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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 29 marzo 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 marzo 2012.

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Boniver, Brugger, Bruno, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Evangelisti, Fava, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Tommaso Foti, Franceschini, Gava, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Leone, Lombardo, Lucà, Lulli, Lupi, Lusetti, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Raisi, Rigoni, Paolo Russo, Saglia, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Boniver, Brugger, Bruno, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Evangelisti, Fava, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Leone, Lombardo, Lucà, Lulli, Lupi, Lusetti, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pisicchio, Raisi, Rigoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 28 marzo 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BOCCI: «Norme per la valorizzazione del patrimonio ferroviario in disuso e delle strade storiche nonché per la realizzazione di una rete di mobilità dolce e delle "vie verdi"» (5092);
PALMIERI: »Disposizioni per la realizzazione dell'agenda digitale nazionale» (5093);
SALTAMARTINI ed altri: «Disposizioni concernenti le dimissioni del lavoratore e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro» (5094);
DI GIUSEPPE ed altri: «Modifiche alla legge 16 dicembre 1985, n. 752, e alla disciplina tributaria in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo» (5095).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge MORASSUT: «Modifica all'articolo 2449 del codice civile, concernente la scelta dei membri degli organi di amministrazione e di controllo nominati dallo Stato o dagli enti pubblici nelle società da essi partecipate» (4886) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Benamati e Boccia.

La proposta di legge costituzionale URSO ed altri: «Istituzione di un'Assemblea costituente per la revisione dell'ordinamento della Repubblica. Modifiche agli articoli 56, 57 e 58 della Costituzione, concernenti la riduzione del numero dei parlamentari e il diritto di elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4917) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Gianni.

La proposta di legge RAZZI ed altri: «Disposizioni in materia di finanziamento e bilanci dei partiti politici» (4953) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Castiello.

La proposta di legge VERNETTI ed altri: «Delega al Governo per l'integrazione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e altre disposizioni per lo sviluppo e la tutela della mobilità ciclistica» (4960) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Bucchino, Marco Carra, Colucci, De Pasquale, Fedi, Ginoble, Motta, Rampelli, Razzi, Rubinato, Scilipoti, Servodio, Torrisi, Vassallo e Zamparutti.

Trasmissione dal Senato.

In data 29 marzo 2012 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 3194. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo» (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (4940-B).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
XIII Commissione (Agricoltura):
CENNI ed altri: «Disposizioni per la riorganizzazione del sistema degli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché in materia di promozione dell'agricoltura italiana nei mercati esteri e di accesso delle imprese agricole e di pesca ai servizi digitali delle pubbliche amministrazioni» (5073) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

Il presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui minori stranieri non accompagnati, approvato il 27 marzo 2012, dalla Commissione medesima ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del regolamento della Camera (doc. XVII-bis, n. 6).

Tale documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS), per gli esercizi 2009 e 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 401).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale studi ed esperienze di architettura navale (INSEAN), per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 402).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP) Spa, per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 403).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 28 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 404).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissioni dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, la prima relazione, predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, concernente l'emergenza sismica del 6 aprile 2009 nella regione Abruzzo e lo stato di avanzamento del processo di ricostruzione post-sismica, anche con riferimento alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche allo scopo stanziate, aggiornata al 31 dicembre 2011 (doc. CCXLV, n. 1).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente).

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 22 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011 n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, la prima relazione analitica - predisposta dal ministro della difesa - sulle missioni militari e di polizia di cui al medesimo decreto, relativa all'anno 2011 (doc. CCXLVI, n. 1).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IV Commissione (Difesa).

Trasmissione dal ministro per la coesione territoriale.

Il ministro per la coesione territoriale, con lettera del 27 marzo 2012, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Mario PEPE (PD) n. 9/4865-AR/2, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 26 gennaio 2012, concernente l'attuazione degli impegni assunti a livello europeo per il rilancio del Mezzogiorno.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 28 marzo 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa alla strategia dell'Unione europea per la regione del mar Baltico (COM(2012)128 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di direttiva del Consiglio che modifica l'allegato I della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM(2012)141 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di cooperazione doganale tra l'Unione europea e il Canada per quanto riguarda le questioni inerenti alla sicurezza della catena logistica (COM(2012)144 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Massimo De Felice a presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) (140).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla XI Commissione (Lavoro).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 9, comma 1, e 24, comma 1, della legge 15 dicembre 2011, n. 217, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 17, in attuazione della direttiva 2009/127/CE che modifica la direttiva 2006/42/CE relativamente alle macchine per l'applicazione di pesticidi (453).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere il prescritto parere entro l'8 maggio 2012. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 aprile 2012.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 29 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1, commi 3 e 5, e 26 della legge 7 luglio 2009, n. 88, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, di attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (454).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere il prescritto parere entro l'8 maggio 2012. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 aprile 2012.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 28 marzo 2012, alla pagina 84, prima colonna, le righe dalla ventisettesima alla trentanovesima si intendono sostituite dalle seguenti: «a mantenere aperta e costante nel tempo una valutazione trasparente, attraverso i previsti passaggi parlamentari, sulla partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter, riconsiderando il numero effettivo di velivoli da acquisire, così come stanno facendo gli altri paesi coinvolti nel progetto, in primis gli Stati Uniti, in modo da poter valutare nel tempo l'esigenza del nostro strumento militare e lo stato di avanzamento del progetto ed il costo ad esso collegato».

MOZIONI SERVODIO ED ALTRI N. 1-00869, DELFINO ED ALTRI N. 1-00905, BOSSI ED ALTRI N. 1-00912, BECCALOSSI ED ALTRI N. 1-00914, DI GIUSEPPE ED ALTRI N. 1-00915, MISITI ED ALTRI N. 1-00918, DI BIAGIO ED ALTRI N. 1-00921, COMMERCIO ED ALTRI N. 1-00925 E RUVOLO ED ALTRI N. 1-00926 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI USO E SVILUPPO DELLE AGROENERGIE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AGLI IMPIANTI ALIMENTATI A BIOMASSE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto, con il successivo «pacchetto clima-energia», per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti; in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18,8 terawattore di energia elettrica e 5,7 megawatt di energia termica; questi valori indicano che il 45 per cento del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili sarà realizzato grazie alle biomasse;
il 13 febbraio 2012 la Commissione europea ha adottato una strategia per la bioeconomia in Europa che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
con le agroenergie è possibile contribuire a valorizzare le filiere agroalimentari presenti sul territorio, integrando il reddito dei produttori primari e in molti casi anche contribuendo a risolvere problemi di natura ambientale legati alla valorizzazione di sottoprodotti e di biomasse agricole e al miglioramento della sostenibilità delle pratiche agricole (rotazioni, effluenti zootecnici e direttiva nitrati, difesa dei suoli dall'erosione ed altro);
la direttiva comunitaria n. 28 del 2009, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura, dalla silvicultura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell'energia termica, ottenuta con la combustione (ovvero pirolisi o gassificazione) della biomassa o con la combustione del biogas, derivante dalla digestione anaerobica della biomassa stessa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
si ricorda che le biomasse sono l'unica fonte rinnovabile, programmabile, a base carbonica utilizzabile non solo come energia di riserva a supporto della generazione elettrica da fonti non programmabili, ma in futuro in grado di fornire carbonio non di origine fossile per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali;
gli impianti possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cippato, pellet, ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi); in totale, attualmente ci sono oltre 400 impianti, per una potenza installata superiore a 500 megawatt per circa 2 gigawattora di energia prodotta;
il biogas - costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica - nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate; i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in bioliquidi, combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa;
negli ultimi anni si è assistito ad un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, dando vita ad alcune preoccupazioni per le possibili conseguenze negative legate alla crescita dell'utilizzo delle biomasse;
il citato decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», prevede che l'incentivo per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili debba essere finalizzato, tra l'altro, a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e di biogas da filiere corte;
appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell'energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas climalteranti, acidificanti e potenzialmente tossici, ma senza dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni; in particolare, risulta essenziale favorire le filiere più efficienti nell'uso del suolo agricolo, nella riduzione delle emissioni di carbonio e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040;
il biogas è un vettore energetico polivalente e particolarmente idoneo al contesto italiano, con un'elevata densità di popolazione e un'estesa e capillare rete del gas; la filiera biogas-biometano si caratterizza, quindi, per le sue qualità plurifunzionali: elevata efficienza negli usi finali, costi di produzione competitivi rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili, con limitati costi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in quanto consente il massimo utilizzo delle superfici agricole in termini di energia prodotta; è una fonte programmabile e conservabile mediante l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale ed è una filiera con un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale;
tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra, quindi, rappresentare un'apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera: l'elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre; l'utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane; la nascente filiera tecnologica italiana di produzione di impianti a biogas, con tutte le importanti potenziali ricadute sull'indotto e gli effetti positivi derivanti dal reinvestimento dei profitti (garantiti dagli incentivi) nello sviluppo tecnologico di questo settore all'interno del sistema Paese; la valorizzazione di parametri come l'efficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica; l'agevole localizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici ed ambientali) del trasporto delle biomasse stesse; il possibile utilizzo in ambito cogenerativo;
tra le criticità emerse nella diffusione delle bioenergie si sottolineano le seguenti: la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta, inevitabilmente, un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale; in alcune province dell'Italia si sta verificando un'eccessiva concentrazione di impianti che, in assenza di una programmazione territoriale, determina effetti in contrasto con gli obiettivi che in tutti questi anni hanno determinato il sostegno allo sviluppo degli impianti agroenergetici di piccole dimensioni nell'ottica esclusiva della multifunzionalità dell'agricoltura; occorre, quindi, che la governance delle regioni o, quando delegate, delle province sui territori sia ben organizzata e studiata nell'intera sua complessità, senza permettere la concessione di autorizzazioni quando non sono presenti tutte le corrette rassicurazioni per la sostenibilità delle filiere tradizionali;
una delle principali preoccupazioni, che andrebbe comunque confrontata con i dati Istat relativi all'ultimo censimento agricolo in merito alla cessazione delle attività agricole, riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana (food) e alla zootecnia (feed) in colture finalizzate alla produzione di energia (fuel), con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie - di attività integrativa del reddito in agricoltura - in attività sostitutiva dell'agricoltura;
a riguardo si rammenta come siano stati emanati due provvedimenti cogenti: un decreto contenente le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed il decreto burden sharing, ovvero la ripartizione tra le regioni e le province autonome dello sforzo per raggiungere il target europeo di energia verde fissato per l'Italia al 2020; tali provvedimenti, se applicati correttamente e tempestivamente, permetterebbero una corretta programmazione in ambito locale degli interventi;
è auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, specie quelle orientate alla qualità del prodotto (ad esempio, le colture biologiche o da serricoltura), stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare, sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per l'importazione di materiale dall'estero e, in maniera diversa, l'impiego di colture dedicate quando non da filiera corta; bisogna, altresì, favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, del verde urbano e forestali, premiando l'efficienza energetica del ciclo, ponendo attenzione alle dinamiche di mercato che potrebbero determinare effetti distorsivi connessi al costo delle matrici organiche di scarto;
è necessario apportare dei correttivi all'attuale sistema, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile delle filiere agroenergetiche; in particolare, è importante: una razionalizzazione delle tariffe; un miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli incentivi che determinino lo sviluppo di filiere industriali e l'incremento del reddito e dell'occupazione, con biomasse provenienti da filiere corte e comunque circoscritte al territorio locale; la tutela del paesaggio; un controllo del consumo dei terreni agricoli; un monitoraggio dei prezzi delle derrate alimentari e degli affitti dei terreni agricoli; un corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale in rapporto alle caratteristiche tecniche e di produzione energetica, tenendo in adeguata considerazione l'impatto sul traffico stradale, sia per quanto riguarda le emissioni inquinanti e i problemi di congestione, sia per quanto riguarda l'inquinamento acustico della zona;
sarebbe opportuno, tra l'altro, che si procedesse ad emanare tempestivamente le direttive sulle caratteristiche chimiche e fisiche del biometano di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 28 del 2011,

impegna il Governo:

ad adottare nel più breve tempo possibile i decreti attuativi previsti dagli articoli 21, 24 e 28 del decreto legislativo n. 28 del 2011, diretti a favorire l'utilizzo del biometano e la produzione di energia elettrica e termica da impianti alimentati da fonti rinnovabili;
a verificare l'applicazione sul territorio nazionale delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del burden sharing e ad adottare ogni iniziativa di competenza per una regolamentazione ottimale in merito alla localizzazione degli impianti di piccole dimensioni, con l'obiettivo di incentivare il settore delle agroenergie e le connesse potenzialità in termini di green economy e, contemporaneamente, di salvaguardare la funzione primaria dell'agricoltura, il paesaggio agrario e l'equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato, come descritto in premessa, che potrebbero minarne le reali possibilità di sviluppo, essendo noto che gli scarti della filiera agroindustriale raramente sono nella disponibilità degli agricoltori;
a differenziare il sistema degli incentivi sulla base dei principi espressi nel penultimo capoverso della premessa e sulla base dell'efficienza energetica dell'impianto, con l'obiettivo di sfruttare innanzitutto le risorse locali nel rispetto della vocazione agricola del territorio, premiando la virtuosità della filiera e dell'efficienza energetica di tutto il ciclo, utilizzando, oltre a quelli già esistenti, come possibile ulteriore strumento adatto a questo tipo di monitoraggio la già citata analisi del ciclo di vita;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana, al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso, rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato;
a provvedere ad uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti, al fine di consentire l'utilizzo del materiale organico presente nel rifiuto o quale effluente di processi industriali o substrato ideale per la produzione di energia sia attraverso combustione diretta che attraverso la produzione di biogas, risolvendo le attuali problematiche e controversie circa l'identificazione di sottoprodotti da utilizzare in ambiente agricolo.
(1-00869)
(Nuova formulazione) «Servodio, Bratti, Mariani, Oliverio, Lulli, Boccia, Margiotta, Zucchi, Froner, Agostini, Benamati, Bocci, Braga, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Colaninno, Cuomo, Dal Moro, Esposito, Fadda, Fiorio, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Marchioni, Marrocu, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pizzetti, Portas, Quartiani, Realacci, Sanga, Sani, Scarpetti, Federico Testa, Trappolino, Vico, Viola, Zunino».

La Camera,
premesso che:
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto, con il successivo «pacchetto clima-energia», per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti; in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18,8 terawattore di energia elettrica e 5,7 megawatt di energia termica; questi valori indicano che il 45 per cento del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili sarà realizzato grazie alle biomasse;
il 13 febbraio 2012 la Commissione europea ha adottato una strategia per la bioeconomia in Europa che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
con le agroenergie è possibile contribuire a valorizzare le filiere agroalimentari presenti sul territorio, integrando il reddito dei produttori primari e in molti casi anche contribuendo a risolvere problemi di natura ambientale legati alla valorizzazione di sottoprodotti e di biomasse agricole e al miglioramento della sostenibilità delle pratiche agricole (rotazioni, effluenti zootecnici e direttiva nitrati, difesa dei suoli dall'erosione ed altro);
la direttiva comunitaria n. 28 del 2009, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura, dalla silvicultura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell'energia termica, ottenuta con la combustione (ovvero pirolisi o gassificazione) della biomassa o con la combustione del biogas, derivante dalla digestione anaerobica della biomassa stessa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
si ricorda che le biomasse sono l'unica fonte rinnovabile, programmabile, a base carbonica utilizzabile non solo come energia di riserva a supporto della generazione elettrica da fonti non programmabili, ma in futuro in grado di fornire carbonio non di origine fossile per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali;
gli impianti possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cippato, pellet, ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi); in totale, attualmente ci sono oltre 400 impianti, per una potenza installata superiore a 500 megawatt per circa 2 gigawattora di energia prodotta;
il biogas - costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica - nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate; i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in bioliquidi, combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa;
negli ultimi anni si è assistito ad un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, dando vita ad alcune preoccupazioni per le possibili conseguenze negative legate alla crescita dell'utilizzo delle biomasse;
il citato decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», prevede che l'incentivo per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili debba essere finalizzato, tra l'altro, a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e di biogas da filiere corte;
appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell'energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas climalteranti, acidificanti e potenzialmente tossici, ma senza dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni; in particolare, risulta essenziale favorire le filiere più efficienti nell'uso del suolo agricolo, nella riduzione delle emissioni di carbonio e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040;
il biogas è un vettore energetico polivalente e particolarmente idoneo al contesto italiano, con un'elevata densità di popolazione e un'estesa e capillare rete del gas; la filiera biogas-biometano si caratterizza, quindi, per le sue qualità plurifunzionali: elevata efficienza negli usi finali, costi di produzione competitivi rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili, con limitati costi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in quanto consente il massimo utilizzo delle superfici agricole in termini di energia prodotta; è una fonte programmabile e conservabile mediante l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale ed è una filiera con un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale;
tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra, quindi, rappresentare un'apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera: l'elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre; l'utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane; la nascente filiera tecnologica italiana di produzione di impianti a biogas, con tutte le importanti potenziali ricadute sull'indotto e gli effetti positivi derivanti dal reinvestimento dei profitti (garantiti dagli incentivi) nello sviluppo tecnologico di questo settore all'interno del sistema Paese; la valorizzazione di parametri come l'efficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica; l'agevole localizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici ed ambientali) del trasporto delle biomasse stesse; il possibile utilizzo in ambito cogenerativo;
tra le criticità emerse nella diffusione delle bioenergie si sottolineano le seguenti: la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta, inevitabilmente, un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale; in alcune province dell'Italia si sta verificando un'eccessiva concentrazione di impianti che, in assenza di una programmazione territoriale, determina effetti in contrasto con gli obiettivi che in tutti questi anni hanno determinato il sostegno allo sviluppo degli impianti agroenergetici di piccole dimensioni nell'ottica esclusiva della multifunzionalità dell'agricoltura; occorre, quindi, che la governance delle regioni o, quando delegate, delle province sui territori sia ben organizzata e studiata nell'intera sua complessità, senza permettere la concessione di autorizzazioni quando non sono presenti tutte le corrette rassicurazioni per la sostenibilità delle filiere tradizionali;
una delle principali preoccupazioni, che andrebbe comunque confrontata con i dati Istat relativi all'ultimo censimento agricolo in merito alla cessazione delle attività agricole, riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana (food) e alla zootecnia (feed) in colture finalizzate alla produzione di energia (fuel), con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie - di attività integrativa del reddito in agricoltura - in attività sostitutiva dell'agricoltura;
a riguardo si rammenta come siano stati emanati due provvedimenti cogenti: un decreto contenente le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed il decreto burden sharing, ovvero la ripartizione tra le regioni e le province autonome dello sforzo per raggiungere il target europeo di energia verde fissato per l'Italia al 2020; tali provvedimenti, se applicati correttamente e tempestivamente, permetterebbero una corretta programmazione in ambito locale degli interventi;
è auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, specie quelle orientate alla qualità del prodotto (ad esempio, le colture biologiche o da serricoltura), stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare, sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per l'importazione di materiale dall'estero e, in maniera diversa, l'impiego di colture dedicate quando non da filiera corta; bisogna, altresì, favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, del verde urbano e forestali, premiando l'efficienza energetica del ciclo, ponendo attenzione alle dinamiche di mercato che potrebbero determinare effetti distorsivi connessi al costo delle matrici organiche di scarto;
è necessario apportare dei correttivi all'attuale sistema, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile delle filiere agroenergetiche; in particolare, è importante: una razionalizzazione delle tariffe; un miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli incentivi che determinino lo sviluppo di filiere industriali e l'incremento del reddito e dell'occupazione, con biomasse provenienti da filiere corte e comunque circoscritte al territorio locale; la tutela del paesaggio; un controllo del consumo dei terreni agricoli; un monitoraggio dei prezzi delle derrate alimentari e degli affitti dei terreni agricoli; un corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale in rapporto alle caratteristiche tecniche e di produzione energetica, tenendo in adeguata considerazione l'impatto sul traffico stradale, sia per quanto riguarda le emissioni inquinanti e i problemi di congestione, sia per quanto riguarda l'inquinamento acustico della zona;
sarebbe opportuno, tra l'altro, che si procedesse ad emanare tempestivamente le direttive sulle caratteristiche chimiche e fisiche del biometano di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 28 del 2011,

impegna il Governo:

ad adottare nel più breve tempo possibile i decreti attuativi previsti dagli articoli 21, 24 e 28 del decreto legislativo n. 28 del 2011, diretti a favorire l'utilizzo del biometano e la produzione di energia elettrica e termica da impianti alimentati da fonti rinnovabili;
a verificare l'applicazione sul territorio nazionale delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del burden sharing e a incentivare il settore delle agroenergie e le connesse potenzialità in termini di green economy, salvaguardando la funzione primaria dell'agricoltura, il paesaggio agrario e l'equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato sui settori connessi;
a differenziare il sistema degli incentivi sulla base dei principi espressi nel penultimo capoverso della premessa e sulla base dell'efficienza energetica dell'impianto, con l'obiettivo di sfruttare innanzitutto le risorse locali nel rispetto della vocazione agricola del territorio, premiando la virtuosità della filiera e dell'efficienza energetica di tutto il ciclo;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana, al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso, rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato;
a provvedere ad uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti, al fine di consentire l'utilizzo del materiale organico presente nel rifiuto o quale effluente di processi industriali o substrato ideale per la produzione di energia sia attraverso combustione diretta che attraverso la produzione di biogas, risolvendo le attuali problematiche e controversie circa l'identificazione di sottoprodotti da utilizzare in ambiente agricolo.
(1-00869)
(Nuova formulazione sul testo modificato) «Servodio, Bratti, Mariani, Oliverio, Lulli, Boccia, Margiotta, Zucchi, Froner, Agostini, Benamati, Bocci, Braga, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Colaninno, Cuomo, Dal Moro, Esposito, Fadda, Fiorio, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Marchioni, Marrocu, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pizzetti, Portas, Quartiani, Realacci, Sanga, Sani, Scarpetti, Federico Testa, Trappolino, Vico, Viola, Zunino».

La Camera,
premesso che:
la società odierna e i relativi stili di vita sono caratterizzati da elevati consumi in campo energetico, oltre che da relazioni con l'ambiente tali da compromettere l'equilibrio sostenibile tra necessità di sviluppo ed il contesto biologico globale;
i combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) coprono oltre l'80 per cento dei consumi energetici del pianeta, ma al loro consumo è, tuttavia, collegata una parte del problema dell'emissione di anidride carbonica, la cui concentrazione in atmosfera è considerata la causa principale dei cambiamenti climatici;
dopo una lunga fase di espansione, con ritmi di crescita economica senza precedenti, che hanno interessato anche quei Paesi che oggi sono definiti emergenti, ci si trova di fronte ad una recessione altrettanto unica, che rischia di bloccare i processi di sviluppo del commercio e delle produzioni globali;
per fronteggiare la crisi e creare le condizioni per una rapida ripresa delle economie mondiali, i Paesi stanno adottando piani volti a sostenere la domanda e gli investimenti, declinando misure diversificate a seconda delle necessità e delle emergenze dei singoli Paesi;
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto e per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti;
in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18,8 terawattore di energia elettrica e 5,7 mtep;
l'Unione europea, di fronte al costante aumento della domanda di energia a livello mondiale, è stata spinta a rivedere le proprie strategie energetiche, puntando all'adozione di un modello di sviluppo che prevede per il 2020 il raggiungimento di quattro importanti obiettivi: ridurre del 20 per cento i gas climalteranti, aumentare del 20 per cento l'efficienza energetica, incrementare del 20 per cento il peso delle energie rinnovabili, sostituire il 10 per cento dell'attuale consumo di carburanti per veicoli con biocombustibili;
in Europa, la fornitura principale di energia proviene in proporzione: dal petrolio (36,7 per cento), dal gas (24 per cento), dal carbone e da altri combustibili solidi (17,8 per cento), dal nucleare (14,2 per cento), dalla biomassa (5,1 per cento), dall'energia idroelettrica (1,5 per cento), dall'energia geotermica, solare ed eolica (0,8 per cento);
nel febbraio 2012 l'Europa ha adottato una politica strategica per la bioeconomia in Europa, che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili e fissa al 20 per cento la quota minima di energia da fonti rinnovabili da consumare nell'Unione europea entro il 2020, assegnando a ciascuno Stato membro un obiettivo nazionale da raggiungere entro tale data;
al fine di consentire tale obiettivo, gli Stati membri sono autorizzati ad adottare, tra l'altro, regimi di sostegno atti a promuovere l'uso di tali forme di energia e per l'Italia la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 è del 17 per cento;
se l'Italia sarà in grado di rispettare gli obiettivi fissati dalla direttiva 2009/28/CE la produzione delle rinnovabili nelle campagne è destinata a triplicare nei prossimi dieci anni, creando circa 100.000 posti di lavoro;
il settore agricolo è, quindi, chiamato a promuovere l'uso di energia proveniente dalle biomasse, utilizzando i più avanzati processi, ad adottare tecniche di coltivazione sostenibili - nel rispetto delle prescrizioni e delle norme sulla politica agricola comune - ed a sviluppare la ricerca e la sperimentazione sulle colture dedicate e sulle migliori e più convenienti tecnologie applicabili agli allevamenti zootecnici;
per dare un futuro alle agroenergie nel nostro Paese occorre arrivare in tempi brevi ad un nuovo sistema di incentivi che garantisca il raggiungimento degli obiettivi fissati per il biogas e le biomasse;
per il biogas, probabilmente, gli obiettivi fissati al 2020 a 1200 megawatt devono essere ritoccati con la revisione del piano di azione sulle energie rinnovabili. Per il biogas agricolo occorre assicurare almeno 1000 megawatt. In tale contesto è sempre più indispensabile disporre di un piano energetico nazionale, la cui emanazione è prevista da più di 4 anni,

impegna il Governo:

ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire un quadro normativo stabile e certezze per i prossimi 5 anni, con incentivi per gli imprenditori agricoli che si mettono in gioco nelle agro energie, al fine di consentire programmazione, investimenti e accesso al credito;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana, al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso, rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato.
(1-00905)
«Delfino, Dionisi, Mondello, Bonciani, Galletti, Libè, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
la società odierna e i relativi stili di vita sono caratterizzati da elevati consumi in campo energetico, oltre che da relazioni con l'ambiente tali da compromettere l'equilibrio sostenibile tra necessità di sviluppo ed il contesto biologico globale;
i combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) coprono oltre l'80 per cento dei consumi energetici del pianeta, ma al loro consumo è, tuttavia, collegata una parte del problema dell'emissione di anidride carbonica, la cui concentrazione in atmosfera è considerata la causa principale dei cambiamenti climatici;
dopo una lunga fase di espansione, con ritmi di crescita economica senza precedenti, che hanno interessato anche quei Paesi che oggi sono definiti emergenti, ci si trova di fronte ad una recessione altrettanto unica, che rischia di bloccare i processi di sviluppo del commercio e delle produzioni globali;
per fronteggiare la crisi e creare le condizioni per una rapida ripresa delle economie mondiali, i Paesi stanno adottando piani volti a sostenere la domanda e gli investimenti, declinando misure diversificate a seconda delle necessità e delle emergenze dei singoli Paesi;
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto e per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti;
in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18,8 terawattore di energia elettrica e 5,7 mtep;
l'Unione europea, di fronte al costante aumento della domanda di energia a livello mondiale, è stata spinta a rivedere le proprie strategie energetiche, puntando all'adozione di un modello di sviluppo che prevede per il 2020 il raggiungimento di quattro importanti obiettivi: ridurre del 20 per cento i gas climalteranti, aumentare del 20 per cento l'efficienza energetica, incrementare del 20 per cento il peso delle energie rinnovabili, sostituire il 10 per cento dell'attuale consumo di carburanti per veicoli con biocombustibili;
in Europa, la fornitura principale di energia proviene in proporzione: dal petrolio (36,7 per cento), dal gas (24 per cento), dal carbone e da altri combustibili solidi (17,8 per cento), dal nucleare (14,2 per cento), dalla biomassa (5,1 per cento), dall'energia idroelettrica (1,5 per cento), dall'energia geotermica, solare ed eolica (0,8 per cento);
nel febbraio 2012 l'Europa ha adottato una politica strategica per la bioeconomia in Europa, che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili e fissa al 20 per cento la quota minima di energia da fonti rinnovabili da consumare nell'Unione europea entro il 2020, assegnando a ciascuno Stato membro un obiettivo nazionale da raggiungere entro tale data;
al fine di consentire tale obiettivo, gli Stati membri sono autorizzati ad adottare, tra l'altro, regimi di sostegno atti a promuovere l'uso di tali forme di energia e per l'Italia la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 è del 17 per cento;
se l'Italia sarà in grado di rispettare gli obiettivi fissati dalla direttiva 2009/28/CE la produzione delle rinnovabili nelle campagne è destinata a triplicare nei prossimi dieci anni, creando circa 100.000 posti di lavoro;
il settore agricolo è, quindi, chiamato a promuovere l'uso di energia proveniente dalle biomasse, utilizzando i più avanzati processi, ad adottare tecniche di coltivazione sostenibili - nel rispetto delle prescrizioni e delle norme sulla politica agricola comune - ed a sviluppare la ricerca e la sperimentazione sulle colture dedicate e sulle migliori e più convenienti tecnologie applicabili agli allevamenti zootecnici;
per dare un futuro alle agroenergie nel nostro Paese occorre arrivare in tempi brevi ad un nuovo sistema di incentivi che garantisca il raggiungimento degli obiettivi fissati per il biogas e le biomasse;
per il biogas, probabilmente, gli obiettivi fissati al 2020 a 1200 megawatt devono essere ritoccati con la revisione del piano di azione sulle energie rinnovabili. Per il biogas agricolo occorre assicurare almeno 1000 megawatt. In tale contesto è sempre più indispensabile disporre di un piano energetico nazionale, la cui emanazione è prevista da più di 4 anni,

impegna il Governo:

ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire un quadro normativo stabile e certezze per i prossimi 3 anni, con incentivi per gli imprenditori agricoli che si mettono in gioco nelle agro energie, al fine di consentire programmazione, investimenti e accesso al credito;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana, al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso, rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato.
(1-00905)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Delfino, Dionisi, Mondello, Bonciani, Galletti, Libè, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle strategie di diversificazione delle energie rinnovabili la promozione di energia termica, che già rappresenta oltre il 45 per cento dei consumi finali dell'energia prodotta nella somma tra fonti tradizionali e rinnovabili, assume sempre maggior rilievo a fronte delle potenzialità ed opportunità, in termini di efficienza, di valorizzazione delle filiere produttive e di sostenibilità ambientale, che essa comporta;
il piano d'azione nazionale per l'energia da fonti rinnovabili, predisposto in attuazione della direttiva comunitaria n. 2009/28/CE, assegna all'energia termica generata da biomasse legnose e al biogas- biometano un ruolo di primo piano;
la produzione termica da biomasse è un sistema molto articolato in cui sono presenti tecnologie diversificate, quali apparecchi domestici, caldaie centralizzate e teleriscaldamento, a dimostrazione che l'intero settore è in grado di esprimere un potenziale ancora maggiore di quello stimato, come evidenziato negli obiettivi da conseguire entro il 2020 che attribuiscono alle biomasse la produzione del 54 per cento dei 10,5 mtep da fonti energetiche rinnovabili;
l'attivazione di un sistema incentivante, basato su una strategia di filiera, costituisce lo strumento indispensabile per lo sviluppo della termica da biomasse e, più in generale, per uno sviluppo economico a basso impatto ambientale;
il legno è, infatti, una fonte energetica rinnovabile e abbondante posto che, ogni anno, la superficie boschiva italiana, pari a 10 milioni di ettari, incrementa il capitale legnoso disponibile grazie al costante accrescimento del volume degli alberi per metro cubo e che le produzioni legnose, da destinare a scopo energetico, possono provenire anche da altre fonti, quali le potature delle colture arboree, in primis vigneti e uliveti, che trovano così utile valorizzazione;
l'interesse crescente all'approvvigionamento di biomasse legnose ad uso energetico comporta, inoltre, la riqualificazione della filiera legno-energia e dei suoi operatori, a partire dalle imprese boschive e dalle cooperative forestali che svolgono un ruolo fondamentale nella gestione sostenibile delle risorse legnose locali, nel mantenimento dell'equilibrio tra uso industriale ed energetico del legno e nella corretta implementazione della certificazione e della tracciabilità dei combustibili solidi;
per quanto concerne il settore del biogas, la filiera bioenergetica ad esso connessa rappresenta una delle strategie più utili allo sviluppo delle imprese agricole sia per la maggior capacità produttiva in termini di energia primaria per ettaro di superficie agricola utilizzata, che per la maggior capacità di ridurre le emissioni di anidride carbonica;
la digestione anaerobica permette, infatti, di sfruttare, con elevata efficienza, biomasse vegetali e/o animali, di scarto e/o dedicate, umide e/o secche prevalentemente di origine locale, dando luogo ad un sottoprodotto che può trovare collocazione agronomica nelle vicinanze degli impianti con conseguente riciclo virtuoso degli elementi fertilizzanti;
la previsione di crescita per il settore del biogas è di circa 900 megawatt rispetto alla potenza installata nel 2005 e l'obiettivo per il 2020, fissato a 1.200 megawatt, evidenzia un ulteriore potenziale di sviluppo rispetto ai circa 600 impianti presenti sul territorio italiano e rappresenta un importante stimolo alla predisposizione di ulteriori siti, anche a fronte dell'incremento che tali nuove realizzazioni comporterebbero in termini di giro di affari, pari a circa il 4 per cento del prodotto interno lordo dell'agricoltura italiana e di risparmio dei costi per l'import di gas naturale;
stime recenti evidenziano, infatti, considerati i quantitativi disponibili di biomasse di scarto e di origine zootecnica utilizzabili in codigestione con biomasse vegetali provenienti da coprodotti e sottoprodotti agricoli e da circa 200.000 di ettari di colture dedicate, un potenziale produttivo pari a circa 6,5 miliardi di metri cubi di gas metano equivalenti, pari a circa l'8 per cento del consumo attuale di gas naturale in Italia;
il biogas rappresenta un'opportunità unica per il nostro Paese in ragione della plurifunzionalità della filiera: è realizzabile a livello decentrato con biomasse di origine locale in impianti ad elevata efficienza, con costi di produzione aventi margini di miglioramento sia nella fase agricola che di conversione energetica; è una fonte programmabile e, una volta raffinato a biometano, è in grado sfruttare la possibilità di accumulo rappresentata dalla rete e dagli stoccaggi del gas naturale;
sebbene il potenziale del biogas agricolo sia significativo in tutto il territorio italiano, il maggiore potenziale, per quanto riguarda la digestione anaerobica in codigestione, con particolare riferimento all'utilizzo degli effluenti zootecnici, è localizzato nelle regioni del Nord Italia, ove, per contro, minore è il potenziale dell'energia solare e molto ridotta è l'energia ricavabile dalla fonte eolica; pertanto, l'introduzione di un adeguato sistema di incentivazione rappresenta un importante fattore da valutare nell'ambito degli obblighi derivanti alle regioni del Nord nell'ambito del cosiddetto burden sharing;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva europea sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, nell'enunciare regole e principi per la promozione e lo sviluppo delle energie «verdi», assegna ad una serie di decreti attuativi, in via di predisposizione, la definizione dell'operatività degli strumenti necessari al conseguimento degli obiettivi concordati a livello comunitario;
sarebbe, peraltro, opportuna una rapida emanazione delle direttive previste dall'articolo 20 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti per la produzione di biometano alle reti del gas naturale, i cui gestori hanno l'obbligo di connessione di terzi,

impegna il Governo:

ad emanare con urgenza i decreti attuativi di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, al fine di rendere operativi i sistemi incentivanti previsti per la produzione di energia termica di cui all'articolo 28 e di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all'articolo 24 e, prioritariamente, quelli previsti dagli articoli 21 e 22, relativi agli incentivi per il biometano immesso nella rete del gas naturale e alla costituzione del fondo di garanzia per la realizzazione delle reti di teleriscaldamento, provvedendo, in particolare, a:
a) stabilire che l'obbligo di quote crescenti di energia termica da fonti rinnovabili negli edifici di prossima costruzione, previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sia applicato integralmente e da subito, senza la previsione di eventuali proroghe;
b) riconoscere agli impianti a biogas di piccola e media taglia (0-300 kilowatt e 300-600 kilowatt), che costituiscono le dimensioni più adatte alla scala delle aziende agricole italiane, tariffe incentivanti adeguate a stimolare gli investimenti e ripagare i costi di gestione;
c) chiarire i criteri di rilascio dei certificati bianchi, anche in considerazione dei provvedimenti recentemente emanati in materia da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
(1-00912)
«Bossi, Callegari, Lanzarin, Dozzo, Alessandri, Rainieri, Dussin, Togni, Negro, Montagnoli, Fugatti, Comaroli, Fogliato, Lussana, Fedriga, Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Fabi, Fava, Forcolin, Follegot, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Paolini, Pastore, Polledri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Torazzi, Vanalli».

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle strategie di diversificazione delle energie rinnovabili la promozione di energia termica, che già rappresenta oltre il 45 per cento dei consumi finali dell'energia prodotta nella somma tra fonti tradizionali e rinnovabili, assume sempre maggior rilievo a fronte delle potenzialità ed opportunità, in termini di efficienza, di valorizzazione delle filiere produttive e di sostenibilità ambientale, che essa comporta;
il piano d'azione nazionale per l'energia da fonti rinnovabili, predisposto in attuazione della direttiva comunitaria n. 2009/28/CE, assegna all'energia termica generata da biomasse legnose e al biogas- biometano un ruolo di primo piano;
la produzione termica da biomasse è un sistema molto articolato in cui sono presenti tecnologie diversificate, quali apparecchi domestici, caldaie centralizzate e teleriscaldamento, a dimostrazione che l'intero settore è in grado di esprimere un potenziale ancora maggiore di quello stimato, come evidenziato negli obiettivi da conseguire entro il 2020 che attribuiscono alle biomasse la produzione del 54 per cento dei 10,5 mtep da fonti energetiche rinnovabili;
l'attivazione di un sistema incentivante, basato su una strategia di filiera, costituisce lo strumento indispensabile per lo sviluppo della termica da biomasse e, più in generale, per uno sviluppo economico a basso impatto ambientale;
il legno è, infatti, una fonte energetica rinnovabile e abbondante posto che, ogni anno, la superficie boschiva italiana, pari a 10 milioni di ettari, incrementa il capitale legnoso disponibile grazie al costante accrescimento del volume degli alberi per metro cubo e che le produzioni legnose, da destinare a scopo energetico, possono provenire anche da altre fonti, quali le potature delle colture arboree, in primis vigneti e uliveti, che trovano così utile valorizzazione;
l'interesse crescente all'approvvigionamento di biomasse legnose ad uso energetico comporta, inoltre, la riqualificazione della filiera legno-energia e dei suoi operatori, a partire dalle imprese boschive e dalle cooperative forestali che svolgono un ruolo fondamentale nella gestione sostenibile delle risorse legnose locali, nel mantenimento dell'equilibrio tra uso industriale ed energetico del legno e nella corretta implementazione della certificazione e della tracciabilità dei combustibili solidi;
per quanto concerne il settore del biogas, la filiera bioenergetica ad esso connessa rappresenta una delle strategie più utili allo sviluppo delle imprese agricole sia per la maggior capacità produttiva in termini di energia primaria per ettaro di superficie agricola utilizzata, che per la maggior capacità di ridurre le emissioni di anidride carbonica;
la digestione anaerobica permette, infatti, di sfruttare, con elevata efficienza, biomasse vegetali e/o animali, di scarto e/o dedicate, umide e/o secche prevalentemente di origine locale, dando luogo ad un sottoprodotto che può trovare collocazione agronomica nelle vicinanze degli impianti con conseguente riciclo virtuoso degli elementi fertilizzanti;
la previsione di crescita per il settore del biogas è di circa 900 megawatt rispetto alla potenza installata nel 2005 e l'obiettivo per il 2020, fissato a 1.200 megawatt, evidenzia un ulteriore potenziale di sviluppo rispetto ai circa 600 impianti presenti sul territorio italiano e rappresenta un importante stimolo alla predisposizione di ulteriori siti, anche a fronte dell'incremento che tali nuove realizzazioni comporterebbero in termini di giro di affari, pari a circa il 4 per cento del prodotto interno lordo dell'agricoltura italiana e di risparmio dei costi per l'import di gas naturale;
stime recenti evidenziano, infatti, considerati i quantitativi disponibili di biomasse di scarto e di origine zootecnica utilizzabili in codigestione con biomasse vegetali provenienti da coprodotti e sottoprodotti agricoli e da circa 200.000 di ettari di colture dedicate, un potenziale produttivo pari a circa 6,5 miliardi di metri cubi di gas metano equivalenti, pari a circa l'8 per cento del consumo attuale di gas naturale in Italia;
il biogas rappresenta un'opportunità unica per il nostro Paese in ragione della plurifunzionalità della filiera: è realizzabile a livello decentrato con biomasse di origine locale in impianti ad elevata efficienza, con costi di produzione aventi margini di miglioramento sia nella fase agricola che di conversione energetica; è una fonte programmabile e, una volta raffinato a biometano, è in grado sfruttare la possibilità di accumulo rappresentata dalla rete e dagli stoccaggi del gas naturale;
sebbene il potenziale del biogas agricolo sia significativo in tutto il territorio italiano, il maggiore potenziale, per quanto riguarda la digestione anaerobica in codigestione, con particolare riferimento all'utilizzo degli effluenti zootecnici, è localizzato nelle regioni del Nord Italia, ove, per contro, minore è il potenziale dell'energia solare e molto ridotta è l'energia ricavabile dalla fonte eolica; pertanto, l'introduzione di un adeguato sistema di incentivazione rappresenta un importante fattore da valutare nell'ambito degli obblighi derivanti alle regioni del Nord nell'ambito del cosiddetto burden sharing;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva europea sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, nell'enunciare regole e principi per la promozione e lo sviluppo delle energie «verdi», assegna ad una serie di decreti attuativi, in via di predisposizione, la definizione dell'operatività degli strumenti necessari al conseguimento degli obiettivi concordati a livello comunitario;
sarebbe, peraltro, opportuna una rapida emanazione delle direttive previste dall'articolo 20 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti per la produzione di biometano alle reti del gas naturale, i cui gestori hanno l'obbligo di connessione di terzi,

impegna il Governo:

ad emanare con urgenza i decreti attuativi di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, al fine di rendere operativi i sistemi incentivanti previsti per la produzione di energia termica di cui all'articolo 28 e di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all'articolo 24 e, quelli previsti dagli articoli 21 e 22, relativi agli incentivi per il biometano immesso nella rete del gas naturale e alla costituzione del fondo di garanzia per la realizzazione delle reti di teleriscaldamento, provvedendo, in particolare, a:
a) stabilire che l'obbligo di quote crescenti di energia termica da fonti rinnovabili negli edifici di prossima costruzione, previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sia applicato integralmente e da subito, senza la previsione di eventuali proroghe;
b) riconoscere agli impianti a biogas di piccola e media taglia (0-300 kilowatt e 300-600 kilowatt), che costituiscono le dimensioni più adatte alla scala delle aziende agricole italiane, tariffe incentivanti in un'ottica di complessiva sostenibilità economica del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili, comparabile con i livelli di incentivazione europei;
c) chiarire i criteri di rilascio dei certificati bianchi, anche in considerazione dei provvedimenti recentemente emanati in materia da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
(1-00912)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Bossi, Callegari, Lanzarin, Dozzo, Alessandri, Rainieri, Dussin, Togni, Negro, Montagnoli, Fugatti, Comaroli, Fogliato, Lussana, Fedriga, Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Fabi, Fava, Forcolin, Follegot, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Paolini, Pastore, Polledri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Torazzi, Vanalli».

La Camera,
premesso che:
secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE, nel 2020 l'Italia dovrà coprire il 17 per cento dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili. Prendendo a riferimento lo scenario efficiente, questo significa che nel 2020 il consumo finale di energie rinnovabili dovrà attestarsi a 22,31 megawatt di energia termica;
gli obiettivi e l'ampiezza della direttiva 2009/28/CE impongono un rinnovato impegno, con criteri che assicurino uno sviluppo equilibrato dei vari settori che concorrono al raggiungimento di detti obiettivi e tenendo conto del rapporto costi-benefici;
sono già disponibili numerosi meccanismi di sostegno, che assicurano la remunerazione degli investimenti in diversi settori delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, e favoriscono la crescita di filiere industriali;
secondo la definizione contenuta nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di attuazione della direttiva 2009/28/CE, per biomassa si intende la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfaldi e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
trarre energia dalle biomasse consente di eliminare rifiuti prodotti dalle attività umane, produrre energia elettrica e ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio. Si tratta di una fonte di energia pulita su cui l'Unione europea ha deciso di investire;
la Commissione europea è sempre più convinta che le biomasse agroforestali, tra le fonti «verdi», possano svolgere un ruolo importante sia per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico sia nella lotta contro il cambiamento climatico;
l'agricoltura può contribuire al contenimento delle emissioni di gas serra in termini di fissazione temporanea di carbonio nei suoli, nelle produzioni vegetali ed arboree e, soprattutto, nella produzione di biomasse agroforestali da impiegare ai fini energetici, con effetti sostitutivi dei combustibili fossili e riduzione delle emissioni di anidride carbonica;
gli impianti di produzione di energia elettrica possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cippato, pellet, ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi);
i biocombustibili sono un'energia pulita a tutti gli effetti, in quanto liberano nell'ambiente le sole quantità di carbonio che hanno assimilato le piante durante la loro formazione ed una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili;
i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in: bioliquidi (combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento prodotti dalla biomassa) e biocarburanti (carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa);
in particolare, riguardo alla produzione dei biocarburanti, l'input lanciato dalla Commissione europea agli Stati membri («Strategia Ue per i biocarburanti», COM 34/2006) è di riflettere su dove allestire le colture energetiche, affinché si inseriscano in maniera ottimale nella rotazione delle colture, al fine di evitare ripercussione negative sulla biodiversità, l'inquinamento idrico, il degrado del suolo e la distruzione di habitat e di specie di elevata importanza naturale;
il biogas, costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica, nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e vi sono una molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate;
il settore della biomassa deve essere promosso in maniera organica, individuando misure volte ad incrementarne la disponibilità e lo sfruttamento, indirizzandone gli impieghi non alla sola generazione elettrica, ma a forme più convenienti ai fini della copertura degli usi finali: produzione di calore per il soddisfacimento di utenze termiche e per la cogenerazione;
lo sviluppo dell'utilizzo della biomassa non può prescindere da considerazioni di carattere ambientale (emissioni, criteri di sostenibilità) e di competitività con altri settori (alimentare, industriale);
negli ultimi anni vi è stato un incremento dello sviluppo delle tecniche di produzione energetica da biomasse e dai suoi prodotti, anche a seguito dell'introduzione di una legislazione di sostegno, che prevede, tra l'altro, meccanismi incentivanti;
l'articolo 24 del decreto legislativo n. 28 del 2011 prevede un regime di incentivazione di biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, che deve tener conto della tracciabilità e della provenienza della materia prima ed è finalizzato a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, da biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte, contratti quadro e da intese di filiera;
un impulso decisivo allo sviluppo sul territorio delle biomasse è stato dato dal decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 10 settembre 2010, in materia di «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», che disciplina le modalità di autorizzazione dei diversi impianti e l'adeguamento delle regioni alla normativa in materia;
in particolare, nella parte che dispone che «le regioni possono indicare aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti. L'individuazione delle aree non idonee è operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria che prenda in considerazione le disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico ed artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale»;
se da tale ricognizione emergessero obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, si determinerebbe un'elevata probabilità di esito negativo in sede di autorizzazione. Gli esiti dell'istruttoria dovranno contenere, per ciascuna area individuata come non idonea, la descrizione delle incompatibilità riscontrate;
le regioni conciliano le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing), assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti;
le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle regioni nell'ambito dell'atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati. Con tale atto, la regione individua le aree non idonee, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole;

impegna il Governo:

a promuovere una revisione della normativa vigente al fine di valorizzare le cosiddette agroenergie, rispettando la tipicità dell'economia italiana ed evitando distorsioni del mercato nel settore agroalimentare;
a valutare l'opportunità di sviluppare, in accordo con le regioni, nel rispetto delle proprie ed altrui competenze, la programmazione, su scala regionale, della coltivazione dei prodotti agricoli ad uso energetico;
ad assumere iniziative volte a chiarire il quadro normativo in materia di identificazione degli scarti di origine agroindustriale, allorché si tratti di risorse per la produzione di energia e, quindi, impiegabili in impianti di produzione energetica;
ad elaborare i dettagli di meccanismi di supporto più ambiziosi per lo sviluppo e lo sfruttamento delle biomasse a fini energetici e, allo stesso tempo, ad orientare la domanda verso comportamenti più rispettosi dell'ambiente e più sensibili alla questione del risparmio energetico;
ad accelerare i tempi di adozione dei decreti attuativi relativi ai meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili, al fine di un rilancio economico del Paese, in quanto possono rappresentare un volano determinante per gli investimenti e per la creazione di occupazione green.
(1-00914)
«Beccalossi, Paolo Russo, Aracri, Baldelli, Cannella, Catanoso, De Corato, De Camillis, Di Caterina, Dima, Faenzi, Tommaso Foti, Ghiglia, Laffranco, Nastri, Nola, Saglia».

La Camera,
premesso che:
secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE, nel 2020 l'Italia dovrà coprire il 17 per cento dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili. Prendendo a riferimento lo scenario efficiente, questo significa che nel 2020 il consumo finale di energie rinnovabili dovrà attestarsi a 22,31 megawatt di energia termica;
gli obiettivi e l'ampiezza della direttiva 2009/28/CE impongono un rinnovato impegno, con criteri che assicurino uno sviluppo equilibrato dei vari settori che concorrono al raggiungimento di detti obiettivi e tenendo conto del rapporto costi-benefici;
sono già disponibili numerosi meccanismi di sostegno, che assicurano la remunerazione degli investimenti in diversi settori delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, e favoriscono la crescita di filiere industriali;
secondo la definizione contenuta nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di attuazione della direttiva 2009/28/CE, per biomassa si intende la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfaldi e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
trarre energia dalle biomasse consente di eliminare rifiuti prodotti dalle attività umane, produrre energia elettrica e ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio. Si tratta di una fonte di energia pulita su cui l'Unione europea ha deciso di investire;
la Commissione europea è sempre più convinta che le biomasse agroforestali, tra le fonti «verdi», possano svolgere un ruolo importante sia per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico sia nella lotta contro il cambiamento climatico;
l'agricoltura può contribuire al contenimento delle emissioni di gas serra in termini di fissazione temporanea di carbonio nei suoli, nelle produzioni vegetali ed arboree e, soprattutto, nella produzione di biomasse agroforestali da impiegare ai fini energetici, con effetti sostitutivi dei combustibili fossili e riduzione delle emissioni di anidride carbonica;
gli impianti di produzione di energia elettrica possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cippato, pellet, ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi);
i biocombustibili sono un'energia pulita a tutti gli effetti, in quanto liberano nell'ambiente le sole quantità di carbonio che hanno assimilato le piante durante la loro formazione ed una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili;
i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in: bioliquidi (combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento prodotti dalla biomassa) e biocarburanti (carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa);
in particolare, riguardo alla produzione dei biocarburanti, l'input lanciato dalla Commissione europea agli Stati membri («Strategia Ue per i biocarburanti», COM 34/2006) è di riflettere su dove allestire le colture energetiche, affinché si inseriscano in maniera ottimale nella rotazione delle colture, al fine di evitare ripercussione negative sulla biodiversità, l'inquinamento idrico, il degrado del suolo e la distruzione di habitat e di specie di elevata importanza naturale;
il biogas, costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica, nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e vi sono una molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate;
il settore della biomassa deve essere promosso in maniera organica, individuando misure volte ad incrementarne la disponibilità e lo sfruttamento, indirizzandone gli impieghi non alla sola generazione elettrica, ma a forme più convenienti ai fini della copertura degli usi finali: produzione di calore per il soddisfacimento di utenze termiche e per la cogenerazione;
lo sviluppo dell'utilizzo della biomassa non può prescindere da considerazioni di carattere ambientale (emissioni, criteri di sostenibilità) e di competitività con altri settori (alimentare, industriale);
negli ultimi anni vi è stato un incremento dello sviluppo delle tecniche di produzione energetica da biomasse e dai suoi prodotti, anche a seguito dell'introduzione di una legislazione di sostegno, che prevede, tra l'altro, meccanismi incentivanti;
l'articolo 24 del decreto legislativo n. 28 del 2011 prevede un regime di incentivazione di biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, che deve tener conto della tracciabilità e della provenienza della materia prima ed è finalizzato a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, da biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte, contratti quadro e da intese di filiera;
un impulso decisivo allo sviluppo sul territorio delle biomasse è stato dato dal decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 10 settembre 2010, in materia di «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», che disciplina le modalità di autorizzazione dei diversi impianti e l'adeguamento delle regioni alla normativa in materia;
in particolare, nella parte che dispone che «le regioni possono indicare aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti. L'individuazione delle aree non idonee è operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria che prenda in considerazione le disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico ed artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale»;
se da tale ricognizione emergessero obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, si determinerebbe un'elevata probabilità di esito negativo in sede di autorizzazione. Gli esiti dell'istruttoria dovranno contenere, per ciascuna area individuata come non idonea, la descrizione delle incompatibilità riscontrate;
le regioni conciliano le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing), assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti;
le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle regioni nell'ambito dell'atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati. Con tale atto, la regione individua le aree non idonee, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole;

impegna il Governo:

a promuovere una revisione della normativa vigente al fine di valorizzare le cosiddette agroenergie, rispettando la tipicità dell'economia italiana ed evitando distorsioni del mercato nel settore agroalimentare;
a valutare l'opportunità di sviluppare, in accordo con le regioni, nel rispetto delle proprie ed altrui competenze, la programmazione, su scala regionale, della coltivazione dei prodotti agricoli ad uso energetico;
ad assumere iniziative volte a chiarire il quadro normativo in materia di identificazione degli scarti di origine agroindustriale, allorché si tratti di risorse per la produzione di energia e, quindi, impiegabili in impianti di produzione energetica;
ad elaborare nell'ambito della necessaria razionalizzazione degli incentivi pubblici, i dettagli di meccanismi di supporto più adeguati per lo sviluppo e lo sfruttamento delle biomasse a fini energetici e, allo stesso tempo, ad orientare la domanda verso comportamenti più rispettosi dell'ambiente e più sensibili alla questione del risparmio energetico;
ad accelerare i tempi di adozione dei decreti attuativi relativi ai meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili, al fine di un rilancio economico del Paese, in quanto possono rappresentare un volano determinante per gli investimenti e per la creazione di occupazione green.
(1-00914)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Beccalossi, Paolo Russo, Aracri, Baldelli, Cannella, Catanoso, De Corato, De Camillis, Di Caterina, Dima, Faenzi, Tommaso Foti, Ghiglia, Laffranco, Nastri, Nola, Saglia».

La Camera,
premesso che:
con la direttiva 2009/28/CE, che supera le precedenti direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, rispettivamente in materia di elettricità da fonti rinnovabili e di biocarburanti, l'Unione europea ha implementato la propria politica in materia di riduzione dei gas serra, attraverso l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. In particolare, la citata direttiva mira ad istituire un quadro comune per la promozione dell'energia prodotta da fonti rinnovabili e, per ciascuno Stato membro, fissa un obiettivo per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia entro il 2020;
il nuovo quadro normativo comunitario è finalizzato a concentrare lo sforzo in funzione del raggiungimento del già individuato obiettivo del cosiddetto «20-20-20», che prevede, entro il 2020: la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra, il risparmio energetico del 20 per cento, l'innalzamento al 20 per cento del livello di consumo di energia da fonti rinnovabile;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE, «Promozione dell'uso delle energie da fonti rinnovabili», ha ripartito l'obiettivo generale del 20 per cento da fonte rinnovabile tra tutti gli Stati membri secondo il principio del burden sharing, già utilizzato con il protocollo di Kyoto. La Commissione europea ha, infatti, fissato i singoli obiettivi nazionali, giuridicamente vincolanti, tenendo conto della situazione economica di ogni Stato. Con l'Italia è stata concordata una quota del 17 per cento di energia da fonti energetiche rinnovabili da raggiungere entro il 2020;
nel quadro delle politiche e delle misure nazionali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica stabiliti nel Protocollo di Kyoto, è necessario individuare alcuni strumenti strategici per lo sviluppo e l'integrazione di filiere di produzione e di distribuzione di energie rinnovabili che siano in grado di produrre energia «pulita», limitando l'emissione in atmosfera di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra risultante dall'uso dei combustibili fossili;
nell'ambito del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il settore delle biomasse riveste un ruolo di primaria importanza. Sommando gli obiettivi di energia da fonti rinnovabili per il 2020, ripartiti in elettricità, calore/raffrescamento e trasporti, a tutte le biomasse solide (in larga parte biomasse legnose), gassose (biogas e biometano) e liquide (biocarburanti), viene richiesto di produrre il 44 per cento di tutta l'energia da fonti rinnovabili a fine decennio;
la scelta di investire sulle energie rinnovabili, soprattutto sulle biomasse, non è soltanto una scelta ambientale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica; gli impianti di energia da biomasse, e in modo spiccato le biomasse forestali, il biogas ed in parte i biocarburanti, hanno la caratteristica di essere forme di produzione diffusa di energia la cui ricaduta economica sui territori è forte e continuativa. Il petrolio ed il carbone, ma anche l'uranio, rastrellano ricchezza dai Paesi di consumo e la trasferiscono ai luoghi di estrazione, lasciando l'inquinamento nelle zone di raffinazione e consumo. Viceversa, l'indotto generato sui territori dalle fonti rinnovabili è stabile e significativo. In Germania è stato valutato che le fonti rinnovabili di energia, incluso l'eolico, abbiano generato 450.000 nuovi posti di lavoro;
biomassa è un termine che riunisce tipi diversi di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che sono biomassa tutti quei materiali che hanno una matrice organica e che vengono prodotti in modo ciclico (rinnovabili) attraverso processi naturali (foreste e legno) o produttivi (agricoltura). Le biomasse possono essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate all'alimentazione umana o animale (ad esempio, residui delle potature, paglia ed altro), da colture espressamente condotte per scopi energetici (ad esempio, produzione di biodiesel o alcol), da materiali legnosi e residui di origine forestale, da scarti di attività dell'industria agroalimentare o del legno (ad esempio, le vinacce dell'industria della vinificazione, la sansa dell'industria dell'olio, i trucioli o la segatura dell'industria del legno), da scarti delle aziende zootecniche (deiezioni solide e liquide), dalla parte organica dei rifiuti urbani o dai materiali di risulta delle operazioni di cura del verde (ad esempio, potatura siepi e viali alberati urbani, manutenzione aree ripariali);
non vi è una definizione univoca di biomassa, per la legge italiana. Solo nell'ambito dell'impiego delle biomasse per la produzione di energia elettrica vengono utilizzate definizioni più specifiche. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 387 del 2003 riprende la direttiva 2001/77/CE e stabilisce che «per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». La definizione di biomassa ai sensi del decreto legislativo n. 387 del 2003 è stata ampliata dal decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE». L'articolo 2, lettera e), definisce la biomassa come «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.» Quest'ultima è la definizione utile ai fini autorizzativi ed alla quale si attengono le normative locali;
ai fini energetici le biomasse si distinguono in:
a) bioliquidi: i «combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa»;
b) biocarburanti: i «carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa»;
c) biometano: il «gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all'immissione nella rete del gas naturale»;
ciascuna delle biomasse sopra elencate porta con sé impatti ambientali che devono necessariamente essere valutati quando si scende dall'ambito delle scelte strategiche e si definiscono i criteri per effettuare le scelte migliori rispetto alle biomasse da impiegare e le tecnologie da utilizzare; i criteri in questione possono essere riassumibili in alcuni punti:
a) le biomasse devono generare ricchezza sul luogo di realizzazione dell'impianto, evitando che l'approvvigionamento della biomassa abbia un impatto ambientale insostenibile, anche in termini di incremento della viabilità;
b) a valutazione di compatibilità ambientale dell'impianto a biomassa deve tenere conto dell'intero ciclo produttivo;
c) gli impianti devono avere dimensioni proporzionate alla capacità produttiva del luogo di installazione (filiera corta), di cui sia garantita la tracciabilità e la compatibilità ambientale del trasporto;
d) devono essere privilegiati, attraverso semplificazioni autorizzative, tutti quegli impianti che utilizzano l'energia termica senza disperderla nell'ambiente;
il contributo delle biomasse alla produzione di energie da fonte rinnovabile è importante in quel mix energetico sostenibile che l'Italia dovrà utilizzare, contestualmente alle politiche di risparmio ed efficienza, per sostituire gradualmente le fonti fossili; ma il loro uso, in un'ottica di sostenibilità, non dovrà dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola, negativi per gli equilibri ambientali e paesaggistici, o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni dei gas serra;
uno sviluppo corretto delle agroenergie dovrebbe essere innanzitutto decentralizzato e integrato con le economie agricole locali e i contesti territoriali. Tuttavia, bisognerà evitare che tale decentramento produca, da una parte, un puzzle di norme e di criteri di valutazione e, dall'altra, una proliferazione di impianti che nulla hanno a che fare con l'agricoltura locale e con le risorse del territorio. A tale scopo, è utile che i criteri di calcolo della quota di produzione di energia da biomasse che ogni regione dovrà garantire per il rispetto degli obiettivi nazionali (cosiddetta burden sharing) siano basati sulle potenzialità effettive e sulle vocazioni agricole e forestali dei diversi territori, sia in termini di colture che di processi di produzione/trasformazione dedicati;
bisogna, quindi, favorire filiere che siano efficienti nell'uso del suolo agricolo e nella riduzione delle emissioni di carbonio gas serra, sostenibili dal punto di vista ambientale e paesaggistico e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale, sia dal punto di vista delle imprese agroforestali che dal punto di vista dell'imprenditoria in generale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita della biomassa (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040; in questa prospettiva, la produzione dedicata di biomasse dal settore agricolo dovrebbe essere realizzata prestando attenzione ad aspetti di risparmio energetico e di uso razionale degli input produttivi. Il ricorso a tecniche agronomiche a basso input energetico e rispettose dell'uso del suolo, come, ad esempio, i sistemi di agricoltura conservativa, possono rappresentare una possibile via per la produzione sostenibile di biomasse agricole, specie se accompagnati da sistemi di agricoltura di precisione che consentono di impiegare in modo oculato e razionale i diversi input colturali necessari (fertilizzanti, fitofarmaci ed altro);
al fine di rispettare i principi di sostenibilità ed economicità, è necessario che si instauri un'interazione positiva tra impresa energetica e azienda agricola, evitando innanzitutto un meccanismo competitivo che vedrebbe crescere l'una a discapito dell'altra e garantendo, al contempo, una migliore gestione degli aspetti ambientali. Ad esempio, per gli impianti di piccole dimensioni che per proprie caratteristiche rispondono meglio ai principi di sostenibilità sociale, ambientale e paesaggistica, le possibilità di raggiungere un'adeguata efficienza economica sono legate alla capacità di radicarsi nel contesto produttivo locale e di creare un circolo virtuoso grazie all'abbattimento dei costi di produzione, recupero e trasporto della biomassa;
oltre alla combustione si possono avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio, la trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas, ossia metano, da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare ed è particolarmente adatta per i contesti agricoli intensivi di pianura caratterizzati da alta produttività;
esperienze già in atto nel contesto italiano stanno dimostrando come questi impianti riescano ad essere tecnologicamente ed economicamente sostenibili solo se riescono a superare determinate dimensioni strutturali. Questo comporta in diversi casi delicate implicazioni connesse all'approvvigionamento della biomassa, sia dal punto di vista della logistica (raggio di approvvigionamento) che del tipo di biomassa da impiegare. Spesso, infatti, l'alimentazione degli impianti richiede di estendere il raggio di approvvigionamento, cosa che solleva problemi di pressione sul traffico stradale e di emissioni e consumi energetici connessi all'uso dei mezzi di trasporto;
le biomasse residuali impiegate nell'alimentazione degli impianti di gassificazione vengono spesso integrate con massicce dosi di prodotti agricoli come il mais o altri cereali altamente energetici, che, in questo modo, vengono sottratti alla loro tradizionale funzione di alimentazione umana (food) o animale (feed). Tale situazione ricrea negli areali di produzione una competizione fra la funzione energetica (biomassa) e la funzione alimentare (food e feed) di prodotti come i cereali; competizione che si traduce in forti distorsioni di mercato che si ripercuotono sul costo di produzione di altre importanti derrate, come il latte e la carne;
di conseguenza, in alcune aree della penisola numerosi allevatori riscontrano notevoli difficoltà nell'approvvigionamento dei foraggi a prezzi competitivi. Questa situazione rischia, da un lato, di esercitare una pressione eccessiva sugli allevamenti e, dall'altro, di generare inaccettabili incrementi dei prezzi al consumo di diversi prodotti alimentari. Appare chiara, dunque, la necessità di prevenire questi problemi attraverso la predisposizione di appositi strumenti normativi che permettano di regolare il mercato delle produzioni agricole che possono essere destinate sia alla filiera energetica che a quella agroalimentare;
altra fonte di energie rinnovabili può essere rappresentata anche dai biocombustibili, da impiegarsi sia per la produzione di energia (bioliquidi) che per l'autotrazione (biocarburanti). Tali biocombustibili possono essere ottenuti anche attraverso la coltivazione di colture oleaginose come il girasole o il colza. Tali colture, per caratteristiche agronomiche, possono risultare particolarmente adatte in molti contesti agricoli marginali del nostro Paese, in quanto richiedono input energetici ridotti e cure colturali moderate. Come detto in precedenza, il piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili dispone che entro il 2020 l'84 per cento dell'energia utilizzata per i trasporti debba derivare da biomasse. Già ad oggi, nel 2012, vige in Italia l'obbligo di miscelare al 4,5 per cento i carburanti di origine fossile con carburanti di origine agricola;
non è ben chiaro quale strategia seguirà l'Italia per approvvigionarsi di questi ingenti volumi di biocarburanti, ma di sicuro questo rappresenterebbe un mercato in cui le (seppur modeste) quantità di biocombustibili prodotte nel nostro Paese potrebbero trovare facile collocazione. L'estrazione a freddo dell'olio dai semi di girasole o colza può essere oggi realizzata in modo facile ed efficiente. A tale proposito, la nascita di piccoli impianti consortili di estrazione potrebbe favorire la creazione di piccoli distretti energetici che troverebbero mercato nell'autoconsumo a livello locale o nella fornitura di prodotto energetico a strutture di consumo, come i già citati edifici di interesse pubblico;
in diversi contesti del territorio italiano le comunità locali si dimostrano ancora poco propense ad accettare impianti di conversione energetica delle biomasse. Tale preclusione è legata in parte alla disinformazione che porta a considerare questi impianti come fonti di inquinamento atmosferico e, in parte, al ragionevole timore di uso improprio delle strutture a fini di smaltimento dei rifiuti. Questa evidenza dovrebbe invitare ad ipotizzare delle campagne di educazione e sensibilizzazione che avvicinino i cittadini al tema delle energie da biomassa. Gli impianti, da parte loro, dovrebbero essere realizzati secondo criteri di sostenibilità economica, ambientale, sociale, paesaggistica e tecnica. Tali criteri, seppur di valore universale, hanno necessità di essere calati nelle molteplici realtà locali ritrovabili a livello nazionale. In tale ottica, maggiore ricerca e innovazione tecnologica sarebbero necessarie per trasformare in contributo reale alla crescita le potenzialità teoriche racchiuse nel concetto di biomasse e bioenergie,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a differenziare le misure di sostegno, privilegiando le biomasse di scarto o a filiera corta entro 70 chilometri dall'impianto di produzione dell'energia/calore;
ad assumere iniziative volte a prevedere particolari incentivi per le aziende agricole che decidono di utilizzare per proprio consumo le biomasse autoprodotte, specie in quei contesti ad alte esigenze energetiche, come le serre, gli allevamenti zootecnici o gli impianti aziendali di trasformazione dei prodotti alimentari;
a costruire degli strumenti di controllo delle produzioni di biomasse agricole e delle relative filiere di conversione energetica per evitare che si verifichino deleterie distorsioni di mercato che potrebbero avere ripercussioni sulla competitività di alcune filiere agroalimentari e sui prezzi al consumo dei prodotti;
a mettere in atto iniziative volte ad evitare il rischio di abbandono delle pratiche agricole tradizionali, prevedendo che la produzione di biomasse o di energia da biomassa rappresenti per l'azienda agricola un'integrazione e non una fonte sostitutiva di reddito aziendale;
a favorire la realizzazione di piccoli distretti o reti energetiche nelle aree rurali, favorendo la partecipazione attiva delle imprese e delle aziende agricole;
a rafforzare gli strumenti di controllo della sostenibilità ambientale ed energetica dei processi di produzione delle biomasse e dell'impatto paesaggistico/ambientale degli impianti.
(1-00915)
«Di Giuseppe, Donadi, Borghesi, Rota, Messina, Di Stanislao, Piffari».

La Camera,
premesso che:
con la direttiva 2009/28/CE, che supera le precedenti direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, rispettivamente in materia di elettricità da fonti rinnovabili e di biocarburanti, l'Unione europea ha implementato la propria politica in materia di riduzione dei gas serra, attraverso l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. In particolare, la citata direttiva mira ad istituire un quadro comune per la promozione dell'energia prodotta da fonti rinnovabili e, per ciascuno Stato membro, fissa un obiettivo per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia entro il 2020;
il nuovo quadro normativo comunitario è finalizzato a concentrare lo sforzo in funzione del raggiungimento del già individuato obiettivo del cosiddetto «20-20-20», che prevede, entro il 2020: la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra, il risparmio energetico del 20 per cento, l'innalzamento al 20 per cento del livello di consumo di energia da fonti rinnovabile;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE, «Promozione dell'uso delle energie da fonti rinnovabili», ha ripartito l'obiettivo generale del 20 per cento da fonte rinnovabile tra tutti gli Stati membri secondo il principio del burden sharing, già utilizzato con il protocollo di Kyoto. La Commissione europea ha, infatti, fissato i singoli obiettivi nazionali, giuridicamente vincolanti, tenendo conto della situazione economica di ogni Stato. Con l'Italia è stata concordata una quota del 17 per cento di energia da fonti energetiche rinnovabili da raggiungere entro il 2020;
nel quadro delle politiche e delle misure nazionali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica stabiliti nel Protocollo di Kyoto, è necessario individuare alcuni strumenti strategici per lo sviluppo e l'integrazione di filiere di produzione e di distribuzione di energie rinnovabili che siano in grado di produrre energia «pulita», limitando l'emissione in atmosfera di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra risultante dall'uso dei combustibili fossili;
nell'ambito del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il settore delle biomasse riveste un ruolo di primaria importanza. Sommando gli obiettivi di energia da fonti rinnovabili per il 2020, ripartiti in elettricità, calore/raffrescamento e trasporti, a tutte le biomasse solide (in larga parte biomasse legnose), gassose (biogas e biometano) e liquide (biocarburanti), viene richiesto di produrre il 44 per cento di tutta l'energia da fonti rinnovabili a fine decennio;
la scelta di investire sulle energie rinnovabili, soprattutto sulle biomasse, non è soltanto una scelta ambientale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica; gli impianti di energia da biomasse, e in modo spiccato le biomasse forestali, il biogas ed in parte i biocarburanti, hanno la caratteristica di essere forme di produzione diffusa di energia la cui ricaduta economica sui territori è forte e continuativa. Il petrolio ed il carbone, ma anche l'uranio, rastrellano ricchezza dai Paesi di consumo e la trasferiscono ai luoghi di estrazione, lasciando l'inquinamento nelle zone di raffinazione e consumo. Viceversa, l'indotto generato sui territori dalle fonti rinnovabili è stabile e significativo. In Germania è stato valutato che le fonti rinnovabili di energia, incluso l'eolico, abbiano generato 450.000 nuovi posti di lavoro;
biomassa è un termine che riunisce tipi diversi di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che sono biomassa tutti quei materiali che hanno una matrice organica e che vengono prodotti in modo ciclico (rinnovabili) attraverso processi naturali (foreste e legno) o produttivi (agricoltura). Le biomasse possono essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate all'alimentazione umana o animale (ad esempio, residui delle potature, paglia ed altro), da colture espressamente condotte per scopi energetici (ad esempio, produzione di biodiesel o alcol), da materiali legnosi e residui di origine forestale, da scarti di attività dell'industria agroalimentare o del legno (ad esempio, le vinacce dell'industria della vinificazione, la sansa dell'industria dell'olio, i trucioli o la segatura dell'industria del legno), da scarti delle aziende zootecniche (deiezioni solide e liquide), dalla parte organica dei rifiuti urbani o dai materiali di risulta delle operazioni di cura del verde (ad esempio, potatura siepi e viali alberati urbani, manutenzione aree ripariali);
non vi è una definizione univoca di biomassa, per la legge italiana. Solo nell'ambito dell'impiego delle biomasse per la produzione di energia elettrica vengono utilizzate definizioni più specifiche. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 387 del 2003 riprende la direttiva 2001/77/CE e stabilisce che «per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». La definizione di biomassa ai sensi del decreto legislativo n. 387 del 2003 è stata ampliata dal decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE». L'articolo 2, lettera e), definisce la biomassa come «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.» Quest'ultima è la definizione utile ai fini autorizzativi ed alla quale si attengono le normative locali;
ai fini energetici le biomasse si distinguono in:
a) bioliquidi: i «combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa»;
b) biocarburanti: i «carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa»;
c) biometano: il «gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all'immissione nella rete del gas naturale»;
ciascuna delle biomasse sopra elencate porta con sé impatti ambientali che devono necessariamente essere valutati quando si scende dall'ambito delle scelte strategiche e si definiscono i criteri per effettuare le scelte migliori rispetto alle biomasse da impiegare e le tecnologie da utilizzare; i criteri in questione possono essere riassumibili in alcuni punti:
a) le biomasse devono generare ricchezza sul luogo di realizzazione dell'impianto, evitando che l'approvvigionamento della biomassa abbia un impatto ambientale insostenibile, anche in termini di incremento della viabilità;
b) a valutazione di compatibilità ambientale dell'impianto a biomassa deve tenere conto dell'intero ciclo produttivo;
c) gli impianti devono avere dimensioni proporzionate alla capacità produttiva del luogo di installazione (filiera corta), di cui sia garantita la tracciabilità e la compatibilità ambientale del trasporto;
d) devono essere privilegiati, attraverso semplificazioni autorizzative, tutti quegli impianti che utilizzano l'energia termica senza disperderla nell'ambiente;
il contributo delle biomasse alla produzione di energie da fonte rinnovabile è importante in quel mix energetico sostenibile che l'Italia dovrà utilizzare, contestualmente alle politiche di risparmio ed efficienza, per sostituire gradualmente le fonti fossili; ma il loro uso, in un'ottica di sostenibilità, non dovrà dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola, negativi per gli equilibri ambientali e paesaggistici, o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni dei gas serra;
uno sviluppo corretto delle agroenergie dovrebbe essere innanzitutto decentralizzato e integrato con le economie agricole locali e i contesti territoriali. Tuttavia, bisognerà evitare che tale decentramento produca, da una parte, un puzzle di norme e di criteri di valutazione e, dall'altra, una proliferazione di impianti che nulla hanno a che fare con l'agricoltura locale e con le risorse del territorio. A tale scopo, è utile che i criteri di calcolo della quota di produzione di energia da biomasse che ogni regione dovrà garantire per il rispetto degli obiettivi nazionali (cosiddetta burden sharing) siano basati sulle potenzialità effettive e sulle vocazioni agricole e forestali dei diversi territori, sia in termini di colture che di processi di produzione/trasformazione dedicati;
bisogna, quindi, favorire filiere che siano efficienti nell'uso del suolo agricolo e nella riduzione delle emissioni di carbonio gas serra, sostenibili dal punto di vista ambientale e paesaggistico e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale, sia dal punto di vista delle imprese agroforestali che dal punto di vista dell'imprenditoria in generale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita della biomassa (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040; in questa prospettiva, la produzione dedicata di biomasse dal settore agricolo dovrebbe essere realizzata prestando attenzione ad aspetti di risparmio energetico e di uso razionale degli input produttivi. Il ricorso a tecniche agronomiche a basso input energetico e rispettose dell'uso del suolo, come, ad esempio, i sistemi di agricoltura conservativa, possono rappresentare una possibile via per la produzione sostenibile di biomasse agricole, specie se accompagnati da sistemi di agricoltura di precisione che consentono di impiegare in modo oculato e razionale i diversi input colturali necessari (fertilizzanti, fitofarmaci ed altro);
al fine di rispettare i principi di sostenibilità ed economicità, è necessario che si instauri un'interazione positiva tra impresa energetica e azienda agricola, evitando innanzitutto un meccanismo competitivo che vedrebbe crescere l'una a discapito dell'altra e garantendo, al contempo, una migliore gestione degli aspetti ambientali. Ad esempio, per gli impianti di piccole dimensioni che per proprie caratteristiche rispondono meglio ai principi di sostenibilità sociale, ambientale e paesaggistica, le possibilità di raggiungere un'adeguata efficienza economica sono legate alla capacità di radicarsi nel contesto produttivo locale e di creare un circolo virtuoso grazie all'abbattimento dei costi di produzione, recupero e trasporto della biomassa;
oltre alla combustione si possono avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio, la trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas, ossia metano, da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare ed è particolarmente adatta per i contesti agricoli intensivi di pianura caratterizzati da alta produttività;
esperienze già in atto nel contesto italiano stanno dimostrando come questi impianti riescano ad essere tecnologicamente ed economicamente sostenibili solo se riescono a superare determinate dimensioni strutturali. Questo comporta in diversi casi delicate implicazioni connesse all'approvvigionamento della biomassa, sia dal punto di vista della logistica (raggio di approvvigionamento) che del tipo di biomassa da impiegare. Spesso, infatti, l'alimentazione degli impianti richiede di estendere il raggio di approvvigionamento, cosa che solleva problemi di pressione sul traffico stradale e di emissioni e consumi energetici connessi all'uso dei mezzi di trasporto;
le biomasse residuali impiegate nell'alimentazione degli impianti di gassificazione vengono spesso integrate con massicce dosi di prodotti agricoli come il mais o altri cereali altamente energetici, che, in questo modo, vengono sottratti alla loro tradizionale funzione di alimentazione umana (food) o animale (feed). Tale situazione ricrea negli areali di produzione una competizione fra la funzione energetica (biomassa) e la funzione alimentare (food e feed) di prodotti come i cereali; competizione che si traduce in forti distorsioni di mercato che si ripercuotono sul costo di produzione di altre importanti derrate, come il latte e la carne;
di conseguenza, in alcune aree della penisola numerosi allevatori riscontrano notevoli difficoltà nell'approvvigionamento dei foraggi a prezzi competitivi. Questa situazione rischia, da un lato, di esercitare una pressione eccessiva sugli allevamenti e, dall'altro, di generare inaccettabili incrementi dei prezzi al consumo di diversi prodotti alimentari. Appare chiara, dunque, la necessità di prevenire questi problemi attraverso la predisposizione di appositi strumenti normativi che permettano di regolare il mercato delle produzioni agricole che possono essere destinate sia alla filiera energetica che a quella agroalimentare;
altra fonte di energie rinnovabili può essere rappresentata anche dai biocombustibili, da impiegarsi sia per la produzione di energia (bioliquidi) che per l'autotrazione (biocarburanti). Tali biocombustibili possono essere ottenuti anche attraverso la coltivazione di colture oleaginose come il girasole o il colza. Tali colture, per caratteristiche agronomiche, possono risultare particolarmente adatte in molti contesti agricoli marginali del nostro Paese, in quanto richiedono input energetici ridotti e cure colturali moderate. Come detto in precedenza, il piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili dispone che entro il 2020 l'84 per cento dell'energia utilizzata per i trasporti debba derivare da biomasse. Già ad oggi, nel 2012, vige in Italia l'obbligo di miscelare al 4,5 per cento i carburanti di origine fossile con carburanti di origine agricola;
non è ben chiaro quale strategia seguirà l'Italia per approvvigionarsi di questi ingenti volumi di biocarburanti, ma di sicuro questo rappresenterebbe un mercato in cui le (seppur modeste) quantità di biocombustibili prodotte nel nostro Paese potrebbero trovare facile collocazione. L'estrazione a freddo dell'olio dai semi di girasole o colza può essere oggi realizzata in modo facile ed efficiente. A tale proposito, la nascita di piccoli impianti consortili di estrazione potrebbe favorire la creazione di piccoli distretti energetici che troverebbero mercato nell'autoconsumo a livello locale o nella fornitura di prodotto energetico a strutture di consumo, come i già citati edifici di interesse pubblico;
in diversi contesti del territorio italiano le comunità locali si dimostrano ancora poco propense ad accettare impianti di conversione energetica delle biomasse. Tale preclusione è legata in parte alla disinformazione che porta a considerare questi impianti come fonti di inquinamento atmosferico e, in parte, al ragionevole timore di uso improprio delle strutture a fini di smaltimento dei rifiuti. Questa evidenza dovrebbe invitare ad ipotizzare delle campagne di educazione e sensibilizzazione che avvicinino i cittadini al tema delle energie da biomassa. Gli impianti, da parte loro, dovrebbero essere realizzati secondo criteri di sostenibilità economica, ambientale, sociale, paesaggistica e tecnica. Tali criteri, seppur di valore universale, hanno necessità di essere calati nelle molteplici realtà locali ritrovabili a livello nazionale. In tale ottica, maggiore ricerca e innovazione tecnologica sarebbero necessarie per trasformare in contributo reale alla crescita le potenzialità teoriche racchiuse nel concetto di biomasse e bioenergie,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a differenziare le misure di sostegno, privilegiando le biomasse di scarto o a filiera corta entro 70 chilometri dall'impianto di produzione dell'energia/calore;
ad assumere iniziative volte a prevedere particolari incentivi per le aziende agricole che decidono di utilizzare per proprio consumo le biomasse autoprodotte, specie in quei contesti ad alte esigenze energetiche, come le serre, gli allevamenti zootecnici o gli impianti aziendali di trasformazione dei prodotti alimentari;
a costruire degli strumenti di controllo delle produzioni di biomasse agricole e delle relative filiere di conversione energetica per evitare che si verifichino deleterie distorsioni di mercato che potrebbero avere ripercussioni sulla competitività di alcune filiere agroalimentari e sui prezzi al consumo dei prodotti;
a mettere in atto iniziative volte ad evitare il rischio di abbandono delle pratiche agricole tradizionali, prevedendo che la produzione di biomasse o di energia da biomassa rappresenti per l'azienda agricola un'integrazione e non una fonte sostitutiva di reddito aziendale;
a favorire, ove tecnicamente ed economicamente possibile, la realizzazione di piccoli distretti o reti energetiche nelle aree rurali, favorendo la partecipazione attiva delle imprese e delle aziende agricole;
a rafforzare gli strumenti di controllo della sostenibilità ambientale ed energetica dei processi di produzione delle biomasse e dell'impatto paesaggistico/ambientale degli impianti.
(1-00915)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Giuseppe, Donadi, Borghesi, Rota, Messina, Di Stanislao, Piffari».

La Camera,
premesso che:
il recente decreto legislativo n. 28 del 2011 - «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE» - all'articolo 2, lettera e), definisce la biomassa come «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani»;
le biomasse rappresentano una fondamentale fonte di energia rinnovabile, ricavata dal recupero di scarti vegetali ed altre fonti derivanti da processi industriali ed agricoli e presentano grandi potenzialità di sviluppo, specialmente nel territorio italiano naturalmente adatto ad accogliere impianti a biomasse per le sue caratteristiche;
la filiera biogas-biometano ha un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale, ma presenta anche molteplici ulteriori aspetti positivi come: l'elevata efficienza negli usi (energia elettrica e termica, carburanti da biomasse, biodiesel e bioetanolo) e costi di produzione competitivi; inoltre, limita l'inquinamento di atmosfera e falde acquifere, migliora il ciclo della vita dei prodotti combustibili; ed infine, le biomasse rappresentano una fonte programmabile e conservabile attraverso l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale;
dal punto di vista degli impianti vi è una pluralità di soluzioni: la combustione diretta della biomassa, in forni appositi, ne comporta un'ossidazione totale ad alta temperatura; gassificazione, pirolisi e carbonizzazione, invece, sono processi che comportano un'ossidazione parziale della biomassa, in modo da ottenere sottoprodotti solidi, liquidi e gassosi, più puri rispetto alla fonte di partenza, che possono poi essere combusti completamente in un passaggio successivo;
le centrali termoelettriche alimentate da biomasse solide o liquide effettuano la conversione dell'energia termica, contenuta nel combustibile biomassa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
il fatto che le suddette centrali si basino, soprattutto, sugli scarti di produzione rappresenta un vantaggio economico e sociale rilevante, in quanto il settore riutilizza e smaltisce rifiuti in modo corretto, produce energia elettrica e riduce la dipendenza dalle fonti di natura fossile;
in futuro le biomasse potranno essere applicate per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad incentivare l'opzione agroenergetica per l'imprenditoria agricola italiana, sottolineandone l'importanza come fonte alternativa di reddito e salvaguardando la funzione primaria dell'agricoltura;
a favorire, per quanto di competenza, le proposte di uniformare la normativa relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato di rifiuti, in modo da superare le attuali difficoltà date dalle diverse fonti normative;
ad assumere iniziative finalizzate a differenziare il sistema degli incentivi al fine di determinare lo sviluppo di filiere industriali, favorendo così l'incremento del reddito e dell'occupazione;
a monitorare e vigilare sul corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale, preservando il paesaggio.
(1-00918)
«Misiti, Iapicca, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova, Mario Pepe (Misto-R-A)».

La Camera,
premesso che:
il recente decreto legislativo n. 28 del 2011 - «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE» - all'articolo 2, lettera e), definisce la biomassa come «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani»;
le biomasse rappresentano una fondamentale fonte di energia rinnovabile, ricavata dal recupero di scarti vegetali ed altre fonti derivanti da processi industriali ed agricoli e presentano grandi potenzialità di sviluppo, specialmente nel territorio italiano naturalmente adatto ad accogliere impianti a biomasse per le sue caratteristiche;
la filiera biogas-biometano ha un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale, ma presenta anche molteplici ulteriori aspetti positivi come: l'elevata efficienza negli usi (energia elettrica e termica, carburanti da biomasse, biodiesel e bioetanolo) e costi di produzione competitivi; inoltre, limita l'inquinamento di atmosfera e falde acquifere, migliora il ciclo della vita dei prodotti combustibili; ed infine, le biomasse rappresentano una fonte programmabile e conservabile attraverso l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale;
dal punto di vista degli impianti vi è una pluralità di soluzioni: la combustione diretta della biomassa, in forni appositi, ne comporta un'ossidazione totale ad alta temperatura; gassificazione, pirolisi e carbonizzazione, invece, sono processi che comportano un'ossidazione parziale della biomassa, in modo da ottenere sottoprodotti solidi, liquidi e gassosi, più puri rispetto alla fonte di partenza, che possono poi essere combusti completamente in un passaggio successivo;
le centrali termoelettriche alimentate da biomasse solide o liquide effettuano la conversione dell'energia termica, contenuta nel combustibile biomassa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
il fatto che le suddette centrali si basino, soprattutto, sugli scarti di produzione rappresenta un vantaggio economico e sociale rilevante, in quanto il settore riutilizza e smaltisce rifiuti in modo corretto, produce energia elettrica e riduce la dipendenza dalle fonti di natura fossile;
in futuro le biomasse potranno essere applicate per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad incentivare l'opzione agroenergetica per l'imprenditoria agricola italiana, sottolineandone l'importanza come fonte alternativa di reddito e salvaguardando la funzione primaria dell'agricoltura;
a favorire, per quanto di competenza, le proposte di uniformare la normativa relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato di rifiuti, in modo da superare le attuali difficoltà date dalle diverse fonti normative;
ad assumere iniziative finalizzate a differenziare il sistema degli incentivi al fine di determinare lo sviluppo di filiere industriali, favorendo così l'incremento del reddito e dell'occupazione;
a monitorare e vigilare sul corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale, preservando il paesaggio e ferme restando le competenze stabilite in merito all'applicazione, da parte delle regioni, delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili.
(1-00918)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Misiti, Iapicca, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova, Mario Pepe (Misto-R-A)».

La Camera,
premesso che:
la produzione di energia derivante dall'utilizzo delle biomasse e dai suoi prodotti attraverso processi di conversione in energia di tipo termochimico e biochimico rappresenta, senza dubbio, una delle prospettive più concrete nel panorama dell'incentivazione e della promozione dell'energia rinnovabile in Italia;
secondo la definizione introdotta dalla direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003, si intende per biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
le dinamiche produttive caratterizzanti l'utilizzazione energetica delle biomasse fanno riferimento alla combustione diretta, alla trasformazione di queste in combustibili liquidi, alla produzione di gas combustibile e alla produzione di biogas;
secondo uno studio condotto dall'Osservatorio agro energia, attualmente dai sottoprodotti, intesi come scarti biologici delle lavorazioni agricole, sarebbe possibile ottenere oltre 10 mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia all'anno, pari al 49 per cento della produzione da fonti rinnovabili e il 5 per cento dei consumi italiani. Tale comparto risulta al momento fortemente limitato, tra l'altro, dal quadro normativo di riferimento che non consente una chiara individuazione di sottoprodotto a fini energetici;
come specificato anche dall'articolo 3 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili che l'Italia dovrà conseguire sul consumo finale lordo di energia nel 2020 è pari a 17 per cento;
nel giugno 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha definito il piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili (pan) ai sensi della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 che rappresenta uno degli step più importanti dello sviluppo della strategia energetica nazionale sostenibile;
il comparto energetico derivante dalle biomasse rappresenta un punto molto importante del piano, poiché sulla base degli obiettivi di energia da fonti rinnovabili per il 2020, ripartiti in macroaree come elettricità, calore/raffrescamento e trasporti, al complesso delle biomasse solide, gassose e liquide, è attribuito l'obiettivo di produrre il 44 per cento di tutta l'energia da fonti rinnovabili. In questa prospettiva, il riferimento produttivo alle biomasse rappresenta un tassello importante nel progetto del raggiungimento degli obiettivi energetici sopra citati;
in data 13 febbraio 2012, con la comunicazione «l'innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l'Europa» della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, ha delineato la strategia dell'Europa per ridurre la dipendenza energetica dalle risorse non rinnovabili. In tale contesto, è stato evidenziato che «la strategia per la bioeconomia sosterrà l'iniziativa per una »crescita blu«, le direttive sull'energia rinnovabile e sulla qualità del combustibile, nonché il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, mettendo a disposizione migliori conoscenze di base e stimolando l'innovazione per la produzione di biomasse di qualità (ad esempio, attraverso colture di piante industriali) a prezzi competitivi e senza compromettere la sicurezza alimentare o incrementare la pressione sulla produzione primaria e sull'ambiente o creare distorsioni di mercato a favore dell'utilizzo di energia»;
negli ultimi 4 anni il panorama economico italiano ha assistito ad un incremento dello sviluppo delle tecniche di produzione energetica da biomasse e dai suoi prodotti, anche a seguito dell'introduzione di una legislazione di sostegno, che prevede, tra l'altro, meccanismi incentivanti;
nello specifico, il decreto legislativo citato, all'articolo 24 prevede che per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, l'incentivo è finalizzato a promuovere, «l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte, contratti quadri e da intese di filiera»;
i prodotti delle biomasse - bioliquidi e biocombustibili - rappresentano delle importanti risorse rispettivamente sul versante della produzione energetica e quello dei trasporti che stanno acquistando una rilevante configurazione produttiva negli ultimi anni in Italia;
per quanto possa essere apprezzabile ed auspicabile la valorizzazione delle cosiddette filiere corte, segnatamente sul versante dell'utilizzo dei bioliquidi e dei biocombustibili, è altrettanto importante evidenziare quanto la limitatezza delle potenzialità colturali italiane possa condizionare questa prospettiva;
in questo scenario complesso si inserisce il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 23 gennaio 2012, n. 2, concernente il sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi, finalizzato a fornire le specifiche attuative per il nostro Paese relativamente a quanto previsto nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie 2009/28/CE e 2009/30/CE;
biocarburanti e bioliquidi, in quanto prodotti delle biomasse, sono risorse che stanno acquisendo una particolare rilevanza nel panorama nazionale e internazionale in virtù delle importanti prospettive di impiego che essi già manifestano nel settore dei trasporti e, soprattutto, in ambito energetico nella produzione di energia da fonti rinnovabili, una voce ormai non trascurabile nella copertura del fabbisogno energetico globale;
negli ultimi dieci anni la produzione di energia da impianti alimentati a «biocombustibili» è cresciuta quasi del 18 per cento in Italia, portando tali risorse a coprire quasi l'11 per cento della produzione elettrica da fonti rinnovabili. Nello specifico, la produzione da bioliquidi si è sviluppata principalmente negli ultimi anni, consentendo tuttavia il conseguimento di ottimi risultati;
i dati del Gestore dei servizi energetici sugli impianti attivi in Italia per la sola produzione di energia elettrica da bioliquidi - oli vegetali grezzi e altro - mostrano che il numero di impianti attivi di potenza superiore a 1 megawatt è più che raddoppiato dal 2009 al 2010, passando da 42 a 97. Tali impianti hanno conseguito, a fine 2010, una potenza di 601 megawatt e una produzione lorda di 3.078 gigawatt orari, raddoppiando la produzione rispetto al 2009 (1.447 gigawatt orari) e superando in tal modo la produzione energetica da biogas (2.054 gigawatt orari per il 2010);
il decreto 23 gennaio 2012, n. 2, fornisce specifiche indicazioni relative alla certificazione della sostenibilità di biocarburanti e bioliquidi, istituendo, all'articolo 3, un sistema nazionale di certificazione che include la definizione di un organismo di accreditamento che accredita tutti gli organismi di certificazione ai sensi della norma UNI CEI EN 45011:1999, ai fini del rilascio di certificati di conformità e di sostenibilità dell'azienda;
alla luce della suddetta disposizione, il coinvolgimento diretto di tutti gli attori della filiera, indipendentemente da come questa si struttura, legittima la sussistenza di vincoli stringenti sull'operatività e le possibilità della stessa, legittimando una sorta di celato protezionismo suscettibile di alterare gravemente l'equilibrio della concorrenza e mortificare completamente il settore;
come evidenziato, la capacità di soddisfare la domanda di materie prime degli impianti energetici attivi, usufruendo delle sole colture oleaginose nazionali, è pressoché irrisoria. Infatti, la superficie agricola utilizzata (sau) in Italia nel 2010 ammontava a 12,7 milioni di ettari (dati Ispra). Uno studio dell'Ente nazionale per la meccanizzazione agricola (Enama) relativo a fine 2010 riferiva che per alimentare i sopra citati impianti sarebbero stati necessari 300.000 ettari/anno di superficie coltivata a oleaginose e interamente destinata alla produzione di oli per il settore energetico. Secondo la medesima fonte, alla fine del 2010 la superficie agricola italiana coltivata a oleaginose ammontava a 280.000 ettari/anno - 2 per cento della superficie agricola utilizzata - di cui meno di un quinto erano destinati al settore energetico;
i dati sopra citati evidenziano come nel settore considerato sia fondamentale la dipendenza italiana dai partner internazionali, per l'impossibilità di supplire al necessario quantitativo di materia prima con le sole produzioni interne, anche in considerazione del carattere deleterio di una potenziale trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana e alla zootecnia in colture finalizzate all'utilizzo energetico;
il decreto interministeriale citato risponde a dinamiche attuative di direttive comunitarie, che però, nello specifico, non fanno riferimento ad alcun sistema di certificazione nazionale, dalla struttura e dalla complessità come quello inaugurato in Italia. Infatti, la direttiva 2009/30/CE parla di rispetto dei criteri di sostenibilità per i biocarburanti, con conseguente riconoscimento dell'obbligo in capo agli operatori di dimostrare la sostenibilità di quanto da loro utilizzato. Non si fa, pertanto, riferimento alla strutturazione di un sistema di certificazione che includa anche la definizione di un organismo di accreditamento che accrediti tutti gli organismi di certificazione ai sensi della norma UNI CEI EN 45011:1999;
la configurazione stessa della certificazione introdotta mal si concilia con le caratteristiche della filiera italiana e pone delle serie criticità in capo ai contratti di fornitura già in esercizio alla data di entrata in vigore dei menzionati decreti, in relazione all'inevitabile lievitazione dei costi di fornitura e alla sopravvivenza stessa del comparto interessato;
in uno scenario più vasto di sviluppo e implementazione si collocano anche le disposizioni introdotte dal decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole e forestali 10 settembre 2010 in materia di «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», che disciplina le modalità di autorizzazione dei diversi impianti e l'adeguamento delle regioni alla normativa in materia. A tale provvedimento si aggiunge il cosiddetto decreto «burden sharing» attraverso il quale saranno delineati gli obiettivi per il 2020 per le regioni sulle fonti rinnovabili e che, attraverso l'autonomia, consentirà a queste di individuare gli strumenti e i meccanismi di efficientamento energetico finalizzati ad ottenere i risultati nazionali;
si evidenzia, tra l'altro, la particolare attenzione riservata di recente dal Governo al comparto, attraverso l'introduzione nel cosiddetto decreto-legge semplificazioni, di specifici interventi semplificativi sul fronte degli adempimenti e di riduzione degli oneri, a vantaggio anche degli impianti di lavorazione e di stoccaggio destinati di oli vegetali ad uso energetico: una prospettiva che evidenzia la volontà di consentire lo sviluppo e l'implementazione di un comparto produttivo dalle notevoli potenzialità;
i provvedimenti sopra indicati si configurano come strumenti indiscutibili di implementazione e valorizzazione delle dinamiche di efficientamento energetico nel pieno rispetto degli obbiettivi sanciti a livello internazionale,

impegna il Governo:

a definire opportune iniziative volte alla valorizzazione delle cosiddette agroenergie e delle potenzialità di queste in termini di green economy, tutelando, nel contempo, la caratterizzazione dell'economia italiana, evitando potenziali limiti allo sviluppo e distorsioni del mercato nel settore agroalimentare;
a promuovere una revisione della normativa vigente al fine di facilitare l'utilizzo di materiale organico derivante dai rifiuti o dai processi industriali come risorsa per la produzione di energia, consentendo in tal modo di rettificare e chiarire il contesto normativo in materia di identificazione degli scarti di origine agroindustriale, quando sono impiegabili in un impianto di produzione energetica;
a predisporre in tempi celeri un'iniziativa normativa volta a modificare l'attuale configurazione del sistema di certificazione al fine di adeguare la norma in materia alla reale caratterizzazione del sistema produttivo italiano, rispettando le reali esigenze degli operatori e tutelandone in tal modo le esigenze produttive, economiche e professionali;
a predisporre ulteriori iniziative - anche di carattere normativo - che, in ottemperanza agli obblighi contratti a livello internazionale, supportino ed incentivino il comparto della produzione energetica da bioliquidi, indipendentemente dalla provenienza di questi ultimi, ferma restando l'esigenza di garantire la sostenibilità di questi e delle materie prime di derivazione, ai sensi delle direttive comunitarie del 2009.
(1-00921)
«Di Biagio, Della Vedova, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Moroni, Consolo, Proietti Cosimi».

La Camera,
premesso che:
la produzione di energia derivante dall'utilizzo delle biomasse e dai suoi prodotti attraverso processi di conversione in energia di tipo termochimico e biochimico rappresenta, senza dubbio, una delle prospettive più concrete nel panorama dell'incentivazione e della promozione dell'energia rinnovabile in Italia;
secondo la definizione introdotta dalla direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003, si intende per biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
le dinamiche produttive caratterizzanti l'utilizzazione energetica delle biomasse fanno riferimento alla combustione diretta, alla trasformazione di queste in combustibili liquidi, alla produzione di gas combustibile e alla produzione di biogas;
secondo uno studio condotto dall'Osservatorio agro energia, attualmente dai sottoprodotti, intesi come scarti biologici delle lavorazioni agricole, sarebbe possibile ottenere oltre 10 mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia all'anno, pari al 49 per cento della produzione da fonti rinnovabili e il 5 per cento dei consumi italiani. Tale comparto risulta al momento fortemente limitato, tra l'altro, dal quadro normativo di riferimento che non consente una chiara individuazione di sottoprodotto a fini energetici;
come specificato anche dall'articolo 3 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili che l'Italia dovrà conseguire sul consumo finale lordo di energia nel 2020 è pari a 17 per cento;
nel giugno 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha definito il piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili (pan) ai sensi della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 che rappresenta uno degli step più importanti dello sviluppo della strategia energetica nazionale sostenibile;
il comparto energetico derivante dalle biomasse rappresenta un punto molto importante del piano, poiché sulla base degli obiettivi di energia da fonti rinnovabili per il 2020, ripartiti in macroaree come elettricità, calore/raffrescamento e trasporti, al complesso delle biomasse solide, gassose e liquide, è attribuito l'obiettivo di produrre il 44 per cento di tutta l'energia da fonti rinnovabili. In questa prospettiva, il riferimento produttivo alle biomasse rappresenta un tassello importante nel progetto del raggiungimento degli obiettivi energetici sopra citati;
in data 13 febbraio 2012, con la comunicazione «l'innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l'Europa» della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, ha delineato la strategia dell'Europa per ridurre la dipendenza energetica dalle risorse non rinnovabili. In tale contesto, è stato evidenziato che «la strategia per la bioeconomia sosterrà l'iniziativa per una »crescita blu«, le direttive sull'energia rinnovabile e sulla qualità del combustibile, nonché il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, mettendo a disposizione migliori conoscenze di base e stimolando l'innovazione per la produzione di biomasse di qualità (ad esempio, attraverso colture di piante industriali) a prezzi competitivi e senza compromettere la sicurezza alimentare o incrementare la pressione sulla produzione primaria e sull'ambiente o creare distorsioni di mercato a favore dell'utilizzo di energia»;
negli ultimi 4 anni il panorama economico italiano ha assistito ad un incremento dello sviluppo delle tecniche di produzione energetica da biomasse e dai suoi prodotti, anche a seguito dell'introduzione di una legislazione di sostegno, che prevede, tra l'altro, meccanismi incentivanti;
nello specifico, il decreto legislativo citato, all'articolo 24 prevede che per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, l'incentivo è finalizzato a promuovere, «l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte, contratti quadri e da intese di filiera»;
i prodotti delle biomasse - bioliquidi e biocombustibili - rappresentano delle importanti risorse rispettivamente sul versante della produzione energetica e quello dei trasporti che stanno acquistando una rilevante configurazione produttiva negli ultimi anni in Italia;
per quanto possa essere apprezzabile ed auspicabile la valorizzazione delle cosiddette filiere corte, segnatamente sul versante dell'utilizzo dei bioliquidi e dei biocombustibili, è altrettanto importante evidenziare quanto la limitatezza delle potenzialità colturali italiane possa condizionare questa prospettiva;
in questo scenario complesso si inserisce il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 23 gennaio 2012, n. 2, concernente il sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi, finalizzato a fornire le specifiche attuative per il nostro Paese relativamente a quanto previsto nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie 2009/28/CE e 2009/30/CE;
biocarburanti e bioliquidi, in quanto prodotti delle biomasse, sono risorse che stanno acquisendo una particolare rilevanza nel panorama nazionale e internazionale in virtù delle importanti prospettive di impiego che essi già manifestano nel settore dei trasporti e, soprattutto, in ambito energetico nella produzione di energia da fonti rinnovabili, una voce ormai non trascurabile nella copertura del fabbisogno energetico globale;
negli ultimi dieci anni la produzione di energia da impianti alimentati a «biocombustibili» è cresciuta quasi del 18 per cento in Italia, portando tali risorse a coprire quasi l'11 per cento della produzione elettrica da fonti rinnovabili. Nello specifico, la produzione da bioliquidi si è sviluppata principalmente negli ultimi anni, consentendo tuttavia il conseguimento di ottimi risultati;
i dati del Gestore dei servizi energetici sugli impianti attivi in Italia per la sola produzione di energia elettrica da bioliquidi - oli vegetali grezzi e altro - mostrano che il numero di impianti attivi di potenza superiore a 1 megawatt è più che raddoppiato dal 2009 al 2010, passando da 42 a 97. Tali impianti hanno conseguito, a fine 2010, una potenza di 601 megawatt e una produzione lorda di 3.078 gigawatt orari, raddoppiando la produzione rispetto al 2009 (1.447 gigawatt orari) e superando in tal modo la produzione energetica da biogas (2.054 gigawatt orari per il 2010);
il decreto 23 gennaio 2012, n. 2, fornisce specifiche indicazioni relative alla certificazione della sostenibilità di biocarburanti e bioliquidi, istituendo, all'articolo 3, un sistema nazionale di certificazione che include la definizione di un organismo di accreditamento che accredita tutti gli organismi di certificazione ai sensi della norma UNI CEI EN 45011:1999, ai fini del rilascio di certificati di conformità e di sostenibilità dell'azienda;
alla luce della suddetta disposizione, il coinvolgimento diretto di tutti gli attori della filiera, indipendentemente da come questa si struttura, legittima la sussistenza di vincoli stringenti sull'operatività e le possibilità della stessa, legittimando una sorta di celato protezionismo suscettibile di alterare gravemente l'equilibrio della concorrenza e mortificare completamente il settore;
come evidenziato, la capacità di soddisfare la domanda di materie prime degli impianti energetici attivi, usufruendo delle sole colture oleaginose nazionali, è pressoché irrisoria. Infatti, la superficie agricola utilizzata (sau) in Italia nel 2010 ammontava a 12,7 milioni di ettari (dati Ispra). Uno studio dell'Ente nazionale per la meccanizzazione agricola (Enama) relativo a fine 2010 riferiva che per alimentare i sopra citati impianti sarebbero stati necessari 300.000 ettari/anno di superficie coltivata a oleaginose e interamente destinata alla produzione di oli per il settore energetico. Secondo la medesima fonte, alla fine del 2010 la superficie agricola italiana coltivata a oleaginose ammontava a 280.000 ettari/anno - 2 per cento della superficie agricola utilizzata - di cui meno di un quinto erano destinati al settore energetico;
i dati sopra citati evidenziano come nel settore considerato sia fondamentale la dipendenza italiana dai partner internazionali, per l'impossibilità di supplire al necessario quantitativo di materia prima con le sole produzioni interne, anche in considerazione del carattere deleterio di una potenziale trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana e alla zootecnia in colture finalizzate all'utilizzo energetico;
il decreto interministeriale citato risponde a dinamiche attuative di direttive comunitarie, che però, nello specifico, non fanno riferimento ad alcun sistema di certificazione nazionale, dalla struttura e dalla complessità come quello inaugurato in Italia. Infatti, la direttiva 2009/30/CE parla di rispetto dei criteri di sostenibilità per i biocarburanti, con conseguente riconoscimento dell'obbligo in capo agli operatori di dimostrare la sostenibilità di quanto da loro utilizzato. Non si fa, pertanto, riferimento alla strutturazione di un sistema di certificazione che includa anche la definizione di un organismo di accreditamento che accrediti tutti gli organismi di certificazione ai sensi della norma UNI CEI EN 45011:1999;
la configurazione stessa della certificazione introdotta mal si concilia con le caratteristiche della filiera italiana e pone delle serie criticità in capo ai contratti di fornitura già in esercizio alla data di entrata in vigore dei menzionati decreti, in relazione all'inevitabile lievitazione dei costi di fornitura e alla sopravvivenza stessa del comparto interessato;
in uno scenario più vasto di sviluppo e implementazione si collocano anche le disposizioni introdotte dal decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole e forestali 10 settembre 2010 in materia di «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», che disciplina le modalità di autorizzazione dei diversi impianti e l'adeguamento delle regioni alla normativa in materia. A tale provvedimento si aggiunge il cosiddetto decreto «burden sharing» attraverso il quale saranno delineati gli obiettivi per il 2020 per le regioni sulle fonti rinnovabili e che, attraverso l'autonomia, consentirà a queste di individuare gli strumenti e i meccanismi di efficientamento energetico finalizzati ad ottenere i risultati nazionali;
si evidenzia, tra l'altro, la particolare attenzione riservata di recente dal Governo al comparto, attraverso l'introduzione nel cosiddetto decreto-legge semplificazioni, di specifici interventi semplificativi sul fronte degli adempimenti e di riduzione degli oneri, a vantaggio anche degli impianti di lavorazione e di stoccaggio destinati di oli vegetali ad uso energetico: una prospettiva che evidenzia la volontà di consentire lo sviluppo e l'implementazione di un comparto produttivo dalle notevoli potenzialità;
i provvedimenti sopra indicati si configurano come strumenti indiscutibili di implementazione e valorizzazione delle dinamiche di efficientamento energetico nel pieno rispetto degli obbiettivi sanciti a livello internazionale,

impegna il Governo:

a definire opportune iniziative volte alla valorizzazione delle cosiddette agroenergie e delle potenzialità di queste in termini di green economy, tutelando, nel contempo, la caratterizzazione dell'economia italiana, evitando potenziali limiti allo sviluppo e distorsioni del mercato nel settore agroalimentare;
a promuovere una revisione della normativa vigente al fine di facilitare l'utilizzo di materiale organico derivante dai rifiuti o dai processi industriali come risorsa per la produzione di energia, consentendo in tal modo di rettificare e chiarire il contesto normativo in materia di identificazione degli scarti di origine agroindustriale, quando sono impiegabili in un impianto di produzione energetica;
a valutare la possibilità, nel rispetto della normativa europea, di predisporre un'iniziativa normativa volta a semplificare l'attuale configurazione del sistema di certificazione, adeguando la normativa in materia alla reale caratterizzazione del sistema produttivo italiano, rispettando le reali esigenze degli operatori e tutelandone in tal modo le esigenze produttive, economiche e professionali;
a predisporre ulteriori iniziative - anche di carattere normativo - che, in ottemperanza agli obblighi contratti a livello internazionale, supportino ed incentivino il comparto della produzione energetica da bioliquidi, ferma restando l'esigenza di garantire la sostenibilità di questi e delle materie prime di derivazione, ai sensi delle direttive comunitarie del 2009.
(1-00921)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Biagio, Della Vedova, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Moroni, Consolo, Proietti Cosimi».

La Camera,
premesso che:
la grave crisi energetica che colpisce l'economia mondiale, sommata all'allarme dovuto al cambiamento climatico prodotto dall'immissione in atmosfera di crescenti quantitativi di diossido di carbonio (di gran lunga il principale «gas-serra»), sta attirando una crescente attenzione sul ruolo delle fonti rinnovabili;
le strategie di sviluppo economico e di tutela del territorio sono influenzate, e sempre più nel futuro saranno condizionate, dalle politiche energetiche. Una qualificazione della politica energetica in termini di sviluppo tecnologico e di gestione sostenibile delle risorse territoriali passa per una chiara visione del ruolo delle energie rinnovabili e, in primis, delle bioenergie;
il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il Protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un'importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l'innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo;
le stime sulla quantità di energia ricavabile dalla biomassa (bioenergia) sono variabili, ma entro il 2050 essa potrebbe arrivare a coprire il 50 per cento del fabbisogno energetico mondiale. Una parte di questa verrà utilizzata per la produzione di biocarburanti, più ancora per produrre biogas e il rimanente per alimentare le centrali energetiche;
il decreto legislativo n. 28 del 2011, attuativo della direttiva europea 2009/28/CE, ha previsto per l'Italia l'obbligo di utilizzare al 2020 il 17 per cento di energia da fonti rinnovabili sul totale dell'energia consumata (energia elettrica, termica e per i trasporti). L'obiettivo per l'Italia è di arrivare al 2020 a una produzione energetica nazionale da rinnovabili pari al 14,3 per cento (vale a dire il 17 per cento meno la quota importata), partendo da una produzione attuale dell'8,2 per cento;
la conferenza Stato-regioni nella riunione del 22 febbraio 2012 ha dato il via libera allo schema di decreto (Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) sul burden sharing, cioè sulla ripartizione tra le regioni e le province autonome della quota minima di incremento dell'energia prodotta con fonti rinnovabili;
l'Intergovernmental panel on climate change ha sottolineato come il settore agricolo, più degli altri, possa fornire un contributo attivo alla mitigazione dell'effetto serra, sia per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma anche per l'accumulo di sostanza organica nei suoli agricoli (carbon sink), nelle foreste e nelle coltivazioni agricole;
il ruolo dell'agricoltura potrebbe divenire fondamentale nella soluzione delle problematiche ambientali ed energetiche di questo secolo, avendo ora l'opportunità di partecipare attivamente al raggiungimento di tali obiettivi, dal momento che la produzione di biogas in Italia ha presentato negli ultimi anni un incremento, arrivando a rappresentare quasi il 4 per cento dell'energia prodotta da fonti rinnovabili;
la produzione di biogas concorre alla diversificazione energetica e, pertanto, può non solo fornire in misura crescente un contributo alla sicurezza, alla competitività e alla sostenibilità dell'approvvigionamento energetico, ma anche aprire nuove prospettive di reddito per gli agricoltori;
l'impiego di biogas, in particolare per la produzione di calore ed elettricità, potrebbe incrementare significativamente le possibilità di conseguire l'obiettivo vincolante, per cui entro il 2020 le fonti energetiche rinnovabili dovranno coprire il 20 per cento del fabbisogno energetico totale dell'Unione europea,

impegna il Governo:

a sfruttare l'enorme potenziale delle agroenergie, in particolare del biogas, favorendo un sistema di incentivi per gli imprenditori agricoli che intendono investire in tale energia alternativa attraverso strumenti di accesso al credito;
ad adottare, nel più breve tempo possibile, i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011 e ad assumere, nel contempo, iniziative per uniformare la normativa italiana in materia di energia da fonti rinnovabili alla normativa comunitaria, soprattutto con riferimento alla produzione di biogas.
(1-00925)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il biogas è l'unica filiera che utilizza prevalentemente biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane e che vede una qualificata presenza italiana nelle tecnologie: questo dà sostanza alla possibilità di sviluppo economico per le imprese agricole e industriali con una positiva ricaduta sui livelli occupazionali, cosa quanto mai opportuna in un periodo di gravissima crisi economica;
il biogas rappresenta una filiera che fa perno sul riciclo e utilizza in maniera efficace ed efficiente il territorio, in quanto in grado di utilizzare non solo biomasse vegetali ma anche effluenti zootecnici, sottoprodotti agricoli e agroindustriali;
il biogas è un'energia flessibile nell'uso finale, in quanto può essere utilizzata nei luoghi di produzione in motori cogenerativi per produrre energia elettrica e termica oppure raffinata a biometano;
lo sviluppo delle biomasse può dare un contributo sostanziale nell'ambito dello sviluppo delle fonti di energia rinnovabile allo scopo di ottemperare agli impegni e agli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto e dal piano nazionale per le energie rinnovabili;
pur nella condivisione dell'utilizzo di biomasse finalizzate allo sviluppo di fonti rinnovabili, va segnalato il pericolo che le aziende trasformino l'attività agricola passando da colture destinate alla produzione di alimenti a colture finalizzate alla produzione di energia, producendo un'evidente alterazione del mercato e una penalizzazione della produzione agricola e zootecnica;
è necessario procedere all'attuazione di un piano di sviluppo della produzione di biogas che porti alla riduzione di biomasse di primo raccolto per megawatt generato, dando priorità all'utilizzo crescente, ad esempio, di effluenti zootecnici residui, di sottoprodotti agricoli e agroindustriali, di colture di secondo raccolto e di colture derivanti da terreni marginali;
appare, altresì, necessario procedere:
a) alla regolamentazione di impianti di produzione di biogas e biometano in relazione alle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;
b) alla definizione di un nuovo sistema incentivante in relazione a quanto previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
c) alla definizione del sistema regolatorio e di incentivazione per il biometano ai fini di cui agli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
è fondamentale procedere ad una programmazione che sia in armonia con i distretti agroenergetici per lo sviluppo degli impianti di biogas, al fine di ridurre la competizione tra l'uso del suolo agricolo e quello utilizzato per la produzione di biomasse a discapito del primo;
sussiste un'urgenza di carattere strategico, ossia la necessità di procedere all'emanazione di tutti i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in quanto la mancanza di indirizzi precisi e chiari per lo sviluppo della filiera porterebbe al blocco degli investimenti,

impegna il Governo:

ad incentivare l'agroenergia sia come opzione strategica al fine di raggiungere e ottemperare agli impegni derivanti dal Protocollo di Kyoto e dal piano nazionale per le energie rinnovabili, sia come fattore di integrazione del reddito per le aziende agricole e sia come volano occupazionale in relazione alla capacità tecnologica delle industrie di settore;
a contrastare le trasformazioni delle aziende agricole che comportino il passaggio da colture per alimenti a colture finalizzate alla produzione di energia, cosa che altererebbe il mercato e penalizzerebbe la produzione agricola e zootecnica, attraverso l'attuazione di un piano di sviluppo della produzione di biogas che porti alla riduzione di biomasse di primo raccolto per megawatt generato, dando priorità all'utilizzo crescente, ad esempio, di effluenti zootecnici residui, di sottoprodotti agricoli e agroindustriali, di colture di secondo raccolto e di colture derivanti da terreni marginali;
ad assumere iniziative volte:
a) alla regolamentazione di impianti di produzione di biogas e biometano in relazione alle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;
b) alla definizione di un nuovo sistema incentivante in relazione a quanto previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
c) alla definizione di un sistema regolatorio e di incentivazione per il biometano ai fini di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
a procedere all'adozione, in tempi certi e più brevi possibili, di tutti i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in quanto la mancanza di indirizzi precisi e chiari per lo sviluppo della filiera potrebbe provocare il blocco degli investimenti.
(1-00926)
«Ruvolo, Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Grassano, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
il biogas è l'unica filiera che utilizza prevalentemente biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane e che vede una qualificata presenza italiana nelle tecnologie: questo dà sostanza alla possibilità di sviluppo economico per le imprese agricole e industriali con una positiva ricaduta sui livelli occupazionali, cosa quanto mai opportuna in un periodo di gravissima crisi economica;
il biogas rappresenta una filiera che fa perno sul riciclo e utilizza in maniera efficace ed efficiente il territorio, in quanto in grado di utilizzare non solo biomasse vegetali ma anche effluenti zootecnici, sottoprodotti agricoli e agroindustriali;
il biogas è un'energia flessibile nell'uso finale, in quanto può essere utilizzata nei luoghi di produzione in motori cogenerativi per produrre energia elettrica e termica oppure raffinata a biometano;
lo sviluppo delle biomasse può dare un contributo sostanziale nell'ambito dello sviluppo delle fonti di energia rinnovabile allo scopo di ottemperare agli impegni e agli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto e dal piano nazionale per le energie rinnovabili;
pur nella condivisione dell'utilizzo di biomasse finalizzate allo sviluppo di fonti rinnovabili, va segnalato il pericolo che le aziende trasformino l'attività agricola passando da colture destinate alla produzione di alimenti a colture finalizzate alla produzione di energia, producendo un'evidente alterazione del mercato e una penalizzazione della produzione agricola e zootecnica;
è necessario procedere all'attuazione di un piano di sviluppo della produzione di biogas che porti alla riduzione di biomasse di primo raccolto per megawatt generato, dando priorità all'utilizzo crescente, ad esempio, di effluenti zootecnici residui, di sottoprodotti agricoli e agroindustriali, di colture di secondo raccolto e di colture derivanti da terreni marginali;
appare, altresì, necessario procedere:
a) alla regolamentazione di impianti di produzione di biogas e biometano in relazione alle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;
b) alla definizione di un nuovo sistema incentivante in relazione a quanto previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
c) alla definizione del sistema regolatorio e di incentivazione per il biometano ai fini di cui agli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
è fondamentale procedere ad una programmazione che sia in armonia con i distretti agroenergetici per lo sviluppo degli impianti di biogas, al fine di ridurre la competizione tra l'uso del suolo agricolo e quello utilizzato per la produzione di biomasse a discapito del primo;
sussiste un'urgenza di carattere strategico, ossia la necessità di procedere all'emanazione di tutti i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in quanto la mancanza di indirizzi precisi e chiari per lo sviluppo della filiera porterebbe al blocco degli investimenti,

impegna il Governo:

ad incentivare l'agroenergia sia come opzione strategica al fine di raggiungere e ottemperare agli impegni derivanti dal Protocollo di Kyoto e dal piano nazionale per le energie rinnovabili, sia come fattore di integrazione del reddito per le aziende agricole e sia come volano occupazionale in relazione alla capacità tecnologica delle industrie di settore;
a contrastare le trasformazioni delle aziende agricole che comportino il passaggio da colture per alimenti a colture finalizzate alla produzione di energia, cosa che altererebbe il mercato e penalizzerebbe la produzione agricola e zootecnica, attraverso l'attuazione di un piano di sviluppo della produzione di biogas che porti alla riduzione di biomasse di primo raccolto per megawatt generato, dando priorità all'utilizzo crescente, ad esempio, di effluenti zootecnici residui, di sottoprodotti agricoli e agroindustriali, di colture di secondo raccolto e di colture derivanti da terreni marginali;
ad assumere iniziative volte:
a) alla regolamentazione di impianti di produzione di biogas e biometano in relazione alle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ferme restando le competenze delle Regioni e delle Province autonome in merito»;
b) alla definizione di un nuovo sistema incentivante in relazione a quanto previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
c) alla definizione di un sistema regolatorio e di incentivazione per il biometano ai fini di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
a procedere all'adozione, in tempi certi e più brevi possibili, di tutti i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in quanto la mancanza di indirizzi precisi e chiari per lo sviluppo della filiera potrebbe provocare il blocco degli investimenti.
(1-00926)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Ruvolo, Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Grassano, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

MOZIONI ESPOSITO ED ALTRI N. 1-00711, OSVALDO NAPOLI ED ALTRI N. 1-00804, MISITI ED ALTRI N. 1-00944, ALLASIA ED ALTRI N. 1-00961, TOTO ED ALTRI N. 1-00965, DELFINO ED ALTRI N. 1-00966, MARMO ED ALTRI N. 1-00977 E ESPOSITO, OSVALDO NAPOLI, ALLASIA, DELFINO, TOTO, MISITI, MARMO ED ALTRI N. 1-00980 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A FINANZIARE LE OPERE E GLI INTERVENTI PREVISTI DAL PIANO STRATEGICO PER IL TERRITORIO INTERESSATO DALLA DIRETTRICE TORINO-LIONE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il Governo, tra l'altro,
a) a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea Torino-Lione come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le misure e gli atti necessari anche, sulla base del lavoro condotto dall'Osservatorio;
b) a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera;
c) a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase e, cioè, il trasferimento modale e il potenziamento e ammodernamento del trasporto locale, avviando, al contempo, iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato;
d) ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal Piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte parallelamente all'avanzamento dell'opera;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione della galleria geognostica, destinata a diventare la «discenderia» della Torino-Lione sul versante italiano;
i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma, grazie al presidio delle forze dell'ordine che con efficacia e senso di responsabilità fino ad oggi hanno respinto gli attacchi condotti da frange minoritarie violente del movimento No Tav;
il 3 agosto 2011 il Cipe ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, progetto che prevede il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura, con un rilevante risparmio sui costi. Si prevede, infatti, la realizzazione del tunnel di base, della stazione internazionale di Susa e l'interconnessione con la linea storica da Bussoleno ad Avigliana, rinviando in questo modo per alcuni anni i lavori di realizzazione del tunnel dell'Orsiera, nonché tutti gli interventi relativi al «nodo» di Torino (interconnnesione con l'interporto di Orbassano, la gronda merci di Corso Marche, il sistema ferroviario metropolitano);
nel mese di settembre 2011 si è svolta la riunione del comitato intergovernativo tra Italia e Francia per la firma del nuovo accordo internazionale sulla ripartizione delle spese, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento; con la ratifica di tale accordo tutte le condizioni richieste dall'Unione europea saranno rispettate;
entro il 31 dicembre 2013 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere entro il mese di novembre del 2013,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a stanziare 100 milioni di euro per finanziare le opere e gli interventi previsti dal «Piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione» definito dalla provincia di Torino, in particolare gli interventi relativi al «nodo» di Torino previsti dall'accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 (cosiddetto accordo di Pracatinat) e dall'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00711)
«Esposito, Fiano, Giorgio Merlo, Rossomando, Portas, Boccuzzi, Cilluffo, Fiorio, Lucà, Calgaro, Cambursano, Di Biagio, Porcino, Vernetti, Scanderebech».

La Camera,
premesso che:
nel mese di ottobre 2011 la Commissione europea ha inserito la nuova linea ferroviaria Torino-Lione tra le dieci infrastrutture prioritarie, dando il via libera ai finanziamenti comunitari 2014/2020 per le reti TEN-T;
tra Italia e Francia si è giunti a un accordo sulla ripartizione dei costi, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento;
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il Governo:
a) a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione come asse decisivo per i collegamenti europei;
b) a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera;
c) a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase;
d) ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal Piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte;
il 3 agosto 2011 il Cipe ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, prevedendo il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura (tunnel di base, stazione internazionale a Susa, interconnessione con la linea storica a Bussoleno, interventi sul «nodo» di Torino), con un rilevante risparmio sui costi;
entro il 31 dicembre 2012 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere del tunnel di base entro il 2013;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione del tunnel geognostico;
nonostante i periodici violenti assalti condotti da frange fanatiche dei comitati che si oppongono alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione abbiano provocato centinaia di feriti e contusi tra le forze dell'ordine, i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma e nelle prossime settimane Lyon Turin Ferroviaire (LTF) avvierà le procedure di esproprio di diversi appezzamenti di terreno, al termine delle quali l'estensione del cantiere passerà dagli attuali 4.5 ettari ai futuri 7 ettari;
nel mese di novembre 2011 il cantiere di Chiomonte è stato dichiarato «sito strategico di interesse nazionale»: la normativa è diventata operativa a partire dal gennaio 2012, per cui il cantiere continua ad essere presidiato dalle forze dell'ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza e guardia forestale), con immutate regole di ingaggio, ma con un inasprimento delle pene nei confronti degli eventuali assalitori;
nonostante in Valle di Susa si registri una ancora diffusa contrarietà alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, è oramai sempre più netta ed evidente la separazione tra i gruppi antagonisti, composti in larga parte da persone estranee al territorio, e la maggioranza della popolazione valsusina e, in particolare, si registra un malcontento da parte dei settori economici, imprenditoriali e commerciali che stanno subendo gravi conseguenze dall'operato dei No Tav, soprattutto nell'ambito del turismo,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a stanziare 100 milioni di euro per finanziare le opere e gli interventi previsti dal «Piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione» definito dalla provincia di Torino, in particolare gli interventi relativi al «nodo» di Torino previsti dall'accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 (cosiddetto accordo di Pracatinat) e dall'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00804)
«Osvaldo Napoli, Ghiglia, Saltamartini, Laffranco, Bianconi, Bernardo, Aracu, Bertolini, Gregorio Fontana, Cicu, Santelli, Picchi, Pianetta, Marsilio».

La Camera,
premesso che:
il corridoio Est-Ovest, di cui la Torino-Lione è componente essenziale, rientra nell'obiettivo di crescita inclusiva e sostenibile proprio dell'Unione europea, essendo fondamentale per la coesione fra gli Stati membri e, quindi, per la riduzione della marginalità fra i cittadini;
la decisione di riconfermare la Torino-Lione fra le opere strategiche sottolinea il complesso processo decisionale avviato negli scorsi anni e portato a compimento con l'accordo firmato a Roma, il 30 gennaio 2012, tra i Governi italiano e francese; tale accordo è solo l'ultimo di una serie di tasselli posti dal 1996 fino ad oggi per la realizzazione del progetto;
la decisione 1962/96/CE del 23 luglio 1996, con cui la Comunità europea ha delineato gli orientamenti per lo sviluppo di una rete di trasporto transeuropea (TEN-T), rappresenta un fondamentale e primo passo verso il raggiungimento del suddetto obiettivo;
nel 2001 Italia e Francia hanno siglato un primo accordo per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, successivamente ratificato dal Parlamento italiano e da quello francese. Nel 2003 il progetto preliminare viene consegnato dalla «società per azioni semplificata» agli organi italiani competenti;
il progetto preliminare approvato dal Cipe prevede una realizzazione per fasi funzionali dell'infrastruttura, ossia la realizzazione del tunnel di base e gli interventi di adeguamento del nodo di Torino, e solo in una seconda fase, qualora le dinamiche del traffico dovessero evidenziarne l'effettiva necessità, la tratta in bassa Valle di Susa;
l'importo dello opere verrà corrisposto per il 42,1 per cento dalla Francia e per il 57,9 per cento dall'Italia, mentre l'Unione europea potrebbe erogare fino al 40 per cento del costo complessivo;
l'opera è stata concertata con il territorio, tramite l'Osservatorio che in sei anni ha tenuto 183 sessioni di lavoro e 300 audizioni;
la tratta costituisce un investimento strategico per il futuro dell'Italia in termini di maggiore competitività, di abbattimento delle distanze e di prospettive di sviluppo, in quanto il progetto porterà vantaggi economici agli operatori individuali e alle imprese, tanto che si stima che l'insieme dei benefici netti generati compenserà il costo dell'investimento e della gestione dell'opera;
la Francia è più avanti dell'Italia sui lavori di scavo, dove sono state realizzate le discenderie di 9 chilometri di lunghezza;
l'attuale collegamento ferroviario Italia-Francia, che raggiunge quota 1250 metri sul livello del mare, risulta essere una linea fuori mercato;
i cantieri per la nuova linea comporteranno duemila assunzioni dirette e quattromila occupati indiretti, nonché a regime cinquecento posti di lavoro stabile in Italia;
la riduzione annuale di emissioni di anidride carbonica corrisponde alle emissioni di una città di trecentomila abitanti;
il suolo occupato a regime dalla nuova tratta è metà di quello consumato dal comune di Vaie, il 30 per cento di quello consumato dal comune di Bussoleno e il 25 per cento meno di quello consumato dal comune di Susa e corrisponde alla quantità media consumata in un anno dal comune di Avigliana;
sono stati eseguiti 220 sondaggi per un totale di 64 mila metri, con risultati che escludono pericoli per la salute, in quanto la presenza di radioattività o di amianto risulta essere dello stesso ordine di grandezza di quanto trovato già in altre gallerie, come il Gottardo, e le misure di sicurezza saranno dello stesso tipo;
tutti gli 87 comuni francesi e la stragrande maggioranza di quelli italiani non si sono opposti all'opera, eccetto i due contrari di Chiusa San Michele e Sant'Ambrogio di Torino, con 6.500 abitanti;
nel 2006, con il proposito di assicurare una più ampia partecipazione alle comunità locali, viene deciso di stralciare il procedimento dalla «legge obiettivo», riconducendolo alla procedura ordinaria dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, relativo alle opere di interesse statale, come si evince da un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi del 29 giugno 2006, consentendo così che, da quella data in poi, ogni comunità locale avrebbe potuto impedire la costruzione della linea ferroviaria nel proprio territorio,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di applicare le norme contenute nella legge 21 dicembre 2001, n. 443, per facilitare la realizzazione dell'opera voluta dall'intera regione e dal Paese nel suo insieme;
a reperire i fondi necessari per realizzare gli investimenti relativi al nodo di Torino, previsti dall'accordo Stato-regioni del 28 giugno 2008 e dall'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00944)
«Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».

La Camera,
premesso che:
in data 28 giugno 2008, è stato sottoscritto il cosiddetto accordo di Pracatinat relativo a «Punti di accordo per la progettazione della nuova linea e per le nuove politiche di trasporto per il territorio», integrato poi in data 23 gennaio 2009, con il «Primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro» tra il Governo nazionale e la regione Piemonte, che richiama e declina in scelte operative e finanziarie sia l'accordo di Pracatinat che il «Patto per lo sviluppo sostenibile del Piemonte»;
nel medesimo anno è stato avviato, su iniziativa della provincia di Torino, un piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione, con l'obiettivo di creare un efficace sistema di governance territoriale intorno ad una visione condivisa, al fine dell'elaborazione di efficaci strategie di coesione sociale e di sviluppo economico;
è doveroso rispettare quanto previsto nei suddetti accordi ed è necessario che l'intervento sulla direttrice ferroviaria sia accompagnato dall'attuazione del Piano strategico redatto dalla provincia di Torino e dalla disponibilità immediata di risorse finalizzate a garantire gli interventi relativi al nodo di Torino previsti dall'accordo Stato-regione;
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato la mozione presentata dal gruppo Lega Nord n. 1-00457, in riferimento alla nuova linea Torino-Lione, impegnandosi a predisporre per il Piemonte un piano di sviluppo sia infrastrutturale che intermodale per il completo utilizzo della nuova opera, nonché a garantire gli impegni presi fino alla realizzazione dell'opera, con particolare riferimento alla copertura finanziaria che richiede l'immediata erogazione di 20 milioni di euro quale anticipo per la copertura degli interventi di prima fase per la realizzazione della linea dei treni ad alta velocità. Inoltre, si è impegnato a monitorare tutte le fasi della realizzazione dell'opera, sia preliminari che definitive, affinché la salute dei cittadini e la tutela del territorio vengano preservate. Nella medesima seduta, sono state approvate anche altre quattro mozioni presentate dai gruppi che oggi compongono la maggioranza politica del Parlamento;
il Governo precedente ha rispettato le date di avvio e di prosecuzione dei lavori, comprendendo la necessità di dotare il Paese di un'infrastruttura che, oltre all'ammodernamento del sistema Paese, porta indubbi benefici per i territori in cui si colloca, considerando l'aumento della competitività del Piemonte e delle regioni attraversate e i nuovi posti di lavoro derivanti da nuovi insediamenti industriali e dallo sviluppo della logistica. A giugno 2011 sono iniziati i lavori del cantiere per il tunnel geognostico nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, dove proseguono grazie al presidio attento e responsabile delle forze dell'ordine e nonostante gli attacchi troppo frequenti di alcuni violenti oppositori No Tav;
il Cipe ha approvato, ad agosto 2011, il progetto di realizzazione dei lavori, che saranno divisi in più fasi: si prevede la realizzazione della galleria di base e una modernizzazione della linea «storica» per consentire il passaggio della Tav senza realizzare per ora una seconda linea e rimandando invece il tutto al 2023, quando sarà valutata la necessità di realizzare una seconda linea in valle oppure mantenerne una sola mista, anche sulla base della reale crescita del traffico merci. Questa scelta di procedere per fasi comporta una serie di vantaggi economici: operando in questo modo, nell'arco di un decennio l'Italia dovrebbe investire poco meno di 3 miliardi di euro;
la firma del nuovo accordo internazionale fra Italia e Francia sulla ripartizione delle spese, che dovrebbe svolgersi il prossimo autunno, porterà l'Italia a ratificare una riduzione della quota a carico dell'Italia, rispondendo alle richieste dell'Unione europea,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le azioni necessarie, anche attraverso un congruo e immediato finanziamento di 100 milioni di euro, per realizzare gli interventi previsti dal «Piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione», in particolare quelli relativi al nodo di Torino previsti dall'accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 (cosiddetto accordo di Pracatinat) e dall'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00961)
«Allasia, Cavallotto, Buonanno, Fogliato, Pastore, Simonetti, Dozzo, Lanzarin, Alessandri, Dussin, Togni, Crosio, Di Vizia, Montagnoli, Lussana, Fugatti, Fedriga, Bitonci, Bonino, Bragantini, Callegari, Caparini, Chiappori, Comaroli, Consiglio, D'Amico, Dal Lago, Fabi, Fava, Follegot, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rondini, Rivolta, Stefani, Stucchi, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo, nella riunione del 9-10 dicembre 1994 a Essen, esaminò e condivise un elenco di 14 progetti prioritari nel settore dei trasporti, i cui lavori erano già iniziati o avrebbero dovuto iniziare entro la fine del 1996. Tra gli stessi, al n. 6 dell'allegato I al documento conclusivo della riunione, figura il «6. Treno ad alta velocità/trasporto combinato Francia-Italia F/I Lione-Torino-Torino-Milano-Venezia-Trieste». Nel 2005, poi, la Commissione europea ha compilato un ulteriore elenco di 30 progetti prioritari e il cui varo veniva fissato entro il 2010. Tra gli assi o progetti prioritari figura: «6-Asse ferroviario Lione-Trieste-Divaca/Kope-Divac-Lubiana-Budapest-confine ucraino», quale rete transeuropea;
con decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea del 29 aprile 2004, con riguardo alla politica Trans european network-trasport (TEN-T), fu deciso, tra l'altro, lo spostamento alla fine del 2020 del termine, inizialmente individuato nel 2010, per l'attuazione dei progetti prioritari e la presentazione di un nuovo elenco di 30 progetti prioritari, anche tenendo conto dell'allargamento dell'Unione europea, che includeva i 14 assi o progetti prioritari già precedentemente individuati, tra i quali l'asse ferroviario «Lione-frontiera ucraina», TEN-T n. 6, all'interno del cui progetto sono collocate le tratte Lione-Torino e Torino-Trieste;
il progetto TEN-T n. 6 è una declinazione dell'arteria a rete multimodale rappresentata dal corridoio europeo n. 5, che collegherà Lisbona a Kiev, rispetto alla quale il ruolo dell'Italia è strategico. L'allargamento a oriente dell'Unione europea rende fondamentale per l'Italia svolgere quel ruolo, scongiurando l'alternativa, restando ai margini del corridoio 5, di collocarsi ai bordi dell'Europa stessa. Con il corridoio 5, in effetti, l'area mediterranea dell'Europa acquisisce una centralità rilevante nei processi di sviluppo, ponendosi, oltretutto, anche come alternativa alle direttrici nordiche, quale quella Rotterdam-Kiev, lungo l'asse ovest-est. La direttrice ferroviaria transpadana costituisce il fulcro dell'attraversamento meridionale del territorio dell'Unione europea;
il tratto transpadano del progetto prioritario recherà il beneficio del drastico abbattimento dei tempi di percorrenza complessivi, tra distanze che oggi richiedono tempi per la loro copertura di circa il doppio rispetto a quelli che, mediamente, residueranno dopo la realizzazione delle opere del TEN-T n. 6. Soprattutto, recherà il beneficio, riguardato con favore unanime, dell'implementazione della modalità di trasporto ferroviario, decisiva per abbattere i volumi di traffico stradale per il trasporto delle merci, in particolare, e anche per conseguire l'ulteriore beneficio ambientale, con la riduzione, conseguente alla variazione dei volumi trasportati in mutata modalità, degli inquinamenti, atmosferico e acustico. In proposito, è opportuno soggiungere che il progetto non vulnera l'ambiente nel quale è collocato, anche perché la sua realizzazione si sviluppa quasi interamente in galleria, dunque sotto terra, per oltre il 90 per cento del tracciato, circa 8 chilometri in superficie sui complessi circa 80 in territorio italiano. La sicurezza è l'altro aspetto in positivo rilievo con la realizzazione del progetto. Anche la competitività delle imprese è un tema in stretta connessione con i profili economici rivenienti dalla realizzazione delle tratte della dorsale padana del progetto prioritario n. 6, per il miglioramento sensibile dei fattori, in termini di tempo e di costi, che incidono sui trasporti delle merci;
il 29 gennaio 2001, sulla base della proposta della Commissione intergovernativa italo-francese, istituita a Parigi il 15 gennaio 1996 per la preparazione della realizzazione della linea ferroviaria fra Torino e Lione, è stato firmato a Torino un «Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione», ratificato successivamente dal Parlamento francese con legge 28 febbraio 2002, n. 2002-91, e dal Parlamento italiano con legge 27 settembre 2002, n. 228, ed entrato in vigore il 1o maggio 2003;
la Commissione europea, con la decisione C(2008) 7733 del 5 dicembre 2008, ha approvato la concessione di un contributo finanziario a favore del progetto «Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, sezione internazionale, parte comune italo-francese»;
il collegamento Lione-Torino è compreso nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Piemonte, sottoscritta l'11 aprile 2003, tra le «infrastrutture di preminente interesse nazionale» che interessano il territorio regionale e che rivestono carattere strategico per la medesima regione Piemonte e nella rimodulazione dell'intesa generale quadro tra Governo e regione Piemonte, approvata con deliberazione della giunta regionale in data 7 giugno 2011, ed è, altresì, incluso nell'aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007-2011 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana s.p.a.;
al fine di assicurare l'opportuno coinvolgimento del territorio nella fasi di progettazione e realizzazione dell'opera, venne istituito, nel 2006, con le comunità locali, un Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione;
il 28 giugno 2008, nell'ambito delle attività dell'Osservatorio, venne raggiunto l'accordo cosiddetto di Pracatinat, nel quale hanno preso corpo le istanze e gli impegni dei soggetti coinvolti nel processo di intese, di confronto, di partecipazione e di osservazioni, di ascolti, in primo luogo di tutti i comuni interessati, a cominciare da quelli di Susa e Chiomonte, direttamente coinvolti da cantieri o da attività esecutive, di prospettazioni e di condivisione; l'attività volta alla concertazione e condivisione della soluzione progettuale è stata contrassegnata da circostanze, iniziative e momenti significativi. Nel 2007, per esempio, il Governo, proprio sulla scorta dell'impulso del territorio e dell'esito di lavori dell'Osservatorio, decise l'abbandono del progetto che prevedeva il tracciato dell'opera in sinistra Dora; sono stati pubblicati sette quaderni che affrontano e analizzano profili e questioni rilevanti dell'opera, illustrano le posizioni dell'Osservatorio e i punti con contrasto di opinioni; centinaia sono state le riunioni e le audizioni svolte. Conclusivamente, sul punto, si richiama il dato dei 112 comuni, di entrambi i Paesi, 87 quelli francesi, i cui territori sono interessati ai lavori della Nuova linea Torino-Lione (NlTL). Tra i comuni italiani, una dozzina avversano l'opera, ma tra quelli interessati dalla realizzazione di tratte in superficie e/o da cantieri, solo due, Chiusa San Michele e Sant'Ambrogio di Torino, per un totale di circa 6.500 abitanti, hanno manifestato contrarietà per i lavori. Si può, comunque, con tutta evidenza, anche alla stregua delle reiterate riprogettazioni del tracciato, sostenere che le scelte siano state partecipate, discusse, vagliate e condivise con la popolazione e con gli enti locali interessati e con ogni altro soggetto istituzionale, civile e sociale coinvolto; dunque, con un attento ascolto del territorio;
il Cipe, nella seduta del 3 agosto 2011, ha approvato il progetto preliminare del «Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, sezione internazionale, parte comune italo-francese, tratta in territorio italiano»;
il 28 settembre 2011, a Parigi, Italia e Francia hanno siglato un accordo per la ripartizione della spesa che prevede un accollo per l'Italia pari al 57,9 per cento dei costi e per la Francia al 42,1 per cento; la ripartizione, considerando l'intera parte comune del tracciato, è sostanzialmente equilibrata in parti eguali; la ripartizione dei costi è stata confermata dal nuovo accordo Torino-Lione del 30 gennaio 2012, firmato dalle autorità politiche italiana e francese, nel quale si è anche stabilito di procedere, come già disposto in sede Cipe, per fasi funzionali di esecuzione del progetto. Il costo complessivo della fase 1, pari a oltre 8 miliardi di euro, dovrebbe comportare un finanziamento per l'Italia di meno di 3 miliardi di euro e ottenere un finanziamento comunitario del 40 per cento,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni opportuna iniziativa e ogni verifica, promuovendo in particolare l'acquisizione, in sede comunitaria, di riscontri e garanzie volte a ottenere la definitiva conferma della disponibilità dell'Unione europea al sostegno finanziario preventivato per la realizzazione dell'opera transfrontaliera e l'indicazione delle risorse dedicate;
ad assicurare i mezzi economici necessari per dare attuazione alla parte del progetto attinente al cosiddetto nodo di Torino previsti nell'accordo di Pracatinat e nell'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00965)
«Toto, Proietti Cosimi, Della Vedova».

La Camera,
premesso che:
nel quadro di sviluppo infrastrutturale delle reti di trasporto merci e passeggeri transeuropea TEN-T, il corridoio est-ovest costituisce uno degli assi principali di tutto il progetto e il segmento Torino-Lione ne rappresenta il cuore strategico ed essenziale;
l'Unione europea ha recentemente deciso di riconfermare la Torino-Lione fra le opere strategiche prioritarie per lo sviluppo infrastrutturale, economico e sociale dell'Europa occidentale, auspicandone il completamento dell'iter realizzativo nel tempo più spedito possibile;
l'opera è stata concertata con il territorio, attraverso una lunghissima anche se difficilissima (considerate le note e tristi vicende che ruotano da sempre attorno al tracciato) campagna di sensibilizzazione, ascolto e coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali e civici interessati, che nella stragrande maggioranza dei casi hanno considerato come la realizzazione dell'opera costituisca un investimento strategico per il futuro dell'Italia in termini di maggiore competitività, di abbattimento delle distanze e di prospettive di sviluppo;
il progetto preliminare approvato dal Cipe prevede una realizzazione per fasi funzionali dell'infrastruttura, con l'importo suddiviso per quote di competenza tra lo Stato italiano e quello francese;
nonostante le manovre di disturbo operate da sparute ma aggressive frange di movimenti No Tav, protagoniste di attacchi violenti e quasi eversivi contro la realizzazione dell'opera (il cui iter, comunque, rimane costantemente garantito dall'esemplare lavoro del presidio delle forze dell'ordine dislocate nel territorio interessato), i lavori sono iniziati nel mese di giugno 2011 e si attende la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere entro il mese di novembre 2013;
ad ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il Governo:
a) a confermare la valenza strategica della realizzazione della Nuova linea Torino-Lione (NlTL) come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le misure e gli atti necessari anche sulla base del lavoro condotto dall'osservatorio;
b) a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera;
c) a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase, avviando, al contempo, iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato;
d) ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte parallelamente all'avanzamento dell'opera;
il 3 agosto 2011 il Cipe ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, progetto che prevede il cosiddetto fasaggio, ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura, con un rilevante risparmio sui costi. Si prevede, infatti, la realizzazione del tunnel di base, della stazione internazionale di Susa e l'interconnessione con la linea storica da Bussoleno ad Avigliana, rinviando in questo modo per alcuni anni i lavori di realizzazione del tunnel dell'Orsiera, nonché tutti gli interventi relativi al «nodo» di Torino (interconnnesione con l'interporto di Orbassano, la gronda merci di Corso Marche, il sistema ferroviario metropolitano);
è notizia di questi giorni l'ipotesi di una nuova convocazione del Cipe per sbloccare una parte dei fondi non ancora elargiti da destinare alla realizzazione delle opere accessorie necessarie previste dal piano strategico per la direttrice in questione e di misure per le compensazioni ambientali per i territori coinvolti, nonché per il potenziamento dei servizi e dei trasporti pubblici collegati all'opera;
il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti Passera hanno indicato, tra le priorità dell'azione del Governo, lo sviluppo infrastrutturale del Paese, annunciando con chiarezza il sostegno prioritario, chiaro e incondizionato del Governo alla realizzazione del corridoio Tav Torino-Lione e promettendo l'impegno massimo per mettere a disposizione tutte le risorse e i mezzi necessari per il completamento dell'opera in tempi certi,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a sbloccare i fondi necessari per finanziare le opere e gli interventi previsti dal piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione;
a definire un quadro complessivo chiaro della destinazione delle risorse sulle opere cofinanziate dagli altri organi istituzionali coinvolti nella realizzazione del progetto;
ad impegnarsi sul piano della comunicazione per diffondere e far crescere tra le popolazioni interessate la consapevolezza dei vantaggi e le ricadute in termini occupazionali ed economici che la realizzazione dell'opera comporterà inevitabilmente;
a prevedere misure e provvedimenti che tutelino le aziende locali, nel senso di favorirne maggiormente la partecipazione alla realizzazione dell'opera, garantendo l'affidamento dei lavori a chi opera sul territorio;
ad adottare iniziative al fine di evitare strumentalizzazioni della protesta dei cittadini, adottando fermamente ogni forma di repressione consentita nei confronti di quei gruppi di facinorosi che disturbano con atti violenti e dimostrativi l'azione quotidiana di avanzamento dell'iter realizzativo dell'opera.
(1-00966)
«Delfino, Calgaro, Galletti, Mereu, Compagnon, Libè, Occhiuto, Naro, Ciccanti, Volontè, Tassone».

La Camera,
premesso che:
la linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione è un progetto strategico non solo per il nostro Paese ma per i collegamenti tra il sud e il nord dell'Europa;
l'infrastruttura si rende necessaria per il trasporto di merci e persone in modo da rendere l'economia italiana, già vessata dalla crisi economica globale, più competitiva sullo scenario internazionale;
l'opera si configura come volano dell'economia nazionale in un quadro di estrema recessione;
anche sulla base di quanto concordato da intese bilaterali in ambito dell'Unione europea, è necessario che il nostro Paese rispetti il calendario dei lavori, ricordando che parte del progetto è finanziato dall'Unione Europea,

impegna il Governo:

a presentare il cronoprogramma preciso dell'opera comprendente un dettagliato elenco delle fonti di finanziamento;
ad assumere tutte le iniziative che, anche alla luce delle violente proteste delle scorse settimane in Val di Susa, garantiscano la fattibilità dell'opera d'interesse nazionale e trans-nazionale, nonché la tutela delle imprese e delle maestranze impegnate nei cantieri della Tav della linea ferroviaria Torino-Lione.
(1-00977)
«Marmo, Siliquini, Grassano, Moffa, Calearo Ciman, D'Anna, Gianni, Guzzanti, Lehner, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il Governo, tra l'altro, a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea Torino-Lione (NLTL) come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le misure e gli atti necessari anche sulla base del lavoro condotto dall'Osservatorio; a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera; a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'Intesa Generale Quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase, e cioè, il trasferimento modale e il potenziamento e ammodernamento del trasporto locale, avviando al contempo iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato; ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte parallelamente all'avanzamento dell'opera;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione della galleria geognostica, destinata a diventare la «discenderia» della Torino-Lione sul versante italiano;
i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma, grazie al presidio delle forze dell'ordine che con efficacia e senso di responsabilità fino ad oggi hanno respinto gli attacchi condotti da frange minoritarie violente del movimento No Tav;
il 3 agosto 2011 il CIPE ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, progetto che prevede il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura, con un rilevante risparmio sui costi. Si prevede, infatti, la realizzazione del tunnel di base, della stazione internazionale di Susa e l'interconnessione con la linea storica da Bussoleno ad Avigliana, rinviando in questo modo per alcuni anni i lavori di realizzazione del tunnel dell'Orsiera, nonché tutti gli interventi relativi al «nodo» di Torino (interconnesione con l'interporto di Orbassano, la gronda merci di Corso Marche, il sistema ferroviario metropolitano);
nel mese di settembre 2011 si è svolta la riunione del comitato intergovernativo tra Italia e Francia per la firma del nuovo accordo internazionale sulla ripartizione delle spese, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento con la ratifica di tale accordo tutte le condizioni richieste dalla Comunità europea saranno rispettate;
entro il 31 dicembre 2013 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere entro il mese di novembre del 2013,

impegna il Governo:

ad assumere tutte le iniziative necessarie per dare attuazione all'Accordo tra il Governo italiano e quello francese, nel quadro della programmazione europea della rete «connecting europe» per la realizzazione e l'esercizio della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (compresi i nodi di St. Jean de Maurienne e di Susa con le relative stazioni internazionali passeggeri vocate al turismo) considerato che per l'attuazione del succitato Accordo, firmato a Roma il 30 gennaio 2012, il Governo ha manifestato l'intenzione di presentare nel più breve tempo possibile un apposito disegno di legge di ratifica;
a dare concreta attuazione alle misure di inserimento territoriale e ambientale della linea (a partire dai cantieri di Chiomonte e di Susa) utilizzando le risorse previste dalla legislazione nazionale in conto compensazioni, per finanziare un piano organico di interventi di accompagnamento alle comunità locali che, partendo dal piano strategico della provincia di Torino ed utilizzando anche le opportunità offerte dalla legge regionale n. 4 del 2011 (legge cantieri - sviluppo e territorio) individui, attraverso il lavoro istruttorio dell'osservatorio, un quadro di priorità operative per l'allocazione delle risorse secondo un criterio di proporzionalità tra impatti subiti e benefici erogati considerato altresì che tali interventi integrano quelli previsti per il nodo di Torino nell'Accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 e dall'Atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009 per il miglioramento del servizio ferroviario passeggeri, con particolare riferimento al servizio ferroviario metropolitano la cui linea FM3 interessa la direttrice della Valle di Susa e per l'avvio di misure di sostegno del riequilibrio modale nel settore delle merci ed il potenziamento della logistica con riferimento ai primi lotti operativi della realizzanda Piattaforma di Orbassano;
a reperire, in tempo utile, gli ulteriori fondi necessari finalizzati agli interventi di accompagnamento e inserimento della nuova linea Torino-Lione, con particolare riferimento alla sezione transfrontaliera e ai comuni sede di cantiere.
(1-00980)
«Esposito, Osvaldo Napoli, Allasia, Delfino, Toto, Misiti, Marmo, Alessandri, Aracu, Bernardo, Bertolini, Bianconi, Bitonci, Boccuzzi, Bonino, Bragantini, Buonanno, Calgaro, Callegari, Cambursano, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Ciccanti, Cicu, Cilluffo, Comaroli, Compagnon, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Di Biagio, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fallica, Fava, Fedriga, Fiano, Fiorio, Fogliato, Follegot, Gregorio Fontana, Fugatti, Galletti, Ghiglia, Gidoni, Goisis, Grimaldi, Grimoldi, Iapicca, Isidori, Laffranco, Lanzarin, Libè, Lucà, Lussana, Maggioni, Maroni, Marsilio, Martini, Mereu, Giorgio Merlo, Meroni, Miccichè, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Naro, Negro, Occhiuto, Paolini, Pastore, Pianetta, Picchi, Pini, Pittelli, Polledri, Porcino, Portas, Proietti Cosimi, Pugliese, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Rossomando, Saltamartini, Santelli, Scanderebech, Simonetti, Soglia, Stagno d'Alcontres, Stefani, Stucchi, Tassone, Terranova, Togni, Torazzi, Vanalli, Vernetti, Volontè, Volpi».

La Camera,
premesso che:
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il Governo, tra l'altro, a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea Torino-Lione (NLTL) come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le misure e gli atti necessari anche sulla base del lavoro condotto dall'Osservatorio; a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera; a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'Intesa Generale Quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase, e cioè, il trasferimento modale e il potenziamento e ammodernamento del trasporto locale, avviando al contempo iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato; ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte parallelamente all'avanzamento dell'opera;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione della galleria geognostica, destinata a diventare la «discenderia» della Torino-Lione sul versante italiano;
i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma, grazie al presidio delle forze dell'ordine che con efficacia e senso di responsabilità fino ad oggi hanno respinto gli attacchi condotti da frange minoritarie violente del movimento No Tav;
il 3 agosto 2011 il CIPE ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, progetto che prevede il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura, con un rilevante risparmio sui costi. Si prevede, infatti, la realizzazione del tunnel di base, della stazione internazionale di Susa e l'interconnessione con la linea storica da Bussoleno ad Avigliana, rinviando in questo modo per alcuni anni i lavori di realizzazione del tunnel dell'Orsiera, nonché tutti gli interventi relativi al «nodo» di Torino (interconnesione con l'interporto di Orbassano, la gronda merci di Corso Marche, il sistema ferroviario metropolitano);
nel mese di settembre 2011 si è svolta la riunione del comitato intergovernativo tra Italia e Francia per la firma del nuovo accordo internazionale sulla ripartizione delle spese, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento con la ratifica di tale accordo tutte le condizioni richieste dalla Comunità europea saranno rispettate;
entro il 31 dicembre 2013 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere entro il mese di novembre del 2013,

impegna il Governo:

ad assumere tutte le iniziative necessarie per dare attuazione all'Accordo tra il Governo italiano e quello francese, nel quadro della programmazione europea della rete «connecting europe» per la realizzazione e l'esercizio della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (compresi i nodi di St. Jean de Maurienne e di Susa con le relative stazioni internazionali passeggeri vocate al turismo) considerato che per l'attuazione del succitato Accordo, firmato a Roma il 30 gennaio 2012, il Governo ha manifestato l'intenzione di presentare nel più breve tempo possibile un apposito disegno di legge di ratifica;
a dare concreta attuazione alle misure di inserimento territoriale e ambientale della linea (a partire dai cantieri di Chiomonte e di Susa) utilizzando le risorse previste dalla legislazione nazionale in conto compensazioni, per finanziare un piano organico di interventi di accompagnamento alle comunità locali che in accordo con la regione e gli enti territoriali ed utilizzando anche le opportunità offerte dalla legge regionale n. 4 del 2011 (legge cantieri - sviluppo e territorio) individui, attraverso il lavoro istruttorio dell'osservatorio, un quadro di priorità operative per l'allocazione delle risorse secondo un criterio di proporzionalità tra impatti subiti e benefici erogati considerato altresì che tali interventi integrano quelli previsti per il nodo di Torino nell'Accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 e dall'Atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009 per il miglioramento del servizio ferroviario passeggeri, con particolare riferimento al servizio ferroviario metropolitano la cui linea FM3 interessa la direttrice della Valle di Susa e per l'avvio di misure di sostegno del riequilibrio modale nel settore delle merci ed il potenziamento della logistica con riferimento ai primi lotti operativi della realizzanda Piattaforma di Orbassano;
a reperire, in tempo utile, gli ulteriori fondi necessari finalizzati agli interventi di accompagnamento e inserimento della nuova linea Torino-Lione, con particolare riferimento alla sezione transfrontaliera e ai comuni sede di cantiere.
(1-00980)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Esposito, Osvaldo Napoli, Allasia, Delfino, Toto, Misiti, Marmo, Alessandri, Aracu, Bernardo, Bertolini, Bianconi, Bitonci, Boccuzzi, Bonino, Bragantini, Buonanno, Calgaro, Callegari, Cambursano, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Ciccanti, Cicu, Cilluffo, Comaroli, Compagnon, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Di Biagio, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fallica, Fava, Fedriga, Fiano, Fiorio, Fogliato, Follegot, Gregorio Fontana, Fugatti, Galletti, Ghiglia, Gidoni, Goisis, Grimaldi, Grimoldi, Iapicca, Isidori, Laffranco, Lanzarin, Libè, Lucà, Lussana, Maggioni, Maroni, Marsilio, Martini, Mereu, Giorgio Merlo, Meroni, Miccichè, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Naro, Negro, Occhiuto, Paolini, Pastore, Pianetta, Picchi, Pini, Pittelli, Polledri, Porcino, Portas, Proietti Cosimi, Pugliese, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Rossomando, Saltamartini, Santelli, Scanderebech, Simonetti, Soglia, Stagno d'Alcontres, Stefani, Stucchi, Tassone, Terranova, Togni, Torazzi, Vanalli, Vernetti, Volontè, Volpi».

INTERPELLANZE URGENTI

A)

Problematiche concernenti la composizione della Conferenza permanente «Religioni, Cultura e Integrazione» - 2-01416

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri per la cooperazione internazionale e l'integrazione e dell'interno, per sapere - premesso che:
la Consulta per l'Islam italiano ha lavorato per nove anni sotto l'egida di tre Ministri dell'interno per un Islam integrato, moderno e tendente alle seconde generazioni;
ha svolto un lavoro di altissimo livello in tema di censimento delle moschee, creazione dell'albo degli imam, regole di trasparenza nel finanziamento delle strutture di culto;
la Consulta è stata, dal presente Esecutivo, totalmente accantonata, messa da parte e di fatto sostituita, per far posto ad una non meglio definita Conferenza permanente delle religioni e della cultura;
allorquando si firmò la Carta dei valori, che soggiaceva alla Consulta, l'Ucoii (Unione comunità islamiche in Italia) non la firmò perché in essa era presente la definizione di uguaglianza fra uomo e donna;
l'Ucoii, per sua affermazione stessa, non è organizzazione rappresentativa dell'Islam italiano, bensì solo dei suoi iscritti;
oggi l'Ucoii, pur non avendo firmato tale Carta, è presente come soggetto predominante nella detta Conferenza;
i moderati, che quella Carta firmarono e sottoscrissero, oggi non vengono nemmeno convocati nella Conferenza, se non dietro comunicato stampa;
la convocazione, tardiva, sarebbe arrivata non con invito ufficiale ma solo con una telefonata;
non si intravede alcuna funzione di tale Conferenza, se non quella di mero organo consultivo e non operativo, né di indirizzo normativo -:
se il Governo non ritenga di assumere adeguate iniziative, al fine di motivare concretamente il perché dell'inclusione dell'Ucoii, organizzazione non rappresentativa dell'Islam italiano e non firmataria della Carta dei valori, nella detta Conferenza e dell'esclusione dei moderati dalla detta Conferenza, visto che nella Consulta per l'Islam italiano avevano svolto un lavoro egregio, i cui risultati erano ormai in via di definizione.
(2-01416)
«Sbai, Mancuso, Lupi, Petrenga, Rampelli, Marsilio, Ronchi, Holzmann, Cosenza, Porfidia, Vincenzo Antonio Fontana, Savino, De Camillis, Renato Farina, Bergamini, Massimo Parisi, Pianetta, Saglia, Lazzari, Vignali, Gottardo, Rosso, Garagnani, Bocciardo, Valentini, Berardi, Scandroglio, Cassinelli, Carlucci, Lehner, Aracri, Ciccioli, D'Alessandro, Minasso, Fucci, Nastri, Buonanno, Simeoni, Saltamartini, Cazzola, Calabria, De Nichilo Rizzoli, Angeli, Gianfranco Conte, Volpi, Fedriga, Munerato, Lanzarin, Negro, Rainieri, Gidoni, Meroni, Grimoldi, Consiglio, D'Amico, Paolini, D'Anna, Togni, Isidori, Crosio, Vanalli, Rivolta, Ceccacci Rubino, Giammanco, Romele, Gelmini, Fitto, Razzi, Sisto, Maroni, Stracquadanio, Biancofiore, Cossiga, Raisi, De Corato, Minardo, Tommaso Foti, Lorenzin, Palumbo, Comaroli, Fallica, Pelino, Marmo, Bertolini, Centemero, Alberto Giorgetti, Fugatti».

B)

Intendimenti del Governo riguardo al tribunale di Tolmezzo (Udine) - 2-01425

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 1, stabilisce che «Il Governo (...) è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza»;
tale riorganizzazione comporterà, secondo il dettato della legge, soppressioni e accorpamenti di uffici giudiziari;
il tribunale di Tolmezzo risulterebbe essere tra gli uffici giudiziari in via di soppressione e/o accorpamento; essendo per così dire «inghiottito» dal tribunale di Udine. La decisione appare, ictu oculi, contravvenire, stante il singolare carattere del circondario e la situazione di confine, al principio inderogabile del buon senso e della logica per il buon funzionamento della giustizia e per la necessità di una presenza visibile dello Stato. La soppressione, ad avviso degli interpellanti, negherebbe oltretutto il presupposto della legge in ordine ai «risparmi di spesa e incremento di efficienza»;
la particolarità territoriale del circondario di Tolmezzo si evidenzia con la presenza di una linea confinaria assai vasta, di circa 110 chilometri, con l'Austria, 60 con la Slovenia, la quale è attraversata da 7 valichi, dei quali 5 stradali di prima categoria, uno autostradale ed uno ferroviario, ed è collocata sulle direttrici dei traffici illeciti verso l'Est Europa. Ciò determina l'accertamento di un elevato numero di reati legati al traffico degli stupefacenti, all'immigrazione clandestina ed alla ricettazione organizzata (cosiddetto riciclaggio) e, necessariamente, una specializzazione della polizia giudiziaria, della magistratura inquirente e di quella giudicante in ordine a tale genere di crimini. È ragionevole ritenere che l'accorpamento delle funzioni in Udine, oltre a determinare maggiori difficoltà di collegamento con la polizia giudiziaria, provocherebbe la necessità di creare una specializzazione sia negli uffici inquirenti che giudicanti in ordine a quelle particolari specie di reati, vanificando così i miglioramenti organizzativi che si prospettano con l'accorpamento. Oltre a ciò sono palesi le conseguenze negative che seguirebbero all'allontanamento del presidio giudiziario (da Tolmezzo a Udine) rispetto ai confini, ove tale genere di reati viene scoperto, sia in termini di collegamento della procura generale con gli uffici della procura, sia di prevenzione nelle zone di confine interessate;
la valutazione di efficienza e produttività espressa dall'ispettorato generale del Ministero della giustizia è assolutamente positiva, ciò che rende superflua qualsiasi riorganizzazione in altra sede delle medesime funzioni. Si sottolineano «impegno e diligenza, con adeguata risposta agli adempimenti demandati»;
la delega conferita al Governo per la revisione della geografia giudiziaria è stata esplicitamente motivata dalla grave crisi economico-finanziaria in cui versa la nazione e dalla necessità di ridurre gli oneri per la finanza pubblica. Nel caso di Tolmezzo un tale risultato non potrà essere raggiunto; anzi, la soppressione porterà ad un sensibile aumento di oneri per la finanza pubblica;
in dettaglio: la soppressione inciderebbe sulle spese «logistiche», ossia su quelle necessarie a mantenere le sedi ove gli uffici sono collocati. È utile ricordare che queste spese vengono interamente anticipate dagli enti locali e rimborsate in parte dall'amministrazione centrale a consuntivo. Esse ammontano per il tribunale di Tolmezzo, con riferimento all'anno 2010, escluse quelle di natura eccezionale relative agli affitti dei locali della procura in attesa dell'ultimazione dei lavori di riatto della sede storica, ad euro 170.169,90 (la media annuale dei tribunali sub-provinciali è pari ad euro 500.000,00 - Commissione Cnf 29 novembre 2011). In caso di soppressione e di accorpamento degli uffici nel tribunale e nella procura di Udine, questa spesa, relativamente modesta, non sarebbe destinata a sparire dal bilancio del Ministero della giustizia, ma verrebbe sostituita da quella necessaria al reperimento in Udine di sedi adeguate, mancando negli attuali locali la necessaria ricettività, tenuto anche conto del fatto che la soppressione delle sedi distaccate di Palmanova e di Cividale del Friuli determinerà l'afflusso del personale distaccato nella sede centrale. Considerato che i costi di acquisto/affitto di immobili in Udine è sensibilmente superiore a quelli in Tolmezzo, è ragionevole concludere che questa spesa aumenterà;
l'aumento della spesa per la finanza pubblica (trasferte): oltre ad altri oneri sulla cui lievitazione occorrerebbe eseguire calcoli più complessi, sicuramente l'accorpamento degli uffici nel capoluogo provinciale determinerebbe per la pubblica finanza l'aumento dei costi legato alle trasferte delle entità dislocate sul territorio del circondario che gravitano intorno agli uffici giudiziari. Esse, infatti, dovranno rapportarsi non più alla sede di Tolmezzo, posta al centro del territorio, bensì scendere sino ad Udine. Per ogni accesso agli uffici giudiziari, limitandoci al costo/automezzo rapportato ad un quinto del costo del carburante per ogni chilometro moltiplicato per il maggior tratto di percorso Tolmezzo/Udine andata/ritorno, pari a circa 100 chilometri, si rilevano i seguenti risultati, riferiti all'anno 2010 per il tribunale ed all'anno 2011 per la procura che ha fornito dati più aggiornati;
tribunale: 22 rogatorie in carcere, 47 interrogatori in carcere, 32 videoconferenze, 211 traduzioni di detenuti negli uffici, 300 trasferte del personale dell'ufficio tavolare di Pontebba, per un costo stimato di 20.196,00 euro;
per la procura: deposito notizie di reato (considerando che dal 1o gennaio 2011 al 30 novembre 2011 sono state depositate 3.430 notizie di reato, che, peraltro, è possibile per la procura generale depositare più notizie di reato con unico accesso) stimati prudenzialmente n. 3.000 accessi; per colloqui con il pubblico ministero e per direttive accessi procura generale stimati in 1.000; ricezione di provvedimenti di convalida perquisizione e/o sequestro da notificare, misure cautelari personali o reali da eseguire e restituzione atti eseguiti stimati in 600; monitoraggio operazioni di intercettazioni telefoniche stimati in 100; trasferte magistrati per interrogatori in carcere stimate in 300. Complessivamente un costo stimato pari a circa 165.000,00 euro;
solo per costo automezzi complessivamente, quindi, 185.196,00 euro;
a questo fattore deve sommarsi quello relativo al costo/tempo del personale impiegato durante la trasferta, tempo stimato in ore 1 e mezza durante il quale il medesimo non potrà occuparsi degli adempimenti d'ufficio. Attenendosi ad un criterio assolutamente minimale, pari ad 30,00/ora euro (si pensi che le traduzioni dal carcere impegnano almeno 4 agenti per volta), si avrebbe un costo stimato pari a 225.000,00 euro;
l'aumento degli oneri di spesa per la finanza pubblica è, quindi, stimabile, per difetto, in circa complessivi 410.196,00 euro annui. Questo onere finanziario è destinato ad aumentare ulteriormente in misura significativa, allo stato non stimabile, per gli effetti che produrrà il cosiddetto decreto-legge «svuota carceri» in via di approvazione, che porterà la polizia giudiziaria a tradurre in aula di udienza, per la celebrazione delle direttissime, gli arrestati che andranno custoditi nell'attesa negli uffici di polizia e non in carcere;
sotto l'aspetto propriamente giudiziario, si sguarnirebbe, altresì, del necessario presidio locale il territorio sul quale è insediata una delle 14 carceri italiane dotate di una sezione cosiddetta di massima sicurezza (per la custodia dei detenuti in regime 41-bis), sulle quali va mantenuta una costante attenzione, atta a scongiurare infiltrazioni della criminalità organizzata legata ai gruppi di appartenenza dei detenuti;
il trasferimento del tribunale sarebbe gravemente dannoso, con conseguenze sullo stesso bilancio dello Stato. Dallo studio sviluppato dalla Cisl Alto Friuli nel 2009 sull'inquadramento economico del territorio emerge che tutti comuni compresi nel circondario sono inclusi nella zona «C», classificata ai sensi della legge regionale Friuli Venezia Giulia n. 13 del 2000 ad «alto svantaggio economico», e che a livello economico/produttivo il territorio presenta un rilevante scarto negativo rispetto ai valori medi regionali riconducibili alle caratteristiche territoriali. Le prospettive di sviluppo socio-economico sono fortemente messe in discussione dalla forte attrattività, anche culturale, esercitata dalla pianura favorita da un sistema infrastrutturale particolarmente robusto, specie nella permanente minaccia di ulteriore riduzione dell'accessibilità ai servizi di base;
non può sfuggire quale impatto devastante sotto il profilo socio/economico avrebbe l'accorpamento del tribunale e anche solo della procura in Udine per il territorio dell'Alto Friuli, né come una tale soluzione si ponga in aperto contrasto con le direttive politiche di supporto allo sviluppo dei territori montani dettate a livello regionale, nazionale ed europeo. Risulta chiarificatore, in tal senso, l'elaborato redatto dall'ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, il quale evidenzia un rilevante onere economico a carico della comunità (almeno 2 milioni di euro l'anno), dovuto sia alla spesa per maggiori distanze da percorrere da parte dei cittadini dell'Alto Friuli per raggiungere gli uffici giudiziari, che dalla riduzione di introiti per l'indotto della zona -:
quali intendimenti manifesti il Governo riguardo al tribunale di Tolmezzo.
(2-01425)
«Di Centa, Renato Farina, Fabbri, Papa, Luciano Rossi, Pelino, Dima, Castellani, Galli, Scelli, Landolfi, Razzi, Barani, Palumbo, Rotondi, Baccini, Pagano, Garofalo, Vincenzo Antonio Fontana, Scandroglio, Mazzocchi, Nirenstein, Scilipoti, Monai, Compagnon, Pescante, Crimi, Antonio Martino, Malgieri, Aprea, Mussolini, Barbieri, La Russa, Valducci, Gianni, Paglia, Milanato, Contento, Gottardo».

C)

Iniziative per contrastare l'emergenza furti in alcune aree della provincia di Salerno - 2-01426

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'incubo dei furti in abitazione si estende a macchia d'olio dalla piana del Sele fino alla zona degli Alburni, aree della provincia di Salerno considerate sino ad oggi tranquille e lontane dagli obiettivi della malavita organizzata. Nelle ultime settimane si stanno moltiplicando i furti in appartamenti nei centri urbani, ma, soprattutto, nelle zone agricole, dove, con la complicità del buio e la minore attenzione dei cittadini, i malviventi sempre più spesso si introducono nelle proprietà altrui, facendo razzia di beni di ogni genere. Il fenomeno sta creando allarme tra i cittadini, che temono per la propria incolumità;
il comune più colpito è quello di Postiglione, dove gli episodi delittuosi si stanno verificando con sempre maggiore frequenza nelle ultime due settimane, senza che nessuno degli autori sia stato ancora assicurato alla giustizia. Martedì 13 marzo 2011 una donna è stata aggredita con colpi di spranga nella sua abitazione;
i sindaci della zona hanno deciso di chiedere l'intervento del prefetto e la convocazione urgente del comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico. Inoltre, hanno deciso di coinvolgere la polizia municipale, i carabinieri, le guardie ambientali della comunità montana degli Alburni, che a turno sono impegnati in ronde notturne. «Invitiamo tutti i nostri concittadini - ha affermato il vicesindaco di Postiglione - a collaborare con le forze dell'ordine segnalando auto sospette e/o persone sconosciute che si aggirano per il paese con fare ambiguo»;
tuttavia, la vastità e la scarsa popolazione del territorio non consentono di difendere adeguatamente le abitazioni e le attività produttive isolate; il timore è che le aggressioni sfocino presto in qualcosa di più grave; a tal fine, diversi sindaci hanno da tempo chiesto al Ministro interrogato di accedere alle risorse stanziate per la sicurezza locale, in particolare per l'installazione di telecamere nelle aree sensibili e nelle strade di accesso ai comuni della zona, in modo da poter risalire, in caso di eventi delittuosi, ai possibili autori; tuttavia, nessuno dei progetti presentati ha ottenuto il finanziamento del Ministero dell'interno;
occorre, infine, ricordare la piaga dei furti nei campi, posta in essere a quanto consta agli interpellanti soprattutto da rom e slavi, che sta assumendo contorni endemici e preoccupanti; in tale ambito si registra l'assoluta impotenza delle istituzioni, assolutamente non in grado perseguire numerosi reati di piccola portata in un'area tanto vasta -:
quali provvedimenti intenda adottare per affrontare la situazione esposta in premessa;
se non ritenga opportuno favorire l'accesso dei comuni dell'area degli Alburni e, più in generale, dei comuni del Cilento alle risorse destinate alla sicurezza locale, secondo quanto previsto nei diversi progetti già presentati o in corso di presentazione da parte dei comuni, anche in concorso tra loro, con particolare riferimento all'installazione di telecamere di sorveglianza, collegate con le centrali operative di polizia e carabinieri, nelle strade, nei punti di snodo e nelle aree più sensibili.
(2-01426)
«Mario Pepe (Misto-R-A), Brugger».

D)

Elementi in merito alla realizzazione del progetto di ampliamento dell'aeroporto di Grazzanise, provincia di Caserta - 2-01368

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'aeroporto militare «Carlo Romagnoli» di Grazzanise (in provincia di Caserta) - aperto al traffico civile autorizzato dal 25 novembre 2004 - è, da anni, al centro di un progetto di ampliamento che prevede l'apertura dello scalo al traffico internazionale ed intercontinentale, oltre che nazionale, business e turistico, con lo scopo di diventare, a partire dal 2012 (o almeno nelle intenzioni iniziali) lo scalo principale del sistema aeroportuale della Campania;
il progetto è partito nel 2008, con un accordo di programma finalizzato a trasformare Grazzanise da scalo militare ad aeroporto internazionale e creare, così, un sistema aeroportuale integrato che comprenda anche l'aeroporto di Salerno-Pontecagnano;
nell'aprile 2008, vi è stato l'affidamento alla società Gesac - già concessionaria fino al 2043 dell'aeroporto di Capodichino - della gestione del nuovo scalo di Grazzanise;
nell'agosto 2008, è stato sottoscritto un accordo di programma tra regione Campania e Presidenza del Consiglio dei ministri sulle grandi infrastrutture e le grandi opere da finanziare in Campania, sulla base della cosiddetta nuova «legge obiettivo» e, tra le opere destinatarie dei finanziamenti, era compreso anche l'aeroporto di Grazzanise;
nel luglio 2009, è stato sottoscritto tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Enac, la Gesac e l'assessorato ai trasporti della regione Campania, un protocollo per la definizione di tutti i passaggi necessari all'avvio della progettazione, della realizzazione e della gestione del nuovo aeroporto;
nonostante nel tempo si siano susseguite, da parte delle istituzioni interessate, numerose richieste alla Gesac di accelerare, per quanto possibile, i tempi della progettazione, in modo da poter ottenere dal Cipe i fondi per le aree sottoutilizzate già previsti dall'accordo regione-Governo sulla legge obiettivo dell'agosto 2008, e arrivare, così, al più presto all'inizio dei lavori, ad oggi, tuttavia, non è stato ancora raggiunto alcun obiettivo concreto;
la realizzazione dell'aeroporto di Grazzanise, infatti, è una questione ancora aperta che si protrae oramai da troppi anni senza che si sia ancora giunti ad una soluzione chiara e condivisa;
nonostante tale infrastruttura sia anche inserita nel «programma infrastrutture strategiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» del settembre 2010, il progetto si trova, tuttavia, in una fase di stallo, resa ancora più grave dalla generale confusione circa la reale volontà dei soggetti protagonisti della vicenda di portare ad effettivo compimento l'opera;
a fronte delle posizioni «bipartisan» favorevoli alla realizzazione di un aeroporto internazionale a Grazzanise, la questione, soprattutto negli ultimi giorni, sta registrando una decisiva battuta d'arresto: da recenti e confuse notizie di stampa, infatti, emerge, che il Governo avrebbe escluso uno stanziamento di fondi per lo scalo casertano;
è arrivata anche la netta chiusura del presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, il quale ha chiarito apertamente che per il progetto di Grazzanise «non ci sono fondi, non rientra tra i progetti strategici del governo»;
va ricordato, poi, che il 14 febbraio 2012, la seduta monotematica del consiglio regionale della Campania sul futuro dell'aeroporto di Grazzanise è stata chiusa per mancanza del numero legale: dopo la relazione dell'assessore ai trasporti, Vetrella, e alcuni interventi dei consiglieri dei diversi gruppi che avevano appoggiato la realizzazione dell'aeroporto a Grazzanise, il consiglio, infatti, si è aggiornato prima del voto, ma alla ripresa è stato proposto un emendamento dal titolo «iniziative volte alla realizzazione ed al compimento definitivo dello scalo aeroportuale nel comune di Grazzanise», in cui il consiglio avrebbe impegnato la giunta regionale a «chiedere al governo di prevedere in Campania la realizzazione di un aeroporto internazionale da inserire nel piano per il sud e nella programmazione di settore con una contestuale valorizzazione degli scali di Napoli-Capodichino, Salerno-Pontecagnano e di Capua»; si è, quindi, aperto un nuovo dibattito con gli interventi di alcuni consiglieri che si sono detti contrari a votare l'emendamento e l'assessore Vetrella ha poi precisato che «i soldi necessari ai progetti fanno parte del piano Sud del governo, non sono fondi a disposizione della Regione e quindi bisogna chiederli al governo»; Vetrella ha anche ricordato che «non è la Regione Campania a decidere dove si fa un aeroporto» ma che «nel 2011 abbiamo ottenuto un grande risultato quando l'Enac ha messo per iscritto dove bisogna fare gli aeroporti in Italia, considerando Grazzanise un luogo strategico»; al termine dell'intervento, poi, l'assemblea ha votato con voto elettronico la risoluzione proposta dal consigliere di opposizione, Oliviero, ma la votazione non è risultata valida per la mancanza del numero legale;
la questione riveste, senza dubbio, un'importanza fondamentale per cui, al di là delle inevitabili polemiche politiche, è necessario che tutti gli attori politico-istituzionali coinvolti assumano un atteggiamento responsabile e realistico al fine di definire le opportune strategie di intervento;
alla luce della grave crisi economico-finanziaria che sta investendo il nostro Paese, è opportuno innanzitutto verificare, in maniera approfondita e concreta, la fattibilità e la sostenibilità economica del progetto di realizzazione del nuovo scalo, valutando complessivamente tutti i costi, anche quelli connessi ai necessari adeguamenti infrastrutturali (si è parlato di una spesa di oltre un miliardo e 100 milioni di euro), nonché predisporre adeguati ed efficaci meccanismi di controllo e di monitoraggio delle procedure al fine di garantirne la correttezza, la legittimità e la trasparenza -:
se l'aeroporto di Grazzanise - infrastruttura considerata da più parti di vitale importanza sotto il profilo territoriale ed economico, in considerazione delle possibili e connesse opportunità di sviluppo e di occupazione - sia ancora considerato, nell'ottica di una ridefinizione e razionalizzazione del piano nazionale per gli scali aeroportuali, una delle opere prioritarie strategiche e destinato a diventare lo scalo di riferimento del Mezzogiorno;
se non si ritenga opportuno chiarire, in maniera definitiva ed inequivocabile, quali siano i reali intendimenti del Governo riguardo alla delicata questione espressa in premessa, soprattutto con riferimento alla concessione di eventuali stanziamenti necessari ed, in ogni caso, quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la tempestiva definizione della vicenda.
(2-01368)
«Paglia, Muro, Della Vedova».

E)

Iniziative del Governo in sede comunitaria al fine di pervenire alle dimissioni dell'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione europea, Catherine Ashton - 2-01430

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri degli affari esteri e per gli affari europei per sapere - premesso che:
l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, la attua in qualità di mandatario del Consiglio dell'Unione europea ed è membro ed, ex officio, vicepresidente della Commissione europea;
il Consiglio europeo straordinario del 19 novembre 2009 ha designato a questo ruolo la britannica Catherine Ashton, facendola divenire, di fatto, il primo «Ministro degli esteri» dell'Unione europea;
il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune fu introdotto dal trattato di Amsterdam e, insieme al Ministro degli affari esteri del Paese che ricopre la presidenza del Consiglio dell'Unione europea, rappresenta il Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea. Fino al 2010 parte delle funzioni svolte dall'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza erano svolte da una figura differente, il Commissario europeo per le relazioni esterne, che gestiva la direzione generale della Commissione per le relazioni esterne, ora assorbita dal servizio europeo per l'azione esterna;
la Costituzione europea aveva progettato una riforma che prevedeva, oltre al rafforzamento dell'incarico, la sua ridenominazione come «Ministro degli esteri» dell'Unione europea. Il trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1o dicembre 2009) ha apportato significative modifiche al ruolo dell'Alto rappresentante, ivi comprese: la sua ridenominazione (da «per la politica estera e di sicurezza comune» a «per gli affari esteri e la politica di sicurezza»), la sua separazione dall'incarico di segretario generale del Consiglio europeo, l'ingresso nella Commissione europea come vicepresidente;
con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, l'Alto rappresentante ha assorbito le funzioni del Commissario per le relazioni esterne, è nominato dal Consiglio europeo con l'accordo del Presidente della Commissione europea e previa consultazione con il Parlamento europeo, partecipa ai lavori del Consiglio europeo, insieme ai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri, al Presidente del Consiglio europeo ed a quello della Commissione europea, guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, contribuisce con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e la attua in qualità di mandatario del Consiglio, agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune, presiede il Consiglio «affari esteri», composto dai Ministri degli esteri degli Stati membri, vigila sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione europea, è responsabile nella Commissione europea delle relazioni esterne e della direzione generale per le relazioni esterne, rappresenta l'Unione europea per le materie che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune, conduce, a nome dell'Unione europea, il dialogo politico con i terzi ed esprime la posizione dell'Unione europea nelle organizzazioni internazionali e in seno alle conferenze internazionali, può sottoporre al Consiglio questioni relative alla politica estera e di sicurezza comune e può presentare iniziative o proposte al Consiglio, può proporre al Consiglio la nomina di rappresentanti speciali per problemi specifici, che agiscono sotto l'autorità dell'Alto rappresentante, consulta il Parlamento europeo e provvede affinché le opinioni di questo siano prese in considerazione, può proporre al Consiglio di adottare decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all'avvio di una missione di peacekeeping, coordina gli aspetti civili e militari delle missioni di peacekeeping dell'Unione europea, è anche segretario generale dell'Unione europea occidentale e presidente dell'Agenzia europea per la difesa. Insomma, svolge un ruolo che ha un rilievo fondamentale e delicato all'interno dell'Unione europea;
la nomina della Ashton fu promossa, in particolare, dal Primo Ministro britannico Gordon Brown, suo amico e alleato politico. La Ashton dichiarò di essere stata leggermente sorpresa dalla nomina, che suscitò sorpresa anche in molti osservatori a causa della sua relativa inesperienza in politica estera;
durante lo svolgimento del suo mandato la Ashton è stata oggetto di numerose critiche da varie parti. È stata disapprovata per non essersi recata rapidamente ad Haiti dopo il terremoto del gennaio 2010, per non avere presenziato ad un vertice dei Ministri europei della difesa, per la sua mancata conoscenza delle lingue straniere, per l'abitudine di trascorrere lunghi fine settimana a casa a Londra, per alcune nomine da lei fatte per il servizio europeo di azione esterna e, da ultimo, e sicuramente non meno importante, per le sue dichiarazioni in merito all'assassinio di un rabbino e tre bambini della scuola ebraica Ozar HaTorah a Tolosa;
sdegno e condanna per la strage di Tolosa e manifestazioni di solidarietà verso la comunità ebraica sono giunte da tutto il mondo, censurando il forte sentimento antisemita che sarebbe alla base dell'azione del killer Mohammed Merah, di origine franco-algerine, che sembra affiliato ad Al Qaeda;
l'Alto rappresentante Ashton ha fatto un riferimento decisamente non appropriato e fuori luogo, accostando l'omicidio dei bambini ebrei francesi di Tolosa alle morti di Gaza o della Siria;
è da condannare ogni azione violenta contro la vita dei bambini di qualunque religione essi siano ed in qualunque contesto di pace o di guerra in tutto il mondo;
la Ashton si e difesa dalle critiche ritrattando la sua dichiarazione e giustificandosi che non voleva collegare la strage di Tolosa con la situazione di Gaza e ha richiamato, durante un incontro organizzato dall'Unrwa a Bruxelles sui giovani rifugiati palestinesi, una serie di episodi dove i bambini hanno tragicamente perso la vita, esprimendo la sua partecipazione al dolore delle famiglie colpite dall'attentato di Tolosa, come per i congiunti dei bambini belgi morti in un incidente stradale e di quelli norvegesi colpiti a morte da un estremista di destra, menzionando anche quanto succede a Gaza e a Sderot (cittadina ebraica del Neghev spesso bersagliata da razzi palestinesi);
l'inadeguatezza della Ashton è sotto gli occhi di tutti. Durante i negoziati israelo-palestinesi è stata incoerente, come dimostra il tentativo di trovare una posizione unanime tra i 27 Paesi europei sul riconoscimento dello Stato palestinese all'Onu, salvo poi fare marcia indietro, e le posizioni sul nucleare iraniano, dove ha appena accennato di riaprire i negoziati con i mullah, rischiando di far precipitare la situazione con un bombardamento israeliano, e sulla primavera araba in relazione alla quale si è dimostrata del tutto impreparata;
sarebbe stata opportuna da parte della Ashton una ferma condanna dei tragici fatti di Tolosa senza nessun riferimento ad altri contesti e fatti internazionali che potesse ingenerare possibili incomprensioni -:
se il Governo intenda assumere iniziative nelle opportune sedi europee, affinché si pervenga alle dimissioni dell'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione europea, Catherine Ashton, avendo la stessa per l'ennesima volta dimostrato, con quelle che agli interpellanti appaiono inappropriate e spiacevoli dichiarazioni che hanno messo in imbarazzo l'intera Europa, la sua inesperienza in campo diplomatico e l'inadeguatezza a ricoprire il ruolo che le è stato assegnato.
(2-01430)
«Dozzo, Maggioni, Pini, Stucchi, Consiglio».

F)

Iniziative per la definitiva approvazione dei decreti di affidamento della gestione totale degli aeroporti nazionali - 2-01419

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
da notizie assunte presso l'Enac, in merito alle gestioni aeroportuali, risulterebbe che per 17 aeroporti nazionali non è stato ancora perfezionato il procedimento di affidamento della gestione totale;
da tempo per gli aeroporti di Cuneo, Perugia, Ancona, Parma, Rimini, Brescia e Treviso, le convenzioni di affidamento della gestione totale sono state sottoscritte e trasmesse al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe adottato i relativi decreti e già da mesi li avrebbe inviati al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione della controfirma;
ad oggi, le procedure per la formalizzazione delle concessioni risultano ancora bloccate presso il Ministero dell'economia e delle finanze, costituendo tale situazione un reale ostacolo per la stabilizzazione delle realtà gestionali, nonché per il pieno e costante sviluppo degli scali, fortemente condizionato da questo elemento di precarietà;
la riscontrata complessità dell'iter decisionale dell'affidamento della gestione aeroportuale e le relative lungaggini stanno incidendo negativamente sulle potenzialità di privatizzazione, in quanto direttamente connessa alla durata della concessione, alle tariffe praticabili e all'invarianza nel medio periodo del quadro regolamentare;
il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe richiesto la predisposizione di linee guida interministeriali che chiariscano il perimetro operativo del ricorso alla deroga dal divieto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 6, comma 19, al fine di specificare in che modo la stipula di convenzione, contratti di servizio e di programma tra le società di gestione aeroportuali e gli enti locali possa essere assentita solo a determinate condizioni;
al riguardo risulterebbe che il 29 luglio 2011 sarebbe stata trasmessa una bozza di linee guida, inviata poi al gabinetto e all'ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale viene sottolineata l'opportunità del riferimento effettuato dall'Enac alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
ad oggi, però, non risulterebbe ancora definita sull'argomento alcuna proposta;
un ulteriore elemento per il completamento dei procedimenti di affidamento delle «gestioni totali» è costituito dalla nuova scadenza stabilita dal decreto-legge del 29 dicembre 2011, n. 216, al 30 giugno 2012, scadenza che è stata di anno in anno prorogata a decorrere dal 2005, sempre fino al 31 dicembre 2012;
nell'ambito del provvedimento di revisione del codice della navigazione era stato fissato un termine entro il quale avrebbero dovuto essere concluse le istruttorie di affidamento della gestione totale, decorso il quale le società interessate avrebbero potuto chiedere la nomina di un commissario ad acta per il relativo rilascio;
tale scadenza conferma, dunque, che il settore è interessato da previsioni normative, comprese quelle di finanza pubblica direttamente applicabili ai soci pubblici, che non ne facilitano il ruolo e la relativa funzione e che alimentano, invece, lo stato di incertezza in cui versano le società di gestione;
alla luce di quanto premesso, risulta prioritario intervenire sulla complessità dell'iter decisionale che riguarda l'affidamento della gestione aeroportuale e sul conseguente regime di incameramento e aggiornamento del diritti aeroportuali, che incidono in modo significativo sia sulla stabilizzazione delle realtà gestionali, sia sulle potenzialità di privatizzazione -:
quali iniziative di competenza i Ministri interpellati intendano intraprendere per la definitiva approvazione dei decreti di affidamento della gestione totale, ancora sospesi, eliminando così questo grave elemento di precarietà, che, di fatto, impedisce sia la stabilizzazione delle realtà gestionali, sia il pieno sviluppo degli scali.
(2-01419)
«Delfino, Libè, Ciccanti, Galletti».

G)

Iniziative per consentire l'impiego delle risorse non utilizzate per ovviare al problema dei ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni - 2-01427

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
uno dei principali ostacoli sulla strada del possibile rilancio del nostro Paese è rappresentato dal ritardo cronico dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, che sono erogati solo dopo decreti ingiuntivi e pignoramenti. Le aziende si vedono costrette a chiudere la loro attività, anche a fronte dell'interruzione dei prestiti bancari a causa del credit crunch. Anche la realizzazione di importanti opere pubbliche, necessarie per ammodernare il Paese e riprendere il ciclo dello sviluppo economico, è a rischio per il blocco della liquidità dell'amministrazione pubblica;
puntare sulla ripresa degli investimenti di opere pubbliche sarebbe essenziale, ma, nello stesso tempo, sarebbe resa del tutto inefficace per i troppi vincoli imposti da un rigido patto di stabilità che colpiscono le erogazioni di cassa destinate quegli investimenti. L'idea, dunque, di investire nelle rilancio delle opere pubbliche, ipotesi che potrebbe rappresentare un'opzione non di secondo piano per il rilancio dell'economia e della produttiva del sistema Italia, viene di fatto resa impraticabile;
eppure, privarsi di questa possibilità in più non appare di certo coerente;
gli enti locali in Lombardia pagano mediamente in 120 giorni, in Campania pagano con 365 giorni di ritardo, in Calabria addirittura si raggiunge il tetto di ben 600 giorni. Bisogna, però, tener conto che vi sono pure al Nord realtà in cui è ben evidente questa patologia del rapporto fra le imprese fornitrici di beni e servizi e gli enti locali. Ottenere una commessa per un'impresa privata in queste condizioni può rappresentare una vera e propria iattura per il proprio conto economico;
questa situazione tiene lontani gli investimenti pubblici e privati da un'area come quella del Mezzogiorno, che, non va sottaciuto, rappresenta un mercato di consumo per le imprese del Nord. Le regioni del Sud necessitano in primo luogo di investimenti, sia per quanto riguarda le infrastrutture, il cui ritardo cronico frena in maniera evidente lo sviluppo del Meridione, sia per quanto riguarda la possibilità di sviluppare sul territorio quella serie di piccole e medie imprese private, che potrebbero ridare, con la loro stessa esistenza, linfa all'intero Meridione. Il ritardo dello sviluppo economico del Sud Italia ha molteplici cause, una di queste è certamente rappresentata dalla debolezza dell'iniziativa privata, diffusa e capillare sul territorio. Essa ha contribuito a fare in modo che altre aree del nostro Paese possano essere considerate tra i produttori più importanti del continente;
dove, invece, è mancata questa iniziativa oggi persistono aree in evidente ritardo. Il Sud di Italia è fortemente caratterizzato da tale mancanza e da tale ritardo;
lo Stato, come le regioni e gli enti locali, possono rappresentare un'opzione in più, uno strumento importante per veicolare, attraverso i loro investimenti, diffondere e invogliare l'iniziativa privata sul territorio. Nell'interesse, si badi bene, non solo delle aree eventualmente interessate, ma dell'intero sistema Paese e delle aziende, non certo e non solo locali, che potrebbero essere coinvolte in un piano nazionale di investimenti sul territorio;
resta, ovviamente, in questo quadro, la necessità che le amministrazioni pubbliche nel loro complesso rappresentino un punto di riferimento certo ed affidabile e, dunque, capaci di far fronte ai propri impegni. Purtroppo, così non è. Su questa deficienza cronica si deve intervenire, perché se a Milano come a Torino le imprese private riescono ad avere un rapporto di certezza con gli enti locali e, quindi, a svolgere con continuità la loro attività imprenditoriale, nel Sud le aziende che hanno un rapporto con le amministrazioni pubbliche sono in grande difficoltà per la mancanza di liquidità degli enti locali e il conseguente ritardo dei loro pagamenti. Ciò causa un ulteriore danno non solo all'economia locale, ma indirettamente anche al più generale sistema economico italiano;
fino a qualche anno fa le regioni riuscivano a pagare i fornitori di beni e servizi con più tempestività, perché potevano utilizzare i fondi di riequilibrio, o comunque ricorrevano con maggiore possibilità all'indebitamento. Entrambe le ipotesi oggi non sono più percorribili. Inoltre, è necessario tenere conto del vincolo imposto del patto di stabilità;
in virtù proprio del patto di stabilità si è di fronte ad una situazione particolare per la quale alcune regioni, pur avendo risorse disponibili, non possono utilizzarle, mentre altre non hanno praticamente denaro in cassa;
in queste settimane è stata avanzata autorevolmente l'ipotesi che le risorse finanziarie inutilizzate possano essere rimesse in circolo con l'istituzione di un fondo di garanzia, di cui il Governo nazionale sia garante dei pagamenti anche delle autonomie locali;
non si tratta di utilizzare le risorse finanziarie di alcune regioni a favore di altre, come si è detto in più occasioni. Si deve, infatti, tenere presente che, con riferimento alle risorse accantonate e inutilizzate, la gran parte di queste sono rappresentate da trasferimenti dello Stato, mentre solo una piccola parte di queste provengono dalla finanza locale;
il Governo ha da poco messo a disposizione ben 1 miliardo di euro al di fuori del patto di stabilità e sta lavorando per diminuire l'incidenza dei vincoli esistenti, scelta questa che comporta la spesa di ingenti risorse economiche;
anche di fronte a tale situazione, appare ragionevole e forse doveroso riflettere sull'ipotesi di utilizzare risorse finanziarie che esistono e che restano inutilizzate -:
se non ritenga opportuno intervenire, nei modi e nei tempi che reputerà necessari e nelle sedi opportune, nell'ambito delle proprie e nel rispetto delle altrui competenze, affinché l'ipotesi avanzata possa essere discussa e vagliata come eventuale risorsa aggiuntiva per risolvere il problema cronico dei ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e contribuire così al rilancio del sistema nel suo complesso, incentivando gli investimenti privati nelle aree depresse del nostro Paese, che non sono solo nelle regioni meridionali.
(2-01427) «Ossorio, Nucara, Brugger».