamati a costruire una vera e propria federazione europea, rinnovando con coraggio l'architettura istituzionale dell'Unione europea, così da garantire un equilibrio democratico alla rappresentanza di Stati e popoli e da assicurare il principio di responsabilità del governo dell'Unione europea di fronte ai cittadini d'Europa;
per quanto attiene al governo e al coordinamento delle economie europee, la crisi economica ha imposto all'Unione europea, nel suo complesso, e all'area euro, in modo ancora più spiccato, di dotarsi di un nuovo sistema di governance economica che deve essere solo il primo passo di un processo che dovrà portare alla creazione di un governo economico;
andrà in questo contesto valutata l'ipotesi di istituire un «Ministro europeo dell'economia», che sia al tempo stesso membro della Commissione e Presidente del Consiglio Ecofin, con poteri di rappresentanza esterna dell'Unione europea, nelle sedi finanziari internazionali;
occorre che l'Italia proceda ad una rapida approvazione delle opportune modifiche all'articolo 81 della Costituzione volte a codificare, in coerenza con la direttiva sui quadri nazionali di bilancio, in corso di approvazione, e del «Patto euro plus», i vincoli di finanza pubblica derivanti dal patto di stabilità e crescita;
al fine di assicurare che il risanamento delle finanze pubbliche proceda in modo equo ed efficace, occorre un maggiore coordinamento delle politiche fiscali nazionali, al fine di prevenire o correggere fenomeni di concorrenza dannosa, soprattutto in materia di imposizione sulle imprese e sulle rendite finanziarie, che potrebbero avere effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea;
il rigore finanziario non può, però, esaurire l'orizzonte dell'azione politica europea, occorre muovere passi decisi sul piano della crescita; in un contesto di grave deficit delle finanze pubbliche con la necessità di contrarre le risorse a carico dei bilanci degli Stati membri, è fondamentale poter contare su piani di investimento e su risorse europee per finanziare progetti di interesse europeo, tali da far prefigurare uno stimolo alla crescita e ai consumi, altrimenti impossibili da sostenere - mentre sulla necessità di muovere di nuovi strumenti in favore della crescita ci si muove a livello europeo ancora in modo timido e lento;
le proposte della Commissione europea per il quadro finanziario 2014-2020, presentate il 29 giugno 2011, recano risorse ed obiettivi modestissimi per il sostegno alla crescita e all'occupazione, affidandosi sostanzialmente al ricorso a strumenti finanziari innovativi per promuovere ulteriori investimenti pubblici e privati;
è urgente l'adozione di modifiche alla disciplina europea dei fondi strutturali nel periodo 2007-2013, al fine di compensare gli effetti depressivi del consolidamento del debito e di evitare che le regole relative al cofinanziamento nazionale e al disimpegno automatico finiscano per rendere inutilizzabili le risorse per la politica di coesione già stanziate a favore delle regioni italiane;
in tema di politica estera comune, occorre rilevare che l'Unione europea rischia di essere relegata ad un ruolo marginale, anche nelle zone di vitale interesse come il Mediterraneo, non essendo capace di offrire una risposta comune neanche agli eventi che hanno investito aree vicine al nostro continente;
carattere prioritario riveste, alla luce del fallimento dell'Unione per il Mediterraneo, il rilancio del partenariato euromediterraneo. In questa prospettiva andrebbe valutata con attenzione la progressiva creazione di una nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, dotata di istituzioni comuni ed impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile ed aperta ad estendersi verso il Mar Caspio e il Mar Nero;
il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero proporre ai Paesi del Mediterraneo meridionale questa comunità basata su istituzioni che si ispirino a quelle della Ceca, essendo condizione indispensabile che a queste istituzioni partecipino come partner su un piede di eguaglianza l'Unione europea da una parte ed un'organizzazione integrata regionale dei Paesi del Mediterraneo meridionale dall'altra,

impegna il Governo:

a farsi promotore in Europa di una ripresa del dibattito attorno alla riforma delle Istituzioni europee per renderle all'altezza delle sfide future, formulando proposte concrete per l'avanzamento del processo di integrazione in una prospettiva sempre più federalista, anche sostenendo la necessità di modificare il Trattato di Lisbona attraverso la convocazione di una nuova Convenzione in cui parlamentari europei, nazionali e rappresentanti dei governi e delle istituzioni europee siano chiamati a costruire una vera e propria federazione europea, assicurando un equilibrio democratico tra la rappresentanza degli Stati e quella dei cittadini;
con riguardo alla governance economica, alla crescita e all'occupazione:
a) a promuovere, accanto alle misure in corso di definitiva approvazione in materia di sostenibilità delle finanze pubbliche, sorveglianza macroeconomica e quadri nazionali di bilancio, un'iniziativa europea per la crescita e l'occupazione, dotata di un preciso programma di interventi coordinati e finanziati direttamente dall'Unione europea, e ad agire, sul fronte interno, in coerenza con le sei raccomandazioni indirizzate all'Italia dal Consiglio europeo in sede di esame del piano nazionale di riforma il 6 luglio 2011;
b) ad adoperarsi affinché sia dato seguito, anche attraverso opportune modifiche dei Trattati, alla proposta di istituire un fondo finanziario europeo, con capitale conferito dagli Stati dell'area euro in proporzione alle loro quote nel capitale della Banca centrale europea e costituito prevalentemente dalle riserve auree del Sistema europeo di banche centrali, che emetta obbligazioni, sul modello degli EuroUnion bonds, al fine sia di rilevare una quota significativa dei titoli di Stato dei Paesi dell'eurozona sia di finanziare grandi investimenti europei nel settore dell'energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti, dell'istruzione e della ricerca e sviluppo tecnologico;
c) ad avviare una riflessione volta alla creazione a medio e lungo termine di un vero «governo economico» dell'eurozona dotato di poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione, con la contestuale previsione di meccanismi sanzionatori analoghi a quelli del patto di stabilità e crescita, valutando l'ipotesi di istituire un «Ministro europeo dell'economia», che sia al tempo stesso membro della Commissione e Presidente del Consiglio Ecofin, con poteri di rappresentanza esterna dell'Unione europea nelle istituzioni finanziarie internazionali;
d) ad agire per rafforzare una politica e una strategia di crescita europea, basata su un ampliamento del bilancio anche attraverso l'attivazione di risorse proprie dell'Unione europea, a partire dall'istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali a scopo speculativo, oggetto di un approfondito studio di impatto, in corso di preparazione da parte della Commissione europea, in coerenza con quanto raccomandato dalle recenti risoluzioni del Parlamento europeo e con quanto inizialmente prospettato nella manovra finanziaria di luglio 2011 con la reintroduzione del cosiddetto fissato bollato;
e) ad assicurare, in coerenza con le previsioni della legge n. 196 del 2009, e successive modificazioni, il coinvolgimento delle Camere, delle regioni e delle autonomie locali nella predisposizione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità nell'ambito del semestre europeo;
f) a sottoporre tempestivamente alle Camere il disegno di legge per l'approvazione della modifica all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione, relativa alla costituzione di un meccanismo permanente di stabilizzazione, approvata dal Consiglio europeo di marzo 2011;
con riferimento al quadro finanziario pluriennale 2014-2020:
a) ad adoperarsi, in attesa della definizione di puntuali indirizzi da parte delle Camere, affinché, nell'ambito del negoziato avviato con la presentazione da parte della Commissione europea delle proposte relative al quadro finanziario e alle risorse proprie dell'Unione europea 2014-2020, presentate il 29 giugno 2011, siano tenuti in adeguata considerazione i seguenti principi:
1) miglioramento del saldo netto dell'Italia, riducendo il rilevante divario attualmente esistente tra i finanziamenti versati dal nostro Paese e i fondi da esso ricevuti, anche attraverso l'eliminazione delle correzioni di bilancio riconosciute nell'attuale quadro finanziario ad alcuni Stati membri;
2) garanzia di un volume del bilancio che consenta di perseguire efficacemente gli obiettivi fissati a livello europeo, con particolare riferimento a quelli definiti nell'ambito della strategia Europa 2020, nel rispetto delle compatibilità finanziarie imposte dall'attuale situazione di crisi, che impone agli Stati il rispetto di stringenti vincoli di bilancio;
3) rafforzamento del coordinamento e dell'armonizzazione dei bilanci nazionali e del bilancio dell'Unione europea, al fine di assicurare una più corretta valutazione e un migliore utilizzo delle risorse disponibili e di garantire il maggiore coordinamento tra le politiche dell'Unione europea e le misure adottate a livello nazionale e regionale;
4) mantenimento di un livello adeguato di risorse per la politica di coesione, concentrandone gli interventi su un numero limitato di obiettivi ad alto valore aggiunto, migliorando e semplificando le procedure di programmazione, gestione e controllo e assicurando che gli stanziamenti destinati alle regioni italiane nell'ambito della politica di coesione non siano inferiori a quelli previsti nell'attuale quadro finanziario;
5) conferma delle riserve espresse dal Governo in ordine all'introduzione di una riserva di premialità a livello europeo che potrebbe mettere a carico della politica di coesione traguardi non sostenibili;
b) ad informare tempestivamente le Camere dei principali sviluppi del negoziato e a trasmettere dati e simulazioni adeguate sull'impatto sul saldo netto dell'Italia delle diverse opzioni relative al prossimo quadro finanziario e al sistema di risorse proprie;
con riguardo alla politica di coesione:
a) ad individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei cofinanziamenti nazionali, relativi ai programmi dei fondi strutturali europei, dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione di spese in favore degli investimenti ed evitare una palese e ingiustificata disparità di trattamento rispetto a quanto previsto per le risorse provenienti dall'Unione europea;
b) a sostenere in sede europea la revisione della regola del disimpegno automatico, al fine di estendere il periodo entro cui vanno effettuati i pagamenti in relazione agli stanziamenti impegnati;
c) a sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte concernenti l'innalzamento nel massimo consentito, in via temporanea e transitoria, della quota di cofinanziamento europeo previsto per tutti gli obiettivi dei fondi strutturali;
con riguardo al mercato interno e alla politica per le imprese:
a) a sostenere l'introduzione di un approccio diversificato fra micro, piccole e medie imprese, soprattutto ai fini della semplificazione degli oneri amministrativi e contabili;
b) ad adoperarsi per un'effettiva e sistematica applicazione del «test PMI» nelle valutazioni di impatto, prevedendo per ogni proposta della Commissione europea la valutazione d'impatto degli oneri che gravano sulle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, prevedendo la riduzione corrispondente di altri oneri, l'applicazione del principio di proporzionalità e di specificità e tempi di adeguamento posticipati nel tempo;
c) a promuovere l'accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, non limitandosi ad offrire incentivi alle amministrazioni aggiudicatrici affinché gli appalti tengano conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, ma prevedendo, attraverso opportune modifiche alle direttive vigenti in materia, che alcune tipologie di appalti siano espressamente riservate alle piccole e medie imprese;
d) ad adoperarsi per il rafforzamento degli strumenti dell'Unione europea volti alla prevenzione e al contrasto della contraffazione, anche assicurando la massima tracciabilità dei prodotti, in particolare mediante un sistema di controllo a campione della merce sulle reti di vendita al pubblico;
con riguardo ai mercati finanziari:
a) a promuovere, in sede di revisione del regolamento (CE) n. 1060/2009 sulle agenzie di rating del credito:
1) la revisione del ruolo attribuito ai giudizi espressi dalle agenzie di rating e il loro impatto sul funzionamento dei mercati, in particolare eliminandone o circoscrivendone significativamente l'uso a fini regolamentari;
2) l'introduzione di meccanismi di responsabilità in capo alle agenzie di rating, nel caso in cui i giudizi emessi da queste ultime risultino gravemente viziati, e la soluzione del problema dei conflitti di interesse esistenti in capo alle agenzie di rating, nonché la revisione dei meccanismi di remunerazione del servizio di rating;
3) l'istituzione di un'agenzia di rating creditizio pubblica e indipendente e la definizione di un indice europeo di rating (EURIX), al fine di controbilanciare il potere delle tre maggiori agenzie di rating;
b) a migliorare la disciplina sulla gestione delle crisi finanziarie, rafforzando i relativi sistemi di monitoraggio, nonché ad introdurre nuove misure normative che coinvolgano i principali protagonisti del mercato a livello globale, anche nel quadro del G20;
con riferimento alla politica fiscale:
a) ad adoperarsi, in coerenza con il «Patto euro plus», per rafforzare il coordinamento dei sistemi fiscali nazionali, al fine di prevenire la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri, valutando l'introduzione di regole armonizzate anche in materia di imposte dirette, con particolare riferimento all'imposizione sui redditi prodotti da soggetti o nell'ambito di attività che assumono rilievo transnazionale, quali le società e le rendite finanziarie;
b) a sostenere l'adozione di misure volte a consentire la riduzione del carico fiscale sulle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small business act, e la semplificazione dei relativi oneri di dichiarazione e riscossione;
c) a promuovere il rafforzamento del quadro normativo per la prevenzione e la lotta contro l'evasione e le frodi tributarie;
d) a sostenere una rapida approvazione della proposta di direttiva relativa ad una base consolidata comune per l'imposizione sulle società, valutandone le opportune modifiche ed integrazioni. In particolare, occorre accompagnare la definizione di una base imponibile comune dell'imposta sulle società con la fissazione di una o più aliquote minime di imposta, sul modello dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise;
e) a promuovere la presentazione, dando seguito alle indicazioni contenute nel libro verde sul futuro dell'iva, di proposte legislative per la riforma dell'imposta che contemplino:
1) la fissazione di regole più stringenti ed omogenee, sia in merito alla determinazione della base imponibile sia con riguardo alle aliquote, riducendo le esenzioni ed eliminando le deroghe per specifiche categorie di beni o servizi riconosciute in capo a singoli Stati membri;
2) la razionalizzazione e l'aggiornamento del sistema delle aliquote minime dell'imposta, che tenga conto degli obiettivi di crescita, competitività ed occupazione previsti dalla strategia Europa 2020, resi urgenti dall'esigenza di rilanciare l'economia europea dopo la crisi;
3) la semplificazione degli oneri relativi alla dichiarazione e alla riscossione dell'imposta;
con riferimento all'azione esterna dell'Unione europea e alla politica di vicinato:
a) ad adoperarsi affinché l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza eserciti in modo più sistematico ed efficace i compiti ad esso attribuiti dal capo 2 del titolo V del Trattato sull'Unione europea, sfruttando tutte le potenzialità assicurate dal Servizio per l'azione esterna;
b) a promuovere, anche mediante il ricorso alle cooperazioni strutturate permanenti di cui all'articolo 42, paragrafo 6, del Trattato sull'Unione europea, lo sviluppo di una politica di sicurezza e difesa comune, affrontando con decisione la soluzione dei nodi ancora irrisolti che ancora bloccano la piena sinergia con la Nato;
c) a promuovere un rilancio del processo di allargamento, cogliendo il momento positivo dell'ingresso della Croazia nell'Unione europea;
d) ad adoperarsi per la definizione di una nuova ed ambiziosa cornice strategica per l'azione dell'Unione europea verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, che miri, oltre che al rafforzamento delle istituzioni, ad un forte sostegno all'economia locale e allo sviluppo di infrastrutture;
e) ad assicurare, nell'ambito del negoziato sulle proposte della Commissione relative al nuovo quadro finanziario, che, nell'ambito dello strumento dell'Unione europea per la politica di vicinato, siano destinati stanziamenti adeguati al partenariato euromediterraneo e in ogni caso in misura non inferiore ai due terzi delle risorse disponibili;
f) ad agire affinché negli accordi, sia multilaterali sia bilaterali, conclusi tra l'Unione europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo siano inserite clausole di condizionalità che subordinino l'erogazione di aiuti o assistenza tecnica da parte dell'Unione europea al rispetto di impegni precisi e verificabili in materia di prevenzione e lotta all'immigrazione irregolare, al terrorismo e alla criminalità organizzata;
g) ad assumere tutte le iniziative appropriate presso le competenti Istituzioni dell'Unione europea al fine di promuovere la creazione di nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile, l'educazione, la formazione e la gioventù, l'estensione del mercato interno all'insieme della nuova comunità e dotata di istituzioni comuni cui parteciperebbero su un piano di parità l'Unione europea, da una parte, ed un'organizzazione integrata regionale dei Paesi del Mediterraneo meridionale, dall'altra;
h) a promuovere, ai fini del rafforzamento della sicurezza interna dell'Unione europea, forme di cooperazione con i Paesi terzi maggiormente a rischio rispetto alla propaganda terroristica e con i Paesi terzi nei quali è maggiormente presente la criminalità organizzata;
i) a rafforzare il partenariato strategico con la Federazione russa, in una visione coordinata ed unitaria di tutte le dimensioni in cui esso si articola;
con riguardo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia:
a) ad adoperarsi per assicurare la partecipazione diretta dell'Unione europea al controllo delle frontiere su richiesta dello Stato membro, anche attraverso il rafforzamento di Frontex, prevedendo l'istituzione di una vera e propria polizia europea delle frontiere e l'attribuzione alla medesima agenzia del coordinamento di operazioni congiunte di rimpatrio e la co-direzione di operazioni congiunte di pattugliamento marittimo e terrestre, in un quadro di pieno rispetto della legalità internazionale e dei diritti fondamentali di tutti i migranti, avuto particolare riguardo alla condizione dei minori, di donne in stato di gravidanza o di altre categorie particolarmente esposte;
b) ad assicurare la partecipazione, anche sotto il profilo finanziario, dell'Unione europea alle operazioni di rimpatrio degli stranieri entrati illegalmente sul territorio di uno Stato membro e a prevedere sanzioni in caso di inosservanza, da parte di uno Stato membro, dei doveri di solidarietà e cooperazione in materia di lotta all'immigrazione e controllo delle frontiere, nonché l'adozione di programmi di assistenza tecnica tra l'Unione europea e gli Stati membri;
c) a sostenere una rapida presentazione di un piano di azione europeo sull'immigrazione legale, tale da consentire canali di accesso in Europa per vie legali e trasparenti, nonché volto a promuovere strumenti comuni più efficaci di integrazione;
d) a sostenere il completamento del sistema europeo comune d'asilo entro il 2012, in linea con i valori fondamentali e gli obblighi internazionali dell'Unione europea;
e) a promuovere l'istituzione di un meccanismo di reinsediamento dei rifugiati tra gli Stati membri avente carattere obbligatorio, e non volontario, ponendo i relativi costi a carico del bilancio dell'Unione europea;
f) a promuovere l'incremento del sostegno finanziario ai Paesi maggiormente a rischio di povertà, quali, in particolare, quelli colpiti da conflitti e disastri ambientali;
con riguardo alla parità di genere e alla lotta alle discriminazioni:
a) ad adoperarsi per rafforzare in maniera consistente, in linea con le altre strategie per la crescita, la prosperità e il benessere, un'azione comune in materia di parità di genere e lotta alle discriminazioni, anche in vista del raggiungimento dell'obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020, che prevede la realizzazione di un tasso di occupazione femminile pari al 75 per cento;
con riguardo alla politica ambientale:
a) a sostenere, nell'ambito del prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, che le risorse significative nell'ambito del fondo europeo per lo sviluppo regionale e del fondo di coesione, nonché degli stanziamenti relativi ad interventi nel settore dei trasporti e dell'energia, siano finalizzate alla realizzazione di interventi di opere a tutela dell'ecosistema e per l'efficienza energetica;
b) ad assicurare che il futuro quadro strategico comune per la ricerca e l'innovazione contempli un sostegno finanziario alle tecnologie ambientali più avanzate, conformando le misure di incentivazione in relazione all'obiettivo di massimizzare i risultati conseguibili a parità di risorse a disposizione, sulla base di un'accurata analisi di costi benefici;
c) a promuovere interventi dell'Unione europea che favoriscano la sostenibilità energetico-ambientale dei programmi edilizi, che incentivino la costruzione di immobili improntati a criteri di risparmio energetico e l'utilizzo di materiali di costruzione ecologici con ridotto impatto ambientale (cosiddetta bioedilizia), sostenendo, altresì, interventi orientati all'efficienza e al risparmio energetico in tutti gli usi civili e abitativi;
d) ad adoperarsi affinché l'Unione europea solleciti gli altri Stati aventi maggiore responsabilità delle emissioni di gas serra ad assumere precisi impegni, comparabili a quelli di cui si è fatta carico l'Unione europea, per la riduzione delle emissioni stesse;
e) a promuovere l'intervento finanziario diretto dell'Unione europea per concorrere alle operazioni di bonifica dei siti maggiormente inquinati e incentivare la diffusione delle migliori pratiche a livello dell'Unione europea per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, in modo da ridurre significativamente la quota parte destinata a discarica;
con riguardo alla politica agricola e della pesca:
a) a perseguire, nell'ambito dei negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale e sulla riforma della politica agricola comune dopo il 2013, gli indirizzi indicati nelle mozioni approvate dalla Camera dei deputati il 2 febbraio 2011, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
1) evitare che il criterio della superficie agricola sia l'unico parametro di riferimento per la redistribuzione degli aiuti diretti e che l'Italia, che è un contribuente netto al bilancio dell'Unione europea, resti penalizzata nella ripartizione del bilancio agricolo fra i 27 Stati membri;
2) prevedere l'introduzione di strumenti di gestione in grado di prevenire le crisi e l'attuazione di una normativa di regolazione dei mercati più flessibile e diretta ad integrare il reddito dei produttori in presenza di situazioni di crisi di mercato;
3) puntare ad una maggiore flessibilità nel perseguimento degli obiettivi dello sviluppo rurale, eliminando la rigida ripartizione delle misure per asse, e ricercare una maggiore concentrazione tematica e territoriale degli interventi;
4) assicurare che gli obiettivi dei diversi strumenti previsti nel prossimo quadro finanziario per la politica agricola comune e la politica comune della pesca siano coerenti con gli obiettivi della biodiversità;
b) ad adoperarsi affinché nell'ambito dell'esame della proposta di regolamento recante modifica al regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS) (COM(2010)537) si preveda: la possibilità, in deroga alle disposizioni del richiamato regolamento, per gli Stati membri che hanno optato per programmi regionali, di effettuare il calcolo del disimpegno automatico delle risorse finanziarie a livello dello Stato membro; l'ammissibilità a contributo dell'iva non recuperabile se realmente e definitivamente sostenuta dai beneficiari. Occorre che meccanismi analoghi a quelli sopra indicati siano previsti anche per il futuro periodo di programmazione, al fine di evitare qualsiasi forma di penalizzazione conseguente all'applicazione del disimpegno automatico;
c) a promuovere, a tutela dei consumatori e dell'impegno delle imprese agroalimentari per produzioni di qualità, le iniziative necessarie per l'elaborazione di una normativa dell'Unione europea per contrastare i fenomeni di agropirateria;
d) ad adoperarsi, nell'ambito dell'esame delle proposte legislative della Commissione europea sulla riforma della politica della pesca, al fine di combinare gli obiettivi ambientali con quelli economico-sociali, assicurando sia la salvaguardia delle risorse ittiche sia i presupposti della stessa sopravvivenza della pesca quale attività economica;
con riferimento al raccordo tra Governo e Parlamento nella formazione delle politiche dell'Unione europea:
a) ad assicurare che le relazioni programmatiche del Governo siano trasmessa alle Camere entro il termine del 31 dicembre di ogni anno previsto dalla legge n. 11 del 2005, in modo da consentire l'avvio ad inizio anno della sessione programmatica presso la Camera dei deputati;
b) a rafforzare il raccordo tra il Parlamento, il Governo e tutti gli altri attori interessati nella formazione della posizione italiana nel processo decisionale dell'Unione europea, valorizzando a questo scopo le competenze del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (Ciace) ed assicurandone un più sistematico collegamento con la rappresentanza italiana presso l'Unione europea;
c) ad assicurare, in particolare, che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei sia convocato con riferimento a tutti i principali provvedimenti e questioni di portata trasversale, tra cui il nuovo quadro finanziario pluriennale, la riforma della politica di coesione e della politica agricola comune, e, in ogni caso, prima delle riunioni del Consiglio europeo, e che il Comitato tecnico permanente sia convocato con cadenza almeno mensile;
d) a motivare in modo articolato, all'atto della trasmissione alle Camere, la segnalazione dei progetti legislativi e degli altri documenti dell'Unione europea di maggiore rilevanza per l'Italia;
e) a provvedere, anche in adempimento dell'articolo 4-quater della legge n. 11 del 2005, alla trasmissione alle Camere di relazioni tecniche sui progetti legislativi dell'Unione europea oggetto di esame parlamentare o di particolare rilevanza politica, giuridica ed economica.
(6-00089)«Gozi, Farinone, Zampa, Castagnetti, Pompili, Garavini».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
il Programma di lavoro della Commissione europea e il Programma di 18 mesi delle Presidenze polacca, danese e cipriota attribuiscono un rilievo centrale agli obiettivi alla lotta al cambiamento climatico e, in particolare, agli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, efficienza energetica e fonti rinnovabili;
gli impegni a raggiungere nel 2020 valori minimi di penetrazione di fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni-serra ed efficienza energetica richiedono crescente supporto, ma già oggi gravano sulle bollette energetiche in modo pesante, pur senza disincentivare in modo specifico i consumi energetici meno sostenibili;
un'alternativa almeno parziale ai sussidi alle fonti energetiche sostenibili sono forme di tassazione di natura ambientale che possono fornire disincentivi ai consumi energetici meno sostenibili (per esempio, non rinnovabili o con maggiori emissioni-serra o con maggiore produzione di rifiuti), avvantaggiando, di conseguenza, le filiere rinnovabili o a minor impatto ambientale;
il 13 aprile 2011 la Commissione europea - in attuazione del Programma di lavoro per il 2011 - ha emanato una proposta (COM2011-169) di revisione della direttiva 96/03/CE, che attualmente regola l'ammontare minimo delle accise sui prodotti energetici. Tale proposta reca, da un lato, norme per l'omogeneizzazione dell'ammontare minimo di accisa, basandolo sull'effettivo contenuto energetico, dall'altro introduce una nuova componente legata alle emissioni convenzionali di anidride carbonica, parametrata su un valore di 20-/T (più alto di quello della proposta radicale). La relazione introduttiva della Commissione europea auspica che il maggior gettito delle accise sia utilizzato per ridurre i contributi sociali sul lavoro a carico delle imprese, al fine di aumentare il potenziale di crescita economica delle nuove misure;
il Programma di 18 mesi del Consiglio precisa l'impegno del trio di Presidenze ad avviare in tempi rapidi l'esame della proposta sopra richiamata,

impegna il Governo:

a sostenere in sede europea politiche di tassazione ambientale, che, in particolare, prevedano una componente aggiuntiva delle accise sui prodotti energetici che valorizzi l'impatto in termini di emissioni-serra del consumo di combustibili non rinnovabili e non già gravati dall'emission trading system, assicurando l'utilizzo del maggior gettito della misura per finanziare l'alleggerimento degli oneri fiscali sui redditi da lavoro, in modo da implicare, almeno per consumatori di reddito basso e medio, la possibilità di aumentare il proprio reddito disponibile attraverso una rimodulazione dei consumi energetici.
(6-00090) «Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
l'esame della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2011, del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 e del Programma del trio di Presidenze polacca, danese e cipriota è stato svolto per la prima volta in modo congiunto, secondo la procedura definita dalla Giunta per il regolamento nel parere del 14 luglio 2010, nell'ambito di una vera e propria sessione interamente dedicata alla valutazione e al confronto tra le priorità delle Istituzioni europee e quelle del Governo per l'anno in corso;
la nuova sessione «programmatica» mira a sviluppare un ampio dibattito, esteso anche alle parti sociali, alle categorie produttive e a tutti gli altri soggetti interessati, sullo stato e le prospettive del processo di integrazione e sul ruolo che nel suo ambito l'Italia può svolgere. È pertanto essenziale che la sessione programmatica si collochi all'inizio di ogni anno, in modo da assicurare che l'intervento delle Camere sia precoce ed efficace, precedendo l'attuazione delle azioni preannunciate nel programma di lavoro della Commissione europea;
la Relazione programmatica del Governo per il 2011 è stata trasmessa alla Camera il 19 maggio 2011, quasi cinque mesi dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005. Questo ritardo, in parte giustificato dal lavoro di preparazione richiesto dalla prima applicazione della nuova disciplina, ha determinato l'avvio della nuova sessione europea per il 2011 a metà dell'anno in corso, riducendo l'utilità dell'esame del programma di lavoro della Commissione per il 2011, in buona misura già attuato;
la Relazione indica soltanto per alcuni settori gli orientamenti del Governo in merito alle specifiche iniziative avviate o preannunciate dalle Istituzioni europee e dà conto solo in modo occasionale degli indirizzi già definiti in relazione a numerose questioni o progetti legislativi dalle Camere;
in particolare, è importante che il Governo dia seguito, in coerenza con l'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, agli indirizzi formulati in sede parlamentare, soprattutto con riferimento a temi di grande rilievo quali la riforma del bilancio, la politica di coesione e la nuova governance economica europea;
considerato che:
la crisi economica e gli altri grandi problemi globali, quali la prevenzione e la risoluzione dei conflitti regionali, i flussi migratori, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata impongono all'Unione europea di procedere verso una sempre più stretta integrazione politica ed economica;
le risposte sinora offerte dall'Unione alle questioni sopra richiamate appaiono complessivamente inadeguate sotto il profilo sia della tempestività sia dell'efficacia, denunciando la debolezza delle Istituzioni comuni e l'opposizione di molti Stati membri verso forme più avanzate di integrazione;
molte delle innovazioni istituzionali previste dal Trattato di Lisbona - intese a dotare le Istituzioni europee di competenze e strumenti di azione più avanzati - sono state utilizzate secondo un approccio minimalista, impedendo un reale salto di qualità nel ruolo e nelle politiche dell'Unione;
è da contrastare, sul piano politico e diplomatico, la pretesa di alcuni Stati membri di dettare, in via unilaterale o mediante intese o assi bilaterali, orientamenti e decisioni di maggiore rilievo per lo sviluppo del processo di integrazione, che, oltre a risultare contraria ai principi e alla logica dei Trattati, alterando gli equilibri nei rapporti tra le Istituzioni, tra l'Unione e gli Stati membri e tra gli stessi Stati membri, risulta inadeguata in quanto volta alla mera affermazione di interessi di politica interna ed è foriera di danni rilevanti alla credibilità del progetto europeo e quindi alla sua legittimazione presso i cittadini europei;
occorre che l'Italia, Stato fondatore, consolidi il suo tradizionale ruolo europeo, formulando proposte concrete ed ambiziose per ridare slancio al processo di integrazione, rinnovando con coraggio l'architettura istituzionale dell'Unione così da garantire un equilibrio democratico alla rappresentanza di Stati e popoli e da assicurare il principio di responsabilità del governo dell'Unione di fronte ai cittadini d'Europa;
a questo scopo l'Italia dovrebbe rafforzare il proprio ruolo di stimolo e di dialogo, soprattutto nei confronti dei principali partner europei, con particolare riferimento alla Germania per il ruolo storico svolto nella costruzione europea, contrastando l'emersione di posizioni scettiche verso il processo di integrazione e di mere logiche nazionalistiche;
gli attacchi speculativi contro alcuni paesi della zona euro e il mancato rilancio di crescita e occupazione hanno posto in rilievo le lacune e gli squilibri del nuovo modello di governance economica europea - più volte denunciate dalla Camera e da altri parlamenti nazionali - imponendo la stipulazione del Patto euro plus e correzioni dei meccanismi di stabilizzazione per l'area euro. Per assicurare la stabilità e, soprattutto, la crescita dell'area euro, occorre che le Istituzioni promuovano una reale iniziativa europea per la crescita e l'occupazione, dotata di un preciso piano di interventi coordinati e finanziati direttamente dall'Unione;
nel medio e lungo periodo è necessario procedere alla creazione di un vero «governo economico» dell'Eurozona, attribuendo, mediante appropriate modifiche ai Trattati, al Consiglio e all'Eurogruppo, su proposta della Commissione ed in codecisione con il Parlamento europeo, poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione. Andrà in questo contesto valutata l'ipotesi di creare figure istituzionali innovative;
in questo quadro, occorre ribadire che il rigore finanziario non può esaurire l'orizzonte dell'azione politica europea e che, pertanto, è necessario muovere passi decisi sul piano della crescita; in un contesto di grave deficit delle finanze pubbliche con la necessità di contrarre le risorse a carico dei bilanci degli Stati membri, è fondamentale poter contare su piani di investimento e su risorse europee per finanziare progetti di interesse europeo, tali da far prefigurare uno stimolo alla crescita e ai consumi, altrimenti impossibili da sostenere;
un primo passo in questa prospettiva sarebbe assicurato dando seguito alle varie proposte avanzate in materia di emanazione di titoli di debito (Eurobond, EuroUnion bond, Project bond) dell'Unione europea che consentano di alleviare la situazione debitoria dei paesi membri e di finanziare progetti infrastrutturali e di interesse europeo. Occorre pertanto che la Commissione europea, che ha preannunciato l'avvio di un apposito studio sulla questione, presenti in tempi rapidi e, in ogni caso entro il Consiglio europeo di dicembre 2011, proposte operative volte a dare concretamente seguito all'iniziativa;
occorre che l'Italia proceda ad una rapida approvazione delle opportune modifiche all'articolo 81 della Costituzione volte a codificare, in coerenza con la direttiva sui quadri nazionali di bilancio, in corso di approvazione, e del Patto euro plus, i vincoli di finanza pubblica derivanti dal Patto di stabilità e crescita;
per assicurare che il risanamento delle finanze pubbliche proceda in modo equo ed efficace occorre un maggiore coordinamento delle politiche fiscali nazionali, al fine di prevenire o correggere fenomeni di concorrenza dannosa, soprattutto in materia di imposizione sulle imprese e sulle rendite finanziarie, che potrebbero avere effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea;
l'Unione rischia di essere relegata ad un ruolo marginale nelle vicende internazionali, soprattutto anche nelle zone di vitale interesse come il Mediterraneo, non essendo capace di offrire una risposta comune neanche agli eventi che hanno investito aree vicine al nostro continente, quali i paesi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Tali vicende confermano l'assenza di visione strategica in seno alle Istituzioni dell'Unione, la scarsa solidarietà tra gli Stati membri, anche a fronte dei massicci flussi migratori che ne sono conseguiti e, soprattutto, l'inadeguatezza dell'Alto rappresentante per la politica estera ad adempiere i compiti che gli sarebbero attribuiti in vista della costruzione graduale di una reale politica estera europea;
carattere prioritario riveste, alla luce del fallimento dell'Unione per il Mediterraneo, il rilancio del partenariato euromediterraneo. In questa prospettiva, andrebbe valutata con attenzione la progressiva creazione di una nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, dotata di istituzioni comuni ed impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile ed aperta ad estendersi verso il Mar Caspio e il Mar Nero;
il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero proporre ai paesi del Mediterraneo meridionale questa Comunità basata su istituzioni che si ispirino a quelle della CECA, essendo condizione indispensabile che a queste istituzioni partecipino come partner su un piede di eguaglianza l'Unione europea da una parte ed un'organizzazione integrata regionale dei paesi del Mediterraneo meridionale dall'altra;
le proposte della Commissione per il quadro finanziario 2014-2020, presentate il 29 giugno 2011, recano risorse ed obiettivi modestissimi per il sostegno alla crescita e all'occupazione, affidandosi sostanzialmente al ricorso a strumenti finanziari innovativi per promuovere ulteriori investimenti pubblici e privati;
occorre invece che l'Unione europea si doti di risorse adeguate per far fronte alle proprie competenze interne ed esterne, accresciute sia per qualità sia per quantità dal Trattato di Lisbona e per rispondere alle aspettative dei cittadini nel processo di integrazione europea;
desta preoccupazione la difficoltà di definire, nell'ambito dei processi decisionali dell'Unione, una posizione unitaria o quanto meno non contraddittoria tra gli attori istituzionali e non istituzionali italiani, soprattutto con riferimento alle questioni di maggiore interesse nazionale;
va stigmatizzato, in particolare, il disallineamento, emerso in modo esemplare in occasione della cooperazione rafforzata sul brevetto unico europeo, tre le posizioni assunte dal Governo e dal Parlamento a tutela degli interessi del Paese e del sistema produttivo nel suo complesso, e quelle di segno opposto espresse da alcune associazioni rappresentative delle categorie produttive per perseguire meri interessi settoriali;
appare necessaria pertanto una tempestiva approvazione della riforma della legge n. 11 del 2005, che prospetta un rafforzamento degli strumenti di coordinamento tra tutti gli attori interessati nella fase di formazione della posizione nazionale,

impegna il Governo:

a) con riguardo alle prospettive del processo di integrazione:
a farsi promotore in Europa di una ripresa del dibattito attorno alla riforma delle Istituzioni europee per renderle all'altezza delle sfide future, formulando proposte concrete per l'avanzamento del processo di integrazione in una prospettiva saldamente europeista, anche sostenendo la necessità di modificare il Trattato di Lisbona per mezzo di una nuova Convenzione che riunisca parlamentari europei, nazionali e rappresentanti dei governi e delle Istituzioni europee;
b) con riguardo alla governance economica, alla crescita e all'occupazione:
a promuovere, accanto alle misure in corso di definitiva approvazione in materia di sostenibilità delle finanze pubbliche, sorveglianza macroeconomica e quadri nazionali di bilancio, una iniziativa europea per la crescita e l'occupazione, dotata di un preciso programma di interventi, coordinati e finanziati direttamente dall'Unione, tali da assicurare uno stimolo alla crescita e ai consumi;
ad agire a livello interno adottando misure coerenti con le sei raccomandazioni indirizzate all'Italia dal Consiglio in sede di esame del Piano nazionale di riforma nello scorso mese di luglio;
ad adoperarsi affinché sia dato seguito, anche attraverso opportune modifiche dei Trattati, alle proposte avanzate in materia di emanazione di titoli di debito dell'Unione europea che consentano di alleviare la situazione debitoria dei paesi membri e di finanziare grandi investimenti di interesse europeo nel settore dell'energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti, dell'istruzione e della ricerca e sviluppo tecnologico;
ad avviare una riflessione volta alla creazione a medio e lungo termine di un vero «governo economico» dell'Eurozona, attribuendo, mediante appropriate modifiche ai Trattati, da avviare con la convocazione di una Convenzione secondo la procedura di revisione ordinaria, al Consiglio e all'Eurogruppo, su proposta della Commissione ed in codecisione con il Parlamento europeo, poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione, nonché valutando la creazione a tale scopo di nuove figure istituzionali che possano essere investite di poteri di rappresentanza esterna dell'Unione europea nelle sedi finanziarie internazionali;
ad assicurare, in coerenza con le previsioni della legge n. 196 del 2009 e successive modificazioni, il coinvolgimento delle Camere, delle regioni e delle autonomie locali nella predisposizione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità nell'ambito del semestre europeo;
c) con riferimento al quadro finanziario pluriennale 2014-2020:
ad adoperarsi, in attesa delle definizioni di puntuali indirizzi da parte delle Camere, affinché, nell'ambito del negoziato avviato con la presentazione da parte della Commissione delle proposte relative al quadro finanziario e alle risorse proprie dell'Unione europea 2014-2020, presentate lo scorso 29 giugno, siano tenuti in adeguata considerazione i seguenti principi:
miglioramento del saldo netto dell'Italia, riducendo il rilevante divario attualmente esistente tra i finanziamenti versati dal nostro Paese e i fondi da esso ricevuti, anche attraverso l'eliminazione delle correzioni di bilancio riconosciute nell'attuale quadro finanziario ad alcuni Stati membri;
garanzia di un volume del bilancio che consenta di perseguire efficacemente gli obiettivi fissati a livello europeo, con particolare riferimento a quelli definiti nell'ambito della strategia Europa 2020, nel rispetto delle compatibilità finanziarie imposte dall'attuale situazione di crisi, che impone agli Stati il rispetto di stringenti vincoli di bilancio;
rafforzamento del coordinamento e della armonizzazione dei bilanci nazionali e del bilancio dell'Unione europea, al fine di assicurare una più corretta valutazione e un migliore utilizzo delle risorse disponibili e di garantire il maggiore coordinamento tra le politiche dell'Unione europea e le misure adottate a livello nazionale e regionale;
mantenimento di un livello adeguato di risorse per la politica di coesione, concentrandone gli interventi su un numero limitato di obiettivi ad alto valore aggiunto, e migliorando e semplificando le procedure di programmazione, gestione e controllo e assicurando che gli stanziamenti destinati alle regioni italiane nell'ambito della politica di coesione non siano inferiori a quelli previsti nell'attuale quadro finanziario. A tale scopo, appare necessario che il Governo ribadisca la propria ferma contrarietà all'introduzione dell'obiettivo «regioni in transizione» e sostenga il mantenimento delle regole vigenti di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate;
conferma delle riserve espresse dal Governo in ordine all'introduzione di una riserva di premialità a livello europeo che potrebbe mettere a carico della politica di coesione traguardi non sostenibili;
a valutare con attenzione, in coerenza con le risoluzioni approvate in materia dal Parlamento europeo, le proposte della Commissione volte ad introdurre, quale nuova risorsa propria dell'Unione, una tassa sulle transazioni finanziarie, assicurando che analoghe iniziative siano assunte anche a livello internazionale anche al fine di scongiurare il rischio di determinare lo spostamento delle attività finanziarie verso altre nazioni;
ad informare tempestivamente le Camere dei principali sviluppi del negoziato e a trasmettere dati e simulazioni adeguate sull'impatto sul saldo netto dell'Italia delle diverse opzioni relative al prossimo quadro finanziario e al sistema di risorse proprie;
d) con riguardo alla politica di coesione:
ad individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei cofinanziamenti nazionali, relativi ai programmi dei fondi strutturali europei, dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole del Patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione di spese in favore degli investimenti;
a sostenere in sede europea la semplificazione delle procedure relative all'utilizzo e alla rendicontazione dei fondi strutturali la cui complessità costituisce un freno al loro tempestivo impiego;
a sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte concernenti l'innalzamento della quota di cofinanziamento europeo previsto per tutti gli obiettivi dei fondi strutturali;
e) con riguardo al mercato interno e alla politica per le imprese:
a sostenere l'introduzione di un approccio diversificato fra micro, piccole e medie imprese, soprattutto ai fini della semplificazione degli oneri amministrativi e contabili;
ad adoperarsi per una effettiva e sistematica applicazione del «test PMI» nelle valutazioni di impatto, prevedendo, per ogni proposta della Commissione la valutazione d'impatto degli oneri che gravano sulle imprese, in particolare le PMI, prevedendo, la riduzione corrispondente di altri oneri, l'applicazione del principio di proporzionalità e di specificità e tempi di adeguamento posticipati nel tempo;
a promuovere l'accesso delle PMI agli appalti pubblici, non limitandosi ad offrire incentivi alle amministrazioni aggiudicatrici affinché gli appalti tengano conto delle esigenze delle PMI, ma prevedendo, attraverso opportune modifiche alle direttive vigenti in materia, che alcune tipologie di appalti siano espressamente riservate alle PMI;
ad adoperarsi per il rafforzamento degli strumenti dell'Unione europea volti alla prevenzione e al contrasto della contraffazione, anche assicurando la massima tracciabilità dei prodotti, in particolare mediante un sistema di controllo a campione della merce sulle reti di vendita al pubblico;
a sostenere presso le istituzioni europee ogni strumento nazionale o europeo diretto alla salvaguardia del made in e ad una più ampia tracciabilità dei prodotti;
f) con riguardo ai mercati finanziari:
a promuovere, in sede di revisione del regolamento (CE) n. 1060/2009 sulle agenzie di rating del credito:
la revisione del ruolo attribuito ai giudizi espressi dalle agenzie di rating e il loro impatto sul funzionamento dei mercati, in particolare eliminandone o circoscrivendone significativamente l'uso a fini regolamentari;
l'introduzione di meccanismi di responsabilità in capo alle agenzie di rating, nel caso in cui i giudizi emessi da queste ultime risultino gravemente viziati, e la soluzione del problema dei conflitti di interesse esistenti in capo alle agenzie di rating, nonché la revisione dei meccanismi di remunerazione del servizio di rating;
l'istituzione di un'agenzia di rating creditizio pubblica e indipendente e la definizione di un indice europeo di rating (EURIX), al fine di controbilanciare il potere delle tre maggiori agenzie di rating;
a migliorare la disciplina sulla gestione delle crisi finanziarie, rafforzando i relativi sistemi di monitoraggio, nonché introdurre nuove misure normative che coinvolgano i principali protagonisti del mercato a livello globale, anche nel quadro del G20;
g) con riferimento alla politica fiscale:
ad adoperarsi, in coerenza con il Patto euro plus, per rafforzare il coordinamento dei sistemi fiscali nazionali, al fine di prevenire la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri, valutando l'introduzione di regole armonizzate anche in materia di imposte dirette, con particolare riferimento all'imposizione sui redditi prodotti da soggetti o nell'ambito di attività che assumono rilievo transnazionale, quali le società e le rendite finanziarie;
a sostenere l'adozione di misure volte a consentire la riduzione del carico fiscale sulle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small business act, e la semplificazione dei relativi oneri di dichiarazione e riscossione;
a promuovere il rafforzamento del quadro normativo per la prevenzione e la lotta contro l'evasione e le frodi tributarie;
a sostenere una rapida approvazione della proposta di direttiva relativa ad una base consolidata comune per l'imposizione sulle società, valutandone le opportune modifiche ed integrazioni. In particolare, occorre accompagnare la definizione di una base imponibile comune dell'imposta sulle società con la fissazione di una o più aliquote minime di imposta, sul modello dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise;
a promuovere la presentazione, dando seguito alle indicazioni contenute nel Libro verde sul futuro dell'IVA, di proposte legislative per la riforma dell'imposta che contemplino:
la fissazione di regole più stringenti ed omogenee, sia in merito alla determinazione della base imponibile sia con riguardo alle aliquote, riducendo le esenzioni ed eliminando le deroghe per specifiche categorie di beni o servizi riconosciute in capo a singoli Stati membri;
la razionalizzazione e l'aggiornamento del sistema delle aliquote minime dell'imposta, che tenga conto degli obiettivi di crescita, competitività ed occupazione previsti dalla strategia Europa 2020, resi urgenti dall'esigenza di rilanciare l'economia europea dopo la crisi.
la semplificazione degli oneri relativi alla dichiarazione e alla riscossione dell'imposta;
a valutare con attenzione le implicazioni delle proposte della Commissione europea in materia di riforma della tassazione energetica ed ambientale;
h) con riferimento all'azione esterna dell'Unione europea e alla politica di vicinato:
ad adoperarsi affinché l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza eserciti in modo più sistematico ed efficace i compiti ad esso attribuiti dal capo 2 del Titolo V del Trattato sull'Unione europea, sfruttando tutte le potenzialità assicurate dal Servizio per l'azione esterna;
a promuovere, anche mediante il ricorso alle cooperazioni strutturate permanenti di cui all'articolo 42, paragrafo 6, del Trattato sull'Unione europea, lo sviluppo di una politica di sicurezza e difesa comune, affrontando con decisione la soluzione dei nodi ancora irrisolti che ancora bloccano la piena sinergia con la NATO;
a promuovere un rilancio del processo di allargamento, cogliendo il momento positivo dell'ingresso della Croazia nell'Unione europea;
ad adoperarsi per la definizione di una nuova e ambiziosa cornice strategica per l'azione dell'Unione europea verso i paesi della sponda Sud del Mediterraneo che miri, oltre che al rafforzamento delle istituzioni, ad un forte sostegno all'economia locale e allo sviluppo di infrastrutture;
ad assicurare, nell'ambito del negoziato sulle proposte della Commissione relative al nuovo quadro finanziario, che, nell'ambito dello strumento dell'Unione europea per la politica di vicinato, siano destinati stanziamenti adeguati al partenariato euromediterraneo e in ogni caso in misura non inferiore ai due terzi delle risorse disponibili;
ad agire affinché negli accordi, sia multilaterali sia bilaterali, conclusi tra l'Unione europea e i paesi della sponda Sud del Mediterraneo siano inserite clausole di condizionalità che subordinino l'erogazione di aiuti o assistenza tecnica da parte dell'Unione europea al rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa nonché di impegni precisi e verificabili in materia di prevenzione e lotta all'immigrazione irregolare, al terrorismo e alla criminalità organizzata;
ad assumere tutte le iniziative appropriate presso le competenti Istituzioni dell'Unione europea al fine di promuovere la creazione di nuova comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale, impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile, l'educazione, la formazione e la gioventù, l'estensione del mercato interno all'insieme della nuova Comunità e dotata di istituzioni comuni cui parteciperebbero su un piano di parità l'Unione europea, da una parte, ed un'organizzazione integrata regionale dei paesi del Mediterraneo meridionale, dall'altra;
a promuovere, ai fini del rafforzamento della sicurezza interna dell'Unione europea, forme di cooperazione con i paesi terzi maggiormente a rischio rispetto alla propaganda terroristica e con i paesi terzi nei quali è maggiormente presente la criminalità organizzata;
a rafforzare il partenariato strategico con la Federazione russa, in una visione coordinata ed unitaria di tutte le dimensioni in cui esso si articola;
i) con riguardo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia:
ad adoperarsi per assicurare la partecipazione diretta dell'Unione europea al controllo delle frontiere su richiesta dello Stato membro, anche attraverso il rafforzamento di Frontex, prevedendo l'istituzione di una vera e propria polizia europea delle frontiere e l'attribuzione alla medesima agenzia del coordinamento di operazioni congiunte di rimpatrio e della co-direzione di operazioni congiunte di pattugliamento marittimo e terrestre, in un quadro di pieno rispetto della legalità internazionale e dei diritti fondamentali;
ad assicurare la partecipazione, anche sotto il profilo finanziario, dell'Unione europea alle operazioni di rimpatrio degli stranieri entrati illegalmente sul territorio di uno Stato membro, e a prevedere sanzioni in caso di inosservanza, da parte di uno Stato membro, dei doveri di solidarietà e cooperazione in materia di lotta all'immigrazione e controllo delle frontiere nonché l'adozione di programmi di assistenza tecnica tra l'Unione europea e gli Stati membri;
a promuovere l'istituzione di un meccanismo di reinsediamento dei rifugiati tra gli Stati membri avente carattere obbligatorio, e non volontario, ponendo i relativi costi a carico del bilancio dell'Unione europea;
a sostenere le iniziative preannunciate dalla Commissione europea in materia di immigrazione legale, volte, nonché a promuovere strumenti comuni di integrazione più efficaci;
a promuovere l'incremento del sostegno finanziario ai paesi maggiormente a rischio di povertà, quali in particolare quelli colpiti da conflitti e disastri ambientali;
a sostenere il completamento del sistema europeo comune d'asilo, in linea con i valori fondamentali e gli obblighi internazionali dell'Unione europea;
l) riguardo alla politica ambientale:
a sostenere, nell'ambito del prossimo quadro finanziario dell'Unione europea che le risorse significative nell'ambito del Fondo europeo per lo sviluppo regionale e del Fondo di coesione, nonché degli stanziamenti relativi ad interventi nel settore dei trasporti e dell'energia, siano finalizzate alla realizzazione di interventi di opere a tutela dell'ecosistema e per l'efficienza energetica;
ad assicurare che il futuro quadro strategico comune per la ricerca e l'innovazione contempli un sostegno finanziario alle tecnologie ambientali più avanzate conformando le misure di incentivazione in relazione all'obiettivo di massimizzare i risultati conseguibili a parità di risorse a disposizione, sulla base di un'accurata analisi di costi benefici;
a promuovere interventi dell'Unione che favoriscano la sostenibilità energetico-ambientale dei programmi edilizi, che incentivino la costruzione di immobili improntati a criteri di risparmio energetico e l'utilizzo di materiali di costruzione ecologici con ridotto impatto ambientale (c.d. bioedilizia), sostenendo altresì interventi orientati all'efficienza e al risparmio energetico in tutti gli usi civili e abitativi;
ad adoperarsi affinché l'Unione europea solleciti gli altri Stati aventi maggiore responsabilità delle emissioni di gas serra ad assumere precisi impegni, comparabili a quelli di cui si è fatta carico l'Unione europea, per la riduzione delle emissioni stesse;
a promuovere l'intervento finanziario diretto dell'Unione per concorrere alle operazioni di bonifica dei siti maggiormente inquinati e incentivare la diffusione delle migliori pratiche a livello dell'Unione europea per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti in modo da ridurre significativamente la quota parte destinata a discarica;
m) con riguardo alla politica agricola e della pesca:
a perseguire, nell'ambito dei negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale e sulla riforma della politica agricola comune dopo il 2013, gli indirizzi indicati nelle mozioni approvate dalla Camera dei deputati il 2 febbraio 2011, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
evitare che il criterio della superficie agricola sia l'unico parametro di riferimento per la redistribuzione degli aiuti diretti e che l'Italia, che è un contribuente netto al bilancio dell'Unione europea, resti penalizzata nella ripartizione del bilancio agricolo fra i 27 Stati membri;
prevedere l'introduzione di strumenti di gestione in grado di prevenire le crisi e l'attuazione di una normativa di regolazione dei mercati più flessibile e diretta ad integrare il reddito dei produttori in presenza di situazioni di crisi di mercato;
puntare ad una maggiore flessibilità nel perseguimento degli obiettivi dello sviluppo rurale, eliminando la rigida ripartizione delle misure per asse, e ricercare una maggiore concentrazione tematica e territoriale degli interventi;
assicurare che gli obiettivi dei diversi strumenti previsti nel prossimo quadro finanziario per la politica agricola comune e la politica comune della pesca siano coerenti con gli obiettivi della biodiversità;
ad adoperarsi affinché nell'ambito dell'esame della proposta di regolamento recante modifica al regolamento (CE) n.1698/2005 del Consiglio, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS) (COM(2010)537) si preveda: la possibilità, in deroga alle disposizioni del richiamato regolamento, per gli Stati membri che hanno optato per programmi regionali, di effettuare il calcolo del disimpegno automatico delle risorse finanziarie a livello dello Stato membro; l'ammissibilità a contributo dell'IVA non recuperabile se realmente e definitivamente sostenuta dai beneficiari. Occorre che meccanismi analoghi a quelli sopra indicati siano previsti anche per il futuro periodo di programmazione al fine di evitare qualsiasi forma di penalizzazione conseguente all'applicazione del disimpegno automatico;
a promuovere, a tutela dei consumatori e dell'impegno delle imprese agroalimentari per produzioni di qualità, le iniziative necessarie per l'elaborazione di una normativa dell'Unione europea per contrastare i fenomeni di agropirateria;
ad adoperarsi nell'ambito dell'esame delle proposte legislative della Commissione europea sulla riforma della politica della pesca al fine di combinare gli obiettivi ambientali con quelli economico-sociali, assicurando sia la salvaguardia delle risorse ittiche sia i presupposti della stessa sopravvivenza della pesca quale attività economica;
n) con riguardo alla parità di genere e alla lotta alle discriminazioni:
ad adoperarsi per rafforzare, in linea con quanto previsto dalla Strategia Europa 2020 per la crescita e l'occupazione, l'azione comune in materia di parità di genere e lotta alle discriminazioni;
o) con riferimento al raccordo tra Governo e Parlamento nella formazione delle politiche dell'Unione europea:
ad assicurare che le relazioni programmatiche del Governo siano trasmesse alle Camere entro il termine del 31 dicembre di ogni anno previsto dalla legge n. 11 del 2005, in modo da consentire l'avvio ad inizio anno della sessione programmatica presso la Camera;
a rafforzare il raccordo tra il Parlamento, il Governo e tutti gli altri attori interessati nella formazione della posizione italiana nel processo decisionale dell'Unione europea, valorizzando a questo scopo le competenze del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) ed assicurandone un più sistematico collegamento con la rappresentanza italiana presso l'Unione europea;
ad assicurare, in particolare, che il CIACE sia convocato con riferimento a tutti i principali provvedimenti e questioni di portata trasversale, tra cui il nuovo quadro finanziario pluriennale, la riforma della politica di coesione e della politica agricola comune, e, in ogni caso, prima delle riunioni del Consiglio europeo, e il Comitato tecnico permanente sia convocato con cadenza almeno mensile;
a motivare in modo articolato, all'atto della trasmissione alle Camere, la segnalazione dei progetti legislativi e degli altri documenti dell'Unione europea di maggiore rilevanza per l'Italia;
a provvedere, anche in adempimento dell'articolo 4-quater della legge n. 11 del 2005, alla trasmissione alle Camere di relazioni tecniche sui progetti legislativi dell'Unione europea oggetto di esame parlamentare o di particolare rilevanza politica, giuridica ed economica;
a provvedere, in attuazione dell'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, a riferire regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi parlamentari, in particolare mediante la trasmissione di una relazione semestrale al riguardo.
(6-00091) «Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi, Formichella, Razzi».

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE MOFFA E TORTOLI; FARINA COSCIONI ED ALTRI; MODIFICHE AL DECRETO LEGISLATIVO 9 APRILE 2008, N. 81, IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO PER LA BONIFICA DEGLI ORDIGNI BELLICI (A.C. 3222-3481-A)

A.C. 3222-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3222-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalle Commissioni di merito:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE FAVOREVOLE

sull'emendamento 1.20, con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
nella parte consequenziale, capoverso comma 1-bis, primo periodo, dopo le parole: è istituito aggiungere le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;
nella parte consequenziale, capoverso comma 2, secondo periodo, dopo le parole: continuano ad applicarsi le disposizioni, aggiungere le seguenti: di cui all'articolo 7, commi primo, secondo e quarto.

A.C. 3222-A - Articolo unico

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 dell'articolo 28 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), interessati da attività di scavo»;
b) all'articolo 91 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«2-bis. Fatta salva l'idoneità tecnico-professionale in relazione al piano opera tivo di sicurezza redatto dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice, la valutazione del rischio dovuto alla presenza di ordigni bellici inesplosi rinvenibili durante le attività di scavo nei cantieri è eseguita dal coordinatore per la progettazione. Quando il coordinatore per la progettazione intenda procedere alla bonifica preventiva del sito nel quale è collocato il cantiere, il committente provvede a incaricare un'impresa specializzata, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 104, comma 4-bis. L'attività di bonifica preventiva e sistematica è svolta sulla base di un parere vincolante dell'autorità militare competente per territorio in merito alle specifiche regole tecniche da osservare in considerazione della collocazione geografica e della tipologia dei terreni interessati, nonché mediante misure di sorveglianza dei competenti organismi del Ministero
della difesa, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute»;
c) al comma 1 dell'articolo 100, dopo le parole: «di cui all'allegato XI,» sono inserite le seguenti: «con specifico riferimento ai rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri interessati da attività di scavo,»;
d) all'articolo 104 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«4-bis. È considerata impresa specializzata, ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 91, l'impresa in possesso di adeguata capacità tecnico-economica, che impiega idonee attrezzature e personale dotato di brevetti per l'espletamento delle attività relative alla bonifica sistematica e che risulta iscritta in un apposito albo istituito presso il Ministero della difesa. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, l'albo di cui al presente comma e, sulla base di una proposta formulata da un'apposita commissione di cinque esperti designati dai medesimi Ministri della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sono definiti i criteri per la verifica dell'idoneità delle imprese ai fini dell'iscrizione al medesimo albo, nonché per la valutazione biennale di tale idoneità. Ai componenti della commissione di esperti di cui al periodo precedente non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese»;
e) all'allegato XI, dopo il punto 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Lavori che espongono i lavoratori al rischio di esplosione derivante dal
l'innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo»;
f) all'allegato XV, punto 2.2.3, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
«b-bis) al rischio di esplosione derivante dall'innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo».

2. Le disposizioni di cui alla presente legge hanno efficacia a decorrere dalla data di istituzione dell'albo di cui all'articolo 104, comma 4-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO

All'emendamento 1.20, parte consequenziale, capoverso comma 1-bis, primo periodo, dopo le parole: è istituito aggiungere le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
0. 1. 20. 1. Le Commissioni.
(Approvato)

All'emendamento 1.20, parte consequenziale, capoverso comma 2, secondo periodo, dopo le parole: continuano ad applicarsi le disposizioni aggiungere le seguenti: di cui all'articolo 7, commi primo, secondo e quarto.
0. 1. 20. 2.Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire il secondo e il terzo periodo con il seguente: L'idoneità dell'impresa è verificata all'atto dell'iscrizione nell'albo e, successivamente, a scadenze biennali.

Conseguentemente:
dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. L'albo di cui al comma 4-bis dell'articolo 104 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, è istituito con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto, sulla base di una proposta formulata da una commissione di cinque esperti designati dai medesimi Ministri della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sono definiti i criteri per l'accertamento dell'idoneità delle imprese ai fini dell'iscrizione al medesimo albo, nonché per le successive verifiche biennali. Ai componenti della commissione di esperti di cui al periodo precedente non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese.
sostituire il comma 2 con il seguente:
2. Le modificazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotte dal comma 1 del presente articolo acquistano efficacia decorsi sei mesi dalla data della pubblicazione del decreto del Ministro della difesa, di cui al comma 1-bis del presente articolo. Fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, che riacquistano efficacia, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel testo vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e sono autorizzate a proseguire l'attività le imprese già operanti ai sensi delle medesime disposizioni.
1. 20. Tortoli.
(Approvato)

A.C. 3222-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
con il nuovo codice dell'ordinamento militare, la normativa riferita alle bonifiche dei campi minati e degli ordigni bellici (decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320) è stata abrogata dall'articolo 2268, n. 258. L'immediata conseguenza di tale abrogazione è stata la necessità di individuare il soggetto istituzionale che deve eseguire le verifiche nei cantieri di lavoro ed effettuare gli interventi di bonifica degli ordigni bellici al fine di garantire l'incolumità dei lavoratori, la salute e la sicurezza pubblica;
si ricorda che in Italia l'attività di bonifica degli ordigni bellici ha permesso solo nel triennio 2007/2009 di rinvenire sull'intero territorio nazionale ben 23.5830 ordigni e 534 bombe d'aereo;
in molte zone d'Italia si lotta ancora per limitare gli effetti sull'uomo e sull'ambiente dalle armi e dei residuati bellici dell'ultimo conflitto mondiale. Tra le zone maggiormente a rischio, Lago di Vico, Molfetta, Colleferro, Ischia, Pesaro e Cattolica, ma alla lista vanno aggiunte altre località in Lombardia, Piemonte, Lazio e Abruzzo. A procurare il rischio e l'allarme sono terreni e stabilimenti, ma anche discariche sottomarine che continuano a ospitare, magari senza una precisa consapevolezza dei cittadini delle zone incriminate, l'arsenale di armi chimiche creato dal fascismo e nascosto dai governi della Repubblica;
Lega Ambiente e il coordinamento di associazioni e comitati nati per il monitoraggio e la bonifica dei siti contaminati da ordigni bellici chimici inabissati o interrati durante e dopo il secondo conflitto mondiale hanno lanciato l'allarme;
le associazioni, infatti, confermano la presenza di armi progettate per resistere decenni e che mantengono i loro poteri venefici. L'arsenico, in particolare, è disperso nei suoli come dimostrano le analisi condotte dalle Forze armate nella zona del Lago di Vico o gli esami degli organismi sanitari a Melegnano. Per non dire degli sversamenti, ovunque lungo lo Stivale, che, secondo il libro inchiesta «Veleni di stato» del giornalista Gianluca Di Feo, sono ancora coperti dal segreto militare;
considerato che il provvedimento in esame limita l'intervento esclusivamente alla bonifica preventiva e sistematica nei cantieri, escludendo modifiche alla vigente normativa in materia di bonifica derivante dal rinvenimento occasionale degli ordigni bellici, che resta disciplinata dalle disposizioni legislative che attribuiscono tale compito alle Forze armate e di polizia. Considerato, altresì, che ciò potrebbe escludere ulteriori fattori di rischio;
tenuto conto delle richieste dei vari comitati e movimenti, oggi rappresentati dal «Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche», che da tempo chiedono un'approfondita campagna di individuazione di ulteriori aree di smaltimento non ancora precisamente individuate ma di cui si ha notizia certa negli archivi militari, e il monitoraggio sanitario e ambientale sui cittadini e sui loro territori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di predisporre, realizzare e completare le bonifiche, anche attraverso l'assegnazione di uomini e mezzi nonché lo stanziamento di fondi adeguati, di tutti i siti inquinati affinché si possa dare seguito ad un'efficace azione di bonifica dell'aree contaminate colpite drammaticamente nel loro equilibrio ambientale al fine di preservare inoltre la salute pubblica delle popolazioni residenti;
a valutare l'opportunità di informare il Parlamento attraverso un'apposita e approfondita relazione sullo stato reale dei lavori di bonifica.
9/3222-A/1.Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, ha stabilito che «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti;
la legge 29 maggio 1985, n. 294 riconosce al predetto personale, con esclusione di quello del Corpo dei vigili del fuoco, un premio di disattivazione la cui attribuzione ha spesso ecceduto la previsione del legislatore con la conseguenza che lavorazioni anche non particolarmente complesse sono state protratte nel tempo o differite nell'esecuzione;
nell'ambito della discussione generale delle proposte di legge di «Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici (C. 3222 Moffa e C. 3481 Farina Coscioni)», anche a seguito delle audizioni di esperti del settore in rappresentanza del personale militare, delle organizzazioni sindacali delle Forze di polizia e delle associazioni di categoria, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è emersa la necessità di un intervento legislativo mirato ad attuare il pieno riconoscimento della specificità del lavoro del personale militare delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che opera prevalentemente nelle attività di bonifica degli ordigni bellici,

impegna il Governo

a porre in essere ogni utile iniziativa legislativa affinché in sostituzione della legge 29 maggio 1985, n. 294 sia istituita una speciale indennità pensionabile di specializzazione per il personale militare e civile della difesa, della Polizia di Stato e del Corpo dei Vigili del fuoco, in possesso del brevetto di «Artificiere/Explosive Ordnance Disposal (EOD) 1o livello, Artificiere/Explosive Ordnance Disposal (EOD) 2o livello, Improvised Explosive Device Disposal (IEDD), conseguiti presso gli istituti di formazione militari o della Polizia di Stato, nelle misure di cui alla TABELLA «A», allegata alla proposta di legge n. 3481 citata in premessa, che nel corso dell'anno abbia prestato almeno 6 mesi di servizio nelle attività proprie della specializzazione posseduta e non abbia riportato valutazioni caratteristiche inferiori a «nella media» o giudizio equivalente.
9/3222-A/2.Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, ha stabilito che «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti;
la legge 29 maggio 1985, n. 294 riconosce al predetto personale, con esclusione di quello del Corpo dei vigili del fuoco, un premio di disattivazione la cui attribuzione ha spesso ecceduto la previsione del legislatore con la conseguenza che lavorazioni anche non particolarmente complesse sono state protratte nel tempo o differite nell'esecuzione;
nell'ambito della discussione generale delle proposte di legge di «Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici (C. 3222 Moffa e C. 3481 Farina Coscioni)», anche a seguito delle audizioni di esperti del settore in rappresentanza del personale militare, delle organizzazioni sindacali delle Forze di polizia e delle associazioni di categoria, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è emersa la necessità di un intervento legislativo mirato ad attuare il pieno riconoscimento della specificità del lavoro del personale militare delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che opera prevalentemente nelle attività di bonifica degli ordigni bellici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica e con le riforme che si accinge a varare secondo gli impegni assunti in sede europea nell'ambito previdenziale, di istituire una speciale indennità di specializzazione per il personale militare e civile della Polizia di Stato e del Corpo dei vigili del fuoco operante prevalentemente nell'attività di bonifica degli ordigni bellici che nel corso dell'anno abbia prestato almeno 6 mesi di servizio nelle attività proprie della specializzazione posseduta e non abbia riportato valutazioni caratteristiche inferiori a «nella media» o giudizio equivalente.
9/3222-A/2.(Testo modificato nel corso della seduta) Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

MOZIONI RENATO FARINA ED ALTRI N. 1-00702, EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00705, BINETTI ED ALTRI N. 1-00706, DI BIAGIO E DELLA VEDOVA N. 1-00707, MOSELLA ED ALTRI N. 1-00708, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00709 E RENATO FARINA, EVANGELISTI, BINETTI, DI BIAGIO, MOSELLA, TEMPESTINI, DOZZO, RAZZI E COMMERCIO N. 1-00710 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA GRAVE CARESTIA CHE HA COLPITO IL CORNO D'AFRICA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la gravissima carestia che affligge il Corno d'Africa ed, in particolare, la Somalia mette a rischio, secondo la Fao, la vita di dodici milioni di persone;
la siccità e le successive alluvioni e il triplicarsi dei prezzi dei generi di prima necessità inducono ad una migrazione in condizioni disumane miriadi di persone, le quali si dirigono verso campi profughi come quello di Dadaab in Kenya, ormai ridotto ad un immenso lazzaretto dove le condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza fisica sono fuori controllo;
secondo Jacques Diouf, direttore generale della Fao, sulla base di un summit svoltosi a Roma il 25 luglio 2011, servono 1,6 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro) nei prossimi dodici mesi per scongiurare o almeno limitare la tragedia; a tutt'oggi mancano all'appello circa 800 milioni di dollari;
la situazione è particolarmente critica in Somalia, dove l'Onu ha decretato formalmente lo stato di carestia per due regioni del sud, controllate dai gruppi estremisti islamici Shabaab, che impediscono l'accesso alle organizzazioni non governative;
le principali vittime della carestia sono i bambini: dall'inizio del 2011 ne sono già morti oltre 400 per fame, con un tasso di mortalità dell'86 per cento nelle regioni centro-meridionali. Nelle regioni meridionali di Bakool e della Bassa Shabelle, la malnutrizione acuta supera il 50 per cento, con tassi di mortalità infantile superiori a 6 (su 10.000) al giorno in alcune zone. Secondo l'Unicef questa è soprattutto la carestia dei bambini: ha meno di 18 anni la metà dei 3,7 milioni di persone colpiti dall'emergenza alimentare; uno su cinque ha meno di 5 anni; circa 554.000 bambini sono oggi gravemente malnutriti;
«È vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e degli assetati» queste le parole, durante l'Angelus di domenica 31 luglio 2011, di Papa Benedetto XVI, che già il 17 luglio 2011 aveva fatto proprio l'allarme che viene dagli operatori umanitari e dalle organizzazioni internazionali che appaiono impotenti dinanzi alle dimensioni immani e crescenti della catastrofe;
il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha espresso la volontà del Governo di soccorrere con un grande sforzo le popolazioni colpite, sostenendo che «di fronte a drammatiche emergenze umanitarie, l'Italia è pronta a fare sino in fondo la sua parte anche come donatore. Gli aiuti ci sono, ci saranno, e consistenti. Soprattutto, si tratta di aiuti concepiti non solo per alleviare nell'immediato le sofferenze della popolazione, ma anche per contribuire a gettare le basi di un futuro sviluppo autonomo di quei Paesi». Il Ministro ha affermato altresì che è «urgente e indispensabile un corridoio umanitario e aereo per portare beni di prima necessità dove servono, sfidando, se occorre, i terroristi Shabaab, che hanno detto di non volere gli aiuti perché per loro purtroppo la vita delle persone non vale niente»;
risultano essere di circa 11 milioni di euro i fondi messi a disposizione dal Governo per il 2010-2011 per l'emergenza in Corno d'Africa;
risulta, altresì, che il Governo sarebbe in procinto di stanziare ulteriori 9 milioni di euro per effettuare interventi bilaterali di cooperazione in ambito sanitario, alimentare, idrico e agricolo a favore delle popolazioni maggiormente colpite, per finanziare le iniziative delle Agenzie Onu, in particolare quelle del programma alimentare mondiale e della Fao, volte ad alleviare le difficoltà delle popolazioni, e per rispondere alla dichiarazione delle Nazioni Unite sulla siccità in Somalia del 20 luglio 2011;
la Farnesina ha organizzato per il 2 agosto 2011 un volo umanitario con la presenza del Sottosegretario Mantica per trasportare, dalla base di Brindisi al campo di Dadaab in Kenya, dove sono ospitati profughi somali, prodotti alimentari ed aiuti di prima necessità, che verranno distribuiti tramite la Croce rossa internazionale e dall'Unhcr, e si prevede nei prossimi giorni anche un secondo volo umanitario con viveri ed aiuti diretto a Mogadiscio;
AGIRE onlus - Agenzia italiana per la risposta alle emergenze, il comitato che raggruppa autorevoli organizzazioni non governative italiane, ha avviato una campagna d'informazione e raccolta fondi con il patrocinio del Ministero degli affari esteri;
la III Commissione (Esteri) della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione di analoghi contenuti,

impegna il Governo:

a mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali aiuti utili a fronteggiare questa emergenza-carestia, incrementando i fondi stanziati a tal fine e coinvolgendo il più possibile le associazioni della società civile;
a contribuire alla forte campagna di informazione in atto per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana alla tragedia di luoghi e popoli con cui l'Italia ha particolari legami storici;
a incrementare lo sforzo diplomatico per dare alle popolazioni del Corno d'Africa sistemi statuali e Governi stabili e democratici.
(1-00702)
«Renato Farina, Baldelli, Nirenstein, Pianetta».
(2 agosto 2011)

La Camera,
premesso che:
una siccità e una carestia, come non si ricordavano da oltre 60 anni, stanno mettendo in grave pericolo la vita di circa 12 milioni di persone e le zone più duramente colpite sono la Somalia, l'Etiopia, il Kenya, l'Uganda, la Repubblica di Gibuti, l'Eritrea, mentre fortemente a rischio sono il neo nato Sud Sudan e la Tanzania;
la commissaria dell'Unione europea agli aiuti umanitari, Kristalina Georgieva, di ritorno da una missione in Kenya e Somalia, ha comunicato che in sede europea è stato già deciso di sbloccare da subito 27,8 milioni di euro (seguiranno altri 60 milioni, disponibili in un secondo tempo e che si aggiungeranno agli oltre 70 milioni di euro già stanziati);
anche il Programma alimentare mondiale (Pam) ha già provveduto a un primo invio di aiuti, partito dal Kenya per Mogadiscio, per portare, tra l'altro, 10 tonnellate di razioni alimentari ricche di proteine e calorie per i bambini sotto i cinque anni e ovviamente altri aerei partiranno nei prossimi giorni;
secondo le previsioni delle Nazioni Unite, entro la fine di agosto 2011, il numero di affamati in Kenya passerà dagli attuali 2 milioni e 442.000 a tre milioni e mezzo;
l'emergenza umanitaria nel Corno d'Africa è stata al centro di una riunione dei Paesi donatori, tenutasi a fine luglio 2011 a Nairobi, in Kenya. Un appuntamento deciso a Roma nella sede dell'Organizzazione per l'agricoltura e l'alimentazione (Fao) dove i rappresentanti dei 191 Paesi membri della Fao, le agenzie umanitarie e le organizzazioni non governative, convocati dalla presidenza francese di turno del G20 il 25 luglio 2011, hanno proposto le soluzioni più adatte per far fronte alla crisi del Corno d'Africa, anche se forte è stato il rammarico del presidente della Fao, Jacques Diouf, quando ha affermato: «Reagiamo solo quando c'è un'emergenza» e ha poi chiesto un «aiuto massiccio e urgente» che, alla vigilia del vertice, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, aveva quantificato in 1,6 miliardi di dollari;
gli impegni concreti, però, sono rimasti nel vago o ben al di sotto del necessario. Infatti, secondo l'ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell'Onu, per coprire i bisogni del Kenya, della Somalia, dell'Etiopia e di Gibuti - valutati in 1,9 miliardi di dollari per il 2011 - mancano ancora 1,14 miliardi di dollari;
secondo molte organizzazioni non governative, invece, si è trattato di una conferenza «inesistente per lo scarso impegno delle economie più ricche e potenti», fumo negli occhi, secondo alcuni analisti africani, in quanto il business degli aiuti, hanno affermato, perpetua la dipendenza dei Paesi che non hanno risorse appetibili ai grandi capitali internazionali e che, invece, necessiterebbero di un piano di rilancio durevole dell'agricoltura locale;
ad aggravare la situazione ci sono state anche impreviste difficoltà logistiche a far arrivare gli aiuti umanitari, soprattutto in Somalia: un primo velivolo dell'agenzia dell'Onu con 14 tonnellate di viveri ad alto valore nutrizionale sarebbe dovuto partire negli stessi giorni del vertice Fao da Nairobi, ma, per non meglio precisati problemi di dogana, il volo è stato rinviato ai giorni successivi. Altri aerei sarebbero dovuti partire successivamente per Mogadiscio, per la città etiope di Dolo e quella keniota di Wajir, lungo la frontiera con la Somalia;
anche per le organizzazioni umanitarie si è reso impossibile l'accesso al Paese per l'opposizione dei miliziani di Al Shabaab, attualmente in aperta guerra con il Governo federale transitorio, anche se alla fine hanno acconsentito all'accesso delle stesse; la Somalia è il Paese più colpito e minacciato: un terzo della popolazione, circa 2,85 milioni di persone hanno bisogno urgente di aiuti umanitari. Diversi fattori hanno contribuito a rendere tale situazione ancora più precaria e pesante: una guerra ventennale che, come conseguenza, ha procurato il più massiccio esodo di profughi al mondo; la peggiore siccità degli ultimi 60 anni, in conseguenza della quale si è verificato il crollo della produzione agricola; l'aumento dei prezzi dei generi alimentari che ha reso costose le già poche provviste a disposizione; infine, la crisi economica mondiale che fatto collateralmente diminuire i fondi destinati alle organizzazioni umanitarie, anche perché si tratta di un Paese dove infuria la guerra, dove vige una situazione di anarchia e di conflitto da 20 anni, dove, oggi, ogni giorno più di tremila somali affluiscono dalle frontiere del Paese verso l'Etiopia e il Kenya;
gli aiuti della comunità internazionale si stanno concentrando comunque nei campi profughi al confine con il Kenya, in particolare il campo di Dadaab, il campo profughi più grande del mondo in territorio kenyota, quotidianamente alimentato da gente che arriva dal sud Somalia; in Etiopia, in particolare, sono 4,5 milioni le persone in stato di bisogno, soprattutto a Sud-Est, ma anche in altre zona più a Ovest, nelle diocesi di Soddo Osanna e Awassa. Inoltre, stanno arrivando centinaia di profughi dalla Somalia che si concentrano soprattutto nel campo di Dolo Odo, in Etiopia meridionale;
il nostro Paese si è attivato facendo partire un cargo della cooperazione italiana dal deposito umanitario delle Nazioni Unite a Brindisi con arrivo a Nairobi; a bordo del velivolo sono state imbarcate oltre 40 tonnellate di generi alimentari, quali riso, mais, olio vegetale, farina, zucchero, legumi e latte a lunga conservazione per contribuire a sostenere le oltre 440 mila persone presenti nei sovraffollati campi di Dadaab, stante la difficoltà di poter raggiungere direttamente i territori somali;
la comunità internazionale, però, continua ad avere difficoltà - nonostante le buone intenzioni - ad avviare il ponte aereo di aiuti alimentari del Programma alimentare mondiale per la Somalia, mentre le derrate alimentari ferme in Kenya dovrebbero essere depositate sulle piste dell'aeroporto di Mogadiscio e prese in consegna dagli uomini del fragile Governo di transizione somalo;
il 2 agosto 2011 si è svolta, presso la Commissione affari esteri del Senato l'audizione del vice direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, Amir Abdulla, che ha riferito sul massiccio intervento di emergenza dell'agenzia nella regione del Corno d'Africa. L'audizione ha coinciso con l'annuncio di un impegno dell'Italia per 3,5 milioni di euro alle operazioni del Programma alimentare mondiale in quell'enorme regione;
anche la III Commissione (affari esteri) della Camera dei deputati si è espressa sulla grave situazione in atto nel Corno d'Africa attraverso l'approvazione unanime di una risoluzione che riflette quanto già espresso in premessa;
anche il Papa è intervenuto chiedendo una mobilitazione internazionale che affronti immediatamente questa tragica emergenza umanitaria; in Kenya, oltre 3,2 milioni di persone sono colpite dalla carestia, soprattutto nel nord del Paese,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le iniziative utili al rafforzamento dei processi di pace, soprattutto nella regione somala, e ad affrontare la grave carestia che interessa l'area con aiuti umanitari ancora più consistenti, nella direzione di quanto evidenziato in sede Fao;
a contribuire, tenendo presente che la siccità e la carestia nel Corno d'Africa rappresentano un problema endogeno e una condizione che si ripete tutti gli anni, alla realizzazione di progetti di sostegno all'agricoltura e ai sistemi di irrigazione, in grado di aiutare l'aumento della produzione e di diversificare il sostentamento con altre attività.
(1-00705)
«Evangelisti, Leoluca Orlando, Donadi, Borghesi, Di Stanislao».
(Presentata il 4 agosto 2011)

La Camera,
premesso che:
sta peggiorando in modo continuo e repentino lo stato di emergenza nel Corno d'Africa con pesanti ripercussioni sull'intero territorio, soprattutto nel sud della Somalia che rischia pesantissime ripercussioni in termini di perdita di vite umane, una perdita che viene calcolata in milioni di persone, soprattutto tra le nuove generazioni e in particolare tra i bambini e i giovanissimi;
il complesso di cause definito dalla più grave crisi alimentare al mondo, la peggiore degli ultimi 20 anni in Africa, dalle conseguenze della guerra in Somalia che si protrae da molti anni e da una delle più gravi forme di siccità che dal 1950 si sono scatenate nel Corno d'Africa tra la fine del 2010 e l'inizio 2011, rendono urgente programmare una serie di iniziative di diversa natura, ma fortemente articolate tra di loro, che sono al di fuori delle possibilità delle popolazioni locali;
il mix di cause naturali, come la siccità, che ha determinato un'assoluta impossibilità di ottenere frutti di qualsiasi tipo dall'agricoltura locale, peraltro sempre molto primitiva, ha creato le condizioni di una carestia che si è andata contagiando tra tutti i Paesi limitrofi al Corno d'Africa, fino a non consentire più nessun possibile scambio di viveri e di prodotti agricoli; a questa drammatica situazione si è andata sommando la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari, inviate da varie organizzazioni umanitarie, rendendoli assolutamente inaccessibili per una popolazione già provata da uno stato di povertà cronica;
tutta la regione del Corno d'Africa affronta questa gravissima emergenza causata da fattori di ordine naturale, esasperati però da fattori umani come la concomitante avidità e la corruzione, i cui effetti sono andati moltiplicandosi anche per la mancanza di interventi tempestivi ed efficaci;
alla siccità e alla carestia, oltre alla speculazione di persone senza scrupoli, si aggiunge anche la guerra in Somalia. La Somalia resta il contesto più difficile per l'azione internazionale di soccorso alle popolazioni del Corno d'Africa, stremate anche dal loro lungo peregrinare in cerca di cibo, non poche volte assalite e derubate di tutti i loro poverissimi averi. Il controllo esercitato sulle zone di passaggio da gruppi contrapposti in guerra tra di loro costituisce un ostacolo che la diplomazia non riesce a rimuovere, per cui diventa sempre più difficile per gli operatori umanitari raggiungere le zone dove si concentrano i più grandi flussi di profughi degli ultimi decenni verso il Kenya e l'Etiopia;
la vita di molti bambini è messa a rischio anche a causa dell'intensificarsi delle campagne di reclutamento forzato di bambini e bambine da parte dei gruppi in lotta tra di loro, che prelevano questi bambini dietro false promesse fatte alle loro famiglie, che sperano in questo modo di assicurare loro una vita migliore, almeno in termini di nutrizione ed alimentazione, oppure li rapiscono senz'altra spiegazione;
allo stato attuale, nel quadro complessivo di un'emergenza che tende ad allargarsi sempre di più, sono state localizzate tre aree a più alta necessità di aiuto: quella che riguarda i campi profughi sovraffollati di rifugiati somali in Kenya e in Etiopia, con ripercussioni che colpiscono anche le circostanti comunità locali, un'altra, più silenziosa, che sta provando duramente le popolazioni che vivono nelle aree rurali dei Paesi che sono colpite dalla siccità, e la terza che colpisce donne e bambini all'interno della Somalia, incluse le popolazioni sfollate, direttamente alle prese con gli effetti della guerra e della siccità;
il 20 luglio 2011 le Nazioni Unite hanno dichiarato lo stato di carestia in due regioni della Somalia meridionale, Southern Bakool e Lower Shabelle. I tassi di malnutrizione acuta, che hanno portato alla dichiarazione dello stato di carestia, in alcune aree delle due regioni raggiungono picchi del 55 per cento, con la mortalità infantile che, in alcune zone, supera i 6 decessi al giorno ogni 10.000: nelle due regioni, le persone colpite dalla carestia sono oltre 270.000;
nella sola Somalia la metà della popolazione necessita di assistenza umanitaria. In totale, in tutti i Paesi coinvolti dall'emergenza (Somalia, Kenya, Etiopia, Gibuti) i bambini malnutriti sono 2,34 milioni, di cui circa oltre mezzo milione in modo grave e dunque in immediato pericolo di vita;
se si considera l'intera Somalia, 1,85 milioni di bambini hanno bisogno d'assistenza immediata e oltre 780.000 sono malnutriti, di cui 340.000 in modo grave ed in immediato pericolo di vita. Il Sud ospita l'82 per cento di tutti i bambini malnutriti - circa 640.000 bambini - e il 90 per cento di quelli malnutriti in modo grave: 310.000 in imminente rischio di morte. Nel Paese, le persone che necessitano assistenza umanitaria sono 3,7 milioni - oltre la metà della popolazione - di cui 2,8 milioni nel Sud, dove i bambini che necessitano assistenza sono 1,25 milioni. Tra l'inizio del 2011 e la dichiarazione dello stato di carestia, in Somalia erano già morti più di 400 bambini, una media di 90 bambini morti ogni mese, con l'86 per cento dei decessi infantili concentrato nelle regioni centromeridionali, nonostante l'Unicef e i partner avessero già curato, nello stesso periodo, oltre 100.000 bambini affetti da malnutrizione acuta;
nella regione quasi 12,4 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria integrata di cui 3,7 milioni in Somalia, 4,8 milioni in Etiopia, 3,7 milioni in Kenya e 165.000 a Gibuti. Tutte le persone colpite sono ad alto rischio di contrarre malattie potenzialmente mortali, tra cui morbillo, diarrea acuta e polmonite, con donne e bambini tra i soggetti più a rischio, che come sempre pagano le conseguenze più gravi dell'emergenza in atto: nei Paesi coinvolti - Somalia, Kenya, Etiopia, Gibuti - 2,34 milioni di bambini risultano malnutriti, tra cui circa oltre mezzo milione in modo grave e dunque in immediato pericolo di vita;
l'intervento dell' Unicef è stato tempestivo, sebbene incontri gravi ostacoli nell'accesso ad alcune delle aree colpite e stia perciò negoziando con autorità locali, e chiunque controlli il territorio, la possibilità di distribuire aiuti e attuare interventi di assistenza. Nonostante gli evidenti ostacoli, l' Unicef sostiene oltre 100 organizzazioni partner, di cui 70 nel Sud, attraverso il sistema del Cluster, ossia attraverso gruppi di coordinamento cui partecipano, per ciascun settore di intervento, autorità locali, altre agenzie Onu ed organizzazioni non governative nazionali e internazionali: in Somalia, l'Unicef guida i gruppi di intervento nei settori nutrizione, acqua e igiene, istruzione e protezione dell'infanzia, erogando la quasi totalità dei servizi d'assistenza umanitaria alla popolazione, soprattutto nel Centro e nel Sud;
il 2 agosto 2011, nel corso dell'audizione alla Commissione affari esteri del Senato, presieduta dal senatore Lamberto Dini, il vice direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) Amir Abdulla ha riferito sul massiccio intervento di emergenza dell'agenzia nella regione del Corno d'Africa, evidenziando l'importante ruolo dell'Italia e il fatto che sul suo territorio vi sia la base di pronto intervento umanitario di Brindisi «modello di grande efficacia che si è cercato di replicare in altre parti del mondo per poter raggiungere più rapidamente le popolazioni colpite da crisi umanitarie»;
è stato annunciato l'impegno dell'Italia per 3,5 milioni di euro alle operazioni del Programma alimentare mondiale nel Corno d'Africa;
il 9 agosto 2011 ad Addis Abeba, come ha riferito il Presidente somalo Sharif Ahmed, si è svolta una nuova conferenza organizzata dall'Unione africana per individuare modalità concrete di aiuto alle popolazioni colpite da questa drammatica situazione di emergenza; ma nonostante la volontà dei Paesi che si dichiarano potenziali donatori, la mancanza di coordinamento rappresenta un ulteriore elemento di tensione che aggrava la situazione. Sharif Ahmed ha chiesto con urgenza l'apertura di corridoi umanitari sotto protezione militare internazionale, per assicurare che gli aiuti promessi giungano effettivamente alle popolazioni che ne hanno bisogno;
per favorire la risposta umanitaria anche gli Stati Uniti sembrano pronti ad una sospensiva delle misure previste per quanti forniscono sostegno a qualsiasi titolo, anche indirettamente ad al Shabaab, che guida le milizie radicali islamiche somale che controllano alcune delle zone più colpite dalla carestia. Fonti governative di Washington hanno riferito che non saranno perseguite le organizzazioni umanitarie che compiono in buona fede sforzi per consegnare cibo e medicinale e che per questo debbano venire a patti con i guerriglieri;
il segretario del Ministero della sicurezza interna Francis Kimemia ha dichiarato che, invece di espandere il campo di rifugiati all'interno del Kenya, si dovrebbero aprire campi in Somalia, evitando in tal modo nuovi flussi somali. Inoltre, secondo Kimemia, i campi dentro la Somalia dovrebbero essere controllati dalle forze di pace dell'Unione africana (Amisom). Purtroppo però l'Amisom non sembra in grado di attuare una simile iniziativa;
le autorità keniote, che hanno ottenuto rilevanti finanziamenti dall'Onu per estendere il campo di Dadaab, sono state accusate di guadagnare molti soldi grazie alla crisi. Sono diverse le testimonianze di rifugiati che stanno pagando non solo per passare i posti di blocco gestiti da poliziotti corrotti fuori dai campi, ma anche per essere registrati velocemente al loro arrivo nella struttura di accoglienza del Kenya;
nell'appello lanciato da Benedetto XVI per aiutare il Corno d'Africa, il Papa ha espresso una «profonda preoccupazione», auspicando che «cresca la mobilitazione internazionale per inviare tempestivamente soccorsi a questi nostri fratelli e sorelle già duramente provati, tra cui vi sono tanti bambini»;
si è in presenza di una catastrofe umanitaria: 10 milioni di persone sono a rischio in Kenya, Somalia, Etiopia, Gibuti e Uganda, circa 400 mila profughi sono ospitati nel campo di Dadaab che dovrebbe contenerne 90 mila e 3 mila persone ogni giorno fuggono in Kenya dall'inferno somalo,

impegna il Governo:

a intervenire sul piano diplomatico perché gli aiuti che a livello nazionale ed internazionale vengono destinati ai Paesi del Corno d'Africa possano giungere loro senza dispersioni né sovraccarichi di costi;
a sostenere la richiesta dell'Unicef che ha lanciato un appello a tutta l'industria del trasporto aereo, affinché assicuri il trasporto gratuito o fortemente scontato degli aiuti indispensabili alle popolazioni stremate dalla carestia e dalla siccità;
a mantenere gli impegni promessi nell'ambito della cooperazione internazionale per garantire aiuti concreti sul piano economico-finanziario nei confronti dei Paesi del Corno d'Africa;
a potenziare con ogni mezzo, non solo di carattere economico-finanziario, il sostegno alle organizzazioni umanitarie internazionali, finalizzato a contrastare lo stato di emergenza in continua progressione delle aree interessate;
ad adottare iniziative normative atte a semplificare e ad agevolare il sistema di adozioni internazionali a favore dei bambini del Corno d'Africa;
a sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica anche attraverso campagne d'informazione con l'obiettivo di raccogliere attraverso organizzazioni qualificate, quali la Caritas internazionale, più fondi possibili, dando alta priorità all'assistenza ai bambini;
a promuovere interventi in grado di far fronte all'emergenza dettata dall'ondata dei profughi, registrata soprattutto in Kenya, dove il campo profughi di Dadaab ha registrato durante il mese di luglio 2011 l'arrivo di 1.200 rifugiati somali al giorno;
a promuovere, anche in collaborazione con altri Paesi, politiche per l'agricoltura che permettano di sperimentare, attraverso studi e ricerche, nuove modalità di aiuto ai Paesi africani in modo più strutturale e meno episodico.
(1-00706)
«Binetti, Adornato, Enzo Carra, Buttiglione, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, Volontè, Compagnon, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ciccanti, Naro».
(Presentata il 5 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
in Africa orientale in questi mesi si sta verificando una delle peggiori siccità degli ultimi tempi, che coinvolge quasi 12 milioni di persone, di cui una consistente parte è rappresentata da bambini;
l'Onu ha invitato tutti i Paesi ad una solerte e solidale partecipazione alle misure di sostegno per il Corno d'Africa, dove per affrontare la carestia la stessa Organizzazione ha stimato una necessità di fondi per 1,6 miliardi di dollari;
tra le regioni più colpite c'è, in particolare, la Somalia, nella quale la siccità si è manifestata con caratteristiche tali da indurre l'Onu a dichiarare lo stato di carestia per almeno due aree del Paese. Una drammatica circostanza che insiste su un territorio già gravato da una crisi politico-militare di lunga data;
nelle aree più colpite dalla carestia le milizie integraliste islamiche Al Shabaab impediscono persino l'intervento degli aiuti umanitari, rifiutando qualsiasi forma di collaborazione con le organizzazioni umanitarie;
organizzazioni internazionali attive da anni sui territori colpiti hanno lanciato l'allarme per la popolazione, in particolar modo per quanto riguarda la Somalia, dove la situazione è catastrofica: alla mancanza di raccolti è, infatti, seguito un aumento spropositato (tra il 100 e il 200 per cento) dei prezzi di grano e altri generi alimentari fondamentali, determinando fenomeni di malnutrizione cronica e generalizzata;
il drammatico risultato di questi eventi è il fiume inesauribile di profughi, malnutriti e in condizioni igienico-sanitarie assolutamente critiche, i quali, spinti dalla fame e dalla necessità e in fuga dalla difficilissima situazione politico-militare del Paese, si dirigono verso i campi profughi situati oltre confine in regioni colpite anch'esse dalla grave siccità, come Kenya, Gibuti ed Etiopia;
la Fao ha richiesto, per gli interventi di natura urgente, 120 milioni di dollari, di cui 70 milioni sarebbero destinati al supporto della sola situazione somala;
il Governo italiano sta rispondendo a tale impegno condiviso in sede internazionale, attraverso lo stanziamento di fondi pari a 11 milioni di euro e nelle scorse settimane si è assistito all'invio dei primi voli umanitari;
alla necessità di interventi urgenti a sostegno della popolazione si aggiunge tuttavia la necessità di interventi di progettualità più estesa;
il recente aggravarsi della situazione del Corno d'Africa, a seguito di due consecutive stagioni di piogge molto scarse, insiste infatti su una condizione di criticità i cui primi allarmi da parte delle organizzazioni internazionali attive sul territorio risalgono a quasi 20 anni fa;
la cronica situazione che interessa l'area ha indotto gli osservatori internazionali a sostenere la necessità di misure strutturali e non solo emergenziali per l'area. Un impegno che la stessa Comunità europea aveva già fatto proprio con la risoluzione (P6-TA-PROV(2009)0026 B6-0033/2009) del 15 gennaio 2009 sulla situazione politica nel Corno d'Africa, includendo specifiche misure di intervento per la sicurezza regionale, la sicurezza alimentare e lo sviluppo, nonché il rispetto dei diritti umani;
tale impegno ha trovato conferma negli annunci attraverso i quali l'Unione europea, nei mesi scorsi, ha manifestato l'intento di voler potenziare l'impegno a lungo termine per le zone colpite;
la medesima Comunità europea ha stanziato, nel mese di luglio 2011, 28 milioni di euro, che si aggiungono ai 70 milioni già stanziati nel 2011 per fronteggiare la grave siccità;
una tipologia di interventi che si pone sulla linea della Banca mondiale la quale ha predisposto, al fianco di interventi di emergenza, il consistente stanziamento di fondi finalizzati a sostenere progetti di lungo termine per lo sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento,

impegna il Governo:

a predisporre in tempi brevi lo stanziamento degli aiuti, sollecitati in sede internazionale, a favore dell'uscita dalla crisi dei Paesi del Corno d'Africa coinvolti nella grave carestia;
ad attivare le opportune misure di sostegno e mediazione a livello diplomatico, per sostenere e facilitare il difficile processo di pacificazione interna ed accompagnare, nel cammino di stabilizzazione e di democratizzazione, i Paesi coinvolti dalla crisi;
ad adottare le opportune misure di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, anche alla luce del profondo legame storico tra il nostro Paese e le zone colpite, sulla situazione di crisi evidenziata in premessa;
a valutare in un contesto internazionale la promozione di programmazioni multilaterali di medio e lungo periodo finalizzate alla strutturazione in sede locale di progetti di risanamento del tessuto agricolo e alimentare, di concerto con le accreditate organizzazioni non governative che si ritengano più idonee.
(1-00707)
«Di Biagio, Della Vedova».
(Presentata il 5 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
la drammatica situazione che sta sconvolgendo il Corno d'Africa, in particolare Somalia, Kenya ed Etiopia, e che sta rapidamente estendendosi verso Burundi, Gibuti, Sud Sudan e Uganda, sta assumendo dimensioni impressionanti. Secondo gli operatori si tratta della più grande catastrofe affrontata dall'Africa negli ultimi 60 anni, un dramma che supera per gravità e portata anche la carestia che colpì l'Etiopia tra il 1984 e il 1985 e provocò un milione di morti;
l'emergenza coinvolge oltre 12 milioni di persone in Somalia, Gibuti, Etiopia e Kenya, dove la carestia ha già causato migliaia di vittime. Il tasso di mortalità è pari a due vittime al giorno e quello di malnutrizione è al 30 per cento. La Somalia è il Paese più devastato: sono 3,7 milioni le persone colpite dalla crisi, con 3,2 milioni che necessitano di assistenza immediata;
secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sono circa mille le persone disperate che ogni giorno fuggono dalla siccità e dalla carestia che ha colpito le regioni del sud della Somalia e arrivano a Mogadiscio in cerca di aiuto. Secondo i dati dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel solo mese di luglio 2011, sarebbero oltre 20.000 gli sfollati che sono giunti nella capitale somala. In queste regioni la distribuzione degli aiuti umanitari da parte delle organizzazioni non governative è stata ostacolata dagli Shabaab, gruppi di estremisti islamici che controllano le zone;
continua inesorabile anche l'esodo dal Paese di rifugiati stremati dalla fame e dalla guerra. Nei campi di rifugiati a Dadaab in Kenya continuano ad arrivare circa 1.500 rifugiati somali ogni giorno. Sono 60.000 dall'inizio del 2011 e 100.000 se si considera l'intero Kenya. Il flusso di somali prosegue anche verso l'Etiopia: a Dollo Ado giungono centinaia di profughi al giorno. Da gennaio 2011 sono arrivati in 74.000. Le condizioni di sovraffollamento e le conseguenze della siccità e delle successive alluvioni che hanno colpito queste zone del Corno d'Africa hanno, pertanto, prodotto una situazione insostenibile. Le Nazioni Unite hanno anche lanciato l'allarme sui possibili rischi di contagio in alcuni campi dell'Etiopia, in particolare in quello di Dollo Ado, dove si sono verificati casi di morbillo; sono, infine, stati accertati anche casi di colera a Mogadiscio, tanto che le associazioni umanitarie temono la diffusione di un'epidemia;
in questa vicenda drammatica i soggetti più colpiti sono i bambini: secondo l'Unicef la metà dei 3,7 milioni di persone colpite dalla crisi è costituita da minori di 18 anni, con un quinto della popolazione che ha meno di 5 anni. In totale, si stima che circa 554.000 bambini siano affetti da malnutrizione grave. Secondo le valutazioni riportate dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sarebbero 10 al giorno i bambini con meno di 5 anni che muoiono nel campo profughi di Kobe a Dollo Ado. La malnutrizione resta la principale causa dell'alta mortalità, ma l'insorgenza delle epidemie rischia di aggravare il problema;
nel corso del vertice straordinario del G20 alla Fao tenutosi nel luglio 2011 per discutere le misure da adottare per affrontare la crisi del Corno d'Africa, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha dichiarato che per far fronte alla carestia in Somalia servono 1,6 miliardi di dollari,

impegna il Governo:

a chiarire la posizione dell'Italia circa gli aiuti stanziati per fronteggiare la catastrofe umanitaria che sta sconvolgendo i Paesi del Corno d'Africa, prevedendo eventuali incrementi degli stessi dovuti alla gravità e al protrarsi della crisi;
ad essere promotore di iniziative volte a mantenere alta l'attenzione e a sensibilizzare l'opinione pubblica e l'intera comunità internazionale sul dramma in atto nei Paesi africani coinvolti, attraverso conferenze, incontri e campagne di informazione;
a mantenere un canale privilegiato e di continua collaborazione con gli operatori umanitari e le organizzazioni non governative, al fine di monitorare costantemente l'evolversi della situazione.
(1-00708)
«Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
la situazione nel Corno d'Africa sta sollevando enorme allarme per il rapido deteriorarsi delle condizioni economiche e politiche, con conseguenze drammatiche per la popolazione dell'area;
la grave siccità in atto in questa regione ha determinato, dopo anni di conflitti, un ulteriore drammatico peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, con pesanti conseguenze sulla sicurezza alimentare, la nutrizione, la salute e l'educazione, mentre il perdurare del conflitto impedisce anche a minimi aiuti umanitari di raggiungere la popolazione duramente colpita;
secondo i dati Onu, riferiti dalla Caritas internationalis, si tratta della peggiore siccità degli ultimi 60 anni e coinvolge 3,2 milioni di persone in Kenya, 2,6 in Somalia, 3,2 in Etiopia, 117 mila a Gibuti, ed anche parte della popolazione in Eritrea;
secondo quanto dichiarato dal Food security and nutrition analysis unit e il Famine early warming systems network, più di 3,7 milioni di somali, ossia metà della popolazione del Paese, necessita di assistenza umanitaria, mentre in alcune aree del centro-sud più della metà della popolazione è denutrita e più di un quarto è in condizioni di grave malnutrizione; dati che attualmente configurano il più alto tasso di malnutrizione a livello mondiale;
le Nazioni Unite hanno segnalato che la crisi alimentare - se non vi saranno interventi più decisi - potrebbe esplodere nelle prossime settimane in una vera e propria carestia, mentre finora la comunità internazionale avrebbe reso disponibili solo 850 milioni di dollari a fronte di esigenze stimate in 1,8 miliardi;
ad oggi la risposta dei Governi europei si è concretizzata in 60 milioni di euro da parte della Gran Bretagna, 30 milioni di euro da parte della Germania, 35 milioni di euro da parte della Norvegia - un Paese con appena 4 milioni di abitanti - 12 milioni da parte della Spagna e 20 milioni per conto del Brasile, mentre da informazioni a mezzo stampa il contributo dell'Italia sembra essere ancora largamente inferiore agli impegni presi e al ruolo che il nostro Paese dovrebbe giocare nell'area;
in base alle previsioni fatte da organizzazioni non governative e network internazionali, in mancanza di un intervento immediato, le condizioni sono destinate a peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi, anche in considerazione del fatto che gli ospedali locali non riescono a coprire tutte le necessità di sanità di base, e già tra l'aprile e il maggio del 2011 sono state interrotte le forniture di servizi sanitari a causa dell'instabile situazione politica;
le vittime più esposte, all'interno della popolazione, sono, soprattutto, i bambini, con due milioni di bambini in stato di necessità, dei quali mezzo milione in pericolo di vita secondo i dati Unicef;
il perdurante stallo delle iniziative di pace nell'area, anche alla luce delle difficoltà in cui si muovono le iniziative governative e internazionali di pace e stabilizzazione, unito ai drammatici effetti determinati dalla siccità in corso - che attualmente coinvolgono undici milioni di persone in tutta l'area - stanno trasformando la situazione nel Corno d'Africa in una vera e propria emergenza umanitaria dalle conseguenze incalcolabili, che sta, peraltro, destabilizzando indirettamente anche i Paesi vicini, a causa del continuo afflusso di profughi; l'improvvisa pressione di persone in fuga sui confini, infatti, sta rapidamente facendo salire il prezzo dei generi alimentari, che in alcune aree è aumentato addirittura del 100-200 per cento, mentre la loro disponibilità si va riducendo di giorno in giorno;
nel campo di Dadaab, in Kenya, ad esempio, si affollano oggi più di 400.000 persone ma ogni giorno giungono dalla Somalia e dall'Etiopia migliaia di nuovi profughi, esausti per il lungo cammino e per la sete, mentre una forte mobilitazione internazionale è stata sollecitata nell'area in più occasioni anche da Papa Benedetto XVI, al fine di affrontare questa tragica emergenza umanitaria;
particolare preoccupazione, all'interno del quadro regionale, sorge in merito alla situazione in Somalia, che risulta essere uno dei Paesi più colpiti e bisognoso di aiuti umanitari, mentre l'opposizione dei miliziani di Al Shabaab, attualmente in aperto conflitto con il Governo federale transitorio, ha reso a lungo impossibile l'accesso al Paese anche per le organizzazioni umanitarie;
appare dunque urgente, quanto prima, un deciso intervento della comunità internazionale sul piano politico-diplomatico, volto a ristabilire innanzitutto quelle condizioni minime che possano consentire l'arrivo di aiuti umanitari e che, fronteggiata l'emergenza, possano porre le basi per elaborare un piano di sviluppo economico, politico e sociale a livello regionale;
a tal fine, appare necessario in prospettiva un deciso coinvolgimento di tutti gli attori politico-istituzionali coinvolti nell'area, nonché della società civile organizzata, rendendola partecipe dei processi avviati e coinvolgendo le organizzazioni italiane, internazionali e locali più influenti nel tessuto sociale di Somalia, Eritrea, Etiopia, Kenya e Sudan;
è, altresì, auspicabile che lo sforzo di rispondere alle emergenze in Corno d'Africa fin qui sostenuto dall'agenzia italiana Agire onlus - un comitato che riunisce alcune autorevoli organizzazioni non governative italiane - venga fortemente sostenuto dall'azione del Governo;
nel mese di luglio 2011 la III Commissione della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione di analoghi contenuti,

impegna il Governo:

ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile nelle opportune sedi internazionali, al fine di ripristinare con urgenza quelle condizioni politico-diplomatiche minime nell'area del Corno d'Africa che permettano agli aiuti umanitari di raggiungere le popolazioni colpite;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi internazionali al fine di convocare una conferenza regionale di pace, non appena le condizioni lo renderanno possibile, che coinvolga tutti gli attori regionali interessati, la parte della società civile organizzata e tutte le organizzazioni italiane, internazionali e locali più influenti nel tessuto sociale di Somalia, Eritrea, Etiopia, Kenya e Sudan, al fine di costruire iniziative volte al rafforzamento dei processi di pace e ad elaborare un progetto di sviluppo economico e istituzionale, tale da risollevare in parte le drammatiche condizioni della popolazione di questa regione;
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di fornire contributi economici aggiuntivi, al pari di quanto fatto dagli altri Paesi europei, nonché di mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali come l'Unicef e Caritas internationalis mezzi, vettovaglie e personale volti a fronteggiare l'emergenza, anche sostenendo una forte campagna di informazione per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana alla tragedia in atto in quei luoghi, verso i quali l'Italia vanta legami e responsabilità storiche.
(1-00709)
«Tempestini, Touadi, Maran, Villecco Calipari, Pistelli, Narducci, Barbi, Mogherini Rebesani, Sarubbi, Bucchino».
(6 settembre 2011)

La Camera,
premesso che:
la gravissima carestia che affligge il Corno d'Africa ed ha il suo epicentro in Somalia mette a rischio la vita di milioni di persone, ed è destinata a crescere ancora; secondo i dati del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, UNICEF, sono almeno 12,4 milioni le persone che nei quattro paesi colpiti dalla siccità hanno «immediato, urgente bisogno di aiuto umanitario». Le stime parlano di 4,8 milioni di persone nell'est dell'Etiopia, 3,7 milioni in Somalia (dei quali 2,8 milioni nel sud del paese), altri 3,7 milioni nel nordest del Kenya e infine 165.000 a Gibuti;
la siccità e le successive alluvioni e il triplicarsi dei prezzi dei generi di prima necessità inducono ad una migrazione in condizioni disumane miriadi di persone, le quali si dirigono dalla Somalia verso campi profughi come quello di Dadaab in Kenya, ormai ridotto ad un immenso lazzaretto dove le condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza fisica sono fuori controllo;
secondo Jacques Diouf, direttore generale della Fao, sulla base di un summit svoltosi a Roma il 25 luglio 2011, servono 1,6 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro) nei prossimi dodici mesi per impedire o almeno limitare la tragedia; a tutt'oggi mancano all'appello circa 800 milioni di dollari;
lo stato di carestia corrisponde a una definizione precisa delle Nazioni Unite: almeno il 20 per cento delle famiglie colpite da una grave penuria alimentare, il 30 per cento della popolazione in stato di grave malnutrizione e un tasso di mortalità quotidiano di 2 persone su 10 mila. In totale, l'Onu ha stimato in quattro milioni di somali, il 53 per cento della popolazione, le persone a rischio deficit alimentare;
finora, la carestia ha colpito le regioni del Basso Shabelle e il sud di Bakool, oltre che i 400.000 sfollati dei campi di Afgoye, quelli della capitale somala, i distretti di Ballad e Adale, nella regione del Medio Shabelle, e la regione del Baj. Secondo le Nazioni Unite, entro la fine dell'anno, alla lista si aggiungeranno le province di Juba, Gedo e Hiiran;
le principali vittime della carestia sono i bambini: secondo l'UNICEF, nella sola Somalia 1,85 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza e più di 780.000 risultano malnutriti, dei quali 640.000 nelle zone meridionali. Di quest'ultimo gruppo, 310.000 bambini - ovvero quasi la metà soffrono di malnutrizione acuta grave. In tutto il Corno d'Africa, 600.000 bambini sono in immediato pericolo di vita. «Si calcola - così si legge nel Situation Report di Caritas Somalia - che ogni 11 settimane muore il dieci per cento della popolazione somala sotto i 5 anni»;
«È vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e degli assetati» queste le parole, durante l'Angelus di domenica 31 luglio 2011, di Papa Benedetto XVI, che già il 17 luglio 2011 aveva fatto proprio l'allarme che viene dagli operatori umanitari e dalle organizzazioni internazionali che appaiono impotenti dinanzi alle dimensioni immani e crescenti della catastrofe;
il ministro degli affari esteri Franco Frattini ha espresso la volontà del Governo di soccorrere con un grande sforzo le popolazioni colpite, sostenendo che «di fronte a drammatiche emergenze umanitarie, l'Italia è pronta a fare sino in fondo la sua parte anche come donatore. Gli aiuti ci sono, ci saranno, e consistenti. Soprattutto, si tratta di aiuti concepiti non solo per alleviare nell'immediato le sofferenze della popolazione, ma anche per contribuire a gettare le basi di un futuro sviluppo autonomo di quei paesi». È altresì «urgente e indispensabile un corridoio umanitario e aereo per portare beni di prima necessità dove servono, sfidando, se occorre, i terroristi Shabaab, che hanno detto di non volere gli aiuti perché per loro purtroppo la vita delle persone non vale niente»;
risultano essere di circa 20 milioni di euro i fondi messi a disposizione dal Governo per il 2010-2011 per l'emergenza in Corno d'Africa; l'azione italiana è diretta, oltre che al sostegno alimentare immediato, a incrementare interventi bilaterali di cooperazione in ambito sanitario, alimentare, idrico e agricolo a favore delle popolazioni maggiormente colpite; il 2 agosto 2011 un volo umanitario con la presenza del sottosegretario Mantica per trasportare, dalla base di Brindisi al campo di Dadaab in Kenya, dove sono ospitati profughi somali, prodotti alimentari ed aiuti di prima necessità, distribuiti tramite la Croce rossa internazionale e dal l'Unhcr; a questo è seguito un secondo volo umanitario con viveri ed aiuti diretto a Mogadiscio;
AGIRE onlus - Agenzia italiana per la risposta alle emergenze, il comitato che raggruppa autorevoli organizzazioni non governative italiane, ha avviato una campagna d'informazione e raccolta fondi con il patrocinio del Ministero degli affari esteri;
essendo la gravità e gli effetti della carestia legati al conflitto interno e alla debolezza del Governo internazionalmente riconosciuto, si segnala con favore l'accordo firmato il 6 settembre a Mogadiscio, sotto l'egida dell'Onu, e con il contributo fattivo della nostra diplomazia, dove si è fissato un percorso (road map) per porre fine all'impasse politica e al Governo di transizione rivelatosi incapace di risollevare il paese dopo venti anni di guerra civile. A sottoscrivere il «documento per la stabilità», che prevede una nuova costituzione ed elezioni tra luglio e agosto del 2012, il presidente somalo, Sharif Sheick Ahmed, i responsabili della regione autonoma del Puntland (nel nord-est) e la milizia filo-governativa Ahlu Sunna wal Jamaa. «Siamo seriamente impegnati ad applicarla», ha detto il presidente;
la III Commissione (Affari esteri) della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione di analoghi contenuti,

impegna il Governo:

a mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali aiuti utili a fronteggiare questa emergenza-carestia, aumentando i fondi stanziati a tal fine;
a incrementare gli interventi di cooperazione allo sviluppo soprattutto nei settori agricolo e sanitario, coinvolgendo il più possibile le associazioni della società civile;
a promuovere, anche in collaborazione con altri paesi, politiche per l'agricoltura che permettano di sperimentare, attraverso studi e ricerche, nuove modalità di aiuto ai paesi africani in modo più strutturale e meno episodico;
ad adottare tutte le iniziative diplomatiche utili, coinvolgendo la responsabilità dell'Unione europea, a permettere che le popolazioni del Corno d'Africa e soprattutto in Somalia possano vivere in sistemi statuali stabili e democratici, sostenendo gli sforzi di chi si oppone alla violenza delle Corti islamiche;
a sostenere la richiesta dell'UNICEF che ha lanciato un appello a tutta l'industria del trasporto aereo, affinché assicuri il trasporto gratuito o fortemente scontato degli aiuti indispensabili alle popolazioni stremate dalla carestia e dalla siccità;
ad adottare iniziative normative atte a semplificare e ad agevolare il sistema di adozioni internazionali a favore dei bambini del Corno d'Africa;
a contribuire alla forte campagna di informazione in atto per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana alla tragedia di luoghi e popoli con cui l'Italia ha particolari legami storici.
(1-00710)
«Renato Farina, Evangelisti, Binetti, Di Biagio, Mosella, Tempestini, Dozzo, Razzi, Commercio».
(7 settembre 2011).

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Misure a sostegno del settore agricolo colpito dalla crisi economico-finanziaria - 3-01800

RUVOLO, MOFFA, GIANNI, IANNACCONE e RAZZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la situazione di disagio delle imprese agricole cresce a causa dell'aumento insostenibile dei costi di produzione (concimi, carburanti, energia) a fronte del forte e inatteso calo dei prezzi dei cereali, degli accresciuti problemi di mercato, specialmente per la zootecnica (significativo il mancato accordo sul prezzo del latte alla stalla), ma anche per il vino e l'ortofrutta;
la gravissima crisi finanziaria ed economica si è abbattuta con violenza sulle imprese agricole creando ulteriori difficoltà ad un settore già investito da una crisi che ha comportato la chiusura di migliaia di aziende e la perdita di moltissimi posti di lavoro;
oggi, anche in relazione alla crisi economica e finanziaria, è fondamentale ridare competitività al sistema agricolo mediante una vera strategia che, a partire dal livello regionale dove si operano le scelte in ordine alla gestione delle misure e dei sostegni previsti dalla Politica agricola comune (Pac), sia per il primo pilastro (aiuti diretti) che per il secondo, sviluppi nelle scelte nazionali provvedimenti urgenti in particolare per l'accesso al credito e per un immediato sostegno ai prezzi dei prodotti agricoli;
in particolare, è necessario che le regioni procedano celermente al pagamento degli aiuti e dei premi alle aziende agricole, all'alleggerimento del carico burocratico che grava su di esse facendo lievitare i costi e all'immediato avvio a tutti gli interventi previsti dal programma di sviluppo rurale, diretti a sostenere le imprese nei loro impegni di investimento e nei loro obblighi di adeguamento alle normative ambientali;
oggi si assiste ad un intollerabile ed insostenibile accentuarsi dei ritardi dei pagamenti e ad un preoccupante susseguirsi di errori e inesattezze, causati da vistose carenze nell'utilizzo dei supporti informatici e dei sistemi di controllo -:
quali iniziative e provvedimenti il Governo e il Ministro interrogato intendano urgentemente assumere per il sostegno dell'agricoltura, settore fondante e strategico per lo sviluppo economico dell'Italia, in particolare nel Meridione e per contribuire al superamento delle difficoltà regionali denunciate in premessa.
(3-01800)
(6 settembre 2011)

Iniziative volte a tutelare gli operatori del comparto della pesca penalizzati dall'attuale fermo biologico previsto dalla normativa comunitaria - 3-01801

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
a fronte della necessità di preservare e ripopolare la flora e la fauna acquatiche, in esecuzione del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, è stato disposto, anche per il corrente anno, il fermo biologico per le attività di pesca per le imbarcazioni autorizzate all'uso del sistema a strascico e/o volante;
il decreto ministeriale del 14 luglio 2011 stabilisce, per quanto riguarda le imbarcazioni di cui sopra iscritte nei compartimenti marittimi da Trieste a Bari, un periodo di arresto temporaneo alle attività di pesca di 60 giorni, decorrente dal 1o agosto 2011, con possibilità demandata alle regioni di prolungare il fermo, ma non di variarlo a seconda delle diverse specificità territoriali ed ambientali;
la ricostituzione degli stock ittici, specialmente in alcune aree, come il bacino alto-adriatico dove per alcune specie marine il prelievo è arrivato a coincidere con il massimo della loro riproduttività biologica, è di vitale importanza, non solo per lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche ma anche per il futuro degli operatori del comparto ittico;
in alcune zone, come quelle lagunari, un segmento estremamente importante dell'economia territoriale è rappresentato dalla piccola pesca la cui attività risulta gravemente compromessa dall'attuazione di un fermo pesca continuativo di 60 giorni, a causa della migrazione delle specie bersaglio dalle aree interne verso l'alto mare, criticità che potrebbe tuttavia risolversi con una diversa modulazione dei giorni di arresto obbligatorio;
nonostante il fermo obbligatorio, in moltissime località della costa adriatica si trovano giornalmente quantitativi considerevoli di pesce fresco proveniente dalla vicina costa dalmata, catturato dai pescherecci croati, non tenuti al rispetto del lungo periodo di pausa imposto agli operatori italiani -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritenga opportuno intervenire nelle competenti sedi comunitarie affinché gli sforzi degli operatori italiani non vengano vanificati dal maggior impegno di pesca dimostrato da flotte straniere che operano nello stesso mare chiuso e che, tuttavia, non sono assoggettate alle regole particolarmente restrittive imposte dall'Unione europea a salvaguardia degli ambienti marini.(3-01801)
(6 settembre 2011)

Misure a tutela dell'occupazione e delle attività produttive del settore della pesca - 3-01802

DELFINO, GALLETTI, NARO, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, MONDELLO e NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'industria ittica italiana continua da tempo ad essere caratterizzata da produttività quasi dimezzata, fatturato in caduta libera, flotta drasticamente ridimensionata e più di 17 mila posti di lavoro polverizzati negli ultimi 5 anni;
ad oggi l'unico obiettivo da raggiungere è quello di difendersi dall'assalto dei competitori esteri, asiatici e africani, che anno dopo anno hanno conquistato quote di mercato fino a raggiungere nel 2010 un tasso di prodotti ittici venduti nel nostro Paese vicino al 73 per cento, pari a 941 mila tonnellate di pesce per un valore di 3,99 miliardi di euro;
si tratta di una cifra impressionante se confrontata con i prodotti ittici italiani esportati, che risultano poco più di 135,5 tonnellate per un valore di 520 milioni di euro, e che costituisce un vero paradosso se si considera che l'Italia è bagnata da 8.350 chilometri di costa;
le cause di questo declino sono da ricercare nel fatto che vi sono troppi intermediari, punti di sbarco frammentati, imprese troppo piccole e soprattutto il prezzo del gasolio ormai alle stelle;
di conseguenza, le cooperative di pescatori sono in affanno, l'industria ittica è fortemente condizionata dagli eventi internazionali e i consumatori finiscono per mangiare solo le specie di pesce imposte dal mercato senza un'etichettatura trasparente, che in molti casi non permette di conoscere la provenienza del prodotto e di avere un'informazione completa;
tuttavia, il problema più serio è rappresentato dalla struttura delle imprese ittiche italiane;
secondo dati Ismea, nel 2009 il 66 per cento dei pescherecci che compongono la flotta italiana è gestito da micro-imprese, condizione che azzera il loro potere contrattuale nei confronti degli altri componenti della filiera, come grossisti e distributori, e del sistema creditizio;
a questo si deve aggiungere un altro aspetto di forte criticità rappresentato dai punti di sbarco che lungo le coste italiane sono oltre 800;
tale numero rende molto difficile fornire gli approdi di adeguati servizi, come il rifornimento d'acqua e di carburante, e influisce sulla vendita di quanto viene pescato ogni giorno, perché le filiere si allungano, mentre la remunerazione dei pescatori si riduce;
tutto questo mentre il pesce estero gode da tempo di una situazione privilegiata -:
se il Governo non ritenga di dover considerare quanto esposto in premessa come una vera e propria emergenza nazionale e quali misure urgenti intenda intraprendere ai fini della tutela e del sostegno dell'occupazione e delle attività produttive, come la pesca, che rappresenta un settore di primaria importanza del made in Italy.(3-01802)
(6 settembre 2011)

Chiarimenti in ordine al ritardo nell'approvazione del provvedimento recante indennizzi a favore di coloro che hanno contratto malattie a causa di una trasfusione di sangue - 3-01803

PALAGIANO, DONADI e BORGHESI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese più di 70 mila persone sono state contagiate tra gli anni '70 e '90 da trasfusioni, vaccinazioni obbligatorie o emoderivati infetti, contraendo malattie irreversibili quali l'Aids o l'epatite C. Tra il 1985 e il 2008 ci sono stati, tra questi, circa 2600 decessi;
l'articolo 33 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevede «Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilia ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti» uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007;
l'articolo 2, comma 361, della legge finanziaria per il 2008, autorizzava per le transazioni di cui sopra una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, mentre il successivo comma 362 prevedeva l'adozione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in cui fossero fissati i criteri in base ai quali definire, nell'ambito di un piano pluriennale, tali transazioni;
in data 28 aprile 2009 è stato emanato dall'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il decreto ministeriale n. 132, che determinava le regole per la stipula delle transazioni con soggetti danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
il Ministero della salute ha disciplinato altresì le «Modalità di presentazione delle domande di adesione alle transazioni ai sensi del decreto 28 aprile 2009, n. 132» attraverso una circolare ministeriale pubblicata il 22 ottobre 2009, a seguito della quale, secondo quanto riportato sul sito dello stesso Ministero, sono state presentate 7.356 domande di adesione alla procedura transattiva;
il 5 maggio 2011 il Consiglio dei ministri ha rinviato la votazione del decreto-legge sul riconoscimento di indennizzi per quanti hanno contratto malattie a causa di una trasfusione di sangue a causa di alcuni «tecnicismi» da risolvere, secondo quanto riportato da notizie di stampa riferite al ministro interrogato, pur avendo in realtà tutta la copertura finanziaria. La votazione del decreto-legge è, in sostanza, l'ultimo passo per dare l'avvio effettivo al risarcimento;
secondo il Comitato vittime da sangue infetto «questo decreto-legge rappresenta un provvedimento di grande giustizia che pone fine a errori sanitari che hanno determinato la morte di tante persone e costringe alla malattia tanti emotrasfusi», tuttavia continua ad essere rinviato: non è stato discusso neanche nel Consiglio dei ministri del 19 maggio 2011 -:
quali siano esattamente i «tecnicismi» ai quali il Ministro interrogato ha fatto riferimento nel giustificare il rinvio dell'approvazione di un provvedimento così importante per migliaia di cittadini che da anni attendono il giusto risarcimento da parte dello Stato e in quali tempi certi intenda procedere all'emanazione dello stesso, ultimo passo per attuare la doverosa transazione nei confronti delle, purtroppo numerose, vittime del sangue infetto e delle loro famiglie.
(3-01803)
(6 settembre 2011)

Iniziative volte a rivedere la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità - 3-01804

BOCCIA, MARAN, LENZI, RECCHIA, MISIANI, ENRICO LETTA, GIACHETTI, QUARTIANI, GINEFRA, PEDOTO, GRAZIANO, ESPOSITO, MARANTELLI, ANDREA ORLANDO, DE MICHELI, VACCARO, MOSCA, DAL MORO, GARAVINI, MAZZARELLA, MARTELLA, VICO, BORDO, GENOVESE, MASTROMAURO, ROSSOMANDO, VELO, BOCCUZZI, CAUSI, LULLI, CESARE MARINI, SARUBBI, GIOVANELLI, FONTANELLI, CONCIA, CUOMO, IANNUZZI, REALACCI e OLIVERIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità;
la disposizione traeva fondamento dal fatto che la monetizzazione dei danni conseguenti a incidente stradale non avveniva in modo uniforme su tutto il territorio nazionale poiché effettuata in base a tabelle elaborate da ciascun tribunale. Ciò poteva comportare, quindi, un'ingiustificata disparità di trattamento a svantaggio dei danneggiati da sinistri avvenuti nelle circoscrizioni di quei tribunali che osservavano criteri di quantificazione più restrittivi in sostanziale violazione del principio di uguaglianza;
al fine di procedere alla predisposizione della tabella è stata istituita, presso il Ministero della salute, una commissione di studio che ha concluso i suoi lavori con la redazione di uno schema, recante l'indicazione delle menomazioni e del relativo punto percentuale di invalidità da rinviare al Ministero dello sviluppo economico per la predisposizione dei valori pecuniari da assegnare ai vari punti di invalidità;
l'iter si è concluso il 3 agosto 2011 con l'approvazione, da parte Consiglio dei ministri, di uno schema di decreto del Presidente della Repubblica che è stato considerato dalle principali associazioni delle vittime degli incidenti stradali come fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da rc auto;
lo schema, infatti, adegua al ribasso i valori risarcitori che risultano di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano, considerate congrue dalla Corte di cassazione e utilizzate dalla maggioranza dei tribunali. Secondo le vittime esse sono inadatte a risarcire integralmente il danno subito rispetto al costo della vita nelle principali città italiane;
inoltre, poiché si interviene su parametri formatisi nel corso degli anni presso l'autorità giudicante competente, è evidente il rischio di un aumento esponenziale del contenzioso sia in relazione al danno biologico ma anche per garantire alle vittime il risarcimento globale del danno secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia -:
se il Governo intenda evitare l'ingiusta penalizzazione di migliaia di famiglie che hanno già subito gravissimi danni ritirando il provvedimento di cui in premessa.(3-01804)
(6 settembre 2011)

Elementi in merito alla vicenda di un'infermiera del reparto di neonatologia del policlinico Gemelli di Roma risultata affetta da tubercolosi e iniziative relative alla tutela della salute dei pazienti - 3-01805

ANGELA NAPOLI - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 18 agosto 2011 il policlinico Agostino Gemelli di Roma comunicava che un'infermiera del reparto di neonatologia si era ammalata di tubercolosi e che nei confronti della dipendente era stata avviata una profilassi antitubercolotica standard (nonché la sospensione dall'incarico a scopo precauzionale), unitamente ad una serie di test di controllo a scopo preventivo su circa 1000 bambini nati nell'ospedale romano;
come ha spiegato il direttore del servizio di igiene e sanità pubblica dell'asl Roma E Enrico Di Rosa, la tubercolosi può assumere «forme subdole e latenti, specie nei neonati che hanno ancora delle risposte immunitarie suscettibili. Il che, tradotto, vuol dire che, se non controllati, oltre alla Tbc, potrebbero purtroppo andare incontro anche a tipi di meningite»;
i primi controlli sono stati ristretti ai soli bambini nati tra marzo e la metà di luglio 2011, poiché si è ritenuto che il contagio fosse avvenuto solo in quell'arco temporale (ossia nel periodo in cui l'infermiera, secondo quanto affermato inizialmente, avrebbe lavorato presso la neonatologia del Gemelli);
Costantino Romagnoli, il responsabile del reparto di neonatologia, a quel punto assicurava che «il rischio non è giudicato elevato», ed altresì che «nel nido, i contatti tra personale sanitario e i piccoli non è frequente e quelli con l'infermiera sono stati sporadici»;
di fronte alla possibilità di contagio di una bambina di 5 mesi, Filippo Berloco, della direzione sanitaria del Gemelli, affermava ancora: «In questo momento nessuno può affermare con certezza che ci sia una relazione» tra la malattia della bimba e quella dell'infermiera, «anzi, piuttosto, alcuni elementi potrebbero far pensare che non ci sia una relazione. Proprio perché parliamo di un caso "vecchio", cioè di una bambina nata il 22 marzo, pensiamo che potrebbe essere troppo presto perché in quel momento l'infermiera fosse contagiosa»;
lo stesso giorno della diffusione della notizia del primo caso di contagio Renata Polverini, presidente della regione Lazio, dichiarava: «Non bisogna creare allarmismi perché l'allarme non c'è. Le procedure messe in campo sono quelle previste dai codici internazionali, la situazione è sotto controllo». «I dati che abbiamo sono assolutamente confortanti. Il rischio di contagio è molto basso. Sui bambini che sono stati visitati oggi non sono stati riscontrati sintomi clinici. Il Gemelli proseguirà in questa azione: l'ambulatorio agirà per tre mesi, periodo che potrà anche essere prolungato ma credo che non ce ne sarà bisogno. Non è una situazione che richieda l'attivazione di altre strutture, ma stanno supportando l'attività del Gemelli anche il Bambino Gesù, lo Spallanzani e le Asl Roma E e Roma F»;
il 19 agosto 2011 la procura di Roma apriva un fascicolo di indagine in relazione alla vicenda;
il 29 agosto 2011 la stampa diffondeva la notizia che il marito dell'infermiera fosse stato ricoverato, e poi dimesso, già nel 2004 al Policlinico Umberto I per pleurite di natura tubercolare;
la direzione dell'ospedale smentiva immediatamente con una nota di aver mai ricevuto «né da parte della dipendente, cui è stata diagnosticata Tbc, né da parte delle autorità sanitarie competenti segnalazione di patologia tubercolotica, di cui sarebbe stato affetto un familiare dell'infermiera. Tutti gli altri aspetti relativi alla vicenda saranno chiariti nelle opportune sedi con le quali il Policlinico Gemelli sta collaborando fattivamente, fornendo i necessari chiarimenti che di volta in volta vengono richiesti», aggiungendo inoltre che «la struttura si è attivata subito sin dalla insorgenza del problema»;
nel frattempo, uscivano su fonti di stampa notizie che retrodatavano di molto - rispetto alle prime informazioni - la presenza dell'infermiera nel reparto neonatale;
lo stesso 29 agosto 2011 veniva reso noto che diciotto nuovi bambini erano risultati positivi al test, facendo così salire a 52 il numero dei neonati esposti al bacillo della Tbc, fra cui anche cinque nati in febbraio (e rendendo dunque necessario estendere i controlli anche ai nati in gennaio);
a fine agosto si insediava una commissione di indagine istituita dalla regione Lazio, composta da 7 esperti e presieduta dal professore di malattie infettive dell'università La Sapienza di Roma, Vincenzo Vullo, con l'obiettivo, entro 90 giorni, «di fare chiarezza da un punto di vista sanitario e amministrativo sulla questione che riguarda il Policlinico Gemelli rispetto al caso dell'infermiera affetta da tubercolosi». A margine di tale insediamento Renata Polverini, presidente della regione Lazio, dichiarava: «La commissione non presuppone alcuna epidemia, è una parola che in questo momento non è assolutamente necessario né utile usare. Non c'è alcuna epidemia»;
il 30 agosto stesso il procuratore aggiunto Leonardo Frisani ed il pubblico ministero Alberto Pioletti sentivano, come persone informate dei fatti, quattro dirigenti dei settori medico e amministrativo del policlinico Agostino Gemelli, per avere spiegazioni riguardanti «quali precauzioni vengano adottate per impedire l'insorgere di infezioni, quali visite vengano disposte per i dipendenti e quali controlli periodici vengano adottati», al fine di capire se la donna è stata sottoposta di recente a visite di controllo o almeno a quelle previste dalla normativa sulla sicurezza sui posti di lavoro;
il 31 agosto 2011, contestualmente alla comunicazione da parte della regione Lazio che il numero dei bambini risultati positivi al test «è salito a 79», il Codacons chiedeva ai pubblici ministeri romani di procedere per i reati di epidemia e disastro colposo; secondo il Codacons, «proprio l'elevato numero di soggetti ad oggi risultati positivi ai controlli escludono la fattispecie di lesioni colpose: i reati per cui procedere sono quelli di epidemia e di disastro colposo»;
il 1o settembre 2011 veniva reso noto che, secondo quanto confermato dalla stessa infermiera del Gemelli nel corso dell'audizione svolta con i magistrati della procura di Roma, la donna era risultata positiva alla Tbc già tra il 2004 e il 2005;
Fernando Aiuti, immunologo, infettivologo e presidente della commissione capitolina politiche sanitarie ha dichiarato: «Ci sono alcune anomalie. Si tratta del caso con il più alto numero di bimbi neonati contagiati in ambiente ospedaliero almeno da 50 anni. Inoltre l'epidemia non ha precedenti rispetto alla durata e all'estensione del contagio, cioè sette mesi, un tempo infinito se consideriamo che normalmente il contagio avviene in un periodo compreso tra una settimana e un mese e mezzo. Anomalo il lungo periodo intercorso prima che si scoprisse la malattia nell'infermiera. Il fatto che poi la signora in questione sia ancora ricoverata allo Spallanzani ormai dalla fine di luglio mi fa pensare che il suo sia un caso particolarmente grave. Se c'è qualcosa da imputare al policlinico è forse il fatto di avere aspettato tre settimane prima di attivare il programma di controlli e richiamare i bambini in ospedale. Se è vero che ci sono stati contagi anche nei piccoli nati a gennaio, non si sa se agli inizi o alla fine del mese comunque, secondo me, bisognerebbe fare i test anche ai bambini nati a dicembre e novembre 2010. E non solo. Il test quantiferon che ha una certezza del 95 per cento non è stato sperimentato sui bimbi al di sotto dei cinque anni. Potrebbe esserci un buon 20 per cento di falsi negativi. Per cui sarebbe necessario riproporre a distanza di qualche mese un controllo a tutti i negativi».
al 3 settembre 2011 risultano 115, su 1.266 risultati pervenuti, i bambini positivi al test della tubercolosi, di cui uno nato il 27 luglio 2011, due giorni dopo l'allontanamento dell'infermiera malata;
molti genitori dei piccoli nati nel periodo sotto esame, come riportato e documentato da interviste apparse sui diversi mezzi di informazione, hanno protestato per non essere stati avvertiti tempestivamente dall'ospedale; alcuni di loro, nonostante i figli fossero inseriti nella lista dei bambini «a rischio», non hanno ricevuto alcuna chiamata da parte della asl ed hanno scoperto di dover sottoporre il figlio al test di controllo solo perché si sono attivati autonomamente, dovendo altresì superare resistenze, silenzi ed omissioni da parte del personale dell'ospedale;
il 2 settembre 2011, con una nota ufficiale, il policlinico Gemelli ha preso posizione sul caso Tbc sottolineando che: «In piena serenità d'animo e con fermezza il Policlinico respinge l'accusa di "aver mentito". Da parte del Gemelli non vi è stata, mai, alcuna menzogna ai genitori, di cui ogni lavoratore del Policlinico sinceramente comprende e condivide ansie e motivi di disagio»;
il 5 settembre 2011 si è avuta notizia delle prime iscrizioni sul registro degli indagati in relazione alla vicenda: la procura sembra ipotizzare il reato di epidemia colposa e omissione di atti d'ufficio, per i mancati, o insufficienti, controlli;
a fronte delle minimizzazioni circa i rischi effettivi e delle rassicurazioni fornite inizialmente dagli stessi vertici del Gemelli sta, invece, lentamente emergendo una situazione estremamente preoccupante e confusa, che va assolutamente chiarita - anche al fine di valutare eventuali responsabilità - in quanto è in gioco la salute pubblica -:
se non ritenga opportuno, per quanto di sua competenza, fornire ulteriori elementi utili a ricostruire quanto sia effettivamente accaduto al policlinico Gemelli e chiarire se la stessa struttura sanitaria abbia attivato, in maniera tempestiva ed adeguata, tutte le procedure di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia nonché le eventuali misure necessarie per garantire l'incolumità dei pazienti.
(3-01805)
(6 settembre 2011)

Iniziative di competenza in merito ai recenti casi di positività al test della tubercolosi verificatisi al policlinico Gemelli di Roma - 3-01806

BALDELLI e DI VIRGILIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo che un'infermiera del reparto di neonatologia dell'ospedale Gemelli di Roma ha scoperto di essere tubercolotica sono scattati i «controlli preventivi» sui bambini nati nella struttura;
allo stato attuale i casi accertati di positività al test della tubercolosi sono 122 su 1415 risultati pervenuti, con una media dell'8,6 per cento;
l'unità di coordinamento della regione Lazio, chiamata a gestire l'attività di controllo sui nati al policlinico Gemelli, attraverso i suoi esperti, ha ricordato che la positività al test esprime solo l'avvenuto contatto con il bacillo;
la profilassi, definita anche dalle linee guida internazionali, evita il rischio di sviluppare la malattia a seguito dell'avvenuto contatto con il microbatterio e, secondo le informazioni provenienti dall'unità di coordinamento, tra i neonati risultati positivi fino ad oggi e sottoposti agli ulteriori controlli nessuno è risultato ammalato di tubercolosi --:
quali siano le iniziative intraprese dal Ministero della salute in merito alla vicenda descritta in premessa e quali quelle per tutelare la salute dei cittadini ed in particolare delle fasce più deboli, onde evitare che simili situazioni si ripetano anche in futuro.(3-01806)
(6 settembre 2011)

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative per prevedere limiti di età alla partecipazione ai concorsi per ricercatori universitari - 2-01172

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
da articoli di stampa si apprende che il dottor Angelo Giuliani, un funzionario dell'azienda sanitaria locale di Urbino di anni 56, ha vinto un concorso per giovani ricercatori universitari presso l'ateneo urbinate;
al momento della firma degli atti del concorso il rettore dell'ateneo marchigiano, lo storico Stefano Pivato, ha bloccato la nomina per due ordini di motivi:
a) la sussistenza di una relazione di minoranza che contesta gli esiti delle prove di ammissione, i cui atti peraltro non sono mai resi pubblici;
b) il palese contrasto della nomina con le norme approvate dalla recente riforma universitaria che dovrebbero favorire l'accesso dei giovani ricercatori;
dalla stampa si apprende che «il rettore ha deciso di chiedere alla commissione di riunirsi nuovamente per riesaminare gli esiti del concorso. Risultato: il concorso si blocca con una serie di ricorsi e contro ricorsi che finiscono, come dicevamo, davanti al Tar. Furente per la sospensiva dell'iter di assunzione, il "giovane" cinquantaseienne firma un ricorso gonfio di "sommo stupore" e di indignazione per la "evidentemente strumentale ed ostruzionistica condotta di astensione e di omissione dell'Università di Urbino", nonché per la "sbalorditiva condotta in fatto ed in diritto tenuta dal rettore e dai dirigenti". Per non dire, con una raffica di accenti, della "assoluta ed ovvia illiceità, illegittimità, contraddittorietà, illogicità e conseguenti nullità e annullabilità di quanto svolto dall'Università". Insomma: "non si erra nell'affermare che la condotta posta in essere dall'Università abbia violato tutte le norme e i criteri positivi e di elaborazione giurisprudenziale di origine internazionale, europea ed interna"»;
se tra i principi ispiratori della legge 30 dicembre 2010, n. 240, «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», vi è la previsione di favorire i giovani ricercatori, tuttavia la norma puntuale in merito non prevede limiti di età per la partecipazione ai suddetti concorsi;
il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, nel corso dell'esame alla Camera dei deputati della riforma universitaria nell'ottobre 2010, presentò un apposito emendamento (Atto Camera 3687, emendamento 21.7) per limitare a 35 anni l'accesso a tale tipo di concorsi, esponendo al Ministro interpellato, al relatore e ai commissari della Commissione cultura, scienza e istruzione che il rischio consisteva appunto nel fatto che potevano partecipare anche soggetti non solo avanti negli anni, ma anche già in possesso di un proprio lavoro, e che della norma avrebbero potuto approfittare magistrati e funzionari pubblici;
un ulteriore elemento di illogicità in danno del complessivo sistema universitario consisteva nel fatto che detti soggetti avrebbero trascinato con sé i propri stipendi, ben più alti di quelli destinati ai giovani ricercatori, con danno o dell'amministrazione di provenienza, che finiva col pagare un soggetto non operante, o dell'università, che finiva col pagare più del dovuto;
di tali osservazioni non si è tenuto conto alcuno, anzi il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo è stato a suo tempo invitato per le vie brevi a ritirare l'emendamento -:
se non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per intervenire nel procedimento, evidenziando la manifesta illogicità della partecipazione ad un concorso per giovani ricercatori di un funzionario pubblico cinquantaseienne rispetto ai principi generali della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario»;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per modificare quanto prima la disposizione che non pone limiti di età alla partecipazione ai concorsi per giovani ricercatori universitari.
(2-01172)
«Mario Pepe (Misto-R-A), Garagnani, De Luca, Iapicca, Taddei, Scapagnini, Razzi, Franzoso, Brugger».
(28 luglio 2011)

Misure per assicurare adeguate risorse alle scuole dell'infanzia e alle scuole secondarie di primo grado nella regione Veneto - 2-01175

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
per l'anno scolastico 2011-2012 il Governo ha dato attuazione alla terza tranche di riduzioni di organico previste dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, incidendo negativamente sulla qualità del sistema anche nella regione Veneto, a causa del considerevole aumento degli alunni per classe, della riduzione del tempo scuola, della mancata attivazione di specifici corsi di studio;
la situazione è particolarmente esplosiva in tutte le province venete per le scuole dell'infanzia e per la scuola secondaria di primo grado, per il consistente aumento della popolazione scolastica nelle rispettive fasce d'età; quanto alla scuola dell'infanzia, a fronte dell'esigenza di 40 sezioni in più rispetto all'organico del 2010-2011, ne sono state autorizzate solo 17 sezioni in più; quanto agli altri ordini e gradi, e in particolare alla scuola secondaria di primo grado, rispetto alla richieste/esigenze di 150 posti in più, ne sono stati assegnati solo 74;
lo stesso assessore regionale del Veneto, Elena Donazzan, in un'intervista rilasciata in data 9 giugno 2011 a Il Corriere del Veneto, ha ammesso di sentirsi trattata «come la figlia di un Dio minore, dimenticata ai confini dell'impero» da un Ministro, «l'amica Mariastella», che per di più è del Popolo della libertà, «come me». In particolare, l'assessore regionale ha dichiarato: «Informalmente mi è stato assicurato che a settembre avremo lo stesso organico di quest'anno ma ogni richiesta di una presa di posizione nero su bianco è rimasta finora lettera morta (...). Abbiamo un dirigente regionale a scavalco con il Friuli, il che è inammissibile pur con tutto il rispetto per il Friuli, e tre dirigenti provinciali ad interim in altrettante province. I concorsi per i presidi sono bloccati, mancano insegnanti ed anche il personale ata è in affanno. Così non ce la facciamo, la qualità della nostra scuola rischia di precipitare»;
particolarmente in sofferenza appare la situazione nella provincia di Treviso: per la scuola dell'infanzia vi è stato rispetto all'anno scolastico 2010/2011 un aumento di richieste di iscrizione per oltre un centinaio di bambini; tenuto conto della pressoché totale richiesta di orario normale e della presenza di 62 bambini con handicap, sono state chieste sei sezioni nuove in più (per 12 posti in più), richiesta ad oggi rimasta insoddisfatta, per cui risultano tre comuni con liste d'attesa di 25 bambini e altri tre comuni con liste d'attesa di 24 bambini; vi è anche il timore che, a causa del ridotto finanziamento alle scuole dell'infanzia paritarie, ci sia la chiusura di talune di queste con gravi riflessi sociali;
nella scuola primaria, la popolazione scolastica in provincia di Treviso ha avuto quest'andamento: 40.902 ragazzi nell'anno scolastico 2008/2009; 41.287 nell'anno scolastico 2009/2010; 41.464 nell'anno scolastico 2010/2011; 41.661 nell'anno scolastico 2011/2012; a fronte di un continuo aumento degli alunni, tuttavia, vi è stata ogni anno una variazione in meno dei posti rispetto all'anno precedente e precisamente: nell'anno scolastico 2009/2010, a fronte di 385 bambini in più, vi è stata una riduzione di 150 posti rispetto all'anno precedente; nell'anno scolastico 2010/2011, a fronte di ulteriori 177 bambini in più, vi è stata una riduzione di 135 posti rispetto all'anno precedente; nell'anno scolastico 2011/2012, a fronte di ulteriori 197 bambini in più, è prevista una riduzione di 155 posti ulteriori rispetto all'anno precedente;
la realtà economico-sociale della provincia trevigiana richiederebbe un tempo scuola di 30 ore generalizzato, ma le scuole non sempre riescono a garantirlo poiché è alto il tasso di alunni che non si avvalgono della religione e le ore vengono impegnate per l'attività alternativa alla religione cattolica o per la prima alfabetizzazione degli adulti; in alcuni casi ci sono le ore di insegnamento per arrivare alle 30 settimanali, ma manca la possibilità di garantire il tempo mensa senza dover utilizzare il tempo dell'attività didattica;
numerose sono, pertanto, le proteste delle famiglie e delle istituzioni locali, in considerazione della conseguente perdita di continuità didattica in conseguenza dell'elevato taglio dei posti (45 docenti in esubero); per l'inadeguatezza delle aule a contenere un numero crescente di bambini; per il calo della qualità della scuola pubblica per famiglie con lavori sempre più precari e flessibili; per la difficoltà di organizzazione di un tempo scuola con rientri pomeridiani; per l'impossibilità di portare a termine attività didattiche e progetti già avviati negli anni precedenti;
infine, quanto alla scuola secondaria di primo grado, si tratta del settore in maggiore sofferenza nella provincia di Treviso, dove si contano ben 537 alunni in più nell'anno scolastico 2011-2012 rispetto al precedente, numero che richiederebbe la formazione di circa 21 classi in più, per le quali sarebbero necessarie almeno 630 ore, corrispondenti ad almeno 35 posti in più, mentre per conseguire gli obiettivi di riduzione dell'organico assegnati dal Governo si sono dovuti tagliare dei posti; il risultato è che non è stato autorizzato il tempo prolungato anche in realtà dove questo tempo scuola era consolidato da tempo e non si sono completati i corsi musicali;
non si può non rilevare che tale riduzione sia tra le più pesanti della regione, ma anche a livello nazionale, così come appare evidente che l'insufficiente assegnazione di organico determinerà la riduzione del numero delle classi e il sovraffollamento delle medesime, in violazione delle norme sul tetto stabilito di alunni per classe e di quelle sulla sicurezza e sull'edilizia scolastica;
per quanto premesso si rende necessario ed urgente, per far fronte all'aumento della popolazione scolastica, autorizzare nella regione Veneto: per la scuola dell'infanzia almeno altre 8 nuove sezioni, assegnando ulteriori 16 posti, che appaiono dovuti, tenuto conto che solo il 32 per cento della popolazione scolastica dai 3 ai 6 anni viene accolto dalle scuole materne statali, mentre al restante 68 per cento dei bambini il servizio viene erogato dalle scuole dell'infanzia paritarie, con il pagamento del 60 per cento della retta a carico delle famiglie e con ingenti risparmi conseguiti da parte dello Stato in Veneto rispetto alle altre regioni; per gli altri ordini e gradi l'aggiunta di almeno altri 70 posti complessivi -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato con riferimento alla gravità della situazione esposta in premessa, al fine di soddisfare le richieste avanzate dalle famiglie in ordine all'istituzione delle necessarie nuove sezioni di scuola dell'infanzia e di tempo pieno e tempo prolungato nella scuola primaria, per garantire quei livelli educativi che fanno della scuola pubblica veneta un modello di alta qualità;
quali misure intenda, altresì, adottare per consentire che siano attivate - a fronte dell'incremento della popolazione studentesca - tutte le necessarie nuove classi (in particolare le prime) nella scuola secondaria di primo grado, al fine di garantire un equilibrato rapporto alunni-classe e, quindi, adeguati livelli di apprendimento, oltre che il rispetto delle norme di sicurezza.
(2-01175)
«Rubinato, Viola, Miotto, Murer, Mogherini Rebesani, Federico Testa, Sbrollini, Fogliardi, Sarubbi, Braga, Martella, Naccarato, Fontanelli, Froner, Fiorio, Ferrari, Fiano, Baretta, Bobba, De Pasquale, Ghizzoni, Rigoni, Rossomando, Pistelli, Mattesini, D'Incecco, Pedoto, Verini, Zaccaria, Servodio, Gianni Farina, Zunino, Narducci».
(1o agosto 2011)

Iniziative di competenza in relazione alla mancata espressione dei pareri dell'Ispra in merito all'applicazione da parte delle regioni delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici - 2-01177

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
l'Ispra è chiamato ad esprimere un parere in merito all'applicazione da parte delle regioni delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici;
tale parere è una delle condizioni necessarie per addivenire all'adozione di provvedimenti conformi alla sopra citata direttiva e all'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992;
dal 2005 l'Istituto dichiara di non essere in grado di fornire i dati richiesti per il calcolo della «piccola quantità» cacciabile, con la motivazione che i dati attualmente disponibili a livello europeo non costituirebbero una solida base scientifica;
la mancanza di un riscontro alle richieste regionali di quantificazione delle piccole quantità è fra le cause che hanno determinato l'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia e che hanno portato a pronunce sfavorevoli della Corte di giustizia e della Corte costituzionale;
rientra nelle competenze istituzionali dell'Istituto «esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti (...) dalle regioni» (si confronti l'articolo 7, comma 3, della legge n. 157 del 1992);
il diniego di parere è, quindi, a parere degli interpellanti, illegittimo per violazione di un preciso obbligo di legge, oltre ad essere di ostacolo all'esercizio, da parte delle regioni, di una competenza espressamente riconosciuta dal sopra citato articolo 19-bis a disciplinare l'esercizio delle deroghe;
l'Istituto è vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare -:
se il Ministro interpellato intenda:
a) adottare ogni iniziativa utile affinché l'Ispra renda i pareri richiesti nei termini;
b) verificare la sussistenza di eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare;
c) verificare, altresì, la sussistenza dei presupposti per procedere al commissariamento dell'Istituto, secondo quanto previsto dall'articolo 12, comma 6, del regolamento dell'Istituto (decreto ministeriale n. 123 del 2010);
d) adoperarsi, nelle sedi opportune, affinché, nel caso di perdurante inerzia, possano essere utilizzati e validati gli studi compiuti da istituti riconosciuti a livello regionale;
e) adoperarsi affinché vengano ricercate a livello comunitario soluzioni in ordine al problema del calcolo della «piccola quantità».
(2-01177)
«Renato Farina, Gregorio Fontana, Stucchi, Centemero, Scandroglio, Cassinelli, Aprea, Corsaro, Minasso, Nastri, Romele, Massimo Parisi, Palmieri, Barbieri, Gottardo, Vella, Toccafondi, Bocciardo, Migliori, Antonio Martino, Paolo Russo, Beccalossi, Bianconi, Laffranco, Cirielli, Porcu, Vignali, Colucci, Ascierto, Cristaldi, Stracquadanio».
(2 agosto 2011)