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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 631 di lunedì 14 maggio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 16,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 aprile 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Barbieri, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Leone, Lusetti, Margiotta, Mecacci, Migliori, Milanato, Moffa, Leoluca Orlando, Picchi e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente venticinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,07).

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, domani, 15 maggio, si svolgerà l'assemblea dei soci di Buonitalia, società a capitale interamente pubblico del Ministero delle politiche agricole. Con ogni probabilità, se non si interverrà, verrà avviata la procedura fallimentare. Buonitalia è stato lo strumento operativo e funzionale del Ministero delle politiche agricole per promuovere e diffondere nel mondo la conoscenza del patrimonio enogastronomico italiano e per erogare i servizi alle imprese del settore al fine di favorirne l'internazionalizzazione.
Nel corso di questi anni Buonitalia ha realizzato, quale società in house del Ministero, che esercita la funzione di direzione e controllo, 106 progetti di promozione dei prodotti agroalimentari italiani di eccellenza. Nel corso di questi anni i bilanci della società sono stati tutti approvati. Il 28 luglio 2011 l'assemblea dei soci di Buonitalia, a seguito dei risultati del bilancio consuntivo del 2010, decide la messa in liquidazione della società stessa.
Il 9 settembre 2011 l'assemblea dei soci nomina il professor Alberto Stagno D'Alcontres liquidatore della società, che presenta al Ministero delle politiche agricole una relazione i cui punti essenziali sono: Buonitalia è società in house del Mipaaf; l'assemblea degli azionisti ha indicato al liquidatore di non smembrare il complesso aziendale e di salvaguardare l'occupazione, la fusione per incorporazione in altra società o la cessione del complesso aziendale e, le risorse residue di Buonitalia Spa, presenti in ISA, ammontano ad oggi a circa 23 milioni di euro.
Le organizzazioni sindacali, preoccupate per la tenuta occupazionale e senza entrare nel merito della gestione della Pag. 2società che ha risposto negli anni ai diversi indirizzi indicati di volta in volta da chi guidava il Dicastero, hanno reiteratamente richiesto, ma senza successo, l'apertura di un tavolo di trattativa. Nelle ultime settimane in media hanno rilanciato diverse notizie su Buonitalia e su presunte irregolarità di gestione, per le quali, se provate, il personale dipendente e i creditori in buona fede non hanno avuto alcun ruolo.
Anche in occasione di Cibus, tenutosi a Parma qualche giorno fa, la Federalimentare ha sottolineato come l'industria agroalimentare sia stata ulteriormente penalizzata dalla liquidazione di Buonitalia. La totale mancanza di decisione da parte del Mipaaf sta portando Buonitalia verso il fallimento creando un consistente danno erariale ed un depauperamento del patrimonio pubblico, un significativo danno d'immagine con potenziale ricaduta negativa sul rating del Paese, l'insolvenza verso centinaia di fornitori che hanno lavorato in buona fede e che adesso rischiano di chiudere la propria attività e il licenziamento di 19 dipendenti di Buonitalia.
Signor Presidente, è lecito domandarsi il perché di tale comportamento tenuto conto che le soluzioni proposte e i diversi provvedimenti legislativi in itinere alla Camera assicurerebbero, in presenza delle risorse necessarie, 23 milioni di euro presso l'ISA, la salvaguardia dei livelli occupazionali, di evitare la procedura fallimentare e la possibile prosecuzione dell'attività di promozione a sostegno delle imprese del settore agroalimentare, eventualmente presso la nascente Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese.
Signor Presidente - ho concluso -, sulla questione sono stati presentati numerosi atti ispettivi e progetti di legge, che sono all'esame della Commissione agricoltura. Occorre oggi, però, un intervento di questa Presidenza, affinché il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali prenda in mano la vicenda e individui le soluzioni più adeguate per salvaguardare il livello occupazionale e tutelare il nostro made in Italy (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Discussione del disegno di legge: S. 3221 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato) (A.C. 5178) (ore 16,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Lega Nord Padania e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Strizzolo, ha facoltà di svolgere la relazione.

IVANO STRIZZOLO, Relatore. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, questo provvedimento, è bene Pag. 3ricordarlo, nasce per l'impegno assunto proprio dal Governo, quando in sede di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012, quello noto come decreto-legge sulle liberalizzazioni e sulla crescita, in quest'Aula venne accolto un ordine del giorno, a prima firma dell'onorevole Fluvi e sottoscritto anche dai colleghi Saglia, Lulli, Cera, Bernardo e Polidori, dove si faceva riferimento, prima di tutto, alla situazione di difficoltà e di crisi in cui il Paese si trova immerso, soprattutto con una crisi economica e sociale che pesa sulle famiglie e sulle imprese. Alla luce di questo vi è la necessità, appunto ribadita dall'ordine del giorno a prima firma dell'onorevole Fluvi, di un intervento normativo del Governo, per chiarire e mettere in coordinamento una serie di norme relative, in particolare, al rapporto tra il sistema finanziario bancario e gli utenti.
Questo è un aspetto molto importante perché, da una parte, giustamente e legittimamente era stato ribadito che nel corso del tempo, dopo l'eliminazione della commissione di massimo scoperto da parte del sistema bancario, erano state introdotte, se non da tutte le istituzioni bancarie almeno da alcune, delle commissioni che gravavano sui clienti e sugli utenti - quindi, famiglie e imprese - con le denominazioni più disparate. Vi era e vi è la necessità, dunque, di rimetterci in sintonia con la situazione economica e finanziaria in cui versa il Paese (quindi, famiglie e imprese). Di fatto, l'impegno era, per il Governo, di varare subito un decreto-legge, proprio per evitare l'entrata in vigore di quelle norme che erano state introdotte al Senato e che avrebbero comportato sicuramente tutta una serie di contenziosi e di ricorsi tra il sistema bancario e l'utenza.
Alla luce di ciò, il Governo, con il decreto-legge di cui stiamo discutendo il provvedimento di conversione, è intervenuto in particolare con l'indicazione, nell'articolo 1, comma 1, lettera a) e lettera b) (fino al comma 1-quater), di una disciplina più chiara e più precisa per quanto riguarda il riferimento alle commissioni che gravano sugli utilizzatori, in particolare, di concessioni di fido. Tutto questo avviene alla luce non solo di un dibattito, di un dialogo e di un confronto che vi è stato tra il Governo e le associazioni (non solo l'ABI e altre associazioni rappresentanti il mondo dell'impresa). Inoltre, il Governo ha anche tenuto conto di quella che è l'opinione e la rappresentazione delle problematiche da parte di diverse associazioni dei consumatori.
Questo provvedimento è stato già modificato al Senato e qui viene esaminato, come è stato anche ribadito nel corso dell'ampio dibattito che si è registrato in Commissione, non solo per il fatto che i termini di conversione scadono, se non vado errato, il 23 maggio, ma anche per evitare di riapportare modifiche al testo che avrebbero sicuramente e necessariamente comportato - forse - tempi ancora più lunghi.
Invece, non solo da parte del sistema bancario, ma anche da parte delle imprese, degli utenti e di quanti accedono alle operazioni di finanziamento serviva e serve un dato di certezza.
È evidente che il testo contenuto in questo provvedimento, con le modifiche introdotte al Senato, forse non accontenta tutti, né sul versante del sistema bancario e finanziario, che probabilmente chiedeva quasi un ripristino totale, se non automatico, delle commissioni preesistenti, né sull'altro versante, relativo al mondo delle imprese e dell'utenza più in generale perché evidentemente forse c'era ancora qualche margine sul quale si poteva intervenire.
Però, come da ragionevolezza, tenendo conto anche della necessità di intervenire in tempi rapidi, è stato trovato - secondo me - un ragionevole punto di equilibrio anche perché ritengo che sia stato costruttivo il dibattito in Commissione: infatti, evidentemente, ciascuna forza politica - e soprattutto le componenti che oggi sono collocate all'opposizione - ha comunque rappresentato una serie di problematiche e di esigenze rispetto alle quali bisogna dare atto al Governo, che - pur non per il motivo che ho detto prima, ossia per concludere l'esame del provvedimento in tempi rapidi e pur non accogliendo alcuni Pag. 4emendamenti - ha dato la disponibilità ad accettare eventuali ordini del giorno che possono nascere da alcuni emendamenti, che alcuni colleghi dell'opposizione avevano presentato e che hanno ritirato.
L'intervento di modifica che è stato introdotto al Senato, non riguarda soltanto l'aspetto delle commissioni relativamente agli sconfinamenti ed alla durata, ma c'è - a mio modo di vedere - qualche altro punto importante relativo all'introduzione e alla costituzione dell'Osservatorio sull'erogazione del credito. A tal proposito, c'è la necessità di mettere in piedi un organismo che sia rappresentativo - come è previsto - non solo degli operatori del mondo economico e finanziario, del Governo e dei Ministeri più direttamente interessati, ma anche delle associazioni dei consumatori, che possono partecipare all'attività dei questo Osservatorio.
Nella sostanza, rispetto alla nullità delle clausole per la chiusura dei contratti e per l'eliminazione degli impegni relativi alle commissioni, mentre nel testo precedente si consideravano nulle tutte le clausole, con questo provvedimento si fa riferimento alla nullità delle clausole che sono in contrasto con quanto previsto dalla normativa in essere, facendo riferimento e dando poi delega e spazio al Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ad intervenire con provvedimenti e decreti per definire, dal punto di vista tecnico e procedurale, l'applicazione di quanto previsto da questo decreto-legge. Il provvedimento - come dicevo - contiene l'introduzione di questo Osservatorio: anche a tal proposito c'era la richiesta da parte di qualche collega di intervenire con aspetti più operativi, più coinvolgenti e più partecipati, ma questa è una fase di tipo sperimentale e nulla vieta che, nel prosieguo dell'attività di questo Osservatorio, si possa ulteriormente intervenire per affinarne la funzionalità e l'efficacia.
Per quanto riguarda poi - e mi avvio rapidamente alla conclusione anche perché il provvedimento consta di un unico articolo (l'articolo 2 si riferisce unicamente all'entrata in vigore) - l'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 1 si interviene su un aspetto che non è attinente logicamente al problema delle commissioni bancarie e del rapporto tra il mondo finanziario-bancario e la propria clientela: si va a disciplinare, a migliorare, a modificare ed a chiarire la procedura di elezione nella nuova composizione - già prevista con le modifiche normative che sono state recentemente introdotte - dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Essendo stato ridotto il numero dei componenti elettivi - prima erano quattro eletti dal Senato e quattro dalla Camera, adesso con la riduzione due vengono eletti dal Senato e due dalla Camera - serviva un piccolo intervento correttivo dal punto di vista normativo per precisare che ciascun parlamentare sia al Senato che alla Camera potrà esprimere un unico voto e non più indicazioni. Questo è naturalmente un intervento di carattere meramente tecnico rispetto al quale mi sembra di ricordare che non ci sono stati assolutamente contrarietà o contrasti nel corso della discussione in Commissione.
Vale la pena alla fine ricordare che evidentemente nella fase in cui ci troviamo, considerate le notizie di questi giorni e di queste ultimissime ore con le fibrillazioni su alcuni mercati finanziari e la situazione politica interna alla Grecia che naturalmente fanno di nuovo salire la tensione e l'allarme per quanto riguarda la situazione dei conti pubblici anche nel nostro Paese - è notizia di questi minuti che anche il livello dello spread è di nuovo salito - è chiaro che il Governo - noi come forza politica ribadiamo il sostegno alla difficile e impegnativa azione del Governo - deve prioritariamente tener d'occhio la compatibilità finanziaria dei provvedimenti che vengono tempo per tempo messi in campo; è del tutto evidente, che sempre in questi ultimi giorni, anche alla luce del gravissimo attentato di Genova, sta salendo anche una tensione sociale che è stata registrata e riconosciuta anche dai massimi esponenti del Governo, per cui rispetto a tutto questo accanto a impegnativi e forti interventi normativi per quanto riguarda gli aspetti finanziari serve Pag. 5uno slancio, una iniziativa forte per quanto riguarda il rilancio della crescita e dello sviluppo economico nel nostro Paese. È un passaggio importantissimo questo anche perché diversamente i sacrifici e gli sforzi fatti fino ad oggi per rientrare nei livelli di compatibilità relativamente alla tenuta dei conti pubblici rischiano di essere vanificati se non c'è un'effettiva ripresa dal punto di vista economico, quindi dello sviluppo, della crescita, dell'occupazione e quant'altro.
A fronte di tutto questo chiaramente io confido che il provvedimento di cui ci stiamo occupando possa essere approvato da questo ramo del Parlamento senza ulteriori modifiche, non perché - ripeto e concludo - alcune proposte emendative non fossero o non sono state anche degne di valutazione e di considerazione ma proprio per le ragioni rispetto alle quali noi oggi dobbiamo assumere decisioni tempestive visto quello che sta accadendo a livello finanziario europeo e internazionale in queste ore.
Penso che, considerato il lavoro svolto a livello di Commissione con il confronto con i rappresentanti del Governo e il contributo di tutte le componenti politiche - anche se poi logicamente nella legittima dialettica alcune componenti hanno votato a favore di questo provvedimento in Commissione e altre si sono espresse in senso contrario - complessivamente il testo vada difeso e casomai ulteriori interventi in questa materia siano riservati a successivi provvedimenti.
Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, concludo ringraziando anche gli uffici della VI Commissione (Finanze) per la preziosa e qualificata - come sempre - collaborazione e supporto prestati nell'attività di esame di questo provvedimento. Chi ha dato un'occhiata alla documentazione che accompagna questo provvedimento avrà potuto anche riscontrare i pareri importanti che sono stati acquisiti dalle altre Commissioni chiamate ad esprimersi in sede consultiva.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la Lega Nord da subito e senza equivoci, in modo chiaro e trasparente, si è opposta alla formazione di un Governo di tecnici, che non solo non è rappresentativo della sovranità popolare, ma che ha dimostrato, sin dai suoi primi atti e provvedimenti - e continua a farlo - di tradire tutte le aspettative per cui è nato. Doveva essere il Governo dell'equità, della crescita e dello sviluppo. Ebbene, di equità ne abbiamo vista ben poca, con una serie di provvedimenti che, con l'esigenza di fare cassa in modo certo ed immediato, hanno colpito lavoratori, pensionati, piccoli imprenditori, commercianti e artigiani, piuttosto che i veri e grandi centri di interesse e di potere economico. Per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo - sentivo prima che anche il relatore diceva che occorre fare di più - i mercati hanno dato risposta inferiore alle aspettative. Il nostro PIL non solo non è tornato a crescere, ma siamo in recessione. La nostra produzione industriale sta franando e, anche sotto il profilo dei conti in regola, cari professori, non avete fatto molto meglio: nessun taglio sensibile alla spesa pubblica, tanto che a marzo il nostro debito pubblico ha raggiunto la soglia record di 1946 miliardi di euro - in compenso ad aprile abbiamo avuto un rincaro annuo del prezzo della benzina del 20,9 per cento, dato peggiore dal 1983 - un costo del carrello della spesa pubblica che è aumentato del 4,7 per cento e un'inflazione al 3,3 per cento. Chiaramente, nella insoddisfazione per i provvedimenti fin qui approvati da questo Governo, si inserisce anche questo decreto-legge, che si è reso necessario al fine di modificare l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 1 del 2012, che tante polemiche aveva suscitato. L'articolo 27-bis, nella formulazione approvata e divenuta quindi Pag. 6definitiva, decretava in maniera chiara e netta la nullità delle clausole, comunque denominate, inserite nei contratti bancari che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte di concessione di linee di credito, messa a disposizione delle medesime e loro mantenimento in essere, utilizzo di linee di credito anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento, ovvero oltre il limite del fido. Inserita da un emendamento del Partito Democratico, la norma ha provocato l'ira delle banche ed in particolare dei vertici dell'ABI, che hanno subito minacciato le dimissioni. Prontamente il Governo è corso ai ripari approvando nello stesso giorno in cui è entrata in vigore la legge di conversione la presente formulazione, che come già successo con altri provvedimenti - torno a dirlo - corre in aiuto non della povera gente o delle imprese, ma degli istituti di credito. La Lega Nord ha più volte sottolineato questo aspetto, ma del resto un Governo fatto di banchieri non poteva non aiutare le banche. È anche già il caso del primo decreto-legge del Governo Monti, il «salva Italia», con il quale è stato ulteriormente abbassato, ad esempio, il limite all'uso del denaro contante. Dietro il paravento della lotta all'evasione fiscale, si sono in realtà moltiplicati i ricavi degli istituti creditizi, obbligando tutti i percettori di reddito ad aprire un conto corrente su cui fare accreditare la propria misera pensione o il proprio stipendio. A poco servirà il recentissimo accordo per l'offerta del conto corrente di base, visto che ormai i pensionati nella maggior parte dei casi hanno già provveduto ad aprire un conto. È il caso, come nel famigerato decreto-legge «salva Italia», della nuova IMU, anche qui stravolta chiaramente nella sua essenza federalista - ne è rimasto solo il nome - che andrà a colpire da quest'anno le case di tutti, anche degli anziani ricoverati in casa di riposo, alla faccia dell'equità, ma lascerà esente il patrimonio delle fondazioni bancarie, complessivamente 50 miliardi di euro, di cui la metà investiti in istituti di credito. È inutile nasconderci: la drammatica crisi ha reso ancora più difficili i rapporti tra imprese e cittadini da una parte e banche dall'altra. Le imprese devono affrontare l'ormai noto fenomeno del credit crunch, dovuto ad una politica europea che privilegia la solidità patrimoniale delle banche a scapito della crescita e dello sviluppo dell'economia reale.
I nuovi requisiti patrimoniali imposti dalle autorità bancarie europee costringono gli istituti di credito a patrimonializzazioni miliardarie, penalizzate dai metodi di valutazione europei che danneggiano i nostri istituti e favoriscono quelli francesi e tedeschi.
Ormai le banche non svolgono nemmeno più il loro mestiere, che dovrebbe essere quello di raccogliere denaro e prestarlo alle famiglie e alle imprese. Dal bollettino statistico pubblicato dalla Banca d'Italia nel mese di aprile 2012 risulta, infatti, che nel quarto trimestre del 2011 le famiglie italiane hanno ricevuto finanziamenti, per l'acquisto di abitazioni, per 11.114,16 milioni di euro con una contrazione rispetto allo stesso periodo del 2010 del 25,29 per cento. Le imprese, da parte loro, si vedono restringere i fidi e non riescono più a fare fronte alla crisi di liquidità causata anche dai ritardi incredibili della pubblica amministrazione nel saldare i propri debiti commerciali. Insomma, ormai è chiaro che senza la ripresa del credito non si riuscirà ad uscire dalla crisi.
Il presente decreto-legge, che il Governo ci chiede di convertire in legge, di certo non risolverà i conflitti con le banche, nonostante l'introduzione al Senato del comma 1-ter che stupisce, in realtà, per la genericità della definizione di «famiglie consumatrici» e che è di portata sicuramente limitata.
Numerose sono state le nostre proposte di modifica in Commissione, che verranno presentate nuovamente in Aula. Riteniamo indispensabile far sì che anche i titolari di partita IVA, gli artigiani ed i commercianti possano essere esentati dall'applicazione della commissione di istruttoria veloce, uno dei tanti balzelli nati per sostituire la commissione di massimo scoperto, che non dovrebbe più esistere. Pag. 7
Un tema correlato è quello dell'istituzione dell'Osservatorio sull'erogazione del credito. Non solo è utile, ma anche necessario che un organismo super partes svolga un ruolo di supervisione sulle modalità di erogazione del credito verso le imprese, ma riteniamo che l'Osservatorio, così congegnato, non possa assolvere a tale funzione. Intanto, rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, ci sembra che il suo ruolo sia stato ridotto. È scomparsa, infatti, la possibilità di attivarsi d'ufficio su segnalazione delle imprese che lamentavano l'ingiustificata mancata concessione di un credito o una sua ingiustificata revoca. Questa era l'unica reale possibilità di incidere sui meccanismi di erogazione del credito perché le banche sarebbero state tenute a fornire tutti gli elementi utili all'Osservatorio e a motivare le ragioni della revoca o della mancata concessione del credito all'impresa. In questo modo, invece, la reale capacità di influire sui meccanismi di concessione del credito sarà pari a zero. Verrà creato un altro organismo inutile che, nonostante sia a costo zero per il bilancio pubblico, non risolverà i problemi reali dell'economia reale.
A nostro parere sarebbe stato più opportuno dare maggiori poteri al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, ma, soprattutto, rivitalizzare gli osservatori speciali anticrisi voluti dal Ministro Maroni e istituiti con il decreto-legge n. 185 del 2008. Questi osservatori, istituiti presso le prefetture dei capoluoghi di regione, avrebbero dovuto avere la funzione di monitorare l'andamento del mercato del credito alle famiglie e alle imprese, sulla base dei dati relativi ai livelli e alle condizioni del credito, alle informazioni fornite dalle banche e dalle associazioni di categoria o rilevate in altro modo sul territorio. Proprio la loro diffusione sul territorio e la compresenza di rappresentanti territoriali del MEF - quindi rappresentanti delle associazioni di categoria e delle camere di commercio - potevano costituire l'indispensabile valore aggiunto per dare efficacia all'azione di monitoraggio. La versione che, invece, viene proposta nel testo in esame non è altro che un osservatorio statistico di cui, francamente, noi e il Paese non sentivamo il bisogno.
Comunque, il nostro impegno, come al solito, sarà rivolto a cercare di migliorare il testo del decreto-legge in oggetto con un solo scopo, ossia quello di cercare di aiutare le nostre imprese, soprattutto le piccole imprese, e le nostre famiglie. A questo proposito, abbiamo presentato una proposta emendativa, a cui teniamo molto, che prevede anche una moratoria dei debiti tributari per le imprese identificate tramite decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, senza ulteriori aggravi per sanzioni e interessi per un periodo, di norma, di almeno un anno. Questa è per noi una proposta emendativa fondamentale, visti anche gli episodi drammatici che si stanno ripetendo nel Paese relativi ad imprenditori e lavoratori vessati - questo è il termine giusto - da Equitalia, quindi da un'intransigenza che, alla fine, va a colpire, fra l'altro, per piccoli crediti e, tante volte, anche in maniera illegittima visto che non vengono neanche rispettate le sentenze della Corte di Cassazione perché si procede all'iscrizione di ipoteche per cifre, ad esempio, inferiori a 8 mila euro.
Allora, chiediamo un impegno concreto del Governo con questa moratoria, chiaramente per le imprese che dimostrino di avere una loro solidità, inserite nel registro del Ministero dell'economia e delle finanze. Speriamo che questa nostra proposta possa essere accolta, discussa ed approvata dal Governo. È chiaro che molto dipenderà dall'atteggiamento che il nostro gruppo terrà nel prosieguo dell'iter di conversione di questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, questo provvedimento sollecita una serie di valutazioni; a tale riguardo non c'è dubbio (mi riferisco a valutazioni serrate, quindi, molto serie) che esse debbano sfuggire al tentativo di abbandonarsi a Pag. 8considerazioni di circostanza o di occasione, che hanno più il sapore di forzature di parte e che, quindi, non sono una ricerca seria rispetto alla problematica che questo provvedimento di urgenza pone alla nostra attenzione.
Il relatore Strizzolo all'inizio ricordava che questo provvedimento nasce da un ordine nel giorno, con primo firmatario l'onorevole Fluvi e firmatario anche l'onorevole Cera del mio gruppo. Forse questo è un dato da ascrivere come momento importante, perché un atto di indirizzo parlamentare si traduce in un intervento e, quindi, in un provvedimento di urgenza, qual è il disegno di legge di conversione che noi stiamo affrontando in questo particolare momento.
Vi sono temi ed argomenti più volte avanzati in tante occasioni, in questa legislatura ed anche nelle altre: il rapporto tra credito e impresa, la concessione del credito, l'affidamento del credito e, quindi, lo sviluppo e la crescita. Sono aspetti e sono dati ricorrenti che non scopriamo in questo particolare momento. Se vi sono delle responsabilità di «disattenzione» - uso un eufemismo ovviamente - è da ascrivere ad una platea più vasta, ad uno scenario più vasto e non bisogna fare riferimento a questo Governo, anche per l'esiguità del tempo che ha avuto a sua disposizione per iniziative di questo genere.
Allora non c'è dubbio che dobbiamo perseguire con sforzo e soprattutto con una certa riflessione, a cui mi richiamavo poc'anzi, una prospettiva di sviluppo e di crescita. Questo è un dato costante, che ritorna continuamente anche nel dibattito politico che si sta rafforzando ed evidenziando, anche in questi giorni, non soltanto nel nostro Paese, ma anche in altri Paesi che sono interessati e saranno interessati a scadenze elettorali. Non c'è dubbio che il dato della crescita e dello sviluppo è un momento importante e fondamentale perché, dopo il rigore, certamente, tutto questo ha senso e significato se è accompagnato da un processo, come dicevo poc'anzi, di sviluppo e di crescita all'interno del nostro Paese.
Quando parliamo di questi temi, parliamo certamente del credito e dell'impresa. Questa è una problematica che ci fa pensare e soprattutto ci fa andare verso delle considerazioni, che a mio avviso sono opportune.
Provengo da una particolare situazione territoriale, da una regione meridionale, con riferimento alla quale abbiamo visto più volte come il credito o le banche si sono sviluppate e comportate in termini quasi di esclusività e di assoluto isolamento, senza quella compenetrazione con taluni processi che dovevano essere accompagnati e di cui gli istituti di credito dovevano essere parte, insieme all'avvio di un sistema di avanzamento e sviluppo.
Quante volte abbiamo detto, signor Presidente, che vi sono state differenti posizioni, soprattutto un diverso trattamento tra regione e regione; quante volte abbiamo detto che le difficoltà di accesso al credito nelle regioni meridionali erano diverse, almeno per quanto riguarda il tasso, rispetto a quelle delle regioni del Nord; è una differente situazione, che creava, ha creato e sta creando delle situazioni disarticolate e non armonizzate, delle sacche di ingiustizia, delle marce a doppia velocità tra alcune regioni del Nord e alcune regioni del Sud.
E poi vi è anche un dato che abbiamo sempre sottolineato e che si impone anche in ordine a questo provvedimento, almeno credo: il primato della politica rispetto all'economia. Quando parliamo del credito allo sviluppo, di credito e piccole imprese, dell'affidamento del credito e quindi degli strumenti e delle garanzie, affinché si possano raggiungere, fruendo del credito, gli obiettivi della crescita e dello sviluppo, non c'è dubbio che il nodo fondamentale che è sempre emerso, anche nei nostri confronti ma anche nel dibattito generale del nostro Paese, è il primato dell'economia o degli interessi di carattere finanziario in astratto, rispetto alle scelte di carattere politico e, ahimè, nel passato e anche nel presente, alcuni interessi degli istituti e soprattutto delle banche hanno prevalso sulla politica. Non c'è dubbio che, se questo è un provvedimento che fa Pag. 9giustizia e risolve questo tipo di contrapposizione e dicotomia, ha un senso e ha un significato rispetto anche ad uno sviluppo che non è soltanto economico, ma è uno sviluppo umano perché, nel momento in cui il rapporto tra il credito e le piccole e medie imprese e quindi la tutela di una pluralità di soggetti e quindi l'aspetto umano e l'uomo assumono una centralità, non c'è dubbio che qui si converte non soltanto il dato dell'economia propriamente detta ma si converte un rapporto economico, politico e sociale rispetto ad un processo serio di sviluppo che non è soltanto un ritorno di carattere finanziario ma un ritorno di carattere sociale e anche di carattere culturale. Questo è il dato in termini molto precisi e molto puntuali, altrimenti non ci capiremmo e altrimenti qualche collega si abbandonerebbe ad una valutazione certamente seria per alcuni versi ma per altri versi certamente estemporanea. Non c'è dubbio, signor Presidente, che il tema del credito e dunque dell'accesso alla liquidità e della possibilità delle banche esprime una situazione di criticità e certamente in tutto ciò, rispetto alla situazione di criticità e ad una situazione economica di carattere generale, non c'è dubbio che l'iniziativa politica o l'iniziativa parlamentare assumano una particolare ed emblematica importanza, a mio avviso, in termini di un recupero di sensibilità e di attenzione per evitare vecchi monopoli, vecchie incrostazioni di potere, vecchie collocazioni egoistiche e vecchie concezioni di profitto e di speculazione pura e semplice che certamente le banche hanno accumulato nel corso degli anni.
Ricordiamo ad esempio quando si voleva dare ai prefetti - e si è dato ai prefetti - in un certo momento un ruolo di sollecitazione e di controllo affinché il fluire del credito potesse essere garantito, certamente nella trasparenza, attraverso quelle che potevano essere le regole da rispettare.
Questo è stato un momento di certo che ha provocato in questo Parlamento, anche da parte di alcuni di noi, qualche accenno di perplessità, perché i prefetti non potevano in quel momento essere i detentori di grandi iniziative e soprattutto non avevano gli strumenti per fare un'opera di persuasione e di indirizzo. In questo provvedimento viene fuori questo Osservatorio del credito, quindi vi è il superamento di questa impostazione prefettizia che richiamavo poc'anzi e che ha il significato - a mio avviso - sul piano dell'utilità, che ci sia uno sbocco per quanto riguarda il credito che si riferisce dunque al merito e soprattutto alle questioni sociali, che debbono avere una loro tutela e soprattutto una loro considerazione molto forte e molto significativa.
Tutto questo senza dubbio, signor Presidente, signor sottosegretario, risponde pienamente ad una esigenza fondamentale; l'unica preoccupazione è se poi questo Osservatorio riuscirà ovviamente a sviluppare una politica e soprattutto un'azione che raggiunga gli obiettivi che questo provvedimento d'urgenza, questo decreto-legge, esprime e soprattutto contiene nella sua filosofia e nei suoi riferimenti di carattere culturale ed economico.
Allora non c'è il dubbio, signor Presidente, che sono considerazioni che noi facciamo in questo particolare momento, perché non basta semplicemente un provvedimento legislativo, non basta una legge, ma tutto questo deve essere accompagnato da una serie di contorni, di attenzioni da parte del Parlamento e da parte del Governo, che porta una parte di responsabilità. Questo Osservatorio ritengo debba essere composto da un componente del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, e delle rappresentanze dei consumatori, dunque c'è una realtà, una presenza importante e significativa ma la platea e lo sbocco ovviamente sono le piccole e medie imprese, che costituiscono l'ossatura importante e fondamentale nell'economia del nostro Paese e sulle quali certamente bisogna puntare per avere - come dicevo poc'anzi - una pluralità di energie da utilizzare e da valorizzare che possa sconfiggere quella che è la piaga della disoccupazione, dell'arretramento sul piano economico e culturale. Così com'è successo molte volte, è una mia valutazione, per Pag. 10quanto riguarda il credito c'è stato in un periodo di tempo una cultura che intendeva accorpare gli istituti di credito, eliminare le piccole banche; gli istituti di credito cooperativo ad esempio sono stati visti in un certo momento con grande sospetto e con grande diffidenza. Mi riferisco alla concezione della democrazia, alla concezione della strutturazione e dell'articolazione del nostro Paese, dove il dato economico e quello istituzionale non sono momenti differenziati, ma si devono incontrare in un progetto unico, un progetto di crescita complessiva del nostro Paese.
Volevo anche fare riferimento alle commissioni bancarie. Anche su questo viene dato respiro alle famiglie per quanto riguarda lo sconfinamento dei fidi per i primi sette giorni, per lo sconfinamento di 500 euro. Credo che questo non sia esaustivo e lo considero positivo se può andare avanti, se va al di là di quella che può essere la quantità dello sconfinamento del fido stesso, e del dato temporale.
Credo che sia un segno da scrivere rispetto a quella che era un'ingessatura da parte delle banche, che molte volte rivendicavano un comportamento che era determinato dalle regole della Banca d'Italia.
Non c'è dubbio, signor Presidente, che questa problematica richiama una serie di altri temi che riguardano certamente la crescita del nostro Paese. Voglio, però, richiamare anche un altro problema, cioè quello del debito - che esiste e che anche in questa occasione e in questa circostanza è bene riproporre all'attenzione dei colleghi - che ha lo Stato nei confronti delle imprese, di piccole e medie imprese. È un volume grandissimo e so che c'è allo studio qualche provvedimento concreto. Noi operiamo per quanto riguarda un rapporto tra credito e territorio, tra credito e imprese e sblocchiamo alcune situazioni, creiamo l'Osservatorio, la trasparenza, la garanzia dei flussi, un'assistenza ed una valutazione anche sul piano tecnico. Certamente, tutto ciò rappresenta un fatto importante e significativo, ma c'è questo aspetto sul quale si gioca certamente il futuro delle moltissime piccole e medie imprese, di fornitori di servizi nei confronti della pubblica amministrazione. Questa situazione debitoria della pubblica amministrazione non può essere accettata. E, poi, c'è un altro problema che voglio inserire in questo momento: quando parliamo di situazioni debitorie della pubblica amministrazione, ci riferiamo semplicemente alla pubblica amministrazione centrale? E la vicenda delle regioni? La situazione delle regioni non la guardiamo? Come si può fare una politica economica, una politica di bilancio, un equilibrio di bilancio, una parità di bilancio, come si può fare una politica di sviluppo complessiva all'interno del nostro Paese, se noi non guardiamo e non abbiamo ben presente quella che è la situazione di molte regioni, non soltanto quelle che sono in uno stallo o in una difficoltà di carattere finanziario, ma anche quelle che hanno una situazione debitoria? E, soprattutto, molte di queste regioni sono «dominate» da cattive politiche, da disattenzioni e da lacune che dovrebbero essere certamente indicate e segnate nelle nostre azioni e nei nostri interventi per avere un quadro complessivo di riferimento e avere una visione più adeguata a quella che è la realtà.
Parlo di un altro problema e vado alla conclusione, signor Presidente: nel Senato della Repubblica si era tentato, da parte di alcuni senatori, di consentire trattamenti preferenziali ai manager svincolati da quello che è l'abbassamento del tetto degli emolumenti o degli stipendi. Chiamateli come volete, non so se sono emolumenti o stipendi, ma visto e considerato che sono cifre di 600, 700 o 800 mila euro l'anno, e qualcuna anche di un milione di euro l'anno, per chiamarli stipendi bisogna avere una grande fantasia e fare un grande sforzo. Questo emendamento non è passato, ed è bene che non sia passato perché, come ripeto, svincolare il trattamento pensionistico dall'abbassamento del tetto degli emolumenti certamente non aveva significato e strideva anche con il senso e il significato, non soltanto di questo provvedimento, ma di tutta un'azione parlamentare e legislativa che si Pag. 11sta facendo e si è fatta in questi giorni. L'aspetto è importante e fondamentale e questo mi fa capire molte volte che anche nella politica del credito si è stati molto larghi rispetto a quelle che sono posizioni consolidate e forti, come si è volutamente molto duri rispetto alle posizioni già deboli. Ma questo è un vecchio discorso, non vorrei abbandonarmi a nessuna enfatizzazione demagogica, perché non credo sia il caso. Ma questo provvedimento ha senso ed ha significato se si collega con il senso dell'equità e il senso della giustizia. Le banche devono avere e svolgere un loro ruolo, certamente anche attraverso le tutele e le garanzie rappresentate da questo Osservatorio, in un quadro di riferimento sul piano economico che ritengo sia importante e fondamentale.
Un'altra sollecitazione che vi rivolgo, profittando che in questo momento ho la parola, signor Presidente, è capire, dopo aver parlato moltissimo del tetto dei 300 mila euro l'anno per i manager, se molti emolumenti ci sfuggono: infatti per gli emolumenti e gli incarichi c'è un combinato disposto, ma tanti aspetti ci sfuggono. Vorrei capire se questa disposizione ha comportato, da parte del Governo, un'iniziativa di conoscenza e quali sono le ragioni delle difficoltà che, quando ci siamo trovati in Commissione congiunta tra Commissione affari costituzionali e Commissione lavoro, l'ottimo Ministro della funzione pubblica ha avuto nei primi giorni a darci un quadro di riferimento, un quadro dei dati, che in seguito ci sono stati forniti. Abbiamo avuto questi dati e questi riferimenti ma ritengo che qualcosa sia rimasto in ombra. Non c'è dubbio, quindi, che tutto è legato a questi aspetti e, quindi, il mio intervento è una sollecitazione molto forte e molto stringente, perché come vedete alle banche chiediamo di non far pagare la commissione oppure di consentire alle famiglie, alle piccole famiglie lo sconfinamento senza far pagare ai fidi pari o inferiori ai 500 euro, oppure abbiamo avuto una situazione di grave restrizione per quanto riguarda le piccole e medie imprese e ci sono ancora. Invece, certamente abbiamo qualche difficoltà a capire per quanto riguarda la selva delle retribuzioni dei grandi manager ma, forse, si è capito molto, forse c'è qualche difficoltà ad agire e intervenire perché poteri consolidati, posizioni forti sono difficilmente smantellabili.
Non vi è dubbio che questo provvedimento - lo dicevo poc'anzi - nasce da una visione culturale e una sensibilità. Dunque, questo tema e questo argomento ha una sua piena cittadinanza, come ci sono alcune strutture del credito e istituti di credito nelle aree del Mezzogiorno e mi riferisco alla Calabria, che hanno usato questa regione semplicemente come raccoglitore di risorse, senza dare e senza esprimere alcunché di progetto e di sviluppo. Concludo qui, signor Presidente, e accedo al suo sollecito e al suo richiamo. La ringrazio e ringrazio anche il relatore, per lo sforzo compiuto e ringrazio lei e il Governo, per l'attenzione che mi ha voluto prestare e per qualche elemento che ha potuto raccogliere in termini positivi - mi auguro - dalle mie sollecitazioni e dal mio intervento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, colleghi deputati, intervengo oggi giusto perché la settimana scorsa in Commissione finanze, in qualità di rappresentante di gruppo dell'Italia dei Valori, ero stato designato nel Comitato dei nove, e conseguentemente sono stato iscritto a parlare, altrimenti non sarei già qui. Infatti avevo garantito questo impegno e il mio rispetto nei confronti dello Stato e delle istituzioni e di lei, signor Presidente, cui mi rivolgo, è inenarrabile e per tale ragione sono qui.
Ma da domani, Presidente Lupi, sarete in 629 alla Camera dei deputati, perché il sottoscritto si autosospende dalla carica di deputato della Repubblica italiana. Quindi, questo mio intervento sul decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, inerente le commissioni bancarie è il mio ultimo intervento in quest'Aula, perché la settimana scorsa il mio nome è comparso su alcuni giornali, Pag. 12con titoli cubitali, dove si legge: «il dipietrista Barbato chiese 20 mila euro per aiutarmi»; «Woodcock indaga sull'IdV Barbato».
Allora, poiché signor Presidente io come lei rappresentiamo il Parlamento, che è il più alto consesso della Repubblica, a cui dobbiamo il massimo del rispetto e le istituzioni, il Parlamento e la politica acquisiscono credibilità in base ai comportamenti dei propri membri e poiché nella mia mente è fisso l'articolo 54 della Costituzione, che recita che tutti i cittadini devono essere sottoposti alle leggi e al rispetto della Costituzione e addirittura i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con onore, io, signor Presidente, intendo essere un deputato d'onore, un deputato che svolge il proprio ruolo con onore. Allora, fin quando non verrò interrogato dal pubblico ministero Woodcock o dalla procura di Napoli per chiarire la mia posizione, dove è stata inventata tutta una storia che io per tabulas riesco a smontare, ma non mi interessa dimostrare che è stata fatta un'operazione «pezzottata» per cercare di colpirmi, a me interessa rispetto ai cittadini, agli italiani, al Parlamento e a lei, signor Presidente, rappresentare con onore questa carica. Per questa ragione io domani non sarò più qui in Parlamento, atteso che già da oggi mi sono anche dimesso da qualsiasi attività con Italia dei Valori, tanto è vero che stamattina c'era la presentazione delle firme con Di Pietro e tutti i parlamentari ed io non ho partecipato, né partecipo all'esecutivo nazionale di Italia dei Valori, che è ancora in corso.
Detto ciò, signor Presidente, io penso che questo sia un momento molto delicato per la nostra Repubblica, dove ognuno di noi deve fare la sua parte e deve farla con il massimo dell'impegno ed il massimo della serietà. Andando subito nel merito del provvedimento, atteso che sono qui per questa ragione, voglio ricordare il «subprovvedimento» commissioni bancarie, cioè questo decreto-legge proposto dal Governo che abbiamo istruito in Commissione finanze la settimana scorsa. Io ricordo che mercoledì scorso, signor Presidente, vi è stato un continuo stop and go all'interno della Commissione stessa, perché? Perché vi è stato un tentativo da parte del Governo di ripristinare il comma 2 dell'articolo 1, che era stato soppresso al Senato, cioè quello che rideterminava il trattamento pensionistico per gli alti burocrati dello Stato. Insomma, era la disciplina rinveniente dall'articolo 23 della legge n. 201 del 2011, la cosiddetta «salva Italia», con la quale sostanzialmente si erano modificati i tetti per i manager e per gli alti burocrati dello Stato, che erano stati portati ad un massimo di 304 mila euro. Ergo, consequenzialmente si sarebbero dovute anche modificare le pensioni, i trattamenti pensionistici. Ebbene, inopinatamente mercoledì scorso: sospensione della Commissione, trattative, incontri, andiamo nell'ufficio del presidente della Commissione finanze, dove incontriamo il Governo, cioè il Ministro Giarda. Perché tutto questo? Perché il Governo si preoccupa - si preoccupa! - di questi poveretti, che - se applicata così la legge n. 201 del 2011 - hanno un trattamento pensionistico ridotto, cioè non percepiranno più le pensioni da 800 mila euro o da un milione di euro l'anno, ma verranno legati al nuovo tetto, che è stato fissato nella misura di 304 mila euro, che non è una cifra da poco, ma poveretti, percepiranno di meno. Insomma il Governo, in un momento in cui il Paese è esasperato e si parla degli esodati, che non riescono ad avere neanche 800 euro al mese, si preoccupa degli alti manager e dei boiardi di Stato, che purtroppo - poverini, poveracci - perderanno un po' di soldi e non percepiranno più un milione di euro di pensione l'anno, ma percepiranno solo 300 mila euro, perché sono legati al nuovo tetto.
Guardate, sono vicende davvero incredibili, che danno uno spaccato preciso di come questo Governo sia totalmente distinto e distante dal Paese reale, da quello che succede in Italia, da quello che succede nelle famiglie degli italiani, da quello che succede tra i lavoratori italiani. Ovviamente, l'Italia dei Valori si mise subito di traverso in relazione a questa richiesta Pag. 13del Governo, così come fecero anche gli altri partiti: ricordo subito l'intervento del collega Fluvi e di tutti gli altri che, naturalmente, non condivisero questa richiesta di modifica del livello di trattamento pensionistico per gli alti burocrati dello Stato. Cosa voglio dire? Che qui, veramente, si è totalmente fuori strada.
Entrando nel merito delle questioni, vorrei dire che l'Italia dei Valori, poiché vive nei territori, tra i cittadini e, quindi, respira le questioni che riguardano gli italiani, le vive e le conosce - a differenza, forse, di altri che contestano solo - cerca di trasformare all'interno delle istituzioni, dove la nostra filiera è presente - dai livelli locali ai livelli nazionali ed europei -, cercando di tradurre in atti concreti le richieste dei cittadini. Perché, guardate, è qui che fallisce la politica: la politica fallisce quando non realizza, nelle competenti sedi istituzionali - il Parlamento, il Governo - quelle che sono le aspettative e le richieste sacrosante e legittime che provengono dal Paese.
Ricordate tutti la vicenda che ho sollevato al Senato della Repubblica, dove ho scoperto, con la mia telecamerina, che da una banca vengono applicati tassi d'interesse pari all'1,57 per cento sui mutui erogati non solo ad una casta limitata, ma anche agli amici della casta, a qualche collaboratore, a qualche impiegato. Quello che abbiamo scoperto è un tasso d'interesse abbastanza diffuso per la casta. Ebbene, il nostro lavoro non è solo quello di portare a conoscenza e alla luce del sole gli scandali, la vergognosa attività che viene, purtroppo, svolta in modo marcio all'interno dei palazzi. Noi cerchiamo di porre immediatamente dei correttivi: non diciamo solo ciò che non funziona e che non va, e che bisogna rimuovere, ma immediatamente, in modo alternativo, propositivo e costruttivo, diciamo cosa bisogna fare per eliminare il marcio, e mettere, invece, in piedi ciò di cui hanno bisogno gli italiani.
Pertanto, con riferimento al presente provvedimento - il decreto-legge n. 29 del 2012 -, concernente le commissioni bancarie e quindi l'attività delle banche, noi piuttosto che preoccuparci, come hanno fatto il Governo e la maggioranza che lo sostiene, di tutelare le banche, ci siamo preoccupati, come Italia dei Valori, di tutelare le famiglie e le piccole e medie imprese. Come? Con atti parlamentari. Dunque, ho presentato degli emendamenti in VI Commissione (finanze) con cui chiedevo una cosa molto semplice, una cosa molto fattibile, una cosa realizzabile subito. Cosa chiedevo? Chiedevo che quel tasso d'interesse che ho scoperto al Senato pari all'1,57 per cento, che viene applicato ai mutui erogati solo ad una determinata casta, venisse esteso anche all'esterno, per una forma di par condicio, se vogliamo chiamarla così, e di risarcimento a tutti quegli italiani che non hanno i privilegi della casta.
Ho detto: estendiamo anche alle famiglie, anche alle piccole e medie imprese il medesimo tasso, atteso che le banche italiane hanno avuto dalla BCE una consistente erogazione di liquidità; non dobbiamo dimenticare, infatti, che le BCE ha erogato ben 530 miliardi di euro alle banche europee e che, tra queste, quelle italiane hanno percepito la significativa somma di 139 miliardi di euro. Allora, come Italia dei Valori, abbiamo fatto il conto della massaia in modo molto semplice e ci siamo detti: ma se le banche italiane comprano i soldi ad un tasso dell'1 per cento, perché, quei soldi che comprano all'1 per cento, non li devono rendere all'1, 57 per cento o al massimo entro il 3 per cento, atteso - la matematica non è un'opinione - che, comunque, tra questi numeri c'è un esito commerciale positivo per le banche medesime? Infatti se compri a 1 e vendi a 1,57 o a 2, tu, comunque, hai un margine commerciale; signor sottosegretario, le banche comunque avrebbero guadagnato da questo tipo di operazione.
Ebbene, gli emendamenti che abbiamo presentato come Italia dei Valori, li avete bocciati, avete detto che non vanno bene, come avete detto che non va bene quando abbiamo proposto che questa enorme massa di liquidità, che le banche italiane hanno ricevuto dalla BCE, almeno nella misura del 50 per cento, fosse destinata Pag. 14alle imprese italiane. Tutti quanti si tirano i capelli quando vedono l'elenco dei suicidi che aumenta, il numero degli imprenditori che si suicidano e che si tolgono la vita, dei disperati che non riescono ad onorare la loro situazione economica e l'andamento della loro azienda e, poiché sono persone perbene, che si vergognano, addirittura si suicidano. Allora abbiamo proposto che una parte di questa enorme liquidità che le banche italiane hanno ricevuto dalla BCE, e parliamo, lo ripeto, di 139 miliardi di euro, una parte significativa, almeno il 50 per cento, venisse destinata al credito per le famiglie e per le piccole e medie imprese, se davvero si vogliono aiutare le famiglie italiane e le piccole e medie imprese.
Non è giusto, infatti, agevolare questi egoismi infiniti delle banche italiane che hanno preso questi soldi ad un tasso così speciale ed eccezionale per i propri interessi interni, per aumentare le proprie capitalizzazioni e per mettere a posto i propri conti. Insomma, è paradossale che i responsabili della crisi economico-finanziaria che abbiamo avuto, da Lehman Brothers in avanti, il sistema bancario e finanziario che ha sconvolto l'intero globo, i responsabili del disastro economico-finanziario, siano, invece, quelli che si avvantaggiano dell'attuale situazione e si mettono i soldi all'1 per cento in tasca, fregandosene delle famiglie, delle imprese, insomma, dell'economia reale del nostro Paese.
Signor Presidente, quando noi vi abbiamo detto che cosa fare, formalizzando degli emendamenti, voi ce li avete bocciati. In VI Commissione (finanze), quando la settimana scorsa c'è stato il voto su questi emendamenti che volevano estendere il credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese, Italia dei Valori li ha proposti, sostenuti e votati; ahimè, gli altri partiti che sostengono il Governo Monti hanno votato contro, non hanno fatto passare questi emendamenti. È fin troppo facile andare in televisione e dire che dobbiamo aiutare le famiglie, che dobbiamo aiutare le imprese, ma le imprese e le famiglie si aiutano con atti concreti, con atti parlamentari, con delle leggi! Questa è la sede, questo è il momento; ma voi nel momento cruciale venite meno; ecco perché siete falliti politicamente.
Perché nei momenti importanti i partiti che sostengono Monti non aiutano gli italiani, le famiglie e le imprese. La stessa cosa è avvenuta su un altro argomento sul quale abbiamo insistito. Infatti, con questo provvedimento si incide davvero sulle tasche degli italiani. Questi sono i provvedimenti che incidono davvero sulle tasche, sull'economia, sulle finanze degli italiani. Abbiamo detto un'altra cosa, e ormai se ne parla e si riparla in modo diffuso della crisi economico-finanziaria, delle difficoltà che hanno tutte le famiglie italiane, che davvero non riescono ad arrivare a fine mese.
Quindici giorni fa mi fermò un giovane universitario per strada, il quale mi rappresentò la sua situazione. Lui doveva discutere la tesi di laurea in medicina nello scorso mese di marzo e, per un disguido dell'università, gli hanno spostato la data della tesi di laurea da marzo a giugno. Per questa ragione questo povero studente è obbligato a pagare la tassa universitaria anche per l'anno successivo, perché se lui avesse discusso la tesi di laurea entro marzo sarebbe rientrato nella retta che aveva già pagato, invece, avendogli spostato la data della tesi, è obbligato a pagare un anno in più di retta universitaria. E lui mi ha detto: «guardi, ma lo sa che mio padre e mia madre non hanno questi 2 mila euro per pagarmi la tassa all'università, per farmi laureare?».
Allora un deputato, da questi vissuti che raccoglie stando tra i cittadini e nelle piazze, che cosa fa? Nella prima occasione utile ho pensato di trasformare, di tradurre questa esigenza di famiglie che non hanno la possibilità di muovere dal conto corrente bancario neanche mille o duemila euro, a differenza degli alti burocrati dello Stato, dei grandi boiardi di Stato, a cui volevate modificare le pensioni perché vi eravate preoccupati in quanto, piuttosto che prendere una pensione da un milione di euro l'anno, ne avrebbero presa una da trecentomila euro. Per quelli lì probabilmente, Pag. 15anzi certamente, mille o duemila euro non sarebbero stati affatto un problema, mentre per le famiglie normali - per le famiglie normali! - degli italiani, mille euro al mese rappresentano uno squilibrio forte. Non li hanno neanche se devono pagare la tassa per l'università di un figlio, per farlo laureare.
Quindi cosa abbiamo proposto? Con un emendamento abbiamo detto: guardate, quando ci sono degli sconfinamenti, diamo la possibilità alle famiglie di annullare la clausola per lo sconfinamento con cui vengono applicate le commissioni di massimo scoperto e diamo la possibilità, appunto alle famiglie, di poter pagare da sette a trenta giorni. Cioè, se una famiglia nell'immediato non ha quella disponibilità, diamogli la possibilità di prendere i soldi dalla banca, così poi, quando gli arriva lo stipendio del mese successivo, cioè nei trenta giorni successivi, essa riesce a rientrare sul conto corrente in banca e, quindi, per questo sconfinamento non gli vengano praticate le commissioni di massimo scoperto. Insomma, non si sgozzano i cittadini, non si svenano gli italiani. È questo ciò che abbiamo proposto con questo emendamento.
Questi sono quegli emendamenti semplici semplici, normali normali, che cercano, in un momento di grande difficoltà economico-finanziaria, di far fronte davvero e concretamente ai bisogni delle famiglie. Ebbene, anche su questo emendamento, che poi per di più prevedeva l'innalzamento da 500 a mille euro per le famiglie e per le imprese da mille a 10 mila euro per gli sconfinamenti entro i trenta giorni, ci avete detto di no. Ce li avete bocciati tutti.
Signor Presidente - e mi avvio alla conclusione -, ho sempre detto che mafioso non è chi spara e chi ammazza, ma che il vero mafioso è chi arma la mano di chi spara e di chi ammazza. Nel caso di specie, solitamente siamo abituati a conoscere le banche e i banchieri come dei veri vampiri, perché sappiamo che loro, in questo rapporto leonino che hanno con la clientela, sono sempre prevalenti, riescono sempre a sopraffare il cliente, sia esso impresa o famiglia. Ma, in questo caso i veri vampiri siete voi, signori del Governo. Voi siete un Governo di vampiri, voi siete un Governo vampiro davvero, perché siete voi che state permettendo una «roba» del genere! Le banche beneficeranno di questi provvedimenti di questo Governo di vampiri, perché è un Governo che consente alle banche di tirare il sangue dalle vene degli italiani in un momento in cui le difficoltà sono grandi e inenarrabili. Voi siete un Governo di vampiri e più vampiri sono quelli che vi sostengono e vi consentono di approvare questi atti con i quali voi state tirando il sangue dalle vene degli italiani, del ceto medio, dei pensionati, dei lavoratori dipendenti. Insomma, di quelli che non possono oggi permettersi, in un momento di crisi, una situazione del genere.
Dunque, piuttosto che guardare a questi, perché non andate a guardare le banche che non pagano l'IMU? La scorsa settimana ho presentato un'interrogazione in cui chiedevo perché non andate a mettere le mani nelle tasche delle banche o del FIP, il Fondo immobili pubblici, di questa SGR, Società di gestione risparmio che fa capo alla banca Finnat, che fa capo alle famiglie Vattino e Caltagirone, che hanno acquisito un patrimonio pubblico perché il FIP, che è l'acronimo di Fondo immobili pubblici, di pubblico non ha niente. Ha acquisito questo patrimonio pubblico dal 2004 e non ha pagato un euro di ICI dal 2004 a oggi, né pagherà un euro di IMU a giugno prossimo. Allora, voi che fate? Dissanguate gli italiani mentre aiutate i banchieri? Aiutate il FIP e le banche nazionali ed estere che stanno dietro questo fondo e che sono esonerate dall'IMU?
Questa è la ragione per cui probabilmente dopo la presentazione della mia interrogazione a risposta scritta, su Il Messaggero e su Il Mattino, la «corazzata» di Caltagirone, sono stati pubblicati determinati articoli. Ebbene, noi non ci fermiamo ma andiamo avanti, perché noi, dell'Italia dei Valori, sappiamo che dobbiamo continuare a difendere gli italiani che non hanno la possibilità, in questo Pag. 16momento, di andare avanti. Ma, soprattutto, dobbiamo difenderli da questo Governo di vampiri.
La settimana scorsa sono stato a Termini Imerese, con quei lavoratori che hanno occupato l'Agenzia delle entrate. Ero insieme a loro e ho trascorso una nottata con loro. Hanno chiesto che intervenissi per loro e io gli ho detto che oggi qui in Parlamento si sarebbe iniziato l'iter per l'approvazione di questi due provvedimenti, il primo relativo alle commissioni bancarie, perché il Governo si preoccupa che le banche guadagnano poco. Poi domani, invece, vi sarà il provvedimento relativo al rimborso pubblico ai partiti, quest'altra vergogna di dare ancora soldi ai partiti. Non hanno già rubato abbastanza i partiti?
Ebbene, quando ho detto che il Governo e il Parlamento sono impegnati a dare più soldi alle banche e a dare ancora soldi ai partiti, è scoppiato un boato, a Termini Imerese la settimana scorsa. La stessa cosa è avvenuta ieri sera, quando ero nel napoletano, al Palio del Casale, una festa che si svolgeva in provincia di Napoli, e nel mio comune ho detto le stesse cose: vado domani in Parlamento e che cosa trovo? Che vogliono dare soldi alle banche e ai partiti! Ebbene, gli italiani sono scoppiati, la gente è esplosa in un boato.
Dunque, sappiate che se continuate a fare in questo modo, la gente non verrà a prendervi con i forconi, ma farà di peggio, perché siete voi che state esasperando il Paese, siete voi che state esasperando le tensioni sociali, siete voi, Governo di vampiri e maggioranza di vampiri che sostiene questo Governo, che state massacrando questo Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, l'intervento puntuale ed incisivo del relatore Strizzolo mi porterà soltanto ad esporre alcune sottolineature su un provvedimento che stabilisce innanzitutto che la nullità delle clausole che prevedono remunerazioni per le banche per la concessione di linee di credito, nonché in caso di sconfinamenti, si applica esclusivamente alle previsioni contrattuali che sono state stipulate in violazione delle disposizioni emanate dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.
Inoltre, questo provvedimento ha l'obiettivo di incidere positivamente sul rapporto tra i cittadini e le banche, un rapporto che è giusto definire di profonda sofferenza, con misure che hanno l'obiettivo di attutire l'impatto delle commissioni bancarie nella vita dei soggetti economici e delle famiglie. Inoltre, queste norme affidano al Comitato per il credito ed il risparmio il compito di emanare atti di indirizzo, attribuiscono un ruolo importante all'Osservatorio sull'erogazione del credito e introducono - una novità significativa - il rating di qualità per le imprese.
Una misura positiva che l'altro ramo del Parlamento ha inoltre introdotto è quella che riguarda gli sconfinamenti di importo pari o inferiore ai 500 euro in assenza di affidamento, ovvero oltre il limite del fido. Essi non saranno soggetti a commissione, a condizione che abbiano una durata di non più di sette giorni consecutivi per ciascun trimestre bancario. Si tratta di una misura - dobbiamo dirlo - che tutela le famiglie consumatrici che sono titolari di conto corrente, per le quali lo sconfinamento o l'utilizzo oltre il limite del fido non è pratica abituale, ma un autentico stato di necessità, che pertanto non può - e non deve - essere causa di pregiudizio.
Altra novità è l'istituzione senza oneri per la finanza pubblica dell'Osservatorio sull'erogazione del credito e sulle condizioni applicate da parte delle banche alla clientela, che avrà il compito di esaminare tassi, commissioni ed altre condizioni accessorie. La composizione dell'Osservatorio - oltre ai rappresentanti dei Ministri competenti e della Banca d'Italia ed alla possibilità per le associazioni dei consumatori, dell'ABI, delle associazioni delle imprese e delle società finanziarie regionali di partecipare alle riunioni - è sulla Pag. 17carta una garanzia importante per il cittadino consumatore oppure per l'imprenditore.
Ci sono, inoltre, altre misure che credo sia utile sottolineare: si è stabilito che potranno ricorrere all'Osservatorio non solo le piccole e medie imprese, ma anche i consumatori, le famiglie e le imprese femminili. Un punto su cui vale poi la pena di spendere qualche parola, a proposito dell'Osservatorio, è quello che riguarda la possibilità per le stesse famiglie e le imprese, in caso di mancata concessione di credito da parte di una banca, di poter presentare un'istanza al prefetto, il quale - dopo aver chiesto all'istituto di credito stesso una motivazione su questa denegazione - potrà girare la pratica all'arbitro bancario, che dovrà - non oltre 30 giorni - pronunciarsi su questa segnalazione. L'auspicio, insomma, è che grazie a questa misura i prefetti possano svolgere sul territorio un ruolo maggiormente attivo sul fronte dell'accesso al credito, che da tempo è la principale preoccupazione di imprese e famiglie ed il cui sblocco è una delle condizioni fondamentali per avviare quelle ineludibili politiche di crescita.
Dopo la fase iniziale, importante ed intensa di lavoro del Governo, che ha ridato peraltro grande credibilità al Paese e che ha impostato una solida politica di contenimento della spesa pubblica, occorre andare avanti in questa direzione, ma occorre farlo anche assecondando una domanda importantissima, quella della quale il Presidente del Consiglio sta parlando in queste ore in sede europea, quella cioè di favorire politiche di rilancio, di crescita e politiche che aiutino, da un lato, la parte più debole e più sofferente del Paese a respirare e a ritrovare un po' di serenità e, dall'altro, al tempo stesso, aiutare una parte dinamica, quella del lavoro e dell'impresa a partecipare da protagonista a politiche di ripresa e di crescita.
Un'altra significativa novità del provvedimento è rappresentata dal rating di legalità alle imprese che sarà attribuito su richiesta da parte delle aziende che hanno un fatturato di almeno due milioni di euro sulla base di criteri e modalità stabilite con regolamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che sarà emanato entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. In questo modo si cerca di rendere più efficace l'azione dell'Autorità concentrandone l'intervento nei confronti delle imprese di maggiori dimensioni la cui attività è suscettibile di avere un impatto più significativo sulle dinamiche economiche e sul funzionamento del mercato. Infine, qualora le banche ritengano di non tener conto del rating in sede di concessione di finanziamenti, dovranno dettagliatamente motivare le ragioni di tale scelta alla Banca d'Italia che è l'organismo deputato alla loro vigilanza; si contribuirà in questo modo a creare un quadro di maggior certezza per tutti i soggetti interessati.
Concludendo, io credo che l'obiettivo sia legato alla necessità di continuare a riflettere sul rapporto fra banche, imprese e cittadini; un rapporto che necessita con urgenza di maggiore trasparenza, stabilità e chiarezza regolamentare. Le banche oggi indubitabilmente, anche per loro responsabilità, stanno vivendo una seria difficoltà ma sono elementi indispensabili del sistema e la loro efficienza, necessaria per la competitività, deve essere perseguita come interesse generale del Paese. Tuttavia non si può omettere di rilevare come attualmente vi sia un rapporto di mercato eccessivamente sbilanciato a favore di queste ultime, ciò richiede quindi una concreta verifica dello stato della concorrenza fra gli operatori e del grado di trasparenza nell'offerta dei servizi bancari e finanziari e delle migliori soluzioni adottate dai Paesi dell'Unione europea al fine di calibrare in modo efficace ulteriori altri interventi. Occorre in definitiva rivedere il rapporto tra banche, mercato e imprese; è fondamentale questo se si vuole affrontare con decisione la gravità di una crisi che davvero è di portata storica e sulla quale invito un po' tutti ad avere un po' più di responsabilità e di fare meno populismo e meno propaganda per dare al Paese il senso che si lavora sul serio. Pag. 18
Questo provvedimento dunque è un primo passo per cercare di riequilibrare questo rapporto, passo al quale ci auguriamo ne possano seguire altri. Le restrizione del credito messo a disposizione di imprese e famiglie e il parallelo incremento della sua onerosità sono tra i motivi alla base di questo profondo malessere che indubitabilmente attraversa la società e di cui il Presidente Monti ha fatto cenno proprio ieri nel suo discorso ad Arezzo. È un tema sul quale il nostro gruppo fin dalla nascita di questo Governo ha posto l'accento, approvando in pieno lo stare insieme di quelle tre parole del discorso di insediamento del Presidente del Consiglio: rigore, equità e crescita.
Quindi in questo quadro accesso al credito, reale concorrenza fra gli operatori e grado di trasparenza dell'offerta dei servizi bancari e finanziari devono e dovranno essere al centro di ulteriori interventi. Il ruolo del sistema bancario, il ruolo che deve svolgere il sistema bancario in definitiva è quello di superare una restrizione che si aggiunga alle altre cause della recessione economica a danno soprattutto delle piccole e medie imprese. È necessario quindi preservare l'attività commerciale salvaguardandola dagli effetti della crisi finanziaria ed è ugualmente essenziale un'evoluzione tecnologica e concorrenziale che permetta all'industria bancaria di risparmiare sui costi dei servizi trasferendo questi risparmi alla clientela.
L'obiettivo da consolidare è quello di un sistema bancario solido e competitivo perché efficiente e aperto, trasparente e al servizio della crescita e dello sviluppo e non della rendita: questo io credo sia un obiettivo che rappresenta l'interesse generale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, le confesso che sarà per il clima che si sta respirando in giro per l'Europa - soprattutto l'aria che arriva dalla Grecia - che sentendo alcune cose che sono state dette un quarto d'ora fa in quest'Aula rinuncerei all'intervento.
Essendo stato definito, insieme ad altri colleghi, vampiro, evidentemente mi interrogo se abbia senso oppure no continuare ciò che sto facendo in quest'Aula, se valga ancora in questo Paese ragionare sulle cose vere, su quello che occorre davvero fare per tentare di evitare la catastrofe, se sia ancora utile e abbia ancora un senso o se invece non sia molto più facile e produttivo, in semplici termini di consenso, cavalcare l'onda, anche se poi constato che l'onda la cavalcano meglio quelli che stanno fuori dai palazzi e soprattutto dalle trasmissioni televisive.
Non si può contemporaneamente stare nel palazzo e godere dei benefici del medesimo, compresa anche la presenza sui media, e nello stesso tempo concorrere con chi invece questo mestiere fuori dal palazzo lo fa meglio. Signor Presidente, si chiederà perché sono partito di qui. Proprio perché, non ritenendomi vampiro, pur venendo da quel mondo professionale che si chiama sistema credito, credo che mai come in questo momento proprio quel mondo abbisogni di non essere definito come un mondo fatto di demoni, se è vero come è vero che oggi il nostro Paese non sta affrontando un problema di credit crunch, come viene definito, ma invece di debit crunch. Cosa intendo dire con questo?
È vero che le banche faticano a concedere credito, ma è altresì vero che le banche oggi hanno difficoltà enorme a reperire credito. Le risorse non si trovano più se è vero come è vero che il mercato interbancario è di nuovo fermo. Allora bene ha fatto la Banca centrale europea a fare quello che ha fatto. Al collega Barbato, che ha citato delle cifre per difetto, se mi ascolta ricordo le cifre esatte: 1.020 miliardi sono i crediti concessi dalla BCE al sistema bancario europeo, di cui un quarto alle banche italiane. Ma perché allora proprio le banche italiane hanno dovuto ricorrere così massicciamente alle risorse finanziarie messe a disposizione dalla Banca centrale europea? Per una serie di ragioni, non certamente quelle Pag. 19medesime che venivano citate sempre nell'intervento di chi mi ha preceduto, citando la Goldman Sachs e altre banche d'affari definite sanguisughe, che da vampiri avrebbero succhiato il sangue dei cittadini.
Poi per carità ci possono anche essere state delle operazioni poco credibili, ma se è vero che nel nostro Paese il sistema bancario non ha sofferto come hanno sofferto nel mondo anglosassone e non solo quelle che invece operazioni sui derivati - chi vi parla era parte di quel sistema - non ne hanno fatte se non in misura molto piccola, la domanda allora è: perché il sistema bancario italiano si è trovato in queste condizioni? La risposta è una sola, cioè il sistema bancario italiano, a fronte di un blocco - lo abbiamo detto prima - dell'interbancario, cioè del recupero, di denaro fresco da immettere sul mercato non ne trovava più e allora vi ha dovuto fare fronte diversamente. Come? Credo che sia molto semplice spiegare quanto è accaduto.
Se è vero che solo quattro istituti bancari italiani sono dovuti ricorrere allo strumento messo a disposizione dal Governo precedente con l'emissione dei Tremonti-bond - peraltro, di queste quattro banche, tre hanno già azzerato le loro posizioni -, questo sta a significare che, in quel momento, il sistema bancario italiano non stava soffrendo le pene dell'inferno. Allora, perché è accaduto dopo?
Le ragioni sono due. La prima concerne i criteri fissati da Basilea 3 e, soprattutto, le regole imposte dall'EBA, ossia da quella istituzione che detta regole precise sulla capitalizzazione e sulla patrimonializzazione delle banche. La domanda però è: perché quelle regole sono state applicate in modo così rigido e pesante per il sistema bancario italiano e non per quello francese o tedesco? Ci siamo chiesti perché? Abbiamo trovato una risposta a questa domanda? Ve ne è una sola: perché chi, in quel momento, doveva vigilare e stare negli organismi internazionali dove si decidevano quelle regole, faceva altro. Questo, signori della Lega Nord che non siete presenti in Aula, ve lo dico apertamente. Quei signori che dovevano essere lì dove venivano adottate queste decisioni erano i componenti del Governo di cui voi della Lega Nord facevate parte. Quindi, non venite poi in quest'Aula o sui media a decantare la vostra verginità, perché non siete più vergini neanche voi dopo tre anni e mezzo, quasi quattro, di disastri e nella situazione in cui ci siamo trovati nel mese di novembre dello scorso anno!
Allora, credo che, a fronte di una situazione difficile di reperimento di credito da parte del sistema bancario, per concedere credito occorre anche domandarsi dove, alternativamente, possano essere trovate queste risorse.
Una prima soluzione non può che essere l'autofinanziamento. Le banche si sono ricapitalizzate. Se pensiamo che la più grande banca italiana, Unicredit, ha dovuto aumentare il proprio capitale di 7,5 miliardi di euro, per lo più attraverso il finanziamento dei soci, o l'ingresso di nuovi soci, o con i proventi che derivano dai servizi concessi - fatture, servizi e commissioni date sul credito - allora, probabilmente, una prima parziale risposta ce l'abbiamo.
L'altra soluzione è quella fornita dalla BCE. È vero, il sistema bancario italiano ha ottenuto 250 miliardi di euro dalla Banca centrale europea, per farne cosa? Per fare tre cose.
La prima riguarda la ricapitalizzazione del sistema per le ragioni che ho appena esposto.
La seconda riguarda la necessità di fare fronte, nel momento più acuto della crisi che si è verificato nei mesi di novembre, dicembre e gennaio scorsi, alla ondata di speculazione dei mercati sui titoli sovrani italiani, quando lo spread aveva superato i 500 punti base proprio perché la credibilità del Paese, in quel momento, si era praticamente azzerata, e che ha portato al cambio dell'Esecutivo.
Bene, oggi il sistema è pronto a ripartire. Mi domando se, però, gli interventi fatti così, quasi a scatola chiusa - come è avvenuto nel Senato della Repubblica con il provvedimento che oggi correggiamo - siano utili. Spero che l'approvazione, mi Pag. 20auguro in via definitiva, del decreto-legge in esame possa servire alla causa. Bisogna stare molto più attenti rispetto ai provvedimenti che adottiamo. Il clima di «caccia agli untori» può essere utile a recuperare qualche consenso in più, ma non serve sicuramente alla causa della tenuta di questo Paese.
Bene ha fatto il collega Fluvi - che ne fu primo firmatario - nel giorno stesso dell'approvazione da parte del Senato della Repubblica di quell'emendamento, che metteva in forte difficoltà il sistema - tant'è che addirittura il vertice dell'ABI rassegnava le proprie dimissioni - a presentare, con uno strumento che aveva a disposizione, e cioè con un ordine del giorno, alcune linee fondamentali sulle quali poi il Governo si è mosso con questo decreto, come ci ricordava il relatore del provvedimento stesso, il collega Strizzolo. Ecco, allora, dove andiamo a limitare l'uso delle commissioni: laddove non vengono rispettate le regole dettate dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio.
Così pure ben venga l'intervento sul non costo aggiuntivo per le famiglie, laddove vi fosse uno sconfinamento contenuto, cioè nella misura di 500 euro. Per carità! Abbiamo sentito e, poco fa, abbiamo presentato degli emendamenti con i quali proponiamo che lo sconfinamento per il quale non scattano le commissione venga portato da 500 euro a 1000. Vogliamo fare una gara a chi la spara più grossa? Ebbene, signor sottosegretario, le avanzo una proposta. So che non posso tradurla in un emendamento in questo momento, perché sono stati già depositati, ma perché rimanga agli atti. Io potrei proporre tranquillamente che questo emendamento preveda che le commissioni non si paghino qualora vi sia uno sconfinamento da parte delle famiglie di 10 mila euro. Se è una gara al rialzo, giochiamo tutti. «Giochiamo». Ma io non sono qui per giocare, ma per tentare di salvare il salvabile di questo Paese, che si chiama sistema imprenditoriale, si chiama sistema famiglia, ma si chiama anche sistema finanziario, piaccia o no.
Così pure sarebbe molto facile poter dire: non si pagano le commissioni per le imprese che sconfinano oltre i 50 mila euro. Di nuovo! Che facciamo? Giochiamo? O vogliamo vedere definitivamente il nostro sistema Paese, nelle tre componenti che ho appena definito, precipitare nel baratro? Vogliamo fare come sta avvenendo nella vicina Grecia, della quale situazione non ci interroghiamo a sufficienza e soprattutto non vogliamo sforzarci di dare delle risposte vere e serie?
Ne cito una soltanto. Ricorderanno i pochi colleghi presenti in Aula che il sottoscritto fu il primo a presentare un progetto di legge, definito pareggio di bilancio, che riguardava l'equilibrio di bilancio, la riforma dell'articolo 81 - e non solo della Carta costituzionale - che oggi è legge e riforma definitiva. Purtroppo, tardivamente, quel Governo che c'era prima è arrivato nel mese di settembre, quando i buoi erano scappati dalla stalla. Questo è il primo punto.
Secondo punto. Qualcuno mi dovrebbe spiegare oggi la questione della golden rule cioè l'estrapolazione degli investimenti per le infrastrutture e, quando parlo di investimenti per infrastrutture, mi riferisco a quelle materiali ed immateriali ed anche a quelle sociali. Essa doveva rientrare nella riforma della Costituzione. Bene ha fatto il Presidente del Consiglio Monti, non più tardi di due giorni fa, a dire ed a chiedere, a livello europeo, che la golden rule venga considerata fuori dal pareggio di bilancio.
Allora, forse, sarebbe più opportuno agire diversamente - e concludo - rispetto ai proclami che vengono fatti e che è facile fare. Se mi ci metto anch'io in piazza o davanti ad una fabbrica di lavoratori esasperati, riesco anch'io a strappare un applauso. E chi non vi riesce? Ma a che cosa serve oggi questo? Serve molto di più dare delle risposte. Forse questa è l'unica ragione, signor Presidente, per la quale sono ancora qui: dare il mio piccolissimo - forse nullo - contributo, affinché i problemi di questo Paese vengano risolti e non per giocare a chi la spara più grande.

Pag. 21

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ventucci. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. Signor Presidente, voglio ricordare che già con l'articolo 2-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, è stata prevista la nullità, a determinate condizioni, di alcune clausole bancarie particolarmente onerose per il cliente, tra cui la clausola di massimo scoperto. Tale clausola era nulla ove il saldo del cliente risultasse a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzo in assenza di fido. Alcuni limiti della disciplina del decreto-legge n. 185 del 2008 hanno impedito, tuttavia, il pieno conseguimento delle finalità da esso perseguite. Le principali criticità si concretizzavano sugli sconfinamenti oltre il fido o in assenza di fido, pur avendo con legge vietato la commissione di massimo scoperto.
Con il presente provvedimento si dispone la nullità delle clausole che prevedono commissioni alle banche per la concessione di linee di credito anche in caso di sconfinamenti che non siano uniformi alle regole adottate dal Comitato interministeriale del credito e del risparmio, regole che debbono essere adottate dal Comitato per rendere i costi trasparenti e immediatamente confrontabili, secondo un emendamento approvato dal Senato. Purtroppo tale provvedimento si inquadra in quelle soluzioni non integrali del sistema bancario nazionale ma vengono calate quale toppa su un tessuto ormai liso che ha bisogno di una energica riflessione e che deve essere commisurata a quanto l'Unione europea pone in essere nel comparto, finora vessato dalla rigidità dei conti pubblici che stringe d'assedio la roccaforte bancaria e non solo quella italiana. L'affidabilità delle banche va di pari passo con quella del cliente e con l'osservanza delle regole la cui vigilanza è determinata dalla Banca d'Italia, ma ciò è quanto si desume dai manuali tecnico-giuridici e non certo dal pragmatismo del quotidiano. Quando si entra nei grandi magazzini e si notano le casse senza contabili e quelle poco aperte senza clienti, si concretizzano le notizie che ci arrivano dalle agenzie di stampa, che oggi ci avvertono che il costo della benzina è aumentato del 20 per cento nell'ultimo anno e che l'inflazione è al 3,3 per cento mentre lo spread continua a salire. Riteniamo che la famosa economia sociale di mercato sia diventata uno slogan che nulla dice se l'iniziativa politica non mette mano a voltare pagina su una concezione antiquata dell'economia che oggi privilegia quella finanziaria a scapito delle esigenze di una popolazione mondiale che supera i 7 miliardi di persone.
Il presente provvedimento è stato voluto dal Parlamento anche con un atto di indirizzo firmato da tutti i gruppi parlamentari ed è la prova che questo Parlamento, al di là delle sterili contrapposizioni basate sulle volgarità del gossip nostrano, può essere in grado di emanare regole a favore di chi ha intenzione di avvalersi del sistema bancario non solo per le necessità personali ma soprattutto per essere invogliato a credere nel domani, investendo oltre che con le capacità personali anche con quel sostegno del credito da parte del sistema.
Voteremo comunque il presente provvedimento con la fiducia in questo Paese, che è in grado di poter superare l'attuale lunga contingenza negativa.

PRESIDENTE. Bene, onorevole Ventucci, ha tenuto fede alla parola data e cioè alla sintesi che le era richiesta.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Strizzolo. Prendo atto che vi rinunzia.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinunzia.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Iannaccone ed altri; Razzi ed altri; Donadi ed altri; Pionati; Palagiano ed altri; Cambursano ed altri; Briguglio; Baccini; Angelino Alfano ed altri; Giachetti ed altri; Graziano ed altri; Moffa ed altri; Antonione ed altri; Casini ed altri; Rubinato ed altri; Dozzo ed altri; Bersani ed altri: Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali (A.C. 4826-4953-4954-4985-5032-5063-5098-5114-5123-5127-5134-5136-5138-5142-5144-5147-5176-A) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Iannaccone ed altri; Razzi ed altri; Donadi ed altri; Pionati; Palagiano ed altri; Cambursano ed altri; Briguglio; Baccini; Angelino Alfano ed altri; Giachetti ed altri; Graziano ed altri; Moffa ed altri; Antonione ed altri; Casini ed altri; Rubinato ed altri; Dozzo ed altri; Bersani ed altri: Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 10 maggio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4826-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, Lega Nord Padania e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Bressa, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento all'esame dell'Aula è un provvedimento sicuramente estremamente complesso la cui portata sul piano delle implicazioni costituzionali e del valore rispetto alla democrazia di questo Paese è del tutto evidente. La ricostruzione che io posso fare (e sarà fatta abbastanza rapidamente) parte dall'atto che ha in qualche modo innescato la discussione che ci ha portato oggi in Aula per approvare questa proposta di legge. È nata da un'iniziativa dei tre segretari dei partiti che sorreggono l'attuale Governo (Alfano, Bersani e Casini) avendo una caratteristica molto netta, e cioè, stante la situazione politica che si era in qualche modo venuta a creare, la volontà era quella di procedere immediatamente ad una normativa che introducesse strumenti di controllo che potessero evitare un uso non appropriato delle finanze pubbliche da parte dei partiti. E così è stato, si è tentato di procedere in legislativa per l'approvazione di questa proposta di legge relativa ai controlli, ma - come noi tutti sappiamo - la legislativa non è stata concessa e durante i lavori della Commissione si è pensato che accanto alla questione relativa ai controlli fosse importante, necessario e urgente affrontare anche il tema del finanziamento pubblico dei partiti.
Dal punto di vista costituzionale la questione del finanziamento pubblico dei partiti politici deve essere inquadrata considerando, da un lato, il favore generale della Costituzione per il pluralismo e per le formazioni sociali in cui si svolge la personalità individuale, l'articolo 2 della Pag. 23Costituzione, che viene ormai ritenuta a titolo legittimante della legislazione di promozione delle associazioni, e, dall'altro, tenendo conto dell'intelaiatura dell'articolo 49 della Costituzione.
Quest'ultimo individua i partiti come prodotto dell'esercizio del diritto dei cittadini di associarsi, dunque come un prolungamento della libertà di associazione mediante la quale, e solo mediante essa, i cittadini possono concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Di qui la natura complessa del partito politico, radicato nella società e proiettato nello Stato, canale tra società e Stato, associazione di cittadini che svolge una funzione costituzionale essenziale: canalizzare la partecipazione politica, concorrere nel momento decisivo del voto, orientare l'azione delle istituzioni rappresentative mediante i gruppi parlamentari come previsto dagli articoli 72 e 82 della Costituzione. Il finanziamento pubblico si pone a garanzia del diritto dei cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale e di farlo sottraendo i partiti all'influenza di interessi economici organizzati e dalla loro possibilità materiale di condizionare la determinazione della politica nazionale. Questo è un argomento a favore del finanziamento pubblico sostenuto anche in altri ordinamenti, ma esso nell'ordinamento italiano è irrobustito dalla finalità espressamente riconosciuta ai partiti politici.
Se tutto ciò giustifica senza dubbio dal punto di vista costituzionale il finanziamento pubblico, ci si deve chiedere se non derivi un obbligo costituzionale di finanziamento pubblico.
Questa linea argomentativa può trovare la sua base nella specificità dei partiti rispetto alle altre associazioni. Ciò, peraltro, impone una specifica regolamentazione dei partiti stessi mediante una legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione che ne preservi l'indefettibile natura di soggetti associativi a base privata, ma li sottoponga a regole specifiche, in particolare per l'uso del denaro pubblico. Ed è esattamente quello che, con questa proposta di legge, io e il collega Calderisi sottoponiamo al voto dell'Aula. Se questa linea argomentativa potesse essere seguita, si rivelerebbe problematica anche l'ammissibilità di un referendum abrogativo se ed in quanto volto ad eliminare, non una forma di finanziamento pubblico, ma il finanziamento pubblico in sé. E questo è un tema di particolare attualità e rilevanza perché l'ipotesi di cancellare il finanziamento pubblico non è solo nella potestà di un referendum, ma è anche nella potestà di una legge e, quindi, è opportuno e quanto mai significativo valutare l'efficacia che un'ipotesi di questo tipo potrebbe avere. È vero, infatti, che la Corte costituzionale ha ammesso in passato, nel 1978, nel 1993 e nel 2000, quesiti referendari volti ad abrogare meccanismi di finanziamento pubblico, ma oggi si potrebbe sostenere che una legge in materia sia modificabile, quindi assoggettabile a referendum abrogativo parziale, ma non eliminabile in toto. Si vedano le decisioni della Corte costituzionale sull'abrogazione totale e parziale della legge n. 40 del 2004, quella sulla procreazione assistita. In particolare, la sentenza n. 45 del 2005, che richiama, a sua volta, la sentenza n. 35 del 1997, la quale chiarisce che non possono essere oggetto di richieste referendarie innanzitutto le leggi ordinarie che contengono l'unica e necessaria disciplina attuativa conforme alla norma costituzionale, di modo che la loro abrogazione si tradurrebbe in lesione di quest'ultima; in secondo luogo, le leggi ordinarie, le cui eliminazioni ad opera del referendum priverebbero totalmente di efficacia un principio o un organo costituzionale, la cui esistenza è, invece, voluta e garantita dalla Costituzione. Si può confrontare a questo riguardo anche la sentenza n. 25 del 1981. Ma in particolare è la sentenza n. 49 del 2000 che ha affermato che le leggi costituzionalmente necessarie, in quanto dirette a rendere effettivo un diritto fondamentale della persona, una volta venute ad esistenza possono essere dal legislatore modificate o sostituite con altra disciplina, ma non possono essere puramente e semplicemente abrogate così da eliminare la tutela precedentemente concessa, pena la Pag. 24violazione diretta di quel medesimo precetto costituzionale della cui attuazione costituiscono strumento. Come vedete, il tema è estremamente delicato e costituzionalmente molto impegnativo. Se lei permette, signor Presidente, io e il mio collega Calderisi ci saremmo divisi gli argomenti da trattare in modo tale da non svolgere due relazioni che si sovrappongono l'una con l'altra. Per cui adesso lascerei la parola al collega Calderisi che affronta il tema...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, non ho capito, dopo lei intende riprendere la parola?

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Io devo poi illustrare la parte relativa...

PRESIDENTE. Non è possibile poi riprendere la parola, sarebbe un precedente che non c'è mai stato. Lei affronterà adesso, quindi, come ha appena sottolineato, anche se non andiamo in ordine di articoli, la seconda parte.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Sì, quella relativa ai controlli, mentre la parte relativa al finanziamento la svolgerà il collega Calderisi.

PRESIDENTE. Sì, quella relativa ai controlli, poi l'onorevole Calderisi affronterà la parte relativa al finanziamento.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Come lei crede sia più opportuno.

PRESIDENTE. Prego, facciamo così, vada avanti.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Allora, relativamente ai controlli c'è da dire che è stato un tema questo ampiamente discusso, che ha creato anche un dibattito pubblico piuttosto interessante. Voi sapete che gli organismi di controllo in Europa non sono uniformi nel senso che, mentre è previsto in quasi tutte le democrazie europee un finanziamento pubblico dei partiti con modalità che possono in qualche modo assomigliarsi, per quanto riguarda gli organismi di controllo c'è una varietà di tipologie che non ci consentono di fare riferimento ad un modello prevalente. Faccio brevissimamente degli esempi per comprenderci meglio: in Spagna è la Corte dei conti che effettua il controllo, nel Regno Unito c'è l'Electoral Commission che è nominata dal Parlamento, quindi un organismo del Parlamento, in Germania è il Presidente del Bundestag, mentre in Francia c'è la Commissione nazionale dei conti di campagna e di finanziamenti politici che è composta dal presidente della Corte di cassazione, dal presidente del Consiglio di Stato e dal presidente della Corte dei conti. Noi non abbiamo fatto riferimento esplicito in maniera diretta a nessuna di queste, però in qualche modo ci siamo ispirati al modello francese.
Abbiamo previsto una commissione di controllo composta da cinque magistrati con il livello di Cassazione che vengono nominati uno dal presidente della Corte di cassazione, uno dal presidente del Consiglio di Stato e tre dal presidente della Corte dei conti, di cui due devono essere iscritti al registro dei revisori contabili. Tale commissione viene nominata dai presidenti e quindi la terzietà rispetto alle attività parlamentari e alle attività della politica è garantita e credo abbia un significato che è opportuno sottolineare, perché rappresenta - penso - un elemento di garanzia straordinariamente importante.
La polemica che c'è stata relativamente alla commissione di controllo ha riguardato soprattutto il fatto che non fosse la Corte dei conti a occuparsi di questi controlli, così come avviene per il controllo delle spese relative ai rimborsi elettorali. Vorrei richiamare all'attenzione dell'Aula la legge n. 515 del 1993 e, in particolare, l'articolo 12, che istituisce la sezione specializzata della Corte dei conti. Al comma 2 dell'articolo 12 si dice: «per l'effettuazione dei controlli sui consuntivi, ferma restando l'attuale dotazione organica, è istituito presso la Corte dei conti un apposito collegio composto da tre magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in Pag. 25servizio, coadiuvati da nove addetti alla revisione e dal personale ausiliario necessario». Qualcuno deve spiegarmi che differenza c'è rispetto alla nostra ipotesi. In questa nostra ipotesi tre sono i consiglieri della Corte dei conti che la compongono e vengono affiancati da un consigliere della Corte di cassazione e da un consigliere del Consiglio di Stato. Quindi, vanno ad aumentare il livello di garanzia e questo spiega anche perché il sistema di finanziamento dei partiti è stato radicalmente cambiato, come illustrerà in seguito il collega Calderisi. Infatti non si tratterà più soltanto di rimborsi elettorali, ma ci sarà anche l'ipotesi del cofinanziamento e cioè della possibilità, a questo punto estremamente significativa, del contributo di privati al finanziamento e alla gestione della vita dei partiti.
A questo punto abbiamo una commissione che per tre quinti è identica alla commissione della Corte dei conti e che ha in più due specificità e due professionalità aggiuntive. L'unica cosa che cambia è che quella commissione si avvale della struttura della Corte dei conti e questa si avvale della struttura della Camera. Ma credo che sia assolutamente privo di ogni fondamento di significato portare la polemica sul fatto che gli uffici della Camera, della tesoreria, e del servizio bilancio, che in maniera esemplare svolgono questo lavoro da sempre, possono essere considerati meno affidabili della struttura di servizio della Corte dei conti. Pertanto, a ben vedere, la polemica che è stata innescata su questo specifico argomento è completamente destituita di ogni fondamento. C'è da dire poi che l'avere identificato questa commissione con la specifica composizione di cinque magistrati, comprendendo anche i magistrati non soltanto contabili, ma anche magistrati ordinari e magistrati amministrativi, ha consentito di provvedere a stabilire, a introdurre un convincente sistema di tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti con i quali la commissione di controllo attribuisce i contributi pubblici o irroga le sanzioni previste all'articolo 6. Da questo punto di vista è sembrato che la strada migliore per assicurare piena tutela giurisdizionale ai partiti fosse quella di fare rinvio alla disciplina in materia di sanzioni amministrative di cui al capo primo, sezione prima e seconda, della legge 24 novembre 1981 n. 689. Per cui nel momento in cui il ricorso avverso i provvedimenti della commissione è al giudice ordinario, è apparso naturale prevedere anche la partecipazione alla commissione di giudici ordinari e, stante la particolarità della configurazione dei partiti, avere anche un giudice della suprema corte amministrativa è sembrato essere quanto mai significativo. Ho esaurito il mio tempo?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Faccio un'ultima, brevissima, elencazione. Accanto alla composizione della commissione ci sono una serie di norme molto importanti che riguardano le sanzioni che la commissione stessa è in grado di irrogare che possono partire dalla cancellazione totale del contributo sino a sanzioni pari a tre volte le irregolarità riscontrate. C'è l'obbligo della pubblicazione da parte dei partiti presso i siti Internet e da parte della Camera presso il proprio sito Internet, dopo che la commissione ha esaurito i propri lavori, per dare pubblicità a tutta la documentazione esibita e presentata.
Sono state fatte misure per ampliare la trasparenza dei finanziamenti privati alla politica, prevedendo questo: fino ad oggi poteva essere garantito l'anonimato fino a 50 mila euro di versamento, mentre adesso si passa a 5 mila. All'articolo 8 sono stati introdotti dei limiti di spesa, controlli e sanzioni concernenti l'elezione dei membri italiani del Parlamento europeo: è stato fatto e previsto un obbligo di dichiarazione patrimoniale anche per i parlamentari europei ed è stato previsto un tetto anche per i candidati alle elezioni europee.
Ultimo articolo (delega al Governo, l'articolo 9): è prevista una delega meramente compilativa per fare un testo unico che porti a riordinare una materia terribilmente complessa come io ed il collega Calderisi abbiamo avuto modo di riscontrare, Pag. 26nel tentativo di cambiare un sistema senza stravolgere quelli che sono i pilastri della normativa attualmente vigente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame modifica la disciplina dei contributi pubblici introducendo un sistema misto, ispirato al modello tedesco, basato anche sulla contribuzione privata dei cittadini. Con l'articolo 1 si dispone innanzitutto la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico dello Stato, non solo per il nuovo sistema che si applica a decorrere dal prossimo rinnovo delle Camere, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, ma anche per quanto riguarda il vecchio sistema e quindi anche la rata dei rimborsi relativa all'anno in corso.
Per il nuovo sistema, il comma 1 stabilisce un tetto pari a 91 milioni di euro annui, cioè una somma corrispondente alla metà dello stanziamento del fondo relativo alle spese elettorali per il 2012. Non solo: si stabilisce che questo tetto di spesa è corrisposto per il 70 per cento (63,7 milioni) a titolo di rimborso delle spese elettorali e di contributo per l'attività politica. Per il restante 30 per cento (27,3 milioni di euro) è erogato a titolo di cofinanziamento. Sono dunque apportate alcune innovazioni di rilievo alla disciplina vigente: viene posto un tetto predefinito ai contributi, mentre attualmente l'ammontare dei fondi è variabile, legato al numero di elettori della Camera dei deputati. Una parte della contribuzione (il 30 per cento) viene erogata a titolo di cofinanziamento, ossia di partecipazione proporzionale dello Stato alla capacità di autofinanziamento dei partiti. Anche la parte di contribuzione che rimane disciplinata dalla legge vigente (70 per cento) viene erogata non solo quale rimborso per le spese elettorali, ma anche esplicitamente quale contributo per attività politica, superando così l'ipocrisia della legge n. 157 del 1999.
Il comma 2 determina l'ammontare di ciascuno dei quattro fondi che attualmente alimentano l'erogazione dei rimborsi elettorali, uno ciascuno per le elezioni di Camera, Senato, Parlamento europeo e consigli regionali. Attualmente l'importo dei fondi per ciascun anno di legislatura è calcolato sulla base del prodotto di un euro per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali della Camera. Il comma 2 fissa invece in 15 milioni 925.000 euro (un quarto di 63,7 milioni) l'ammontare di ciascun fondo.
La riduzione operata dai commi 1 e 2 assorbe quelle intervenute nel corso degli ultimi anni. Pertanto il comma 4 abroga le disposizioni recanti tali riduzioni, sia quella di 20 milioni di euro introdotta dalla legge finanziaria per il 2008, già oggi in vigore, sia quelle introdotte dalle manovre finanziarie per il 2010 e il 2011, pari al 10 per cento ciascuna, in vigore a partire dalle prossime elezioni. Di conseguenza si è resa necessaria una disciplina transitoria, prevista dal comma 6, per l'erogazione delle rate dei rimborsi relativi alle elezioni svoltesi dal 2008 al 2011. L'importo relativo è ridotto prima del 10 per cento, corrispondente alla riduzione introdotta dalla legge finanziaria per il 2008, poi del 50 per cento, equiparando così la riduzione delle rate in liquidazione a quelle a regime. Nulla cambia per quanto riguarda i rimborsi da attribuire a partiti e movimenti politici in relazione alle spese sostenute per le campagne elettorali nella circoscrizione estero.
Veniamo all'articolo 2, sul cofinanziamento: il provvedimento modifica il sistema di contribuzione pubblica alla politica. Il 30 per cento del fondo a favore dei partiti viene legato alla capacità di autofinanziamento, secondo questa disciplina: il contributo è pari a 0,50 euro per ogni euro che i partiti hanno ricevuto a titolo di quote associative e di contribuzioni liberali annuali da parte di persone fisiche o enti, nel limite massimo di 10 mila euro annui per ogni persona fisica o ente erogante.
Le quote erogate devono risultare dal rendiconto dell'ultimo esercizio. È fissato un tetto massimo al contributo per ciascun partito così determinato: i contributi a Pag. 27titolo di cofinanziamento sono divisi anch'essi in quattro fondi, uno per ciascuna elezione; per ciascun partito si determina, in base ai voti ottenuti, l'importo massimo spettante per ciascuna elezione; la somma dei quattro importi costituisce il tetto massimo del cofinanziamento di quel partito. Ciò al fine di evitare una competizione esasperata tra i partiti nella raccolta di iscrizioni o fondi privati.
Se quindi un partito ha un tetto massimo, poniamo di 8 milioni di euro, avrà diritto a questo importo solo se si sarà autofinanziato per l'importo doppio, nel nostro caso 16 milioni di euro; se l'autofinanziamento sarà minore, ad esempio 12 milioni di euro, avrà diritto ad un contributo ridotto, nel nostro caso 6 milioni di euro, e la parte restante, nel nostro caso 2 milioni di euro, andrà in economia, sarà cioè versata all'entrata del bilancio dello Stato.
Con riferimento ai criteri per l'accesso ai contributi, l'articolo 3 pone un vincolo di pubblicità ai partiti e ai movimenti politici per concorrere alla ripartizione dei rimborsi e dei contributi: essi devono dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto, che sono trasmessi al Presidente del Senato e al Presidente della Camera. L'atto costitutivo e lo statuto sono redatti nella forma dell'atto pubblico e devono indicare, in ogni caso, l'organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio e l'organo responsabile per la gestione economico-finanziaria.
L'articolo 4 uniforma i criteri per l'accesso ai rimborsi delle spese elettorali, ora diversi per ciascun tipo di elezione, individuando il requisito minimo in almeno un rappresentante eletto per tutti i tipi di elezione; mentre oggi sappiamo che per la Camera e per il Senato si applicano criteri diversi.
Il principio del rappresentante eletto almeno in uno degli organi sopraindicati è previsto nel testo approvato dalla Commissione, come criterio generale non solo per accedere al 70 per cento della quota dei contributi erogati a titolo di rimborsi elettorali e per l'attività politica, ma anche per accedere al restante 30 per cento, erogato a titolo di cofinanziamento. Ma è intenzione dei relatori presentare un emendamento per modificare tale principio limitatamente al cofinanziamento, in relazione alla sua diversa natura, anche alla luce del dibattito che si è svolto in Commissione. Si proporrà, per quanto riguarda la Camera dei deputati, in alternativa al requisito dell'eletto, il requisito del superamento della soglia del 2 per cento dei voti validi. Ovviamente, lo stesso principio sarà proposto con riferimento all'obbligo di presentare il bilancio e i relativi controlli.
Con riferimento alle detrazioni sulle erogazioni liberali, l'articolo 5 aumenta l'importo detraibile dal 19 al 38 per cento delle erogazioni liberali in favore dei partiti politici, diminuendo, nel contempo, da 103.291 euro a 10 mila euro il limite massimo di ciascun contributo detraibile, con un limite minimo di 50 euro.
Al riguardo, occorre chiarire una serie di questioni. Innanzitutto, il testo in esame contiene una delega (all'articolo 9) finalizzata ad armonizzare il regime delle detrazioni fiscali sulle erogazioni liberali a favore delle ONLUS e delle associazioni di volontariato che oggi hanno diritto a una detrazione del 19 per cento, con quello fissato per i partiti politici dal provvedimento in esame. Pertanto, la proposta non introduce alcuna sperequazione, come sostenuto da alcuni organi di stampa.
Seconda puntualizzazione. Per quanto riguarda la quantificazione finanziaria degli oneri derivanti dal nuovo regime delle detrazioni sulle erogazioni liberali a favore dei partiti e, soprattutto, a favore delle ONLUS e delle associazioni di volontariato, che comporta gli oneri aggiuntivi maggiori, la Commissione bilancio, non essendo stato possibile da parte del Governo predisporre tempestivamente la relazione tecnica per la complessità del testo, ha deciso di esprimere il proprio parere direttamente all'Assemblea.
I relatori intendono attenersi al criterio di maggiore cautela e si atterremo scrupolosamente alle stime che, nel frattempo, sono state formulate dagli uffici della Camera e dallo stesso Governo, anche se i Pag. 28relatori ritengono che si tratti, quasi certamente, di oneri sovrastimati. Pertanto, saranno gli stessi relatori a proporre la riduzione dell'importo detraibile dal 38 al 27 per cento da applicare a tutti, partiti e ONLUS, non più con una delega, ma con una disposizione immediatamente applicabile. Limitatamente al primo anno, cioè il 2013, l'importo detraibile sarà limitato al 24 per cento, al fine di evitare un effetto di cumulo degli oneri per versamenti di imposta in acconto e saldo.
Non solo: per quanto riguarda le erogazioni liberali a favore dei partiti politici, i relatori proporranno una clausola di salvaguardia in base alla quale, qualora il vantaggio fiscale per i cittadini che compiono atti di liberalità nei confronti dei partiti - e, quindi, il maggior costo per lo Stato - superi l'importo massimo stimato di 6 milioni di euro, verrebbe corrispondentemente ridotto l'ammontare del contributo pubblico relativo al cofinanziamento.
Gli oneri aggiuntivi relativi alle detrazioni di imposta sulle erogazioni liberali a favore delle ONLUS e delle organizzazioni di volontariato sono stimati, al massimo, in 45 milioni di euro; essi saranno tutti coperti, insieme a quelli prima citati per i partiti, attraverso la riduzione dei rimborsi elettorali disposta dal provvedimento in esame.
Altra puntualizzazione: per quanto riguarda le quote associative relative al cofinanziamento, esse non possono dar luogo a detrazioni di imposta. Innanzitutto perché hanno natura diversa dalle erogazioni liberali e in secondo luogo perché, in genere, sono inferiori a 50 euro, pertanto, per tali quote, non potrà esserci alcun effetto di cumulo dei due meccanismi, cofinanziamento e detrazioni di imposta. Di questo non si è tenuto conto in alcuni interventi in Commissione e su alcuni organi di stampa.
Ultima puntualizzazione: è inoltre intenzione dei relatori proporre la modifica del requisito per poter fruire delle erogazioni liberali soggette alla detrazione di imposta. In relazione alla natura privata delle erogazioni, potranno fruirne non solo i partiti che abbiano almeno un eletto tra Camera, Senato, Parlamento europeo e consigli regionali ma anche quelli che abbiano superato la soglia dell'1 per cento per l'elezione della Camera dei deputati.
Con il dimezzamento dei contributi pubblici, l'introduzione di un sistema misto basato anche sul cofinanziamento e sulla detrazione di imposta, volto a favorire le capacità di autofinanziamento dei partiti, con il nuovo e rigoroso sistema di controlli e di sanzioni, volto ad assicurare la massima trasparenza dei bilanci, il provvedimento al nostro esame costituisce una riforma di particolare importanza. Esso rappresenta già una parte rilevante, anche se certamente ancora incompleta, della stessa disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Si tratta di un primo atto significativo di quel processo di autoriforma della politica e del sistema istituzionale di cui il Paese ha assoluto e urgente bisogno.
Certamente occorre procedere, non solo, a completare la disciplina dei partiti politici, ma a realizzare, anche, le altre riforme istituzionali: quella della Costituzione, almeno per il minimo indispensabile, cioè il rafforzamento dell'Esecutivo (tanto più necessario a fronte della debolezza del sistema politico), lo snellimento del bicameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari, la riforma elettorale e quella dei Regolamenti parlamentari. Oggi diamo un impulso fondamentale a percorrere questa strada. Certo, per il recupero della credibilità della politica, non bastano queste riforme istituzionali.
Mi sia consentito concludere questa mia relazione con una riflessione a titolo assolutamente personale che, quindi, non coinvolge in alcun modo il correlatore, onorevole Bressa. Una volta il sistema dei partiti traeva il consenso distribuendo risorse pubbliche, anche in malo modo: pensioni di «giovinezza» a trentacinque, quarant'anni, il pubblico impiego utilizzato come ammortizzatore sociale e tante altre storture che hanno dato vita al nostro welfare, tanto generoso quanto mal distribuito, soprattutto in termini generazionali. Oggi, il sistema politico deve invece Pag. 29ridurre, togliere risorse. Farlo con il consenso è evidentemente estremamente difficile. Per superare la crisi, occorrono grandi riforme, è necessaria una strategia per la crescita economica, per la riduzione della pressione fiscale, e quindi, necessariamente, per la riduzione del peso dello Stato e della mano pubblica a tutti i livelli, nell'economia e nella società.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Signor Presidente, mi conceda solo un minuto e mezzo per concludere. Se ad esempio, nonostante i vincoli europei in materia di imprese pubbliche e di aiuti di Stato, il numero complessivo di società o di consorzi controllati o partecipati dallo Stato e da altri enti pubblici, soprattutto locali, continua ad aumentare: nel 2009, ad esempio siamo passati da 6.752 a 7.106, con un incremento del 5 per cento, secondo i dati del dipartimento della pubblica amministrazione, quando alla fine degli anni Ottanta erano, invece, circa mille, secondo i dati contenuti in una pubblicazione del Mulino curata da Luisa Torchia; se, terminata da tempo la stagione dello Stato imprenditore e delle partecipazioni statali, continuiamo ad assistere all'espansione di quella sorta di «socialismo municipale» rispetto al quale i ripetuti tentativi di riformare i servizi pubblici locali si sono rivelati insufficienti, allora dobbiamo seriamente interrogarci su tutto questo per comprendere la strada da seguire.
Giuliano Amato, al quale il Governo Monti ha affidato un importante incarico per l'analisi della disciplina dei partiti e dei sindacati, il 21 aprile del 1993, quasi vent'anni fa, proprio in quest'Aula, da Presidente del Consiglio dimissionario, dopo lo svolgimento di molti referendum che riguardavano non solo il sistema elettorale e il finanziamento pubblico dei partiti, ma anche l'assetto della ripartizione di importanti funzioni pubbliche, tra Stato e mercato e tra Stato e regioni, tenne un discorso di grande spessore che suscitò anche tante polemiche.
Amato affermò, forse molti lo ricorderanno, che quei referendum esprimevano «il ripudio del partito parificato agli organi pubblici e collocato tra essi» - cito tra virgolette - e segnavano - ancora tra virgolette - «un autentico cambiamento di regime, che fa morire dopo settant'anni quel modello di partito-Stato che fu introdotto in Italia dal fascismo e che la Repubblica aveva finito per ereditare, limitandosi a trasformare un singolare in un plurale», fine della citazione.
Certo, quel sistema dei partiti non c'è più. Alcuni parlano addirittura ora di una sorta di partitocrazia senza partiti. Ciò nondimeno, dopo quasi vent'anni, occorre forse ancora riflettere su quelle affermazioni di Amato e verificare se esse non abbiano ancora attualità, se esse non contengano ancora una chiave decisiva per comprendere la natura della trasformazione profonda di cui il nostro Paese ha bisogno.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà per due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, non esageriamo, grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, no, questa volta non esagero. È il tempo che le è stato affidato perché il provvedimento è contingentato e, quindi, questo è il tempo che spetta al suo gruppo e a lei in particolare...

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, non mi conti almeno questi pochi secondi, grazie.
Presidente, avevo detto di «no» alla legge n. 157 del 1999. Avevo detto di «no» alla vergognosa legge n. 156 del 2002, che portava da 4 mila lire a 5 euro il rimborso per cittadino avente diritto al voto. Avevo detto di «no» a quell'altra legge, la n. 51 del 2006, che sovrapponeva addirittura due rimborsi. Pag. 30
Avevo detto sì, invece, all'unica legge seria, quella del 1997, la n. 2, quella che l'onorevole D'Alema bollò come ad alto rischio per i partiti, perché è una sfida prevedere che anno per anno la scelta dei cittadini sia letta come un giudizio sul sistema dei partiti. Quando invece si discuteva della legge n. 157 del 1999, l'ex Presidente del Consiglio, Romano Prodi, diceva che nemmeno una lira potesse andare nelle casse dei partiti se non per decisione esplicita, libera e consapevole dei singoli cittadini, perché quello era un provvedimento che faceva fare un passo indietro rispetto alla normativa all'epoca in vigore, per l'appunto la legge n. 2 del 1997.
Ecco perché ci siamo permessi, con il collega Tabacci ed altri, di presentare prima la proposta di legge, la n. 5063, e poi di tradurre quella proposta in emendamenti all'attuale disegno di legge. Che cosa diciamo? (Poi lo riprenderemo riguardo ai singoli emendamenti). Sul finanziamento sarebbe stato sufficiente dire di «no» alla rata dei rimborsi elettorali relativi alle elezioni svoltesi dal 2008 al 2011, rimandare i partiti a chiedere ai cittadini elettori di versare il 5 per mille, come le altre associazioni di volontariato, con il cappello in mano, istituire una sezione speciale della Corte dei conti, introdurre la certificazione vera dei bilanci e sanzioni durissime.
Ciò non c'è stato consentito, perché la risposta è stata negativa su tutti gli emendamenti, ed ecco perché riteniamo che questa proposta di legge porti ancora a tradire la volontà popolare, così come sancita dal referendum del 1993.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà, la ascoltiamo.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, anche se non è obbligatorio, però sarebbe gradevole che almeno facessero finta di ascoltarmi.

PRESIDENTE. Onorevole Vanalli, perché dubita di questo? Quando lei parla la ascolto sempre.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, pensavo di essere in sede di discussione generale di questo provvedimento, invece, ascoltando le relazioni, soprattutto quella del collega Calderisi, mi sono accorto che egli ha annunciato di fatto quasi uno stravolgimento del provvedimento stesso con prossimi emendamenti dei relatori. Allora mi domandavo: che cosa abbiamo fatto in questi giorni nelle Commissioni? Cos'è che ci siamo detti, da quando l'iter di questo provvedimento è iniziato, sul fatto che bisognava fare in fretta, che bisogna fare bene, che lo Stato e tutti gli italiani stavano aspettando questo provvedimento come fosse la panacea di tutti i mali? Poi, quando siamo qui che dovremmo approvarlo, ecco che arrivano di nuovo le sorprese.
Però probabilmente l'onorevole Calderisi ha messo così tanta passione nel suo lavoro che non può fare a meno, giustamente, di proporre modifiche. Prima approviamo questo provvedimento e forse prima riusciremo a non farlo studiare oltre e, quindi, ad arrivare ad un punto fisso. In questo caso abbiamo rivalutato anche il collega Orsini, perché ci si è sempre lamentati con lui della sua non presenza in Commissione e anche oggi invece, forse per similitudine con i due colleghi relatori, ha pensato bene di arrivare in ritardo nella presentazione di questo provvedimento.
Si vede che quando si parla di partiti e di finanziamenti ai partiti, si cerca di tenersene alla larga perché il tema è scottante.
Però, per cercare di rimettere un attimo non dico i puntini sulle «i», ma per rifare un po' la storia di questo provvedimento, ricordiamo come è nato e come è andato avanti. Esso è nato sull'emozione, diciamo così, di fatti abbastanza spiacevoli, soprattutto per noi della Lega Nord Padania, sulla questione di Belsito ma anche sulle questioni di Lusi, Penati e di altri che, in qualche modo, attraverso i partiti, hanno avuto a che fare con i soldi in maniera poco chiara e poco pulita. Dunque, era necessario che da parte di tutti questa cosa avesse una fine e bisognava Pag. 31intervenire subito per fare in modo che i partiti non potessero gestire i soldi in quel modo.
Ecco, dunque, innanzitutto un emendamento «ABC» ad un testo che già stava girovagando per l'Aula ma che, essendo fuori tema rispetto al provvedimento stesso, è stato prontamente respinto al mittente sia dalla Commissione sia dal Presidente della Camera. Allora il testo «ABC» è diventato una proposta di legge a sé stante e ha iniziato un suo percorso in Commissione. È iniziato, quindi, il percorso sulla trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti. Ma subito ci siamo posti un problema: ma se ancora non abbiamo chiarito, dal 1946 ad oggi, né cosa sono i partiti né cosa sono i movimenti politici, che cosa controlliamo? Dunque, il nostro intendimento era di cominciare a definire - tanto lo stiamo facendo - l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, per poi parlare del finanziamento dei partiti e infine del controllo di questo finanziamento.
Naturalmente inascoltati, siamo andati avanti solo sul controllo, salvo poi - contrordine, compagni! - quando una nuova iniziativa parlamentare, quella sulla rinuncia del finanziamento pubblico da parte della Lega Nord Padania, ha fatto di nuovo cambiare idea e, quindi, si è deciso di mettere insieme il finanziamento con il controllo, dimenticandoci sempre che cosa siano i partiti. Dunque, un nuovo testo in questo senso, anche se questo nuovo testo, di fatto, contiene degli argomenti e delle indicazioni che sono chiaramente da considerarsi contenuti all'interno della problematica relativa all'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
Si è arrivati, quindi, al testo base, i cui relatori sono gli onorevoli Calderisi e Bressa, che ci è stato presentato nella mattinata di martedì scorso. Martedì mattina è stato presentato; martedì pomeriggio, alle 18, è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti; mercoledì mattina vi è stata la votazione sugli emendamenti; mercoledì, alle ore 14, vi è stata la conclusione della votazione e si è quindi votato il testo da sottoporre all'esame dell'Assemblea.
Quindi, non riesco a trovare il senso di quello che poco fa diceva l'onorevole Bressa, ossia del fatto che la Lega Nord Padania, non concedendo, in un certo senso, l'esame del provvedimento in Commissione in sede legislativa, ne avrebbe, in qualche modo, rallentato l'iter. Questo soprattutto per due aspetti: in primo luogo, per la tempistica. Il testo ci è stato consegnato martedì mattina e, mercoledì alle 14, c'erano solo 6 emendamenti nostri, contro un totale di circa 160 emendamenti relativi all'intero provvedimento. Quindi, qualcun altro ha presentato questi altri emendamenti (cioè il 97 per cento), e non la Lega Nord Padania, che non aveva intenzione di fare ostruzionismo. Ma, soprattutto, bisogna considerare come è stato portato avanti il mandato al relatore, senza il parere della Commissione bilancio e senza la relazione tecnica in sede legislativa. Quindi, non avremmo potuto nemmeno adottare questo provvedimento con il mandato al relatore, ma avremmo dovuto rimandare tutto all'esame dell'Assemblea e di nuovo sarebbe cominciato tutto da capo. Quindi, avremmo perso tempo, se avessimo veramente dato seguito all'esame in Commissione in sede legislativa.
Certo, non è che noi fossimo così preveggenti da saperlo prima, perché il nostro intendimento era semplicemente quello di parlare di queste cose in Aula e non solo in Commissione. Questo è quello che vogliamo fare. Però, anche senza essere stati, diciamo così, dei «maghi», alla fine abbiamo indovinato il percorso che, tra parentesi, abbiamo costretto a seguire.
La nostra proposta, che era quella dell'abolizione completa del finanziamento pubblico ai partiti, e che è stata abbinata al testo sui controlli, facendolo diventare, quindi, un testo unificato, prevedeva delle misure molto semplici e chiare che, giustamente, sono state tutte respinte attraverso, appunto, il rifiuto dei nostri emendamenti. Si prevede, innanzitutto, che non vi sia più il finanziamento pubblico ai partiti ma che i partiti possono essere Pag. 32finanziati o con la destinazione del 5 per mille attraverso i redditi sulle persone fisiche o i certificati dei dipendenti (CUD), attraverso le erogazioni liberali e, quindi, con contribuzioni spontanee dei militanti del movimento, oppure di altre persone che, comunque, intendono sostenere l'azione politica dei partiti. Si prevede che vi sia un controllo e una trasparenza sui bilanci attraverso una certificazione di una società esterna al movimento stesso, debitamente registrata presso la Consob.
Soprattutto si prevede che vi sia la completa devoluzione dell'ultima rata del rimborso relativo alla campagna elettorale del 2008, per le attività assistenziali delle ONLUS o a favore di chi vanta dei crediti verso la pubblica amministrazione, nonché l'entrata in vigore immediata di questo provvedimento.
Quindi, si trattava di un provvedimento, nel suo complesso, molto semplice, poco articolato e che aveva il pregio di eliminare l'alibi, o meglio lo spauracchio di molti, ossia l'espressione «finanziamento pubblico ai partiti». Noi l'avremmo abolito completamente, mentre invece nel nuovo testo - come adesso cercherò di far capire - non c'è questa previsione.
Innanzitutto, il testo unificato, che ha per relatori gli onorevoli Calderisi e Bressa, che ci apprestiamo a votare nei prossimi giorni in Aula, al comma 1 dell'articolo 1, come peraltro hanno anche indicato i relatori, chiarisce immediatamente come il dimezzamento del rimborso elettorale ai partiti, da 180 milioni a 91, diventi rimborso per le spese e consultazioni elettorali e contributo per l'attività politica. Se ci fossero - come in questi giorni abbiamo visto anche in occasione delle recenti elezioni amministrative - dei movimenti o dei partiti politici che, con poca o nulla spesa, possono concorrere alle elezioni, potrebbero benissimo incassare tutta la loro spettanza, semplicemente come contributo per l'attività politica perché, a titolo di rimborso per spese che non hanno sostenuto, non riceverebbero nulla. Peraltro, poi potrebbero incassare il restante 30 per cento perché quell'ammontare è titolato come «cofinanziamento ai partiti». Quindi, c'è un finanziamento dei privati e, per sostenere e premiare i privati che sostengono i partiti, l'apparato pubblico concorre a questo cofinanziamento con un 30 per cento, comunque pari a 27 milioni di euro. Quindi, con 91 milioni di euro - tale attività si è finalmente chiamata con il suo nome - si continua a fare ciò che si è fatto per tanti anni e cioè si finanziano i partiti politici.
Poi, su questo meccanismo - lo anticipo - si è ingenerata anche una questione che è alla base del mancato parere della V Commissione (bilancio). Diceva prima il collega Calderisi che proporrà una modifica delle riduzioni per le contribuzioni ai partiti dal 38 per cento al 27 o al 24 per cento, quindi equiparandole alle trattenute per le ONLUS. Il problema per il quale la Commissione bilancio non è riuscita ad esprimere un parere è il fatto che non si riesca a calcolare quanti di questi rimborsi debbano poi essere restituiti ai cittadini che contribuiscono ai partiti, in quanto non si ha la contezza di quanti versamenti verranno fatti. Tuttavia, per cercare di non appesantire i conti dello Stato la soluzione trovata e indicata nel provvedimento è di non preoccuparci perché, qualunque somma risulti che lo Stato debba restituire in termini di sconto sui versamenti IRPEF ai cittadini che devolvono soldi ai partiti, verrà presa dai 91 milioni di sconto che ci siamo fatti dividendo in due la rata dei rimborsi elettorali. Quindi, non più 180 milioni, ma solo 91, ma i 91 milioni che non andranno più ai partiti glieli diamo lo stesso perché da lì attingiamo per gli eventuali maggiori costi a carico dello Stato per l'aumento delle detrazioni. Quindi, alla fine sono sempre gli stessi soldi che il pubblico dà ai partiti, sia in forma diretta, sia in forma di rimborso, come detrazioni.
Poi, giustamente, per riuscire a fare un po' di pubblicità al testo stesso, al comma 5 dell'articolo 1, diciamo che vengono ridotti del 50 per cento i rimborsi elettorali per le elezioni svoltesi dal 2008 al 2011, però lo diciamo anche in un italiano particolare, perché prima diciamo che li riduciamo dell'altro 10 per cento. Siccome Pag. 33questa riduzione era già stata fatta, vogliamo far sapere agli italiani che non è vero che noi siamo dei «mezzi criminali» e ci mettiamo in tasca dei soldi così, solo per divertimento.
Ce li eravamo già ridotti prima e quindi lo facciamo sapere - scrivendolo male - e diciamo a tutti che oltre ad averli ridotti prima, ce li riduciamo ancora del 50 per cento.
All'articolo 2, dove si parla dei contributi ai partiti e movimenti politici per lo svolgimento dell'attività politica, ecco che si dice che questi contributi verranno dati solamente se il partito o il movimento eleggerà almeno un eletto, ma la cosa è stata smentita poco fa ancora dall'onorevole Calderisi, il quale parla di un futuro emendamento che farà sparire questa norma per sostituirla con la possibilità almeno della presenza del 2 per cento dei voti validi a favore di quel partito. Quindi un articolo 2 che così come era stato scritto, e poi modificato dagli emendamenti degli stessi relatori, verrà di nuovo modificato da un emendamento del relatore, perché ogni giorno escono i quotidiani, leggendo i quali, giustamente, ci si fanno delle idee su come si dovrebbero approvare le leggi, e quindi il giorno dopo ci si adegua di conseguenza.
Poi c'è la previsione relativa all'istituzione della famosa Commissione per il controllo e la trasparenza; in tale Commissione era stata inizialmente prevista la presenza dei presidenti della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione. Questo provvedimento non ha fatto in tempo a vedere la luce che immediatamente il presidente della Corte di Cassazione ha scritto dicendo che forse c'era un errore, facendo notare egli di non poter svolgere tale lavoro anche perché visto che poi il suo ufficio avrebbe dovuto verificare la correttezza dei bilanci dei partiti, se sul lavoro dei partiti stessi fosse stata sollevata qualche contestazione dagli stessi uffici, egli non avrebbe potuto poi come presidente intervenire in merito, e quindi cercare di dirimere un contenzioso che i partiti avessero avuto con lui medesimo. Allora ecco che si è deviato dai presidenti nominati, all'indicazione che siano questi i presidenti a indicare del personale dei loro uffici che possa far parte di questa commissione, aumentandone il numero dei componenti a 5 con la presenza di tre membri della Corte dei conti. Qualcuno suggeriva, visto che esiste la Corte dei conti da un po' di tempo e magari è in grado - o dovrebbe esserlo - e comunque si tratta del suo lavoro, di verificare questi conti da sempre, che si poteva forse individuare esclusivamente nella Corte dei conti medesima, un ufficio apposito per questo incarico, cosa che non era poi forse così sbagliata né difficile.
Il compito principale della Commissione è effettuare il controllo anche verificando la conformità delle spese effettivamente sostenute e delle entrate percepite alla documentazione prodotta a prova delle stesse. Io - a parte la questione che la commissione effettua il controllo anche verificando, lasciando presupporre che lo faccia anche in un altro modo, senza però che ci sia scritto come essa possa effettuare questa verifica in un altro modo che non sia quello del controllo della documentazione prodotta sulle spese - ho fatto già un paio di volte l'esempio che se avessi il piacere e la fortuna di fare un viaggio in Tanzania e poi tornare con la fattura del viaggio e la facessi vedere alla Commissione avrei la dimostrazione di una spesa sostenuta e legittimamente questa spesa non penso che potrebbe avere dei problemi ad essere riconosciuta come legittima da parte del partito.
La questione vera però è proprio questa: noi stiamo scrivendo e girando attorno al problema che forse si potrebbe risolvere solo se prima regolamentassimo la questione dei partiti con l'attuazione dell'articolo 49. Quali sono le spese che legittimamente i partiti possono effettuare senza che nessuno - commissioni, Parlamento, magistrati e quant'altro - possano dire alcunché? Poiché questo non lo abbiamo ancora chiarito, e nemmeno questo provvedimento lo chiarisce, noi stiamo creando delle regole per la verifica di una cosa che sarà inverificabile, perché anche quello che è successo in questi ultimi tempi, e che Pag. 34dà una brutta immagine dei partiti, una pessima immagine dei tesorieri, una cattiva immagine della politica, in sostanza, almeno per quanto riguarda il nostro movimento, non ha ancora prodotto niente, se non nel senso che ci sono stati soldi del partito spesi maldestramente, male e con poca attenzione. O meglio, magari qualcosa ha prodotto: nell'ultima tornata elettorale forse la Lega Nord Padania non è stata premiata come avrebbe meritato, anche per questo motivo, e però questo fa parte del gioco della politica: come ci si impegna nel portare avanti una propria idea o nello spendere dei propri mezzi magari ricevuti dai tuoi militanti per portare avanti la propria idea, se non lo si fa nel modo migliore, la volta dopo giustamente si può essere sanzionati dai tuoi elettori; quindi il gioco è corretto in questo senso, ma se nessuno prima ci dice come possiamo legittimamente spendere questi soldi, poi non è anche così impossibile che qualcuno lo possa fare pensando che tutto sia fattibile.
Quindi, stiamo realizzando un sistema di norme e di controlli che alla fine controllerà tutto e tutti ma non potrà sanzionare niente, se prima non identifichiamo cosa c'è effettivamente da sanzionare. Nel prosieguo dell'esame del provvedimento, noi abbiamo presentato gli emendamenti, che sono stati tutti respinti, li abbiamo ripresentati per l'Aula e in Aula vogliamo, come abbiamo sostenuto dall'inizio, portare all'attenzione di tutti questo tema. Quindi, vogliamo proprio vedere come si svolgerà la discussione tra chi, sui giornali e in televisione, sostiene che bisogna fare pulizia, chiarezza, di tutto e di più, e invece poi materialmente in Aula agisce diversamente. Sto parlando dei partiti che sostengono il Governo, ma anche del Governo stesso, perché questo provvedimento non nasce avulso dal Governo.
Il Governo, anch'esso sempre sui giornali, perché giustamente ha imparato subito come si fa, ci dice tutti i giorni che dobbiamo stare attenti, ma ha approvato con il suo parere favorevole tutte le modifiche che sono state proposte a questo testo e aveva dato parere favorevole al testo base medesimo, testo base, tra parentesi, che avrei voluto venisse in Aula, perché ci saremmo fatti quattro risate. Adesso qualche aggiustamento è stato fatto, però penso che potremmo divertirci ancora anche da domani in avanti. Quindi, i partiti sostengono questo provvedimento, il Governo sostiene questo provvedimento, i partiti e il Governo sostengono la necessità che i partiti debbano avere finanziamenti pubblici altrimenti non possono vivere.
Questa è la grande differenza tra la maggioranza e il Governo e la Lega. La Lega, anche per quello che ha dovuto sopportare al proprio interno, sostiene che i partiti debbano vivere senza finanziamento pubblico. Ora questo è il tema che vogliamo portare all'attenzione di tutti nei prossimi giorni nelle aule del Parlamento. Questo è il tema sul quale vogliamo che tutti si confrontino. Questo è un tema che giustamente - nel senso che noi non abbiamo la possibilità di andare oltre un paio di giornali - non ho visto sulle pagine dei quotidiani delle ultime due settimane, dove si fa un gran decantare di questo provvedimento, ma nemmeno gli stessi giornalisti riescono a spiegare realmente cosa c'è scritto e che frutti potrà dare, anzi qualcuno riesce a dire - come giustamente diceva prima Bressa - che, se fosse stato approvato in sede legislativa, a quest'ora avremmo risolto i problemi di mezza Italia o forse dell'Italia intera. Bressa è convinto che sia così e infatti do atto della sua capacità politica e, quindi, sono sicuro che lo pensa realmente, però lo voglio vedere poi domani alla prova dei fatti, quando questo testo andrà in mano a quelli che effettivamente dovranno attuarlo. Ci sarà da ridere o ci sarà da piangere, non lo so. Secondo noi era sicuramente meglio risolvere il problema alla radice, mentre invece così ce lo porteremo avanti.
Ce lo porteremo avanti e si intersecherà di nuovo fra pochi giorni con l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, in tema di cosa sono i partiti e i movimenti politici. In questo testo, tra parentesi, si fa riferimento anche ai movimenti Pag. 35politici, però non esiste nemmeno la parola movimento politico nella Costituzione, dove si parla solo di partiti. Vogliamo dire che sono la stessa cosa? Probabilmente sì, anche se dubito. Tra pochi giorni - tra l'altro, non si voleva abbinare questo provvedimento all'articolo 49 perché era in là nel tempo - di fatto, se è vero che domani ci sarà qualche problemino con l'approvazione del provvedimento precedente a questo, andrà a finire che in Aula porteremo prima l'articolo 49 che il controllo e il finanziamento. Perlomeno avremo raggiunto il risultato della logica del lavoro: prima si parla di cosa è un partito e poi si parla di come finanziarlo e di come controllare come verranno spesi i soldi. Non so se succederà questo, ma credo che ci andremo molto vicini. Soprattutto, se non succederà questo, lasceremo confusione su confusione e sicuramente non avremo fatto per l'ennesima volta un buon servizio ai nostri concittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ho ascoltato con interesse l'intervento dell'onorevole Vanalli, soprattutto in quelle parti in cui sostiene con grande certezza che tra articolo 49 della Costituzione e il finanziamento dei partiti ci sia una stretta correlazione. Non dubito che questa tesi possa essere sostenuta, però Costantino Mortati nell'ultimo manuale del 1976 diceva: un problema che esula dall'interpretazione dell'articolo 49, perché la sua soluzione non può trarre da questo alcun criterio, riguarda il finanziamento pubblico dei partiti.
Mi rendo conto che sono passati degli anni, ma mi rendo conto anche che Costantino Mortati giocò un ruolo importante all'interno dell'Assemblea costituente con riferimento alla disciplina dello stesso articolo 49. Quindi, credo che dobbiamo procedere tenendo conto del fatto che la proposta che oggi ci viene presentata rappresenta un'organica disciplina dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici.
Andando indietro nel tempo, pensiamo alla legge Piccoli del 1974, sulla quale si fece molta ironia in relazione ai tempi molto rapidi per la sua approvazione parlamentare. Ricordo che allora vi fu un strenua opposizione soltanto di un partito politico, il Partito Liberale, che poi cercò di raccogliere le firme per un referendum, non vi riuscì, ma il referendum si svolse comunque più in là nel tempo.
Anche questo provvedimento, a giudizio di alcuni, percorre un iter sollecito come successe per quella legge, però quello che a me personalmente turba maggiormente non è tanto il fatto che l'iter parlamentare sia sollecito o meno, quanto quello che le modifiche a questo tipo di provvedimenti avvengano, a volte, con iter parlamentari più o meno imperscrutabili, ossia all'interno di provvedimenti di natura finanziaria o di altra natura. Questo è, certamente, quello che preoccupa di più il cittadino, che fa fatica a ritrovare la pubblicità dei lavori parlamentari con riferimento a provvedimenti così delicati.
Quindi, apprezzo il fatto che venga presentata, oggi, una proposta organica su questa materia, con dei principi chiari come la riduzione dei rimborsi, infatti i contributi a carico dello Stato si riducono del 50 per cento, anche quelli in corso di liquidazione, e il cofinanziamento, illustrato in particolare dal relatore Calderisi, con la previsione del 70 e del 30 per cento e l'introduzione di un sostegno al finanziamento privato che, del resto, diventa più trasparente attraverso il riconoscimento di un vincolo abbassato, ossia trasparente, al di sopra dei 5 mila euro.
Per quanto riguarda il tema dei controlli - un problema che si trascina da molti anni - si prevede l'obbligo di sottoporre i bilanci dei partiti al giudizio di società di revisione. I bilanci, inoltre, sono controllati da una commissione composta da cinque magistrati.
In Commissione, e anche qui in Aula, ho sentito riproporre il discorso della Corte dei conti. Non ho nulla, ovviamente, contro la Corte dei conti. È un'istituzione Pag. 36prevista nel nostro ordinamento a livello costituzionale con una funzione molto specifica con riferimento alla pubblica amministrazione. Però, attenzione colleghi. Tutti avete letto il dibattito che vi è stato all'interno dell'Assemblea costituente. La Corte dei conti interviene molto bene quando vi sono dei parametri di legittimità molto precisi, che riguardano tipologie di spese e che prevedono l'autorizzazione per determinate spese e non per altre.
Questo discorso, secondo l'idea di alcuni, potrebbe essere inserito all'interno non della legge sul finanziamento dei partiti, ma, più in generale, all'interno della legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Non so quanto, in realtà, sia facile arrivare a meccanismi così dettagliati. Seguirò con interesse ciò che verrà scritto in quella legge, però vi assicuro che, se leggiamo l'intero dibattito dell'Assemblea costituente sui partiti, ci rendiamo conto che è difficile pensare per i partiti a controlli generali paragonabili a quelli di un'altra pubblica amministrazione dove il principio di legalità e la tipologia delle spese possibili sono molto più chiari di quanto avvenga con riferimento ai partiti politici.
Mi pare che avere previsto un organismo ad hoc, sia pure di alta qualificazione, sia, secondo me, un deciso passo avanti rispetto al passato e testimoni l'intenzione di prevedere dei controlli seri in questa materia, ispirati alla logica sulla quale si deve intervenire.
Anche il principio della trasparenza è rinforzato, i documenti di bilancio sono pubblicati sui Internet anche attraverso il formato dell'open data. Passiamo alle detrazioni fiscali.
Abbiamo sentito ora il relatore che per strutturare un meccanismo in cui si incentiva il contributo privato a favore dei partiti - ho sentito che tutti sono favorevoli a quest'ipotesi - si ipotizzano delle detrazioni, che erano previste nella misura del 38 per cento e che ora sono state annunciate - mi pare l'onorevole Calderisi l'abbia detto - in una misura più ridotta (mi sembra del 27 per cento). Si introducono per le elezioni europee, dove mancavano, dei limiti di spesa e sono previste due deleghe per riordinare la materia. Mi pare che anche questo sia un elemento positivo.
Quindi è un provvedimento che presenta questi caratteri di organicità. Onorevoli colleghi, io vorrei che fosse chiaro a tutti che non sono molte in questa legislatura le leggi di un certo peso che il Parlamento si trova ad esaminare. Per una serie di motivi, a volte giustificati, a volte giustificatissimi, a volte meno, si procede prevalentemente con la decretazione di urgenza. Io, con la Commissione affari costituzionali, nell'ultimo periodo ho visto presentati in Aula due provvedimenti importanti. Uno era sull'equilibrio di bilancio ovvero la modifica costituzionale dell'articolo 81. È uno degli interventi più importanti non di questa legislatura, ma vorrei dire, in generale, del periodo dell'attuazione costituzionale e, quindi, parliamo di molti anni. Poi c'è questo testo unificato di proposte di legge.
Per arrivare alla conclusione, vorrei rapidamente sottolineare che il primo elemento importante è la maggiore sobrietà del contributo dello Stato al finanziamento per così dire dell'attività politica. È chiaro che vi sono alcuni partiti di opposizione ed altri componenti di quest'Aula che possono pensare che si possa arrivare di colpo ad un azzeramento totale. Io credo che sia irrealistico. Credo che sia, invece, già uno sforzo molto forte, in risposta a tutta una serie di problemi di quadro del Paese, quello di averlo ridotto del 50 per cento.
Vorrei ascrivere al mio partito, al mio gruppo parlamentare, al segretario del PD onorevole Bersani, il fatto di avere avanzato questa proposta il 25 aprile, accogliendo anche il plauso, che non è frequente in questi casi, da parte del Corriere della Sera in un articolo che io ricordo molto bene. Poi, questa proposta è diventata proposta dei relatori. È, quindi, un elemento di cui io mi compiaccio fortemente.
È chiaro, naturalmente, che qualcuno potrà dire che si poteva fare di più, ma Pag. 37qualcuno potrebbe anche arrivare a pensare che i partiti non hanno diritto di esistere. Mentre sempre per lo stesso Mortati - seconda ed ultima citazione che mi permetto di fare - il finanziamento ed i contributi ai partiti non contrasta con il sistema costituzionale ed è giustificato dalle funzioni di carattere pubblicistico affidate ai partiti. Perché io cito autori che in qualche modo oggi non ci sono e che potrebbero essere considerati del passato? Perché in fondo, quando vogliamo riflettere, dobbiamo fare riferimento ai fondamentali. Mi pare che anche il collega Bressa, nel citare la giurisprudenza costituzionale con riferimento ad un altro argomento, abbia voluto sottolineare una prospettiva di questo genere.
L'introduzione di un sistema misto. Anche questo è un elemento di novità. In qualche modo si riprende quell'idea che c'è nel sistema tedesco. Mi pare che noi la interpretiamo in questa proposta addirittura con maggiore rigore e questo non è una cosa da sottovalutare. Così pure certificazione, trasparenza ed il problema dei controlli.
Ho già toccato un attimo fa il problema dei controlli e vorrei ripetere che starei molto ben attento. Infatti qui i controlli sono controlli penetranti, perché parliamo di soldi pubblici, i quali vanno attentamente controllati. Non so, collega Vanalli, se sarà così facile prevedere dei controlli generalizzati, affidati ad organi giurisdizionali anche con riferimento alla struttura dei partiti o all'ordinamento interno a base democratica.
Anche qui bisogna procedere con cautela, perché è chiaro che da un lato noi vogliamo estendere il principio di democraticità anche all'ordinamento interno, che non è il dettato esplicito della Costituzione - lo è in Germania, ma non è così in Italia - però, nel pensare che si possano attuare controlli penetranti con riferimento ai partiti politici, c'è per così dire un pericolo con riferimento al valore costituzionale che questi rappresentano. Quindi in questa sede dobbiamo procedere con un passo diverso: una cosa è il controllo per il finanziamento, una cosa è il controllo per l'attuazione dei principi di ordinamento a base democratica, che come dicevo è questione assai più delicata.
Molti sono convinti che si possa chiamare un giudice per giudicare se una persona, il singolo, è trattato nell'ordinamento dei partiti in maniera negativa rispetto ai principi costituzionali ma mettere in discussione ogni comportamento dei partiti attraverso meccanismi di controllo anche giurisdizionali è cosa abbastanza delicata.
Vorrei concludere dicendo quindi sostanzialmente che questo testo mi pare aderente ai principi costituzionali, sia pure in quel delicato gioco di equilibri che ho tracciato poco sopra. Vorrei dire che credo si possa rafforzare ancora, introducendo tetti più significativi con riferimento alle spese nelle campagne elettorali dei candidati: questi ci sono nell'ordinamento attuale ma io credo che dovrebbero essere resi coerenti con il sistema generale che questa legge sul finanziamento o sui contributi pubblici prevede.
Vorrei dire, ma mi pare che nella proposta del relatore questo punto sia stato adombrato, con riferimento alle questioni sollevate da Vanalli con riferimento alla V Commissione (Bilancio), ebbene vorrei dire che noi abbiamo ben chiara una cosa: da un lato c'è una riduzione precisa che ha un quantum che è quello del dimezzamento di questi contributi e quindi ha un quantum preciso di riduzione del bilancio dello Stato. Poi abbiamo una voce che è quella dei contributi dei privati, che è più difficile da quantificare, perché finora in passato non era stata una voce rilevantissima, però potrebbe diventare più rilevante. Ebbene, credo si possa benissimo introdurre un tetto, e questo garantirebbe assolutamente il rispetto dell'equilibrio di bilancio, che faccia capire che comunque queste agevolazioni, viste nel loro insieme, non possono superare il valore della riduzione che si determina nella prima parte.
È un elemento, una norma di chiusura, una norma di salvaguardia che comunque potrebbe essere attuata in maniera molto corretta; però, insisto, preserverebbe questo Pag. 38sistema di duplice finanziamento, pubblico e privato. Penso che dovremmo anche collegare questa disciplina alla legge sugli strumenti di propaganda radiotelevisiva. Abbiamo un'isolata legge sulla par condicio che è tra l'altro abbastanza poco rispettata ma voglio ricordare che l'utilizzazione dei mezzi televisivi, soprattutto da parte di chi li possiede in prima persona, è una possibile fuga dal rispetto dei tetti, perché sostanzialmente lo strumento che dal punto di vista propagandistico e pubblicitario ottiene l'impatto maggiore sull'opinione pubblica è sostanzialmente sottratto ad un meccanismo vero di controlli.
Penso che poi bisognerà trovare delle norme di raccordo con la legge sull'articolo 49 e in particolare il principio che riguarda le elezioni primarie e l'equilibrio e l'uguaglianza dei generi che mi pare possiamo affrontare nel capitolo successivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, per dire la verità è molto dura, per alcuni versi, come mi suggerisce il Presidente della I Commissione (Affari Costituzionali), per altri versi è anche interessante, Presidente, perché devo dare atto ai relatori del lavoro svolto. Credo che poi, onorevole Bressa, mi darà un po' della sua attenzione e le sarò grato per tutta la vita, almeno per quella che mi resta da fare...

PRESIDENTE. Lunga vita!

MARIO TASSONE. La ringrazio, Signor Presidente. Ho ascoltato, dicevo, i relatori e ho apprezzato le loro relazioni anche perché mi sollevano dall'andare nello specifico e quindi dall'analisi della normativa e poi perché stiamo assistendo ad un fatto, ad un evento inusitato e credo nuovo nel suo genere, anche sul piano politico - non mi riferisco al sesso, mi riferisco al dato politico - perché i due relatori Calderisi e Gianclaudio Bressa hanno lavorato insieme in sintonia, con grande armonia e soprattutto con grande produttività. Se ha un merito il Governo Monti è quello di aver fatto questo miracolo per cui è un dato da ascrivergli che va al di là di quelli che possono essere i limiti e le differenze partitiche e politiche. Allora quando parliamo di partiti e della politica entriamo subito nel merito.
L'articolo 49 della Costituzione (lo sappiamo) recita che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Ci fu una discussione nella Costituente (considerato che altri colleghi hanno citato e si sono richiamati al lavoro di Costantino Mortati) nella quale si pensava e si sollecitava una disciplina giuridica dei partiti stessi; invece l'articolo 49 (che ho letto per ricordarlo a me, certamente non ai colleghi) tace sulla disciplina giuridica. Dal dibattito si evince chiaramente che vinse una certa posizione secondo cui il tacere sulla disciplina giuridica era una garanzia di maggiore libertà dei partiti stessi. C'è una proposta di legge su cui si sta lavorando, il cui relatore è il collega Orsini, e credo che sarà di scena in quest'Aula il giorno 24, e avremo quindi occasione di discutere questi temi.
Mortati nella seduta del 22 maggio 1947 aveva presentato una proposta emendativa che poi fu respinta dall'Assemblea costituente: tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti che si uniformano al metodo democratico nell'organizzazione interna e nell'azione diretta alla determinazione della politica nazionale. Anche in quella sede Aldo Moro ribadì che se non vi fosse stata una base di democrazia interna i partiti non avrebbero potuto trasfondere l'indirizzo democratico nell'ambito della vita politica del Paese. Questa citazione è per richiamarmi ovviamente ad un emendamento che noi abbiamo presentato (insieme ai colleghi Mantini e Libè, io ne sono il terzo firmatario) secondo cui è necessario che lo statuto sia conformato ai principi democratici della vita interna con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli Pag. 39iscritti. Tutto questo a nostro avviso è importante e fondamentale anche perché non credo che il testo scaturito dal lavoro della Commissione sia esaustivo rispetto ad alcuni interrogativi che noi ci siamo posti in quella sede e che sono ovviamente ritornati anche nel dibattito politico di questi giorni e che vogliamo anche in questa circostanza sottolineare ed evidenziare.
Qual è il problema, il tema, signor Presidente? Una serie di vicende hanno caratterizzato il finanziamento dei partiti. Si fa riferimento ovviamente al referendum abrogativo del 1993 e poi alla successiva legge del 1999 sul rimborso elettorale. In questi giorni c'è stata una grande polemica su tutto questo. Mi riferisco anche alle vicende che hanno contrassegnato il dibattito e il confronto tra i partiti, e vi è stato - come si suol dire - un ritorno all'antipolitica, all'antipartito, ma questo c'era già ovviamente in quella fase politica che io ricordavo, nel 1993, la fase di tangentopoli, durante la quale ci fu una grande contestazione generalizzata. Ma in questo momento la contestazione non è solo sul finanziamento ai partiti, viene mutuato il finanziamento ai partiti per contrastare i partiti e per contestare la politica in termini complessivi e generali. Ritengo che questo sia il dato importante e fondamentale. Avverto - lo dico senza infingimenti, ma forse l'anzianità mi dà la forza di dirlo - che, come allora, c'è una classe dirigente politica complessiva un po' debole che invece di rispondere e reagire dovrebbe dire che chi ha sbagliato, sbaglia (anche se tutto ciò non può coinvolgere i partiti nel loro complesso), quindi chi ha la responsabilità di errori e di mancanze di controllo se ne assume pienamente la responsabilità.
Non accettiamo, però, ovviamente, condanne e, soprattutto, non accettiamo di essere messi continuamente sul piano dell'imputato; non uso certamente il plurale maiestatis, ma come operatore, come dirigente politico e come parlamentare ritengo che questo tipo di valutazione vada fatta perché ricordiamo cosa è stata Tangentopoli e qual è stato il clima dell'Aula. C'è questo ritorno di contestazione e dell'antipolitica che sembra prendere il sopravvento con qualche, come si è detto, demagogo di ritorno che cerca di recuperare ed intercettare sentimenti di contestazione e di reazione nei confronti della politica e nei confronti dei partiti. E, allora, non c'è dubbio che qualche passo in più lo dobbiamo fare. Il finanziamento c'è stato, poi con una legge si è un po' superato quello che era il responso referendario, parlando di contributo. Si è andato avanti con i contributi con tutto quello che poi è venuto fuori, anche in questi giorni, su cui è mancato un controllo su come sono stati utilizzati questi tipi di contributi. L'hanno detto, ovviamente, i colleghi che mi hanno preceduto: c'è bisogno di un controllo in più sulla trasparenza, sulla gestione, attraverso certificazioni, controlli e sanzioni. Si è parlato anche della riduzione del 50 per cento della tranche di luglio. Su questo c'era qualche disaccordo, ma poi prevale l'accordo; non so se si tratta di una valutazione oggettiva oppure ci si trova sotto la spinta dell'emotività dell'opinione pubblica. Non si è capito bene: se un tot di risorse è necessario per far funzionare i partiti, non credo che l'opinione pubblica possa essere prevalente se non si spiega con sufficienza. Forse in tutto questo è mancata l'autorevolezza e manca l'autorevolezza della politica e dei partiti. È una politica certamente condizionata, messa ai margini, a volte perciò gioca di rimpiatto, in difesa, con un complesso di inferiorità, come se qualcuno fosse stato preso con le mani nella marmellata. Chi è stato preso certamente ne paga la responsabilità, ma ci sono partiti che hanno utilizzato le loro risorse - lo dico con estrema chiarezza - con grande correttezza investendo, soprattutto, in azioni e in attività partitica, politica, elettorale e quant'altro, rimanendo nel filo e, soprattutto, nel segno della filosofia che sottende anche la legge sul rimborso o quella, come qualcuno pretende di tradurla continuamente, sul finanziamento dei partiti politici.
Se questo è il dato, signor Presidente, non c'è dubbio che il problema va al di là Pag. 40di quelle che sono le norme e le articolate disposizioni che vengono a essere contenute in questo provvedimento di legge. Noi in Commissione abbiamo discusso, abbiamo parlato e ci siamo anche chiariti alcuni passaggi. Certa è la riduzione del 50 per cento, come dicevo, per questa tranche di luglio, anche se dobbiamo tenere presente che alcuni partiti avevano già investito queste risorse attraverso la cartolarizzazione programmata.
È difficile, però, intervenire e sentire parlare al telefono. Onestamente è un fatto di cortesia, non dico di educazione perché non mi permetto di dirlo a colleghi che apprezzo moltissimo. È, però, una cosa incredibile, anche perché chi è relatore deve avere l'amabilità di ascoltare chi è venuto qui di lunedì per svolgere la propria relazione e, soprattutto, per esprimersi.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Chiedo scusa.

MARIO TASSONE. Lo dico così appassionatamente, perché alcune cose non credo vadano bene. Quando poi, infatti, ci dicono che il Parlamento decade, decade anche per queste cose. Purtroppo, questo è il discorso. Scusatemi, vado avanti, ma questa è la mia riflessione e se la prende chi vuole.
Non c'è dubbio che il dato della politica è importante e fondamentale in questo particolare momento nel quale dobbiamo porre l'accento su alcuni problemi che investono anche il discorso a cui facevo riferimento poc'anzi, ossia quando saremo investiti della questione riguardante l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
Oggi abbiamo il compito di assicurare trasparenza al finanziamento pubblico dei partiti, dobbiamo assicurare ovviamente questo tipo di percorso per quanto riguarda sia il contenimento del contributo, che va a restringersi, sia il cofinanziamento nelle modalità che sono state previste, sia per quanto riguarda anche gli sgravi fiscali del 38 per cento che sono stati previsti e che sono indicati nella normativa che abbiamo presentato in questo momento.
C'è stato inoltre qualche collega in Commissione che ha detto che non gli pare giusto che vengano ad essere esclusi dalla partecipazione al finanziamento quei partiti e quei movimenti che non hanno un deputato, un senatore, un parlamentare europeo, un consigliere regionale. Infatti per essere ammessi alla distribuzione del finanziamento si deve avere un eletto. Ritengo che sia un tema che certamente ci siamo posti all'attenzione quando abbiamo anche affrontato la legge nel 1999. Tuttavia, non c'è dubbio che siccome allora si parlava di rimborsi e di spese elettorali, certamente chi non raggiunge un deputato eletto, non raggiunge un consigliere regionale e quant'altro non può partecipare. Ritengo che questo sia un limite. È un problema, è un tema che è stato posto e sul quale certamente si può porre attenzione, visto e considerato che questo è un provvedimento che può avere anche uno sbocco importante e fondamentale nel prosieguo.
È stato presentato inoltre un nostro emendamento, che non è stato accolto, per quanto riguarda la possibilità di investire in titoli di Stato la liquidità derivante dalle risorse pubbliche che abbiamo. Era una nostra proposta: non siamo riusciti a capire perché e come si sia potuto fare in questa maniera, visto e considerato che invece di investire altrove in termini variopinti - tanto per usare un eufemismo - queste liquidità, queste disponibilità o queste economie - non so come definirle - possono essere investite in titoli di Stato anche per rimanere nell'ambito di un percorso che possa essere sempre di più utile per l'economia del nostro Paese.
Abbiamo anche presentato una serie di altri emendamenti. Si è parlato moltissimo della commissione, che, come ricordava qualche collega, è mista sia con magistrati della Corte dei conti sia con magistrati ordinari. Certamente abbiamo avuto anche una lettera molto chiara da parte del presidente della Corte di Cassazione rispetto ad una possibile sovrapposizione o incompatibilità di ruoli, di conflitti di Pag. 41competenze con la presenza di un magistrato ordinario della Cassazione che si ritiene per alcuni versi sovraordinato rispetto ad altri tipi di magistratura. Forse questo non è il termine esatto ma questo è il senso e il significato anche della lettera del presidente della Corte di Cassazione. Attraverso il nostro emendamento abbiamo ovviamente riproposto una nostra idea di affidare questo controllo alla Corte dei conti attraverso una serie di articolazioni, attraverso una serie di definizioni che sono contenute nel nostro emendamento.
Mi avvio rapidamente ad una conclusione. C'è il problema che abbiamo posto per la sostituzione della parola «enti» con le seguenti: società, ad esclusione delle società a partecipazione pubblica e di enti. Era una garanzia per evitare vecchie situazioni o vecchi percorsi che potessero apparire stridenti rispetto a quella che è l'autenticità o quanto meno l'innovazione di un progetto che stiamo per approvare.
C'è poi un altro emendamento che avevamo previsto, signor Presidente, per quanto riguarda l'impossibilità di prendere in locazione da parte di partiti o movimenti politici a titolo oneroso gli immobili di persone fisiche che siano state elette in Parlamento europeo, in Parlamento nazionale e così via.
Questo emendamento non ha bisogno di interpretazioni e di spiegazioni, perché credo che sia abbastanza chiaro.
Tanto per arrivare ad una conclusione, esprimo una valutazione complessiva: quando si parlò di finanziamento pubblico dei partiti lo si fece per evitare che ci fosse sempre quel filo rosso di un'alterazione o di una corruttela che potesse alterare la libertà dei partiti politici con condizionamenti e quindi per limitare sempre di più quella che poteva essere un'area di corruzione all'interno del nostro Paese. Questo è il dato che viene fuori e che è venuto fuori nel 1992, sto per concludere, signor Presidente, per accordi intercorsi: vi è stato poi un lungo intervento, io ricordo, nell'aprile del 1993, da parte di Bettino Craxi. Se noi potessimo rileggere anche quel documento (credo che vi fosse anche il sottosegretario; non so se fosso presente in quella seduta) vedremmo che poneva anche dei grandi interrogativi. Pertanto tutto questo significa che forse il provvedimento in esame dovrebbe andare in sintonia o insieme alla rivisitazione e all'attuazione dell'articolo 49. Questa è una mia idea per una visione complessiva delle cose, perché anche nella disciplina giuridica dei partiti politici credo che rientri anche questo dato e questo aspetto importante e fondamentale. Infatti il contributo o il finanziamento ha senso e significato rispetto al ruolo che svolge liberamente anche un'associazione privata, come possono essere i partiti politici: ha senso se risponde e se svolge un lavoro pubblico, con ricadute pubbliche, con i controlli che si fanno proprio perché svolge un ruolo pubblico e soprattutto importante e fondamentale per la vita politica del nostro Paese.
Detto questo, signor Presidente, noi abbiamo ripresentato questi emendamenti. Non so se avranno un percorso possibile, ho i miei dubbi visto e considerato lo scenario che si prefigura per quanto riguarda le prossime ore, ma certamente è un contributo che noi abbiamo proposto in Commissione e lo reiteriamo in questo momento in aula con la speranza che il senso e significato di tutto questo sia un significato forte non sul piano tecnico, ma sul piano politico complessivo. La questione dei partiti non è definita, ma qui c'è un'azione della politica, una reattività di classe dirigente e di comportamento dove deve prevalere l'etica e la moralità. Questo ovviamente non lo possiamo prevedere per norma: lo si può prevedere nella norma, ma non significherebbe nulla. È un comportamento che coinvolge e richiede senso di responsabilità di tutti, ma questo ovviamente è un processo di maturazione, visto e considerato che i partiti per 18 anni non ci sono stati, sono stati movimenti personali. Oggi bisogna ritornare alla democrazia, dove ci sono i controlli e i bilanciamenti. Io credo che questo possa essere l'avvio per un percorso serio.
Ringrazio nuovamente il presidente della Commissione e i due relatori, che Pag. 42hanno ben lavorato e che certamente si sono segnalati per il loro impegno e per la loro serietà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, questa mattina l'Italia dei Valori ha presentato 200.000 firme qui, alla Camera dei deputati, depositando una proposta di legge di iniziativa popolare in questa materia, che prevede l'abolizione della normativa vigente in materia di contribuzione alla vita dei partiti. Noi dell'Italia dei Valori crediamo che questo fatto nuovo, peraltro già noto alle cronache, ma concretizzatosi con il deposito della proposta di legge di iniziativa popolare, sia rilevante. Molto probabilmente nei prossimi giorni questa proposta di legge sarà abbinata al testo di cui stiamo trattando. Crediamo che la forza dell'iniziativa popolare dovrebbe far riflettere, quanto meno quando andremo a discutere degli emendamenti ed uno dei nostri emendamenti prevede proprio ciò che l'iniziativa popolare di 200.000 firmatari vorrebbe.
Quanto al testo di cui stiamo parlando in sede di discussione sulle linee generali, ampiamente rimaneggiato rispetto al testo originario che era stato presentato, spiace dover dire che questo provvedimento abbia iniziato il suo tormentatissimo iter e rischia di vedere male la luce su pressione degli eventi, su pressione mediatica e, diciamo, della gente, per avvenimenti negativi che la politica ha dovuto scontare in questi ultimi tempi.
Noi avevamo avvertito da tempo questo disagio: la nostra proposta di legge, come Italia dei Valori, è una delle prime, ma ciononostante, nonostante la situazione in cui ci troviamo, c'è stata una difficilissima intesa tra i partiti che sorreggono l'attuale Governo solo per giungere ad un testo che potesse approdare all'Aula. Ricordo la stentata elevazione del taglio dal 33 al 50 per cento; ricordo il tetto sulle detrazioni delle contribuzioni volontarie da 50 a 10 mila euro al 38 per cento, su cui hanno interloquito le Commissioni, a proposito del quale il relatore Calderisi ci dice che i relatori presenteranno affannosamente un emendamento che blocchi la possibilità di spesa. Già di per sé è una norma che non sta in piedi, perché non si può concedere alla contribuzione per la politica una detrazione pari al doppio di quella che si concede alle ONLUS.
Mi sia anche consentito di contestare il tentativo che è stato fatto dall'onorevole Bressa di far saltare il referendum in materia, cioè di tentare di sostenere che la materia del finanziamento pubblico ai partiti sia una materia quasi protetta costituzionalmente, che, quindi, non potrebbe essere - come è stato fatto in passato - sottoposta a referendum. Ciò, guarda caso, perché noi abbiamo depositato un quesito referendario, per il quale raccoglieremo le firme in autunno, ed è possibile che ne presenteremo un altro proprio per l'abrogazione della legge come modificata.
Certo, aver dimezzato il finanziamento è una notizia positiva, ma, come è stato detto coloritamente dal mio presidente di partito, è un pannicello caldo: 91 milioni di euro destinati alla politica, in un momento in cui abbiamo problemi come gli esodati e come mille altri, sono sempre troppi. Il meccanismo che è stato messo in piedi è un meccanismo poco condivisibile - parlo della suddivisione 70 per cento e 30 per cento - perché incentiva una contribuzione privata, peraltro rilevante, di possibili decine e decine di migliaia di euro che possono anche nascondere fini che vanno al di là di quelli ufficiali. Se i partiti hanno una funzione pubblica, in base all'articolo 49 della Costituzione - come è stato brillantemente detto -, una modesta contribuzione pubblica dovrebbe essere tutto quello che li fa sopravvivere, assieme sì ad una contribuzione privata, ma una contribuzione privata che dovrebbe essere limitatissima e tale da non poter nemmeno far intendere il trascendere al di là delle intenzioni ufficiali.
Noi abbiamo proposto - e fa parte di un emendamento che abbiamo depositato - l'abolizione totale della normativa attuale: Pag. 43crediamo che ciò avrebbe dovuto fare la politica per dare una risposta alla disaffezione dei cittadini che, peraltro, si è mostrata ed evidenziata con chiarezza domenica e lunedì scorsi, alle elezioni amministrative.
Quindi, abolizione tout court della normativa vigente, ed elaborazione ed approvazione di una nuova normativa che fissi un tetto massimo alle spese elettorali, che attualmente sono di 40 milioni di euro circa a partito. Non è possibile prevedere che si possa spendere così tanto, perché ciò significa privilegiare chi ha tanti denari da spendere. Chiediamo, quindi, la previsione di un tetto che, nei nostri emendamenti, è di uno o due milioni di euro o, comunque, una cifra significativamente esigua, e prevedere, altresì, una contribuzione pubblica estremamente esigua e, quindi, di molto inferiore ai 90 milioni di euro che pure vengono attualmente previsti.
Inoltre, contribuzioni private, certo, ma minimali, e prevedere, al limite, non il poter «pescare», da parte dei partiti, dal 5 per mille, ma la possibilità che in sede di dichiarazione dei redditi un ulteriore 5 per mille della propria contribuzione fiscale venga donato al proprio partito di riferimento. Siamo convinti che la politica avrebbe dovuto dare una risposta seria, di alto profilo morale e di bassissimo profilo di incidenza sulle casse pubbliche. Tornando per un attimo sulla detrazione del 38 per cento dei contributi: è stato segnalata dalle Commissioni l'incertezza del costo per l'erario di questa percentuale. Il collega Calderisi ci ha preannunciato un emendamento tampone: lo valuteremo e lo giudicheremo; per fortuna che l'abbiamo previsto, ma rimane che una detrazione doppia rispetto a quella prevista per le ONLUS è veramente eccessiva, e non è un bel segnale che la politica dà fuori da questo palazzo.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Perché doppia?

DAVID FAVIA. Non è del 19 per cento, per le ONLUS?

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. È uguale, è stata alzata anche per le ONLUS!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Calderisi, il dialogo non è permesso in sede di discussione sulle linee generali; in Commissione eventualmente potete discutere.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Volevo aiutare il collega.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, vada avanti, che il tempo si fa breve.

DAVID FAVIA. Per quanto riguarda i controlli, ringrazio l'onorevole Zaccaria delle considerazioni svolte in proposito, ma rimaniamo affezionati a che il controllo lo possa fare - e presenteremo un emendamento in tal senso - la Corte dei conti, così come già lo fa per altri organismi collegati con la politica, e lamentiamo che questa normativa preveda solamente l'eventualità che la Commissione effettui il controllo verificando la conformità delle spese effettivamente sostenute e delle entrate percepite alla documentazione prodotta, a prova delle stesse.
Noi, invece, crediamo che un organismo di controllo dovrebbe verificare le cosiddette pezze d'appoggio e, quindi, la rispondenza - come giustamente viene detto nella norma - della documentazione alla spesa e la sua congruità, perché il rischio che anche nella documentazione si annidino negatività è estremamente ampio.
Avremmo auspicato una normativa più pesante, anche con l'introduzione di una normativa sanzionatoria penale, e, inoltre, non vi sono sanzioni per chi candida condannati. L'onorevole Zaccaria ha accennato alla punizione, alla sanzione o al premio di chi tenga presente le questioni di genere: ne abbiamo discusso, ci abbiamo provato in Commissione, ma purtroppo non vi è stato niente da fare. Da ultimo vorrei far rilevare che è stato soppresso l'emendamento che prevedeva un vincolo per la tipologia di investimenti che si possono fare con la liquidità in esubero. Pag. 44
Ossia era stato detto che la liquidità dei partiti, qualora fosse investita, non potesse essere investita diversamente che nel debito dello Stato. Questa norma è stata soppressa, ce ne sfugge l'obiettivo, ce ne sfugge il perché, la motivazione. Certo, se la motivazione fosse che non ci possono essere avanzi di cassa nelle casse dei partiti, questo sarebbe positivo, ma non credo francamente che la motivazione sia questa.
Noi, in ossequio anche alle 200 mila firme di cittadini che vorrebbero l'abolizione totale di queste norme che questa Camera si accinge invece solo a modificare, presenteremo l'emendamento soppressivo ed anche altri emendamenti che riteniamo migliorativi. Ci riserviamo, all'esito del dibattito in questa Camera, di decidere l'atteggiamento da tenere per il voto, ma certamente non siamo soddisfatti di questa normativa.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà. Apprezzeremo il suo intervento e la sintesi.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, il richiamo alla sintesi non mi sembra casuale. In questo dibattito, dove i relatori hanno sicuramente illustrato nel dettaglio quelli che sono stati il percorso della norma e i risultati a cui si è addivenuti, non sfugge tuttavia ai presenti, e soprattutto non sfugge dall'ampio dibattito che c'è stato in Commissione affari costituzionali, che siamo di fronte ad uno dei nodi del nostro sistema democratico.
Non a caso quando, nel 1975, venne varata la legge sul finanziamento pubblico ai partiti, in un periodo storico particolare, non solo per l'Italia, ma per l'Europa e anche in una fase in cui la politica e la funzione della politica sembravano sempre più legate ad una socialità e distanti anche da alcuni concetti o da alcuni principi delle democrazie liberali di stampo ottocentesco, in quel dibattito del 1975 ci fu, in questa stessa Aula, anche un'aspra difesa del concetto di tenere separati i partiti politici dal finanziamento pubblico e che questo fosse invece dovuto per altre attività e non per questa, che doveva essere regolata da una capacità più privatistica e da un rapporto più stretto tra gli elettori e l'organizzazione intermedia nell'organizzazione del consenso, che è proprio quella del partito politico, così come sancito dall'articolo 49 della Costituzione.
Dal 1975 ad oggi sono passati parecchi anni, vi è stato un referendum abrogativo, però il tema rimane sempre dirimente esattamente come nel 1975. Noi affronteremo - l'ha già detto l'onorevole Tassone - qui, il 24 di questo mese, l'altro pezzo di questo dibattito, cioè la natura giuridica, cosa deve essere, cos'è, cosa rappresenta nel nostro Paese oggi il partito politico, come deve essere disciplinato. È certo che la natura dello status del partito e come questo viene finanziato non sono due cose così lontane.
Vi è stato un recente dibattito tra chi sosteneva la giustezza dei sistemi anglosassoni, dove di fatto i partiti vengono finanziati dai cittadini, dagli elettori, dai comitati, e chi sosteneva un sistema più prettamente europeo, in cui c'è una partecipazione, cioè il concetto della partecipazione del cittadino alla formazione della decisione democratica e alla sua presenza attiva all'interno dei partiti politici, che poi passa anche attraverso una partecipazione che viene riconosciuta dallo Stato con un rimborso. Ora, questo dibattito, che è un dibattito decennale nel nostro Paese, a quanto pare non è ancora stato pienamente risolto, proprio su cosa devono fare i partiti, qual è la loro funzione nella società e come questi devono essere finanziati.
Nel percorso normativo che abbiamo avuto anche in modo molto veloce, perché devo dire che, al di là delle critiche che sono venute dai mass media, legiferare in questa materia e in poche settimane non è certamente stato semplice, si è giunti ad una mediazione che nell'immediato ha portato sicuramente a una riduzione molto forte dei contributi pubblici ai partiti politici e, soprattutto, ha sancito un elemento fondamentale che dovrebbe essere scontato ma, a quanto pare, non lo è Pag. 45stato negli ultimi decenni. Si tratta del ruolo fondamentale della trasparenza e di un rapporto diretto e trasparente tra l'elettore, che è il vero azionista del partito politico - elettore, cittadino, iscritto -, e la forma di pubblicizzazione dei bilanci e di come questi debbano essere, in un certo senso, mostrati, visti e controllati da quello che è, appunto come dicevamo, l'azionista principale della forma politica, cioè il proprio elettore.
Però, in questo dibattito sicuramente vi sono degli elementi che rimangono sospesi. Noi - e parlo qui ovviamente per il mio partito, cioè il PdL - abbiamo al nostro interno anche delle culture diverse, che si sono confrontate in questi anni. Penso a come è nata Forza Italia, nel 1994. Forza Italia nacque proprio come un partito che voleva darsi una forma diversa rispetto ai partiti tradizionali del Novecento italiano. Quindi, ricordo quella che era l'accusa che veniva rivolta all'epoca, cioè che fosse il «partito di plastica», perché movimento e perché partito che si formava per creare e raccogliere il consenso e non era, invece, il partito che si strutturava sul territorio e sui modelli dei grandi partiti di massa conosciuti, diciamo, all'epoca nella nostra Repubblica.
Questo modello, così criticato, è oggi il modello che viene riproposto come vincente e moderno, quello che oggi è propagandato e riproposto dai social network. In realtà, assistiamo in questa fase - e sarà estremamente interessante vedere poi come noi, cioè il legislatore, sapremo articolare questi cambiamenti che stanno avvenendo nella riforma dell'articolo 49 della Costituzione - ad una modificazione fortissima e accelerata, nella società, della formazione del consenso. Il consenso che si è formato, fino a pochissimi anni fa, attraverso degli strumenti e dei metodi tradizionali conosciuti dalla politica negli ultimi 30, 40, 50, 100 e, vogliamo dire, 200 anni, oggi ha, nel giro di 10 anni, trovato delle forme di espressione, di raccolta e di codificazione completamente diverse.
Abbiamo assistito a dei fenomeni che non sono italiani, ma sono mondiali, legati alla crescita a dismisura di un nuovo strumento di comunicazione che è stato Internet e che attraverso i social network ha dato - e lo abbiamo visto svilupparsi in varie parti del mondo, in questi ultimi 5 anni - dei radicali capovolgimenti e delle forme anche nuove non solo di formazione del consenso, ma anche di finanziamento dei partiti. Immagino la campagna elettorale di Obama, con il finanziamento via Internet (parliamo, quindi, del Presidente degli Stati Uniti d'America), dove certamente il tema non era quello del tetto, ma quello di raggiungere una quota corposa e trasparente, per cui tutti i cittadini americani sapevano come veniva finanziata la campagna elettorale del proprio Presidente e ne partecipavano. Quindi, vi era una forma di partecipazione articolata, diversa e sicuramente molto sentita dalla cittadinanza.
Questo per dire in modo sintetico, per rifarmi anche al richiamo fatto dalla Presidenza, che ci troviamo di fronte a varie opzioni. Abbiamo anche sostenuto di ridurre adesso, in modo netto e complessivo, per dare anche un segnale al Paese in un momento di grande difficoltà, i rimborsi elettorali, anche se sappiamo tutti benissimo che questa non è la risposta all'antipolitica, perché la risposta per l'antipolitica è la morte della politica, fino al punto in cui si arriverà alla nascita di una nuova politica, fatta da chi faceva antipolitica (questi sono i corsi e i ricorsi storici). Ma a fronte di questo segnale e della riforma dell'articolo 49 della Costituzione, che porteremo in Aula le prossime settimane, credo che il PdL abbia già detto di voler affrontare in modo più complessivo, per il futuro anche, nuove forme e nuovi sistemi di finanziamento.
Si è parlato del 5 per mille e di altri strumenti che possono avvicinarci, man mano, anche alla volontà del cittadino, senza ipocrisie. Questo lo dico: non cerchiamo di rincorrere degli elementi per dare una risposta all'antipolitica - invece di rigenerarci e di puntare su una maggiore trasparenza, ci fossilizziamo su tetti, quote o contro quote per quanto riguarda le contribuzioni - perché rischiamo di creare un recinto molto forte e chi poi Pag. 46deve gestirlo sui territori potrebbe trovare una grandissima difficoltà a farlo, perché si scontra con la realtà di modelli di campagne elettorali, di comunicazione di massa e di strumenti, che rischiamo di codificare in un modo troppo vecchio rispetto alle novità di chi oggi gestisce il consenso con strumenti diversi, nuovi e alternativi a quelli stessi che stiamo codificando.
Comunque, credo che lo sforzo fatto dal legislatore per arrivare ad una sintesi anche tra posizioni che partivano da culture politiche diverse, sia stato piuttosto forte, ed abbia portato ad una norma, di per sé, abbastanza bilanciata, equilibrata e, pur ricomponendo e riportando una misura e soprattutto delle sanzioni molto forti, laddove non si risponda a questo criterio di trasparenza e di pubblicità dei propri bilanci, continuiamo a ribadire che tale norma andrà assolutamente ancorata alla forma che prenderà la riforma dell'articolo 49, che discuteremo proprio in questa sede nelle prossime settimane.
Si tratta di un dibattito che probabilmente è nato al contrario: forse avremmo dovuto fare prima la riforma dell'articolo 49 e dopo quella del finanziamento dei partiti, perché sembra sempre che noi, invece di occuparci dell'ampio respiro che dovrebbe avere una materia come questa, finiamo per rincorrere, in una gara che non si può fare altro che perdere, il tam tam mediatico. Tuttavia credo che una risposta ed un segnale ai cittadini dovessero essere dati e questa sarà una risposta che non piacerà a tutti sicuramente, ma che potrà permetterci di lavorare in modo equilibrato alla riforma dei partiti che ci attende nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non me ne vorrete se non dirò più di tanto sul dettaglio di questo provvedimento, che d'altronde i colleghi che mi hanno preceduto hanno illustrato e argomentato nel modo migliore possibile, per svolgere invece qualche considerazione inerente ma di carattere più generale, tenendo conto del fatto che oggi, in realtà, non stiamo semplicemente discutendo di una legge per sottrarre dei fondi ai partiti. Se ci limitassimo a questo, quella di oggi sarebbe semplicemente una vittoria dell'antipolitica, nell'accezione peggiore del termine. Eppure, certo, ridurre i costi della politica, è giusto e doveroso e forse, ancora più doveroso, è moralizzare questa materia, renderla trasparente e rendere chiaro a tutti chi è responsabile di cosa nell'amministrare il denaro che proviene dai cittadini e che quindi appartiene ai cittadini.
Tutto questo non tanto per una considerazione economica: se anche noi abolissimo ogni forma di contributo pubblico alla politica e ai costi della democrazia, se anche abolissimo i partiti, il Parlamento ed il Governo, l'incidenza reale sui saldi della finanza pubblica sarebbe quasi irrilevante e invece pagheremmo un prezzo molto caro da altri punti di vista.
Non si tratta, dunque, di risparmiare qualche euro, ma si tratta di compiere una scelta morale che rende necessaria questa legge, perché la crisi dei partiti è la crisi della politica e la crisi della politica è la crisi della democrazia. Ma noi verso la democrazia abbiamo dei doveri: abbiamo il dovere di dare delle risposte all'insoddisfazione dei cittadini perché essa non esca dai confini delle regole.
Noi sappiamo che i cittadini sono insoddisfatti e che hanno molte buone ragioni per essere insoddisfatti, sappiamo che una di queste ragioni consiste proprio nella qualità della classe politica e degli strumenti di partecipazione che la classe politica offre ai cittadini.
Quando l'EURISPES ci dice che meno di un italiano su dieci ha fiducia in questo Parlamento - che è il luogo della democrazia per antonomasia - ci dice anche che i metodi e le forme della convivenza democratica come furono pensati dai costituenti e come ci hanno garantito sessant'anni di libertà e di relativa prosperità, queste forme e queste regole oggi forse rischiano di essere davvero in pericolo. Pag. 47
Tutto questo lo sappiamo bene, sappiamo anche però che ci sono e sono molti che vedono nella crisi della politica un'occasione d'oro, forse irripetibile, per l'affermazione di altri e diversi poteri, poteri economici e finanziari, sindacali, mediati, burocratici o corporativi, poteri che comunque sono meno trasparenti, meno soggetti ai controlli, che non devono rispondere a nessuno, tantomeno agli elettori, e che rispondono soltanto a chi porta degli interessi specifici. La regola d'oro della democrazia invece è proprio il contrario: gli elettori devono sapere, sono in grado di giudicare e possono scegliere; se un partito fallisce, si vota un altro partito, se un'intera classe dirigente non è all'altezza, la si manda a casa con il voto, e se ne sceglie un'altra al suo posto. Ma distruggere, delegittimare, squalificare gli strumenti con cui tutto questo avviene, gli strumenti attraverso i quali il cittadino può essere protagonista, gli strumenti attraverso i quali il cittadino può criticare e cambiare, significa rendere un cattivo servizio non ai partiti, come si pensa, ma all'Italia e agli italiani.
I cittadini devono sapere che molte picconate non colpiscono un'oligarchia più o meno delegittimata, colpiscono in realtà il loro diritto di scegliere da chi vogliono essere governati. Sappiamo invece che esiste in Italia una forte spinta a delegittimare - spesso addirittura a ridicolizzare - la politica, i partiti e le stesse istituzioni. Onorevoli colleghi, non facciamoci illusioni, questo problema non si risolve tagliando i fondi ai partiti così come il Parlamento ed i parlamentari non sono diventati più credibili o più popolari perché ci siamo ridotti lo stipendio - anzi, non lo sa nessuno che ci siamo ridotti lo stipendio - e tantomeno perché abbiano aumentato i prezzi della buvette o del ristorante della Camera. La credibilità della politica non si riconquista con questi mezzucci, si riconquista se la politica saprà dimostrare di essere in grado di dare delle risposte ai cittadini, una risposta ai problemi del Paese ma prima ancora una risposta alla voglia e al bisogno di partecipazione, un bisogno ed una voglia che esistono e che sono molto diffusi nonostante le apparenze.
Gli italiani hanno la voglia ed il diritto di essere protagonisti delle scelte che li riguardano; il grande successo, alle ultime elezioni amministrative, del movimento fondato da Beppe Grillo, nasce proprio dalla sensazione che questo possa offrire una risposta a questo diritto e a questo bisogno. Certo, noi sappiamo che non esistono risposte semplici a problemi complessi, il successo di un comico è un sintomo della crisi, non è certo una terapia per la guarigione. È un sintomo che va interpretato senza inseguirlo ma anche senza demonizzarlo. Anche per questo è giusto ridurre le spese della politica, è una condizione necessaria ma non sufficiente per affrontare la malattia che sta erodendo la democrazia italiana, una malattia per effetto della quale la politica non ha messo in condizioni di decidere e di compiere scelte importanti un Governo scelto quattro anni fa democraticamente dai cittadini italiani, una malattia per effetto della quale ci si è dovuti affidare ad altri poteri per costruire un Governo per effetto del quale la politica ha già ceduto una quota di sovranità ad altri ambienti ritenuti, a torto o a ragione, più efficienti e credibili.
Noi abbiamo grande rispetto per quanto sta facendo il Governo tecnico che, non dimentichiamolo, può esistere grazie all'atteggiamento responsabile di Silvio Berlusconi che, mai sfiduciato dal Parlamento, ha preferito fare un passo indietro piuttosto che lacerare un Paese in difficoltà. Abbiamo grande rispetto per un Governo che, con il nostro decisivo apporto, sta facendo il possibile e forse più del possibile, fra mille difficoltà, per fronteggiare una crisi gravissima, ma questa non può che essere una soluzione a termine, e fra meno di un anno la parola tornerà agli italiani. Quel giorno non saranno i tecnici a decidere, ma saranno i cittadini, e se quel giorno gli italiani non torneranno a trovare sulla scheda elettorale un'offerta politica nella quale poter credere, e alla quale dare fiducia - un'offerta Pag. 48politica credibile -, se tutto questo non accadrà, allora probabilmente non ci saranno i forconi che qualcuno evoca - perché gli italiani è gente matura e civile - ma ci sarà certamente il caos.
Un caos non diverso da quello che vediamo con apprensione, in questi giorni, in un Paese vicino ed amico come la Grecia. Allora, onorevoli colleghi, torniamo alla responsabilità dei partiti, la responsabilità di essere sobri e trasparenti. Questo provvedimento realizza un obiettivo, quello di ridurre un onere troppo grande e di spostare una parte della contribuzione al finanziamento volontario degli aderenti, dei simpatizzanti e degli elettori, di ridurre davvero della metà questi oneri. Mi spiace contraddire il mio amico, onorevole Vanalli, al quale, come lui sa, va la mia simpatia, oltre che la mia stima, ma in questo caso, onorevole Vanalli, si tratta di ridurre della metà i contributi ai partiti, senza nessuna forma di recupero surrettizio.
Certo questa non è l'unica forma possibile per finanziare la politica. Forse non è neanche il modello migliore, almeno per chi apprezza il modello americano, nel quale i partiti sono sostenuti solo dai fondi privati, ma è probabilmente il massimo che si può fare oggi senza scardinare le condizioni del gioco democratico. Questo lo sanno benissimo anche i nostri amici della Lega Nord Padania, anche se le loro difficili e dolorose vicende interne, per le quali abbiamo il massimo rispetto, li inducono oggi a dimostrarsi più virtuosi di tutti, più realisti del re, ma, amici della Lega Nord Padania, si tratta di una virtù facile a parole, soprattutto perché poi è priva di effetti.
Certo, colleghi, quelle previste in questo provvedimento non sono neanche le uniche modalità possibili per assicurare un sistema di controlli adeguato al meccanismo dei partiti. Attenzione, però, noi dobbiamo creare un sistema di controlli che non vincoli la libertà di scelta dei singoli partiti, che non vincoli la libertà dei singoli partiti di utilizzare le loro risorse secondo i criteri che liberamente e democraticamente i singoli partiti definiscono. L'esistenza stessa dei partiti ha senso se i singoli partiti sono liberi, totalmente liberi, di compiere le proprie scelte. Non può esserci nessuna ingerenza di poteri esterni, neppure di altre istituzioni, sulla vita interna dei partiti, altrimenti si uccide uno dei criteri fondanti della democrazia liberale. Ma siccome ogni libertà comporta anche una responsabilità, a questa libertà dei partiti deve corrispondere una assoluta trasparenza e quindi la libertà degli elettori di conoscere e giudicare e un assoluto rigore, come si conviene a chi svolge una funzione pubblica e si avvale per questo dei fondi pubblici.
Onorevoli colleghi, questo provvedimento per molti aspetti, come ha ricordato poco fa l'onorevole Lorenzin e prima di lei altri colleghi in questo dibattito, si lega molto ad un'altro, che è già all'esame della I Commissione (affari costituzionali) e del quale ho l'immeritato onore di essere il relatore: il provvedimento sull'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione e quindi sullo stato giuridico dei partiti. Insieme questi due provvedimenti verranno a costituire un corpus di norme con una funzione importante, quella di creare le condizioni perché i partiti siano davvero, e vengano percepiti dalla gente, come uno strumento di servizio che i cittadini pagano perché sono utili per la vita di ciascuno e non per un obbligo imposto dall'esterno. Sarebbe una vera rivoluzione copernicana in un contesto nel quale oggi i partiti vengono descritti al contrario come un male inevitabile, come una sorta di esercito di occupazione straniero dal quale bisogna difendersi e magari cercare di liberarsi. È una rivoluzione copernicana, colleghi, che non si fa con le leggi, ma con la consapevolezza di chi fa politica. Le leggi aiutano, ma non sostituiscono mai la volontà politica. L'Italia negli ultimi vent'anni è cambiata. Ha imparato ad aspettarsi di più da una politica capace di parlare il linguaggio della gente. Sta a noi, a tutti noi, ritrovare questo linguaggio, fatto di contenuti e non solo di parole, oppure lasciare il posto ad altri che sapranno Pag. 49farlo meglio di noi. Abbiamo il dovere di provarci, verso noi stessi e verso chi ci ha votato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà per nove minuti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, l'iniziativa legislativa del testo unificato delle proposte di legge sul finanziamento pubblico dei partiti, sebbene nata da insistenti attacchi esterni al mondo politico, è pur sempre un segno che il Parlamento è, in qualche modo, lo specchio del nostro Paese.
In Parlamento vi è chi critica il dimezzamento dei contributi e chi, invece, ritiene che bisognerebbe abrogare completamente il finanziamento pubblico. Noi della componente Grande sud-PPA del gruppo Misto, insieme alla Lega Nord Padania, abbiamo invece chiesto al Parlamento di rinunciare a discutere il testo, quasi blindato in I Commissione in sede legislativa, senza un ampio dibattito in Aula. Noi siamo del parere che, allo stato, vi sia ancora bisogno di un contributo pubblico alla politica, per evitare che questa sia riservata soltanto a pochi gruppi di cittadini benestanti, con una netta discriminazione degli strati popolari degli elettori italiani. Nello stesso tempo, non dobbiamo trascurare che il testo che abbiamo di fronte affronta anche il tema del contributo privato, sia degli iscritti ai partiti, sia dei sostenitori esterni. D'altra parte, in grandi Paesi come la Germania, la Francia o la Spagna, i partiti vengono finanziati dallo Stato in misura molto vicina a quella che riguarda i nostri partiti. Si tratta, però, di prevedere, anche in Italia, un sistema di verifiche serio che impedisca comportamenti truffaldini di singoli personaggi che si definiscono dirigenti dei partiti.
L'accelerazione data nel calendario parlamentare all'argomento è dovuta, principalmente, agli episodi di malcostume di alcuni tesorieri degli stessi partiti presenti in Parlamento, e anche di partiti che non esistono più.
Riteniamo inoltre che l'Italia, anche in questo caso, non abbia bisogno di istituire nuovi strumenti di verifica e di controllo. Questi strumenti vi sono, sono sufficienti e esistono senza bisogno di ulteriori spese. Non ci hanno, infatti, persuaso le ragioni per cui si è prevista l'istituzione di una commissione formata poi, nella struttura fondamentale, dalla stessa Corte dei conti esistente. Non capiamo qual sia la ragione di questo, e la giustificazione che è stata addotta, ossia che vi sono contributi privati, per cui bisogna prevedere anche un delegato della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato, non ci convince. Riteniamo che la Corte dei conti sia un istituto, magari con una sezione specifica, che può benissimo verificare la trasparenza dei contributi pubblici e privati, nell'esercizio del suo diritto-dovere di controllare la gestione di questi contributi.
Vorremmo inoltre che si innovasse la materia tenendo conto anche della crisi economica dell'Eurozona e della necessità di ridurre gli sprechi in tutti settori vitali dello Stato, compreso quello della politica.
Il dibattito nel Paese ci dovrebbe indurre a scrivere norme chiare sulla definizione di partito. Per esempio, nel sistema di finanziamento pubblico tedesco, sta al primo posto, proprio in testa, la definizione di partito politico, evitando ogni riferimento ai movimenti. Non ho capito perché bisogna finanziare i partiti ed i movimenti politici. Spesso questi movimenti sono fantasmi, che oggi ancora incassano somme non dovute, anche quando non esistono.
Le organizzazioni che hanno eletti nel Parlamento italiano o europeo o nei consigli regionali si possono definire soltanto partiti, che hanno statuti e regolamenti che rispettano la lettera e lo spirito dell'articolo 49 della Costituzione repubblicana, che si intende normare per legge a partire dal giorno 24 di questo mese.
Anche la giustificazione della trattazione di questi due argomenti in leggi diverse ci sembra non convincente. Nemmeno la citazione che ha fatto il collega Zaccaria ci convince con il testo portato a giustificazione di questa separazione, che è Pag. 50quello di Costantino Mortati, il quale, come ben ricordava l'onorevole Tassone, su questo punto ha subito proprio la sconfitta democratica all'interno in quest'Aula.
Oggi in Italia vi è la necessità di stabilire con chiarezza la definizione dei compiti dei partiti, nonché di regolamentare gli ordinamenti interni degli stessi attraverso statuti e programmi. Tale disciplina, prevista per legge, difficilmente può essere disgiunta dalla materia del finanziamento pubblico, di cui devono essere stabiliti i principi ed entità per agire con determinazione e porre fine agli scandali, che aggravano la diffidenza dei cittadini verso la politica e le istituzioni. Questa è la cosa più importante.
I partiti devono essere obbligati a fornire una pubblica rendicontazione circa l'utilizzo dei fondi, che sono affluiti nelle loro casse o tesorerie. In definitiva, quindi, il provvedimento anche se presenta qualche anomalia da correggere con gli emendamenti in Aula, costituisce pur sempre un passo avanti verso un sistema che ormai è già stato sperimentato in altri Paesi con buoni risultati.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà, per due minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, voglio esprimere la mia profonda delusione per il testo che è stato portato in Aula e che è stato illustrato dai relatori e, conseguentemente, per il dibattito che ha fatto riferimento a quel testo.
Noi - lo rivendico a merito del mio gruppo - siamo stati i primi a presentare, già il 14 dicembre, una proposta di legge per ridurre l'entità del finanziamento pubblico ai partiti. Ancora non erano accaduti gli scandali, che hanno riguardato prima il tesoriere della Margherita e poi il tesoriere della Lega. Tuttavia, dopo l'approvazione del cosiddetto decreto salva Italia, noi avevamo colto il limite di sofferenza della cittadinanza italiana e avevamo quindi proposto una forte riduzione del finanziamento pubblico. I relatori hanno portato in Aula un testo che propone una riduzione del 50 per cento. Questo finanziamento pubblico rimane.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Noi avevamo proposto l'80 per cento e abbiamo presentato emendamenti per sopprimere il finanziamento pubblico.
Infatti non è vero che se non c'è il finanziamento pubblico la politica la fanno soli i ricchi. Se non c'è il finanziamento pubblico la faranno solo coloro che hanno valori nei quali credono, ideali da difendere e un servizio da rendere al Paese. Per cui noi abbiamo già presentato emendamenti soppressivi del finanziamento pubblico e continueremo a fare la nostra battaglia affinché i partiti si autofinanzino e vengano finanziati dai loro militanti, simpatizzanti ed elettori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la prego di avvisarmi quando sarò giunto a dieci minuti. Sarò inevitabilmente schematico, anche se ovviamente il tema e il dibattito che si è svolto aiuterebbero e solleciterebbero molte riflessioni e molti spunti. Cercherò di procedere schematicamente. È chiaro, signor Presidente, mi rivolgo anche ai relatori, che quello dei relatori è un compito preciso al quale essi hanno assolto nel migliore dei modi, cioè quello di fare emergere dalle diverse proposte che sono state presentate in sede di Commissione sull'argomento in esame un testo, che si chiama «testo base», dal quale si parte e che lascia e, vorrei dire, impone al Parlamento, attraverso anche la sua organizzazione, di migliorarlo e che comunque impone un confronto che in qualche modo consenta ai partiti e ai gruppi parlamentari di esporre le loro idee, le loro ragioni e le loro proposte di modifica. Pag. 51
Sovranamente l'Aula, in base al consenso che si realizza su di esse, poi decide come e quanto modificare il testo base. Purtroppo ci troviamo in una condizione - questo è il primo elemento che vorrei fare emergere, signor Presidente - nella quale diamo per scontato che il testo presentato dai relatori sia «blindato» e debba essere licenziato dall'Aula. Lo sforzo dei relatori, che è stato grande, è ovviamente quello di fornire la base di partenza. Sarebbe grave, non solo ovviamente per la politica ma per la vita stessa dei partiti, se essi si sottraessero ad un confronto pubblico, anche qui dentro, che possa essere recepito, magari per una volta, con la sua autorevolezza, fuori da quest'Aula, e nel quale i partiti si assumano la responsabilità - essendo questo un testo inevitabilmente di mediazione - di dare per acquisiti alcuni elementi. Chiarisco subito che questo testo presenta un dato positivo: dimezza intanto i contributi del finanziamento pubblico restanti, quindi già questo è un elemento in base al quale, essendo tutti i partiti d'accordo, mi sento di dire che, anche se non concorderò probabilmente con molte delle previsioni contenute nel provvedimento in esame, voterò a favore di esso, perché almeno contiene tale previsione.
Tuttavia non credo che i partiti, tutti, possano sottrarsi, nel momento in cui ci troviamo ad affrontare un argomento del genere, dal dire chiaramente e proporre alla valutazione dell'Aula eventualmente una modifica concordata con chi è d'accordo, le loro opinioni rispetto al tema del finanziamento pubblico, dei rimborsi elettorali, dei controlli e via dicendo.
Mi preoccupa che noi rapidamente chiudiamo questo dibattito, portando a casa quello che è possibile e senza che domani ciascun partito possa rivolgersi alla gente, che fuori di qui si aspetta da noi la chiarezza di posizioni e anche la rivendicazione di cose magari impopolari, affinché sia in grado di dire e di capire esattamente se la posizione, ad esempio, del Partito Democratico, sul tema dei controlli sia effettivamente quella che è inserita nel testo della Commissione, perché è chiaramente un punto di mediazione, ovvero se è diversa.
Sappiamo perfettamente, lo sa perfettamente il relatore Bressa, ancorché, lo ripeto, ha svolto giustamente il suo lavoro, quale sia il compito del gruppo del Partito Democratico, per esempio, nel momento in cui ci troveremo ad affrontare questo testo, atteso che non stiamo parlando di un programma di Governo dei tecnici. Sappiamo benissimo che i tre partiti che si sono assunti questa responsabilità su alcune materie hanno il dovere anche di fare uno sforzo aggiuntivo perché si arrivi a una mediazione e si portino a casa i testi che il Governo mette in campo su materie economiche o altro, ma qui stiamo parlando di un segmento, di una parte di cui la politica dovrebbe appropriarsi; una parte riguardo alla quale la politica dovrebbe avere la forza di rilanciare un dibattito nel Paese per confrontarsi ed arrivare ad accettare la decisione dell'Aula, decisione con la quale poi ci si rivolge agli elettori e si dice: noi avremmo voluto fare così, purtroppo dall'altra parte hanno voluto fare diversamente, in questo Parlamento non siamo la maggioranza e quindi il testo che ne è venuto fuori avrà qualche miglioramento che abbiamo apportato ma chiaramente è un testo che noi avremmo voluto in modo diverso.
Qui non c'è un vincolo di maggioranza - lo dico ai relatori, ovviamente ciascuno appartiene a un partito diverso - qui non c'è un vincolo di maggioranza. Allora il segretario del Partito Democratico, onorevole Bersani, ha presentato prima di tutti un testo in tema di finanziamento pubblico che prevede sostanzialmente, senza troppi distinguo, che il controllo avvenga attraverso il vaglio della Corte dei conti. Lo ha presentato il segretario del Partito Democratico. So perfettamente quale è l'obiezione, cioè che per arrivare ad approvare il testo dei relatori, è chiaro che il compito dei relatori era quello di mediare, ma quello è il compito dei relatori. Io vorrei che qui in Aula - nel corso del dibattito su questo provvedimento - il Partito Democratico dicesse, per esempio, Pag. 52che i controlli - così come ha detto il suo segretario e come hanno detto in tanti - fossero quelli della Corte dei conti.
Poi se l'Aula nel suo assieme deciderà che invece è giusto che sia la Commissione è chiaro che dovremo subordinarci alla volontà sovrana dell'Aula. Questo vale per questo aspetto e per qualunque altra cosa; altrimenti, vi è il rischio che, fuori di qui, su questo tema e su altri temi che appartengono alle decisioni anzitutto dei partiti, alla necessità dell'iniziativa dei partiti proprio per rispondere all'antipolitica - qualcuno la chiama così - ad una politica diversa - posso chiamarla così io - vi sia qualcosa che mette in discussione la nostra capacità come partiti, come gruppi parlamentari, come singoli parlamentari, di fornire delle risposte che abbiano il dono della chiarezza.
Faccio degli esempi. Abolizione delle province: siamo impantanati. Riforma della legge elettorale: siamo impantanati. Riforme costituzionali, per di più con i tempi che abbiamo: siamo impantanati. Siamo impantanati perché i partiti non hanno una posizione chiara ciascuno al suo interno? No, siamo impantanati perché ci troviamo in una situazione di difficoltà di trovare una quadra. Ma allora, vogliamo ridare centralità al Parlamento? Veniamo qui, confrontiamoci e vediamo qual è esattamente - come accade sul finanziamento pubblico, così su altro - la decisione del Parlamento.
La peggiore cosa che può fare la politica e i partiti rispetto a quello che sta accadendo fuori di qui è, come dire, demonizzare, dall'altra parte, chi porta un messaggio diverso: attenzione, rigore e onestà vuole che non porta solo un messaggio diverso - onorevole Calderisi, onorevole Bressa - ma porta anche comportamenti diversi. Io non concordo in nulla con Grillo, né sui modi, né su molte delle cose che dice, ma una verità c'è, caro onorevole Orsini, ancorché penso che un minimo di rimborso ai partiti debba esserci. Mi riferisco al fatto che Grillo poteva incassare un milione 700 mila euro alcuni mesi fa, ma non ha preso una lira, e se arriva ai dati che ci siamo detti è perché probabilmente intercetta - siccome non penso che milioni di persone siano pazze o eversive - un disagio e lo raccoglie in un determinato modo, ed ha almeno ha la coerenza di non aver preso quei soldi, e ha dimostrato che si può fare politica, la sua, non la mia.
Penso che sia giusto riservare un cip ai partiti e penso che sia anche giusto (arrivo alla parte che più mi interessa) che questo cip possa essere raccolto, se è un rimborso elettorale, dai partiti nel momento in cui abbiano almeno un'espressione eletta nei diversi consigli che sono previsti; ma un cip è un discorso, un meccanismo di un certo tipo è un altro.
Voi avete fatto un testo - signori relatori, lo ripeto con tutto il rispetto - che in questo, secondo me, ha di fondo un suo errore e una sua gravità. Mi riferisco a una scelta popolare, non di cinquant'anni, vinta attraverso un referendum, ribadita attraverso un altro referendum che non ha raggiunto il quorum ma che facendo lo spoglio dei voti aveva circa l'80-85 per cento. In tali circostanze il popolo italiano ha ripetutamente detto (e, se glielo riproponete, anche oggi ve lo ripete) che è contrario al finanziamento pubblico ai partiti; è contrario cioè a che l'attività dei partiti sia finanziata attraverso i fondi pubblici.
A suo tempo, a mio avviso, salvo le degenerazioni, fu fatto un ragionamento che diceva: benissimo, non diamo soldi ai partiti, però, a quei partiti che concorrono alle elezioni, diamo un rimborso. Di degenerazioni ne abbiamo conosciute, compresi i partiti che non concorrevano più, che erano morti e continuavano a prendere soldi, ma siccome partecipare a una campagna elettorale ha delle spese, diamo un rimborso - che poi fu stabilito, come sapete, nello 0,70-0,65 per cento - delle spese elettorali. Piccolo particolare: un rimborso presuppone che vengono fatte delle spese, vengono certificate...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. ... e poi queste spese, però, vengono rimborsate per quello Pag. 53che sono. No, invece è successo quello che è successo. Voi oggi prevedete il ritorno indietro.
Lo dico ai relatori: ci pensino, perché voi state introducendo di nuovo il finanziamento pubblico e lo rivendicate anche nella relazione. Penso che questo sia un errore strutturale. Noi dobbiamo garantire il rimborso elettorale, garantire che il rimborso elettorale vada soltanto a coloro che hanno avuto la capacità di avere gli eletti, ma - e arrivo agli ultimi due punti del mio intervento - una parte di soldi dello Stato che non sono diretti come rimborsi dobbiamo prevederla per altri soggetti. Lo dico anche all'onorevole Orsini che ha svolto un bell'intervento e ha presentato un testo unificato adottato come testo base per la riforma dell'articolo 49 della Costituzione concernente i partiti. In questo testo lei, all'articolo 2, afferma che i partiti politici sono libere associazioni di cittadini che concorrono a determinare la politica nazionale. Prevede, inoltre, sei lettere, in una delle quali, la lettera d), lei scrive: partecipando mediante la partecipazione di candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e via dicendo.
Questa non è attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, ma è modifica surrettizia dello stesso articolo 49 della Costituzione che, come lei sa, dovrebbe essere approvata con le procedure speciali che prevede la Carta costituzionale in materia. Infatti, l'articolo 49 della Costituzione, se avesse voluto porre delle condizioni e dei limiti al significato dei partiti, l'avrebbe fatto. Invece, afferma molto semplicemente che tutti i cittadini - ripeto tutti - hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Basta. Attraverso l'inserimento del vincolo sulla quota, non dei rimborsi elettorali, ma anche del finanziamento diretto da parte dei privati, ancorché con i meccanismi strani che prevedete, voi inserite in questo, prefigurandolo e nel testo Orsini, che lo raccoglie, una modifica sostanziale dell'articolo 49 perché inserite che per essere partiti bisogna avere comunque un eletto. Ciò non sta scritto da nessuna parte.
E nella vostra proposta voi prevedete che del 100 per cento della torta dei finanziamenti il 70 per cento viene presa dai partiti che hanno, com'è giusto, il premio di avere un eletto in Parlamento; circa quel 30 per cento restante - parliamo di 23 milioni all'anno - non stabilite di lasciarlo ai partiti «più sfigati» che non possono utilizzare l'altra parte, dato che il 70 per cento lo prendono i partiti che entrano in Parlamento, che sono più potenti e hanno di più.
Quindi, pure quel 30 per cento, che non è dato direttamente, ma è dato su base volontaria dal cittadino che sottoscrive in qualunque modo per la detrazione, piuttosto che per il 5 per mille, una quota a quel partito perché ha fiducia in quel partito, deve essere appannaggio soltanto di coloro che hanno gli eletti in Parlamento. Adesso derubricate, ma nel derubricare non cambiate il principio, lo lasciate come un principio insopportabile, costringete semplicemente a che quei soldi vadano ai partiti che già li pigliano, imponendo in questo modo, peraltro non rendendovene conto, la sicura proliferazione dei simboli dei candidati. Posso immaginare cosa succederà perché se si sa che con l'1 per cento si possono ottenere le detrazioni e via dicendo...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. Ho finito, signor Presidente, le chiedo scusa, un minuto solo ancora. È chiaro che in questo modo voi prefigurate che, non solo la semplificazione nella politica va a farsi benedire, ma che addirittura moltiplichiamo i simboli. Infatti, ciascuno sa che se presenta un simbolo e se per grazia di Dio riesce ad avere l'1 per cento, ecco là che ha fatto e, comunque, può prendere quello che altri non possono prendere.
E a tutte quelle realtà, che si chiamino partiti o si chiamino in un altro modo, che magari sono molto più reali - penso alle liste civiche - che decidono di fare la loro Pag. 54politica, di attuare l'articolo 49 della Costituzione, senza intasare il treno elettorale, e che magari fanno molte più iniziative e con molto più valore, niente. I soldi vengono presi per il 70 per cento dai partiti rappresentati in Parlamento direttamente e per il 30 per cento dai partiti rappresentati in Parlamento indirettamente. Gli altri non esistono! Noi stiamo dicendo, cioè, che la realtà politica e democratica di questo Paese si articola esclusivamente attraverso - sarà così - sette, otto, nove partiti, cinque che entrano in Parlamento e tre che stanno fuori. Ho veramente concluso, signor Presidente, ma, purtroppo, non è semplice. Ovviamente, devo saltare parecchie cose, mi focalizzo solo sul tema dei controlli.
L'ho detto all'inizio. Capisco perfettamente che questo Paese nella sua storia - soprattutto quando si verificano eventi un po' contraddittori - ricorre sempre agli istituti speciali. Si rifiuta sempre di adire a quelle che sono le soluzioni ordinarie. Si ricorre agli istituti speciali. Ovviamente c'è un problema di controlli. Ne parliamo dopo che i buoi sono scappati e che è accaduto tutto quello che è accaduto. Invece di rivolgersi all'organo che normalmente è adibito al controllo, come diceva il collega Zaccaria, si prevede una commissione speciale. Un partito non è uguale alla pubblica amministrazione però, prende soldi pubblici e quindi diciamo che l'analisi sui partiti è molto più vicina all'idea che ad esercitare il controllo sia la Corte dei conti, che si occupa della pubblica amministrazione e, quindi, anche dei fondi pubblici piuttosto che una commissione speciale. Oltre i costi di organizzazione - infatti non sono solo cinque magistrati ma gli va costruito intorno un bel sistema magari con qualche fuori ruolo che si prende altri 600-700 mila euro, così come fanno da qualche altra parte - si sottrae il sistema dei partiti a un meccanismo che ormai dovrebbe essere rodato che è quello della Corte dei conti. Mi auguro invece che il mio partito, che ha presentato su questo una proposta esattamente conforme a quello che sto dicendo, sia in qualche modo conseguente e proponga la sua proposta che poi verrà respinta - pazienza - ma ovviamente sarà chi ha respinto la proposta a farsi carico di spiegare le ragioni.
Concludo, signor Presidente, non voglio portare via tempo anche perché tutti sono stati brevi. Mi sarebbe piaciuto mettere in campo molte altre idee e valutazioni che ho e cercherò di farlo anche fuori da quest'Aula. Concludo semplicemente con un invito ai relatori, che forse ora sono un po' più attenti, un invito umile ai relatori, ai partiti, ai gruppi a riflettere su qual è - attraverso questo straordinario momento che abbiamo di dibattito parlamentare - il modo migliore per rispondere non all'antipolitica, ma alla richiesta, pressante, che ci arriva da parte di tutti gli elettori di tutti i partiti e anche da parte di quelli che non votano, di avere un momento di chiarezza nel confronto, indicazioni su quali soluzioni trovare ad alcune questioni, a cominciare da quella, onorevole Bressa e onorevole Calderisi, se effettivamente questo Paese nel 2012, con tutto quello che è successo, in risposta ai casi Lusi, ai casi Belsito e via dicendo, avesse questa stressante esigenza di ritornare e reinserire, come modifica sostanziale del provvedimento, il finanziamento pubblico.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà, per sei minuti.

LINDA LANZILLOTTA. Cercherò di rientrare nei tempi, signor Presidente. La discussione sul finanziamento dei partiti e sul finanziamento della politica arriva in Parlamento sotto l'onda degli scandali dei tesorieri infedeli. Sono state vicende sconcertanti per tutti, non solo per la politica, ma per tutta l'opinione pubblica che tuttavia hanno avuto un merito, cioè quello di scoperchiare la realtà di finanziamenti sovrabbondanti, utilizzati senza controlli, destinati spesso a finalità molto diverse da quelle che la Costituzione assegna ai partiti. Si è cercato di ricorrere ai ripari per arginare il discredito dilagante dei partiti presso l'opinione pubblica, ma sempre Pag. 55inseguendo - a mio avviso, male e tardivamente - le campagne di opinione e mai tentando invece di anticiparle, imboccando la via di una radicale discontinuità, indispensabile per ricostruire il rapporto di fiducia con i cittadini. E non è un caso - credo - che la crisi dei partiti esploda in concomitanza con gli eventi che segnano inequivocabilmente il fallimento della missione che la Costituzione ha loro assegnato.
Il Governo tecnico, come è stato più volte sottolineato, rappresenta la plateale sconfitta dei partiti, che nell'ultimo quindicennio non sono stati in grado di tradurre un progetto politico al servizio e nell'interesse del Paese e soprattutto di tradurre in un progetto le domande, i bisogni, gli interessi, le aspirazioni dei cittadini singoli e dei gruppi sociali. La situazione che stiamo vivendo è il sintomo di una democrazia malata, che si è ammalata da quando nel 1992 si è sostanzialmente interrotto il flusso circolare tra partiti e società. Però paradossalmente negli anni in cui i partiti non venivano più alimentati dal corpo sociale si sono ampliati come occupatori della società piuttosto che soggetti capaci di rappresentarla e interpretarla.
Paradossalmente, mentre si affievoliva il loro ruolo politico e costituzionale, si dilatava invece il loro potere di selezionare una classe dirigente nazionale e locale sempre più ampia e variegata, ma totalmente disancorata da comuni valori di responsabilità sociale e di etica pubblica e priva di una comune visione di modernizzazione e di crescita. La riforma dei partiti e del loro finanziamento deve partire da qui, da un'emergenza istituzionale, e andare di pari passo con misure forti di separazione della politica dalla gestione diretta della cosa pubblica, misure che sono poi le stesse con le quali si può prevenire la corruzione. Dunque il primo punto è ricondurre i partiti alla loro funzione costituzionale, il secondo è adeguare le forme della partecipazione alle modalità con cui oggi le persone creano comunità. Un tempo le sedi di partito e la militanza erano i luoghi e le forme in cui i cittadini si informavano, si confrontavano, esprimevano il loro impegno civile. Oggi le fonti di informazione e i canali di partecipazione sono l'associazionismo, il volontariato, i media, la rete e non si possono ignorare questi mutamenti e continuare a finanziare con soldi pubblici strutture ipertrofiche e costose che i cittadini frequentano sempre meno e che corrispondono ad un modello novecentesco di organizzazione della società e della politica. I partiti devono reinventare il loro modo di interagire con il tessuto sociale e ridurre drasticamente dimensioni e costi di apparati e burocrazie. L'attuazione dell'articolo 49 non so se darà dei frutti, ma senza quell'attuazione non è chiaro cosa si finanzierà, i cittadini non lo capiranno e questa riforma li deluderà.
Il finanziamento è legato alla vita dei partiti: possono essere finanziati se hanno un sostegno vero, se sono riconosciuti come portatori di idealità e dunque se trovano forme di finanziamento da parte dei cittadini, ma non indifferentemente per contributi pubblici e contributi privati. I contributi pubblici devono coprire spese documentate sostenute per le elezioni. I contributi privati, che in questo testo sono troppo minoritari rispetto al cofinanziamento pubblico, devono essere gli unici che finanziano le strutture di partito, perché i partiti possono crescere solo se sono riconosciuti dai loro militanti, dai loro iscritti e dai loro aderenti.
Il testo approvato in Commissione non dà risposte alle prime due questioni che ho posto: cosa è un partito, qual è la sua forma e le sue regole - per rispondere coerentemente all'articolo 49 -, quale il modello organizzativo compatibile con costi sostenibili e trasparenti e con un rapporto di reciproca autonomia con l'economia e con la società. Questo testo si limita a modificare la disciplina del finanziamento sostanzialmente in due punti rilevanti, certo non banali ma non esaustivi: l'ammontare complessivo che viene dimezzato e i controlli, che vengono resi più stringenti. Ma il finanziamento pubblico continua a finanziare, come dicevo, non solo i costi delle campagne elettorali, Pag. 56ma gli apparati. Ci auguriamo che nella discussione alcuni punti possano essere migliorati, ma il timore è che i cittadini si sentano ancora una volta aggirati e che questo sforzo pur apprezzabile dei partiti non segni un momento di ricostruzione di quella relazione fiduciaria e di quel rispetto, di quel modo per restituire onore e decoro ai partiti, che è il fondamento per una democrazia solida.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gava. Ne ha facoltà, per tre minuti.

FABIO GAVA. Signor Presidente, il testo unificato che ci apprestiamo a discutere e a votare nei prossimi giorni costituisce sicuramente un passo avanti rispetto a questa delicata materia del finanziamento pubblico e del finanziamento in generale ai partiti. È un passo avanti per quanto attiene alla trasparenza, è un passo avanti soprattutto per quanto attiene all'entità ed è anche un modesto passo avanti per quanto attiene al controllo. Vi sono però delle criticità: sicuramente in ordine ai controlli noi avremmo preferito, come altri colleghi hanno già indicato in quest'Aula, che il controllo venisse fatto dall'organismo principe per queste materie, cioè la Corte dei conti. Riteniamo che vi sia una criticità di fondo in questo testo unificato, perché esso, come è stato anche opportunamente sottolineato, non supera sostanzialmente il finanziamento pubblico.
Anzi, per certi aspetti, rappresenta un aggravio rispetto ad altre proposte che sono state presentate, con il meccanismo - un po' complesso - della detrazione al 38 per cento - ma abbiamo sentito che, forse, sarà ridotta - e del finanziamento di 0,50 euro da parte dello Stato in ordine alle risorse che i partiti possono raccogliere direttamente dai loro sostenitori.
Nelle altre proposte di legge, due delle quali anche da noi presentate, il rapporto, sotto questo profilo, sarebbe stato più diretto - verso 2 e fiscalmente scarico 1 - e, quindi, tra l'altro, sarebbe stato meno oneroso per lo Stato. Inoltre, sempre in alcune delle nostre proposte, è prevista la possibilità di un contributo anche per i nuovi partiti che si affacciano all'agone politico.
Quale deve essere, infatti, il limite al finanziamento pubblico? Io ritengo che il limite vero sia dato dalla possibilità di esercitare l'attività politica in maniera democratica e che questo sia garantito attraverso quel minimo di risorse che non faccia sì che l'attività politica sia solamente ad appannaggio di pochi.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Gava.

FABIO GAVA. Le proposte presentate andavano, a nostro avviso, maggiormente in questa direzione e, soprattutto, garantivano la possibilità di recuperare il rapporto dei partiti con i cittadini e con la società civile, che non ci sembra altrettanto garantito nel testo unificato.
Ci auguriamo che l'attività emendativa in Aula consenta che tali principi indicati riacquisiscano una centralità che nel testo unificato ci sembra essere stata sostanzialmente smarrita, perché, a nostro avviso, si è privilegiato un indirizzo eccessivamente conservativo, anziché quello fortemente innovativo che sarebbe stato, invece, necessario. Ovviamente, ci riserviamo la valutazione finale del provvedimento alla luce dell'esito dell'azione emendativa che sarà sviluppata in Aula nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4826-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo si riservano di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 57

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Schirru ed altri; Cicu e Fallica; Di Stanislao: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di nuovi parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate (A.C. 3160-4084-4113-A) (ore 20,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati: Schirru ed altri; Cicu e Fallica; Di Stanislao: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di nuovi parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3160-4084-4113-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il Vicepresidente della Commissione difesa, onorevole Garofani, ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, Vicepresidente della IV Commissione. Signor Presidente, considerata l'ora della nostra riunione e il prolungarsi del dibattito che abbiamo svolto finora, chiedo preliminarmente l'autorizzazione della Presidenza a consegnare il testo completo della relazione, che illustrerò sinteticamente.
Il provvedimento interviene sull'attuale disciplina relativa ai requisiti di altezza minima per l'ammissione ai concorsi del reclutamento del personale delle Forze armate. Si tratta di un intervento normativo che mira a consentire l'accesso alle Forze armate a chi nutre questo desiderio e ne avrebbe anche alla capacità psicofisica, ma non viene ammesso finora alle selezioni in quanto non raggiunge l'altezza attualmente richiesta.
Com'è noto, la disciplina vigente in ordine all'accesso alla carriera militare nelle Forze armate prevede, in ordine al requisito dell'altezza richiesto per l'immissione al ruolo dei volontari di truppa, il limite minimo di 1,65 metri per gli uomini e 1,61 metri per le donne; per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, i limiti sono, invece, 1,70 metri per gli uomini e 1,65 metri per le donne. La Commissione, nel corso dell'approfondito esame istruttorio, che ha visto anche svolgersi una serie molto interessante ed approfondita di audizioni, si è posta l'obiettivo di verificare se le ragioni storiche che diedero vita al deficit staturale siano ancora valide o se risultino ormai anacronistiche, anche alla luce delle moderne esigenze della difesa.
Tra le attività conoscitive sono emerse, con particolare evidenza, le preoccupazioni, le motivazioni e le riserve dei responsabili delle politiche di reclutamento delle Forze armate e di polizia. Le preoccupazioni emerse hanno riguardato principalmente il pericolo che l'eliminazione o la riduzione dei limiti minimi di altezza possano pregiudicare l'efficiente svolgimento dei compiti di istituto. È stato anche posto l'accento sulla necessità di evitare una differenziazione dei criteri di reclutamento a seconda della tipologia d'impiego, sottolineando come, soprattutto nella parte iniziale della carriera, non debbano crearsi rigidità nell'utilizzo delle risorse umane.
Di tali valutazioni la Commissione ha tenuto conto, ed è anche escluso di poter Pag. 58adottare un intervento normativo finalizzato semplicemente ad una diminuzione del limite di altezza come pure originariamente si era ipotizzato. Facevo prima riferimento alle audizioni: particolarmente significative e interessanti sono state quelle con la sanità militare, che ha fornito alla Commissione una serie di elementi importanti per quello che è stato poi il testo adottato, che raccoglie, appunto, suggerimenti per cui il requisito dell'altezza viene superato al fine di consentire che la valutazione delle performance fisiche non avvenga in base ad un criterio superficiale e privo di reale riscontro scientifico, quanto in base a parametri che la scienza medica ritiene più affidabili.
Senza dunque adottare soluzioni semplicistiche o fuorvianti, come sarebbe stata la mera riduzione del limite di altezza, la nuova disciplina pone al centro della valutazione, al momento della reclutamento, le reali capacità fisiche soggettive e dunque non pregiudica in niente l'efficienza dello strumento militare.
Concludendo questa sintetica illustrazione e vedendo al merito del provvedimento, esso si compone di un unico articolo, che è composto da tre commi. Il comma 1 precisa le finalità del provvedimento e novella l'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare nella parte in cui indica tra i requisiti del reclutamento anche i limiti di altezza stabiliti dal regolamento; adesso, invece, il riferimento è alle tabelle da definire con il regolamento, in modo da consentire la valutazione dei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva. Il comma 2 disciplina le modalità di adozione del decreto volto a modificare nel senso indicato il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, prevedendo che su esso sia acquisito il parere parlamentare. Il comma 3 prevede che il medesimo decreto introduca analoghi parametri anche per l'accesso ai ruoli del personale di polizia, Corpo nazionale vigili del fuoco, della Guardia di finanza e del Corpo forestale.
Ricordo, infine, che sul provvedimento sono stati acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni interessate e che su di esso si è registrato un ampio consenso in Commissione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Garofani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritta a parlare l'onorevole Laganà Fortugno. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, cercherò di essere sintetica, vista l'ora tarda. La legge con la quale è stato soppresso il servizio obbligatorio di leva a favore di un reclutamento professionale ha introdotto i nuovi requisiti riguardanti i limiti di altezza e quelli relativi all'età minima e massima per la partecipazione ai vari concorsi per il reclutamento.
Mi riferisco alla legge n. 226 del 23 agosto 2004, recante sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché alla delega al Governo per il conseguente coordinamento con le normative di settore, con particolare riferimento al regolamento di cui al decreto del Ministro della difesa n. 188 del 22 aprile 1999, recante norme per l'individuazione dei limiti di età per la partecipazione ai concorsi per il reclutamento del personale dell'esercito, della marina e dell'aeronautica, nonché all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, in materia di nuovi parametri fisici per l'ammissione dei volontari ai concorsi per il reclutamento del Forze armate.
Nello specifico, in ordine al requisito dell'altezza - e noi di questo stiamo discutendo - per l'immissione nel ruolo di Pag. 59volontari di truppa, è stato fissato il limite minimo di metri 1,65 per gli uomini e di metri 1,61 per le donne. Durante la vigenza della coscrizione obbligatoria, il limite di altezza era invece di metri 1,50, e non mi sembra che abbia arrecato alcun pregiudizio alla funzionalità dello strumento militare in termini di idoneità all'impiego del singolo. Peraltro, se in virtù di qualche esigenza eccezionale dovessimo ricorrere nuovamente al servizio di leva obbligatorio - e mi riferisco all'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica del 1964 - tornerebbe automaticamente in vigore quello stesso limite di altezza di metri 1,50.
Ancora, per brevità, senza volere ripercorrere le differenze di carattere storico, culturale, giuridico e sociale tra un esercito di leva e un esercito di volontari, mi limito a ricordare come la normativa sul servizio professionale abbia reso possibile l'ingresso delle donne nel mondo militare, eliminando così una discriminazione, o comunque una disparità di trattamento, per quanto riguarda il diritto-dovere di difendere la patria, affidato dalla Costituzione a ciascun cittadino secondo un principio di carattere universalistico.
Come tutti ricordiamo, secondo le norme di carattere ordinario sul servizio di leva obbligatoria, invece, questo diritto-dovere era circoscritto ai soli cittadini di sesso maschile. Pertanto, la decisione di fissare, in questo nuovo quadro normativo, nuovi limiti di altezza, che di fatto impediscono ad una parte ancorché limitata di cittadini, sia di sesso maschile che femminile, di realizzare il proprio desiderio di entrare a far parte delle Forze armate, non ha fatto altro che introdurre un nuovo tipo di discriminazione.
È proprio per questo che il Partito Democratico, insieme ad altri gruppi, ha ritenuto opportuno presentare una specifica proposta di legge. In questo contesto, però, non va trascurato il fatto che si è deciso di intervenire raccogliendo innumerevoli istanze molto ben argomentate, provenienti dalla società civile, e principalmente dal mondo dei giovani, che vive l'esclusione dalla possibilità di rendere un servizio, che ormai è diventato di natura professionale e quindi rappresenta anche un'occasione di lavoro, sulla base di un parametro misurato in centimetri.
Noi abbiamo ritenuto che queste rivendicazioni sociali fossero meritevoli di attenzione, convinti che l'evoluzione culturale non possa arrestarsi di fronte a criteri che riteniamo ormai superati e che hanno fissato i limiti di statura contenuti nelle normative attualmente in vigore. I limiti di altezza minimi per i volontari, di 1,65 metri per gli uomini e di 1,61 metri per le donne, non trovano infatti alcuna giustificazione alla luce delle moderne esigenze della difesa. Certamente non sono 5 o anche 10 centimetri in più di altezza che di per sé rendono un volontario in grado di assolvere o non assolvere i compiti previsti dallo svolgimento del proprio servizio.
Peraltro, l'esperienza dimostra che, per quanto riguarda determinate mansioni e particolari condizioni operative, sono molto più adatte persone di piccola statura, mentre si possono presentare rilevanti difficoltà per individui di statura troppo alta. Quindi, vado a concludere, Presidente, dicendo che con la proposta di legge che stiamo esaminando e discutendo, si demanda, quindi, alla fissazione di norme regolamentari il compito di individuare, attraverso un esame del combinato disposto delle caratteristiche fisiche dei reclutandi, il nuovo e, a mio parere, più valido concetto di idoneità, intesa come insieme di qualità e di capacità di svolgere in maniera efficace ed efficiente le mansioni previste nell'ambito del servizio militare.
Concludo, quindi, auspicando che, anche alla luce delle considerazioni che ho appena esposto, la proposta di legge in esame possa trovare unanime consenso e approvazione da parte di tutti i gruppi politici, riuscendo così a dare una risposta agli innumerevoli appelli che giornalmente ci provengono da tante persone, ma soprattutto dai giovani, quei giovani di cui non possiamo solo parlare in maniera retorica, ma verso i quali abbiamo il dovere di dare risposte e perché, dunque, Pag. 60non iniziare da questa proposta di legge, dando così un segnale concreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, rispetto al tema in questione, credo che sia tempo che la disciplina vigente in ordine all'accesso alla carriera militare, alle Forze armate, prevista dal Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, cioè il limite minimo di 1,65 metri per gli uomini e di 1,61 metri per le donne, sia finalmente aggiornato per consentire a molti cittadini italiani di prestare il solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica e di servire la propria patria, diritto attualmente negato in virtù delle citate disposizioni relative all'accesso, che prevedono limiti sia di età, sia di statura.
Va ricordato in tal senso che nazioni come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Spagna e il Regno Unito hanno da tempo eliminato siffatte barriere pregiudicanti l'accesso alle carriere militari, ciò anche per consentire che diverse potenzialità possano esprimersi da parte di quanti intendano accedere a tali concorsi, indipendentemente dall'altezza dell'aspirante al reclutamento, in conformità al tipo di mansione che si ritroverà ad affrontare e alle specifiche esigenze di ciascuna Arma.
In IV Commissione difesa è stato elaborato un testo unico, al quale l'Italia dei Valori ha dato un proprio contributo con una propria proposta di legge, ribadendo il principio secondo cui debba essere riconosciuta la possibilità, a coloro che risultano al di sotto dei limiti di altezza, di arruolarsi come volontari nelle Forze armate, tanto più che gli elementi statistici portati in sede di audizione hanno messo in luce che la questione riguarda un numero esiguo di persone. Ciò consente di confrontarsi con modelli stranieri che adottano parametri diversi da quelli italiani senza entrare in contrasto con le esigenze funzionali delle Forze armate, ma cercando invece una via di equilibrio.
L'articolo unico del nuovo testo unificato, composto da tre commi, contiene, dunque, alcune disposizioni volte a modificare l'attuale normativa concernente il requisito dell'altezza per l'accesso ai ruoli del personale delle Forze armate, della polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo della guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato, allo scopo di sostituire tale requisito con un diverso criterio di valutazione fondato, questo sì, su parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, secondo le tabelle stabilite dal regolamento.
Lo scopo di questo provvedimento è, dunque, quello di prevedere l'adozione di nuovi criteri per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, al fine di soddisfare le legittime attese di molti cittadini italiani eliminando, appunto, le limitazioni dovute ai limiti di altezza attualmente in vigore.
L'approvazione di questo provvedimento diventa un passo decisamente importante per arginare una situazione di grave discriminazione tra i ragazzi, specialmente in un momento storico come questo in cui l'arruolamento nelle Forze armate e nelle forze dell'ordine può rappresentare un importante sbocco occupazionale.
Ricordo a me e all'Aula che in materia di lavoro e di previdenza i principi per combattere le discriminazioni sono stati sanciti con la direttiva comunitaria n. 2000/78/CE, sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. All'articolo 2 della citata direttiva è stabilito che «sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga».
Auspico, pertanto, in conclusione, che l'approvazione di questo provvedimento possa essere un primo passo verso l'eliminazione Pag. 61di tutte le discriminazioni attualmente in atto, riferendomi anche all'aspetto che riguarda l'età. In Italia, come in altri Paesi europei, infatti, sono stati aboliti i limiti di età per la partecipazione ai concorsi pubblici. In base al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, però tale limite continua a sussistere per l'arruolamento nelle Forze armate italiane, mentre non è previsto in altri Stati membri dell'Unione europea. Ricordo che questo limite è il più basso tra i Paesi europei.
Concludendo, bisogna prevedere nuovi parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, così come ho detto, con particolare riferimento anche ai limiti d'altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate. Questo può soddisfare le legittime attese di molti cittadini italiani eliminando, una volta per tutte, le limitazioni che ancora oggi la normativa vigente impone. Sono sicuro che il Parlamento tutto darà una risposta finalmente importante e, dico, definitiva a tanti giovani. Questo provvedimento ci consentirà anche di rientrare, con piena dignità, nei parametri europei.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, si tratta di una «leggina» che mira a favorire un reclutamento di persone di bassa altezza, in generale nelle Forze armate. Il meccanismo è la cancellazione della previsione attualmente vigente, cioè del fatto che l'altezza sia di 1,65 metri per gli uomini e di 1,61 metri per le donne, limite chiesto per il reclutamento.
Il provvedimento nel testo originario, in partenza, prevedeva un limite omogeneo secco di 1,50 metri per ambo i sessi. Meno male, diciamo, che si è ottenuto, discutendone, facendo interventi e sentendo anche poi in audizione le Forze armate, un notevole depotenziamento di quella che è una follia, sì una follia. Il provvedimento, come è stato già ampiamente detto, consta di un unico articolo che sostituisce, quindi, il limite minimo di altezza fissato, come abbiamo detto, in metri 1,65 per gli uomini e in metri 1,61 per le donne, con la considerazione di un più ampio novero di fattori fisici, che hanno rappresentato la vera parte nuova di questo provvedimento, quali la composizione corporea, appunto, la forza muscolare e la massa metabolicamente attiva. Si tratta di parametri oggettivi, nuovi, che dovrebbero essere introdotti in sede regolamentare ed il Parlamento sarà chiamato ad esprimersi al riguardo e lì bisognerà stare, dico, molto attenti. Tanto più che le Forze armate avranno via via sempre meno personale e non possiamo trasformare certamente un esercito in vecchietti, come sta succedendo adesso perché non riusciamo a sostituire - e vogliamo confermare - gli esistenti, ma non riusciamo a immettere, con le riduzioni che ci sono, i nuovi giovani.
Quindi, rischiamo di avere, piano piano, un esercito di vecchi, ma non possiamo avere anche un esercito di persone di bassa altezza, o perlomeno tutte di bassa altezza; speriamo di no e questo è il nostro tentativo. Le finalità generali perseguite restano comunque evidenti, lo dice la stessa collega Schirru, deputata che ha firmato l'atto Camera n. 3160 e non aveva minimamente cercato di nascondere queste finalità, esplicitandole anche nel penultimo paragrafo della relazione illustrativa nella premessa della sua proposta di legge. Si trattava, come già accaduto nel caso della controversa iniziativa legislativa voluta per dischiudere le porte delle Forze armate ai soggetti fabici, di abbattere un'altra barriera, che si riteneva precludere giustamente l'approdo di un certo numero di giovani ad una serie di opportunità occupazionali attualmente al di fuori delle loro possibilità, non soltanto Pag. 62ovviamente nelle Forze armate, ma altresì nell'ambito di tutte le carriere dell'ordine, quindi polizia, carabinieri e così via.
È evidente che quest'ultimo passaggio è molto meglio del limite dell'1,50 secco di altezza perché poi sarebbe successo che, se si addiveniva all'indicazione dei centimetri per il reclutamento, perché non fissarli in 1,48 o in 1,47 e così via? Questo tipo di ragionamento una volta non c'era, perché si pensava all'esercito, ai carabinieri, ai corazzieri come a persone che dovevano avere non solo una forza fisica, ma anche una possenza che si potesse intravedere, per evitare che ci si potesse trovare sopraffatti.
Per concludere, visto che mi è stato detto di spendere poche parole e di restare nei tempi minimi, come gruppo della Lega abbiamo detto che non vogliamo metterci di traverso a questo provvedimento anche perché riteniamo giusto prevedere un limite d'altezza. Perché decidere il limite di 1,49 e non di 1,51? Rimaniamo peraltro molto critici e attendiamo di vedere i regolamenti e cosa succederà. Rimaniamo critici perché ci siamo comunque preoccupati: nell'ambito delle varie audizioni abbiamo sentito alcune preoccupazioni - non solo le nostre, ma anche delle Forze armate - dalle quali risultava evidente che, oltre che la possenza fisica e la forza muscolare, ci voleva anche un minimo di statura, come è successo nel passato. Tante sono le forze in campo: quando ci troviamo in ambito internazionale - pensiamo agli americani ed ai russi - ci imbattiamo in dei «Marcantoni» che non finiscono più. Diciamo che restiamo critici perché pensavamo, in una battuta, che qualcuno avesse visto molto più avanti, dicendo che se dovessimo fare guerra ai cinesi non ci sarebbero problemi, ma poi ci siamo accorti che anche i cinesi hanno dei «Marcantoni» come gli americani ed i russi. Quindi la questione è questa: restiamo critici, ma abbiamo detto di sì.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3160-4084-4113-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali): «Conversione in legge del decreto-legge 12 maggio 2012, n. 57, recante disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nel settore dei trasporti e delle micro imprese» (5194) - Parere delle Commissioni I, II, III, IV, V, VII, VIII, IX, X, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

In morte dell'onorevole Grazia Riga.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduta l'onorevole Grazia Riga, già membro della Camera dei deputati nella VI e VII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Pag. 63

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 15 maggio 2012, alle 12:

1. - Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971, Di Stanislao ed altri n. 1-00987, Misiti ed altri n. 1-00988, Dozzo ed altri n. 1-00989, Pianetta ed altri n. 1-00993, Moffa ed altri n. 1-01004 e Ossorio ed altri n. 1-01009 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice NATO.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3221 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato) (C. 5178).
- Relatore: Strizzolo.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
IANNACCONE ed altri; RAZZI ed altri; DONADI ed altri; PIONATI; PALAGIANO ed altri; CAMBURSANO ed altri; BRIGUGLIO; BACCINI; ANGELINO ALFANO ed altri; GIACHETTI ed altri; GRAZIANO ed altri; MOFFA ed altri; ANTONIONE ed altri; CASINI ed altri; RUBINATO ed altri; DOZZO ed altri; BERSANI ed altri: Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali (C. 4826-4953-4954-4985-5032-5063-5098-5114-5123-5127-5134-5136-5138-5142-5144-5147-5176-A).
- Relatori: Bressa e Calderisi.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
SCHIRRU ed altri; CICU e FALLICA; DI STANISLAO: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di nuovi parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate (C. 3160-4084-4113-A).
- Relatore: Cicu.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 e Ossorio ed altri n. 1-01011 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

La seduta termina alle 21,05.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCESCO SAVERIO GAROFANI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 3160-4084-4113-A

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, Vicepresidente della IV Commissione. Onorevoli Pag. 64Colleghi! La presente proposta di legge interviene sull'attuale disciplina relativa ai requisiti di altezza minima per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento del personale delle Forze armate.
Si tratta dunque di un intervento normativo che mira a consentire l'accesso alle Forze armate a chi nutre tale desiderio e ne avrebbe anche le capacità psico-fisiche, ma non viene ammesso alle selezione in quanto vanta un'altezza inferiore a quella attualmente richiesta.
Come noto, la disciplina vigente in ordine all'accesso alla carriera militare nelle Forze armate prevede - in ordine al requisito dell'altezza richiesto per l'immissione nel ruolo dei volontari di truppa - il limite minimo di metri 1,65 per gli uomini e 1,61 per le donne. Per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri i limiti sono 1,70 per gli uomini e 1,65 per le donne.
I suddetti parametri erano fissati dal DPCM n. 411 del 1987, come modificato dal decreto n. 112 del 2000. Tale normativa è adesso contenuta nell'articolo 587 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) che viene richiamato dall'articolo 635 del Codice dell'ordinamento militare.
La Commissione - nel corso dell'approfondito esame istruttorio - si è posta l'obiettivo di verificare se le ragioni storiche che diedero vita al «deficit staturale» siano tuttora valide o se risultino ormai anacronistiche alla luce delle moderne esigenze della difesa.
Al riguardo, è stato rilevato come, rispetto a determinate mansioni (si pensi alle operazioni all'interno dei carri armati, aerei da combattimento e da ricognizione, come pure navi e sommergibili o al paracadutismo da elicottero) appaiano maggiormente adatte persone di piccola statura, mentre si possono presentare rilevanti difficoltà per individui di statura troppo alta.
Inoltre, per i militari di leva l'articolo 71 del Decreto Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, fissava il limite d'altezza di metri 1,50 - confermato dal Codice dell'ordinamento militare (articolo 1955) - a dimostrazione che non si considerava quei parametri pregiudizievoli alla funzionalità dello strumento militare in termini di idoneità all'impiego. Non va neanche dimenticato che, in questa legislatura, è stata già approvata una legge che, sia pure per casi particolari consente l'arruolamento, in deroga agli attuali limiti minimi di altezza, di soggetti di statura non inferiore a metri 1,50 (legge 7 luglio 2009, n. 93 recante modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento dei congiunti di appartenenti alle Forze armate vittime del dovere).
Peraltro, risulta che la disciplina in materia di requisiti minimi di altezza per l'arruolamento nelle Forze armate vigente nel Regno Unito, in Germania e in Francia, prevede limiti di altezza più bassi di quelli prescritti in Italia. Ad esempio, in Francia il limite minimo di statura, identico per uomini e donne, è di metri 1,50 per l'esercito, mentre si differenzia tra uomini e donne per la Marina e l'Aeronautica, dove sono previsti limiti più elevati. In Germania il limite minimo è di metri 1,55; nel Regno Unito è previsto il limite di metri 1,48 per l'esercito e di metri 1,51 per la Marina. Tuttavia, in tali Paesi è anche previsto che tali limiti debbano essere rapportati a determinati indici di massa corporea, richiedendosi il requisito ulteriore di un peso proporzionato rispetto all'altezza.
L'attività conoscitiva ha messo in evidenza le motivate riserve dei responsabili delle politiche di reclutamento delle Forze armate e di Polizia.
Le preoccupazioni emerse hanno riguardato principalmente il pericolo che l'eliminazione o la riduzione dei limiti minimi di altezza possano pregiudicare l'efficiente svolgimento dei compiti di istituto. Inoltre, è stato posto l'accento sulla necessità di evitare una differenziazione dei criteri di reclutamento a seconda della tipologia di impiego, sottolineando come, Pag. 65soprattutto nella parte iniziale della carriera, non debbano crearsi rigidità nell'utilizzo delle risorse umane.
Di tali valutazioni la Commissione ha tenuto conto, ed ha dunque escluso di poter adottare un intervento normativo finalizzato semplicemente ad una diminuzione del limite di altezza, come pure originariamente ipotizzato.
Di particolare importanza sono stati pure i contributi degli esperti in campo medico, compresa la sanità militare che hanno in modo pressoché unanime confermato come da un punto di vista prettamente scientifico, la bassa statura assume un significato solo allorquando si associa ad altri segni che nel loro complesso configurino uno stato di malattia. Mentre le più accreditate conoscenze in campo medico individuano altri parametri di valutazione dell'efficienza fisica, quali la composizione corporea, la forza muscolare e la massa metabolicamente attiva.
Il testo adottato dalla Commissione raccoglie questi suggerimenti. Il requisito dell'altezza viene dunque superato al fine di consentire che la valutazione delle performance fisiche non avvenga in base ad un criterio superficiale e privo di reale riscontro scientifico, quanto in base ai parametri che la scienza medica ritiene più affidabili.
Senza dunque adottare soluzioni semplicistiche e fuorvianti come sarebbe stata la mera riduzione dei limiti di altezza - la nuova disciplina pone al centro della valutazione, al momento del reclutamento, le reali capacità fisiche soggettive e, dunque, non pregiudica l'efficienza dello strumento militare.
Molto articolata è stata anche la riflessione su uno degli aspetti più critici della materia. Mi riferisco all'esigenza di uniformare i criteri di accesso alle Forze armate con quelli previsti per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare.
Sarebbe stato del tutto incongruo prevedere parametri fisici diversi, dal momento che - ai sensi dell'articolo 2199 del Codice dell'ordinamento militare - i posti messi annualmente a concorso per l'accesso alle carriere sopra descritte, sono riservati nella misura del 100 per cento (fino al 31 dicembre 2020) a coloro che hanno prestato servizio come volontari nelle Forze armate.
Concludendo e venendo all'illustrazione del provvedimento, esso si compone di un unico articolo composto da tre commi.
Il comma 1 precisa le finalità del provvedimento e novella l'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare nella parte in cui indica tra i requisiti del reclutamento anche i «limiti di altezza stabiliti nel regolamento». Adesso invece il riferimento è alle «tabelle» da definire con il regolamento in modo da consentire la valutazione dei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare ed alla massa metabolicamente attiva.
Il comma 2 disciplina le modalità di adozione del decreto volto a modificare nel senso indicato il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, prevedendo che su esso sia acquisito il parere parlamentare.
Il comma 3 prevede che il medesimo decreto introduca analoghi parametri anche per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia, dei Corpi nazionali dei vigili del Fuoco, della Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato.
Ricordo che sul provvedimento sono stati acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni interessate e che su di esso si è registrato un ampio consenso in Commissione.
Pur trattandosi, come detto, di una modifica normativa di limitata portata, e che presumibilmente interesserà una fascia ristretta di persone - in maggioranza di sesso femminile - essa è meritevole di attenzione, in quanto rimuove limitazioni ingiustificate ai diritti costituzionali di coloro che vogliono contribuire alla difesa della Patria, nonché una discriminazione tra i ragazzi, specialmente in un momento storico come questo in cui l'arruolamento nelle Forze armate e nelle Forze dell'ordine rappresenta un importante sbocco occupazionale.

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CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO AUGUSTO DI STANISLAO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 3160-4084-4113-A

AUGUSTO DI STANISLAO. Il diritto dell'Unione Europea prevede il principio della parità di trattamento e il divieto di ogni discriminazione. L'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali».
L'articolo 19 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) prevede che gli organi dell'Unione possano prendere le misure necessarie per combattere tali discriminazioni.
Il 10 luglio 2009 è stato approvato un provvedimento con carattere di assoluta eccezionalità: si tratta della legge n. 93 del 2009, che ha comportato la modifica della lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 82 del 2001 che fissa in ordine all'accesso alla carriera militare da parte dei congiunti delle vittime del dovere e in deroga alla normativa vigente, il limite di statura di metri 1,50 (unico sia per gli uomini sia per le donne). Successivamente tale normativa è stata abrogata dal codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, che ha comunque confermato la validità di tale limite.
La ratio della normativa è da rinvenire in motivi di giustizia sostanziale, ovverosia consentire pari accesso al beneficio, attenuando sensibilmente l'incidenza del requisito minimo di statura dell'aspirante. Peraltro la previsione di tale limite non ha arrecato alcun pregiudizio alla funzionalità dello strumento militare in termini di idoneità all'impiego del singolo, come può ricavarsi agevolmente dal fatto che un limite analogo era già previsto per i militari di leva.