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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 597 di lunedì 5 marzo 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 15.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 febbraio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bergamini, Bocchino, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, La Malfa, Leone, Mazzocchi, Milanato, Moffa, Nirenstein, Leoluca Orlando e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ventinove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 2 marzo 2012, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive): S. 3110 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività» (5025) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), III, IV, V, VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XII, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti il deputato Paolo Grimoldi in sostituzione del deputato Raffaele Volpi, dimissionario.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far Pag. 2parte della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali il deputato Pippo Gianni, in sostituzione del deputato Fabio Gava, dimissionario.

Discussione del progetto di legge costituzionale: Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (Approvato, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-B) (ore 15,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del progetto di legge costituzionale, già approvato, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato, d'iniziativa dei deputati Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4205-B ed abbinati)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Ha facoltà di parlare, in sostituzione del relatore per la Commissione affari costituzionali, l'onorevole Zaccaria, vicepresidente della stessa Commissione.

ROBERTO ZACCARIA, Vicepresidente della I Commissione. Signor Presidente, il testo unificato della proposta di legge costituzionale A.C. 4205-B ed abbinate, avente ad oggetto l'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, giunge alla Camera in seconda lettura. Questo testo, infatti, è stato approvato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati il 30 novembre 2011 e, dal Senato della Repubblica, il 15 dicembre 2011.
L'articolo 1 novella interamente l'articolo 81 della Costituzione, il quale, insieme con l'articolo 119 e altre norme costituzionali, detta i principi sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, i quali concorrono a definire la disciplina costituzionale dei rapporti economici.
Altri articoli del testo novellano gli articoli 97 e 117.
L'articolo 5 disciplina con legge costituzionale i contenuti di una legge di contabilità rinforzata.
In sintesi, penso che si possa dire che questo intervento realizza, attraverso la legge di revisione costituzionale che stiamo approvando, uno degli interventi più complessi, al di fuori della riforma del Titolo V, più incisivi, più condivisi e forse anche tra i più rapidi mai realizzati su uno dei nodi più delicati del testo costituzionale.
Ricordo che, fino ad ora, abbiamo approvato 14 leggi di revisione costituzionale e circa 15 leggi costituzionali che, quindi, non novellano direttamente il testo costituzionale, ma intervengono su altri profili. Quindi, siamo di fronte ad un intervento che ha caratteristiche veramente importanti.
Il primo comma dell'articolo 81, come riformulato dal progetto di legge in esame, pone l'obbligo per lo Stato di assicurare per il proprio bilancio l'equilibrio tra le entrate e le spese, tenendo conto delle fasi avverse e favorevoli del ciclo economico. Pag. 3
Il secondo comma dell'articolo 81 nel nuovo testo reca la disciplina delle possibili deroghe alla regola generale sancita dal primo comma, stabilendo che il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti al verificarsi di eventi eccezionali.
Gli eventi eccezionali, al verificarsi dei quali è consentito il ricorso all'indebitamento, sono individuati in via generale dal successivo articolo 5, comma 1, lettera d). Tali eventi eccezionali possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Il ricorso all'indebitamento, sempre in base a quanto previsto dal citato articolo 5, comma 1, lettera d), deve comunque essere accompagnato dalla definizione di un percorso di rientro.
Il terzo comma del nuovo testo dell'articolo 81 riproduce con alcune modifiche disposizioni attualmente previste dal quarto comma del medesimo articolo relative all'obbligo di copertura finanziaria delle leggi.
In particolare, il nuovo testo prevede che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provveda i mezzi per farvi fronte. L'obbligo di copertura finanziaria è, quindi, configurato come obbligo di provvedere e non più solo di indicare i mezzi per far fronte ai nuovi maggiori oneri e non più alle spese. Tale obbligo di copertura vale, inoltre, per ogni legge e non più solo per ogni altra legge come previsto nel testo vigente, dove con «altra legge» si intende ogni legge diversa da quella di bilancio.
Il nuovo quarto comma riproduce, nella sostanza, il primo comma del vigente articolo 81, stabilendo che le Camere ogni anno approvano il bilancio - e non più i bilanci - e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. La disposizione è coerente con la soppressione dell'attuale terzo comma, in base al quale con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. In sostanza, si prevede che anche la legge di bilancio, avendo perso il carattere di legge formale che tradizionalmente aveva, qualora importi nuove o maggiori spese, debba reperire le risorse per farvi fronte.
La norma conferma la disciplina dei rapporti costituzionali tra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione di bilancio, ribadendo i principi dell'annualità del bilancio, della sua decisione parlamentare, dell'obbligo di rendicontazione, della unità e unitarietà del bilancio, nonché il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione e alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio. Il nuovo quinto comma riproduce senza modifiche il secondo comma del vigente articolo 81, che consente l'esercizio provvisorio del bilancio.
Il nuovo sesto comma reca una norma con la quale viene demandato ad una apposita legge - oggetto di approvazione a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera - il compito di stabilire il contenuto della legge di bilancio, nonché le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito nel complesso delle pubbliche amministrazioni nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale. Quindi, da questo punto di vista, non c'è soltanto la revisione, ma la previsione di una legge costituzionale che è al di fuori del testo costituzionale, ma che in qualche modo si collega con esso.
L'articolo 2 premette all'articolo 97 della Costituzione, concernente la pubblica amministrazione, un nuovo comma, secondo il quale le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. La modifica dell'articolo 97 ha la funzione di generalizzare l'obbligo di equilibrio di bilancio, rendendolo valido per tutte le pubbliche amministrazioni della Repubblica.
L'articolo 3 novella l'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, attribuendo la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» alla competenza legislativa Pag. 4esclusiva statale e non più - come nel riparto vigente - alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni. Si realizza così un ampliamento delle competenze dello Stato. La conseguenza di maggior rilievo è, quindi, che lo Stato non vede più la propria competenza in materia limitata, come è attualmente, ai soli principi fondamentali, ma la espande anche alla normativa di dettaglio. A ciò si accompagna la contestuale attribuzione allo Stato della potestà regolamentare sulla materia, in forza del comma sesto del medesimo articolo 117 della Costituzione, e il conseguente venir meno della competenza regolamentare delle regioni.
L'articolo 4 novella l'articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione. In particolare, il periodo aggiunto alla fine del primo comma dell'articolo 119 - che nel testo vigente fissa il principio dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle autonomie territoriali - introduce due nuovi elementi: in primo luogo, condiziona detta autonomia al «rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»; in secondo luogo, prescrive che le autonomie territoriali concorrano «ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea».
Il principio del «pareggio di bilancio» viene così riferito alla singola autonomia territoriale - «nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci» - anche se, con il nuovo sesto comma dell'articolo 119 della Costituzione, assume rilievo l'equilibrio complessivo dell'aggregato regionale degli enti locali.
Il periodo aggiunto alla fine del sesto comma, secondo periodo, dell'articolo 119, della Costituzione, che nel testo vigente consente l'indebitamento delle autonomie territoriali «solo per finanziare spese di investimento», introduce due ulteriori condizioni all'indebitamento delle autonomie territoriali: in primo luogo, richiede «la contestuale definizione di piani di ammortamento»; in secondo luogo, impone che «per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio».
L'introdotto principio dell'equilibrio del bilancio del singolo ente trova, dunque, nella disciplina della facoltà di indebitamento dello stesso singolo ente, una sua esplicita, ma disciplinata eccezione. Sono due le nuove condizioni poste al debito che, pur in presenza della possibilità di indebitamento del singolo ente, confermano il rispetto del principio del pareggio, ma su due diversi piani: sul piano intertemporale, a livello dello stesso singolo ente (definendo il piano di ammortamento, l'ente garantisce l'equilibrio totale sul complesso del periodo dato); e sul piano interterritoriale (posto che il debito è possibile solo se è compensato dall'equilibrio dell'aggregato regionale di cui l'ente fa parte).
Tale normativa va letta in connessione con quanto disposto dall'articolo 5, comma 2, lettera b), del testo in esame, in base al quale la citata legge di contabilità «rinforzata», di cui ho parlato in precedenza, disciplina anche la facoltà dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, così come modificato in base al testo in esame.
L'articolo 5 - diversamente dai primi quattro articoli, dei quali ho parlato finora, del progetto di legge in esame - non reca novelle al testo della Costituzione, configurandosi, quindi - analogamente al successivo articolo 6 - come disposizione di rango costituzionale, ma non facente parte della Costituzione.
In particolare, il comma 1 dell'articolo affida alla «legge di cui all'articolo 81, sesto comma, della Costituzione» - ossia alla legge di contabilità oggetto di approvazione a maggioranza qualificata - la disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, di numerosi temi, elencati sia al primo sia al secondo comma dell'articolo.
La lettera a) del comma 1 individua, tra i contenuti di tale legge, la disciplina delle verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti della finanza pubblica. La lettera b)Pag. 5prevede che la legge disciplini l'accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni. Detti scostamenti dovranno essere analizzati distintamente a seconda che essi siano dovuti all'andamento del ciclo economico, all'inefficacia degli interventi o ad eventi eccezionali.
L'ammontare complessivo di tali scostamenti di segno negativo assume rilievo al fine dell'adozione di misure di correzione, secondo quanto stabilito dalla successiva lettera c), la quale disciplina l'ipotesi in cui, al verificarsi di tali scostamenti, sorga la necessità di procedere con misure di correzione dei conti pubblici.
In particolare, la legge dovrà individuare il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati di cui alla precedente lettera b) e corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo, al superamento del quale si richiede l'adozione di interventi di correzione.
La lettera d) esplicita, come abbiamo detto all'inizio, gli «eventi eccezionali» che, ai sensi del novellato secondo comma dell'articolo 81 della Costituzione, consentono di ricorrere all'indebitamento. Più in dettaglio, il testo in esame demanda alla legge a procedura rafforzata la definizione delle seguenti fattispecie, che vengono a configurarsi quali eventi eccezionali ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione. Li abbiamo già ricordati: gravi recessioni economiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali.
La lettera e) demanda alla predetta legge di contabilità l'introduzione di regole sulla spesa finalizzate a consentire la salvaguardia degli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica.
La lettera f) prevede che sia disciplinata l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale vanno attribuiti compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio.
La lettera g) concerne il tema della garanzia dei diritti fondamentali e della cosiddetta solidarietà «verticale» tra lo Stato e i livelli di governo territoriale. In particolare - con riferimento al contenuto della legge di contabilità «rinforzata» - la legge dispone che questa disciplini le modalità con cui lo Stato concorre ad assicurare il finanziamento da parte delle autonomie territoriali (che si definiscono «gli altri livelli di governo») - dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.
Ciò avviene in due ipotesi: da una parte, nelle fasi avverse del ciclo economico, e, dall'altra parte, nelle gravi recessioni economiche, nelle crisi finanziarie e nelle gravi calamità naturali, ossia negli eventi eccezionali per i quali la precedente lettera d) consente allo Stato il ricorso all'indebitamento, non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo che consente interventi correttivi.
La norma dunque chiarisce, sia pure in via incidentale, che tali ipotesi di finanziamento statale possono realizzarsi «anche in deroga all'articolo 119 della Costituzione», configurando pertanto una modifica al contenuto precettivo del testo costituzionale.
Il comma 2 dell'articolo 5 elenca, nelle lettere da a) a c), tre ulteriori temi che la legge «rafforzata» di contabilità dovrà disciplinare. Il primo ambito, individuato dalla lettera a), è quello del «contenuto della legge di bilancio statale», mentre gli altri due sono temi inerenti al sistema delle autonomie territoriali, vale a dire la facoltà dei diversi enti territoriali di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, così come modificato dall'articolo 4 del progetto di legge in esame e, ancora, le modalità attraverso le quali i medesimi enti concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni (questo in particolare alla lettera c)). Pag. 6
Ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 la legge di contabilità «rafforzata» è approvata entro il 28 febbraio 2013.
Il comma 4 del medesimo articolo dispone, infine, che le Camere esercitino la funzione di controllo sulla finanza pubblica, con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni, secondo modalità stabilite dai rispettivi regolamenti.
Infine, l'articolo 6 prevede che le disposizioni di cui alla proposta di legge costituzionale in esame si applichino a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per la V Commissione, onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, il risanamento e la stabilizzazione della finanza pubblica rappresentano la pre-condizione per consentire all'Italia di affrontare con successo gli scenari competitivi determinati dalla globalizzazione e di registrare tassi di crescita economica adeguati.
Le ragioni che avevano suggerito al Parlamento un procedimento di approvazione accelerato per il provvedimento in discussione - la volontà di stabilizzare la finanza pubblica e di fornire un'immagine solida ed affidabile del Paese - appaiono oggi ancora pienamente valide e, anzi, ancora più evidenti alla luce degli ulteriori impegni assunti dall'Italia nell'ambito dell'Unione europea. Se, infatti, in occasione della prima deliberazione, il Parlamento era chiamato a tenere presente essenzialmente gli impegni assunti dal Governo con il Patto euro plus del 25 marzo 2011, volto a sollecitare l'introduzione, a livello nazionale, di disposizioni normative, preferibilmente ma non necessariamente, di livello costituzionale, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità e crescita, oggi il quadro europeo risulta più articolato e dettagliato ed idoneo a condizionare in misura più penetrante i legislatori nazionali.
Nel corso della riunione del Consiglio europeo straordinario del 1o marzo scorso è stato sottoscritto uno schema di «trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria». Il nuovo trattato, pur essendo stato stipulato al di fuori del quadro istituzionale dell'Unione europea e delle relative procedure, è volto a sviluppare il Patto euro plus nonché ad implementare il sistema risultante dal pacchetto di sei atti legislativi dell'Unione europea approvato il 23 novembre in materia di governance economica, il cosiddetto six pack. Il contenuto fondamentale del trattato è costituito da un patto di bilancio, il cosiddetto fiscal compact, diretto a rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e a promuovere la governance economica dell'eurozona, in modo da supportare gli obiettivi della crescita sostenibile, dell'occupazione nonché della competitività e della coesione sociale. In particolare, le parti contraenti, fermo restando il rispetto del diritto dell'Unione europea, sono impegnate ad introdurre e ad applicare, entro un anno dall'entrata in vigore del trattato, con norme vincolanti e a carattere permanente, preferibilmente di tipo costituzionale, nella procedura di bilancio nazionale, le seguenti regole: il bilancio delle pubbliche amministrazioni dovrà essere in pareggio o in attivo; tale regola si considera rispettata se il disavanzo strutturale delle pubbliche amministrazioni rispetta l'obiettivo a medio termine specifico per Paese, come stabilito dalla recente modifica del Patto di stabilità, con un deficit che non eccede lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo; gli Stati contraenti potranno temporaneamente deviare dall'obiettivo a medio termine o dal percorso di aggiustamento solo nel caso di circostanze eccezionali, ovvero eventi inusuali che sfuggono al controllo dello Stato interessato o che hanno un impatto significativo sul bilancio, ovvero in periodi di grave recessione, salvaguardando la stabilità del bilancio nel medio termine; nel caso di deviazioni significative dal valore di riferimento o dal percorso di aggiustamento verso di esso, le parti contraenti Pag. 7dovranno attivare un meccanismo di correzione automatica, da definire sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione, che includa l'obbligo per la parte contraente interessata di attuare misure per correggere la deviazione entro un determinato termine temporale.
Il provvedimento in esame, pur essendo stato approvato in prima deliberazione dalla Camera il 30 novembre scorso, appare idoneo a garantire il perseguimento di tutti gli obiettivi indicati dal nuovo trattato e dalla più recente normativa dell'Unione europea in materia di governance economica. Lo dico perché abbiamo iniziato l'esame prima che questo accordo venisse stipulato e abbiamo anche la soddisfazione di sottolineare che ciò che abbiamo in qualche modo scritto noi in Commissione è coerente con quello che poi è stato definito in sede europea. Allo stesso tempo il provvedimento, per come è congegnato, è tale da lasciare al livello nazionale quel margine di discrezionalità necessario ad affrontare contingenze future ed eventi imprevisti. Nello specifico, all'articolo 2, il pareggio di bilancio viene introdotto in Costituzione facendo riferimento all'equilibrio dei bilanci di tutte le pubbliche amministrazioni, ivi inclusi quindi gli enti territoriali dotati di autonomia di entrata e di spesa costituzionalmente garantita, da attuare «in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea». Tale formulazione appare dotata della flessibilità necessaria a recepire, tra l'altro, la regola contenuta nel trattato secondo la quale l'obiettivo di medio termine, espresso in termini di disavanzo strutturale, può ritenersi rispettato qualora il deficit non ecceda lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo.
Appare in tal senso trovare conferma la scelta del Parlamento di fare riferimento, nell'articolato, al concetto di equilibrio e non di pareggio, quest'ultimo contenuto, peraltro, nel titolo del provvedimento e destinato ad assumere rilievo in sede di interpretazione e applicazione della disciplina di bilancio anche a livello subcostituzionale.
Risulta coerente, inoltre, la scelta di qualificare la nozione di equilibrio facendo riferimento alle fasi favorevoli e a quelle avverse dei ciclo economico, nonché di consentire l'indebitamento al fine di considerare gli effetti del ciclo economico, in modo da potere agevolmente riferirsi, in sede di applicazione del disposto costituzionale, al concetto di disavanzo strutturale. Lo schema di trattato fa, infatti, espresso riferimento all'equilibrio strutturale e prevede, come accennato, che, sempre in termini strutturali, venga calcolato il deficit ammesso.
Inoltre, le circostanze eccezionali determinate da un evento inconsueto, al di fuori del controllo delle parti contraenti, previste dal trattato quali giustificazioni idonee a deviare temporaneamente dagli obiettivi di bilancio appaiono trovare all'articolo 5, comma 1, lettera d) del provvedimento in oggetto un'adeguata tipizzazione ed una specifica disciplina aderente alla loro peculiare natura. Tale disposizione, peraltro, risulta altresì coerente con il Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell'8 novembre 2011, che ha modificato il Regolamento (CE) n. 1467/1997 del Consiglio, del 7 luglio 1997, che ammette il superamento del valore di riferimento per il disavanzo qualora l'evento inconsueto abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria, ovvero risulti giustificato da una grave recessione economica.
Anche il meccanismo di correzione automatica delle deviazioni dall'obiettivo di medio termine attraverso misure da adottare tempestivamente, previsto dall'articolo 3, commi 1 e 2, del trattato, trova un adeguato riscontro nel meccanismo prefigurato, sia pure in termini generali, sempre dall'articolo 5, comma 1, lettere b), c) e d) del provvedimento che richiede di accertare le cause degli scostamenti rispetto alle previsioni di finanza pubblica, al fine di distinguere quelli legati all'andamento del ciclo economico, che non richiedono misure di correzione, quelli dovuti all'inefficacia degli interventi e quelli riconducibili agli eventi eccezionali di cui si è detto. Gli scostamenti negativi Pag. 8riferibili a queste ultime due tipologie dovranno essere registrati su uno specifico conto e, una volta superato un determinato limite percentuale rispetto al prodotto interno lordo, si dovrà intervenire con misure di correzione. Il predetto limite può, tuttavia, essere superato quando lo scostamento negativo è dovuto ad eventi eccezionali, ma solo previa definizione di un apposito piano di rientro.
Ulteriori disposizioni del provvedimento risultano quantomeno opportune alla luce di un altro atto normativo dell'Unione europea, ossia la proposta di Regolamento COM(2011)821 definitivo, presentata il 23 novembre 2011, recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri dell'eurozona, la quale prevede, tra l'altro, che gli Stati debbano pubblicare annualmente i propri programmi di bilancio a medio termine basati su previsioni economiche fornite da un organismo indipendente, nonché istituire un ente di controllo indipendente per il monitoraggio degli andamenti di bilancio.
Analogamente la direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell'8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, prevede che il controllo effettivo e tempestivo dell'osservanza delle regole numeriche di bilancio sia basato su un'analisi affidabile ed indipendente eseguita da organismi indipendenti rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri. Al riguardo, viene in evidenza l'articolo 5, comma 1, lettera f) del provvedimento in oggetto ove sono rese costituzionalmente necessarie verifiche, non solo preventive, ma anche a consuntivo, sugli andamenti di finanza pubblica che dovranno essere affidate ad un organismo indipendente da istituire presso le Camere, al quale attribuire, altresì, compiti di analisi della finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio da parte di Governo e Parlamento. In merito alla necessità di poter fare affidamento su organismi indipendenti, si esprime in termini inequivoci anche l'articolo 3, comma 2, del trattato che sottolinea il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni responsabili a livello nazionale di monitorare l'osservanza delle regole di bilancio.
Volendo completare la verifica della coerenza del provvedimento con la più recente legislazione dell'Unione europea, occorre ricordare come, sempre l'articolo 5, comma 1, lettera e) del provvedimento preveda l'introduzione di regole sulla spesa al fine di salvaguardare gli equilibri di bilancio e di ridurre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, in linea con il Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che riforma il Patto di stabilità e crescita, ai sensi del quale la crescita annua della spesa non deve superare un tasso di riferimento commisurato al potenziale di crescita del PIL.
Inoltre, la proposta di regolamento COM(2011)821 definitivo prevede che gli Stati membri dispongano di «regole di bilancio numeriche sul saldo di bilancio che, applicate ai processi di bilancio nazionali conseguono l'obiettivo di bilancio a medio termine».
Si osserva, inoltre, che il rispetto della disciplina europea e, al contempo, la possibilità di un suo adeguamento che tenga conto delle specificità del nostro Paese risulta facilitato dalla scelta effettuata dal Parlamento con il provvedimento in esame di intervenire in maniera articolata su tre livelli: poche ed essenziali novelle della Carta; alcune disposizioni più puntuali, sempre di livello costituzionale, volte ad assicurare spessore ed efficacia ai principi contenuti nelle novelle; il rinvio ad una legge ordinaria, da approvare a maggioranza assoluta, della disciplina di dettaglio.
Come si è visto, il provvedimento in esame conferisce forza e valore costituzionale ad alcuni istituti fondamentali della nuova governance europea. Anzi, oserei dire che l'Italia sarebbe così probabilmente il primo Paese a recepirli in qualche modo nel proprio ordinamento. Intendo dire a recepirli tutti, non soltanto la scelta del pareggio di bilancio. È una Pag. 9scelta impegnativa che conferma la volontà dell'Italia di proseguire il cammino intrapreso sulla strada del consolidamento della finanza pubblica assicurandone la piena coerenza attraverso l'assoluta trasparenza delle procedure contabili e la predisposizione di istituti che assicurino il conseguimento degli obiettivi predefiniti.
In questo quadro risulta di estrema rilevanza il ruolo che viene ad assumere il nuovo organismo indipendente, destinato ad operare, in piena autonomia, presso il Parlamento e che dovrà essere disciplinato in coerenza con i principi definiti nell'ambito dell'Unione europea e tenendo conto degli standard elaborati a riguardo in sede OCSE sulla base dell'esperienza maturata da una pluralità di analoghi organismi in altri Paesi non solo europei. L'entrata in funzione di tale organismo appare destinata ad accrescere la credibilità e l'affidabilità dell'Italia sul piano internazionale, con riflessi positivi sui giudizi del mercato e degli investitori, agevolando la comunicazione di quanto il nostro Paese sta facendo nel settore della finanza pubblica al fine di assicurare una stabilità duratura ai conti pubblici nazionali.
Secondo l'opinione di alcuni economisti, alcuni dei quali sono stati ascoltati dalle Commissioni riunite in occasione dell'esame in sede referente finalizzato alla prima deliberazione del provvedimento, il pareggio di bilancio rappresenterebbe un vincolo eccessivamente rigido, specie se introdotto per via costituzionale, che può ritenersi giustificato nell'attuale fase del ciclo economico, ma non può valere come regola di valenza generale e con carattere permanente.
Un dato incontestabile e che risulta consolidato alla luce dell'attività istituzionale e normativa dell'Unione europea successiva al primo esame della materia da parte delle Commissioni riunite, sembra in ogni caso costituito dall'assunzione del principio del pareggio del bilancio quale elemento fondante nel medio-lungo periodo della politica di stabilizzazione finanziaria dell'eurozona. Resta il problema, da tutti riconosciuto, ma spesso, come emerge da ultimo dal trattato al quale si è accennato, più a parole che attraverso atti e fatti concreti, dell'altrettanto incontestabile necessità per i Paesi dell'Unione europea di incrementare i rispettivi tassi di crescita e di poter competere a livello internazionale.
Il provvedimento al nostro esame non può risolvere tale ultima fondamentale questione. Si può, tuttavia, ritenere che, se visto nel suo complesso, esso presenti margini di elasticità e di flessibilità non trascurabili e, in particolare, non precluda affatto ma, al contrario, agevoli, a fronte di una precisa garanzia in termini di corretta ed equilibrata gestione della finanza pubblica a livello nazionale, il perseguimento in ambito europeo di strategie che si pongano come obiettivi la crescita, l'occupazione e la competitività.
L'esame in Commissione in terza lettura ha consentito di confermare il consenso unanime dei gruppi parlamentari riguardo al provvedimento che introduce una riforma ampiamente condivisa e della cui opportunità la stessa opinione pubblica appare consapevole.
Dovremmo adesso avviare l'attività volta a definire il contenuto della legge da approvare a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, attraverso la quale dovranno trovare applicazione i principi e gli istituti introdotti dal provvedimento in esame. Si tratta con tutta evidenza di un passaggio essenziale, in quanto volto ad assicurare concretezza ed effettività al disegno tracciato dalla legislatura costituzionale, da compiere con sollecitudine in modo da completarlo e mi auguro e riterrei opportuno anche prima del termine del prossimo mese di febbraio indicato nel provvedimento.
Sono persuaso che il Parlamento, come già accaduto con il provvedimento di cui stiamo discutendo, debba svolgere a tale riguardo un ruolo determinante, potendo tuttavia contare sul costante sostegno del Governo.
Nell'ambito della Commissione bilancio del Senato è stata richiesta l'attivazione di un gruppo di lavoro tecnico, che coinvolga il Parlamento ed altri soggetti istituzionali, Pag. 10al fine di elaborare i temi che dovranno essere oggetto del disegno di legge di attuazione.
Anche a nome del presidente della I Commissione (Affari costituzionali), Donato Bruno, e dei rappresentanti dei gruppi della I Commissione (Affari Costituzionali) e della V Commissione (Bilancio) invito pertanto il Ministro per i rapporti con il Parlamento a costituire un gruppo di lavoro tecnico al quale potrebbero partecipare la Camera, il Senato, il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché i rappresentanti della Corte dei conti, della Banca d'Italia e dell'ISTAT, al fine di effettuare l'attività istruttoria necessaria alla predisposizione della legge prevista dal provvedimento al nostro esame. Ritengo che procedere sollecitamente in tale direzione sia essenziale e che occorra avere come obiettivo la predisposizione di un prodotto legislativo che esprima una nuova concezione, non solo con riferimento ai vincoli europei, della disciplina della contabilità e della finanza pubblica (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, il tema dell'equilibrio di bilancio è stato molto approfondito dalla dottrina economica e costituzionale. In estrema sintesi si può dire che la dottrina prevalente considera che tale principio facesse parte della Costituzione materiale degli Stati liberali, compresa l'Italia e si sostanziasse non solo nella corrispondenza di entrate e uscite nella contabilità formale dello Stato, ma anche nella necessità che le spese fossero integralmente coperte dalle entrate tributarie. Deroghe a questo principio potevano essere ammesse solo in casi eccezionali, come tipicamente gli eventi bellici, nei quali si poteva ricorrere all'indebitamento o all'emissione di nuova moneta. L'eccezionalità di tale ipotesi richiedeva un rapido rientro dal debito contratto, al fine di non compromettere, tra l'altro, la stabilità del valore di cambio della moneta.
L'avvento dell'economia sociale e di mercato e l'approccio interventista dello Stato in economia hanno messo in crisi sin dal primo dopoguerra questo dogma del pareggio di bilancio, sicché, nella maggior parte degli Stati che si ispirano a tale modello, è divenuto normale il fenomeno del deficit di bilancio. A partire dagli anni Ottanta, le banche centrali hanno cominciato a rifiutare di finanziare il deficit dei bilanci statali attraverso l'acquisto dei titoli del debito rimasti invenduti sul mercato. In Italia, proprio negli anni Ottanta si consumava il cosiddetto divorzio tra Banca d'Italia e il Tesoro. L'articolo 81 della Costituzione nella sua attuale formulazione, al di là dell'intenzione dei costituenti, non ha costituito un argine alla creazione dei disavanzi, soprattutto per l'interpretazione che ne è stata data dagli attori politici e dalla stessa giurisprudenza.
La stessa creazione nel 1978 della legge finanziaria e la prassi di non approvare preliminarmente la misura massima del ricorso all'indebitamento, consentirono il crearsi di significativi deficit di bilancio. Nella prassi e nella dottrina prevalente si riteneva che l'articolo 81 non ponesse limiti alla creazione di disavanzi, quanto piuttosto si preoccupasse che la legislazione di spesa estemporanea adottata dal Parlamento non alterasse gli equilibri assunti nella decisione di bilancio. Si consolidò, inoltre, con l'avallo della giurisprudenza costituzionale, la legittimità di coperture realizzata attraverso il ricorso a prestiti. La dissennata politica di spesa proseguita nel corso del ventennio 1970-1990 ha così portato il rapporto tra debito pubblico e PIL dal 38 per cento del 1970 al 100 per cento del 1990 ed agli ancor più elevati livelli attuali.
L'interpretazione affermatasi dell'articolo 81 della Costituzione fu avversata in dottrina principalmente dal gruppo di Milano, coordinato da Gianfranco Miglio, che elaborò un'articolata proposta che, se accolta, avrebbe introdotto nella Costituzione Pag. 11dei limiti alla creazione di deficit eccessivi e forme di controllo più efficaci delle leggi di spesa da parte della Corte costituzionale. Venendo ai tentativi di riforma più recenti della Costituzione si può ricordare che il testo elaborato dalla Commissione bicamerale D'Alema nel 1997 prevedeva una riformulazione dell'articolo 81 della Costituzione in forza del quale lo Stato avrebbe potuto indebitarsi solo per sopperire a spese di investimento. Le proposte di riforma della Costituzione non giunte ad effetto nelle ultime due legislature non hanno direttamente investito le disposizioni costituzionali oggetto della presente proposta. Per quanto concerne le pregresse posizioni della Lega Nord non può non ricordarsi che, fin dal suo apparire, il movimento ha fatto del contrasto alla spesa pubblica irresponsabile dello Stato centrale uno dei propri cavalli di battaglia. La fondamentale riforma federalista rappresenta infatti, tra le altre cose, una risposta efficace alla responsabilizzazione dei diversi soggetti titolari di poteri di spesa all'interno dell'ordinamento, avvicinando il livello di spesa a quello di «presa fiscale», con la finalità di assicurare un uso oculato delle risorse pubbliche.
Si deve altresì ricordare che la Lega Nord in più occasioni ha sottolineato, anche attraverso emendamenti (ad esempio in occasione dell'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione), la necessità di porre limiti costituzionali alla pressione fiscale, nonché di esplicitare che l'imposizione fiscale a livello decentrato non debba essere aggiuntiva ma sostitutiva di quella statale, evitando così il fenomeno della doppia imposizione.
Per venire alle misure approvate dal Governo Berlusconi e caldeggiate dalla Lega Nord, incidenti sul contenimento dei disavanzi, può ricordarsi innanzitutto l'imposizione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario per le regioni in deficit, principalmente collocate al centrosud, con la possibilità di commissariamento e, in caso di mancata adozione del piano di rientro, l'applicazione di aumenti delle aliquote IRAP e dell'addizionale IRPEF regionale.
I decreti legislativi che hanno dato attuazione alla delega sul federalismo fiscale, contengono altresì molte misure di contenimento dei disavanzi. Si pensi solo al passaggio dalla spesa storica ai costi standard per finanziare la spesa sanitaria o alle sanzioni dell'incandidabilità introdotte per i presidenti di regione, i sindaci, o i presidenti di provincia, che abbiano cagionato dissesti finanziari ai rispettivi enti amministrati. Infine la Lega Nord ha dato pieno appoggio alle manovre finanziarie correttive succedutesi dalla primavera scorsa, per effetto delle quali si raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013.
La formulazione proposta dell'articolo 81 non appare del tutto chiara con riguardo alla previsione della garanzia, nelle fasi avverse del ciclo economico in presenza di eventi eccezionali, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. La formula appare eccessivamente generica e discrezionale e potrebbe aprire un varco significativo al finanziamento della spesa in deficit senza che sia chiaro se ciò possa avvenire anche senza passare dalla nuova legge aggravata prevista dal medesimo articolo, senza considerare che la disposizione sembra configurare nuovi interventi perequativi dello Stato non in linea con quanto previsto nella riforma del federalismo fiscale.
Qualche perplessità può essere rilevata anche in ordine al potere di impugnativa delle leggi attribuito alla Corte dei conti, non solo in relazione alla configurazione costituzionale di tale organo (come rilevato dalla II Commissione Giustizia), ma anche in relazione alla capacità della Corte costituzionale di assolvere queste funzioni con la necessaria tempestività. Non si comprende peraltro se il controllo debba essere preventivo o successivo. Nel primo caso la rapidità di intervento sarebbe ancor più necessaria. Si tenga altresì presente che è noto come in passato la Corte costituzionale con una giurisprudenza creativa, e qualche volta «ad orologeria», Pag. 12abbia aperto con proprie sentenze, delle vere e proprie voragini nei conti pubblici (si pensi solo alla materia previdenziale), sicché nel momento in cui se ne ampliano le attribuzioni, sarebbe anche opportuno sancire che i vincoli di bilancio che si impongono al Governo e al Parlamento, debbano valere anche per le pronunce dei giudici delle leggi.
Nel corso dell'esame del provvedimento, era stato presentato dalla Lega Nord un emendamento a firma dell'onorevole Volpi, diretto ad abrogare il riferimento ai vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in ordine all'obbligo di pareggio di bilancio. L'emendamento, già presentato in Commissione, intende rivendicare, anche concettualmente, lo spazio spettante alla sovranità nazionale con riguardo alle fondamentali scelte costituzionali. Durante il primo passaggio in questa Aula era stato presentato anche un subemendamento a prima firma Simonetti (che non era stato accolto) che era diretto ad assicurare che nelle fasi avverse del ciclo economico, lo Stato concorresse a garantire le funzioni fondamentali degli enti locali. Nella sostanza questo è un provvedimento che la Lega Nord aveva contribuito a generare all'inizio, alcuni mesi fa, quando eravamo al Governo insieme al Popolo della Libertà, e quindi nella sostanza siamo favorevoli affinché questo pareggio di bilancio venga inserito nella Costituzione.
Naturalmente quando non si è più al Governo non si ha la possibilità di intervenire direttamente affinché i provvedimenti che si vogliono portare avanti rappresentino in pieno le proprie istanze. Quindi noi saremmo favorevoli su questo tema, saremmo attendisti, vorremmo vedere la legge che poi dovrà dare attuazione a questo principio, come verrà delineata, cosa conterrà e se veramente saprà contenere tutti quegli aspetti che non solo noi, ma anche altri, hanno posto in evidenza. Non posso però non sollevare un'altra questione. Noi ci stiamo dirigendo verso il pareggio di bilancio dando per scontato che le azioni del Governo, quindi poi degli altri enti locali e non, siano coerenti con questo principio.
Mentre, però, il Parlamento sta facendo questo, il Governo e la maggioranza che lo sostiene, stanno portando avanti altri provvedimenti che sembrano andare nella direzione opposta. Voglio solo ricordare, per esempio, il fatto di riportare nella Tesoreria unica dello Stato tutti i soldi che sono attualmente nella disponibilità degli enti locali, soldi che, dove gli enti sono stati virtuosi, sono stati accantonati per poter dar corso al pagamento delle opere già realizzate, piuttosto che realizzarne di nuove. Si è così introdotto il presente concetto: gli enti virtuosi che hanno disponibilità economiche concorrono ad aumentare la possibilità di spesa dello Stato, mentre gli enti locali che non hanno queste possibilità perché, appunto, non sono virtuosi, ma, anzi, viaggiano sempre in deficit, concorreranno a portare nel bilancio dello Stato solamente il loro deficit e i loro debiti, realizzando, quindi, una specie di pareggio di bilancio, in qualche modo, tra enti locali, perequando però il nord col sud e, di fatto, probabilmente, non generando nessuna vera ricchezza a livello statale, ma anzi impoverendo gli unici enti locali che adesso potrebbero avere la possibilità di rilanciare l'economia, cioè quelli del nord che hanno possibilità di spesa in questo senso.
Lo stesso tema lo vediamo con il decreto su Roma capitale dove, all'interno di nuove funzioni che vengono trasferite alla città di Roma, contrariamente alle previsioni originarie, nelle quali queste funzioni dovevano essere tolte ad altri enti come la provincia o la regione Lazio, di fatto le medesime funzioni si sovrappongono e, con la formula magica presente sempre nell'ultima frase delle leggi, ossia che il tutto dovrà avvenire senza nuovi oneri a carico dello Stato, si cerca di coprire il fatto che non vi saranno ulteriori spese. In realtà, posta così la questione, significa semplicemente che lo Stato non dovrà avere nuovi oneri, ma per le nuove spese che le funzioni rappresenteranno per la città di Roma, bisognerà trovare le necessarie Pag. 13fonti di finanziamento e queste verranno trovate, appunto, nel fondo unico nel quale confluiranno i soldi degli enti locali del nord. Si tratta sempre di un trasferimento di capitali da nord a sud.
Circa il federalismo avevamo iniziato, e la questione del pareggio di bilancio andava nello stesso senso, cioè quello di dare sicurezza e la possibilità di verificare che chi gestisce e spende i soldi di tutti possa essere, appunto, controllato ed eventualmente sanzionato, appunto nel caso facesse male. Di fatto, tutte le azioni del Governo negli ultimi due mesi, sono andate nel senso di bloccare il processo federalista e di bloccare tutta questa grande riforma che doveva appunto servire a rilanciare lo Stato e tutti gli enti locali nel loro insieme.
Riguardo al Patto di stabilità, come ci siamo detti tante volte, è vero che anche noi, quando siamo stati al Governo, non siamo riusciti ad incidere più di tanto sulla normativa, per liberare risorse al nord. Questo sicuramente è un nostro limite. D'altra parte, per chi se ne fosse dimenticato, noi eravamo al Governo con l'8 per cento e, nonostante questo, siamo riusciti a fare tante buone cose; ma non sul Patto di stabilità.
Ricordo come il presidente della V Commissione bilancio, l'onorevole Giorgetti, forse nel suo primo intervento in quest'Aula tre anni e mezzo fa, cercava di far capire al Governo la necessità di liberare risorse per gli enti locali. Purtroppo per noi, anche lui è rimasto inascoltato su questo tema. Una voce nel deserto come un profeta errante, anzi fisso, qua in quest'Aula.

RENATO CAMBURSANO. Preparate le vie del Signore!

PIERGUIDO VANALLI. Peccato che il Signore arriverà tardi per salvare l'Italia. Vedremo, quindi, con l'attuazione pratica dell'articolo 81 e del resto della norma relativa al pareggio di bilancio, se tutte queste aspettative potranno essere da noi recepite come favorevoli azioni del Governo o se, invece, ci troverete ancora qui a lamentarci del fatto che, anche in questa occasione, non si tiene in considerazione un aspetto centrale di tutta la nostra azione politica, cioè la possibilità di riconoscere a chi amministra bene, non dico dei premi, però perlomeno di essere stato bravo, ma, soprattutto, per chi amministra male, la possibilità di sanzionarlo concretamente, perlomeno con la non rielezione e la non candidabilità, e con la necessità che i cittadini del proprio territorio concorrano a ripianare i debiti che questi amministratori fanno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è un passaggio molto importante, ossia il terzo passaggio di una legge costituzionale; è sempre un passaggio storico quando si modifica la Costituzione. Si introduce il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
Ringrazio il sottosegretario D'Andrea per essere presente. Francamente, signor Presidente, le faccio notare che questo dibattito, pur in terza lettura, avrebbe meritato la presenza del Ministero dell'economia e delle finanze, non dico del Ministro, ma quanto meno di un Viceministro, che però, riguardo alla presenza in Parlamento, credo non la ritenga tra i suoi compiti principali, dal momento che si è visto poco in quest'Aula, pur avendo superato i cento giorni di permanenza al Governo. Ringrazio comunque il sottosegretario D'Andrea, sempre attento, che porterà le nostre istanze più in generale al Governo e, quindi, anche al Ministro dell'economia e delle finanze.
Ho detto che si tratta di un passaggio importante. Per noi questo passaggio è iniziato lo scorso agosto nel momento più acuto della crisi. Ricorderanno i colleghi la riunione in tempi eccezionali delle Commissioni Bilancio riunite in cui abbiamo deciso tutti insieme di avviare questo percorso di modifica costituzionale che riteniamo fondamentale. Pag. 14
Gli uffici in questi giorni ci hanno preparato un raffronto tra le disposizioni del disegno di legge costituzionale e le recenti normative dell'Unione europea in materia di bilancio e finanza pubblica, e il testo è coerente con tutti i passaggi che ci sono stati a livello europeo. Ne hanno dato perfettamente conto i relatori, l'onorevole Zaccaria e il presidente Giorgetti, che ringrazio. Vorrei tuttavia ricordarvi il patto europlus che è del 24-25 marzo 2011; le modifiche al regolamento per il rafforzamento della sorveglianza che è del 16 novembre 2011; le modifiche al regolamento per l'accelerazione del chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi che è dell'8 novembre; la direttiva del Consiglio sempre dell'8 novembre relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione di documenti programmatici di bilancio e, da ultimo, il fiscal compact, il Trattato sulla stabilità definito il 30 gennaio e firmato nei giorni scorsi.
L'Italia è perfettamente in linea con questi provvedimenti europei e già da agosto aveva assunto come responsabilità primaria quella di modificare la Carta fondamentale per darsi limiti che la situazione generale imponeva. Infatti la crisi ha imposto nei singoli Stati membri un profondo ripensamento, come sappiamo, delle politiche della spesa pubblica. Dobbiamo cercare soluzioni in grado di combinare la sostenibilità dei nostri bilanci con il sostegno alla crescita e all'occupazione ma, soprattutto, dobbiamo salvaguardare i tratti essenziali del modello sociale europeo. Questo chiama direttamente in causa la capacità della politica di trovare a livello di Unione e in quello nazionale, un equilibrio avanzato tra queste istanze, riaffermando, secondo me, i principi e i valori dell'economia sociale di mercato. La crisi impone all'Unione, ma soprattutto ai Paesi dell'area euro, di decidere se fare un salto di qualità verso la costruzione di un vero e proprio Governo dell'economia, o accettare un sostanziale fallimento del progetto della moneta unica, che pregiudicherebbe gravemente qualsiasi progetto di ulteriore integrazione in senso federale. Molti paesi devono decidere se proseguire con una visione di lungo periodo un'idea più ambiziosa e solidale d'Europa, o cedere alle pulsioni nazionalistiche, che in molte opinioni pubbliche stanno emergendo, quale reazione agli effetti della crisi. Non è secondario che il nuovo Trattato sia stato firmato da 25 membri su 27.
In terzo luogo le vicende recenti, in particolare le pressioni speculative nei confronti di alcuni Stati, sembravano prospettare il rischio di una grave alterazione dei rapporti tra istituzioni politiche e organi tecnici e mercati. Vorrei soltanto richiamare alla memoria le manovre dei grandi fondi speculativi e alcuni discutibili giudizi delle agenzie di rating sul debito sovrano di alcuni Stati, che non sono mai stati fondati su dati economici, ma su valutazioni meramente politiche.
Quindi, il nuovo sistema di governance delineato dagli atti che ho richiamato e dalla modifica del Trattato, più che rispondere ad un disegno strategico coerente, ancora, secondo me, sembra essere stato imposto dalla combinazione di due fattori principali: il continuo peggioramento della situazione, con i rischi gravissimi a cui l'intera area euro è stata esposta, che ha imposto questi continui ritocchi, e per altro verso la visione incentrata solo ed esclusivamente sulla stabilità delle finanze pubbliche, affermata da alcuni Stati membri, che sembra comunque una visione in via di superamento. Ci vuole una posizione più netta, più coerente e ferma dell'intera Unione per fermare la speculazione nei mercati finanziari. Ma la precondizione a cui faceva riferimento il presidente Giorgetti è appunto quella che stiamo mettendo in atto - io mi auguro velocemente, nei tempi previsti con la quarta lettura del Senato -, questa del principio del pareggio di bilancio.
Vedo già circolare sulla rete forti critiche: da una parte, chi ci richiama al rischio di questo rigore («la popolazione Pag. 15verrà in questo modo impoverita progressivamente e inevitabilmente») e, dall'altra, chi invece ritiene che le norme che stiamo introducendo siano troppo vaghe e pericolose. Si dice - lo dicono editorialisti - che l'equilibrio del bilancio non è il pareggio di bilancio. Però le modifiche all'articolo 81, di cui il relatore Zaccaria ha dato conto, rispondono ampiamente a queste cose e quindi l'equilibrio è fra entrata e spesa, anche se una parte fondamentale è rimandata ai successivi provvedimenti che dovremo prendere. Il presidente Giorgetti ha fatto ampio riferimento all'articolo 5, alla legge prevista dall'articolo 81, che deve essere messa in campo, e nella riforma costituzionale vi sono tutti gli elementi, ma soprattutto questo: l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente, al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio. Infatti, negli impegni europei che abbiamo assunto vi sono anche i meccanismi di correzione automatica entro l'anno, oltre ovviamente a pesanti sanzioni. Allora, dobbiamo farci carico delle migliori esperienze europee in questo senso, affinché vi sia questa commissione fiscale indipendente che riesca a valutare e rendere noti ai cittadini gli effetti sul debito pubblico dei programmi e dei progetti economici. Molte esperienze vi sono in questo senso in Europa, dall'Olanda, al Belgio, alla Svezia e alla Gran Bretagna, delle quali fare tesoro. Pertanto, sosteniamo con forza, sottosegretario D'Andrea, la richiesta che il presidente Giorgetti le ha avanzato affinché il Ministro Giarda si attivi perché questo gruppo di lavoro tecnico veda la presenza, attraverso i funzionari, della Camera e del Senato, del Ministero dell'economia, della Banca d'Italia, dell'ISTAT, della Corte dei conti, per preparare questo processo. Sarà un processo lungo e difficile, che noi dobbiamo assumere con assoluto senso di responsabilità. Decidere che l'Italia sarà a pareggio di bilancio nei prossimi anni è una scelta complessa e difficile, ma è una scelta pesante. Voglio ricordarvi l'anno 2010, in cui abbiamo chiuso il nostro bilancio con un deficit di oltre il 5 per cento, che tradotto vuol dire che lo Stato ha speso 80 miliardi in più di quelli che ha incassato in quell'anno. Ma nel 2011 l'abbiamo chiuso con 3,9 punti di deficit, quindi abbiamo speso 60 miliardi in più di quelli che abbiamo incassato.
Nel 2012, chiuderemo, secondo le previsioni, con una diminuzione pari a 1,6 per cento, che corrisponde, comunque, a 27 miliardi di euro in più rispetto a quelli che abbiamo incassato; tuttavia, ci siamo dati l'obiettivo di arrivare al pareggio di bilancio nel 2013.
Come si ottiene, dunque, il pareggio di bilancio? Oggi dobbiamo interrogarci anche sui margini di manovra che questo Paese ha e che sono evidenti a tutti. Se dobbiamo rispettare il pareggio di bilancio, non possiamo più operare in deficit e dobbiamo fare conto sulle risorse che abbiamo. Le risorse che abbiamo vanno spese meglio e, quindi, il riferimento alla rivisitazione della spesa - meglio nota come «spending rewiev» - appare oggi un dato essenziale ed irrinunciabile da perseguire e da porre in atto. Dobbiamo rivedere gli effetti della spesa, perché non avremo più possibilità di operare in deficit.
Questo impegno ci interroga anche su un altro versante, che è quello delle entrate: l'altro margine di manovra consiste nel perseguire l'obiettivo di limitare al massimo l'evasione fiscale. Queste sono le due condizioni nazionali che abbiamo per poter essere coerenti con ciò che oggi scriviamo.
La terza condizione - l'hanno detto tutti, sia i relatori che l'onorevole Vanalli - è quella della crescita. Ho parlato di due condizioni nazionali: questa, invece, dipende non solo dall'Italia, ma dalle scelte che faremo. È ovvio a tutti - lo sanno le famiglie, lo sanno le imprese, lo sanno i singoli cittadini - che nessuno può onorare i propri impegni o i propri debiti se non lavora di più, se non produce di più, se non cresce di più. Solo la crescita può aiutarci a ridurre il debito pubblico, innanzitutto, Pag. 16perché vi è una questione, che viene sempre richiamata, tra il numeratore - che è il debito, questa montagna di 1.900 miliardi di euro, che ci costa, ormai, 85 miliardi di euro all'anno di interessi - e il denominatore, cioè la compatibilità del Prodotto interno lordo. Solo crescendo si possono modificare questi due fattori.
Pertanto, la precondizione per crescere si trova oltre i confini nazionali, ed è la seguente: nei momenti di crisi, quante volte si è detto che la crisi dell'euro è determinata dal fatto che non c'è un garante di ultima istanza, che la Banca centrale europea non svolge questo ruolo? I paralleli fatti con la Federal Reserve e con altri istituti - uno Stato, una banca - sono evidentemente impropri. Noi abbiamo una banca per 17 Paesi: solo se i 17 Paesi sono a posto, il garante è rafforzato nell'agire. Il garante si è rafforzato, comunque, e ha agito negli ultimi tempi solo grazie al fatto di aver evitato, in Italia, una crisi che avrebbe determinato, come conseguenza immediata, la crisi dell'Eurozona. Solo l'operazione che abbiamo fatto in Italia ha potuto far cambiare strada e strategia all'Unione europea e farci guardare, oggi, con più ottimismo.
Vorrei citare solo un dato, che, a mio avviso, rappresenta la madre di tutte gli errori commessi in questa fase: mi riferisco alla questione greca. Come sappiamo, la Grecia vale il 2 per cento dell'Unione europea, mentre l'Italia vale il 18 per cento: che il 98 per cento non potesse farsi carico, in una fase più celere e con maggiore energia, del problema della Grecia ci appare inspiegabile. La decisione presa sul default pilotato della Grecia di far intervenire i privati per coprire il debito pubblico greco ci è apparsa, e ci appare ancora, come l'errore fatale. Il famoso private sector involvement cosa ha prodotto? Ha prodotto per gli investitori internazionali il fatto di dire: ho un titolo che ho pagato 100, e poi lo ritrovo che vale il 30 per cento. Dunque, cos'è l'euro, e chi lo garantisce?
In più, oggi, dopo la riorganizzazione del debito greco, le banche sono in assoluta difficoltà perché hanno perso gran parte del loro patrimonio, avendo sottoscritto il debito pubblico. Ebbene, non credo che possano sostenere adeguatamente la ripresa di quel Paese.
Tuttavia, se oggi si può dire e si è riconosciuto che questo private sector involvement, che era stato deciso da 27 Paesi, è stato un errore e che i 27 Stati hanno deciso che quella pratica venga tolta di scena, vuol dire che siamo di fronte ad uno scenario nuovo. Qual è lo scenario nuovo che dobbiamo identificare? Se questa è la condizione, riconosciamo che l'Italia oggi non è più un problema ma è una soluzione: l'Italia riceveva lettere, a cui si affrettava a rispondere, dalla Banca centrale europea e dall'Unione europea, mentre oggi scrive lettere all'Unione europea. Faccio riferimento alla lettera che il Primo Ministro Monti ha firmato insieme a dodici Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea per chiedere e sostanziare la «fase 2». È una lettera in otto punti, secondo me ben centrati, in cui si chiede di lavorare più intensamente nell'apertura di questo grande mercato di 500 milioni di persone, a partire dal settore dei servizi, che oggi rappresenta i quattro quinti della nostra economia; si chiede di creare le condizioni per un mercato unico realmente digitale; di creare un mercato interno autentico, efficace ed efficiente nel settore dell'energia; di raddoppiare il nostro impegno nei confronti dell'innovazione, della creazione dell'area europea della ricerca; di offrire ai mercati globali più apertura; di concludere accordi di libero scambio con l'India, con il Canada, con i Paesi dell'area orientale, con il Mercosur, col Giappone e, più ambiziosamente si propone una ulteriore spinta politica all'approfondimento dell'integrazione economica con gli Stati Uniti prendendo in esame tutte le opzioni, compresa quella di un accordo di libero scambio. Il sesto punto della lettera chiede di ridurre il peso delle normative europee, soprattutto per le piccole imprese, mentre il settimo di agire a livello internazionale, rispettando le competenze nazionali, per promuovere un mercato del lavoro più funzionante, con più opportunità di occupazione Pag. 17per i giovani e maggiori livelli di partecipazione al mercato del lavoro. L'ultimo punto, che considero sostanziale, prevede iniziative per costruire un settore dei servizi finanziari che sia solido, dinamico e competitivo ma soprattutto che abbia regole, regole nuove, regole più stringenti. Infatti, è vero quel che si dice, che da questa crisi, rispetto alla regolazione dei mercati finanziari, oggi, non è successo niente e mi riferisco alla separazione tra banche commerciali da un lato e «banche ombra» e banche di investimento dall'altro, alle vendite allo scoperto di titoli a scadenza futura, al divieto del commercio di derivati nella misura in cui non sia consentito dalle autorità di vigilanza delle borse, ad una regolamentazione, come ho detto prima, delle agenzie di rating che sono entrate in questa crisi, molto spesso, a gamba tesa.
Siamo di fronte ad un problema enorme: quello del debito pubblico. In questo Paese il problema del debito pubblico è storico, noi lo vogliamo risolvere in questo modo. Tra l'altro il fiscal compact, oltre a prevedere il pareggio di bilancio nei limiti che i relatori hanno ricordato, impone una riduzione del rapporto deficit - PIL, che oggi è al 120 per cento, al 60 per cento nei prossimi vent'anni; questo, per noi, vuol dire qualcosa come 40-45 miliardi di euro all'anno di riduzione. Con le deroghe che abbiamo negoziato, l'Italia è stata in grado di rimettere in discussione, in questa nuova fase, accordi e protocolli già scritti e sottoscritti.
Questo la dice lunga sull'affidabilità di questo Governo. Con le deroghe ammesse, con i cosiddetti fattori rilevanti, per noi ce n'è uno molto importante, che è quello del risparmio netto del settore privato, che per noi rimane il tema principale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Vannucci.

MASSIMO VANNUCCI. Concludo, signor Presidente. Voglio in questa sede ricordare il Ministro Padoa Schioppa che non perdeva mai occasione per ricordarci come qualsiasi politica giovanile, cioè rivolta al futuro, che non si ponesse il problema di lasciare alle future generazioni un peso meno invadente del debito, era il modo per lasciare invece a chi veniva dopo una grande palla al piede che non rende operativo il nostro Paese. Ebbene, la crisi che si è determinata nel mondo è partita prima sul sistema bancario e poi si è scaricata sui debiti sovrani, su quelli dello Stato.
Non è stato il nostro caso. Il nostro problema prescindeva da quello delle banche. Fortunatamente non è stato così perché non saprei proprio come saremmo potuti uscirne. Tuttavia il nostro problema esisteva ed oggi lo mettiamo in una via di soluzione molto importante e, mi fa molto piacere, con la condivisione generale di tutto il Parlamento, quindi delle forze che si riconoscono in questo Governo ma anche delle forze che non si riconoscono.
Signor Presidente, ho concluso. Questo è il tempo della responsabilità. L'Italia è chiamata a questa grande prova. È una fase complessa e difficile, in cui la politica deve cercare di essere all'altezza e c'è un moltiplicarsi di capacità di mediazione. I paralleli però si possono fare con fasi ben più difficili che il nostro Paese ha vissuto e superato, quali quelle della grande inflazione, del terrorismo, della ricostruzione post bellica. Credo che in questo filone dobbiamo trovare le migliori esperienze che questo nostro Paese ha dato al mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è stato notato che spira un vento di ottimismo in Europa e, certo, in questi tempi non è poco, dopo la riforma del fiscal compact da parte di venticinque Paesi, con la sola esclusione, come sappiamo, del Regno Unito e della Repubblica Ceca. Sono venticinque i Paesi sottoscrittori che a Bruxelles si sono impegnati al pareggio annuale, da inserire in Costituzione, con un deficit entro lo 0,5 per cento Pag. 18del PIL. I debiti eccessivi verranno portati verso il 60 per cento del PIL in venti anni, ma, come sappiamo, il Governo Monti ha efficacemente negoziato parametri più favorevoli anche per l'Italia perché si terrà conto, ai fini del rientro annuale, dell'indebitamente privato, della stabilità del sistema pensionistico e di altri parametri.
I relatori, i presidenti Zaccaria e Giorgetti, hanno già illustrato con molto scrupolo e in modo puntuale la lunga evoluzione che ci ha portato verso la firma del fiscal compact, che si basa sul principio del pareggio di bilancio come obbligo da inserire in Costituzione o in leggi rafforzate, a partire dal Patto Euro Plus del 24 marzo 2011 fino ai più recenti accordi. Dunque, noi ora, in seconda lettura del nuovo articolo 81, proseguiamo, come Unione di Centro e Terzo Polo, con grande determinazione e chiarezza l'impegno che abbiamo assunto già da molti mesi con un certo anticipo su questo tema, intorno ad un concetto chiaro e semplice. Il vecchio articolo 81 non è bastato, anche alla luce di una certa giurisprudenza costituzionale, ad impedire negli anni la crescita del debito pubblico, che è diventato enorme, oggi sappiamo intorno al 120 per cento del PIL, scaricando gli effetti delle scelte sulle generazioni future. Dobbiamo correggere questo meccanismo anche da un punto di vista dell'etica e della buona politica poiché non si può governare scaricando gli effetti delle scelte sulle generazioni future.
Occorreva dunque un nuovo articolo 81, più forte e lo abbiamo trovato dopo un serrato confronto, prima alla Camera e poi al Senato. Questo è motivo di orgoglio per chi, come noi, crede molto nelle virtù del confronto parlamentare e del metodo delle larghe intese. Nel nuovo articolo 81 abbiamo scritto principi chiari, che meritano di essere ricordati. Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti al verificarsi di eventi eccezionali. Dunque, una concezione dinamica, come tra poco meglio dirò, e non un vincolo statico, come i critici di questa soluzione hanno voluto evidenziare criticando o paventando la totale fine di una sovranità statale in materia economica.
L'articolo 81 nel testo novellato ribadisce che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte e che le Camere ogni anno approvano con legge di bilancio il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Infine, è molto importante il sesto comma del nuovo testo dell'articolo 81. Ci dice che il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali, i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese di bilancio e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.
È questo il nuovo impianto, frutto di un grande approfondimento, naturalmente di teoria e anche dottrinario (ne sono state prese in considerazione diverse), dell'esempio delle esperienze e dei principi introdotti in particolare in Spagna, in Germania e in Francia. Abbiamo condiviso tutto ciò tra le principali forze del Parlamento e direi anche ben oltre, anche con le più critiche. Ne emerge che la natura del vincolo di bilancio che abbiamo introdotto nella riforma al nostro esame si basa appunto su un concetto di equilibrio che appare caratterizzato da una connotazione di carattere dinamico connessa alla sostenibilità nel tempo del saldo considerato di equilibrio.
Il concetto di pareggio attiene, invece, alla posizione contabile di eguaglianza tra entrate e uscite. Il saldo di equilibrio potrebbe non coincidere con il pareggio qualora altri fattori, quali lo stato della crescita del PIL o lo stock di debito accumulato, risultassero suscettibili di incidere Pag. 19sulla sostenibilità nel medio periodo di tale saldo. Ad esempio, in presenza di un tasso di crescita sostenuto del PIL e di uno stock di debito contenuto in rapporto al PIL potrebbe risultare sostenibile nel medio periodo anche una posizione di deficit moderato. È sulla base di tali ipotesi che, come è noto, già il trattato di Maastricht fissava rispettivamente al 3 per cento e al 60 per cento in rapporto al PIL le soglie consentite di deficit e debito. Viceversa, in condizioni di crescita bassa o nulla e di uno stock di debito molto elevato, il pareggio del bilancio potrebbe risultare non sufficiente a garantire la sostenibilità del debito nel medio periodo - quindi, non di equilibrio - e rendere necessario un avanzo, qualora l'inasprirsi della situazione critica sui mercati finanziari rendesse imprescindibile un intervento incisivo e prolungato volto ad abbattere lo stock del debito.
Come dicevo, appunto, una nozione dinamica, che risponde alle critiche e alle preoccupazioni sulle perdite di sovranità, poiché l'economia e il governo del bilancio restano agli Stati nazionali, sia pure in coerenza con gli impegni comunitari.
Ancora, un altro fondamentale principio è stato quello che si è assunto con l'articolo 2, che introduce una modifica all'articolo 97 della Costituzione per stabilire che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». In questo modo, senza modificare la parte prima della Costituzione, come pure si era prospettato in sede di esame, il principio viene esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, dello Stato e non.
Abbiamo, poi, ritenuto molto importante stabilire un nuovo principio di coordinamento e di armonizzazione dei bilanci pubblici e, perciò, con l'articolo 3 si è provveduto a modificare l'articolo 117 della Costituzione, riportando sotto la competenza dello Stato l'armonizzazione dei bilanci pubblici. È un principio molto importante, su cui non manca neppure qualche zona diciamo di dubbio interpretativo. Sappiamo che la Corte costituzionale ritiene che l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario costituiscono, tutto sommato, una sola materia, si tratta di un'endiadi. Invece, la Corte dei conti ritiene che non sia così, il che potrebbe creare qualche problema interpretativo in ordine all'esatta estensione di questa competenza riattribuita allo Stato. Ma, insomma, al netto di queste interpretazioni, riteniamo che la lettura più estensiva, già prospettata dalla Corte costituzionale, sia la più corretta. Il principio di fondo è che pur in un'epoca «glocale», dove certamente anche le comunità locali si confrontano con i temi dell'internalizzazione dell'economia, della globalizzazione e delle nuove tecnologie, tuttavia occorre che le comunità siano coordinate nelle dimensioni nazionali e, dunque, che gli Stati possano armonizzare i bilanci per partecipare all'azione europea, comunitaria e internazionale, con la dovuta forza.
Ho sottolineato l'importanza degli altri principi ma, in particolare, bisogna dire che l'articolo 5 introduce, a differenza degli altri che novellano direttamente la Costituzione, una norma di rango costituzionale che, appunto, disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, i contenuti e i principi, le verifiche preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica che dovranno, appunto, essere stabiliti con legge annuale; l'accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelli dovuti all'andamento del ciclo economico, all'inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali; il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati di cui alla lettera b), già ricordati, corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo; la definizione delle gravi recessioni economiche; l'introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo; l'istituzione presso le Camere, analogamente ad altri istituti come l'Office for Budget Responsibility nel Regno Unito e il Pag. 20Congressional Budget Office negli Stati Uniti, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazioni delle osservanza delle regole di bilancio.
Inoltre, le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali, può concorrere ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, affinché non siano proprio questi ad essere penalizzati da politiche eccessivamente restrittive di bilancio. Dunque una riforma ampia, molto meditata e direi anche molto completa e devo dire che questa legge di cui ci parla l'articolo 5, dai contenuti essenziali come ho appena ricordato, dovrà essere approvata entro il 28 febbraio 2013, quindi dobbiamo davvero metterci al lavoro.
Onorevoli colleghi, il ciclo di grandi riforme che stiamo mettendo in campo con il Governo Monti e con il fondamentale ruolo dei partiti e dei gruppi parlamentari che lo sostengono deve essere davvero un punto di orgoglio per l'Italia e per noi stessi. È tempo di collaborazione costruttiva, di una politica pragmatica ed efficace in ogni campo, anche in quello delle riforme istituzionali, per modernizzare il Paese. La collaborazione tra le forze moderate e riformiste sta dando i sui frutti ed è in grado di affrontare molti nodi e di vincere molte sfide, anche quelle che appaiono più urgenti per l'economia e la crescita: una buona spending review, il sostegno reale delle banche alle imprese, con una migliore fluidità del credito, il pagamento sollecito dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso imprese e fornitori, la capacità di aggredire ai fini di una sostanziale riduzione lo stock del debito pubblico.
Noi dell'Unione di Centro per il Terzo Polo abbiamo fiducia che anche queste sfide possano essere vinte, come pure quella essenziale della crescita dell'Europa politica e del maggior governo della finanza. Abbiamo fiducia e vogliamo dimostrarlo al Paese e al mondo già a partire dal voto favorevole su questa fondamentale riforma costituzionale sul pareggio di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, dobbiamo confermare in questa terza lettura del provvedimento al nostro esame la grande rilevanza di questa riforma costituzionale e ribadire le ragioni di fondo che ne sono alla base. Il principio del pareggio di bilancio deve essere introdotto nella Costituzione non solo perché c'è una grave crisi finanziaria di inaudita violenza che ha investito l'Occidente e perché l'Europa ci chiede regole di bilancio in grado di garantire la sostenibilità del nostro debito pubblico, ma perché si tratta di una regola condivisibile, opportuna e necessaria in sé, che avremmo dovuto darci da molto tempo. Dobbiamo introdurre questa regola nella nostra Costituzione dopo aver finalmente raggiunto il pareggio di bilancio per il 2013 - in precedenza solamente Minghetti, nel 1875, raggiunse questo risultato - non solo grazie ai provvedimenti del Governo Monti, ma prima di esso soprattutto grazie all'azione del Governo Berlusconi che, con tutte le manovre compiute nel corso della legislatura ed in particolare nel momento in cui è esplosa la crisi finanziaria, l'estate scorsa, ha compiuto passi decisivi per il risanamento e la stabilizzazione della finanza pubblica.
Dobbiamo introdurre questa regola del pareggio di bilancio nella Carta innanzitutto per una ragione di equità fra le generazioni. Le generazioni più anziane della società hanno goduto di benefici sotto forma di una maggiore spesa il cui prezzo viene pagato dalle nuove generazioni, quindi una modifica costituzionale importante non solo per il presente ma per generazioni future. Si tratta di un principio di ordine etico-morale che avrebbe potuto essere inserito addirittura Pag. 21tra i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Dobbiamo introdurre questa regola perché sono evidenti i limiti del vigente articolo 81 della Costituzione.
Se nelle intenzioni dei nostri padri costituenti l'articolo 81 avrebbe dovuto assicurare la naturale tendenza al pareggio di bilancio, abbiamo visto che purtroppo le intenzioni dei costituenti, certamente rigorose, non hanno poi trovato riscontro nella realtà, che è stata una realtà di costante aggiramento, di elusione e violazione dell'articolo 81, con la conseguente esplosione del nostro debito pubblico, fino al 120 per cento del PIL. L'esperienza italiana è quella che più ha fatto registrare una sorta di paradosso del keynesismo. Keynes non aveva mai teorizzato che il bilancio pubblico potesse essere permanentemente in deficit, come è accaduto in Italia per decenni. Keynes intendeva piuttosto spostare l'orizzonte dell'equilibrio di bilancio dal singolo esercizio al ciclo economico. Invece, dalla serie storica del deficit di bilancio degli ultimi decenni è arduo rintracciare un qualunque legame tra andamento del deficit e ciclo economico. Il saldo di bilancio ha svolto non una funzione anticiclica ma, calpestando ogni insegnamento keynesiano, il suo esatto opposto, una funzione prociclica. I decenni nei quali più profondi sono stati i disavanzi di bilancio e nei quali si è quindi accumulato un debito sempre più ingovernabile, sono stati i decenni di espansione dell'economia. Al contrario, oggi l'Italia - e non solo l'Italia - è paradossalmente impegnata in rigorose politiche di riduzione del disavanzo fino all'obiettivo storico del suo azzeramento proprio in una fase economica recessiva. In questo senso, l'introduzione di un vincolo all'equilibrio di bilancio, accompagnato da una clausola di flessibilità per i bad times, non rappresenta l'abbandono completo dell'approccio di Keynes, ma piuttosto potrebbe essere interpretato come l'unico modo per cercare di proteggere Keynes dalla cattiva politica keynesiana. Dobbiamo introdurre questo principio nella nostra Costituzione, nella consapevolezza che la costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio non può essere ridotta a questione di natura meramente contabile e finanziaria.
Il tema coinvolge la concezione stessa della democrazia, investe uno dei pilastri dell'intero edificio istituzionale. Attraverso la «costituzione fiscale», infatti, vengono fissate le regole fondamentali entro le quali si svilupperanno le successive attività economiche e finanziarie degli apparati pubblici. In altre parole, con la «costituzione fiscale» si definiscono compiutamente le relazioni fra libertà e autorità, tra diritti individuali, diritti sociali e doveri fiscali, che rappresentano il cuore dei sistemi politici. Siamo di fronte, di fatto, ad una ridefinizione della nostra stessa forma di Stato. In particolare, si tratta di definire nuove regole tra gli attori istituzionali, in particolare quelle tra Parlamento e Governo. E qui purtroppo ricordo a mio avviso un'occasione mancata di una modifica del nostro testo costituzionale, ma mi auguro che ci sia spazio, nell'ambito della nuova riforma della Costituzione, che è in cantiere e che spero vada a compimento nel modo più adeguato possibile. Quando si parla di rafforzamento dei poteri del Governo, negli altri Paesi europei, in Germania con l'articolo 113, in Inghilterra e in Francia, il Governo dispone del potere di bloccare le decisioni di spesa o di riduzione delle entrate che comportino un aggravio a carico della finanza pubblica. È un potere fondamentale nel momento in cui passiamo dalla concezione del vecchio articolo 81 al pareggio di bilancio, perché con il pareggio di bilancio il difetto di copertura e la violazione dell'articolo 81 della Costituzione non riguarderebbe più la singola legge, che ha violato, ma l'intero bilancio. Di questo sarebbe responsabile evidentemente il Governo. Quindi, è a maggior ragione indispensabile, a mio avviso, oltre che in generale nell'ambito di una riforma che voglia dare finalmente al Governo lo stesso corredo di poteri di cui dispone negli altri Paesi europei, porsi una delle questioni fondamentali, che è proprio questa: la possibilità da parte del Governo di opporsi a decisioni che comportino un Pag. 22aggravio a carico della finanza pubblica. Questo non è stato fatto e mi auguro che sia possibile tornarci con la riforma costituzionale che, come dicevo, è in cantiere. Sicuramente un'altra più lieve occasione mancata è stata anche il fatto di non aver previsto che le Camere in sede di decisione e di programmazione annuale di finanza pubblica stabiliscano il livello massimo della spesa pubblica alla quale dovranno conformarsi sia le leggi di bilancio sia le leggi di spesa approvate successivamente.
Sarebbe stato, a mio avviso, un modo per dare maggiore consapevolezza al Parlamento e al Paese del livello della spesa e della pressione fiscale, in modo da rendere ogni decisione pienamente consapevole. Non si trattava della proposta di introdurre nella Costituzione la previsione di un tetto fisso della spesa pubblica, ma di prevederlo anno per anno, come, tra l'altro, già contemplava la legge n. 362 del 1988, perché questo renderebbe il Parlamento ed il Governo più consapevoli che il compito che abbiamo di fronte è quello della riduzione della spesa, non quello di aumentare la pressione fiscale, giunta ormai a livelli massimi e che deve essere, evidentemente, ridotta. Il grande compito che ci attende, quindi, è quello della riduzione della spesa e, in questo, una norma del genere ci avrebbe sicuramente aiutato.
Una modifica che, invece, è stata accolta positivamente, e che corrisponde ad una proposta emendativa presentata che ho presentato insieme al collega Bressa, è quella che affida al Parlamento un ruolo fondamentale, ossia quello di controllo della qualità e quantità della spesa. Vi è un rinvio ai Regolamenti parlamentari. Avremmo preferito una norma che prevedesse direttamente un organismo a questo fine, ma si è voluta scegliere la strada di demandare ai Regolamenti il compito di prevedere un organismo che attribuisca al Parlamento questo ruolo fondamentale di controllo della qualità e della quantità della spesa. Mi auguro che nell'ambito della riforma dei Regolamenti, anche questa quanto mai urgente, si proceda in questa direzione, perché questo è il compito futuro del Parlamento: non quello di inseguire singole e specifiche decisioni di spesa ulteriori, ma quello di andare a rivedere tutta la spesa pubblica. La cosiddetta spending review ha bisogno di strumenti ad hoc mentre, purtroppo, abbiamo visto che la Commissione bilancio, che pure ha questo compito e questa missione, di fatto non li svolge perché è assorbita dal procedimento legislativo. Una soluzione, però, deve essere trovata nell'ambito della riforma dei Regolamenti parlamentari. Vi è una norma, l'articolo 5 della Costituzione, che lo prevede e bisognerà darvi attuazione come - e sono d'accordo con quanto detto dai relatori - dovremmo fare sì che il Governo proceda nel tempo più breve possibile ad attuare il progetto di legge costituzionale di riforma dell'articolo 81, necessaria perché il meccanismo vada effettivamente a buon fine.
Detto questo, credo sia necessario svolgere un'ulteriore riflessione, di natura maggiormente politica, sull'introduzione nella Carta costituzionale del principio del pareggio di bilancio che stiamo per approvare in via definitiva.
In questi giorni il Governo ha firmato l'accordo sul fiscal compact, sottoscritto da 25 Paesi. Si tratta, a questo punto, alla luce di queste due novità fondamentali, di svolgere una riflessione sull'Europa che porti ad un'azione e a decisioni concrete per gli Stati Uniti d'Europa. Abbiamo visto, infatti, che la creazione della moneta unica senza una successiva azione stringente orientata a definire politiche economiche comuni si è rivelata debole e inefficace. Solo uno Stato politicamente unitario può sopportare, nel lungo periodo, una moneta unitaria. Quindi, è necessario compiere con urgenza passi stringenti verso la creazione degli Stati Uniti d'Europa, iniziando dalla necessità di dotare la Banca centrale europea di tutti gli strumenti utili per esercitare un vero ruolo di banca centrale e di dotare le istituzioni europee degli strumenti finanziari atti a svolgere un ruolo di sostegno alla moneta unica, come, ad esempio, gli eurobond, per occuparsi finalmente della crescita e dello Pag. 23sviluppo. Dopo il fiscal compact e dopo l'approvazione definitiva dell'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione non possono più esistere riserve o ragioni ostative in questa direzione.
Il fiscal compact - ne discuteremo quando la discussione verrà in Parlamento e lo esamineremo in dettaglio - indubbiamente comporta una significativa riduzione della nostra sovranità. L'Europa, d'altra parte, non può essere, meno che mai adesso, un'Europa a due, basata solo sull'asse franco-tedesco. Bene ha fatto Monti, bene ha operato, con l'iniziativa della lettera firmata da dodici Capi di Governo, emblematicamente non sottoscritta dalla Germania e dalla Francia. Ha fatto bene Monti a parlare, dopo il fiscal compact, di economic compact.
Ma non basta tornare a discutere di sviluppo, concorrenza e mercato unico. Occorre che a questa discussione seguano decisioni più precise e urgenti. Credo, quindi, che il Governo Monti debba utilizzare il sostegno, che trova in queste Camere, nel nostro Parlamento, per l'approvazione della riforma costituzionale sul pareggio di bilancio, per muoversi ancora con più forza in Europa per fare questi passi fondamentali, che sono necessari, Infatti, non si può procedere senza uno sviluppo, che non possiamo promuovere solo in Italia se non c'è un'azione concordata di tutta l'Unione europea, che è indispensabile anche per poter risolvere il problema del debito pubblico che, come è già stato detto e ricordato, non è possibile risolvere al di fuori di una situazione di crescita dell'economia.
Quindi occorre riportare in Europa la discussione e la decisione su grandi temi di politica economica e sulla costruzione dell'Unione politica europea. Questo credo che sia il messaggio politico fondamentale che sta alla base della decisione di approvazione in terza lettura - e mi auguro da parte del Senato in via definitiva - di questa importante e fondamentale riforma costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, questo progetto di legge costituzionale, approvato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, è frutto di diverse proposte dei gruppi parlamentari di questa Camera e trova il consenso della componente politica Grande Sud-PPA del gruppo Misto.
Il testo, approvato il 30 novembre 2011 alla Camera e il 15 dicembre al Senato senza modifiche, per divenire legge, in base all'articolo 138 della Costituzione, deve essere, come noto, approvato nuovamente in entrambi i rami del Parlamento.
Si introduce così nella Costituzione un principio che si chiama pareggio di bilancio, anche se non viene indicato esattamente così. Si parla soprattutto di equilibrio di bilancio, con un vincolo di sostenibilità del debito dell'insieme delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche degli enti territoriali, degli enti locali.
I relatori hanno illustrato molto dettagliatamente il progetto di legge in esame e, quindi, noi non riproponiamo lo stesso percorso, perché lo diamo per scontato. Diciamo che evidentemente c'è qualche preoccupazione proprio per l'interpretazione che si può dare al testo. Tuttavia penso che esso sia stato frutto di un dibattito per così dire molto approfondito e, quindi, possiamo pensare che si possa applicare anche senza tante varie interpretazioni, che possono aprire spazi ad un disequilibrio del bilancio. Qui pare che lo Stato assicuri l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Insomma l'articolo 81 così riformulato ci soddisfa, se il significato è quello che lo Stato assicura l'equilibrio, nel senso del pareggio di bilancio.
«Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali». Pag. 24
È chiaro che si affida al Parlamento un ruolo importante di controllo, come era auspicabile che avvenisse; pertanto, è giusta questa parte dell'articolo 81 modificato rispetto alla Costituzione vigente. È importante anche la modifica dell'articolo 97 della Costituzione; importantissima anche la modifica dell'articolo 117 - anche qui si inseriscono le opportune novità - ed anche quella dell'articolo 119 quando si parla di comuni, province, città metropolitane e di regioni le quali hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa «, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci,» - anche qui si parla di equilibrio e non di pareggio - «e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea».
Quindi, questa nostra iniziativa parlamentare è cominciata già in agosto, quindi non c'entra con il Governo Monti che ha però il merito di portarla avanti e di lavorare nella stessa direzione già iniziata dal Governo precedente, che aveva già preparato la partecipazione alla firma del patto. Si tratta di un patto importante di bilancio che è stato firmato a livello europeo e su cui certamente discuteremo, però si tratta di un patto che costituisce una svolta che, in fondo, in questa legge costituzionale già riprendiamo, nel senso che nella legge costituzionale della quale stiamo discutendo abbiamo previsto questo equilibrio di bilancio.
Il patto di bilancio firmato a livello europeo rappresenta quindi una pietra miliare nella storia dell'Unione europea, come lo ha definito la Cancelliera Merkel. Anche Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio dell'Unione europea, ha detto che è un successo e che gli effetti saranno profondi e di lunga durata e si è dichiarato ottimista sul fatto che tutti i Paesi membri lo ratificheranno nel loro stesso interesse.
Lo stesso Barroso ha dichiarato che il fiscal compact ristabilirà la stabilità e la fiducia nella zona euro. In sostanza, questo patto è il nocciolo della questione fiscale europea: con esso si mira ad aumentare la sorveglianza delle politiche di bilancio dell'Eurozona; quindi, ogni Paese deve aumentare la propria sorveglianza sulle politiche di bilancio delle amministrazioni locali e dell'amministrazione dello Stato.
Si noti che la discussione su questo punto non avviene solo in Europa e non solo nel momento della crisi, ma avviene in molti Paesi del mondo. In particolare, sta avvenendo negli Stati Uniti. Bisogna sapere che il deficit degli Stati Uniti è molto elevato e non comprende né il debito dei cinquanta Stati federali, né il debito degli enti locali americani, ma comprende solo il debito federale; il tentativo di Obama di introdurre nella Costituzione americana il principio del pareggio di bilancio è ostacolato da molte forze e, forse, anche, diciamolo pure, dalla cultura economica prevalente negli Stati Uniti che cerca di impedire questa introduzione.
In Europa la questione è un po' diversa, perché la crisi è stata importata in Europa: lì è nata e qui è stata importata. Abbiamo visto che c'è un documento firmato da cinque premi Nobel e da molti esperti e consulenti della precedente amministrazione Clinton e di altri Presidenti dell'una e dell'altra sponda politica che sconsiglia l'entrata di questo parametro.
Il pareggio di bilancio - se si arrivasse al pareggio di bilancio - dipende da due parametri: uno è il tasso di interesse in cui lo Stato non c'entra quasi niente, perché è il mercato che lo determina e, quindi, nella formuletta del pareggio di bilancio tale tasso non può essere una variabile che viene gestita dalle decisioni dello Stato, né degli enti locali né delle regioni.
L'altro parametro è il tasso di crescita del PIL; su di esso può intervenire lo Stato per raggiungere il pareggio di bilancio. Ma il pareggio di bilancio - è ovvio - non consente la riduzione della percentuale debito-PIL, cioè il 120 per cento non si abbassa se non c'è qualche altra cosa, cioè se al pareggio di bilancio non si arriva con una crescita del prodotto interno lordo. Quindi, è evidente che ci vuole qualcosa di più.
Ad una domanda - qui chiudo - fatta in televisione (in RAI) al Presidente Monti Pag. 25in occasione dell'intervista rilasciata a Fabio Fazio, che gli ha chiesto come si possa ridurre questo 120 per cento se il pareggio da solo non lo può fare, il Presidente Monti ha risposto: l'equilibrio del bilancio nel 2013 vuol dire che, al netto degli interessi pagati sul debito pubblico, l'Italia avrà un avanzo di bilancio pari al 5 per cento del PIL, e così si abbassa il rapporto debito-PIL.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, in questi giorni riflettendo su questo provvedimento mi sono posto tre domande. Tenterò di dare una risposta alla prima, mentre alle altre due, non avendo molto tempo a disposizione, spero di riuscire a rispondere nella giornata di domani in sede di dichiarazione di voto.
La prima domanda è: perché questa riforma della nostra Costituzione? La seconda: quanto avvenuto in questi mesi e ciò che stiamo facendo in queste ore e faremo nelle prossime settimane - lo ha accennato chi è intervenuto poco prima - è una limitazione della nostra sovranità? La terza domanda è: il modello islandese è trasferibile nel nostro Paese? Sapete che cosa è avvenuto, vero colleghi? In Islanda si è ricorso a quello strumento che Papandreu in Grecia stava per proporre ma poi è stato invitato a soprassedere. La domanda è se lo strumento del referendum sia idoneo alla bisogna.
In altre parole, bisogna porsi la domanda importante (Presidente, so che lei è molto attento a questo): quanta democrazia ci deve essere nell'affrontare la crisi? Come vede Presidente, non mi sto ponendo tanto le questioni dentro questo provvedimento. L'ho fatto in tempi utili con la mia proposta di legge presentata circa una anno fa (era il 23 marzo del 2011) e, come dicevo, alla seconda e terza domanda - se la Presidenza me lo consentirà - domani tenterò di dare una risposta.
Provo, invece, oggi a dare una risposta alla domanda: perché questa riforma? La risposta me la sono data andando a leggere un passo di un grande economista che è stato anche Ministro di questa Repubblica neanche tanti anni fa, Padoa-Schioppa, il quale scriveva: «Che i Paesi paghino un premio al rischio, maggiore o minore, a seconda della loro solidità e della fiducia che ispirino al risparmiatore, è naturale. I mercati sono stati lenti a capire che c'erano differenze fra Paese e Paese, ma questa crisi ha posto fine ad un lungo sonno in cui sia le istituzioni finanziarie sia i risparmiatori avevano perso la giusta percezione del rischio. Ora i mercati l'hanno recuperata passando talvolta dalla fiducia immotivata alla paura. Ormai i mercati hanno deciso che ogni Stato deve pagare il debito in base alla salute delle proprie finanze pubbliche (e la salute della finanza pubblica italiana sappiamo come è stata nei mesi passati). Non aver capito in tempo ciò che occorreva fare ci ha portato sull'orlo del baratro.
Occorreva dare un segnale forte, subito». Subito quando? Almeno subito dopo aver firmato il Patto Europlus, un anno fa appunto. E qualcuno - vero, presidente Giorgetti - il 16 marzo dello scorso anno ce lo disse. Lei sa a chi mi riferisco, al professor Bruni. Quale segnale? Che l'Italia avrebbe fatto sul serio la sua parte, mettendo un freno alla spesa facile, ma anche mettendo fine alla finta regola dei tagli lineari che non ha funzionato. Personalmente, come ricordavo prima, quel segnale lo indicai subito con il disegno di legge n. 4205. Per mesi, non solo il Governo, ma, ahimè, anche il Parlamento, non si sono mossi in quella direzione. Eppure era tutto scritto in quel patto: «introdurre - leggo testualmente - a livello nazionale disposizioni normative preferibilmente, anche se non necessariamente, di livello costituzionale, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità e crescita». Solo dopo la manovra pressoché inutile di luglio si sono moltiplicate le iniziative parlamentari e, poi, per ultimo, si è mosso anche il Governo del tempo, o meglio del «fuori tempo», con il disegno di legge n. 4620, dopo la manovra di agosto, che, come Pag. 26voglio ricordare, è stata presentata a seguito di una lettera a doppia firma, dell'allora ancora Presidente della BCE con quello che gli sarebbe subentrato, il nostro Mario Draghi. Ecco perché, con questo disegno di legge, che con oggi si va ad approvare in terza lettura, mi auguro che il Senato faccia ancora una volta speditamente, come ha fatto in seconda lettura, la sua parte.
Noi rispondiamo tardivamente rispetto all'iniziativa, ma in tempo utile rispetto alla scadenza stabilita proprio dal Trattato, firmato nei giorni scorsi, anzi prima di altre Nazioni importanti, dandoci delle regole precise su come rispettarle e specificando quali siano le conseguenze che ne deriverebbero se non le rispettassimo. Questa è la ragione di quello che stiamo facendo; a domani le altre risposte.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4205-B ed abbinati)

PRESIDENTE. Prendo atto che il vicepresidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Zaccaria, rinunzia alla replica. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, faccio una breve replica, perché in tutti gli interventi è stato richiamato il tema della crescita, che è la grande sfida, paradossalmente molto più impegnativa rispetto a quella che è posta dalla disciplina di bilancio, che in sé è numericamente e, negli strumenti, definibile, anche riguardo al modo in cui può essere raggiunta. La crescita implica delle scelte su cui non ci sono delle regole condivise; non potremo mai stabilire in Costituzione come si raggiunge la crescita. Per questo motivo penso che la soluzione che abbiamo raggiunto oggi sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione, sia una riforma che, non chiudendosi in quella che sarebbe in linea di principio la risposta più lineare e più chiara - ossia: pareggio di bilancio tout court - lascia aperta la possibilità di agire e i relativi strumenti di flessibilità necessari alla legislazione nazionale, e anche a livello europeo, per cercare di perseguire le strade che garantiscono la crescita. Non è un caso che, proprio immediatamente dopo la firma del fiscal compact, il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha detto che, dopo aver siglato il fiscal compact medesimo, dobbiamo trovare il modo per redigere anche un Trattato che garantisca la crescita. Ma dobbiamo stare attenti e credo che siano stati attenti perché, rispetto alla prima formulazione del fiscal compact e del six pack, anche in sede europea, si sono apportate alcune modifiche tese proprio a garantire quei margini di flessibilità di politica economica e fiscale a livello nazionale che, altrimenti, avrebbero reso impossibile il perseguimento di obiettivi di crescita.
Faccio un esempio concreto: la riduzione del debito. È stato più volte richiamato il raggiungimento dell'obiettivo del 60 per cento del rapporto debito-PIL. Se fosse stata adottata la prima originaria formulazione della proposta, in ossequio ad un principio rigoroso, per così dire, «ortodosso» del pareggio di bilancio, probabilmente per il nostro Paese non vi sarebbe stato alcun margine di flessibilità per poter attuare politiche economiche non dico espansive o keynesiane, ma quanto meno intelligenti o che, con il tempo necessario, avrebbero potuto in qualche modo far aspirare a raggiungere tassi di crescita in linea con le aspettative. Per questo motivo credo che la risposta che abbiamo maturato all'interno delle Commissioni, dopo un lungo dibattito e confronto tra forze politiche con diversi orientamenti e diverse sensibilità, e con il Governo, sia una risposta assolutamente coerente alle aspettative poste dal fiscal compact e dal nuovo Trattato in sede europea, e credo di averlo dimostrato nella mia relazione. In questo senso ritengo che tutti i dubbi si siano dissolti e allo stesso Pag. 27tempo che si tratti di una riforma che, con un uso intelligente da parte della politica, lascia aperta la possibilità di trovare gli strumenti che, di volta in volta, in quest'Aula, con i differenti Governi e nel prossimo futuro, si porranno per rispondere alle sfide della crescita.
Vorrei richiamare un passaggio, che mi ha stimolato moltissimo, dell'intervento dell'onorevole Cambursano, sul tasso di partecipazione e di democrazia e sull'eventuale uso del referendum nell'adozione di questi strumenti, in particolare delle normative che sono state attuate in Europa. L'onorevole Cambursano ha promesso che soltanto domani ci svelerà qual è la sua risposta. Penso che questo sia un ragionamento necessario. Sappiamo perfettamente che per la nostra Costituzione non è possibile ricorrere al referendum per ratificare questi trattati. Però il ragionamento che vorrei sottolineare qui - poi domani ci confronteremo ulteriormente con l'onorevole Cambursano - è che oggi e domani stiamo approvando riforme importantissime. Non so quale grado di consapevolezza ci sia nella classe politica su quello che stiamo facendo, oltre alle vuote e retoriche parole che si usano normalmente. Dietro queste approvazioni, questa riforma del bilancio e la ratifica che ci sarà di questi trattati, ci deve essere una ferma convinzione, una adesione che non sia formale ma sostanziale rispetto alle scelte che si compiono. Altrimenti si fa - ribadisco - della vuota retorica. Per me democrazia non è semplicemente il voto qui dentro, ma anche la consapevolezza e la partecipazione popolare a questo tipo di scelte. Infatti le scelte che facciamo oggi, significheranno sicuramente sacrifici domani. Quei sacrifici domani non potranno essere capiti e compresi, se non poi attribuendone la colpa all'Europa che ci costringe a fare questo, che ci costringe a fare quest'altro... Questo è un atteggiamento totalmente sbagliato. È un atteggiamento che - ribadisco - dovrebbe permettere una maturazione, una consapevolezza e una partecipazione non soltanto della classe politica, ma eventualmente dei popoli. Altrimenti i popoli inevitabilmente, quando sentono parlare di Europa, hanno una reazione quasi pavloviana di rifiuto: infatti se Europa significa taglio delle pensioni e aumento delle tasse, per definizione non potranno accettarla. Per questo motivo penso che, anche con riferimento a questi aspetti, il lavoro che abbiamo fatto è di grande condivisione e merita di essere in qualche modo reso partecipe a tutti noi che siamo in quest'Aula e anche fuori da quest'aula. A me ha fatto piacere anche un articolo, che è stato citato, del più importante quotidiano nazionale, che sabato in qualche modo criticava la nostra proposta per il modo in cui è stata definita.
A me fa piacere che vi sia qualche elemento di critica, purché se ne parli. L'importante è che non passi tutto così come un fatto scontato e assolutamente non meditato né ponderato. Questo sarebbe l'errore più grave. Quindi sono soddisfatto del lavoro. Ringrazio i colleghi che hanno partecipato al dibattito; il lavoro non finirà domani ma è evidente che dovrà continuare soprattutto con la legge di attuazione, che è quella che dovrà scrivere in modo penetrante e rendere in qualche modo chiare le norme.
Ma soprattutto dovrà definire, secondo me, il ruolo di quell'istituto, di quell'organo indipendente di valutazione e di monitoraggio dell'attuazione della riforma, che ci siamo impegnati a predisporre e rendere funzionante presso il Parlamento, ma che deve essere effettivamente indipendente. Non può essere presso il Parlamento perché dipende dai partiti presenti in Parlamento: è presso il Parlamento perché il Parlamento controlla i conti del bilancio che viene presentato e, chiaramente, predisposto dal Governo, ma deve essere indipendente e, proprio per questo, autorevole. In questo senso, mi sembra di aver percepito, anche a livello europeo che ci sia attesa su questo aspetto (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Onorevole Presidente e onorevoli deputati, io desidero innanzitutto, a nome Pag. 28del Governo che ho l'onore di rappresentare, esprimere il plauso per la tempestività con la quale si perviene a questa terza lettura del provvedimento in esame, già approvato da questa Camera in prima lettura il 30 novembre, appena due settimane dopo la costituzione del Governo.
Desidero anche sottolineare il valore della discussione che si è appena svolta, nel corso della quale sono state richiamate le motivazioni che sono alla base di questa iniziativa legislativa straordinaria di modifica della Costituzione e di previsione di una legge di rango costituzionale, in una materia tanto complessa e delicata, che ha a che fare direttamente non solo con il presente dell'Italia e dell'Europa, quanto, soprattutto, con il loro futuro.
Poi desidero sottolineare il valore della convergenza unanime che è stata preannunciata e riconfermata dai gruppi parlamentari, perché questa unanimità concorre a rafforzare ulteriormente gli impegni che ci assumiamo tutti in questa sede e le assicurazioni che vengono fornite in sede europea.
Si modificano, come è stato ricordato in maniera molto puntuale - io non torno assolutamente su questi temi - dai relatori, dall'onorevole Zaccaria e dall'onorevole Giorgetti, gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. Si introduce nella seconda parte del provvedimento, con gli articoli 4 e 5, un insieme di disposizioni di rango costituzionale, tutte finalizzate non solo a rendere coerente il nuovo impianto che viene dato, ma anche a definire gli strumenti attraverso i quali è possibile conseguire l'obiettivo del pareggio o dell'equilibrio di bilancio: non entro nel merito di questo, che è stato uno dei temi affrontati nel corso dell'esame parlamentare e anche dell'esame da parte delle Commissioni. È stato ricordato nella relazione che accompagna il provvedimento, che si individuano due piani: un piano intertemporale, che riguarda gli ammortamenti, ed un piano interterritoriale che riguarda l'aggregato regionale per ricomprendere nell'obiettivo del pareggio di bilancio tutte le amministrazioni pubbliche, incluse quelle delle autonomie. Da tutti gli intervenuti, anche questa sera, è stata sottolineata l'idoneità del provvedimento rispetto agli obiettivi fissati anche nelle ultime riunioni europee, non ultimo il Consiglio dell'Unione europea dello scorso primo marzo, quindi di qualche giorno fa, quello nel corso del quale è stato tra l'altro firmato il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'Unione economica e monetaria, il cosiddetto fiscal compact: 25 su 27 Paesi dell'Unione hanno aderito a questa proposta.
In realtà, è uno degli elementi che è stato portato a compimento nell'ambito di quello che, il 23 novembre scorso, era stato definito il «Six-Pack», cioè l'insieme dei provvedimenti volti a rafforzare l'Unione europea e a porla al riparo non solo dalle turbolenze di carattere finanziario, ma anche dalle difficoltà economiche e finanziarie, appunto, che si sono manifestate.
Io credo che avremo altre occasioni, quando ratificheremo questo Trattato, per affrontare tali problemi e, soprattutto, per affrontarli anche in collegamento con un altro gruppo di temi che sono emersi nel dibattito. Mi riferisco ai temi - a cui faceva riferimento anche, da ultimo, nella sua replica, l'onorevole Giancarlo Giorgetti - relativi agli strumenti della crescita e della competitività e ai conseguenti margini di flessibilità che vanno mantenuti per poter raggiungere più realisticamente, direi - nemmeno, forse, più agevolmente, ma perlomeno più realisticamente -, gli obiettivi suddetti. È stato ricordato che, in sede di ridefinizione dello schema di Trattato sulla stabilità, sono state introdotte delle correzioni anche per iniziativa italiana, come appunto la considerazione dei «fattori rilevanti» ed altri elementi che rendono lo strumento stesso più in linea con le possibilità concrete di conseguire i risultati che esso si propone. Certamente, noi abbiamo di fronte la necessità di una ripresa dell'iniziativa dell'Europa in materia di crescita, di competitività e - perché no - di occupazione, che è stata Pag. 29sottolineata nella cosiddetta «lettera dei 12». Quest'ultima non è da considerarsi un apporto esterno a questo dibattito, visto che, nell'ultima seduta del Consiglio europeo, si è iniziato ad aprire a queste problematiche, riconoscendo il collegamento tra le politiche relative alla disciplina di bilancio e quelle relative alla crescita e alla competitività.
Desidero, in questa sede, condividere - e mi avvio rapidissimamente alla conclusione - il valore straordinario, che è stato sottolineato, dell'adempimento che la Camera si accinge a completare domani, per la sua parte, in terza lettura, con l'approvazione del provvedimento; ci auguriamo che vi sia, con eguale celerità, il successivo percorso al Senato. Desidero infine, a nome del Ministro per i rapporti con il Parlamento, assicurare gli onorevoli relatori - soprattutto, l'onorevole Giancarlo Giorgetti, che ne ha fatto cenno direttamente nella sua relazione all'apertura della discussione sulle linee generali di questa sera - che prendiamo atto con disponibilità della richiesta di costituire un apposito gruppo di lavoro tecnico incaricato di elaborare la proposta di legge di contabilità rafforzata, che è uno degli strumenti innovativi introdotto dalla disciplina legislativa che ci accingiamo a varare.
Tutto ciò, allo scopo di rendere il più efficace possibile l'attività di preparazione di questo strumento straordinario, che, come è stato ricordato, insieme all'altro di cui il Parlamento si doterà modificando e novellando i Regolamenti parlamentari - cioè, quello relativo al monitoraggio dei conti economici -, rappresenta il riferimento strumentale per il successo dell'iniziativa complessiva che, questa sera, rendiamo possibile con l'avvio dell'adozione di questa importantissima riforma della Costituzione e di questa legge costituzionale (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 4945 e 4946.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge di ratifica: Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati, fatta a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione (A.C. 4945) (ore 17,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica: Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati, fatta a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4945)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Barbi, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIO BARBI, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la Convenzione internazionale per il controllo delle vernici antivegetative sulle navi, la cosiddetta Convenzione AFS, è stata adottata a Londra, il 5 ottobre 2001, presso la sede dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO), al fine di prevenire e limitare i danni all'ambiente marino provocati dall'utilizzo delle sostanze antivegetative. Tale obiettivo è perseguito Pag. 30attraverso il divieto dell'utilizzo dei composti organostannici (composti organici a base di stagno) usati come sistemi antivegetativi sulle navi, contenuti, in particolare, nei rivestimenti a base di tributile (TBT).
L'attenzione è posta sulle vernici antivegetative utilizzate come rivestimento per lo scafo dell'imbarcazione al fine di prevenire la formazione di organismi indesiderati, quali alghe e molluschi, che provocano danni materiali allo scafo e un appesantimento dello stesso con conseguente incremento nel consumo di carburante.
Nel passato, come rivestimento degli scafi sono stati utilizzati calce e arsenico, prima che l'industria chimica, a partire dagli anni Sessanta, realizzasse le moderne vernici antivegetative con componenti metallici, che, come dimostrato da recenti studi, persistono nell'acqua costituendo una seria e grave minaccia per la vita marina e l'ambiente in generale.
L'Unione europea, proprio basandosi sulle disposizioni introdotte dalla Convenzione AFS al nostro esame, dal 2003 in poi, ha adottato numerosi atti regolamentari che vietano l'applicazione delle vernici a base di TBT. Al 30 settembre 2010 sono quarantotto gli Stati che hanno depositato gli strumenti di ratifica della Convenzione AFS, che perciò è entrata in vigore il 17 settembre 2008: dodici mesi dopo la ratifica di 25 Stati che rappresentano il 25 per cento del tonnellaggio mondiale. I Paesi dell'Unione europea che al 30 settembre 2010 hanno ratificato la Convenzione sono venti.
L'Accordo si compone di 21 articoli e 4 allegati. Particolare rilievo assume l'articolo 1, in base al quale gli Stati parte si impegnano a ridurre o a eliminare tali effetti negativi sull'ambiente marino e sulla salute umana e ad incoraggiare il continuo sviluppo di sistemi antivegetativi efficaci e sicuri dal punto di vista ambientale. L'IMO è chiamata a svolgere un ruolo significativo in materia di raccolta e circolazione tra gli Stati parte delle informazioni sull'applicazione nazionale della Convenzione; in particolare, ciascuno Stato è tenuto a comunicare all'istituto l'elenco dei verificatori nominati, degli organismi riconosciuti e dei poteri loro conferiti, secondo l'articolo 9.
La Convenzione disciplina le ispezioni sulle navi e la rilevazione delle violazioni. Le ispezioni delle navi possono avvenire in qualsiasi porto, cantiere navale o terminale off-shore di una parte secondo l'articolo 11.
Il disegno di legge è composto da sei articoli. Accanto alle consuete disposizioni sull'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione dell'accordo, l'articolo 3 affida la responsabilità delle ispezioni e dei controlli, previsti dagli articoli 10 e 11, nonché del rilascio dei certificati ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
L'articolo 4 reca le sanzioni relative alle violazioni delle disposizioni contenute nella Convenzione. Segnalo, al riguardo, il parere favorevole della Commissione giustizia. Il comma 1 prevede la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 1.500 a 15.000 euro per il comandante di una nave che applichi, riapplichi, installi o utilizzi sistemi di pulizia nocivi in violazione dell'articolo 4 della Convenzione e dell'allegato 1 della medesima, nonché dell'articolo 4 del Regolamento (CE) n. 782/2003. Il comma 2 prevede la medesima sanzione per il proprietario e l'armatore della nave nel caso abbiano concorso alla violazione di cui al comma 1. Il comma 3 precisa che, per il comandante di nazionalità italiana della nave, la condanna per il reato di cui al comma 1 comporta la sospensione del titolo professionale. Il comma 4 inibisce l'attracco a porti italiani ai comandanti di navi di nazionalità non italiana che abbiano subito condanne in relazione al reato di cui al comma 1. Tale sanzione è determinata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
L'articolo 5 reca, invece, le disposizioni relative alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'adesione alla Convenzione. Il comma 1 autorizza la spesa di 7.740 euro annui a decorrere dal 2012.

Pag. 31

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo si dichiara favorevole e si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, considerato l'ampio dibattito che si è svolto in Commissione volto ad accertare tutte le criticità di questo provvedimento, mi limiterò a poche parole, ricordando come questo provvedimento sia molto importante per la tutela dell'ambiente; si tratta di una ratifica che giunge dopo ben dieci anni dalla prima sua approvazione in sede di IMO e l'Italia, ahimè, ancora una volta vi è arrivata per ultima. Già venti Paesi dell'Unione europea hanno ratificato questo provvedimento e anche noi ci stiamo arrivando finalmente.
Pertanto, ribadiamo come sia importante per la tutela dell'ambiente la rimozione dei composti organostannici delle vernici adoperate sulle chiglie delle navi, che lasciavano, una volta applicate, delle tracce permanenti, creando un danno all'ambiente. Questa ratifica va nella direzione giusta e come gruppo la condividiamo. Pertanto, la nostra non può che essere una posizione favorevole e invitiamo come sempre il Governo a cercare di essere più rapido a portare all'approvazione di questo Parlamento ratifiche, soprattutto ratifiche importanti per la tutela dell'ambiente, come questa.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4945)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Barbi, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, non posso che ribadire l'importanza di questo disegno di legge di ratifica perché attiene a due elementi fondamentali: la salute dell'uomo e la salute dell'ambiente. Credo che questo sia un piccolo, ma significativo tassello soprattutto per il futuro e per i nostri figli, a cui spesso non si pensa. Tra l'altro, tutti i controlli sono garantiti da istituzioni di altissimo rilievo e prestigio internazionale. L'Italia ha l'ISPRA, che è quanto di meglio oggi ci possa essere in campo scientifico.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Port Louis il 9 dicembre 2010 (A.C. 4946) (ore 17,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Port Louis il 9 dicembre 2010.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4946)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente. Pag. 32
Il relatore, onorevole Picchi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GUGLIELMO PICCHI, Relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Protocollo oggi all'esame dell'Aula mira all'aggiornamento del testo in vigore della Convenzione tra Italia e Mauritius per evitare le doppie imposizioni in materia fiscale che, originariamente, era stato firmato nel 1990. Il Governo è stato sollecito nel portare in Aula tale provvedimento e, quindi, abbiamo un modesto ritardo da quando il Protocollo è stato firmato.
Per venire al contenuto del protocollo, l'articolo 1 sostituisce il paragrafo 3 dell'articolo 2 del vigente testo della Convenzione, onde attualizzare il novero delle imposte cui la Convenzione va applicata, che nel nuovo testo saranno rispettivamente, per Mauritius l'imposta sul reddito, mentre, per il nostro Paese, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive, ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte.
L'articolo 2 modifica il paragrafo l dell'articolo 3 della Convenzione originaria, al duplice scopo di fornire una più puntuale definizione, anche in base al diritto internazionale, dei diritti sovrani dell'Italia sulla zona economica esclusiva situata al di fuori del mare territoriale, nonché di aggiornare la denominazione delle autorità competenti dei due Paesi per l'applicazione della Convenzione, che divengono ora, nel caso di Mauritius, il Ministro incaricato delle finanze o un suo rappresentante debitamente autorizzato e, per quanto riguarda l'Italia, il Ministero dell'economia e delle finanze.
L'articolo 3 aggiunge un paragrafo all'articolo 9 della Convenzione originaria, che è dedicato alle fattispecie impositive nel caso di associazione di imprese. Il nuovo paragrafo contempla il caso di imprese associate, una delle quali si veda assoggettata a tassazione nel proprio Stato di origine in relazione a utili sui quali un'impresa associata dell'altro Stato contraente è stata pure ivi sottoposta a tassazione. In tal caso, l'altro Stato contraente, conformemente alla procedura amichevole di cui all'articolo 25 della Convenzione, procede ad apposita rettifica dell'imposta applicata su quegli utili nel proprio territorio.
L'articolo 4 del Protocollo procede alla sostituzione dei paragrafi 2 e 3 e alla soppressione del paragrafo 4 dell'articolo 23 della Convenzione originaria, che riguarda la metodologia per l'eliminazione delle doppie imposizioni. La nuova formulazione aggiorna tale metodologia, fissando anche i limiti alla deducibilità dell'imposta nei due Paesi in riferimento a elementi di reddito imponibili nell'altro Stato.
L'articolo 5 del Protocollo novella l'articolo 26 della Convenzione originaria, che riguarda gli scambi di informazioni tra le competenti autorità delle parti ai fini dell'applicazione della Convenzione medesima. La nuova formulazione, in sostanza, mira a rendere più penetrante l'azione di raccolta delle informazioni in campo fiscale, prevedendo che lo Stato contraente oggetto di una richiesta utilizzi i poteri a sua disposizione, anche qualora le informazioni in questione non siano rilevanti per i propri fini fiscali interni, e si esplicita anzi che tale ultima eventualità non possa essere invocata per rifiutare di fornire quelle informazioni.
Particolare rilievo assume poi la nuova formulazione normativa che riduce la portata del cosiddetto segreto bancario, stabilendo che lo Stato richiesto non potrà rifiutare di fornire le informazioni con la sola motivazione che esse siano detenute da una banca, da un'istituzione finanziaria o da un mandatario operante in qualità di agente o fiduciario.
L'articolo 6, infine, prevede le procedure per l'entrata in vigore del Protocollo in esame, che costituirà parte integrante della Convenzione e che resterà in vigore per tutto il periodo di vigenza della medesima.
Questo disegno di legge non contiene norme di copertura finanziaria, poiché non comporta mutamenti rilevanti di gettito per il nostro erario. Occorre sottolineare come i trattati sulle doppie imposizioni Pag. 33non solo siano rilevanti ai fini delle doppie imposizioni, ma anche per evitare casi di mancata imposizione e, quindi, sono particolarmente importanti. L'Italia deve continuare su questa linea dei trattati bilaterali, onde rendere sempre più efficace anche la lotta all'evasione transnazionale dei tributi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Governo si dichiara favorevole al provvedimento in esame, anche dopo la esaustiva relazione del relatore, sottolineando, in primo luogo, che questo provvedimento è di grande attualità e di valore, perché sono aumentati e aumentano gli interscambi tra l'Italia e le isole Mauritius.
Inoltre, gli obiettivi sono di alto valore, vale a dire evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali. E allora, questo potenziamento della cooperazione, con scambio di informazioni, è uno degli obiettivi che questo Governo - ma credo tutta l'Italia, in questo momento - sta cercando di fare per stanare tutte le nicchie di evasione fiscale. Inoltre, con questo disegno di legge di ratifica ci si adegua agli standard dell'OCSE e, dunque, a quelli che sono gli obiettivi internazionali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'evoluzione dei regimi fiscali interni ai singoli Paesi richiede anche un adeguamento degli accordi internazionali che regolano le imposte, contro le doppie imposizioni e la lotta alle evasioni fiscali, che grazie alle tecnologie odierne può essere condotta con mezzi d'intervento più sofisticati.
Il disegno di legge al nostro esame, recante la ratifica del Protocollo e di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana, per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, è stato firmato a Port Louis il 9 dicembre 2010 e si compone di sei articoli.
La ratifica del Protocollo non necessita di copertura finanziaria, così come ha evidenziato il relatore, e non comporta previsioni di variazioni rilevanti alle entrate erariali italiane, pur tenendo conto della prevista soppressione, all'articolo 4 del Protocollo, della disposizione della Convenzione che riconosce il credito di imposta anche per le imposte non pagate.
Come gruppo del Partito Democratico apprezziamo particolarmente i contenuti del Protocollo, che oltre ad intervenire sulle procedure di rettifica per la diminuzione delle imposte sugli utili applicate a imprese associate dei due Paesi e ad adeguare le disposizioni contenute nella Convenzione in questione ai cambiamenti intervenuti nella legislazione interna italiana - ne abbiamo un esempio con l'IRAP -, va nella direzione del potenziamento degli strumenti per la lotta all'evasione fiscale, necessaria per il risanamento dei nostri conti pubblici.
Infatti, all'articolo quinto del Protocollo si novella l'articolo 26 della Convenzione relativo allo scambio di informazioni tra i due Paesi per migliorare la lotta all'evasione e all'elusione fiscale e si adeguano i dispositivi agli standard dell'OCSE, che oramai praticamente sono a livello mondiale gli unici riconosciuti, prevedendo misure effettive di cooperazione ed il superamento del segreto bancario.
La ratifica oggi in discussione è in linea con gli impegni del nostro Paese a livello internazionale per quanto concerne la cooperazione amministrativa e, ispirandosi al modello di convenzione proposto dall'OCSE, è anche in linea con gli Accordi stipulati dagli altri Paesi membri dell'Unione europea ed è conforme ai principi ordinamentali di quest'ultima.
Possiamo, dunque, affermare che ci troviamo di fronte ad una Convenzione rispondente alle esigenze dei cittadini, delle imprese e degli Stati, in un contesto di economia globale che accentua la mobilità e la costituzione di imprese associate Pag. 34a livello internazionale garantendo, però, una giusta imposizione fiscale ed allontanando le prospettive dell'evasione.
Signor Presidente, sono quindi numerose le ragioni che mi portano ad affermare che ratificare il Protocollo di modifica alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana sia un passo ulteriore nella lotta all'evasione fiscale, lanciata dal G20 qualche anno fa, nel rispetto di adeguati standard internazionali. Preannunzio, dunque, il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4946)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 6 marzo 2012, alle 11,30:

1. - Svolgimento di interrogazioni.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione del progetto di legge costituzionale:
CAMBURSANO ed altri; MARINELLO ed altri; BELTRANDI ed altri; MERLONI ed altri; LANZILLOTTA ed altri; ANTONIO MARTINO ed altri; d'iniziativa del GOVERNO; BERSANI ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (Approvato, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-B).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione; Giancarlo Giorgetti, per la V Commissione.

3. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati, fatta a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione (C. 4945).
- Relatore: Barbi.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Port Louis il 9 dicembre 2010 (C. 4946).
- Relatore: Picchi.

La seduta termina alle 17,40.