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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 533 di mercoledì 12 ottobre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 13,25.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Belcastro, Berlusconi, Bernini Bovicelli, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fedi, Fitto, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Moro, Mantovano, Martini, Meloni, Ricardo Antonio Merlo, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Negro, Nucara, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Stracquadanio, Stucchi, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,27).

PRESIDENTE. Come ho preannunziato nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri e, successivamente, in Aula, ho convocato questa mattina la Giunta per il Regolamento in merito alle conseguenze procedurali della votazione di ieri con la quale è stato respinto l'articolo 1 del disegno di legge di approvazione del rendiconto generale dello Stato. La Giunta, a maggioranza, ha ritenuto di non potersi procedere oltre nell'iter del disegno di legge di rendiconto in quanto, a seguito della mancata approvazione dell'articolo 1, il provvedimento deve considerarsi respinto. Ciò comporta, altresì, la sospensione dell'iter del disegno di legge di assestamento che, a norma dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, è esaminato con il disegno di legge di approvazione del rendiconto. Tale conseguenza discende, del resto, dalla natura stessa dei due provvedimenti di cui uno costituisce il presupposto logico e giuridico-contabile dell'altro.
In sede di Giunta per il Regolamento ho precisato che la formulazione dell'articolo 1 del Rendiconto, in particolare nella parte che contempla l'approvazione del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato e dei rendiconti delle amministrazioni delle aziende autonome per l'esercizio 2010, rivela un contenuto deliberativo autonomo e sostanziale in quanto recante, appunto, l'approvazione dei rendiconti, mentre i successivi articoli espongono, per lo più attraverso dati contabili di sintesi, le risultanze di gestione richiamate espressamente dall'articolo 1 in relazione all'approvazione dei rendiconti. Mancando questa disposizione, l'effetto di approvazione dei rendiconti non potrebbe Pag. 2farsi discendere dall'eventuale approvazione di tutti i successivi articoli né dal voto finale sul disegno di legge. Non sembra possibile, in sostanza, ritenere che la votazione dell'articolo 1, per come il disegno di legge è stato strutturato dal Governo, sia una deliberazione meramente ricognitiva di un contenuto che si declina analiticamente negli articoli successivi e, dunque, in sé priva di un autonomo significato deliberativo.
Al riguardo, va anche considerato in via generale che il Rendiconto, nella sistematica costituzionale fondata sull'articolo 81, costituisce atto fondamentale di controllo sull'operato del Governo, atto che, proprio nell'articolo 1, trova la sua formale esplicitazione laddove gli articoli successivi attengono alle risultanze dei diversi aspetti di gestione. Anche sotto questo profilo, l'articolo 1 costituisce l'architrave del provvedimento e il presupposto logico-procedurale rispetto alle disposizioni successive. Ne deriva che dalla reiezione di tale articolo non può che discendere la preclusione dei restanti articoli e la reiezione del provvedimento nel suo complesso con conseguente conclusione del suo iter parlamentare. Dal carattere inemendabile del Rendiconto, pacificamente riconosciuto in dottrina e nella prassi parlamentare, discende inoltre che sono ammissibili soltanto gli emendamenti volti ad apportare modifiche di carattere meramente formale o tecnico. È, quindi, precluso anche al Governo presentare emendamenti al testo se non nei ristrettissimi limiti individuati dalla prassi. In particolare, nel caso di specie, non sarebbe consentito di modificare con emendamenti le risultanze contenute negli articoli successivi al primo né presentare, anche se sotto forma lessicale diversa, il contenuto dell'articolo respinto. Per completezza ho anche ricordato che la prassi conosce diversi precedenti in cui, con riferimento a fattispecie diverse e a tipologie diverse di progetti di legge, la reiezione del primo articolo di un provvedimento ha comportato, come chiarito dalla Presidenza, la reiezione del provvedimento nel suo complesso in ragione del contenuto fondamentale dell'articolo 1 rispetto al resto del provvedimento.
Nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito, ha rappresentato la richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri di rendere comunicazioni alla Camera, prospettando altresì l'eventualità che il Governo ponga la questione di fiducia in sede di votazione delle risoluzioni.
I capigruppo dei gruppi parlamentari di opposizione hanno, a loro volta, invitato il Presidente della Camera ad esporre al Presidente della Repubblica le ragioni per le quali, a loro avviso, non è possibile, nella situazione creatasi a seguito della reiezione dell'articolo 1 del Rendiconto, dar corso alle comunicazioni del Presidente del Consiglio. A tal fine, il Presidente della Camera sarà ricevuto quest'oggi dal Capo dello Stato.
La Presidenza della Camera ha, comunque, evidenziato alla Conferenza dei presidenti di gruppo che, in base ai principi costituzionali e regolamentari, non può non dar corso alle richieste del Governo. Pertanto, in considerazione delle riunioni dei gruppi parlamentari di opposizione, già previste per oggi pomeriggio, le comunicazioni del Governo avranno luogo nella giornata di domani, con inizio alle ore 11. Mi riservo di convocare nuovamente la Conferenza dei presidenti di gruppo per organizzare tempi e modalità del dibattito.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, intervengo con riferimento alle sue comunicazioni. Vorrei che avessimo tutti chiaro che, per la prima volta, con il voto di ieri, non ci troviamo di fronte ad un dato che presenta conseguenze politiche evidenti e molto chiare, ma ci troviamo di fronte ad un atto che comporta conseguenze giuridiche e costituzionali che non si possono ignorare né si possono risolvere soltanto con gli strumenti della politica. Pag. 3
Signor Presidente, il parere della Giunta per il Regolamento, che è inequivocabile, come lei ci ha letto, dice sostanzialmente che non si può procedere all'approvazione del rendiconto dello Stato. La lettera del Presidente della Repubblica, in modo molto chiaro, inusuale ed inedito, evidenzia come i reiterati voti di fiducia con cui il Governo ha ottenuto il voto da parte della maggioranza non risolvono il problema di una maggioranza che non è in grado di garantire lo svolgimento normale dell'attività legislativa, anche sugli atti dovuti come il rendiconto dello Stato. Di fronte a questo - lo abbiamo detto in Conferenza dei presidenti di gruppo e lo ribadiamo in questa sede -, non si può immaginare che la Camera prosegua in alcun modo nello svolgimento dei lavori parlamentari secondo il calendario.
La conseguenza dovuta, obbligata, come scrivono i costituzionalisti, che hanno dovuto affrontare, evidentemente soltanto da un punto di vista della dottrina e della teoria, l'ipotesi di un Governo che cerca di restare in carica in presenza di una mancata approvazione del rendiconto, è la seguente: tutti dicono che comporta, inevitabilmente, come conseguenza politica - ne sono pieni i giornali di oggi -, le dimissioni del Governo.
Non vi sono, certo, precedenti perché, quando in quest'Aula c'era ancora la politica, di fronte alla sola mancata approvazione di una tabella di bilancio, il Governo si dimetteva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia)! E non vi sarebbe bisogno di ricorrere a pareri di costituzionalisti per capire che, se viene bocciato il rendiconto dello Stato, il Governo si dimette un minuto dopo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico,Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia)!
Signor Presidente, noi le abbiamo chiesto - e la ringraziamo - di riferire il parere comune di tutti i gruppi di opposizione in ordine al fatto che la conseguenza del voto di ieri non può essere che le dimissioni del Governo. Poi, sarà il Presidente della Repubblica, secondo la Costituzione, nell'ambito del suo potere di garante della Costituzione, a decidere cosa fare rispetto al rapporto tra Governo e Parlamento. Ma quello è il passaggio obbligato.
La maggioranza, invece, propone che il Presidente del Consiglio venga in questa sede a rendere delle comunicazioni, sulle quali, poi, sarà espresso un voto di fiducia di routine. Signor Presidente, mi faccia usare questa espressione, anche se è offensiva, perché il modo in cui è stata snaturata la natura giuridica del voto di fiducia, ha fatto sì che diventasse un passaggio di routine, e non il passaggio centrale del rapporto fra Governo e Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori)!
Pertanto, non diciamo che quel voto non è possibile - perché, certo, il Governo, quando vuole, viene in Aula e può chiedere il voto di fiducia -, ma diciamo che è un atto inutile, una presa in giro, uno schiaffo dato in faccia agli italiani, non soltanto ai parlamentari, che si chiedono a cosa serva il cinquantatreesimo voto di fiducia di fronte alle domande che io ho fatto, che noi abbiamo fatto, al Governo e ai capigruppo di maggioranza.

MASSIMO POLLEDRI. Rispetta il Parlamento!

DARIO FRANCESCHINI. Diteci: se venerdì otterrete la fiducia, dopo quel voto cosa farete rispetto al rendiconto dello Stato? Che idee avete? Come intendete approvarlo? C'è stato il mutismo, il silenzio assoluto e questo rende evidente che quel voto - parlo del voto di fiducia - oltre ad essere una presa in giro, è un atto totalmente inutile e privo di ogni efficacia giuridica!
Se ottenete la fiducia su due righe di risoluzione politica, cosa avete risolto? Come intendete approvare il rendiconto dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia)? Pag. 4
Noi non abbiamo alcuna intenzione di farci prendere in giro e lo diciamo anticipatamente: non daremo alcuno spazio a nessun espediente o stratagemma sciocco, da bambini, come abbiamo letto sui giornali, in base al quale si vorrebbe riapprovare il testo.

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, la invito a concludere.

DARIO FRANCESCHINI. Il rendiconto è l'unico atto immutabile: non si può cambiare perché è un rendiconto. Riapprovarlo e trasmetterlo, magari, al Senato, oppure presentare un maxiemendamento alla Camera sono prese in giro. L'unica strada sono le dimissioni del Governo: lo abbiamo detto e lo ripetiamo con molta convinzione!

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Franceschini.

DARIO FRANCESCHINI. Semmai, il Presidente del Consiglio si faccia una domanda. Questo è il titolo de Il Sole 24 Ore di oggi, questo è quello che vedono nel mondo: «Bocciato il rendiconto dello Stato». Non è più solo un problema della sua credibilità internazionale, di quanto costa all'Italia...

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, la invito concludere.

DARIO FRANCESCHINI. È un altro problema: ormai il mondo sa che non c'è solo la sua credibilità personale. Egli non ha più la maggioranza parlamentare e ciò viene pagato, con migliaia e migliaia di euro, da ogni cittadino italiano.
È giusto che cali definitivamente il sipario su questa farsa a cui ci state costringendo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, per la verità ho chiesto di intervenire meramente sull'ordine dei lavori. Dico questo perché non ho alcuna intenzione di svolgere un intervento di natura politica come ritengo sia il momento di fare da parte dei gruppi.
Perché dico questo? Lei sa qual è la mia opinione ed io parlo da semplice deputato che fa parte della Giunta per il regolamento. Lei sa qual è la mia opinione al riguardo, ma la maggioranza ha deciso di bloccare i lavori su quel provvedimento e ben venga.
Tuttavia, si è venuta a creare una sorta di sillogismo, che, a mio avviso, non è stato né sancito dalla Giunta per il regolamento, né tanto meno ha alcun fondamento logico. Mi riferisco proprio al proseguimento dei lavori rispetto all'altro provvedimento, ossia l'assestamento di bilancio, il quale - secondo quanto previsto dall'articolo 119, comma 8, del Regolamento - deve essere esaminato in combine con il rendiconto. Ergo: se il rendiconto viene bloccato, non si può passare - come si evince dal suo speech, ma ritengo che sia solamente una conseguenza logica - all'assestamento.
Ciò significherebbe che, da una forzatura che è stata fatta (con forzatura non mi riferisco alla legittimità) mediante lo sdoppiamento tra rendiconto e assestamento - che è opinabile in quanto, se la decisione è stata presa a maggioranza, sei voti contro cinque, evidentemente vi sono motivazioni da una parte che collidono con quelle dell'altra parte -, si decide addirittura di non passare all'esame di un atto dovuto, che non ha nulla a che vedere con il rendiconto.
Perché dico questo? Vi è una piena autonomia in quanto il presupposto contabile, per così dire, dell'assestamento è il bilancio del medesimo esercizio e non il rendiconto di un esercizio che è chiuso. Non a caso, nel 1983, alla Camera, vi erano addirittura tre rendiconti giacenti - sono stati ricordati anche in Giunta - e questa norma regolamentare di esame in combine tra rendiconto ed Pag. 5assestamento non trovò applicazione, tanto è vero che i rendiconti del 1980 e del 1981 vennero poi approvati insieme all'assestamento del 1983 o del 1984. Analogamente, al Senato, nel 1990 e nel 1991 l'assestamento fu approvato addirittura prima del rendiconto. Vigeva un Regolamento che prevedeva l'esame in combine - come ho detto prima - dei due provvedimenti.
Vi è, in verità, un'unica ragione che suggerisce questo ordine di votazione e che si riferisce ai residui certificati dal rendiconto, i quali vengono posti a base dell'assestamento, ma si tratta di residui che sono già stati certificati dalla Corte dei conti. Il nostro è un atto dovuto, che deve essere fatto, ma non necessariamente prima dell'assestamento, in quanto le finalità sono completamente diverse.
Lascio da parte tutte le considerazioni di natura politica, tutto quello che volete, ma da un punto di vista regolamentare, se vi è la previsione di «una legge non legge», quale è stata ritenuta - che è una presa d'atto del Parlamento rispetto alla certificazione che la Corte dei Conti ha fatto, realizzando una sommatoria di numeri dei vari rendiconti e dei vari comparti - non vedo perché non si possa passare, così com'è stato fatto altre volte, all'assestamento, creando un blocco dei lavori sull'intero iter della legge di bilancio. Perché ciò non può incidere, mentre invece addirittura va ad incidere sulla legge di stabilità, così come l'abbiamo riformata. Mi sembra che, da un punto di vista regolamentare, ciò costituisca una forzatura enorme.
Signor Presidente, le chiedo di valutare in maniera attenta ciò che sto dicendo, che è legato solo e soltanto ai lavori del Parlamento, i quali a loro volta sono legati ad un provvedimento che sottintende ai nostri lavori e agli obblighi ai quali forse non ci potremo sottrarre (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Leone, come ella ben sa, perché ne abbiamo discusso questa mattina in sede di Giunta per il Regolamento, le questioni che lei ha posto contrastano, ad avviso della maggioranza della Giunta, con altre questioni che, mi permetto rapidissimamente di richiamare alla sua attenzione, lei ben conosce, ma soprattutto all'attenzione dei colleghi avendo ella, legittimamente, posto all'attenzione dell'Aula ciò che è stato oggetto della discussione nella Giunta per il Regolamento. Perché, ad avviso della maggioranza della Giunta per il Regolamento, dalla reiezione del disegno di legge di rendiconto deriva anche l'impossibilità di proseguire nell'esame del disegno di legge di assestamento per il 2011, esame il cui iter resta in qualche modo sospeso? Perché il disposto regolamentare, articolo 119, comma 8, recita testualmente: «Il disegno di legge di approvazione del rendiconto generale dello Stato è esaminato con il disegno di legge che approva l'assestamento degli stanziamenti di bilancio per l'esercizio in corso (...)».

MASSIMILIANO FEDRIGA. Esaminato, non approvato!

PRESIDENTE. Esaminato, certo. La lingua italiana credo che, da questo punto di vista, al Nord come al Sud, sia incontrovertibile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori).
Dal punto di vista contabile, inoltre, sussiste una logica connessione di carattere sostanziale tra i due documenti, posto che attraverso il rendiconto si determina in via definitiva l'ammontare dei residui il cui accertamento, operato attraverso il giudizio di parificazione della Corte dei Conti - e questo aspetto, onorevole Leone, le è ben noto e non le sfugge la rilevanza anche costituzionale - costituisce la base contabile sulla quale effettuare le variazioni di bilancio proprie dell'assestamento.
Per ulteriore precisione, circa la prassi, il rendiconto è stato generalmente sempre approvato prima dell'assestamento, e ripeto, generalmente. Con riferimento ai precedenti, rilevo che gli stessi risalgono, quanto alla Camera, al 1983, peraltro nella fase transitoria che seguì l'approvazione dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento Pag. 6e, quanto al Senato, al 1991. Da allora, cioè negli ultimi venti anni, il disegno di legge di rendiconto è sempre stato esaminato congiuntamente all'assestamento, rispetto al quale è stato considerato il necessario presupposto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, non sarà un caso, faccio riferimento a ciò che lei, puntualmente, ha ricordato, ossia che è semplicemente impossibile fare l'assestamento senza il rendiconto perché la quantificazione dei residui attivi e passivi non è certa. È talmente evidente questo che, in casi analoghi, è capitata una cosa normale, che in questo momento invece non capita. Quando a Goria e Andreotti capitò la stessa fattispecie, senza tanti drammi, andarono al Quirinale per dimettersi, perché il minimo senso delle istituzioni avrebbe portato anche l'onorevole Berlusconi a fare questo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).
Noi, tuttavia, siamo in una situazione particolare, abbiamo un Presidente del Consiglio che, non guardando la realtà in faccia e passando di voto di fiducia in voto di fiducia - il Capo dello Stato parla di reiterati ricorsi alla fiducia - sta sommergendo tutti noi ed il Parlamento nel discredito che acquisisce con il Paese. Questa è la realtà!
Poiché siamo in sede politica, vorrei ricordare che i colleghi della maggioranza dovrebbero esser i primi a rendersi conto di questa grandissima anomalia, di questa sorta di «bomba atomica» che sta scoppiando: un Paese sempre più distante della politica, una politica che sprofonda nel discredito. Il tutto perché Berlusconi non vuole lasciare la poltrona di Presidente del Consiglio, questa è la realtà (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia)!
Il resto sono chiacchiere, amici. Ma mi si dirà: è stato scelto dagli elettori, vuole governare, perché ha avuto la maggioranza nei cinquanta e passa voti di fiducia; lo sappiamo tutti, ma questo Governo, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, nella giornata di ieri, l'ha approvata per due voti. Questo Governo è lo stesso che, da un mese, ci dice che presenterà il decreto sullo sviluppo e che non è in grado di passare oltre le liti tra i suoi Ministri. Questo Governo e il Presidente del Consiglio, che si lamenta per il fatto che nell'ordinamento costituzionale attuale non avrebbe poteri, è lo stesso che da tre mesi non fa quello che dovrebbe fare, che è nominare il Governatore della Banca d'Italia, in un momento drammatico per l'economia del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).
Onorevoli colleghi, dobbiamo aspettare qualche cos'altro? Non so cosa. Credo che saremo sommersi tutti, perché il guaio, francamente, è che noi vi vogliamo bene, ma vogliamo più bene a noi stessi, per cui saremo sommersi con voi, pur non avendo la responsabilità di una situazione che, forse, nemmeno voi fino in fondo avete creato, ma che Berlusconi, certamente, vuole perpetrare, per quali ragioni poi, ognuno ha le proprie, ed è inutile insistere su questo.
Lei, signor Presidente, per quanto ci riguarda, è stato ineccepibile. Confidiamo che rappresenti l'anomalia di questa situazione al Presidente della Repubblica, di cui apprezziamo il grande senso istituzionale e l'essere super partes, come deve essere.
Cari colleghi, se non avrete un atto e un sussulto di dignità e vi consegnerete anima e corpo, ancora una volta, a questa stanco rituale del voto di fiducia, sarete responsabili di un'Italia che sprofonda ancora di più nel discredito internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, ascoltando il collega della maggioranza - a cui esprimo la mia solidarietà, perché chi pro tempore fa questo lavoro sa che, a volte, bisogna difendere l'indifendibile - mi chiedevo cosa sarebbe successo nel 2007 - quando ero tra questi banchi felicemente all'opposizione del Governo Prodi - se fosse stato bocciato il rendiconto del Governo Prodi, Padoa Schioppa, Visco. Probabilmente avremmo sentito cose diverse e, nelle manifestazioni di piazza che ci saremmo apprestati a fare, avremmo detto cose diverse.
Perché siamo contro, politicamente parlando, naturalmente, a questo voto di fiducia? Oggi, nella nota richiamata, il Presidente della Repubblica conclude dicendo: la questione che si pone è se la maggioranza di Governo ricompostasi (...) sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l'insieme delle decisioni di bilancio.
Il Presidente della Repubblica sa che a questa domanda la risposta è arrivata ieri: «no»! Un Governo ed una maggioranza che non sanno approvare il rendiconto non sono in grado di operare. Perché siamo contrari, politicamente parlando, a discutere domani sulla fiducia? Perché il Capo dello Stato non ci chiede una risposta purchessia, ma ci chiede una risposta credibile. E come possiamo pensare che domani l'ennesima manfrina sul voto di fiducia sia una risposta credibile? Come possiamo pensare che l'ennesimo discorso sul piano per il sud, sulla riduzione delle tasse, sulla riforma della Costituzione, mentre scorrono i mesi e la legislatura si avvia alla fine, sia una risposta credibile?
La realtà, colleghi del Governo e colleghi della maggioranza, è che la bocciatura del rendiconto, del bilancio consuntivo, politicamente e anche istituzionalmente vale quanto e più di un voto di sfiducia, tant'è che il Governo chiederà la fiducia domani - e non si capisce perché - per trovarci, lunedì, esattamente al punto di partenza.
Cioè: come si fa ad approvare il rendiconto generale dello Stato, atto necessario per proseguire, posto che il Governo non può riproporre lo stesso rendiconto che è stato bocciato? È come la finale dei mondiali di calcio: se la perdi vorresti rigiocarla, sei convinto che la vinceresti cento volte di fila con la squadra, ma ti hanno battuto e non c'è la rivincita.
Quindi, la fiducia che il Governo vuole incassare dopodomani è perfettamente inutile, non è la risposta adeguata e credibile che il Capo dello Stato chiede e lascerebbe le cose esattamente come stanno.
Sappiate che è responsabilità vostra se nella congiuntura internazionale che conoscete e conosciamo, con Trichet che ci dice che i prossimi tre mesi saranno più gravi dei tre mesi scorsi, inchioderete questo Parlamento e il Governo a risolvere una questione istituzionale che, senza le dimissioni, non è risolvibile.
Inchioderete il Paese a non poter approvare il rendiconto e a non poter approvare la legge di stabilità, perché l'unica via possibile per aprire questo processo sono le dimissioni, un nuovo Governo e la ripresentazione del rendiconto. Tutto il resto sono chiacchiere, ma il dramma del Paese delle prossime settimane, con la crisi istituzionale che voi volete, è responsabilità vostra e solo vostra (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, il presidente Leone ci spiegava prima con la sua consueta simpatia che l'approvazione del rendiconto è un dettaglio tecnico, un voto che, depurato del tasso politico, quasi si potrebbe fare a meno di svolgere. Direi che con le sue parole il presidente Pag. 8Leone ha praticamente cancellato, in trenta secondi, quasi tre secoli di storia di democrazia parlamentare.
Infatti, credo si possa affermare, senza timore di smentita, che la storia delle democrazie occidentali e delle democrazie parlamentari si è definita, caro presidente Leone, attraverso il voto più politico che un Parlamento possa esprimere, ossia il voto sul bilancio preventivo e sul bilancio consuntivo.
In qualunque democrazia al mondo un Governo che viene bocciato sul bilancio è un Governo che non c'è più, è un Governo rispetto al quale il Presidente del Consiglio, se conserva un briciolo di onore e di decoro, un minuto dopo rassegna le dimissioni.
Ma voi avete perso onore e decoro, voi avete perso il senso della misura, il senso della responsabilità e degli impegni ai quali il nostro Paese è chiamato a livello internazionale.
Adesso porrete l'ennesima questione di fiducia, ma è apparso chiaro, credo, in tutti gli interventi che hanno preceduto il mio, che ancora una volta questa fiducia segnerà soltanto un momento di maggiore distacco di quest'Aula rispetto al Paese e non risolverà nessuno dei problemi che abbiamo davanti.
Non risolverà lo stallo di un bilancio che non è stato approvato e che la Costituzione non vi consente di approvare come se nulla fosse. Ma non vi consente nemmeno di rispondere a quello che oggi il Presidente della Repubblica, a mio avviso, ha detto con grande chiarezza. Vi ha detto che non è con le fiducie reiterate che un Governo dimostra di avere il consenso e la capacità di proseguire nella sua azione, ma è con i numeri, che devono essere quotidianamente presenti.
Infatti, l'azione di Governo è un'azione quotidiana e deve avere anche e soprattutto la capacità di compiere quegli atti dovuti, come l'approvazione di un bilancio, in mancanza dei quali un Governo non esiste più.
Ancora una volta e sempre più devo dire che è forte la sensazione in questo Parlamento che un Presidente del Consiglio, ormai privo della minima lucidità politica, si sia chiuso in un bunker e abbia trasformato quest'Aula come l'ultima ridotta, all'interno della quale una maggioranza compravenduta nell'onore e nella dignità, prima ancora che in altre forme, continua a tributargli una fiducia vuota politicamente.
Vi è un Presidente del Consiglio che tiene in ostaggio le istituzioni, tiene in ostaggio il Paese e che ha perso completamente di vista il bene comune. Allora, dovete sapere che domani e dopodomani gli potrete anche dare questo ennesimo voto di fiducia, ma sarà un altro affronto al Parlamento.
Sarà un affronto al Presidente della Repubblica che forse, prima di chiedere questa fiducia, il Presidente del Consiglio avrebbe fatto bene ad incontrare, e soprattutto significherà un'altra cosa: da questo momento in poi siete completamente soli davanti al futuro dell'Italia.
Voi vi state assumendo delle responsabilità straordinarie e non avete più né un'idea né un progetto di dove andare, ma soltanto quello di conservare ancora, per qualche settimana, per qualche mese, finché sarà possibile, un potere che vi sta sfuggendo di mano. Il prezzo che l'Italia pagherà è il prezzo che verrà messo nel conto di questa vostra incredibile irresponsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, noi stiamo assistendo alla trasmutazione da una crisi politica conclamata, che ha messo in ginocchio il Paese da un bel po' di tempo, ad una crisi istituzionale con profili davvero inquietanti, con l'esercizio di una violenza continuata alla prassi costituzionale.
Quando questo Paese potrà finalmente sanzionare la chiusura di questo ciclo, di questo diciassettennio che tante incongruenze ha portato all'interno della scena Pag. 9pubblica, si troverà di fronte il grande problema di riequilibrare la prassi costituzionale.
Siamo di fronte - sia detto con parole semplici e con una sintesi estrema - ad un atto di controllo, il rendiconto generale, che ha una dignità costituzionale (articolo 81 della Costituzione). Non approvare questo atto significa togliere la fiducia al Governo che se ne fa protagonista e proponente. Non è che ci sia troppo da ragionare intorno a questa cosa, né c'è da organizzare argomenti da legulei per sostenere la possibilità di rimettere in piedi, attraverso complicati meccanismi di maquillage, una proposta che possa tornare in quest'Aula.
Allora, questo non è che uno strappo ulteriore ad una prassi piena di incidenti costituzionali e ad un atteggiamento che è stato e continua ad essere, da parte del Governo, un vuoto assoluto di amministrazione e di legislazione, rotto solo da una sequenza infinita di voti di fiducia, quella prova muscolare rispetto alla quale questa maggioranza - non so se possa più essere definita così -, chiamata al momento della conta finale, è lì a dare il voto compulsivo di fiducia.
Onorevoli colleghi, onorevole Presidente, condividendo totalmente - credo che la Giunta per il Regolamento si sia espressa in modo calligrafico - le scelte e le indicazioni che sono state fornite, credo che a questo punto non ci sia altro che da tirare le somme e chiudere questo bilancio drammatico di una stagione politica che non può più andare avanti perché troppi danni ha fatto a questo Paese. Non vi è altra possibilità se non che il Presidente del Consiglio vada dal Capo dello Stato a rassegnare le sue dimissioni.
Ieri c'è stato un simpatico rimpallarsi di affermazioni e di take d'agenzia. Il Presidente della Camera, con giusta sottolineatura, aveva ricordato la mancanza di precedenti storici. In realtà qualche agenzia faceva riferimento - e qualche collega lo ha ricordato - a Goria e ad Andreotti. Avevano ragione entrambi. Aveva ragione il Presidente della Camera perché mai - veniva detto anche in quest'Aula stamattina - un Presidente del Consiglio è arrivato a dover rassegnare le dimissioni dopo un'umiliazione di questo genere e, se questa umiliazione c'è stata, non ha certamente fatto ricorso al voto di fiducia.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pisicchio.

PINO PISICCHIO. Concludo Presidente. L'unica strada è quella di rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è evidente ormai da molte settimane che c'è un problema politico all'interno della maggioranza. L'onorevole Casini ha elencato il problema della Banca d'Italia, del decreto sullo sviluppo e così via. Ieri, il rappresentante della maggioranza, l'onorevole Marsilio, nel motivare il voto sulla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza ha sostanzialmente esposto un programma alternativo a quello del Governo. Quindi, è evidente la crisi della maggioranza, e non guarderemmo in faccia la realtà, se non leggessimo tutti i giorni le dichiarazioni di Bossi, di Maroni, di questo o di quell'altro.
Il problema, signor Presidente, onorevoli colleghi della maggioranza, è che ieri questa crisi della maggioranza si è espressa in un voto che ha portata costituzionale: il voto sul bilancio. Questo voto non può essere rimediato dalla richiesta della fiducia, perché la fiducia può rimettere insieme i cocci di una maggioranza politica, ma i cocci di un problema costituzionale, come è la bocciatura del bilancio, non possono essere rimessi in piedi da un voto di fiducia. Questo è il problema essenziale, politico, ma soprattutto costituzionale, di fronte al quale oggi in Italia si trovano il Presidente della Repubblica e il Presidente della Camera. La vostra fiducia Pag. 10non può risolvere il problema costituzionale, onorevole Cicchitto, della bocciatura del bilancio.
Questa mattina lo dicono tutti i costituzionalisti di vario orientamento. Mi limito a citare le parole del giurista Capotosti, ex Presidente della Corte costituzionale, un uomo di opinioni moderate, il quale dice che sono inevitabili sul terreno politico le dimissioni del Presidente del Consiglio. Sarà poi il Capo dello Stato nella sua responsabilità a decidere se rimandarlo alle Camere per un eventuale voto di fiducia o meno.
Vi scongiuro, onorevoli colleghi della maggioranza, dite al Presidente del Consiglio che egli non può ferire la Costituzione pretendendo, come egli pretende, di venire qui davanti a noi senza un passaggio davanti al Capo dello Stato a cui ponga i problemi del Paese.
Qui non si tratta di politica. Sappiamo che siete morti. La vostra politica è finita e finirà il Governo, ma non provocate una ferita costituzionale. Non ponete le forze parlamentari dell'opposizione di fronte ad un problema di coscienza: come rispondere ad una violazione costituzionale. Infatti, questo - e non altro - è la pretesa di parlare alle Camere dopo un voto sul rendiconto del bilancio dello Stato senza nemmeno andare davanti al Capo dello Stato. È un'offesa alle istituzioni della Repubblica. Fermate il Presidente del Consiglio, onorevole Cicchitto ed altri, dal commettere questo errore (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal Democratici-MAIE e Misto-Alleanza per l'Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, l'onorevole Franceschini e l'onorevole La Malfa vogliono fare una riforma della Costituzione al volo. Ricordo all'onorevole Franceschini e all'onorevole La Malfa - e glielo leggo - l'articolo 94 della Costituzione che voi vi state mettendo sotto i piedi: «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale... Il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni» (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Quindi, io respingo al mittente quello che ho sentito qui in quest'Aula da parte dell'onorevole Franceschini e da parte dell'onorevole La Malfa. Se dovessi definire il fondo del vostro atteggiamento dovrei dire che è quasi eversivo (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Infatti, contesta la possibilità, il diritto e il dovere del Parlamento di misurarsi con il Governo sul terreno se esso abbia o meno la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
La vostra contestazione dell'istituto della fiducia è una contestazione che può portarci in un vicolo cieco dal punto di vista degli equilibri democratici (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Quindi, non abbiamo nessun complesso di inferiorità e nessuna ragione di fare non so quale crisi di coscienza nel respingere questa linea, che è irresponsabile rispetto al confronto.
Noi non abbiamo sottovalutato il campanello d'allarme di ieri, tant'è che veniamo in Parlamento per avere la fiducia. Voi volete spazzare via il Governo cercando di aggirare il nodo del voto di fiducia e questo è la quintessenza di un atteggiamento antidemocratico e antiparlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). È gravissimo che ciò venga affermato nel confronto parlamentare.
Aggiungo un'ultima osservazione. Il Presidente della Camera ha registrato con precisione l'andamento del dibattito che abbiamo avuto alla Conferenza dei presidenti di gruppo e anche le sue valutazioni Pag. 11politiche, per un verso, e istituzionali, per altro verso. Il Presidente della Camera ci ha detto anche che si recherà oggi dal Presidente della Repubblica per far conoscere che l'opposizione ha la linea di contestazione che qui abbiamo sentito. Questo è perfettamente quello che ci siamo detti alla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Leggo, però, una nota di agenzia - che certamente vale per quello che vale - e voglio mettere a verbale che questa nota di agenzia non esprime quello che lei stesso ha detto. La nota afferma: «Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, andrà nel pomeriggio al Quirinale per spiegare come sia diventato difficile, vista la situazione in cui versa la maggioranza, garantire il normale andamento dei lavori parlamentari». Ora, questo lei non lo ha detto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo e non lo ha detto neanche nell'esposizione che ha fatto in quest'Aula. Voglio mettere a verbale questo dato, per la correttezza dei nostri rapporti e per definire, in modo preciso, le rispettive posizioni, perché al punto in cui siamo arrivati ogni parola rischia di essere una pietra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Cicchitto, la ringrazio anche per avermi segnalato una nota di agenzia di cui non avevo ancora notizia. Provvederemo a far presente che sarebbe opportuno riportare correttamente le parole pronunciate.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, ho sentito le parole di Franceschini sinceramente cogliendole con grande amarezza, perché definire il voto di fiducia un voto di routine vuol dire non solo non conoscere ma calpestare sì, in questo senso, la Costituzione che, come ha ben ricordato il presidente Cicchitto, ha nel voto di fiducia al Governo delle Camere una parte fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Poi vi sono state delle domande veramente retoriche. «Come intendete approvare il rendiconto?», ci chiede il capogruppo del principale partito di opposizione, aggiungendo poi: «No, il Governo non deve venire a riferire alle Camere». Vi abbiamo detto che il Governo vuol venire a riferire alle Camere in ordine all'incidente avvenuto nella giornata di ieri e, invece, voi dite: «No, non deve venire, deve dimettersi» e, poi chiedete che cosa vuol fare il Governo. Mi sembra veramente un circolo vizioso, insomma.

MASSIMO DONADI. Lo ha detto Napolitano!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Ritengo che la parola migliore, che non commento mai ma che posso senz'altro riprendere e citare, è quella del Capo dello Stato. Il Capo dello Stato, in una nota diffusa questa mattina - e non credo che sia stata fatta a caso questa mattina -, afferma che «esistono prerogative e responsabilità del Parlamento e del Presidente del Consiglio». A questo mi atterrei.

ANTONIO BORGHESI. È la realtà!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Presidente Fini, lei non accondiscendendo alla nostra richiesta di consentire subito al Presidente del Consiglio dei ministri di venire a riferire in Parlamento, non fa una cosa buona per il Paese. Il Paese ha bisogno di risposte. Perché dobbiamo perdere tempo? Con l'istituto «borbonico» delle ventiquattro ore avremo una risposta nel termine di due giorni e mezzo che, contando ieri, diventano tre (Commenti del deputato Colombo).
Dunque, credo che non sia giusto né corretto il suo comportamento e credo che vada anche un po' oltre le prerogative che i Regolamenti le assegnano. Dico questo perché rimanga agli atti come l'ho già detto, con Pag. 12franchezza, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Certo, Casini afferma che il suo comportamento è ineccepibile. Per forza, Casini è il leader del Terzo Polo cui lei ha scelto di appartenere. È un Polo che non si è mai candidato né ha preso i voti degli elettori. Vedremo cosa combinerà la prossima volta. Però, in questo caso mi sembra che lei sia un po' troppo attento, in un certo senso, a quello che dice Casini (Commenti del deputato Colombo).
Lei ha scelto di uscire dal Popolo della Libertà e noi non l'abbiamo mai contestata per la scelta che ha compiuto. Era cofondatore, ma ha scelto di percorrere altre strade. Non ci è piaciuto perché avevamo un programma da realizzare e questo programma in parte è ancora da svolgere.
Però adesso non degradi il ruolo di Presidente della Camera a quello di vice di Casini perché lei ha un alto ruolo e non può comportarsi solo per rappresentare gli interessi di una parte. Le vostre dichiarazioni - quelle che ho sentito un po' da tutti i componenti delle opposizioni - sono surreali nel merito del provvedimento e non tengono conto invece della sostanza perché il rendiconto, del quale è stato bocciato solo l'articolo 1, ha un significato tecnico chiarito dalla Giunta per il Regolamento, nella quale però la maggioranza del Parlamento è minoranza. Si tratta di un fatto non politico ma tecnico: il rendiconto, di per sé, non è un atto politico, ma tecnico, è un atto dovuto che fotografa la situazione attuale dei conti dello Stato.
Ebbene, noi della Lega siamo contenti di approvare il rendiconto e voteremo a favore perché questo Governo ha operato nel mezzo di una difficoltà e di una crisi economica internazionale tenendo i conti in ordine, pur chiedendo - questo è vero - sacrifici alle imprese ed alle famiglie, ma presentandosi e tenendo in piedi il Paese, diversamente da quanto è accaduto in altre parti del mondo. Questo è un risultato che non si può disconoscere al Governo.
La verità è che voi volete andare verso un Governo tecnico e noi invece vogliamo andare avanti nel cammino delle riforme. Questo è il nodo politico centrale: voi volete impedire le riforme perché molti di voi non vogliono che queste riforme vengano realizzate (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dal punto di vista economico qual è la vostra ricetta? La patrimoniale? Toccare le pensioni? Noi diciamo di «no» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi diciamo invece che il Governo deve fare le riforme che abbiamo presentato e che sono in discussione sia alla Camera che al Senato, in particolare quella all'esame del Senato. È la riforma costituzionale in discussione al Senato che vi fa paura perché non solo introduce il Senato federale, ma riduce il numero dei parlamentari. Sapete quanti di voi non vogliono che passi questa riforma? Ebbene, invece noi vogliamo approvarla, vogliamo che si vada avanti, vogliamo che le riforme istituzionali proseguano, vogliamo sentire il Governo e - visto che ho la parola e concludo - faccio appello al Presidente Berlusconi, perché dia anche una scaletta precisa dei tempi entro i quali il Parlamento è chiamato a deliberare sui vari provvedimenti in discussione. Noi abbiamo l'urgenza di iniziare a discutere - anche questa è una richiesta perentoria che facciamo - di un vero decreto sviluppo, che ridia impulso alle nostre famiglie, alle nostre imprese e all'economia del nostro Paese. Queste sono le priorità, non tutte quelle cose che volete voi e che poi si riducono a conservare il vostro posto e conservare lo status quo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, colleghi, c'è qualche aspetto che riguarda le comunicazioni del Presidente della Camera, in relazione anche alla riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, che, Pag. 13a mio avviso, richiede qualche sottolineatura.
Intanto vorrei ricordare a me stesso e all'Assemblea che, per quanto rispettabili, le posizioni espresse a maggioranza dalla Giunta, non esprimono - come è stato ricordato poc'anzi - quelle della maggioranza politica parlamentare. Su questo probabilmente qualche riflessione credo che vada fatta anche con riferimento a quello che è successo nel corso del tempo, quando si è determinata una scissione e la configurazione di nuovi gruppi parlamentari.
So benissimo che l'articolo 16 del Regolamento, in qualche modo, cristallizza la composizione di quella Giunta al momento iniziale della legislatura, ma è pur vero che, giocando sulle rappresentanze del gruppo misto, si è di fatto creata una anomalia per la quale, ancora oggi, non c'è una rappresentanza del gruppo che ho l'onore di presiedere. Questo lo voglio dire sotto il profilo prettamente formale.
Sotto il profilo sostanziale, anche se sono molto rispettoso della deliberazione che la Giunta ha assunto, consentitemi di dire che quella è una valutazione rispetto alla quale qualche opinabilità credo che sia legittima. Continuo a ritenere, per esempio, assolutamente fondate le considerazioni che poc'anzi ha fatto il Vicepresidente della Camera, onorevole Leone, in riferimento al fatto che se fosse articolo 1 - come è stato detto - in qualche modo capace di riassumere tutto il dettato consuntivo del provvedimento, ivi compreso il voto finale, mi domando a che serviva allora introdurre il concetto del voto finale e del voto successivo sui singoli argomenti.
Tant'è che ella all'interno dello speech ha dovuto comunque usare il condizionale e non certamente un tempo verbale che indicasse la certezza di una soluzione rispetto a un problema che rimane sul piano interpretativo ancora aperto e rispetto al quale c'è una difficoltà tecnica e oggettiva che deve essere risolta.
Allora mi domando, e vengo alla seconda parte del ragionamento politico, cosa avrebbe dovuto fare il Governo di fronte a un voto di diniego rispetto ad un provvedimento ritenuto essenziale ma la cui connaturazione è legata al tasso dell'immodificabilità, pur in presenza - dobbiamo dirlo con grande franchezza - di un cambiamento sostanziale della legge di bilancio connessa alle modifiche europee che non ha visto il Parlamento in grado di adeguare anche le sue procedure rispetto a quello che è cambiato nel quadro della legge economica e finanziaria del nostro Paese, introducendo la legge di stabilità.
Voglio sottolineare un aspetto che credo sia essenziale in termini politici: si può continuare a chiedere le dimissioni del Governo, ma nessuno può dire che non sia legittimo che il Governo e il Presidente del Consiglio vengano in quest'Aula a chiedere una nuova fiducia politica, perché di questo si tratta e questo è previsto dalla Costituzione. È stato richiamato l'articolo 94 e noi dobbiamo rispondere soltanto all'articolo 94, che non prevede le dimissioni nel caso in cui un ramo del Parlamento bocci uno dei provvedimenti del Governo, e prevede le dimissioni soltanto in presenza di un voto di sfiducia.
Noi dobbiamo domani certificare attraverso questa verifica se c'è o meno una maggioranza politica e parlamentare. Questo è il senso della richiesta che viene posta e questo è il non senso di quello che si continua a chiedere, anche con una certa spocchiosità, da parte dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, mi permetta soltanto di correggerla. L'onorevole Milo mi risulta essere nel gruppo Popolo e Territorio e quest'oggi ha partecipato ai lavori della Giunta per il Regolamento esprimendo il suo autorevole parere.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, poiché non mi è parso di ascoltare altre parole interpretative riguardo al richiamo fatto dall'onorevole Cicchitto all'articolo 94 della Costituzione, non avendo minimamente la pretesa di interpretarlo nel giusto modo, vorrei semplicemente dire che non mi è parso di ascoltare un comma che trovo essenziale di questo articolo. Magari qualcuno che avrà voglia di rivedere lo studio e la preparazione degli atti costituenti potrà verificare se quello che dico è completamente campato in aria, ma vorrei dire che l'articolo 94 della Costituzione, secondo la mia umile interpretazione, signor Presidente, quando afferma: «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere», e poi aggiunge: «Ciascuna Camera accorda e revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale», non c'è dubbio che fa riferimento a un atto fondamentale in quella che io interpreto essere la ratio di questa norma, cioè il momento della formazione del Governo, tant'è che quello che io non ho sentito - non so se è perché il collega Cicchitto lo ha omesso ovvero perché io non l'ho sentito - è che ci sono altre due righe al comma successivo dove è scritto: «Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia». Questo mi fa pensare che l'origine intrinseca di questa norma non fosse pensata per le centinaia di volte in cui di volta in volta il Governo chiede la fiducia, bensì per un momento solenne che è quello della formazione del Governo.
Concludo con un'altra notazione: è vero, e qui è testuale, che c'è il comma successivo che recita: «Il voto contrario di una o entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni», ma i padri costituenti non avrebbero potuto probabilmente pensare che di voti ce ne sarebbero stati 91 e non 1, quindi probabilmente dopo 91 anche quello che per 1 si prevedeva non essere necessario, opportunità politica e dignità potrebbero suggerire che è il caso di prenderne atto.

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, vorrei esprimere una precisazione. La ringrazio per aver ricordato la vicenda dell'onorevole Milo, però ci tengo a sottolineare un aspetto e un passaggio che credo siano cruciali: nel momento in cui l'onorevole Milo è passato nel gruppo di Popolo e Territorio, all'epoca dei Responsabili, era stato nominato dal gruppo Misto e contemporaneamente ella ha nominato per il gruppo Misto l'onorevole Lanzillotta del Misto-Alleanza per l'Italia.
Nessun capogruppo, né il capogruppo precedente di Popolo e Territorio né il sottoscritto, ha indicato in Milo la persona che rappresentava il gruppo all'interno della Giunta. Questo solo per una precisazione.

PRESIDENTE. Per ulteriore precisazione, le ricordo che nel Regolamento è scritto espressamente che i membri della Giunta sono nominati dal Presidente della Camera e non dai gruppi.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per rammentare al simpatico collega Giachetti che l'interpretazione dell'articolo 94 della Costituzione non può essere affidata ad una estemporanea lettura del testo per modellarlo alle esigenze di qualsiasi parte politica. È appena appena evidente, a leggerlo integralmente, come la mozione di fiducia o di sfiducia non sia «geneticamente» preordinata semplicemente, come egli in qualche modo ha detto, alla nascita del consenso, ma è una costante che può essere sempre attivata in corso di lavori della Camera per poter esprimere, da parte di chi ne abbia ragione, un compiacimento o un non compiacimento dell'operato del Governo. Pag. 15
In altri termini, l'articolo 94 è una sorta di valvola per il funzionamento della democrazia parlamentare e invocare l'articolo 94 per sminuirne il contenuto, che correttamente il presidente Cicchitto ha dato, mi sembra davvero non consentito.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 13 ottobre 2011, alle 11:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

La seduta termina alle 14,25.