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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 21 maggio 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 maggio 2012.

  Albonetti, Barbi, Bindi, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Renato Farina, Franceschini, Leone, Lupi, Lussana, Mecacci, Milanato, Leoluca Orlando, Stefani, Stucchi, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 maggio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MARCHIONI ed altri: «Norme per la valorizzazione del Premio di giornalismo televisivo “Ilaria Alpi”» (5211);
   SAVINO: «Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di tutela del contribuente e delle attività economiche, interessi di mora, dilazione del pagamento e limiti al pignoramento e all'espropriazione immobiliare» (5212);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MENIA: «Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica» (5213);
   PROIETTI COSIMI ed altri: «Modifiche all'articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e all'articolo 325 del codice di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di sospensione dell'attività delle imprese assicurative destinatarie di sanzioni amministrative» (5214);
   SANTELLI ed altri: «Modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e altre disposizioni in materia di ricongiunzione onerosa dei contributi previdenziali» (5215);
   SANTELLI ed altri: «Modifiche all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per la partecipazione del sistema creditizio agli oneri derivanti dall'applicazione dell'imposta municipale propria» (5216).

  In data 18 maggio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   TREMONTI: «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante la separazione tra credito produttivo e attività finanziaria speculativa» (5218);
   FEDRIGA: «Modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di ricongiunzione pensionistica» (5219);
   GIRLANDA: «Modifica dell'articolo 91 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di rinunzia o cessione dell'indennità parlamentare» (5220);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BIANCONI: «Modifica all'articolo 11 della Costituzione, in materia di interesse nazionale» (5221);
   CALVISI ed altri: «Attuazione delle disposizioni della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, in materia di pagamenti delle pubbliche amministrazioni, e norme in favore dei contribuenti soggetti a ritardi di pagamento da parte delle medesime» (5222).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa popolare.

  In data 17 maggio 2012 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge:
  «Per fermare Equitalia – Abrogazione delle norme relative all'indebito guadagno delle società concessionarie dei tributi, da applicare anche ai procedimenti in corso, con l'eliminazione degli oneri accessori, riduzione degli aggi e la sospensione senza oneri per un anno delle procedure esecutive in essere in seguito alla grave crisi economica» (5217).

  Sarà stampata, previo accertamento della regolarità delle firme dei presentatori, ai sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352, e distribuita.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

  La proposta di legge DAMIANO ed altri: «Modifiche agli articoli 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, in materia di requisiti per la fruizione delle deroghe in materia di accesso al trattamento pensionistico» (5103) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Moffa, Muro e Pelino.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   III Commissione (Affari esteri):
  BRUGGER ed altri: «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 7 novembre 1991 nell'ambito dei trasporti, fatto a Lucerna il 31 ottobre 2000» (5086) Parere delle Commissioni I, V, VIII, IX, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   XII Commissione (Affari sociali):

  RUBINATO ed altri: «Norme per la continuità nell'erogazione dei servizi pubblici essenziali a tutela dei minori e dei soggetti deboli» (4190) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   XIII Commissione (Agricoltura):

  DI GIUSEPPE ed altri: «Misure a sostegno del settore ittico e per il riassetto e la semplificazione in materia di pesca e di acquacoltura» (5129) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CATANOSO GENOESE: «Disposizioni concernenti la disciplina della pesca dei pesci pelagici nonché in materia di titoli professionali marittimi» (5192) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, IX, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 14 maggio 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidenze della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con cui, in relazione a interventi da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluti alla diretta gestione statale, sono disposte:
   l'autorizzazione all'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal Ministero dell'interno – Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione – Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo edifici di culto, a valere sul contributo concesso nel 2003, per il completamento del restauro dell'apparato decorativo del transetto della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli a Napoli;
   l'autorizzazione all'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali – Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore, a valere sul contributo concesso nel 2010, per il completamento del restauro del Fondo carte geografiche della biblioteca Vittorio Emanuele III a Napoli;
   la revoca di una quota del contributo concesso nel 2002 alla regione siciliana – assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione per l'allestimento museale di Palazzo Trigona a Piazza Armerina (Enna).

  Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del consiglio dei ministri, con lettore in data 14 maggio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, e successive modificazioni, la relazione sull'erogazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF a diretta gestione statale relativa all'anno 2010 e sulla verifica dei risultati ottenuti mediante gli interventi finanziati negli anni dal 2000 al 2009 (doc. LXIV, n. 4).

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il ministro dell'interno, con lettera in data 15 maggio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 146, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la relazione sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei comuni i cui consigli comunali sono stati sciolti per condizionamenti di tipo mafioso, relativa all'anno 2009 (doc. LXXXVIII, n. 4).

  Questo documento è stato trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 18 maggio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle Commissioni sottoindicate:
   n. 8/2012 del 20 gennaio 2012, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013. Assegnazione di risorse a interventi di contrasto del rischio idrogeologico di rilevanza strategica regionale nel Mezzogiorno» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 24/2012 del 23 marzo 2012, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001). Prolungamento della linea 1 della metropolitana di Torino. Tratta 4 Lingotto - Bengasi. Modifica soggetto aggiudicatore» – alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 62/2012 del 30 aprile 2012, concernente «Regolamento interno del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Modifica della delibera CIPE n. 58/2010» – alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 16 maggio 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) per quanto riguarda le date di attuazione e applicazione e la data di abrogazione di talune direttive (COM(2012)217 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). Tale proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 21 maggio 2012.
  La Commissione europea, in data 16 maggio 2012, ha trasmesso un nuovo testo della relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui risultati raggiunti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell'attuazione del Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2009 (relazione presentata ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 3, lettera b), della decisione n. 574/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 maggio 2007) (COM(2011)857 final/2), che sostituisce il documento COM(2011)857 definitivo, già assegnato, in data 14 dicembre 2011, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 17 maggio 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni (voucher) (COM(2012)206 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 14 maggio 2012, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea.

  Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 4 e 17 maggio 2012, ha trasmesso le seguenti sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, relativa a cause adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Causa C-443/09: sentenza della Corte (Terza sezione) del 19 aprile 2012. Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Cosenza contro fallimento Grillo Star Srl. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Cosenza. Direttiva 2008/7/CE – Imposte indirette sulla raccolta di capitali – Articoli 5, paragrafo 1, lettera c), e 6, paragrafo 1, lettera e) – Ambito di applicazione – Diritto annuale versato alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura locali (doc. LXXXIX, n. 161) – alla X Commissione (Attività produttive);
   Causa C-571/10: sentenza della Corte (Grande sezione) del 24 aprile 2012. Servet Kamberaj contro Istituto per l'edilizia sociale della Provincia autonoma di Bolzano (IPES), giunta della Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Bolzano, con l'intervento di: associazione Porte Aperte/Offene Türen, Human Rights International, associazione Volontarius, Fondazione Alexander Langer. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Bolzano. Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – Direttiva 2003/109/CE – Status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo – Diritto alla parità di trattamento per quanto riguarda la previdenza sociale, l'assistenza sociale e la protezione sociale – Deroga al principio della parità di trattamento per le misure rientranti nell'assistenza sociale e nella protezione sociale – Esclusione delle «prestazioni essenziali» dall'ambito di applicazione di tale deroga – Normativa nazionale che prevede un sussidio per l'alloggio a favore dei conduttori meno abbienti – Ammontare dei fondi destinati ai cittadini di paesi terzi determinato in proporzione ad una media ponderata diversa – Rigetto di una domanda di sussidio per l'alloggio a motivo dell'esaurimento dello stanziamento destinato ai cittadini di paesi terzi (doc. LXXXIX, n. 162) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   Cause riunite C-357/10, C-358/10 e C-359/10: sentenza della Corte (Seconda sezione) del 10 maggio 2012. Duomo Gpa Srl (C 357/10), Gestione Servizi Pubblici Srl (C 358/10), Irtel Srl (C 359/10) contro comune di Baranzate (C 357/10 e C 358/10), comune di Venegono inferiore (C 359/10), con l'intervento di: Agenzia italiana per le pubbliche amministrazioni Spa. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia. Articoli 3 CE, 10 CE, 43 CE, 49 CE e 81 CE – Libertà di stabilimento – Libera prestazione dei servizi – Direttiva 2006/123/CE - Articoli 15 e 16 – Concessione di servizi di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi o di altre entrate degli enti locali – Normativa nazionale – Capitale sociale minimo – Obbligo (doc. LXXXIX, n. 163), alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI VOLONTÈ, FIORONI, ROCCELLA, POLLEDRI, COMMERCIO ED ALTRI N. 1-00922, FARINA COSCIONI ED ALTRI N. 1-01016, PALAGIANO ED ALTRI N. 1-01036, MIOTTO ED ALTRI N. 1-01038 E STAGNO D'ALCONTRES ED ALTRI N. 1-01042 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA TUTELA DEL DIRITTO ALL'OBIEZIONE DI COSCIENZA IN CAMPO MEDICO E PARAMEDICO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    in continuità con le decisioni prese negli ultimi decenni, l'Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa ha ribadito (raccomandazione n. 1763, approvata il 7 ottobre 2010) che nessuna persona, ospedale o istituzione sarà costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa di un rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre un paziente ad un aborto o eutanasia o qualsiasi altro atto che potrebbe causare la morte di un feto o embrione umano, per qualsiasi motivo;
    l'Assemblea parlamentare ha sottolineato la necessità di affermare il diritto all'obiezione di coscienza insieme alla responsabilità dello Stato per assicurare che i pazienti siano in grado di accedere a cure mediche lecite in modo tempestivo;
    stante l'obbligo di garantire l'accesso alle cure mediche e legali per tutelare il diritto alla salute, così come l'obbligo di garantire il rispetto del diritto della libertà di pensiero, di coscienza e di religione di operatori sanitari degli Stati membri, l'Assemblea ha invitato il Consiglio d'Europa e gli Stati membri ad elaborare normative complete e chiare, che definiscano e regolino l'obiezione di coscienza in materia di servizi sanitari e medici, volte soprattutto a garantire il diritto all'obiezione di coscienza in relazione alla partecipazione alla procedura medica in questione e a far sì che i pazienti siano informati di ogni obiezione di coscienza in modo tempestivo e ricevano un trattamento appropriato, in particolare nei casi di emergenza;
    in materia di obiezione di coscienza si devono ricordare le indicazioni contenute: nel VI articolo dei principi di Nuremberg; nell'articolo 10, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; negli articoli 9 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; nell'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici;
    la promozione del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico è affermata nelle «linee guida» della federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia (Figo) e della Organizzazione mondiale della sanità (Who-Europe);
    il diritto all'obiezione di coscienza non può essere in nessun modo «bilanciato» con altri inesistenti diritti e rappresenta il simbolo, oltre che il diritto umano, della libertà nei confronti degli Stati e delle decisioni ingiuste e totalitarie,

impegna il Governo

a dare piena attuazione al diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico e a garantire la sua completa fruizione senza alcuna discriminazione o penalizzazione, in linea con l'invito del Consiglio d'Europa.
(1-00922) «Volontè, Fioroni, Roccella, Polledri, Commercio, Buttiglione, Binetti, Capitanio Santolini, Calgaro, Di Virgilio, Mantovano, Fabi, Laura Molteni».


   La Camera,
   premesso che:
    il 7 ottobre 2010 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato la raccomandazione n. 1763 intitolata «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», nella quale vengono specificati gli ambiti sanitari ove la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata, ovvero l'interruzione volontaria di gravidanza, le situazioni di fine vita e la procreazione medicalmente assistita;
    i riferimenti sulla materia previsti dal diritto internazionale ed europeo rinviano alla libertà e alla sicurezza della persona: articoli 3, 18 e 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; articoli 9 e 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici; diritto alla salute previsto dall'articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; diritto alla non discriminazione nel campo della salute e della cura previsto dagli articoli 12 e 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (Cedaw); diritto di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni previsto dall'articolo 15 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; diritto di decidere liberamente e responsabilmente sul numero dei figli da avere previsto dall'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna;
    nel 1999 il comitato previsto dalla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna ha prodotto una general recommendation nella quale, interpretando l'articolo 12 della stessa Convenzione, ha richiesto agli Stati parte di eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne anche riguardo all'accesso ai servizi riproduttivi, con particolare riferimento alla pianificazione familiare, alla maternità e alla fase post-natale. Il comitato ha riconosciuto, inoltre, che l'accesso alle cure sanitarie, incluse quelle collegate alla riproduzione, costituisce un diritto riconosciuto dalla stessa Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (general recommendation n. 24, ventesima sessione, 1999, articolo 12, donne e salute);
    dei diritti riproduttivi si sono occupate anche le conferenze internazionali delle Nazioni Unite che, a questo tema, hanno dato uno spazio crescente nel corso dell'ultimo decennio (Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo – Cairo, 1994, e IV Conferenza mondiale sulle donne – Pechino, 1995);
    in continuità con il diritto internazionale ed europeo sopra richiamato e con le regole di deontologia medica internazionale approvate dalla Federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia (Figo) e dalla Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa riconosce le diverse situazioni giuridiche soggettive ed oggettive pertinenti agli ambiti sanitari di cui sopra, tutelando, da una parte, il diritto del personale sanitario di sollevare, senza subire discriminazioni, obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione e, dall'altra parte, l'inalienabile diritto di ogni individuo alla salute e la responsabilità dello Stato di garantire che ogni paziente riceva le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali entro i termini appropriati;
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha invitato quegli Stati membri del Consiglio d'Europa che ancora non ne sono dotati ad elaborare normative complete e chiare che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza nell'ambito sanitario ed ha espresso forte preoccupazione per il fatto che un'inadeguata disciplina della medesima danneggia e discrimina la popolazione femminile, in particolare le donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali;
    l'ordinamento italiano regola da decenni la facoltà di sollevare obiezione di coscienza da parte del personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie (articolo 9 della legge n. 194 del 1978 e articolo 16 della legge n. 40 del 2004);
    le relazioni annuali sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 presentate al Parlamento dal Ministro della salute (peraltro richiamate nei lavori dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa) dimostrano che nel nostro Paese il fenomeno dell'obiezione di coscienza sta subendo una consolidata e costante dilatazione;
    la relazione del Ministro della salute presentata al Parlamento il 4 agosto 2011 dimostra che nel 2009, a livello nazionale, il 70,7 per cento dei ginecologi è obiettore e che il trend è passato dal 58,7 per cento del 2005 al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008. Il dato nazionale degli anestesisti obiettori è anch'esso in costante aumento, passando dal 45,7 per cento del 2005 al 51,7 per cento del 2009. Il dato nazionale del personale non medico obiettore è passato dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Al Sud, la quasi totalità dei ginecologi è obiettore (85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise e 81,7 per cento in Sicilia), mentre gli anestesisti si attestano intorno ad una media superiore al 76 per cento (77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia);
    in alcune realtà periferiche e del Mezzogiorno esistono aziende ospedaliere prive dei reparti di interruzione di gravidanza, dal momento che la quasi totalità di ginecologi, anestesisti, ostetrici ed infermieri solleva obiezione di coscienza, così creando, di fatto, le condizioni per forme di emigrazione sanitaria, ovvero il ricorso a cliniche private convenzionate e autorizzate o, peggio, verso pratiche clandestine, materializzando, in tal modo, le preoccupazioni espresse dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa circa un'inadeguata regolamentazione dell'obiezione di coscienza, soprattutto nei confronti delle donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali;
    le stime prevedono che, nei prossimi anni, nel nostro Paese un rilevante numero di personale medico strutturato non obiettore andrà in pensione per raggiunti limiti di età, con la conseguenza che, in mancanza di un adeguato monitoraggio, il diritto di ogni donna alle cure sanitarie di cui ha diritto subirà un'inevitabile contrazione,

impegna il Governo

a dare, nel quadro del diritto internazionale e comunitario richiamato in premessa, completa ed effettiva attuazione all'invito dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a salvaguardare e regolamentare nell'ambito sanitario il diritto di sollevare obiezione di coscienza, quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, così come a garantire il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.
(1-01016) «Farina Coscioni, Sbrollini, Pes, Bossa, Lo Moro, Argentin, Giulietti, Codurelli, Maurizio Turco, Zamparutti, Mecacci, Bernardini, Cesare Marini, Touadi, Beltrandi, Marrocu».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, il 7 ottobre 2010, ha approvato la risoluzione n. 1763 in materia di obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche;
    nella risoluzione n. 1763 si segnala: a) la necessità che sia garantita l'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario; b) la necessità di garantire che le donne possano accedere ai servizi con tempestività; c) la preoccupazione che l'assenza di regolazione dell'obiezione di coscienza possa danneggiare le donne meno abbienti o quelle che vivono in zone rurali; d) come nella grande maggioranza degli Stati dell'Europa, l'obiezione di coscienza sia ben regolamentata;
    inoltre, tenendo conto dell'obbligo di garantire l'accesso alle cure mediche e la tutela della salute, così come dell'obbligo di garantire la libertà di coscienza degli operatori sanitari, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa invita gli Stati membri a sviluppare regole chiare e generali che regolino l'obiezione di coscienza circa la salute e l'assistenza sanitaria, e che: a) garantiscano il diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore; b) siano tali da assicurare che le pazienti siano informate per tempo di eventuali obiezioni in modo da essere indirizzate a un altro operatore sanitario (non obiettore); c) garantiscano affinché le pazienti ricevano i trattamenti appropriati, in particolare nei casi di emergenza;
    nella medesima risoluzione approvata, si conferma il pieno diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario all'interno, però, di un quadro di «bilanciamento» con il diritto del paziente all'assistenza sanitaria. Anzi, in questo «bilanciamento» la medesima risoluzione è esplicitamente preoccupata che si discriminino le donne e le pazienti più deboli e povere e ribadisce la necessaria presenza di regole che garantiscano ai pazienti il trattamento sanitario appropriato, soprattutto nelle emergenze;
    per quanto riguarda il nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all'obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all'interruzione della gravidanza, laddove l'obiezione è riconosciuta dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978; alla sperimentazione animale, dove l'obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n. 413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita, dove l'obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall'articolo 16 della legge n. 40 del 2004;
    in questo ambito particolare importanza riveste l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria della gravidanza, per i suoi effetti e ricadute socio-sanitarie e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;
    l'ultima relazione del Ministero della salute presentata al Parlamento, sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 relativa all'interruzione volontaria di gravidanza, è quella trasmessa dall'allora Ministro della salute Fazio il 4 agosto 2011;
    la relazione riporta, tra l'altro, i dati definitivi sull'obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2009. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono una seria riflessione: in Italia ben il 70,7 per cento dei ginecologi del servizio pubblico è obiettore di coscienza. Percentuale che scende al 51,7 per cento per gli anestesisti, e al 44,4 per cento per il personale non medico;
    ad eccezione della Valle d'Aosta dove sono solamente il 18 per cento i ginecologi obiettori, le percentuali non scendono mai al di sotto del 52 per cento. Il dato più elevato di obiettori di coscienza tra i ginecologi riguarda il Sud, con una media di oltre 8 obiettori su 10, e con il Molise che ha il dato più elevato tra tutte le regioni, con l'85,2 per cento di ginecologi obiettori;
    la principale conseguenza di un numero così elevato di ginecologi e operatori sanitari obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e, quindi, del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza. La ricerca di un medico non obiettore comporta allungamento dei tempi, interlocutori non sempre disponibili, donne che devono spesso migrare da una regione all'altra e, sopratutto tra le immigrate, il possibile ricorso all'aborto clandestino;
    si è di fronte, quindi, a due soggetti, entrambi titolari di diritti soggettivi riconosciuti dalla legge: quello all'interruzione volontaria di gravidanza della donna e quello all'obiezione di coscienza del personale sanitario. Due principi legittimi che idealmente dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi trova difficoltà nel realizzarsi poiché i medici obiettori spesso si rifiutano di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un'altra struttura sanitaria autorizzata all'interruzione volontaria di gravidanza;
    il diritto all'obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie è sancito dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978. Allo stesso tempo, il medesimo articolo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale;
    la legge n. 194 del 1978 prevede, quindi, scelte individuali e responsabilità pubbliche. L'obiezione di coscienza è, infatti, un diritto della persona ma non della struttura. Al medico, o all'infermiere, viene garantito di potersi avvalere dell'obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha, anzi, l'obbligo di garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie;
    i dati sopra indicati sulle percentuali di obiettori comportano, oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più limitati medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio concreto di una dequalificazione professionale e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
    peraltro, la crescita in questi anni del numero degli obiettori ha determinato la chiusura dei servizi, con ospedali privi di reparti di interruzione di gravidanza, perché praticamente la totalità di ginecologi, anestesisti e paramedici ha scelto l'obiezione di coscienza,

impegna il Governo:

   a garantire il rispetto della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, nonché la sua piena applicazione, a tutela dei diritti e della salute delle donne, assumendo anche iniziative, nei limiti delle proprie competenze, finalizzate all'assunzione di personale non obiettore in maniera tale da garantire il servizio;
   ad attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di assicurare, pur nel rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, il pieno ed efficiente espletamento da parte degli enti ospedalieri delle procedure e degli interventi di interruzione della gravidanza;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presidi con oltre il 50 per cento di obiettori.
(1-01036) «Palagiano, Donadi, Borghesi, Evangelisti».


   La Camera,
   premesso che:
    come si rileva dall'ultima relazione del Ministro della salute, sullo stato di attuazione della legge concernente: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», così come prevista dall'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n. 194, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati in data 4 agosto 2011 e riferita ai dati definitivi del 2009, nonché ai dati preliminari del 2011, si assiste ad una generale stabilizzazione dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni;
    a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud (con un massimo di più del 77 per cento in Molise e Campania, il 75,6 per cento in Sicilia e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo dell'87 per cento in Sicilia e dell'82 per cento in Molise;
    si tratta sicuramente di percentuali molto elevate che comportano, come conseguenza, tempi di attesa molto lunghi per l'intervento, che molte volte vanno oltre le due settimane (nel 2009 oltre il 40 per cento delle donne ha dovuto aspettare più di 14 giorni per poter effettuare l'interruzione volontaria di gravidanza) e, in alcuni casi, arrivano anche ad un mese o più (nel 2009 il 15,8 per cento delle donne ha dovuto aspettare oltre tre settimane), con la conseguenza che le donne si rivolgono a strutture estere, all'uso dei farmaci non legali, all'aborto clandestino con grave pregiudizio per la loro salute;
    tale situazione ha generato e continua a generare un conflitto difficile da gestire tra il primario diritto della donna, in un percorso che è già di per sé psicologicamente complicato, di accedere a determinati servizi previsti dal servizio sanitario nazionale, al dovere dell'ospedale di garantire quel servizio tutelando prima di tutto la salute della donna e quello del medico di «rivendicare», attraverso l'obiezione di coscienza, una propria libertà morale e religiosa;
    nonostante la legge n. 194 del 1978 attribuisca ai consultori familiari pubblici un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso al consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (39,4 per cento) e una possibile ragione risiede sicuramente nel fatto che i consultori sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie,

impegna il Governo:

   a tutelare, con tutti gli strumenti possibili, siano essi normativi che economici, all'interno delle strutture del servizio sanitario nazionale il diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza, nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge n. 194 del 1978, garantendo, nel contempo, il diritto dell'obiezione di coscienza dei medici così come previsto dall'articolo 9 della legge medesima;
   a promuovere un potenziamento della presenza sul territorio nazionale dei consultori familiari quale struttura socio-sanitaria in grado di aiutare la donna nella sua difficile scelta e strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole, nonché servizio essenziale per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
   a promuovere, d'intesa con le autorità scolastiche, attività di informazione ed educazione alla salute nelle scuole, con particolare riferimento alle problematiche connesse alla tutela della salute sessuale e riproduttiva.
(1-01038) «Miotto, Argentin, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Murer, Sbrollini, Livia Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    la risoluzione n. 1763, «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», approvata il 7 ottobre 2010 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riporta gli ambiti sanitari in cui la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata;
    la risoluzione fa riferimento ai casi di interruzione di gravidanza volontaria, alle situazioni di fine vita e alla procreazione medicalmente assistita;
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riconoscendo la tutela del diritto del personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ha invitato gli Stati membri del Consiglio d'Europa non ancora dotati di normative specifiche ad adottare atti completi e chiari che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza per gli operatori del settore, medici e paramedici;
    infatti, la liceità dell'obiezione di coscienza è subordinata al riconoscimento da parte dello Stato agli individui della possibilità di astenersi da condotte che determinano un conflitto interiore del soggetto rispetto al suo sistema di valori;
    in Italia il diritto all'obiezione di coscienza in campo medico è assicurato ed espressamente codificato dalle seguenti leggi: la legge n. 194 del 1978 che, all'articolo 9, ha introdotto una particolare species di obiezione di coscienza, in materia di interruzione volontaria della gravidanza, riconosciuta al personale sanitario ed esercente attività ausiliarie, salvo nei casi urgenti nei quali è in gioco la vita di una persona; peraltro, una disposizione similare è contenuta anche nel codice di deontologia medica, approvato anch'esso nel 1978, che all'articolo 28 stabilisce che «qualora al medico vengano richiesti interventi che contrastino col suo convincimento clinico o che discordino con la sua coscienza, come nel caso di sterilizzazione, aborto o interventi di plastica, egli può rifiutare la propria opera pur nel rispetto della volontà del paziente»; la legge n. 413 del 1993 che disciplina l'obiezione di coscienza per la sperimentazione animale; l'articolo 16 della legge n. 40 del 2004 che riguarda la procreazione medicalmente assistita e riconosce al personale sanitario ed esercente le attività sanitarie accessorie la facoltà di astenersi dal compimento della procedura, adottando un'impostazione similare alla disciplina in materia di aborto;
    inoltre, il diritto all'obiezione di coscienza ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza, diritti esplicitamente previsti anche nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti fondamentali previsti dalla Carta costituzionale e, fra questi, l'irrinunciabile diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quell'assistenza sanitaria riconosciuta per legge;
    particolare rilievo assume l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria di gravidanza, per le ricadute sulla stessa funzionalità dei vari enti ospedalieri e del sistema sanitario nazionale, nonché per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza;
    come descritto nella «Relazione del Ministero della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978)», del 4 agosto 2011, «nel 2009 si evince una stabilizzazione generale dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni. Infatti, a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 87,0 per cento in Sicilia e 82,0 per cento in Molise»;
    nonostante il numero degli obiettori si stia stabilizzando dopo un notevole aumento negli ultimi anni, l'attuale situazione pone problemi organizzativi all'interno delle aziende sanitarie locali e degli ospedali, specialmente al Sud, dove, come si evince dai dati sopra indicati, vi è una media di oltre 8 obiettori su 10;
    tuttavia, il citato articolo 9 della legge n. 194 del 1978, oltre ad assicurare l'obiezione di coscienza per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano tenuti, in ogni caso, ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla stessa legge e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità; inoltre, è la regione a doverne controllare e garantire l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale,

impegna il Governo:

   a garantire il diritto all'obiezione di coscienza al personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie senza alcuna discriminazione o penalizzazione, come richiesto dal Consiglio d'Europa e affermato nelle linee guida della federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia;
   ad assicurare che le strutture ospedaliere e le case di cura autorizzate siano sempre nelle condizioni di poter rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini, che vanno preventivamente informati sulle caratteristiche delle attività svolte in ciascun ente ospedaliero.
(1-01042) «Stagno d'Alcontres, Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Terranova».
(21 maggio 2012)


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

MOZIONI DONADI ED ALTRI N. 1-00898, NARDUCCI ED ALTRI N. 1-01037, MICCICHÈ ED ALTRI N. 1-01039, CROSIO ED ALTRI N. 1-01040, BERNARDO ED ALTRI N. 1-01041 E MOFFA ED ALTRI N. 1-01043 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA NEGOZIAZIONE DI ACCORDI BILATERALI CON PAESI NON APPARTENENTI ALL'UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI TASSAZIONE DEL RISPARMIO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA CONFEDERAZIONE ELVETICA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il vantaggio in termini di stabilità di cui ha goduto la Svizzera per decenni, unitamente al fatto che il sistema bancario ha offerto un efficace apparato di protezione dei clienti, ha consentito alla piazza finanziaria elvetica di attrarre il 30 per cento dei patrimoni offshore a livello mondiale (circa 2.680 miliardi di euro – secondo il Global wealth report del 2011) e di gestire 5.500 miliardi di franchi (circa 6.700 miliardi di euro);
    nel corso dell'anno 2008, anche a causa della crisi finanziaria che obbliga gli Stati sovrani al recupero di fondi su tutti i fronti, inizia un procedimento civile e penale negli Usa contro Ubs (il più importante istituto di credito svizzero), nell'ambito del quale il dipartimento della giustizia e l'Internal revenue service (Irs) chiedono informazioni su 52 mila contribuenti clienti di Ubs. Il 19 agosto 2009 l'Amministrazione federale delle contribuzioni sigla con l'Internal revenue service un accordo che limita la richiesta a 4.450 nomi (vedi Mauro Guerra in «Apologia del segreto bancario» – Limes n. speciale 2011 – L'importanza di essere Svizzera);
    nel 2010, in seguito al caso della cosiddetta «lista Falciani» (un elenco di 127 mila correntisti esteri della banca svizzera Hsbc trafugato da un ex-dipendente dell'istituto di credito) sono scoppiate polemiche tra le autorità svizzere e quelle statunitensi e francesi. Si scoprì, inoltre, che vi comparivano 5.728 contribuenti italiani, i quali avrebbero depositato denaro nella filiale svizzera, evadendo il fisco, per un totale di 6,9 miliardi di dollari (circa 5 miliardi di euro);
    i rapporti esistenti sul terreno fiscale tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera hanno vissuto le seguenti tappe fondamentali: il 23 luglio 1972 viene firmato l'Accordo di libero scambio tra la Comunità europea e la Confederazione elvetica; il 3 giugno 2003 è approvata definitivamente la direttiva europea sul risparmio n. 2003/48/CE (recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 18 aprile 2005, n. 84); il 1o luglio 2005 entra in vigore l'accordo tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera sul risparmio, siglato in data 26 ottobre 2004; il 13 febbraio 2007 viene emessa la decisione della Commissione economica europea sul sistema fiscale elvetico; nel mese di settembre 2009 la Svizzera sigla l'ultima delle dodici convenzioni di doppia imposizione contenenti la clausola dell'assistenza amministrativa ampliata in materia fiscale ed esce dalla lista grigia dell'Ocse. Essa ottiene di limitare l'assistenza a singoli casi, di escludere la valenza giuridica delle fishing expedition (ossia le richieste di informazioni bancarie non già sul singolo individuo, ma su gruppi o categorie di individui senza elementi specifici di sospetta evasione fiscale) e delle informazioni ottenute con sottrazione di dati, di migliorare l'accesso al mercato delle prestazioni finanziarie transfrontaliere; convenzioni fiscali con Germania (10 agosto 2011) e Gran Bretagna (24 agosto 2011) secondo il cosiddetto modello «Rubik»; nel 2011 il Consiglio dell'Unione europea (Ecofin) intende modificare la direttiva sul risparmio del 2003 (proposta di direttiva del Consiglio presentata dalla Commissione europea – COM(2008)727 definitivo), mentre la Commissione europea starebbe facendo pressione affinché Berlino e Londra modifichino, sulla scorta delle indicazioni provenienti da Bruxelles, le convenzioni sottoscritte nei mesi scorsi;
    nel 2013 entrerà in vigore negli Usa il nuovo Foreign account tax compliance act (Fatca), in base al quale qualsiasi banca che voglia continuare a gestire conti di clienti statunitensi, o avere accesso al mercato statunitense, dovrà segnalare all'Internal revenue service le informazioni relative a questi clienti o, in alternativa, pagare un'imposta del 30 per cento su tutti i pagamenti e gli investimenti di origine statunitense;
    pochi giorni fa, Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Usa hanno ufficializzato la volontà di adottare un approccio comune finalizzato all'applicazione in Europa della normativa del Foreign account tax compliance act (Fatca);
    per effetto della «direttiva sul risparmio» (2003/48/CE) approvata definitivamente dal Consiglio il 3 giugno 2003 dopo una gestazione sofferta e prolungatasi per oltre cinque anni, dal 1o luglio 2005 è scattato l'obbligo per le banche e gli altri intermediari finanziari operanti in Italia, e in ventuno altri Stati dell'Unione europea, di comunicare periodicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi al pagamento di interessi effettuati a favore di persone fisiche residenti in altri Stati membri dell'Unione europea. L'Agenzia delle entrate deve inviare le informazioni così ottenute all'amministrazione fiscale del Paese di residenza di ogni singolo percettore e ricevere le medesime informazioni da parte di altri ventuno Stati dell'Unione europea;
    in tre Stati dell'Unione europea (Austria, Belgio e Lussemburgo) e in cinque Stati extra Unione europea (Svizzera, Liechtenstein, Andorra, San Marino e Principato di Monaco), invece, le banche e gli intermediari locali non effettuano alcuna comunicazione, ma prelevano un'imposta del 15 per cento sugli interessi pagati a persone fisiche residenti in altri paesi dell'Unione europea. Il 25 per cento del gettito complessivo di questa imposta viene trattenuto dall'erario del singolo Stato, mentre il 75 per cento verrà da questo rimesso all'erario del Paese di residenza della persona;
    questa ritenuta è stata aumentata progressivamente, per passare dal 15 per cento nel 2005 al 35 per cento nel luglio 2011;
    questo accordo assicura alla Svizzera un vantaggio, ossia l'abolizione della tassazione alla fonte dei dividendi, dei redditi e dei canoni di licenza tra imprese associate, aumentando in tal modo l'attrattiva della Svizzera per le società attive a livello internazionale;
    secondo le statistiche ufficiali elaborate dall'amministrazione elvetica, se si considera il 2007, secondo anno completo di applicazione dell'accordo, i soggetti pagatori svizzeri hanno operato ritenute alla fonte (15 per cento) sugli interessi aventi come beneficiari persone fisiche per un ammontare pari a circa 653 milioni di franchi svizzeri (corrispondenti a 435 milioni di euro). Di questo ammontare il 75 per cento è stato inoltrato ai vari Paesi facenti parte dell'Unione europea;
    l'amministrazione italiana ha beneficiato di entrate per circa 125 milioni di franchi svizzeri, ponendosi al secondo posto tra i vari Stati europei. Inoltre, 63.000 beneficiari di interessi hanno optato per la perdita dell'anonimato, autorizzando l'agente pagatore a comunicare i dati alla competente autorità amministrativa (procedura di divulgazione volontaria);
    l'interesse che determina una ritenuta del 15 per cento, pari a 653 milioni di franchi svizzeri, è stimato in 4.353 milioni di franchi svizzeri (2.898 milioni di euro). Il capitale sottostante potrebbe essere: se si ipotizza un rendimento del 2 per cento di 217 miliardi di franchi svizzeri (144 miliardi di euro); se, invece, si stima un rendimento del 4 per cento, di 108.5 miliardi di franchi svizzeri (72 miliardi di euro);
    per quanto concerne l'Italia, se il 75 per cento della ritenuta è pari a 125 milioni di franchi svizzeri, la ritenuta totale è pari a circa 167 milioni di franchi svizzeri, determinata da interessi per circa 1.100 milioni di franchi svizzeri. Il relativo capitale potrebbe essere pari a circa 56 miliardi di franchi svizzeri (circa 37 miliardi di euro, con il 2 per cento di rendimento) oppure 28.000 milioni di franchi svizzeri (18,5 miliardi di euro, con il 4 per cento di rendimento);
    per l'anno 2010, sono stati invece riscossi 432 milioni di franchi. I tre quarti di questo importo (pari a 324 milioni di euro) sono stati retrocessi agli Stati membri mentre un quarto del gettito (108 milioni di euro) spettava alla Svizzera;
    l'accordo sulla fiscalità tra Svizzera e Unione europea del 2005, con il quale il Governo svizzero si impegnava a trattenere un'imposta alla fonte e riversarla agli Stati dell'Unione europea di residenza dei propri correntisti, ha dato scarsi esiti secondo il parere degli ex Ministri delle finanze di Germania e Italia, Steinbrück e Tremonti;
    infatti, l'onere fiscale può essere facilmente aggirato: la direttiva si applica solo agli interessi versati a una persona fisica. Basta intestare il conto a una società (magari costituita in un altro paradiso fiscale) e il gioco è fatto. Il risultato di tutto questo è che: gli Stati maggiormente interessati ad avere informazioni continuano a non averne; l'evasione fiscale, favorita dal segreto bancario dei Paesi che possono continuare a mantenerlo, non ne soffre minimamente; chi si attendeva introiti favolosi per le esangui casse erariali è rimasto deluso;
    peraltro, emerge una contraddizione per quanto concerne l'Italia: a partire dal 1o luglio 2011 la Svizzera opera una ritenuta del 35 per cento sugli interessi che rientrano nell'accordo: il 25 per cento resta alla Svizzera e il 75 per cento è inviato al Paese di residenza del beneficiario. Ne consegue che l'amministrazione italiana tributaria riceve, senza espletare alcun tipo di attività, il 75 per cento del 35 per cento, cioè il 26,25 per cento. Se il residente italiano avesse riportato in Italia i suoi capitali investendoli, ad esempio, in un normale conto corrente bancario, l'amministrazione italiana avrebbe introitato, a parità di capitale e di interesse, il 20 per cento, aliquota un po’ inferiore al 26,25 per cento. Mentre se l'investimento nel nostro Paese fosse in titoli di Stato, l'amministrazione italiana avrebbe introitato solo il 12,50 per cento, ritenuta di gran lunga inferiore al 26,50 per cento percepito nel primo caso. Da questo breve esempio si perverrebbe alla conclusione che il mantenimento di depositi in Svizzera da parte di soggetti residenti in Italia arrecherebbe teoricamente un sensibile vantaggio, in termini di flussi di imposte, all'amministrazione italiana;
    l'accordo con la Svizzera, per la parte relativa al recepimento della direttiva sul risparmio, fa riferimento esclusivamente – come già detto – alle persone fisiche. Proprio questo si è rivelato, nel corso degli anni, un limite notevole al corretto funzionamento dell'accordo: l'interposizione di schermi societari ha, di fatto, attenuato le prospettive positive che erano attese dalla sua firma;
    come porre rimedio a questa situazione è un compito al quale si sta dedicando la Commissione europea (vedi la proposta di direttiva del Consiglio presentata dalla Commissione dell'Unione europea – COM(2008)727 definitivo), il cui intervento si pone due obbiettivi: a) da un lato, il passaggio dalla nozione formalistica di beneficiario effettivo a quella di beneficiario economico; b) dall'altro, l'allargamento del campo di applicazione della direttiva a nuovi prodotti finanziari;
    il Consiglio dell'Unione europea, il 17 maggio 2011, ha svolto un dibattito orientativo sul modo di procedere relativamente alla proposta citata, volta a rafforzare le disposizioni della direttiva dell'Unione europea in materia di tassazione dei redditi da risparmio;
    la Presidenza del Consiglio dei ministri ha dichiarato che rifletterà sul modo di far avanzare i lavori, tenuto conto dei progressi compiuti;
    le modifiche alla direttiva 2003/48/CE proposte sono intese a evitare l'elusione della direttiva, tenendo conto dell'evoluzione dei prodotti da risparmio e del comportamento degli investitori dalla sua prima applicazione nel 2005. Esse si prefiggono di ampliare il campo d'applicazione della direttiva per includervi non solo i pagamenti di interessi ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti;
    il Consiglio dell'Unione europea (Ecofin) intende modificare la direttiva sul risparmio del 2003 già citata. Tale direttiva è arrivata al termine del periodo transitorio e l'Ecofin intende promulgare un testo che prevede il passaggio automatico di informazioni tra Paesi. Austria e Lussemburgo continueranno ad applicare una ritenuta alla fonte, preservando l'anonimato dei contribuenti, mentre la Svizzera è chiamata a negoziare con l'Unione europea un riesame dell'accordo nei termini di quello siglato con Germania e Inghilterra;
    è presumibile che la Confederazione elvetica difenderà il segreto bancario con molta forza e per molti anni e, stante che abolirlo o limitarlo in maniera significativa, potrebbe – secondo stime autorevoli – dimezzare il prodotto interno lordo generato dal settore finanziario (l'11 per cento del prodotto interno lordo svizzero), settore che occupa in Svizzera più di 200 mila persone;
    la convenzione fiscale siglata il 10 agosto 2011, per le persone residenti in Germania, prevede il pagamento a posteriori di un'imposta sulle loro attuali relazioni bancarie in Svizzera. Al riguardo, esse possono effettuare un pagamento unico d'imposta oppure dichiarare i loro conti. I futuri redditi e gli utili dei capitali di clienti bancari tedeschi in Svizzera saranno soggetti a un'imposta liberatoria, il cui provento sarà trasferito dalla Svizzera alle autorità tedesche. Con la convenzione i due Paesi intendono, inoltre, migliorare l'accesso ai reciproci mercati per i fornitori di servizi finanziari;
    grazie all'imposta liberatoria la Germania dovrebbe incassare un miliardo di euro l'anno. In più, riceverà una decina di miliardi a titolo di «risarcimento» per i casi di evasione fiscale del passato;
    il testo della convenzione rispetta – secondo i sottoscrittori – da un canto, la sfera privata dei clienti bancari e, dall'altro, garantisce l'osservanza di pretese fiscali giustificate. Entrambe le parti convengono che, per l'effetto esplicato, il sistema concordato corrisponderà a lungo termine allo scambio automatico di informazioni per i redditi di capitali. Il testo completo della convenzione sarà pubblicato, come di consueto, dopo la firma di entrambi i Governi tra alcune settimane e potrebbe entrare in vigore all'inizio del 2013;
    la convenzione tra Svizzera e Germania contiene in particolare i seguenti punti:
     a) l'imposta liberatoria per il futuro: i futuri redditi e utili di capitali saranno direttamente assoggettati a un'imposta liberatoria. L'aliquota unica è stata fissata al 26,375 per cento, che corrisponde all'aliquota dell'imposta liberatoria in vigore in Germania. L'imposta liberatoria è un'imposta alla fonte. Con il suo versamento, l'obbligo fiscale nei confronti dello Stato di domicilio è, in linea di principio, soddisfatto;
     b) allo scopo di impedire che nuovi averi non tassati vengano depositati in Svizzera, è stato convenuto un meccanismo di garanzia che permette alle autorità tedesche di presentare domande di informazioni che devono indicare il nome del cliente ma non necessariamente quello della banca. In termini numerici, queste domande sono limitate e devono basarsi su motivi plausibili. Per un periodo di due anni il numero delle domande sarà compreso tra 750 e 999; successivamente sarà adeguato sulla base dei risultati. La ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni, la cosiddetta fishing expedition (ossia le richieste di informazioni bancarie non già sul singolo individuo, ma su gruppi o categorie di individui senza elementi specifici di sospetta evasione fiscale), è esclusa;
     c) il recupero d'imposta: ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, le persone residenti in Germania devono avere, in via eccezionale, la possibilità di pagare un'imposta calcolata in modo forfettario. L'ammontare di questo onere fiscale oscilla tra il 19 e il 34 per cento dei valori patrimoniali e sarà stabilito in funzione della durata della relazione con il cliente nonché dell'importo iniziale e finale del capitale. In luogo di tale pagamento, gli interessati hanno la possibilità di dichiarare alle autorità tedesche la loro relazione bancaria in Svizzera;
     d) altri punti: Svizzera e Germania hanno deciso di agevolare agli istituti finanziari l'accesso ai reciproci mercati. In particolare, sarà semplificata l'applicazione della procedura di esenzione (freistellungsverfahren) per le banche svizzere in Germania e abrogato l'obbligo di avviare le relazioni con i clienti tramite un istituto sul posto. Inoltre, è stata risolta la problematica dell'acquisto di dati rilevanti ai fini fiscali: si esclude la valenza giuridica delle informazioni ottenute con sottrazione di dati. Il pacchetto comprende anche la soluzione della questione di possibili procedimenti penali contro i collaboratori delle banche;
    per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d'imposta e dare corpo alla volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si sono impegnate a fornire una prestazione di garanzia di 2 miliardi di franchi (1,6 miliardi di euro). Il denaro anticipato dalle banche sarà compensato attraverso gli ulteriori pagamenti d'imposta e restituito alle banche;
    la convenzione fiscale tra la Svizzera e il Regno Unito è impostata in maniera analoga a quella con la Germania, parafata il 10 agosto 2011. Le aliquote fiscali per la regolarizzazione del passato sono identiche. Le differenze sono dovute essenzialmente ai diversi regimi tributari e riguardano in particolare l'ammontare delle aliquote fiscali su redditi futuri e le particolarità del diritto procedurale. Il differente importo anticipato dalle banche è in funzione del diverso volume del fatturato;
    la convenzione tra Svizzera e Regno Unito contiene in particolare i seguenti punti:
     a) l'imposta liberatoria per il futuro: l'aliquota concordata è stata fissata tra il 27 e il 48 per cento a seconda della categoria del reddito da capitale. Le aliquote sono leggermente inferiori a quelle consuete marginali britanniche;
     b) in termini numerici le domande di informazioni sono limitate e devono basarsi su motivi plausibili. Il numero delle domande sarà compreso tra qualche centinaio e un massimo di 500 all'anno; successivamente sarà adeguato sulla base dei risultati;
     c) ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, si applicano le stesse modalità previste dalla convenzione con la Germania;
     d) altri punti: Svizzera e Regno Unito hanno deciso di agevolare agli istituti finanziari l'accesso ai reciproci mercati. Analogamente è stata esclusa la valenza giuridica delle informazioni ottenute con sottrazione di dati. Il pacchetto comprende anche la soluzione della questione di possibili procedimenti penali contro collaboratori delle banche;
    la convenzione contiene norme speciali per i cosiddetti «soggetti non domiciliati nel Regno Unito», vale a dire per le persone che soggiornano in Gran Bretagna senza avere un domicilio durevole;
    per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d'imposta e dare corpo alla volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si sono impegnate a fornire una prestazione di garanzia di 500 milioni di franchi;
    la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
    a seguito dei cosiddetti «scudi fiscali» del Governo Berlusconi-Tremonti, due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Se si ipotizza per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero, in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130 miliardi di euro. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati qualche cosa come 9 miliardi di euro secondo una stima del quotidiano Il Sole 24 Ore;
    anche l'Austria, il 13 aprile 2012, ha stipulato un accordo analogo a quelli sottoscritti dalla Germania e dal Regno unito;
    dopo un primo parere contrario, il 17 aprile 2012, il Commissario europeo Semeta ha affermato in conferenza stampa che gli accordi bilaterali stipulati da Germania, Austria e Regno Unito con la Svizzera sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
    secondo quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri in conferenza stampa il 30 aprile 2012, il Governo sarebbe pronto a «considerare ex novo l'intera materia»;
    nel mese di maggio 2012 è stata anche risolta con le autorità svizzere la controversia relativa al blocco, da parte Svizzera, dei ristorni dei lavoratori frontalieri italiani. In data 8 maggio 2012, la Svizzera ha effettuato l'ordine di pagamento a favore dell'Italia. Sussistono, quindi, ora che questa controversia è stata risolta, i presupposti perché il confronto si sviluppi verso obiettivi ulteriori;
    ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con San Marino, con il risultato che, mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, tali Stati possono essere molto evasivi con l'Italia,

impegna il Governo

ad avviare con la massima urgenza negoziati con le autorità elvetiche in vista della conclusione di un accordo bilaterale analogo a quelli stipulati dalla Gran Bretagna, dalla Germania e dall'Austria, ed a sottoscrivere accordi bilaterali anche con gli altri «paradisi fiscali», ampliando i meccanismi di informazione relativi ai clienti italiani degli istituti di credito di tali Paesi.
(1-00898) (Nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Messina».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria globale che imperversa dal 2008 ha indotto i Governi di svariate nazioni ad adottare misure di salvataggio dei rispettivi sistemi finanziari e ampie misure di sostegno alle loro economie. Nello sforzo di evitare crisi di portata drammatica e di proteggere le proprie popolazioni dalle conseguenze di tali crisi, Governi, Parlamenti e banche centrali hanno dato vita a nuovi meccanismi di regolazione dei mercati finanziari per contrastare, da un lato, le tendenze speculative e, dall'altro, per attivare con più decisione politiche di risanamento del debito pubblico. In particolare, sotto questo profilo, lo sforzo maggiore è stato prodotto dai Paesi dell'area euro dell'Unione europea per contrastare la crisi dovuta in primo luogo dal debito pubblico, con manovre che incidono prima di tutto a livello fiscale. Molti Governi hanno attivato, con grandi decisioni, politiche antievasione e di contrasto alla fuga dei capitali;
    le politiche antievasione avviate dall'Unione europea e da altri Stati hanno spinto numerose piazze finanziarie internazionali ad adeguare gli strumenti di cooperazione tra Paesi per la lotta all'evasione fiscale. La Svizzera, ad esempio, ha ampliato il modello degli accordi sulla doppia imposizione fiscale, integrandolo con l'articolo sull'assistenza amministrativa e lo scambio d'informazioni conforme allo standard dell'Ocse, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
    la Germania e il Regno Unito hanno stipulato, nella seconda metà del 2011, una convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini o persone fisiche residenti che hanno investito o depositato i capitali in Svizzera. Con tali convenzioni i contraenti hanno individuato una soluzione per regolarizzare somme di denaro non dichiarate nel passato e per convenire la tassazione dei futuri redditi da capitale. Entrambe le convenzioni sono state integrate e completate a inizio 2012;
    una convenzione analoga, corrispondente in larga misura a quelle firmate con la Germania e il Regno Unito, volta a sanare l'evasione pregressa per le attività finanziarie detenute presso le sedi bancarie svizzere, è stata firmata anche dall'Austria nel mese di aprile 2012;
    tali convenzioni – previa ratifica dei rispettivi Parlamenti – prevedono che i cittadini, che hanno investito o depositato i propri capitali in Svizzera, dovranno pagare ai rispettivi Paesi di appartenenza una tassa liberatoria. Le aliquote del prelievo fissato nella convenzione con la Germania, ovvero l'aliquota fiscale minima e massima per la regolarizzazione del passato, oscillano tra il 21 per cento e il 41 per cento. In base alla clausola della «nazione più favorita» contenuta nel protocollo di modifica stipulato il 20 marzo 2012 tra la Svizzera e il Regno Unito, le aliquote fiscali minime e massime si allineano a quelle della convenzione con la Germania (dal 21 al 41 per cento). Tale modifica non si applica ai soggetti non domiciliati nel Regno Unito in modo durevole («non UK domiciled individual»), per i quali resta l'aliquota del 34 per cento. La convenzione firmata con l'Austria il 13 aprile 2012 fissa, invece, le aliquote tra il 15 e il 38 per cento per il calcolo del pagamento unico forfetario, a seconda della durata della relazione bancaria e del patrimonio, mentre per la tassazione dei futuri redditi da capitale è stabilita un'aliquota unica del 25 per cento, corrispondente alla tassazione austriaca sul reddito;
    tali accordi prevedono che la tassazione sui capitali evasi all'estero non si traduca in una sorta di condono una tantum, ma che diventi un elemento strutturale e permanente; infatti, nel caso in cui i suddetti cittadini decidano di continuare a detenere attività finanziarie presso sedi svizzere, dovranno pagare una tassa sui redditi da capitale pari al 26,3 per cento (i cittadini tedeschi) e pari a un tasso oscillante fra il 27 e il 48 per cento (i cittadini britannici); dunque, a fronte di una prevista sanzione per gli anni pregressi, si procederebbe per gli anni a venire con l'imposizione di una tassazione annuale mediante il conferimento alla Svizzera del ruolo di esattore, quale sostituto d'imposta per conto del Paese contraente l'accordo. Sempre sulla base di tali accordi, la Svizzera otterrebbe il mantenimento del segreto bancario e una serie di facilitazioni per l'accesso delle proprie banche su territorio tedesco e britannico;
    secondo alcune autorevoli stime, la metà dei capitali depositati in Svizzera, pari complessivamente a circa 4.000 miliardi di franchi svizzeri (3.330 miliardi di euro), sarebbe di origine straniera. In particolare, circa 180 miliardi apparterrebbero ad investitori tedeschi, 120 miliardi a investitori italiani e circa 70 miliardi ad investitori britannici;
    secondo uno studio della Banca d'Italia – «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani» – i capitali italiani esportati all'estero ammontano tra i 124 e i 194 miliardi di euro, mentre, sulla base degli esiti derivanti dai cosiddetti «scudi fiscali» varati dal Governo Berlusconi-Tremonti, si calcola che i due terzi dei rimpatri dei capitali italiani evasi deriverebbero dalla sola Svizzera;
    la complessa materia inerente alla tassazione dei redditi da risparmio e al negoziato con la Svizzera va considerata anche alla luce delle difficili relazioni in materia fiscale tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica, contrassegnate da visioni non sempre condivise, da svariate controversie e da decisioni inaccettabili per l'Italia, come il blocco parziale (50 per cento) dei ristorni del prelievo fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori transfrontalieri italiani, messo in atto dal Canton Ticino nel 2011, e dalla perdurante decisione dell'Italia di mantenere la Svizzera nelle cosiddette «black list»;
    la riapertura delle trattative fra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, e per negoziare una nuova convenzione per evitare le doppie imposizioni fiscali, rappresenta uno snodo sempre più urgente e rilevante, anche in considerazione dell'interscambio esistente fra i due Paesi, che ammonta a ben 29 miliardi di euro, quasi sei volte il l'interscambio dell'Italia con il gigante India, e un saldo notevole di quasi due miliardi di franchi svizzeri a favore del nostro Paese. Attualmente, oltre mezzo milione di connazionali vive stabilmente nella Confederazione, mentre 50 mila cittadini svizzeri vivono in Italia. Inoltre, sono oltre 55 mila i lavoratori frontalieri italiani occupati oltre confine. La Svizzera non è soltanto un mercato del lavoro di grande interesse per lo sbocco occupazionale per tanti italiani, ma anche un considerevole partner per l'Italia sotto il profilo economico e degli investimenti;
    l'annuncio di un prossimo incontro di lavoro tra la Presidente della Confederazione elvetica Eveline Widmer-Schlumpf e il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti rappresenta, dunque, un passo importante per la ripresa del dialogo sulle questioni fiscali tra la Svizzera e il nostro Paese, e dà finalmente un seguito positivo alla richiesta formulata nella mozione Narducci ed altri 1-00631, approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati poco meno di un anno fa, il 7 giugno 2011;
    l'annuncio congiunto, dato dal Governo italiano e svizzero di voler riaprire il dialogo e di avviare il negoziato per pervenire a una costruttiva convergenza sulle questioni fiscali, ha prodotto immediatamente un risultato importante, cioè lo sblocco della vertenza che per due anni ha alimentato forti tensioni fra il Canton Ticino e le regioni italiane confinanti: la Svizzera ha confermato lo sblocco dei ristorni fiscali con il pagamento effettuato dal Cantone Ticino a favore dell'Italia;
    per quanto attiene alla regolazione della materia fiscale nell'area dell'Unione europea, rileva la direttiva n. 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio, attualmente in vigore relativamente ai rapporti dell'Unione europea stessa con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera. La Commissione europea, in esito al monitoraggio sull'applicazione della citata direttiva e dell'accordo con la Svizzera, ne ha evidenziato l'agevole elusione da parte dalle persone fisiche, che hanno la possibilità di evitare il prelievo del 35 per cento, avvalendosi dell'interposizione di società, trust o altri istituti giuridici simili. Ciò è dimostrato anche dai dati relativi all'ammontare delle imposte riscosse dalla Confederazione elvetica a carico di soggetti residenti nell'Unione europea, che sono state pari a 535 milioni di franchi nel 2009 e a soli 432 milioni di franchi nel 2010, di cui 57 milioni di franchi trasferiti all'Italia;
    è da valutare positivamente la proposta di revisione della direttiva n. 2003/48/CE presentata dalla Commissione europea il 13 novembre 2008 (COM (2008)727), volta a rafforzare e ad estenderne l'ambito di applicazione, al fine di includervi non solo i pagamenti di interessi, ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti, e a rinegoziare gli accordi con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera;
    la revisione della citata direttiva europea è, tuttavia, un obiettivo difficile da raggiungere entro il termine previsto del 31 dicembre 2012. Ne è conferma il recente mancato accordo all'Ecofin sul conferimento del mandato alla Commissione europea a negoziare la tassazione del risparmio in Paesi terzi. L'intesa – che avrebbe dovuto far partire il negoziato dell'Unione Europea per rafforzare gli strumenti atti a combattere l'evasione fiscale a livello comunitario e a inibire gli accordi fiscali stipulati con la Svizzera su base bilaterale – non è stata raggiunta per la mancanza di consenso unanime dei 27 Paesi membri;
    nonostante il parere contrario sulla prima formulazione delle convenzioni stipulate bilateralmente dalla Svizzera con Germania, Regno Unito e Austria, il 17 aprile 2012 il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale Algirdas Semeta ha rilasciato un'importante dichiarazione, affermando che la versione riformulata delle convenzioni bilaterali summenzionate è compatibile con il diritto dell'Unione europea e, quindi, esse sono euro-conformi;
    secondo quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri Monti, in conferenza stampa il 30 aprile 2012, il Governo sarebbe pronto a «considerare ex novo l'intera materia»;
    l'applicazione in Italia di una convenzione simile a quella già stipulata dalla Svizzera con altri Paesi europei potrebbe assicurare, a breve e medio termine, il reperimento di significative risorse e costituirebbe un passo fondamentale nella direzione della lotta all'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   a sostenere l'approccio europeo alla lotta all'evasione fiscale, approntando più efficaci strumenti per fronteggiare il fenomeno e per garantire la giustizia fiscale del risparmio a livello europeo, mediante la revisione della direttiva sulla tassazione del risparmio;
   nelle more della revisione della citata direttiva attualmente in fase di stallo, ad avviare tempestivamente i negoziati tra Italia e Svizzera al fine di concludere una convenzione bilaterale analoga a quelle stipulate dalla Confederazione elvetica con la Germania, il Regno Unito e l'Austria, anche alla luce della recente posizione assunta dal Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale circa la compatibilità di tali accordi bilaterali con il diritto comunitario;
   a sostenere, nell'ambito dei negoziati fra Italia e Svizzera in materia di tassazione dei redditi da risparmio, la necessità di pervenire ad una nuova convenzione volta ad evitare la doppia imposizione fiscale sui redditi e sulle sostanze, a tutela dei lavoratori italiani transfrontalieri;
   ad attivarsi per rimuovere la Svizzera dalle varie «black list» e a valutare tutte le soluzioni per garantire l'effettività della cosiddetta «reciprocità», al fine di sostenere al meglio le imprese italiane che intrattengono intensi rapporti con la Svizzera stessa.
(1-01037) «Narducci, Gozi, Tempestini, Vannucci, Maran, Farinone, Garavini, Giachetti, Losacco, Lucà, Luongo, Merloni, Pompili, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Pistelli, Porta, Touadi».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria globale che imperversa dal 2008 ha indotto i Governi di svariate nazioni ad adottare misure di salvataggio dei rispettivi sistemi finanziari e ampie misure di sostegno alle loro economie. Nello sforzo di evitare crisi di portata drammatica e di proteggere le proprie popolazioni dalle conseguenze di tali crisi, Governi, Parlamenti e banche centrali hanno dato vita a nuovi meccanismi di regolazione dei mercati finanziari per contrastare, da un lato, le tendenze speculative e, dall'altro, per attivare con più decisione politiche di risanamento del debito pubblico. In particolare, sotto questo profilo, lo sforzo maggiore è stato prodotto dai Paesi dell'area euro dell'Unione europea per contrastare la crisi dovuta in primo luogo dal debito pubblico, con manovre che incidono prima di tutto a livello fiscale. Molti Governi hanno attivato, con grandi decisioni, politiche antievasione e di contrasto alla fuga dei capitali;
    le politiche antievasione avviate dall'Unione europea e da altri Stati hanno spinto numerose piazze finanziarie internazionali ad adeguare gli strumenti di cooperazione tra Paesi per la lotta all'evasione fiscale. La Svizzera, ad esempio, ha ampliato il modello degli accordi sulla doppia imposizione fiscale, integrandolo con l'articolo sull'assistenza amministrativa e lo scambio d'informazioni conforme allo standard dell'Ocse, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
    la Germania e il Regno Unito hanno stipulato, nella seconda metà del 2011, una convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini o persone fisiche residenti che hanno investito o depositato i capitali in Svizzera. Con tali convenzioni i contraenti hanno individuato una soluzione per regolarizzare somme di denaro non dichiarate nel passato e per convenire la tassazione dei futuri redditi da capitale. Entrambe le convenzioni sono state integrate e completate a inizio 2012;
    una convenzione analoga, corrispondente in larga misura a quelle firmate con la Germania e il Regno Unito, volta a sanare l'evasione pregressa per le attività finanziarie detenute presso le sedi bancarie svizzere, è stata firmata anche dall'Austria nel mese di aprile 2012;
    tali convenzioni – previa ratifica dei rispettivi Parlamenti – prevedono che i cittadini, che hanno investito o depositato i propri capitali in Svizzera, dovranno pagare ai rispettivi Paesi di appartenenza una tassa liberatoria. Le aliquote del prelievo fissato nella convenzione con la Germania, ovvero l'aliquota fiscale minima e massima per la regolarizzazione del passato, oscillano tra il 21 per cento e il 41 per cento. In base alla clausola della «nazione più favorita» contenuta nel protocollo di modifica stipulato il 20 marzo 2012 tra la Svizzera e il Regno Unito, le aliquote fiscali minime e massime si allineano a quelle della convenzione con la Germania (dal 21 al 41 per cento). Tale modifica non si applica ai soggetti non domiciliati nel Regno Unito in modo durevole («non UK domiciled individual»), per i quali resta l'aliquota del 34 per cento. La convenzione firmata con l'Austria il 13 aprile 2012 fissa, invece, le aliquote tra il 15 e il 38 per cento per il calcolo del pagamento unico forfetario, a seconda della durata della relazione bancaria e del patrimonio, mentre per la tassazione dei futuri redditi da capitale è stabilita un'aliquota unica del 25 per cento, corrispondente alla tassazione austriaca sul reddito;
    tali accordi prevedono che la tassazione sui capitali evasi all'estero non si traduca in una sorta di condono una tantum, ma che diventi un elemento strutturale e permanente; infatti, nel caso in cui i suddetti cittadini decidano di continuare a detenere attività finanziarie presso sedi svizzere, dovranno pagare una tassa sui redditi da capitale pari al 26,3 per cento (i cittadini tedeschi) e pari a un tasso oscillante fra il 27 e il 48 per cento (i cittadini britannici); dunque, a fronte di una prevista sanzione per gli anni pregressi, si procederebbe per gli anni a venire con l'imposizione di una tassazione annuale mediante il conferimento alla Svizzera del ruolo di esattore, quale sostituto d'imposta per conto del Paese contraente l'accordo. Sempre sulla base di tali accordi, la Svizzera otterrebbe il mantenimento del segreto bancario e una serie di facilitazioni per l'accesso delle proprie banche su territorio tedesco e britannico;
    secondo alcune autorevoli stime, la metà dei capitali depositati in Svizzera, pari complessivamente a circa 4.000 miliardi di franchi svizzeri (3.330 miliardi di euro), sarebbe di origine straniera. In particolare, circa 180 miliardi apparterrebbero ad investitori tedeschi, 120 miliardi a investitori italiani e circa 70 miliardi ad investitori britannici;
    secondo uno studio della Banca d'Italia – «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani» – i capitali italiani esportati all'estero ammontano tra i 124 e i 194 miliardi di euro, mentre, sulla base degli esiti derivanti dai cosiddetti «scudi fiscali» varati dal Governo Berlusconi-Tremonti, si calcola che i due terzi dei rimpatri dei capitali italiani evasi deriverebbero dalla sola Svizzera;
    la complessa materia inerente alla tassazione dei redditi da risparmio e al negoziato con la Svizzera va considerata anche alla luce delle difficili relazioni in materia fiscale tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica, contrassegnate da visioni non sempre condivise, da svariate controversie e da decisioni inaccettabili per l'Italia, come il blocco parziale (50 per cento) dei ristorni del prelievo fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori transfrontalieri italiani, messo in atto dal Canton Ticino nel 2011, e dalla perdurante decisione dell'Italia di mantenere la Svizzera nelle cosiddette black list;
    la riapertura delle trattative fra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, e per negoziare una nuova convenzione per evitare le doppie imposizioni fiscali, rappresenta uno snodo sempre più urgente e rilevante, anche in considerazione dell'interscambio esistente fra i due Paesi, che ammonta a ben 29 miliardi di euro, quasi sei volte il l'interscambio dell'Italia con il gigante India, e un saldo notevole di quasi due miliardi di franchi svizzeri a favore del nostro Paese. Attualmente, oltre mezzo milione di connazionali vive stabilmente nella Confederazione, mentre 50 mila cittadini svizzeri vivono in Italia. Inoltre, sono oltre 55mila i lavoratori frontalieri italiani occupati oltre confine. La Svizzera non è soltanto un mercato del lavoro di grande interesse per lo sbocco occupazionale per tanti italiani, ma anche un considerevole partner per l'Italia sotto il profilo economico e degli investimenti;
    l'annuncio di un prossimo incontro di lavoro tra la Presidente della Confederazione elvetica Eveline Widmer-Schlumpf e il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti rappresenta, dunque, un passo importante per la ripresa del dialogo sulle questioni fiscali tra la Svizzera e il nostro Paese, e dà finalmente un seguito positivo alla richiesta formulata nella mozione Narducci ed altri 1-00631, approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati poco meno di un anno fa, il 7 giugno 2011;
    l'annuncio congiunto, dato dal Governo italiano e svizzero di voler riaprire il dialogo e di avviare il negoziato per pervenire a una costruttiva convergenza sulle questioni fiscali, ha prodotto immediatamente un risultato importante, cioè lo sblocco della vertenza che per due anni ha alimentato forti tensioni fra il Canton Ticino e le regioni italiane confinanti: la Svizzera ha confermato lo sblocco dei ristorni fiscali con il pagamento effettuato dal Cantone Ticino a favore dell'Italia;
    per quanto attiene alla regolazione della materia fiscale nell'area dell'Unione europea, rileva la direttiva n. 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio, attualmente in vigore relativamente ai rapporti dell'Unione europea stessa con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera. La Commissione europea, in esito al monitoraggio sull'applicazione della citata direttiva e dell'accordo con la Svizzera, ne ha evidenziato l'agevole elusione da parte dalle persone fisiche, che hanno la possibilità di evitare il prelievo del 35 per cento, avvalendosi dell'interposizione di società, trust o altri istituti giuridici simili. Ciò è dimostrato anche dai dati relativi all'ammontare delle imposte riscosse dalla Confederazione elvetica a carico di soggetti residenti nell'Unione europea, che sono state pari a 535 milioni di franchi nel 2009 e a soli 432 milioni di franchi nel 2010, di cui 57 milioni di franchi trasferiti all'Italia;
    è da valutare positivamente la proposta di revisione della direttiva n. 2003/48/CE presentata dalla Commissione europea il 13 novembre 2008 (COM(2008)727), volta a rafforzare e ad estenderne l'ambito di applicazione, al fine di includervi non solo i pagamenti di interessi, ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti, e a rinegoziare gli accordi con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera;
    la revisione della citata direttiva europea è, tuttavia, un obiettivo difficile da raggiungere entro il termine previsto del 31 dicembre 2012. Ne è conferma il recente mancato accordo all'Ecofin sul conferimento del mandato alla Commissione europea a negoziare la tassazione del risparmio in Paesi terzi. L'intesa – che avrebbe dovuto far partire il negoziato dell'Unione Europea per rafforzare gli strumenti atti a combattere l'evasione fiscale a livello comunitario e a inibire gli accordi fiscali stipulati con la Svizzera su base bilaterale – non è stata raggiunta per la mancanza di consenso unanime dei 27 Paesi membri;
    nonostante il parere contrario sulla prima formulazione delle convenzioni stipulate bilateralmente dalla Svizzera con Germania, Regno Unito e Austria, il 17 aprile 2012 il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale Algirdas Semeta ha rilasciato un'importante dichiarazione, affermando che la versione riformulata delle convenzioni bilaterali summenzionate è compatibile con il diritto dell'Unione europea e, quindi, esse sono euro-conformi;
    secondo quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri Monti, in conferenza stampa il 30 aprile 2012, il Governo sarebbe pronto a «considerare ex novo l'intera materia»;
    l'applicazione in Italia di una convenzione simile a quella già stipulata dalla Svizzera con altri Paesi europei potrebbe assicurare, a breve e medio termine, il reperimento di significative risorse e costituirebbe un passo fondamentale nella direzione della lotta all'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   a sostenere un approccio europeo alla lotta all'evasione fiscale, approntando strumenti più efficaci per fronteggiare il fenomeno e garantire la giustizia fiscale del risparmio, in particolare esercitando un'adeguata e pressante azione politico-diplomatica volta a rimuovere il dissenso di alcuni membri sulla proposta di revisione della direttiva 2003/48/CE sulla tassazione del risparmio;
   ad avviare i negoziati tra l'Italia e la Svizzera al fine di concludere una convenzione bilaterale che regolamenti transitoriamente la questione dell'imposizione fiscale dei capitali italiani depositati presso aziende di credito in Svizzera, nel caso non si consideri raggiungibile in tempi certi un accordo sulla revisione della direttiva comunitaria attualmente bloccata dal veto di alcuni Paesi membri, e prevedendo in ogni caso nell'accordo l'applicazione di aliquote fiscali significativamente comparabili con quelle vigenti in Italia e secondo il modello ritenuto compatibile con il diritto comunitario, alla luce della recente posizione assunta dal Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale;
   a sostenere, nell'ambito dei negoziati fra Italia e Svizzera in materia di tassazione dei redditi da risparmio, la necessità di pervenire ad una nuova convenzione volta ad evitare la doppia imposizione fiscale sui redditi e sulle sostanze, a tutela dei lavoratori italiani transfrontalieri.
(1-01037)
(Nuova formulazione) «Narducci, Gozi, Tempestini, Boccia, Vannucci, Maran, Farinone, Garavini, Giachetti, Losacco, Lucà, Luongo, Merloni, Pompili, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Pistelli, Porta, Touadi, Marantelli».
(17 maggio 2012)


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, entrata in vigore il 1o luglio del 2005, nasce dall'esigenza di contrastare la concorrenza fiscale e assicurare che i pagamenti di interessi effettuati nell'Unione europea, in favore di persone fisiche che hanno la residenza fiscale in uno Stato membro diverso da quello in cui sono pagati gli interessi stessi, siano soggetti a un'imposizione effettiva secondo la legislazione nazionale del loro Stato membro di residenza;
    al fine di evitare distorsioni nei movimenti di capitali tra Stati membri, incompatibili con il mercato interno, la direttiva introduce un sistema di scambio di informazioni nominative tra le amministrazioni finanziarie degli Stati dell'Unione europea. Solo in via transitoria alcuni di questi (Austria, Belgio e Lussemburgo), caratterizzati da rigide disposizioni in materia di segreto bancario, in luogo dello scambio di informazioni, applicheranno una ritenuta alla fonte nel caso in cui corrispondano pagamenti di interessi direttamente a persone fisiche residenti in un altro Stato membro. Misure equivalenti a quelle previste dalla direttiva dovranno essere applicate anche dai cosiddetti Paesi terzi (Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Svizzera), nonché da parte dei territori dipendenti o associati degli Stati membri;
    la Commissione europea il 13 novembre 2008 ha voluto modificare tale direttiva, ampliando l'ambito di applicazione anche a tutti i redditi da risparmio e i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti, e soprattutto ha inteso rinegoziare gli accordi con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera;
    la Svizzera ha proposto alla Germania e all'Inghilterra degli accordi bilaterali, cosiddetti accordi di Rubik, concernenti l'imposizione sui redditi finanziari prodotti dai patrimoni dei cittadini di tali Paesi, che disciplinano la tassazione a cui sono assoggettati gli interessi da risparmio percepiti dai cittadini tedeschi e britannici e corrisposti dagli istituti di credito svizzeri; essi comprendono misure dirette a garantire l'imposizione in conformità alla legislazione dello Stato di residenza del beneficiario;
    una convenzione analoga, volta a sanare l'evasione pregressa per le attività finanziarie detenute presso le sedi bancarie svizzere, è stata firmata anche dall'Austria nel mese di aprile 2012;
    tali accordi prevedono che gli intermediari svizzeri effettuino direttamente un prelievo di un'imposta liberatoria, quantificata tra il 15 ed il 41 per cento, calcolata in funzione del capitale alla fine dell'anno di apertura del rapporto. Tale imposta copre le imposte evase, sia nello Stato Svizzero che nello Stato di residenza, e le dovute sanzioni amministrative o penali. Quest'applicazione di imposta non è facoltativa e, qualora il contribuente non acconsenta ad essere assoggettato all'imposta, determinerà la comunicazione dei nominativi degli intestatari dei rapporti di conto corrente ai vari Stati di residenza;
    il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale, il lituano Algirdas Semeta, il 17 aprile 2012, dopo aver concluso una specifica indagine sulla compatibilità con la normativa comunitaria di questi due patti, ha ritenuto gli accordi sottoscritti dalla Svizzera con Germania, Regno Unito e Austria conformi al diritto comunitario;
    il Presidente del Consiglio dei ministri recentemente ha dichiarato di voler riaprire il dialogo con la Svizzera relativamente ad un modello di convenzione fiscale per regolarizzare i capitali illecitamente detenuti in territorio elvetico da contribuenti italiani e introdurre un'imposta alla fonte sui futuri redditi da capitale; a tale scopo il giorno 11 maggio 2012 si è incontrato con la Presidente della Confederazione elvetica;
    il Consiglio dei Ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea (Ecofin) si è riunito il 15 maggio 2012 per discutere, tra l'altro, della possibilità di raggiungere un accordo tra l'Unione europea e la Svizzera sulla tassazione del risparmio: in particolare, i Ministri hanno discusso della concessione alla Commissione europea di una delega per negoziare un eventuale accordo con Paesi terzi e, quindi, anche con la Confederazione elvetica;
    l'obiettivo dell'Ecofin era di attribuire alla Commissione europea il mandato per negoziare accordi più stringenti con la Svizzera e altri «paradisi fiscali» come San Marino, Montecarlo, Liechtenstein e Andorra sugli evasori di tasse europei che portano capitali all'estero: l'obbiettivo dell'Unione europea era quello di allineare il più possibile i cinque citati Paesi alle regole comunitarie in materia di tassazione dei capitali di cittadini non residenti;
    tali trattative non sono andate a buon fine per l'opposizione di Lussemburgo e Austria, che sono contrari al negoziato,

impegna il Governo:

   a intraprendere le opportune e necessarie iniziative presso le competenti autorità dell'Unione europea, per giungere ad un'equa giustizia fiscale, che supporti la lotta all'evasione fiscale nei singoli Paesi;
   a promuovere la sottoscrizione di un accordo bilaterale Italia-Svizzera che regoli i rapporti fra i due Stati sui temi fiscali in base a quanto concordato tra la Svizzera e altri Stati dell'Unione europea.
(1-01039) «Miccichè, Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».
(21 maggio 2012)


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2008 sono emersi in modo drammatico gli elementi di fragilità e ingovernabilità dei sistemi finanziari ed è diventata volontà diffusa quella di fare ogni sforzo per rendere più trasparenti i mercati dei servizi bancari e finanziari a livello globale; accanto a questa volontà, tutti gli Stati europei si sono mossi in maniera decisa per ridurre il proprio deficit ed il proprio debito, mettendo in campo misure severe, con imponenti tagli di spesa, che stanno sfociando, in alcuni casi, in vere e proprie crisi sociali, con conseguenze drammatiche anche in termini di perdita di vite umane;
    nell'ambito delle politiche «antievasione» dei Paesi dell'Unione europea, notevoli sono gli sforzi per scovare i capitali detenuti in altri Paesi che sfuggono ad imposizione: Germania e Regno Unito hanno stipulato nel 2011 una convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini o persone fisiche residenti che hanno investito o depositato i capitali in Svizzera; scopo delle convenzioni è regolarizzare le somme di denaro non dichiarate nel passato e convenire la tassazione dei futuri redditi da capitale;
    la convenzione Germania-Svizzera stabilisce che sui futuri redditi e utili da valori patrimoniali sarà riscossa un'imposta con effetto liberatorio, mentre per i valori patrimoniali non tassati collocati in Svizzera da contribuenti tedeschi si procederà ad un'imposizione a posteriori;
    è prevista, quindi, l'introduzione di un'imposta liberatoria per i redditi da capitali di contribuenti tedeschi in Svizzera, con un'aliquota che corrisponde a quella applicata in Germania, ovvero del 25 per cento, con un ulteriore 5,5 per cento sull'imposta riscossa, in modo da garantire che i redditi da capitali vengano tassati in modo identico in Svizzera e in Germania e che, quindi, non sussistano più distorsioni della concorrenza, dovute al diverso trattamento fiscale, tra il mercato finanziario tedesco e quello svizzero;
    per i redditi conseguiti nel passato è possibile procedere ad un recupero d'imposta forfettario e anonimo sotto forma di pagamento unico a favore del fisco tedesco, con un'aliquota che varia tra il 19 ed il 34 per cento; il contribuente tedesco può optare, in luogo dell'imposizione forfettaria per il passato, per la comunicazione alle autorità fiscali tedesche dei dati necessari ai fini di una tassazione individuale;
    per il futuro è prevista, inoltre, l'introduzione di un meccanismo di garanzia, per cui vige per le autorità svizzere un obbligo di informazione che va al di là dell'attuale standard minimo Ocse e vige il divieto, per entrambe le parti, del cosiddetto fishing expedition, cioè della ricerca generalizzata ed indiscriminata di informazioni;
    sugli stessi principi si basa la convenzione fiscale tra Svizzera e Regno Unito: l'imposta liberatoria per il futuro prevede un'aliquota tra il 27 e il 48 per cento, a seconda della categoria del reddito da capitale; anche in questo casa vale il divieto del fishing expedition, con un numero massimo di domande all'anno; ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, vengono applicate le medesime modalità previste dalla convenzione con la Germania;
    attraverso queste convenzioni, comunque, vengono garantite sia la tutela della sfera privata dei clienti bancari, sia la garanzia della riscossione delle imposte sui capitali da parte degli Stati di residenza;
    dopo Germania e Regno Unito, anche l'Austria, nel 2012, ha stipulato un accordo analogo con la Svizzera;
    dopo un primo parere contrario che aveva frenato il Governo italiano nell'avviare concrete trattative con le autorità svizzere, poche settimane fa, il Commissario europeo Semeta ha affermato in conferenza stampa che gli accordi bilaterali stipulati da Germania, Regno Unito ed Austria con la Svizzera sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
    le stime sull'ammontare di capitali esteri in Svizzera parlano di circa 1.500 miliardi di euro complessivi, di cui 180 provenienti dalla Germania, 70 dal Regno Unito e 120 dall'Italia;
    si ritiene ormai improcrastinabile la riapertura del dialogo e delle trattative fra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, aggiornando la convenzione in essere ormai datata; i rapporti tra i due Stati sono, infatti, al di là dei rapporti ufficiali, strettissimi: la lingua, la storia, i costumi, le radici culturali hanno accomunato nei secoli gli abitanti del Canton Ticino e del Canton Grigioni con quelli delle province del Verbano Cusio Ossola, di Como, di Varese e di Sondrio, generando un'area omogenea che travalica i confini amministrativi tra Svizzera ed Italia; oggi sono più di 50.000 i lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa, partendo dai comuni di frontiera della Lombardia e del Piemonte, apportando un contributo indispensabile all'economia elvetica; si sottolinea, in particolare, come negli ultimi due anni di crisi internazionale questo trend sia cresciuto di almeno 2.000 unità, segno che l'apporto delle professionalità italiane, spesso di alto livello di specializzazione, è sostanziale per il dinamismo dell'economia svizzera;
    oggi la Confederazione ha un prodotto interno lordo pro capite tra i più alti d'Europa e un'economia fiorente e solida, è Paese membro degli accordi di Schengen sulla libera circolazione ed è allineata alla normativa comunitaria in base agli accordi bilaterali con l'Unione europea e merita sicuramente di essere definitivamente esclusa dalla cosiddetta black list, in relazione al concreto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria; in relazione a questo punto la Camera dei deputati, in data 7 giugno 2011, ha specificatamente impegnato il Governo pro tempore in sede di approvazione delle mozioni sulle iniziative concernenti i rapporti tra Italia e Svizzera, con particolare riferimento alle doppie imposizioni e ad altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio;
    nelle ultime settimane, indubbiamente, i segnali di un riavvicinamento delle parti, dopo le tensioni degli ultimi anni, sono incoraggianti: il blocco dei ristorni ai comuni italiani di confine, quale compensazione delle spese sostenute dai comuni italiani in relazione alla residenza dei frontalieri sul loro territorio, si è risolto anche per l'impegno diretto degli esponenti della Lega Nord sia in Parlamento, sia nei territori di confine lombardi; il 9 maggio 2012 il consigliere diplomatico del Ministro dell'economia e delle finanze italiano, Carlo Baldocci, e il segretario di Stato del Dipartimento federale delle finanze svizzero, Michael Ambühl, capo della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, si sono incontrati, manifestando esplicitamente la volontà di affrontare tutte le problematiche aperte tra i due Stati, programmando la partenza di un tavolo di lavoro che già si riunirà il 24 maggio 2012;
    indubbiamente l'accordo dovrà affrontare anche la revisione degli accordi esistenti, in particolare sul meccanismo di pagamento dei ristorni, che oggi sono versati dalla Svizzera allo Stato italiano e, successivamente, riversati ai comuni di confine: trattandosi di trasferimenti a destinazione specifica è giusto, anche in ottica federalista, che siano versati direttamente dal fisco elvetico ai nostri enti locali, eliminando un passaggio che oggi comporta ritardi e conseguenti crisi di liquidità per le casse comunali,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi attraverso ulteriori iniziative, presso le competenti sedi internazionali, affinché la Svizzera possa essere definitivamente esclusa dalla cosiddetta black list, in relazione al concreto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria, e ad adottare tutte le iniziative utili per garantire l'effettiva reciprocità nei rapporti Italia-Svizzera, in modo da sostenere le imprese italiane che intrattengono rapporti economici e commerciali con la Svizzera stessa;
   a proseguire i negoziati tra Italia e Svizzera, appena iniziati, al fine di stipulare in tempi rapidi una convenzione bilaterale secondo gli stessi principi di quelle concluse dalla Confederazione elvetica con la Germania, il Regno Unito e l'Austria, dal momento che anche il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale ha dichiarato la piena compatibilità di tali accordi con il diritto comunitario;
   ad assumere iniziative normative per modificare le modalità di versamento dei ristorni fiscali, in modo che essi siano versati dal fisco svizzero direttamente ai comuni italiani di confine, evitando il passaggio dalla tesoreria statale, inutile e foriero di ritardi insostenibili per le casse degli enti locali.
(1-01040) «Crosio, Dozzo, Nicola Molteni, Rivolta».
(21 maggio 2012)


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

   La Camera,
   premesso che:
    secondo stime ufficiose, sia internazionali che elvetiche, la Confederazione elvetica gestisce patrimoni per circa 4 mila miliardi di franchi svizzeri, di cui la metà di origine estera. Più del 50 per cento dei capitali esteri sarebbe legato a investitori istituzionali, mentre il resto è riconducibile a investitori privati e si stima che una parte significativa di quest'ultima area sia «non fiscalizzata»;
    sempre secondo stime ufficiose, i patrimoni italiani non fiscalizzati attualmente ammonterebbero a circa 130/150 miliardi di euro;
    la possibilità di un accordo con la Svizzera, analogo a quello firmato nel 2011 da Germania e Regno Unito, alimenta in Italia un intenso dibattito;
    per i due Paesi suddetti, in cambio del mantenimento del segreto bancario, le banche svizzere applicheranno sui capitali dei cittadini tedeschi e britannici un prelievo una tantum sullo stock del capitale e una ritenuta annuale sui rendimenti;
    i clienti potranno sottrarsi al prelievo una tantum sullo stock del capitale con la comunicazione dei propri dati all'amministrazione finanziaria di residenza;
    la novità della Confederazione elvetica è far emergere il denaro non dichiarato attraverso l'introduzione di un'imposta liberatoria e ulteriori misure destinate a incoraggiare l'onestà fiscale dei clienti delle banche e a ridurre in tal modo i rischi legali;
    il tema della percorribilità di un'iniziativa analoga a quella tracciata con gli accordi di Germania e Regno Unito è ora all'attenzione dell'attuale Governo, per un più approfondito esame. E sono all'attenzione della Commissione europea i profili di compatibilità con la «direttiva risparmio» 2003/48/CE;
    la «direttiva risparmio» parte dal presupposto (comune ai recenti accordi) che i redditi di capitale vadano tassati in modo adeguato anche se realizzati fuori dello Stato di residenza; ma, a differenza di essi, la direttiva ha un perimetro di applicazione molto più limitato, quanto all'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo: riguarda, infatti, solo gli interessi direttamente destinati a persone fisiche residenti in un altro Stato membro;
    l'altra rilevante differenza è costituita dallo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri interessati, che la direttiva individua come lo strumento principale attraverso cui ottenere il suo principale obiettivo, ossia la tassazione degli interessi transfrontalieri nel Paese di residenza,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le necessarie iniziative con la Confederazione elvetica al fine di stipulare un accordo bilaterale analogo a quello stipulato dalla Germania;
   a favorire accordi bilaterali anche con i Paesi definiti «paradisi fiscali», ampliando i meccanismi di informazione relativi ai clienti italiani degli istituti di credito di tali Paesi.
(1-01041) «Bernardo, Ventucci, Ravetto, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino».
(21 maggio 2012)


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

   La Camera,
   premesso che:
    i Governi dei principali Paesi occidentali hanno attivato politiche contro l'evasione fiscale e contro la fuga di capitali all'estero;
    dal 2013 in Usa entrerà in vigore il Fatca (Foreign Account Tax Compliance Act), atto in base al quale ogni banca che gestisce capitali statunitensi o che opera con il mercato statunitense dovrà inviare all'autorità Usa le informative su questi clienti o, in alternativa, pagare una tassa del 30 per cento su queste transazioni;
    nel 2011 la Germania e il Regno Unito hanno firmato una convenzione con la Svizzera, in base alla quale coloro che hanno depositato capitali non dichiarati dovranno pagare una tassa liberatoria ai loro Paesi di origine per mantenere l'anonimato e la Svizzera si farà garante come sostituto d'imposta;
    tali convenzioni non prevedono solamente una tassa liberatoria, ma anche una forma di tassazione permanente sulla redditività annuale di tali capitali;
    le aliquote previste da tali accordi variano a seconda del regime fiscale di Germania e Regno Unito, comunque oscillanti tra il 20 e il 48 per cento;
    nel 2012 anche l'Austria ha firmato un accordo analogo con la Svizzera;
    le stime dei capitali italiani all'estero arrivano sino a oltre 190 miliardi di euro (studio di Banca d'Italia sui capitali perduti) e, in base ai rilievi dei capitali scudati durante il Governo Berlusconi, si evince che i due terzi arrivano dalla Svizzera;

  diventa, quindi, di vitale importanza riaprire un dialogo con il Governo elvetico, al fine di normare questo «fenomeno», anche perché i due Paesi hanno rapporti commerciali e lavorativi in essere importanti;
    sono oltre 50.000 i cittadini svizzeri che vivono in Italia e circa 55.000 i lavoratori italiani transfrontalieri;
    il 17 aprile 2012 il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale, Algirdas Semeta, ha dichiarato che le convenzioni stipulate da Germania e Regno Unito sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
    il 30 aprile 2012 il Presidente del Consiglio dei ministri Monti ha dichiarato di essere pronto a rivedere l'intera materia;
    tale convenzione, oltre a normare un'importante materia, porterebbe alle casse dello Stato, nel medio periodo, un significativo gettito, utilizzabile per lo sviluppo dell'economia,

impegna il Governo

ad attivare i negoziati tra Italia e Svizzera al fine di definire una convenzione sulla traccia di quelle firmate da Germania e Regno Unito, al fine di garantire la giustizia fiscale e la lotta all'evasione fiscale.
(1-01043) «Moffa, Marmo, Razzi, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Lehner, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».
(21 maggio 2012)


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).