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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 18 novembre 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 novembre 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bosi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Capitanio Santolini, Carfagna, Carlucci, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Consolo, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Iannaccone, La Malfa, La Russa, Leone, Lo Monte, Lorenzin, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Arturo Mario Luigi Parisi, Pescante, Pianetta, Polledri, Prestigiacomo, Razzi, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Zampa.

Annunzio di proposte di legge.

In data 17 novembre 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
NASTRI: «Norme per la razionalizzazione dell'uso delle acque» (2945);
IANNACCONE: «Istituzione di una zona franca produttiva nelle aree delle regioni Basilicata e Campania destinate agli insediamenti industriali ai sensi dell'articolo 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219» (2946);
LUPI: «Modifica dell'articolo 12-bis della legge 12 marzo 1999, n. 68, e dell'articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di inserimento lavorativo dei disabili» (2947);
MOSCA: «Modifiche all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazioni in favore delle madri lavoratrici e di detrazioni per spese di assistenza e cura dei figli minori e di assistenza delle persone non autosufficienti» (2948);
REGUZZONI e TOGNI: «Disposizioni in favore delle produzioni tipiche locali» (2949);
REGUZZONI ed altri: «Disposizioni in favore dell'industria del mobile» (2950).
Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 17 novembre 2009 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal ministro dell'economia e delle finanze: «Misure per il credito nel Mezzogiorno» (2951).
Sarà stampato e distribuito.

Adesione di un deputato a proposte di legge.

Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dal deputato Rosso:
COSENZA ed altri: «Disposizioni concernenti l'etichettatura dei prodotti agroalimentari e delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni fiscali per la tutela e la promozione del consumo dei prodotti agroalimentari nazionali tipici» (2646);
COSENZA: «Norme per la tracciabilità dei prodotti italiani e per il contrasto della contraffazione» (2760).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
ZINZI: «Istituzione della figura del consigliere comunale onorario» (1096) Parere delle Commissioni II e V.

XI Commissione (Lavoro):
MOFFA: «Istituzione dell'Ente sociale italiano della navigazione» (2863) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
CALABRIA: «Disposizioni per la destinazione di una quota del premio di prima categoria del Superenalotto in favore degli ospedali pediatrici pubblici» (2787) Parere delle Commissioni I, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), VII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro):
ZINZI: «Disposizioni in materia di termini per gli adempimenti fiscali e contributivi» (1098) Parere delle Commissioni I e V;
JANNONE: «Disposizioni concernenti la figura professionale del "semplificatore" nelle piccole e medie imprese» (2828) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 13 novembre 2009, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato l'utilizzo delle economie di spesa, realizzate dalla Parrocchia Maria Santissima Assunta in Soleto (Lecce) a valere su un contributo concesso nel 2007, assegnato in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per ulteriori opere relative al restauro della medesima chiesa.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 13 novembre 2009, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere al Centro di addestramento di specializzazione della Guardia di finanza di Orvieto un contributo per il finanziamento di un corso di «formazione di formatori» per operatori doganali somali.
Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

La Commissione europea ha inviato progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi relativi al periodo dal 1o al 15 novembre 2009.
Tali atti sono stati trasmessi alle Commissioni competenti per materia.

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettere in data 16 novembre 2009, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina o della conferma:
del dottor Silvio Vetrano a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale dell'Asinara;
del dottor Arturo Diaconale a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga;
del professor Pierleonardo Zaccheo a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale della Val Grande;
dell'ingegner Domenico Totaro a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale dell'Appennino Lucano-Val D'Agri-Lagonegrese;
del dottor Antonio Granara a commissario straordinario del Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1784 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 25 SETTEMBRE 2009 N. 135, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER L'ATTUAZIONE DI OBBLIGHI COMUNITARI E PER L'ESECUZIONE DI SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2897)

A.C. 2897 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame modifica in più parti il codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;
l'articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede una particolare disciplina per i contratti di lavori pubblici sotto soglia e stabiliva che per i lavori di importo inferiore a 200 mila euro devono essere invitate solamente 5 imprese senza pubblicazione del bando (procedura ristretta);
per la finalità anticrisi e per semplificare e snellire le procedure, su invito dell'Unione europea, alcuni Stati membri, come l'Austria e la Germania, hanno provveduto ad innalzare tale soglia a un milione di euro, al di sotto della quale le stazioni appaltanti possano prescindere dalla pubblicazione del bando;
in Italia, con il comma 7-bis, introdotto in funzione anti-crisi dal decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, tale soglia è stata aumentata solamente a 500 mila euro;
ne consegue una penalizzazione delle imprese italiane perché vedono precluso l'accesso ai mercati tedesco e austriaco (non vengono infatti invitati) mentre, viceversa, le imprese con sede in altri paesi dell'Unione Europea concorrono per gli appalti banditi dalle Amministrazioni italiane;
il medesimo comma 7-bis dell'articolo 122 del codice dei contratti pubblici prevede peraltro proprio il rispetto dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento,

impegna il Governo

a prevedere l'innalzamento della soglia per la cosidetta procedura ristretta a un milione di euro al fine di tutelare maggiormente le imprese italiane in funzione anticrisi e di rimuovere le situazioni di disparità di trattamento che si determinano sul mercato europeo a seguito della normativa più restrittiva varata dagli altri Stati membri.
9/2897/1. Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del disegno di legge in esame riguarda l'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica con l'obiettivo di operare l'adeguamento alla disciplina comunitaria della attuale regolamentazione;
il comma 1 modifica in più parti l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche introducendo ulteriori disposizioni in tema di conferimento di servizi e modalità per l'individuazione dei soggetti affidatari;
in particolare, per quanto riguarda tali disposizioni, dal comma 2 non emerge alcuna indicazione in ordine alla possibilità di conferimenti a società a partecipazione interamente pubblica non in house, che operano in libero mercato e che, in mancanza di espressa previsione, non dovrebbero essere obbligate alla vendita del 40 per cento del capitale per partecipare alle gare per il conferimento della gestione del servizio,

impegna il Governo

ad interpretare la lettera a) del comma 2 dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel senso di includere, tra i soggetti ai quali può essere conferita la gestione dei servizi pubblici locali mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, anche le società non in house a capitale interamente pubblico, esplicitando tale interpretazione nei regolamenti in corso di emanazione di cui al comma 10 del medesimo articolo 23-bis.
9/2897/2. Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2002/58/CE, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche prevede che gli Stati membri debbano assicurare che «gli abbonati abbiano la possibilità di decidere se i loro dati personali - e, nell'affermativa, quali - debbano essere riportati in un elenco pubblico» (articolo 12) nonché adottare «le misure appropriate per garantire che, gratuitamente, le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta [...] non siano permesse se manca il consenso degli abbonati interessati oppure se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate» (articolo 13);
il Parlamento italiano ha approvato il cosiddetto decreto-legge «Milleproroghe» (decreto-legge n. 207 del 2008) convertendolo in legge con la legge 27 febbraio 2009, n. 14 (pubblicata nel supplemento ordinario n. 14 alla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2009);
l'articolo 44 del citato decreto-legge n. 207 del 2008, al comma 1-bis, prevede che - in deroga alla disciplina prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ed in particolare alla disciplina prevista dagli articoli 13 e 23, che ha recepito ed attuato la direttiva 2002/58/CE - «i dati personali presenti nella banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1o agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali sino al 31 dicembre 2009»;
nel 2007-2008 il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato diverse decisioni che impedivano a taluni prestatori di servizi di vendere banche dati specifiche nella misura in cui tali banche dati erano state create utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1o agosto 2005 e per i quali non vi era alcuna prova che gli utenti avessero ricevuto l'informativa di cui all'articolo 13, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o vi era la prova che l'informativa fornita fosse del tutto insufficiente, inadeguata o inidonea;
il medesimo Garante, peraltro, aveva chiarito che, indipendentemente dal consenso degli interessati, residuava la possibilità per il titolare della banca dati creata utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1o agosto del 2005, di utilizzarla direttamente, anche per attività promozionali per conto di terzi, purché fosse stata fornita agli utenti un'idonea ed adeguata informativa, con ciò consentendo, data l'esistenza di banche dati siffatte, la prosecuzione dell'attività di telemarketing senza alcun rischio, paventato a giustificazione della deroga, per i posti di lavoro del settore;
con l'articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008 si è consentito, dunque, sino al 31 dicembre 2009 di utilizzare banche dati caratterizzate non solo dall'assenza del consenso dell'utente per l'utilizzo dei propri dati personali, ma anche caratterizzate dalla totale assenza di un'informativa all'utente o dalla presenza di un'informativa insufficiente, inadeguata o inidonea; ciò in deroga al Codice di protezione dei dati personali ed in contrasto sia con la direttiva europea 2002/58/CE sia con la giurisprudenza del Garante per la protezione dei dati personali;
la Commissione europea, con risposta scritta del 7 aprile 2009 all'interrogazione P-1463/2009, sul punto svolta dall'onorevole Marco Cappato, ha concluso come segue: «La Commissione ha rilevato le divergenze tra la recente legge (articolo 44, comma 1-bis, della legge n. 14 del 2009) e le decisioni del Garante e solleverà con le autorità italiane la questione della compatibilità di tale legge con la direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche. Se necessario adotterà misure appropriate per garantire il rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati, in particolare della direttiva 2002/58/CE»;
il Senato, nella seduta del 4 novembre 2009 ha approvato il disegno di legge n. 1784 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» - che all'articolo 20-bis, al comma 3, proroga il regime di cui all'articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, sino ai sei mesi successivi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009 con ciò ulteriormente prorogando, proprio nella legge che dovrebbe assicurare l'attuazione degli obblighi comunitari, la disciplina già censurata dalla Commissione europea con la risposta scritta del 7 aprile 2009 all'interrogazione P-1463/2009;
alla Camera, avendo il Governo posto la fiducia sul provvedimento è stato impedito di correggere il testo dell'articolo 20-bis, attraverso la soppressione del comma 3, finalizzata a riallineare la disciplina interna con quella comunitaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 20-bis del decreto, con riguardo in primo luogo a quanto dispone la direttiva 2002/58/CE citata in premessa, al fine di adottare, in tempi rapidi, ulteriori iniziative normative volte a sopprimere tale disposizione.
9/2897/3. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2002/58/CE, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche prevede che gli Stati membri debbano assicurare che «gli abbonati abbiano la possibilità di decidere se i loro dati personali - e, nell'affermativa, quali - debbano essere riportati in un elenco pubblico» (articolo 12) nonché adottare «le misure appropriate per garantire che, gratuitamente, le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta [...] non siano permesse se manca il consenso degli abbonati interessati oppure se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate» (articolo 13);
il Parlamento italiano ha approvato il cosiddetto decreto-legge «Milleproroghe» (decreto-legge n. 207 del 2008) convertendolo in legge con la legge 27 febbraio 2009, n. 14 (pubblicata nel supplemento ordinario n. 14 alla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2009);
l'articolo 44 del citato decreto-legge n. 207 del 2008, al comma 1-bis, prevede che - in deroga alla disciplina prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ed in particolare alla disciplina prevista dagli articoli 13 e 23, che ha recepito ed attuato la direttiva 2002/58/CE - «i dati personali presenti nella banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1o agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali sino al 31 dicembre 2009»;
nel 2007-2008 il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato diverse decisioni che impedivano a taluni prestatori di servizi di vendere banche dati specifiche nella misura in cui tali banche dati erano state create utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1o agosto 2005 e per i quali non vi era alcuna prova che gli utenti avessero ricevuto l'informativa di cui all'articolo 13, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o vi era la prova che l'informativa fornita fosse del tutto insufficiente, inadeguata o inidonea;
il medesimo Garante, peraltro, aveva chiarito che, indipendentemente dal consenso degli interessati, residuava la possibilità per il titolare della banca dati creata utilizzando elenchi telefonici pubblicati prima del 1o agosto del 2005, di utilizzarla direttamente, anche per attività promozionali per conto di terzi, purché fosse stata fornita agli utenti un'idonea ed adeguata informativa, con ciò consentendo, data l'esistenza di banche dati siffatte, la prosecuzione dell'attività di telemarketing senza alcun rischio, paventato a giustificazione della deroga, per i posti di lavoro del settore;
con l'articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008 si è consentito, dunque, sino al 31 dicembre 2009 di utilizzare banche dati caratterizzate non solo dall'assenza del consenso dell'utente per l'utilizzo dei propri dati personali, ma anche caratterizzate dalla totale assenza di un'informativa all'utente o dalla presenza di un'informativa insufficiente, inadeguata o inidonea; ciò in deroga al Codice di protezione dei dati personali ed in contrasto sia con la direttiva europea 2002/58/CE sia con la giurisprudenza del Garante per la protezione dei dati personali;
la Commissione europea, con risposta scritta del 7 aprile 2009 all'interrogazione P-1463/2009, sul punto svolta dall'onorevole Marco Cappato, ha concluso come segue: «La Commissione ha rilevato le divergenze tra la recente legge (articolo 44, comma 1-bis, della legge n. 14 del 2009) e le decisioni del Garante e solleverà con le autorità italiane la questione della compatibilità di tale legge con la direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche. Se necessario adotterà misure appropriate per garantire il rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati, in particolare della direttiva 2002/58/CE»;
il Senato, nella seduta del 4 novembre 2009 ha approvato il disegno di legge n. 1784 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» - che all'articolo 20-bis, al comma 3, proroga il regime di cui all'articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, sino ai sei mesi successivi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009 con ciò ulteriormente prorogando, proprio nella legge che dovrebbe assicurare l'attuazione degli obblighi comunitari, la disciplina già censurata dalla Commissione europea con la risposta scritta del 7 aprile 2009 all'interrogazione P-1463/2009;
alla Camera, avendo il Governo posto la fiducia sul provvedimento è stato impedito di correggere il testo dell'articolo 20-bis, attraverso la soppressione del comma 3, finalizzata a riallineare la disciplina interna con quella comunitaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 20-bis del decreto, con riguardo in primo luogo a quanto dispone la direttiva 2002/58/CE citata in premessa, anche al fine di evitare ulteriori proroghe.
9/2897/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-quinquies del decreto in esame prevede «Disposizioni per garantire la trasparenza e la libera concorrenza nella realizzazione delle opere e degli interventi connessi allo svolgimento dell'Expo Milano 2015», attraverso l'istituzione di una sezione specializzata, istituita presso la prefettura, del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere istituito ai sensi dell'articolo 180, comma 2, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
l'articolo prevede che il Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti emani un decreto, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nel quale sono definite le funzioni, la composizione, le risorse umane e le dotazioni strumentali della sezione specializzata,

impegna il Governo

a prevedere, all'atto dell'emanazione del decreto applicativo di cui all'articolo 3-quinques, la collaborazione con la Direzione investigativa antimafia per le procedure di affidamento degli appalti e degli incarichi di «EXPO Milano 2015», nonché sui successivi subappalti e subcontratti, comprese le procedure per interventi di emergenza ed in deroga previste con la dichiarazione di grande evento di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
a prevedere, nel decreto che definisce la composizione della Sezione specializzata del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, tra i componenti, il prefetto di Milano, un rappresentante della Direzione investigativa antimafia, il sindaco di Milano o un suo delegato, il Presidente della provincia di Milano o un suo delegato, il Presidente della regione Lombardia o un suo delegato, un magistrato designato dalla Procura della Repubblica di Milano, un professore universitario di diritto amministrativo designato dall'Università degli studi di Milano.
9/2897/4. Peluffo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del provvedimento in esame stabilisce il principio della autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice ambientale);
l'acqua è un bene fondamentale, una risorsa primaria e una fonte insostituibile di vita ed è dovere dello Stato garantire il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio idrico, come, tra l'altro, è chiaramente stabilito al comma 1-ter del medesimo articolo 15 del decreto-legge in esame,

impegna il Governo

a prendere tutte le opportune iniziative al fine di monitorare adeguatamente le tariffe adottate dai soggetti gestori del servizio idrico integrato, e a garantire la continuità del servizio, sul modello di quanto previsto per l'energia elettrica, ai soggetti disagiati, nonché ai clienti cosiddetti «non interrompibili»;
ad adottare le iniziative necessarie atte a verificare la qualità delle prestazioni erogate dai soggetti gestori del servizio idrico integrato contemplando, nei casi di inadempienze, adeguate misure risarcitorie in favore dei cittadini utenti;
a valutare la possibilità di introdurre tariffe premiali in funzione del minor consumo della risorsa idrica.
9/2897/5. Marinello, Pagano, Pugliese.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, comma 2-quater, del provvedimento in esame proroga di ulteriori 90 giorni, rispetto al termine di 120 giorni stabilito dall'articolo 8-sexies del decreto-legge n. 33 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009, il termine entro il quale da parte delle autorità d'ambito deve essere fissato l'importo della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio di depurazione;
tale questione è di grande importanza perché per molti anni, soprattutto nel Mezzogiorno, gli utenti dei servizi idrici hanno dovuto pagare tariffe aggiuntive in cambio di servizi di depurazione in realtà non funzionanti o addirittura, nel peggiore dei casi, inesistenti;
anche la Corte costituzionale, con la sentenza n. 335 dell'8 ottobre 2008, è intervenuta in materia stabilendo:
l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»;
l'illegittimità costituzionale dell'articolo 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»,

impegna il Governo

a vigilare con la massima attenzione sul fatto che - una volta entrato in vigore il decreto attuativo di quanto previsto dall'articolo 8-sexies del decreto-legge n. 33 del 2008 che è stato varato il 30 settembre 2009 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è attualmente in fase di istruttoria presso la Corte dei conti - le Autorità d'ambito rispettino pienamente i termini previsti dalla legge così da garantire, in tempi equi, i rimborsi dovuti ai cittadini in passato costretti a pagare in modo ingiustificato le tariffe supplementari per i servizi di depurazione.
9/2897/6. Cosenza.

La Camera,
premesso che
l'articolo 15 del decreto-legge in esame modifica la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;

il comma 4-bis, come modificato al Senato, affida ai regolamenti l'individuazione delle soglie minime al di sotto delle quali non diventa necessario il parere dell'Antitrust, ai fini dell'affidamento dei servizi pubblici locali a società che abbiano i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta «in house»;
il comma 1-ter dell'articolo 15, introdotto nel corso dell'esame al Senato, facendo salvo il principio della autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato, ribadisce alcuni principi fondamentali sulla proprietà pubblica delle risorse idriche, precisando che il governo del servizio idrico integrato spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal codice dell'ambiente, e deve essere esercitato garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio;
specialmente per i servizi idrici, potrebbero essere assunte alcune condizioni limite che ben rappresenterebbero l'efficienza di gestione e l'economicità del servizio e renderebbero la gestione in house non distorsiva della concorrenza, come, ad esempio, la chiusura dei bilanci in utile e il reinvestimento nel servizio almeno dell'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento, o l'applicazione di una tariffa media inferiore alle medie di settore, oppure il raggiungimento di costi operativi medi annui con un'incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto delle medie di settore,

impegna il Governo

nell'ambito dell'emanazione dei regolamenti e la definizione delle soglie di cui al comma 4-bis, del citato articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di tener conto di specifiche condizioni di efficienza che, soprattutto con riferimento al settore idrico, rendono la gestione in house non distorsiva della concorrenza e dunque comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto ad un'altra forma di gestione dei servizi pubblici locali.
9/2897/7. Cota, Montagnoli, Dal Lago, Alessandri, Guido Dussin, Lanzarin, Togni, Callegari, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge in esame disciplina l'attuazione della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/101/CE, che modifica la direttiva 2003/87/CE, al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra;
la nomina dell'Autorità competente per il controllo e la comunicazione dei piani di monitoraggio degli operatori aerei si rende indispensabile ai fini della successiva attuazione della direttiva, nonché dell'inserimento degli operatori aerei negli aeroporti italiani nell'ambito del sistema comunitario di scambio delle quote e dell'assegnazione gratuita dei permessi di emissione alle compagnie aeree;
nella seduta n. 15 dell'Assemblea della Camera dei deputati, del 10 giugno 2008, il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/1094-AR/2 a firma dei deputati Cota, Reguzzoni e Dal Lago, che ha impegnato il Governo medesimo ad un'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico aeroportuale con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/101/CE, a valutare l'opportunità di:
attenersi strettamente ai principi di liberalizzazione, garantendo pari possibilità di accesso a tutte le compagnie, italiane, comunitarie o extracomunitarie;
concedere i permessi gratuiti in base a valutazioni strettamente legate al grado di inquinamento degli aeromobili utilizzati;
promuovere gli opportuni strumenti, anche a carattere legislativo, per poter destinare parte dei fondi raccolti ai comuni aeroportuali, per iniziative connesse al ripristino del danno ambientale.
9/2897/8. Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame delinea un chiaro quadro normativo per la tutela del «made in Italy» al fine di contrastare l'ingresso nel Paese di prodotti contraffatti, spesso provenienti dai Paesi del sud-est asiatico;
il fenomeno della contraffazione rappresenta, infatti, una minaccia per molte imprese italiane, specie per quelle che operano all'interno dei distretti produttivi;
il distretto industriale di Como, che è considerato di grande rilevanza strategica per il Paese, attraversa oggi una crisi senza precedenti, legata in primo luogo alla forte e sleale competizione ad opera dei suddetti Paesi;
il distretto, interessando un ambito territoriale molto vasto, è stato individuato dalla regione Lombardia con deliberazione della Giunta Regionale del 16 marzo 2001, n. 7/3839, ed impiega nel settore manifatturiero oltre 34.241 addetti, con 2.733 unità locali insediate;
la crisi è oggi fortemente strutturata e sta avendo anche un impatto negativo sull'immagine che il prodotto serico ha in tutto il mondo;
i dati evidenziano che, nei primi otto mesi dell'anno, le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria sono state circa 12,5 milioni; nel tessile, in particolare, sono circa 221 le aziende coinvolte pesantemente dalla crisi che interessa oltre 8.300 lavoratori;
il Governo ha recentemente approvato alcune misure per sostenere le situazioni di crisi economiche all'interno dei distretti industriali, i quali rappresentano un importante bacino di ricchezza e di occupazione per i territori locali;
con decreto ministeriale, non ancora emanato, sono disciplinate, ai sensi dell'articolo 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, le modalità di individuazione, sul territorio nazionale, dei distretti industriali in stato di crisi, nonché di attuazione degli interventi di sostegno agli stessi, sulla base di appositi accordi di programma stipulati tra Stato, Regioni e altri enti territoriali interessati;
da notizie di stampa, alcune Regioni hanno già aperto un tavolo di confronto con le imprese distrettuali in difficoltà, il quale ha portato in alcuni casi, come per il distretto di Prato, al riconoscimento dello «stato di crisi», necessario per l'accesso ai fondi governativi per la reindustrializzazione,

impegna il Governo

a voler prendere in considerazione l'opportunità, qualora vi fosse una specifica istanza da parte della Regione Lombardia, di convocare un tavolo di confronto finalizzato al riconoscimento dello «stato di crisi» del distretto di Como, a tutela ella realtà produttiva ed occupazionale del distretto stesso.
9/2897/9. Nicola Molteni, Reguzzoni, Rivolta.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 19-bis del decreto-legge, inserito nel corso dell'esame al Senato, viene introdotto l'obbligo per regioni ed enti locali di trasmettere i dati dei rispettivi bilanci secondo una codificazione uniforme e viene conseguentemente fissato al 30 giugno 2010 il termine per la presentazione alle Camere della relazione - prevista dall'articolo 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) - concernente le ipotesi dì definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, con l'indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse;
l'articolo 19-bis tiene conto, in particolare, della richiesta avanzata all'unanimità dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, prevista dall'articolo 4 della legge 5 maggio 2009, n. 42;
la Commissione tecnica paritetica aveva infatti rappresentato la necessità che, per potere procedere nella propria attività istruttoria, propedeutica all'attuazione della legge n. 42 del 2009, venisse assicurata la trasmissione dei bilanci degli enti territoriali secondo una codificazione uniforme tale da consentirne la leggibilità e confrontabilità in base ad una lingua comune;
la stessa Commissione tecnica ha evidenziato come, solo una volta acquisiti i dati di bilancio secondo una codificazione uniforme, la Commissione medesima potrà procedere alle proprie elaborazioni sugli elementi strutturali del federalismo fiscale e, successivamente, predisporre lo schema di relazione con le ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali;
risulta pertanto necessario e direttamente consequenziale all'intervento normativo sulla codificazione dei dati di bilancio modificare l'attuale disposizione della legge n. 42 del 2009, che obbliga il Governo a trasmettere alle Camere la relazione contestualmente al primo decreto legislativo e occorre dunque prevedere un termine più ampio per la presentazione della relazione medesima, successivo alla elaborazione dei dati dì bilancio da parte della Commissione;
va considerata la necessità che il Parlamento riceva comunque la predetta relazione prima degli schemi dei decreti legislativi sull'assetto dei tributi di regioni ed enti locali, in maniera da potere disporre tempestivamente dei necessari elementi conoscitivi e dei dati di riferimento,

impegna il Governo

ad assicurare che la relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali ed ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, di cui all'articolo 2, comma 6 della legge n. 42 del 2009 sia presentata in tempo utile rispetto alla presentazione degli schemi di decreto legislativo riguardanti espressamente l'assetto tributario di regioni ed enti locali, in attuazione della medesima legge n. 42.
9/2897/10. Vanalli.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 15 del provvedimento in esame si interviene in materia di servizi pubblici locali anche con riferimento alle società che gestiscono il servizio idrico;
con l'articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state disciplinate le Autorità d'ambito territoriale ottimale;
il comma 5 del citato articolo 148 prevede che: « Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente»;
la norma appare quanto mai opportuna in quanto riferita a comuni di montagna nei quali si registra una agevole possibilità di gestione diretta del servizio idrico integrato da parte del comune, una difficoltà ed in molti casi non economicità per le aziende di gestione unica di garantire il servizio;
la facoltatività della scelta è elemento essenziale così come il previsto consenso da parte dell'Autorità;
la norma ha avuto un sufficiente tempo di sperimentazione riscontrando un positivo giudizio;
la sperimentazione avvenuta consiglierebbe di elevare la soglia dei comuni da 1.000 a 3.000 abitanti per allargare la «facoltatività» ai comuni montani mantenendo il consenso obbligatorio dell'Autorità d'ambito competente;
l'allargamento della possibilità per più comuni risponde ad un criterio di uguaglianza e pari opportunità a territori che condividono stesse problematiche e difficoltà,

impegna il Governo

con prossimi provvedimenti, a modificare il comma 5 dell'articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, previsto per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, estendendone l'applicazione ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
9/2897/11. Vannucci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge in esame realizza, con necessità ed urgenza, una radicale riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che consente la privatizzazione tout court di tutti i servizi pubblici;
sono esclusi da tale previsione diversi settori, tra i quali la distribuzione di energia elettrica e del gas naturale, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali, ma l'acqua ed il servizio idrico, in assenza di riferimenti specifici o normative settoriali, ne risulterebbero assoggettati;
l'acqua è un bene non sostituibile, è un diritto, non è possibile identificare il bene acqua alla stregua di una merce, non è concepibile individuare un proprietario, a tal proposito essendo perfino l'attore pubblico, lo Stato, garante dell'interesse generale riguardo a quel bene indisponibile ed inalienabile;
nello statuto di diversi comuni è entrata la definizione del servizio idrico privo di rilevanza economica, la Corte dei conti ha stabilito il pieno titolo dei comuni a deliberare in merito alla rilevanza economica o meno di un servizio, la Regione Puglia ha avviato un percorso di trasformazione dell'acquedotto pugliese da Spa a soggetto di diritto pubblico;
pochi giorni fa, 40.000 cittadini hanno apposto la loro firma - in meno di una settimana - all'appello rivolto ai parlamentari di sospendere l'approvazione della riforma dei servizi pubblici per aprire un dibattito ampio e articolato, a partire della proposta di legge d'iniziativa popolare;
nel 2007, 406 mila cittadini hanno apposto la loro firma alla legge d'iniziativa popolare per la gestione pubblica e partecipata dell'acqua e la piena ripubblicizzazione del servizio idrico;
in Europa e nel mondo, la privatizzazione, dove era pur avvenuta, sta subendo fortissime battute d'arresto o, addirittura, è in atto una ripubblicizzazione, come nel caso del comune di Parigi;
a titolo esemplificativo: in Svizzera acqua e reti idriche sono monopolio di Stato non suscettibili di privatizzazione, in Belgio operano Spa in house, tutte in mano ai comuni; negli USA, la patria del liberismo e del mercato, rifiutano di privatizzare la gestione delle reti idriche locali, in mano ai municipi, in America Latina è in atto un comune sforzo di Bolivia, Uruguay, Ecuador e Cile - Paese, tra l'altro, in cui la privatizzazione dell'acqua è stata uno dei primi passi del Governo di Pinochet - che investe anche le Costituzioni, per proteggere e tutelare le proprietà ed i beni da ritenersi collettivi;
qualche mese fa, nell'Aula del Senato della Repubblica, il Governo ha accolto un ordine del giorno che escludeva, testualmente, la soggezione dei «servizi pubblici a carattere non commerciale e ad obiettivo sociale» alle regole del mercato e prevedeva, dunque, che questi non potevano essere «ricompresi tra i servizi di interesse economico»,

impegna il Governo

a valutare in maniera più approfondita le modalità di gestione dei servizi idrici, tenendo in considerazione la natura di bene pubblico dell'acqua e l'indubbio legame tra tale natura e la gestione da parte di società pubbliche delle risorse idriche, o comunque ad adottare ulteriori iniziative normative volte a lasciare la possibilità agli enti locali di scegliere liberamente la forma più appropriata di gestione dei propri servizi idrici, secondo la realtà territoriale locale.
9/2897/12. Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge in esame realizza, con necessità ed urgenza, una radicale riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che consente la privatizzazione tout court di tutti i servizi pubblici;
sono esclusi da tale previsione diversi settori, tra i quali la distribuzione di energia elettrica e del gas naturale, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali, ma l'acqua ed il servizio idrico, in assenza di riferimenti specifici o normative settoriali, ne risulterebbero assoggettati;
l'acqua è un bene non sostituibile, è un diritto, non è possibile identificare il bene acqua alla stregua di una merce, non è concepibile individuare un proprietario, a tal proposito essendo perfino l'attore pubblico, lo Stato, garante dell'interesse generale riguardo a quel bene indisponibile ed inalienabile;
nello statuto di diversi comuni è entrata la definizione del servizio idrico privo di rilevanza economica, la Corte dei conti ha stabilito il pieno titolo dei comuni a deliberare in merito alla rilevanza economica o meno di un servizio, la Regione Puglia ha avviato un percorso di trasformazione dell'acquedotto pugliese da Spa a soggetto di diritto pubblico;
pochi giorni fa, 40.000 cittadini hanno apposto la loro firma - in meno di una settimana - all'appello rivolto ai parlamentari di sospendere l'approvazione della riforma dei servizi pubblici per aprire un dibattito ampio e articolato, a partire della proposta di legge d'iniziativa popolare;
nel 2007, 406 mila cittadini hanno apposto la loro firma alla legge d'iniziativa popolare per la gestione pubblica e partecipata dell'acqua e la piena ripubblicizzazione del servizio idrico;
in Europa e nel mondo, la privatizzazione, dove era pur avvenuta, sta subendo fortissime battute d'arresto o, addirittura, è in atto una ripubblicizzazione, come nel caso del comune di Parigi;
a titolo esemplificativo: in Svizzera acqua e reti idriche sono monopolio di Stato non suscettibili di privatizzazione, in Belgio operano Spa in house, tutte in mano ai comuni; negli USA, la patria del liberismo e del mercato, rifiutano di privatizzare la gestione delle reti idriche locali, in mano ai municipi, in America Latina è in atto un comune sforzo di Bolivia, Uruguay, Ecuador e Cile - Paese, tra l'altro, in cui la privatizzazione dell'acqua è stata uno dei primi passi del Governo di Pinochet - che investe anche le Costituzioni, per proteggere e tutelare le proprietà ed i beni da ritenersi collettivi;
qualche mese fa, nell'Aula del Senato della Repubblica, il Governo ha accolto un ordine del giorno che escludeva, testualmente, la soggezione dei «servizi pubblici a carattere non commerciale e ad obiettivo sociale» alle regole del mercato e prevedeva, dunque, che questi non potevano essere «ricompresi tra i servizi di interesse economico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per il bene acqua ed il servizio idrico, l'affidamento a enti di diritto pubblico.
9/2897/13. Messina.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge in esame realizza, con necessità ed urgenza, una radicale riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che consente la privatizzazione tout court di tutti i servizi pubblici;
sono esclusi da tale previsione diversi settori, tra i quali la distribuzione di energia elettrica e del gas naturale, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali, ma l'acqua ed il servizio idrico, in assenza di riferimenti specifici o normative settoriali, ne risulterebbero assoggettati;
l'acqua è un bene non sostituibile, è un diritto, non è possibile identificare il bene acqua alla stregua di una merce, non è concepibile individuare un proprietario, a tal proposito essendo perfino l'attore pubblico, lo Stato, garante dell'interesse generale riguardo a quel bene indisponibile ed inalienabile;
nello statuto di diversi comuni è entrata la definizione del servizio idrico privo di rilevanza economica, la Corte dei conti ha stabilito il pieno titolo dei comuni a deliberare in merito alla rilevanza economica o meno di un servizio, la Regione Puglia ha avviato un percorso di trasformazione dell'acquedotto pugliese da Spa a soggetto di diritto pubblico;
pochi giorni fa, 40.000 cittadini hanno apposto la loro firma - in meno di una settimana - all'appello rivolto ai parlamentari di sospendere l'approvazione della riforma dei servizi pubblici per aprire un dibattito ampio e articolato, a partire della proposta di legge d'iniziativa popolare;
nel 2007, 406 mila cittadini hanno apposto la loro firma alla legge d'iniziativa popolare per la gestione pubblica e partecipata dell'acqua e la piena ripubblicizzazione del servizio idrico;
in Europa e nel mondo, la privatizzazione, dove era pur avvenuta, sta subendo fortissime battute d'arresto o, addirittura, è in atto una ripubblicizzazione, come nel caso del comune di Parigi;
a titolo esemplificativo: in Svizzera acqua e reti idriche sono monopolio di Stato non suscettibili di privatizzazione, in Belgio operano Spa in house, tutte in mano ai comuni; negli USA, la patria del liberismo e del mercato, rifiutano di privatizzare la gestione delle reti idriche locali, in mano ai municipi, in America Latina è in atto un comune sforzo di Bolivia, Uruguay, Ecuador e Cile - Paese, tra l'altro, in cui la privatizzazione dell'acqua è stata uno dei primi passi del Governo di Pinochet - che investe anche le Costituzioni, per proteggere e tutelare le proprietà ed i beni da ritenersi collettivi;
qualche mese fa, nell'Aula del Senato della Repubblica, il Governo ha accolto un ordine del giorno che escludeva, testualmente, la soggezione dei «servizi pubblici a carattere non commerciale e ad obiettivo sociale» alle regole del mercato e prevedeva, dunque, che questi non potevano essere «ricompresi tra i servizi di interesse economico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a escludere il bene acqua ed il servizio idrico dalla normativa adottata per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, e successivamente a provvedere, con atto di carattere ordinario, alla disciplina autonoma del bene acqua e del connesso servizio idrico.
9/2897/14. Piffari.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge in esame realizza, con necessità ed urgenza, una radicale riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che consente la privatizzazione tout court di tutti i servizi pubblici;
sono esclusi da tale previsione diversi settori, tra i quali la distribuzione di energia elettrica e del gas naturale, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali, ma l'acqua ed il servizio idrico, in assenza di riferimenti specifici o normative settoriali, ne risulterebbero assoggettati;
l'acqua è un bene non sostituibile, è un diritto, non è possibile identificare il bene acqua alla stregua di una merce, non è concepibile individuare un proprietario, a tal proposito essendo perfino l'attore pubblico, lo Stato, garante dell'interesse generale riguardo a quel bene indisponibile ed inalienabile;
nello statuto di diversi comuni è entrata la definizione del servizio idrico privo di rilevanza economica, la Corte dei conti ha stabilito il pieno titolo dei comuni a deliberare in merito alla rilevanza economica o meno di un servizio, la Regione Puglia ha avviato un percorso di trasformazione dell'acquedotto pugliese da Spa a soggetto di diritto pubblico;
pochi giorni fa, 40.000 cittadini hanno apposto la loro firma - in meno di una settimana - all'appello rivolto ai parlamentari di sospendere l'approvazione della riforma dei servizi pubblici per aprire un dibattito ampio e articolato, a partire della proposta di legge d'iniziativa popolare;
nel 2007, 406 mila cittadini hanno apposto la loro firma alla legge d'iniziativa popolare per la gestione pubblica e partecipata dell'acqua e la piena ripubblicizzazione del servizio idrico;
in Europa e nel mondo, la privatizzazione, dove era pur avvenuta, sta subendo fortissime battute d'arresto o, addirittura, è in atto una ripubblicizzazione, come nel caso del comune di Parigi;
a titolo esemplificativo: in Svizzera acqua e reti idriche sono monopolio di Stato non suscettibili di privatizzazione, in Belgio operano Spa in house, tutte in mano ai comuni; negli USA, la patria del liberismo e del mercato, rifiutano di privatizzare la gestione delle reti idriche locali, in mano ai municipi, in America Latina è in atto un comune sforzo di Bolivia, Uruguay, Ecuador e Cile - Paese, tra l'altro, in cui la privatizzazione dell'acqua è stata uno dei primi passi del Governo di Pinochet - che investe anche le Costituzioni, per proteggere e tutelare le proprietà ed i beni da ritenersi collettivi;
qualche mese fa, nell'Aula del Senato della Repubblica, il Governo ha accolto un ordine del giorno che escludeva, testualmente, la soggezione dei «servizi pubblici a carattere non commerciale e ad obiettivo sociale» alle regole del mercato e

prevedeva, dunque, che questi non potevano essere «ricompresi tra i servizi di interesse economico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a escludere l'affidamento del servizio idrico dalla previsione di cui al comma 2, lettera a), dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal provvedimento in esame.
9/2897/15. Leoluca Orlando, Palomba.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, in nome di un generico adattamento alle disposizioni europee in materia, realizza con necessità ed urgenza una radicale riforma dei servizi pubblici locali;
fin dalle prime liberalizzazioni attuate nel nostro Paese, con la legge 14 novembre 1995, n. 481, si è previsto che le società pubbliche potevano essere dismesse solo a condizione che venissero istituite delle autorità di regolazione economica, per controllare anche la qualità dei servizi e il livello tariffario;
la legge citata è la prima legge organica sulla regolazione ed è composta di tre articoli: uno che ne dispone le finalità, uno i principi generali, uno che istituisce l'autorità di regolazione per l'energia elettrica ed il gas;
con un recente intervento all'interno del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 ed ulteriori interventi urgenti di protezione civile, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, il Governo ha provveduto, sempre con necessità ed urgenza, alla riforma del sistema di regolazione nazionale dei servizi idrici (articolo 9-bis), che ha portato alla soppressione del Comitato di vigilanza sui servizi idrici (Coviri), sostituito da una Commissione omonima, ma operante a rango ancora più ridotto, e all'ulteriore soppressione dell'unico supporto tecnico su scala nazionale, l'Osservatorio sui servizi idrici;
stante il debole profilo istituzionale della Commissione istituita, il suo potere decisionale praticamente nullo, la mancanza di autonomia ed indipendenza dall'esecutivo e dal potere politico, non sembra di poter ricomprendere tale organo tra quelli atti ed adatti ad attività di regolazione, né di poter guardare ad esso quale modello per gli organi di vigilanza, controllo e regolazione nei diversi settori del mercato dei servizi pubblici locali;
la riforma dei servizi pubblici locali che prende forma oggi nel nostro Paese consente la totale privatizzazione di tutti i servizi pubblici, compreso quello idrico, ma appare oltremodo debole in ordine alla regolazione economica, priva di una strategia in ordine ad un quadro regolatorio, che dovrebbe essere invece determinante in ogni processo di liberalizzazione e quale è nei Paesi più avanzati, sempre più orientati verso l'istituzione di poteri terzi, forti della loro autonomia e della loro competenza tecnica, rispetto alla dinamica tra enti concedenti e gestori del servizio pubblico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere adeguati strumenti di regolazione economica dei diversi settori del mercato delle utilities.
9/2897/16. Favia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-ter del provvedimento in esame contiene una norma che modifica in modo sensibile le disposizioni varate durante la XV legislatura in materia di «federalismo infrastrutturale», limitando in modo arbitrario ed immotivato il ruolo delle regioni nella gestione delle concessioni autostradali;
l'articolo 3-ter, infatti, introduce alcune modifiche al comma 289 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), in materia di realizzazione e gestione di infrastrutture autostradali che limitano la costituzione di società miste ANAS-regioni alla sola realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale, e quindi interamente ricadenti nel territorio di competenza di una singola regione;
tale norma affossa inopinatamente il principio ispiratore del c.d. «federalismo infrastrutturale» che era invece finalizzato a conferire alle regioni un ruolo di attrici nel procedimento di aggiudicazione delle concessioni autostradali e non certo quello di mere spettatrici dell'operato dell'ANAS, attraverso la creazione di un nuovo modello operativo che avrebbe consentito di superare i limiti funzionali e normativi riscontrati negli anni passati, e che, soprattutto, avrebbe assicurato un contesto di maggiore efficienza, funzionalità e tempestività nell'attività di programmazione, esecuzione e gestione di nuove infrastrutture autostradali mediante una significativa riduzione nei tempi e nei costi di costruzione e di gestione delle infrastrutture stesse;
la disposizione contenuta nell'articolo 3-ter del provvedimento in esame, invece, pur facendo salvi i poteri e le funzioni conferite ai soggetti pubblici già costituiti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, per i quali trova applicazione il testo previgente dei commi 289 e 290 dell'articolo 2 della legge finanziaria del 2008, facendo espresso riferimento al territorio di competenza di una singola regione, si preclude «di fatto» e «di diritto» la costituzione di società miste partecipate dall'ANAS S.p.a. e dalle singole regioni interessate nei casi in cui l'infrastruttura autostradale ricada nel territorio di competenza di regioni contigue,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di propria competenza finalizzato a garantire il pieno rispetto del principio del c.d. «federalismo infrastrutturale» introdotto durante la XV legislatura;
ad introdurre, nell'ambito della manovra di bilancio ovvero in un prossimo provvedimento normativo, una specifica disposizione volta a consentire, nei casi in cui l'opera infrastrutturale ricada nel territorio di competenza di regioni contigue, il trasferimento, da attuarsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, delle funzioni e dei poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall'ANAS S.p.a, in misura non superiore al 50 per cento, dalle Regioni interessate o da un soggetto interamente partecipato dalle regioni stesse.
9/2897/17. Di Pietro, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Piffari, Favia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 16 del provvedimento in esame prevede che i prodotti e le merci possono essere qualificati come «Made in Italy» solo se il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento dei medesimi siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano;
tale norma non appare idonea a garantire l'effettiva tracciabilità delle fasi di lavorazione del prodotto e della merce che può essere qualificata, in forza del provvedimento in esame, come «Made in Italy», né tanto meno consente ai consumatori finali di ricevere un'adeguata informazione sul processo lavorativo di alcuni prodotti come quelli tessili, di pelletteria e del settore calzaturiero realizzati nel territorio italiano;
in particolare si ritiene che l'utilizzo al comma 1 dell'articolo 16 della semplice parola «lavorazione» possa determinare serie perplessità in sede di interpretazione della norma. La lavorazione del prodotto, infatti, avviene in modo diverso e comprende fasi di lavorazione diverse a seconda del settore produttivo, commerciale e merceologico di riferimento;
l'approvazione definitiva dell'articolo 16 del provvedimento in esame potrebbe determinare la paradossale situazione per cui un prodotto - tessile ad esempio - può essere qualificato come «Made in Italy» anche se una sola fase di lavorazione, come il taglio piuttosto che la concia, avviene sul territorio italiano,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a salvaguardare la produzione artigianale e industriale italiana, garantendo la necessaria trasparenza e tracciabilità delle fasi di lavorazione del prodotto e della merce compiute sul territorio del Paese;
ad introdurre, nell'ambito della manovra di bilancio ovvero in un prossimo provvedimento normativo, una specifica disposizione volta a prevedere un incremento delle risorse finanziarie necessarie all'esecuzione dei controlli nazionali al fine di rispondere in modo efficace alle esigenze di tutela della qualità dei prodotti e di affidabilità dei consumatori.
9/2897/18. Monai, Borghesi, Cimadoro, Favia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 16 del provvedimento in esame prevede che i prodotti e le merci possono essere qualificati come «Made in Italy» solo se il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento dei medesimi siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano;
attualmente il marchio «Made in Italy» non garantisce in pieno l'italianità di un prodotto, in quanto la normativa comunitaria continua a lasciare margini tali per cui un manufatto può comunque beneficiare del suddetto marchio anche se gran parte del suo ciclo di produzione è avvenuto in altri Paesi;
una proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti importati da Paesi terzi è stata presentata il 16 dicembre 2005 (COM(2005)661). Tale proposta, tuttavia, non è mai stata discussa dal Consiglio, mentre il Parlamento europeo, l'11 dicembre 2007, ha adottato una dichiarazione nella quale si ribadiva il diritto dei consumatori europei ad un accesso immediato alle informazioni relative agli acquisti;
il 21 ottobre scorso, il Commissario UE al commercio, su sollecitazione del Governo italiano, ha presentato agli altri Paesi dell'Unione europea un nuovo testo del regolamento sull'etichettatura obbligatoria dei prodotti importati nell'Unione, che sarà successivamente discusso in sede di Comitato tecnico,

impegna il Governo

a porre in essere, in previsione della redazione del nuovo testo del citato regolamento sull'etichettatura obbligatoria dei prodotti importati nell'Unione, ogni atto di sua competenza presso le sedi comunitarie al fine di tutelare la garanzia del marchio «Made in Italy»;
ad adottare iniziative normative volte a introdurre nel nostro ordinamento una disposizione finalizzata a garantire e tutelare la tipicità, l'originalità e la creatività dei prodotti ideati o progettati interamente dalle imprese italiane a prescindere dal fatto che le fasi di lavorazione e confezionamento dei prodotti stessi siano avvenute o meno nel nostro Paese, anche attraverso l'istituzione del marchio «Stile Italiano-Designed in Italy», al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche dello stile italiano.
9/2897/19. Borghesi, Monai, Cimadoro, Favia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19-ter del provvedimento in esame prevede il trasferimento gratuito dalla Tirrenia S.p.a. alle regioni Campania, Sardegna e Toscana rispettivamente del 100 per cento del capitale della Caremar, della Saremar e della Toremar, disponendo, altresì, la cessione gratuita dalla Campania al Lazio del ramo d'azienda di Caremar relativo ai collegamenti con l'arcipelago pontino. Con tale norma si prorogano le convenzioni del gruppo Tirrenia con lo Stato sino al 30 settembre 2010, data entro cui si prevede il completamento del processo di privatizzazione previa pubblicazione, entro il 31 dicembre 2009, del relativo bando di gara, e, ancora, si prevede la prosecuzione degli investimenti, per un importo pari a 184,94 milioni di euro, per un periodo fino ad otto anni per Tirrenia e fino a dodici anni per le società regionali Siremar, Caremar, Saremar e Toremar;
in particolare, la disposizione in oggetto, prevede, al comma 22, una modifica dell'articolo 7-sexies, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, prevedendo che, in favore dei dipendenti delle società del Gruppo Tirrenia, delle società da queste derivanti e di quelle che dalle stesse acquistano o affittano aziende o rami d'azienda, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, possa concedere, per dodici mensilità, l'intero trattamento di integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni di legge, con la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare ove spettanti, nel limite massimo complessivo di spesa di 15 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all'articolo 2, comma 36, della legge n.203/2008 (legge finanziaria 2009);
l'articolo 7-sexies, comma 3, del citato decreto-legge n. 5 del 2009 ha disposto che, al fine di offrire una parziale copertura del disavanzo 2008 del Gruppo Tirrenia di navigazione S.p.a., possono essere utilizzate le somme, per un importo pari a 6.615.681 euro, rese disponibili per pagamenti non più dovuti concernenti la sovvenzione degli esercizi precedenti in favore del medesimo Gruppo. La norma, inoltre, consente che le provvidenze in materia di ammortizzatori sociali, previste nel medesimo provvedimento, possano essere riconosciute anche al personale del Gruppo Tirrenia,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere che, a seguito delle procedure di acquisizione della proprietà delle società Tirrenia di navigazione s.p.a., Siremar-Sicilia regionale marittima s.p.a., Caremar-Campania regionale marittima s.p.a., Saremar-Sardegna regionale marittima s.p.a., e Toremar-Toscana regionale marittima s.p.a, siano mantenuti inalterati livelli occupazionali registrati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto attraverso l'applicazione delle disposizioni relative alla cassa integrazione guadagni ordinaria, nonché attraverso l'applicazione delle disposizioni relative alla stipulazione dei contratti di solidarietà previsti dal decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;
ad introdurre, nell'ambito della manovra di bilancio ovvero in un prossimo provvedimento normativo, una specifica disposizione volta a prevedere un incremento sostanziale delle risorse finanziarie previste dal citato comma 22 dell'articolo 19-ter del provvedimento in esame.
9/2897/20. Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame introduce una norma con la quale si interviene su talune delicate questioni che investono direttamente lo svolgimento delle funzioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie;
il 26 giugno 2008 la Commissione ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2008/2097) per la non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, e 2001/14/CE, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria. I rilievi formulati dalla Commissione riguardano: la violazione del principio dell'indipendenza delle funzioni essenziali fissato dalle direttive 91/440/CEE (articolo 6, paragrafi 1-3, e allegato II) e 2001/14/CE (considerando 11 e 16, articolo 4, paragrafo 2, e articolo 14, paragrafo 2) inteso a garantire un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie a tutte le imprese e a promuovere un mercato europeo dei trasporti ferroviari competitivo, la non corretta trasposizione delle disposizioni della direttiva 2001/14/CE, relative all'imposizione di diritti per l'accesso ferroviario, ed in infine la non corretta trasposizione dell'articolo 30 della direttiva 2001/14/CE, in base al quale l'organismo di regolamentazione è indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai gestori dell'infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione dei diritti e da quelli preposti all'assegnazione nonché dai richiedenti;
sotto tale ultimo profilo, la Commissione europea, per quanto riguarda la situazione italiana, ha rilevato che il Ministero dei trasporti, in veste di autorità di regolamentazione, non è indipendente dalla società di gestione delle infrastrutture considerato che il principale operatore ferroviario sul mercato, Trenitalia, filiale operativa delle Ferrovie dello Stato, è una società di proprietà statale sotto la tutela del Ministero dei trasporti. La direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero dei trasporti esercita per conto dello Stato i poteri di azionista delle FS; pertanto i membri dell'organismo di regolamentazione sono funzionari dello stesso Ministero che controlla o esercita un'influenza decisiva sulla holding ferroviaria e sull'impresa ferroviaria principale. Lo stesso Ministero dei trasporti svolge una funzione di supporto per il Ministero dell'economia e delle finanze nell'esercizio delle sue funzioni di azionista dell'impresa ferroviaria ed è quindi nel suo interesse che l'azienda abbia un andamento positivo. Tale situazione, ad avviso della Commissione, crea un conflitto di interessi con la posizione dei funzionari che operano nella struttura dell'organismo di regolamentazione, i quali devono garantire un trattamento non discriminatorio ai concorrenti dell'impresa ferroviaria statale;
la Commissione Europea ha sottolineato, inoltre, che affinché l'organismo di regolamentazione possa essere indipendente, deve poter disporre di un bilancio sufficiente e deve poterlo gestire autonomamente, assumendo personale competente e in numero adeguato per svolgere i compiti di monitoraggio e trattare i reclami. A tale riguardo la Commissione ha ritenuto che la modifica all'articolo 37 del decreto legislativo dell'8 luglio 2003, n. 188, di attuazione delle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE, che assegna all'ufficio del Ministero dei trasporti che svolge le funzioni di organismo di regolamentazione le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per lo svolgimento dei propri compiti, potrebbe compromettere l'indipendenza dell'organismo di regolamentazione laddove stabilisce che le sue risorse finanziarie continueranno a dipendere dal bilancio di previsione del Ministero e che pertanto l'organismo di regolamentazione non potrà disporre di risorse proprie;
il sopra citato articolo 2 del provvedimento in esame, pur intervenendo ai commi 1 e 1-bis al fine di modificare l'articolo 37 del citato decreto legislativo n. 188 del 2003, precisando i seguenti punti, ovverosia che l'organismo di regolazione è funzionalmente indipendente da qualsiasi autorità competente preposta all'aggiudicazione di un contratto di servizio pubblico e che siano conferite all'ufficio del Ministero che svolge le funzioni di organismo di regolazione le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per lo svolgimento dei propri compiti, non risolve il problema della reale autonomia finanziaria dell'organismo di regolazione, considerato che le sue risorse continueranno a dipendere dal bilancio di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che oggi assorbe le competenze del citato Ministero dei trasporti;
inoltre, in relazione all'articolo 2 del provvedimento in esame, non sembra essere affrontata la questione sollevata dalla Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione 2008/2097, relativamente al grado di effettiva indipendenza del gestore dell'infrastruttura (Rete Ferroviaria Italiana S.p.A), rispetto alle imprese che forniscono i servizi ferroviari (principalmente Trenitalia), dal momento che tutte appartengono alla stessa holding (Ferrovie dello Stato S.p.a) che le controlla al 100 per cento;
analogamente, sempre in relazione all'articolo 2, non appare affrontata la questione della tariffazione che dovrebbe essere svolta dal gestore dell'infrastruttura, mentre attualmente è determinata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a garantire la piena attuazione del principio della piena indipendenza finanziaria dell'Agenzia nazionale della sicurezza delle ferrovie;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a risolvere la questione sollevata dalla Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione 2008/2097, relativamente al grado di effettiva indipendenza del gestore dell'infrastruttura (Rete Ferroviaria Italiana S.p.A), rispetto alle imprese che forniscono i servizi ferroviari (principalmente Trenitalia), dal momento che tutte appartengono alla stessa holding (Ferrovie dello Stato S.p.a) che le controlla al 100 per cento;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere che il mandato triennale del direttore, dei componenti del comitato direttivo e dei componenti del collegio dei revisori dei conti dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie sia rinnovabile per non più di una volta e che, al termine del loro mandato, non possano assumere incarichi direttivi o comunque svolgere attività professionali o di consulenza presso Ferrovie dello Stato o le società dalla stessa controllate ovvero presso le aziende operanti nel comparto ferroviario e quindi soggette all'attività di controllo dell'Agenzia stessa.
9/2897/21. Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
il c.d. «scudo fiscale», nella formulazione più estesa approvata con la legge 3 ottobre 2009, n. 141, che ha convertito il decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, sembra porsi in contrasto con la normativa europea riguardante la lotta al riciclaggio e al terrorismo nella parte in cui si stabilisce che il rimpatrio o la regolamentazione si perfezionano con il pagamento dell'imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente;
in particolare, tale disposizione sancisce che il rimpatrio (ovvero la regolarizzazione) non comporta l'obbligo di segnalazione di cui all'articolo 41 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;
lo «scudo fiscale» sembra, pertanto, violare quanto affermato nel regolamento n.1781/2006/CE del 15 novembre 2006 che prevede l'obbligatorietà di comunicazione da parte del prestatore di servizi di pagamento dell'ordinante, in caso di trasferimento di fondi, come previsto nella direttiva 2005/60 del 26 ottobre 2005, nonché nella direttiva 2006/70/CE, che ne reca misure di esecuzione, per quanto riguarda le disposizioni relative alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;
appare quindi necessario chiarire, con disposizione di rango legislativo, a fronte dei citati obblighi comunitari, che gli intermediari ed i professionisti impegnati in operazioni di rientro non siano esentati dall'obbligo di segnalazione di operazione sospetta per quei capitali che costituiscano o si sospetti costituiscano il provento di reati tributari, societari o di falso, fermo restando che l'esenzione dall'obbligo di segnalazione ex articolo 41 del citato decreto legislativo n. 231 del 2007 già oggi non può escludere gli altri adempimenti antiriciclaggio né la segnalazione per quei capitali «scudati» per i quali vi sia il sospetto di provenienza da altri reati (diversi, quindi, dai reati tributari, societari o di falso);
con circolare del 10 ottobre scorso, il Ministero dell'economia e delle finanze, consapevole del palese rischio di infrazione comunitaria, ha inteso precisare che il richiamo operato dal comma 4 dell'articolo 13-bis all'articolo 17 del decreto-legge n. 350 del 2001, richiama a sua volta gli obblighi antiriciclaggio di cui al decreto-legge n. 143 del 1991. Tuttavia quest'ultimo provvedimento risulta abrogato dal decreto legislativo n. 231 del 2007;
l'interpretazione ministeriale è che, per effetto di tale abrogazione, il richiamo all'articolo 17 si intenda esteso alla normativa antiriciclaggio vigente, cioè all'intero decreto n. 231 del 2007. Tuttavia, proprio l'ultima parte del comma 3 dell'articolo 13-bis reca un'espressa deroga alle segnalazioni di cui all'articolo 41, le quali, oltre all'antiriciclaggio, fanno richiamo alle operazioni di sospetto finanziamento del terrorismo;
il c.d. «scudo fiscale», nella formulazione più estesa approvata con la citata legge n. 141 del 2009, ha esteso l'ambito penale dello «scudo» e la circolare ministeriale non sembra costituire un presidio sufficiente a prevenire ulteriori procedure di infrazione da parte dell'Unione europea,

impegna il Governo:

ad intervenire con urgenza al fine di garantire la piena attuazione di quanto disposto dal regolamento CE n. 1781/2006, dalle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE, nonché dalla risoluzione del parlamento europeo del 12 dicembre 2007 sulla lotta al terrorismo in relazione all'obbligo di segnalazione di ogni operazione sospetta di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo cui sono tenuti i soggetti indicati negli articoli 10, comma 2, 11, 12, 13 e 14 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ai sensi dell'articolo 41 del medesimo decreto legislativo, anche nei casi di applicazione delle disposizioni relative al c.d. «scudo fiscale» di cui all'articolo 13-bis del decreto legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come successivamente modificato dall'articolo 1 della legge 3 ottobre 2009, n. 141, di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103.
9/2897/22. Donadi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del provvedimento in esame modifica la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e, in particolare:
interviene sull'articolo 23-bis decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, escludendo la distribuzione di energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali dalla disciplina di carattere generale sull'affidamento dei servizi pubblici locali;
prevede, quale ulteriore modalità ordinaria di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, l'affidamento a società «miste», purché il socio privato venga selezionato attraverso procedure pubbliche e partecipi con non meno del 40 per cento;
introduce un silenzio assenso sul parere che l'Antitrust è chiamato a dare sulle ipotesi «straordinarie» di affidamento in house, per il quale non sono previste interruzioni in relazione ad eventuali attività interlocutorie;
detta direttamente il regime transitorio degli affidamenti non conformi, sopprimendo la previgente previsione che lo affidava ad un emanando regolamento governativo;
in sostanza, con la norma in esame, gli enti locali italiani, nella scelta della forma di gestione dei «servizi pubblici ambientali», dovranno ricorrere esclusivamente a società private selezionate mediante gara o all'affidamento a società pubblico/private, con la presenza del partner privato scelto con gara che abbia una quota di partecipazione non al di sotto del 40 per cento e i compiti operativi connessi con la gestione del servizio o a società quotate, gettando le premesse per quella che viene definita la «privatizzazione dell'acqua pubblica»;
al di là della discutibile scelta di intervenire nel settore dei servizi pubblici locali attraverso la decretazione d'urgenza preoccupa l'assenza di meccanismi di monitoraggio e regolazione che impediscano distorsioni o anomalie a danno dei consumatori,

impegna il Governo:

ad istituire, prima dell'entrata a regime delle nuove disposizioni in materia di servizi pubblici locali, l'Autorità di regolazione per il servizio idrico integrato, ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, attribuendo ad essa la piena autonomia organizzativa, contabile e amministrativa e con indipendenza di giudizio e di valutazione;
a prevedere che detta Autorità subentri, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nelle competenze già attribuite alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche.
9/2897/23. Mariani, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del provvedimento in esame modifica la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e, in particolare:
interviene sull'articolo 23-bis decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, escludendo la distribuzione di energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali dalla disciplina di carattere generale sull'affidamento dei servizi pubblici locali;
prevede, quale ulteriore modalità ordinaria di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, l'affidamento a società «miste», purché il socio privato venga selezionato attraverso procedure pubbliche e partecipi con non meno del 40 per cento;
introduce un silenzio assenso sul parere che l'Antitrust è chiamato a dare sulle ipotesi «straordinarie» di affidamento in house, per il quale non sono previste interruzioni in relazione ad eventuali attività interlocutorie;
detta direttamente il regime transitorio degli affidamenti non conformi, sopprimendo la previgente previsione che lo affidava ad un emanando regolamento governativo;
in sostanza, con la norma in esame, gli enti locali italiani, nella scelta della forma di gestione dei «servizi pubblici ambientali», dovranno ricorrere esclusivamente a società private selezionate mediante gara o all'affidamento a società pubblico/private, con la presenza del partner privato scelto con gara che abbia una quota di partecipazione non al di sotto del 40 per cento e i compiti operativi connessi con la gestione del servizio o a società quotate, gettando le premesse per quella che viene definita la «privatizzazione dell'acqua pubblica»;
al di là della discutibile scelta di intervenire nel settore dei servizi pubblici locali attraverso la decretazione d'urgenza preoccupa l'assenza di meccanismi di monitoraggio e regolazione che impediscano distorsioni o anomalie a danno dei consumatori,

impegna il Governo:

a considerare il potenziamento della funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita Autorità di regolazione.
9/2897/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
i commi 3, 3-bis, 4 e 5 dell'articolo 4, prevedono l'emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente finalizzato alla promozione di investimenti per l'innovazione delle tecnologie ambientali che, nel contempo, consenta un'accelerazione e snellimento delle procedure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2005 per l'autorizzazione integrata ambientale (AIA);

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti in merito alla procedura di infrazione comunitaria notificata alla Stato Italiano per il ritardo nel rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali;
ad adottare atti organizzativi per valorizzare e rafforzare maggiormente il ruolo delle pubbliche amministrazioni in procedimenti autorizzativi estremamente delicati, come la Commissione AIA, attribuendo ad essa un ruolo che sia effettivamente di garanzia e di competenza nella valutazione dei procedimenti che è chiamata ad esaminare, anche attraverso la scelta di professionalità adeguate.
9/2897/24. Bratti, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-ter del provvedimento in esame, di fatto limita fortemente il principio del federalismo infrastrutturale, così come introdotto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, articolo 1, comma 289, peraltro perpetuando la condizione di non terzietà della Società ANAS nell'esercizio delle funzioni di vigilanza sulle concessioni autostradali,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative volte a risolvere definitivamente il tema dell'istituzione di un'autorità indipendente, con i compiti di vigilare sull'esercizio delle concessioni autostradali.
9/2897/25. Viola, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
gli istituti finanziatori a medio e lungo termine, e in particolare la Banca europea degli investimenti (BEI) hanno manifestato l'intenzione di riconsiderare il loro supporto finanziario agli investimenti, in particolare nel settore idrico e in quello ambientale per effetto dell'incertezza connessa alla fase di transizione e ai futuri assetti proprietari e finanziari determinati dal provvedimento in esame,

impegna il Governo:

ad aprire con urgenza un confronto con la BEI e con tutti gli altri istituti di finanziamento a medio e lungo termine delle infrastrutture, soprattutto in campo idrico e ambientale, per evitare che le incertezze connesse alla fase di transizione generino una contrazione del credito alle aziende concessionarie, anche eventualmente assicurando adeguate forme di garanzia pubblica.
9/2897/26. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
non sempre i contratti collettivi di lavoro del personale occupato nelle imprese operanti nell'ambito dei servizi pubblici locali prevedono l'integrale applicazione degli istituti di salvaguardia di disoccupazione e mobilità,

impegna il Governo:

a far precedere qualsiasi azione di ampliamento della liberalizzazione del settore dall'emanazione di normative volte ad assicurare i lavoratori dalle conseguenze derivanti dall'eventuale manifestarsi di esuberi occupazionali.
9/2897/27. Damiano.

La Camera,
premesso che:
non sempre i contratti collettivi di lavoro del personale occupato nelle imprese operanti nell'ambito dei servizi pubblici locali prevedono l'integrale applicazione degli istituti di salvaguardia di disoccupazione e mobilità,

impegna il Governo:

ad assicurare che nell'emanazione di eventuali bandi di gara e nella realizzazione dei piani industriali siano introdotte adeguate garanzie per la forza lavoro già attiva nella gestione di detti servizi.
9/2897/28. Bellanova.

La Camera,
premesso che:
non sempre i contratti collettivi di lavoro del personale occupato nelle imprese operanti nell'ambito dei servizi pubblici locali prevedono l'integrale applicazione degli istituti di salvaguardia di disoccupazione e mobilità,

impegna il Governo:

a monitorare i processi di liberalizzazione in corso, al fine di tutelare i lavoratori dalle conseguenze derivanti dall'eventuale manifestarsi di esuberi occupazionali.
9/2897/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Bellanova.

La Camera,
premesso che:
la Corte di Giustizia si è pronunciata il 15 ottobre 2009 in materia di società miste, con la sentenza n. 196/08,

impegna il Governo:

prima dell'emanazione dei decreti attuativi dell'articolo 15 del provvedimento in esame, e comunque, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza.
9/2897/29. Margiotta.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 15 del provvedimento in esame è prevista la facoltà per le amministrazioni locali di dismettere azioni di aziende quotate nei mercati regolamentati con forme di trattativa privata,

impegna il Governo:

affinché nel regolamento di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 15, venga previsto, per le pubbliche amministrazioni che intendano avvalersi di tale facoltà, che l'intero procedimento sia concordato insieme al Ministro dell'economia e delle finanze e che la valutazione delle offerte venga svolta da una Commissione composta a maggioranza da membri designati dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze.
9/2897/30. Causi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge in esame, modificando l'articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, disciplina le modalità di funzionamento dell'ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che svolge le funzioni di organismo di regolazione per l'accesso e l'utilizzo della infrastruttura ferroviaria e dei servizi connessi;
la Commissione europea, nella lettera di messa in mora inviata al Governo italiano il 26 giugno 2008, nell'ambito della procedura d'infrazione 2008/2097 avente ad oggetto alcune norme del decreto legislativo n.188 del 2003, aveva in particolare rilevato la violazione del principio dell'indipendenza delle funzioni essenziali fissato dalle direttive 91/440/CEE e 2001/14/CE inteso a garantire un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie a tutte le imprese e a promuovere un mercato europeo dei trasporti competitivo;
in particolare la Commissione rilevava che il Ministero dei trasporti in veste di autorità di regolamentazione non è indipendente dalla società di gestione delle infrastrutture (RFI) che, insieme a Trenitalia, principale operatore sul mercato, è una società facente capo alla holding Ferrovie dello Stato spa, società di proprietà statale sotto la tutela del Ministero stesso. In tal modo veniva rilevato un conflitto di interessi fra i funzionari operanti nell'organismo di regolazione che devono garantire un trattamento non discriminatorio ai concorrenti dell'impresa ferroviaria statale;
appare opportuno disciplinare in modo compiuto la materia istituendo un organismo di regolazione effettivamente indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai gestori dell'infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione dei diritti e da quelli preposti all'assegnazione, nonché dai richiedenti;
si rende necessario un intervento complessivo di riordino della materia, anche alla luce delle criticità registratesi anche di recente sulla rete ferroviaria nazionale (incidente di Viareggio), e in particolare della recente direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2009 con cui sono state disciplinate le modalità di utilizzo degli impianti e scali merci di RFI e della prossima entrata in attività di società ferroviarie private sulla rete Alta Velocità, oltre a quelle già operanti nel settore merci;
la scelta più rispondente a tale obiettivo consiste nell'istituzione di una Autorità amministrativa indipendente per la regolazione dei servizi e dell'uso delle infrastrutture di trasporto che abbia funzioni di controllo, anche economico, e che, oltre al settore ferroviario, estenda la sua attività ai settori aereo, marittimo e autostradale, quest'ultimo interessato anche dall'articolo 3-ter del provvedimento in esame;
a tal fine è già stata incardinata presso la IX Commissione Trasporti la proposta di legge A.C. 1057 che corrisponde in modo organico alle osservazioni della Commissione europea, in quanto realizza una piena indipendenza giuridica e finanziaria di questa nuova Authority le cui funzioni di regolazione sono completamente sganciate dalle competenze spettanti al Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, soprattutto con riferimento alle funzioni di indirizzo politico, programmatico e di pianificazione;

impegna il Governo

ad adottare apposite iniziative normative, al fine di superare adeguatamente i rilievi della Commissione europea in materia di accesso all'infrastruttura ferroviaria e di apertura del mercato dei trasporti, promuovendo l'istituzione di una Autorità amministrativa indipendente per la regolazione e l'uso di tutte le infrastrutture di trasporto.
9/2897/31. Lovelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, comma 2-bis, del provvedimento in esame, proroga di ulteriori sei mesi (e quindi fino alla metà di febbraio 2010) l'applicazione della tariffazione ai rifiuti assimilati per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani;
su tale materia, una recente pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 238 del 2009), pur vertendo sulla competenza giurisdizionale delle Commissioni tributarie, ha incidentalmente riaffermato la tesi della natura tributaria della TIA (tariffa di igiene ambientale), come tale non assoggettabile al pagamento dell'IVA. Com'è a tutti noto, si tratta di una questione giurisprudenziale annosa, finora risolta, anche sulla base di precise indicazioni e risoluzioni dell'Agenzia delle entrate, nel senso opposto dell'assoggettabilità ad IVA della tariffa in questione; la pronuncia della Corte fa ricadere invece la tariffa di igiene ambientale nell'ambito delle prestazioni patrimoniali imposte. Ciò implica, con ogni evidenza, la necessità di un urgente riassestamento dell'intero apparato normativo di secondo livello collegato alla stessa tariffa, nonché di una modifica di numerose prassi operative consolidatesi nel tempo. Non secondario, poi, appare il potenziale impatto di tale decisione non solo sui conti dello Stato, soggetto percettore in ultima istanza dell'IVA, ma anche su quelli dei soggetti gestori in via diretta (Comuni, ATO, eccetera) o in via indiretta (aziende concessionarie) delle responsabilità in merito alla fornitura dei servizi ambientali nonché alla riscossione dei relativi pagamenti da parte di famiglie e imprese;
numerosi segnali di allarme e di preoccupazione si sono infatti diffusi nel settore in seguito a tale sentenza, con il rischio di appesantire una crisi già incipiente del sistema gestionale dei rifiuti, producendo ulteriore incertezza su un quadro normativo di per sé confuso e farraginoso, nonché danni alla operatività delle aziende e frustrazione delle legittime aspettative dei cittadini;

impegna il Governo

ad adottare quanto prima ulteriori iniziative anche normative per dare certezza alle amministrazioni pubbliche e ai cittadini in materia di natura e di modalità di calcolo della tariffa di igiene ambientale (TIA), alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale sulla non assoggettabilità di tale tariffa al pagamento dell'IVA.
9/2897/32. Fluvi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca delle modifiche all'articolo 1 del decreto legislativo n. 297 del 2004 sulle produzioni DOP e IGP, consentendo, a seguito di autorizzazione del Consorzio ed in presenza di specifiche norme regolamentari approvate dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, l'immissione al consumo di tali produzioni dopo che siano state private del marchio in precedenza apposto;
il decreto legislativo n. 297 del 2004 definisce un sistema di sanzioni a tutela dell'uso commerciale corretto delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette, stabilendo, con il comma 2, quale sia la sanzione amministrativa da applicare ai casi di commercializzazione o immissione al consumo dei menzionati prodotti privi della indicazione della denominazione protetta, e già certificati conformi ad essa;
le modifiche in esame, attraverso l'inserimento di un comma 2-bis nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 297 del 2004, introducono nella disciplina relativa alle produzioni DOP e IGP le condizioni in presenza delle quali è esclusa l'applicazione delle sanzioni per la commercializzazione di prodotti già certificati ma privi della denominazione protetta. È infatti consentita la smarchiatura per l'immissione al consumo di tali produzioni in presenza di un'autorizzazione da parte del Consorzio di tutela, sulla base di un apposito regolamento dallo stesso emanato,
regolamento che deve essere preventivamente approvato dal Ministero della politiche agricole;

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a tutelare le produzioni DOP e IGP ed a prevedere che nel regolamento di cui all'ultimo capoverso delle premesse l'applicazione della disposizione in esame sia limitata solo a situazioni di grave crisi commerciale dei prodotti che giustifichino ampiamente l'applicazione delle deroghe di cui premessa.
9/2897/33. Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni relative alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzate alla protezione dell'ambiente ed alla riduzione delle emissioni inquinanti;
il provvedimento reca altresì disposizioni per rafforzare il regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento;
rivestono un ruolo fondamentale nella produzione di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili le agro-energie che costituiscono una risorsa naturale ancora non pienamente sviluppata ed utilizzata all'interno di un organico sistema di distretti agroenergetici;
in Italia si sono sviluppate significative filiere agroenergetiche per la produzione di biodiesel e di biometano anche in assenza di un quadro normativo organico e di sostegno al loro ulteriore sviluppo ed utilizzo;
la Commissione agricoltura della Camera dei deputati già dalla scorsa legislatura ha attivato l'esame di opportune iniziative legislative tese a fornire un quadro di norme e regole certe per il settore agricolo affinché, in armonia con le direttive dell'Unione europea, quest'ultimo possa assolvere alla sua nuova dimensione multifunzionale che accanto alla funzione primaria di produzione alimentare contempla anche quella connessa alla produzione di energia termica ed elettrica da biomasse quindi attribuendole un ruolo rilevante per il rispetto degli obiettivi di Kyoto;

impegna il Governo:

a definire con urgenza, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, le linee strategiche per il Piano Nazionale d'azione sulle energie rinnovabili per dare esecuzione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio e per realizzare una politica nazionale volta a sviluppare le risorse di biomassa e l'applicazione di dispositivi per la sostenibilità di biocarburanti e delle filiere di biometano;
a garantire che le risorse già previste per la promozione delle filiere agroenergetiche già in via di realizzazione non subiscano riduzioni che comprometterebbero gli investimenti effettuati dal mondo agricolo per la produzione della materia prima.
9/2897/34. Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, in attuazione dell'obbligo comunitario di cui al Regolamento 1166/200/CE, dispone la realizzazione del 6o Censimento generale dell'agricoltura ad opera dell'ISTAT;
si dispone che con un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Unificata, vengano stabilite le relative modalità operative;
tale censimento ha l'obiettivo principale di fotografare la struttura delle aziende agricole ed i metodi di produzione agricola, materie sulle quali le Commissioni agricoltura del Parlamento svolgono una funzione istituzionale di natura legislativa, ispettiva e di indagine;

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri venga sottoposta anche al parere delle competenti Commissioni parlamentari, prima della emanazione del successivo decreto del Presidente della Repubblica.
9/2897/35. Oliverio, Servodio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce un'agevolazione nel regime del versamento mensile del prelievo sulle quote latte disciplinato dal decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119;
tale agevolazione si concretizza in un versamento mensile parziale, in misura del 5 per cento o del 10 per cento a seconda dei periodi interessati, destinato esclusivamente ad aziende che non superino il livello produttivo conseguito nel periodo 2007/2008;
il fine indicato al comma 1 dell'articolo 18 di completare l'attuazione del regolamento (CE) n. 72/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009 (Health Check della Pac), attraverso il progressivo riequilibrio tra la quota assegnata e la produzione conseguita non sembra trovare alcuna giustificazione tecnica nei contenuti dell'articolo;
le disposizioni normative introdotte dal presente provvedimento minano i principi del citato decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003 e, in particolare, quelli del versamento mensile. L'agevolazione è infatti solo a vantaggio di una categoria di produttori, escludendo altre categorie come ad esempio tutta la montagna e tutte le zone svantaggiate, che, tra l'altro, sono prioritarie nella compensazione/restituzione prevista dall'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 49 del 2003;
la misura consente, infatti, il reinserimento dei produttori che hanno già ampiamente superato le quote assegnate nella compensazione facendogli pagare solo il 5 per cento o il 10 per cento del prelievo mensile, in quanto se dovessero pagare il 100 per cento non verserebbero ed essendo stato abrogato l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004, chi non versa mensilmente non accede alla compensazione;
l'articolo 8-bis, comma 1, capoverso 4-ter, lettera b) del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, prevede che chi ha rispettato le regole sul regime delle quote latte e non ha superato la propria quota produttiva ha una tolleranza del solo 6 per cento e se la supera deve pagare senza poter accede alla compensazione nazionale;
tecnicamente diventa difficile se non impossibile verificare mensilmente se un produttore superi la propria produzione 2007/2008. Tale verifica, infatti, è possibile solo a fine campagna ed è difficile valutarla progressivamente nei mesi, versando solo parzialmente il prelievo (5 per cento o 10 per cento);
il versamento mensile è un cardine importantissimo del decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, modificarlo anche parzialmente potrebbe favorire il mancato rispetto delle quote e quindi favorire un aumento produttivo in questo momento così difficile del mercato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire l'applicazione della norma in esame ai soli produttori che, avendo in essere dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi e ordinari azioni giudiziarie, presentino preventiva, espressa rinuncia.
9/2897/36. Zucchi, Marco Carra, Oliverio, Agostini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce un'agevolazione nel regime del versamento mensile del prelievo sulle quote latte disciplinato dal decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119;
tale agevolazione si concretizza in un versamento mensile parziale, in misura del 5 per cento o del 10 per cento a seconda dei periodi interessati, destinato esclusivamente ad aziende che non superino il livello produttivo conseguito nel periodo 2007/2008;
il fine indicato al comma 1 dell'articolo 18 di completare l'attuazione del regolamento (CE) n. 72/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009 (Health Check della Pac), attraverso il progressivo riequilibrio tra la quota assegnata e la produzione conseguita non sembra trovare alcuna giustificazione tecnica nei contenuti dell'articolo;
le disposizioni normative introdotte dal presente provvedimento minano i principi del citato decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003 e, in particolare, quelli del versamento mensile. L'agevolazione è infatti solo a vantaggio di una categoria di produttori, escludendo altre categorie come ad esempio tutta la montagna e tutte le zone svantaggiate, che, tra l'altro, sono prioritarie nella compensazione/restituzione prevista dall'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 49 del 2003;
la misura consente, infatti, il reinserimento dei produttori che hanno già ampiamente superato le quote assegnate nella compensazione facendogli pagare solo il 5 per cento o il 10 per cento del prelievo mensile, in quanto se dovessero pagare il 100 per cento non verserebbero ed essendo stato abrogato l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004, chi non versa mensilmente non accede alla compensazione;
l'articolo 8-bis, comma 1, capoverso 4-ter, lettera b) del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, prevede che chi ha rispettato le regole sul regime delle quote latte e non ha superato la propria quota produttiva ha una tolleranza del solo 6 per cento e se la supera deve pagare senza poter accede alla compensazione nazionale;
tecnicamente diventa difficile se non impossibile verificare mensilmente se un produttore superi la propria produzione 2007/2008. Tale verifica, infatti, è possibile solo a fine campagna ed è difficile valutarla progressivamente nei mesi, versando solo parzialmente il prelievo (5 per cento o 10 per cento);
il versamento mensile è un cardine importantissimo del decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, modificarlo anche parzialmente potrebbe favorire il mancato rispetto delle quote e quindi favorire un aumento produttivo in questo momento così difficile del mercato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte:
ad estendere l'agevolazione di cui in premessa anche alle aziende ubicate nelle zone di montagna, di cui all'articolo 18 del regolamento (CE) n. 1257/1999, ed alle aziende ubicate nelle zone svantaggiate, di cui all'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1257/1999;
a garantire per i produttori che hanno rispettato la propria quota produttiva nella campagna 2007-2008 un tolleranza del 20 per cento per accedere alla compensazione di cui al decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, come modificato decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009.
9/2897/37. Marco Carra, Zucchi, Oliverio, Agostini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-ter dell'articolo 15 del provvedimento ribadisce chiaramente la proprietà pubblica delle risorse idriche il cui controllo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche con particolare riferimento alla determinazione della qualità e del prezzo del servizio idrico;
lo stesso comma garantisce agli utenti il diritto alla universalità e accessibilità del servizio medesimo,

impegna il Governo

ad adoperarsi nei modi opportuni affinché il prezzo del servizio sia il più contenuto possibile; in tale quadro devono essere previsti incentivi all'innovazione finalizzati al risparmio ed ad un più razionale utilizzo delle risorse idriche, eliminando sprechi, utilizzi impropri e soprattutto le perdite eccessive presenti nelle reti di distribuzione dell'acqua.
9/2897/38. De Camillis.

La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, l'Italia ha recepito la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali. La direttiva - nata dall'esigenza di introdurre, in tutti gli Stati membri, efficaci misure dissuasive contro i tardivi pagamenti dei crediti commerciali, assicurando così il rispetto dei termini contrattuali anche in situazioni di potenziale squilibrio - si applica alle «transazioni commerciali» e cioè ai contratti tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
la problematica dei ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali ha assunto, soprattutto in Italia, dimensioni sempre più gravi e preoccupanti, causando forti stress finanziari, in particolar modo alle piccole e medie imprese che, nella maggior parte dei casi, godono di scarso potere contrattuale. In base ad un recente studio condotto dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, il ritardo medio nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è di 158 giorni, contro una media europea di 68, arrivando a ritardi massimi che, nei casi più gravi, superano i due anni e mezzo. Secondo l'ABI, l'esposizione delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione è complessivamente stimabile in 50/60 miliardi di euro. Ciò si riflette negativamente sul cash flow (flusso di cassa) delle aziende, creando distorsioni della concorrenza e rendendo più difficoltosa l'integrazione economica e il commercio transfrontaliero;
lo Small Business Act di cui alla comunicazione del 25 giugno 2008 della Commissione Europea (COM(2008)394), con l'obiettivo di promuovere e sostenere le PMI, ha indicato tra dieci principi guida quello di «agevolare l'accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali»; nella successiva risoluzione del 10 marzo 2009 sullo Small Business Act il Parlamento Europeo sul punto ha sottolineato «che in un caso su quattro il fallimento delle PMI è dovuto a ritardi nei pagamenti, nella maggior parte dei casi da parte delle amministrazioni pubbliche» ed ha accolto «a tale riguardo con favore la proposta della Commissione di rivedere la direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali» ed invitato «gli Stati membri a migliorare il comportamento delle loro amministrazioni pubbliche per quanto riguarda i pagamenti», esortando «a fissare un termine uniforme per i pagamenti a livello comunitario, possibilmente più breve per i pagamenti alle PMI, e a stabilire sanzioni in caso di superamento di tale termine»;
il «Piano europeo di ripresa economica», di cui alla Comunicazione del 26 novembre 2008 della Commissione europea (COM(2008)800), ha indicato tra le azioni prioritarie degli Stati membri, per la riduzione degli oneri amministrativi e la promozione dell'imprenditorialità, la necessità di «assicurare che le autorità pubbliche paghino le fatture per le forniture e i servizi entro un mese, compreso alle PMI, per alleviare i problemi di liquidità e accettino le fatture elettroniche come equivalenti delle cartacee (ciò potrebbe tradursi in una riduzione di costi fino a 18 miliardi di euro); tutti gli arretrati dovuti da enti pubblici dovranno essere ugualmente liquidati»; nella successiva risoluzione dell'11 marzo 2009 sul Piano europeo di ripresa economica [2008/2334(INI)] il Parlamento Europeo sul punto ha sottolineato «che, nell'attuale scenario in cui le piccole e medie imprese affrontano gravi problemi di liquidità e di limitato accesso al credito, per i pagamenti dovuti a queste ultime le autorità pubbliche e i clienti privati dovrebbero rispettare un periodo massimo di 30 giorni; sollecita la Commissione ad affrontare tale questione al momento della revisione della direttiva sui pagamenti ritardati» e ha chiesto «la piena osservanza e una più rapida attuazione, a livello sia comunitario che nazionale, delle raccomandazioni del Parlamento in relazione alla comunicazione della Commissione alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un Small Business Act per l'Europa)»;
al fine di garantire la tempestività dei pagamenti, la Commissione europea ha quindi approvato, in data 9 aprile 2009, una proposta di modifica alla citata direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE. La proposta prevede che le amministrazioni e gli enti pubblici paghino le fatture entro 30 giorni; in caso contrario dovranno corrispondere un indennizzo forfetario pari al 5 per cento dell'importo dovuto, oltre agli interessi e al risarcimento delle spese di riscossione sostenute dalle imprese creditrici. Analogo discorso vale per le piccole somme: non si farà più un'eccezione per gli interessi di importo inferiore a 5 euro. La proposta è ora al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio, per eventuali modifiche e per la definitiva approvazione ed entrata in vigore per il 2010;
l'emananda direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, finalizzata a dare attuazione agli orientamenti comunitari contenuti nello Small Business Act, individua una serie di priorità di politica economica con l'obiettivo di formulare, in tempi brevi, proposte concrete «per migliorare le condizioni in cui operano le piccole imprese, attraverso riserve o corsie preferenziali»,

impegna il Governo:

a recepire i principi dello Small Business Act per l'Europa di cui alla comunicazione del 25 giugno 2008 della Commissione Europea (COM(2008)394), nonché del «Piano europeo di ripresa economica» di cui alla Comunicazione del 26 novembre 2008 della Commissione europea (COM(2008)800) adottando iniziative coerenti al sostegno delle PMI, per accelerare il rimborso dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche e per ridurre, entro l'anno 2009, gli oneri amministrativi delle imprese e promuovere l'imprenditorialità, in conformità alle seguenti indicazioni generali:
1) per alleviare i problemi di liquidità, previsione di pagamento delle fatture alle piccole e medie imprese per le forniture e i servizi entro un mese;
2) definizione di un piano per il rimborso dei crediti arretrati dovuti da enti pubblici, in particolare verso le piccole e medie imprese, entro il 31 dicembre 2011, con indicazione delle risorse necessarie;
3) individuazione delle modalità organizzative e dei criteri per l'adeguamento dei sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni, per l'accettazione di fatture elettroniche come equivalenti a quelle su supporto cartaceo;
4) introduzione di disposizioni per agevolare l'accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali.
9/2897/39. Rubinato.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-ter dell'articolo 15 del provvedimento in esame stabilisce il principio dell'autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato e della piena esclusività della proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche;
l'acqua è un bene pubblico primario inalienabile che necessita di essere valorizzato attraverso una politica di intervento sull'efficienza del servizio e della rete infrastrutturale e la riduzione degli sprechi che permetta ai cittadini una fruibilità qualitativa;
un'efficiente fornitura del servizio e della qualità dell'acqua permetterebbe non solo la riduzione degli sprechi ma rappresenterebbe anche una alternativa al consumo di acque minerali;
secondo i dati emersi da ultime indagini effettuati sulla qualità, i costi e l'efficienza delle società di servizio idrico integrato nelle città italiane, emerge come ogni anno vengono «bruciati» e sprecati circa 800 milioni di metri cubi di acqua a fronte dell' incremento costante e continuo delle tariffe, ponendo l'Italia al livello dei paesi dell'Est-Europa con circa il 30-40 per cento di spreco sull'intero patrimonio idrico nazionale, e assolutamente al di sotto della media dei Paesi occidentali;
in termini economici le perdite si attestano su cifre considerevoli che sfiorano svariate centinaia di milioni di euro annui con un trend previsionale ad aumentare per gli anni successivi, ed alcune situazioni di criticità assoluta in particolare nel Mezzogiorno dove mancano dei veri piani di gestione e impiego delle risorse idriche che consentano un'ottimizzazione delle acque e un utilizzo concreto in funzione dello sviluppo del territorio;
un terzo degli acquedotti italiani non è stato oggetto di manutenzione straordinaria negli ultimi venti anni e ci sono almeno 50 mila chilometri di rete che andrebbero totalmente riprogettati a fronte di una destinazione della spesa complessiva in opere pubbliche di solo il 4 per cento del fabbisogno, che si aggira sui 60 miliardi di euro;
l'articolo 2, comma 333, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha istituito un fondo per la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete idrica sul territorio nazionale;
è necessario riportare il nostro Paese agli standard dei maggiori paesi occidentali e garantire ai cittadini un servizio efficiente e di qualità, attraverso un adeguato ammodernamento dell'intera rete infrastrutturale idrica,

impegna il Governo

a reperire le risorse finanziarie necessarie da destinare alla riduzione degli sprechi e agli investimenti per migliorare la rete idrica nazionale, al fine di garantire un efficiente servizio ai cittadini ed evitare la dispersione di un bene che non è illimitato.
9/2897/40. Libè, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-ter dell'articolo 15 del provvedimento in esame stabilisce il principio dell'autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato e della piena esclusività della proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche;
l'acqua è un bene pubblico primario inalienabile che necessita di essere valorizzato attraverso una politica di intervento sull'efficienza del servizio e della rete infrastrutturale e la riduzione degli sprechi che permetta ai cittadini una fruibilità qualitativa;
un'efficiente fornitura del servizio e della qualità dell'acqua permetterebbe non solo la riduzione degli sprechi ma rappresenterebbe anche una alternativa al consumo di acque minerali;
secondo i dati emersi da ultime indagini effettuati sulla qualità, i costi e l'efficienza delle società di servizio idrico integrato nelle città italiane, emerge come ogni anno vengono «bruciati» e sprecati circa 800 milioni di metri cubi di acqua a fronte dell' incremento costante e continuo delle tariffe, ponendo l'Italia al livello dei paesi dell'Est-Europa con circa il 30-40 per cento di spreco sull'intero patrimonio idrico nazionale, e assolutamente al di sotto della media dei Paesi occidentali;
in termini economici le perdite si attestano su cifre considerevoli che sfiorano svariate centinaia di milioni di euro annui con un trend previsionale ad aumentare per gli anni successivi, ed alcune situazioni di criticità assoluta in particolare nel Mezzogiorno dove mancano dei veri piani di gestione e impiego delle risorse idriche che consentano un'ottimizzazione delle acque e un utilizzo concreto in funzione dello sviluppo del territorio;
un terzo degli acquedotti italiani non è stato oggetto di manutenzione straordinaria negli ultimi venti anni e ci sono almeno 50 mila chilometri di rete che andrebbero totalmente riprogettati a fronte di una destinazione della spesa complessiva in opere pubbliche di solo il 4 per cento del fabbisogno, che si aggira sui 60 miliardi di euro;
l'articolo 2, comma 333, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha istituito un fondo per la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete idrica sul territorio nazionale;
è necessario riportare il nostro Paese agli standard dei maggiori paesi occidentali e garantire ai cittadini un servizio efficiente e di qualità, attraverso un adeguato ammodernamento dell'intera rete infrastrutturale idrica,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a reperire le risorse finanziarie necessarie da destinare alla riduzione degli sprechi e agli investimenti per migliorare la rete idrica nazionale, al fine di garantire un efficiente servizio ai cittadini ed evitare la dispersione di un bene che non è illimitato.
9/2897/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Libè, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge in esame prevede la possibilità che le società «in house» proseguano la gestione in essere fino alla scadenza del contratto, a condizione che entro il 31 dicembre 2010 le amministrazioni socie cedano almeno il 40 per cento del capitale,

impegna il Governo

a valutare la opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a integrare la norma di cui alla premessa prevedendo che l'impiego dei proventi derivanti dalla dismissione di partecipazioni azionarie in società di servizi pubblici locali sia destinato a finanziare investimenti in infrastrutture di rete, impianti e altri beni indispensabili per l'espletamento di servizi pubblici locali, ovvero alla riduzione dei debito degli enti locali, con detrazione dei valore degli investimenti effettuati dai saldi di bilancio calcolati ai fini dei patto di stabilità interno relativamente agli anni di effettuazione degli investimenti.
9/2897/41. Galletti, Occhiuto, Mondello, Tassone.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-ter dell'articolo 15 del decreto-legge in esame stabilisce il principio dell'autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche;
secondo la norma citata il governo del servizio pubblico spetterebbe esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e al prezzo dei servizio, in conformità a quanto previsto dal codice ambientale, ed esercitato garantendo il diritto all'universalità ed accessibilità dei servizio;
ogni provvedimento di liberalizzazione dei servizi implica l'istituzione di un organismo di garanzia che difficilmente potrebbe invece essere istituito a livello regionale,

impegna il Governo

a prevedere in tempi rapidi l'istituzione di un organismo di regolazione dei settore che riorganizzi la materia, soprattutto in tema di tariffe, in uno scenario di effettiva promozione della concorrenza.
9/2897/42. Tassone, Galletti, Mondello.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-ter dell'articolo 15 del decreto-legge in esame stabilisce il principio dell'autonomia gestionale del soggetto gestore del servizio idrico integrato e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche;
secondo la norma citata il governo del servizio pubblico spetterebbe esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e al prezzo dei servizio, in conformità a quanto previsto dal codice ambientale, ed esercitato garantendo il diritto all'universalità ed accessibilità dei servizio;
ogni provvedimento di liberalizzazione dei servizi implica l'istituzione di un organismo di garanzia che difficilmente potrebbe invece essere istituito a livello regionale,

impegna il Governo

a considerare il potenziamento della funzione di regolazione del settore volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita autorità di regolazione.
9/2897/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Tassone, Galletti, Mondello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-ter introduce alcune modifiche alla legge finanziaria 2008 in materia di realizzazione e gestione di infrastrutture autostradali, volte a limitare la costituzione di società miste ANAS-regioni alla sola realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale, interamente ricadenti nel territorio di competenza di una singola regione;
tale limitazione escluderebbe la possibilità della costituzione di una società mista per la realizzazione della pedemontana picena Fermo-Teramo, in quanto ricadente sulle regioni Marche ed Abruzzo, ma la cui attuazione è attesa dalla popolazione e dagli operatori economici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a derogare a tale limitazione, prevedendo la possibilità di realizzare infrastrutture autostradali ricadenti su regioni contigue quando siano ritenute oggettivamente strategiche per lo sviluppo e l'economia dei territori interessati.
9/2897/43. Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
i supermercati presenti sul territorio nazionale offrono abitualmente ai consumatori le buste di plastica (cosiddetti «shoppers») per trasportare la spesa;
gli shoppers presentano quasi sempre impresso il marchio o l'emblema pubblicitario del supermercato ed hanno un costo variabile dai 2 ai 10 centesimi;
tale prassi configura una forma di pubblicità illegale, surrettiziamente imposta al consumatore, il quale non solo sostiene una spesa a fronte del contenitore di plastica, ma diventa un inconsapevole veicolo pubblicitario;
si tratta di una promozione pubblicitaria sui generis senza precedenti, gratuita per la parte pubblicizzata ed onerosa per il consumatore che la subisce, mentre sarebbe opportuno che gli shoppers con il marchio commerciale fossero gratuiti;
la questione è oggetto da tempo di una pervicace campagna portata avanti dalle associazioni dei consumatori e di numerose segnalazioni dei cittadini che manifestano una giustificata insofferenza verso la pratica descritta,

impegna il Governo

a sollecitare una valutazione di tale problematica da parte delle autorità europee competenti in materia di tutela della concorrenza e del mercato, al fine di eliminare l'addebito sul consumatore finale del costo degli shoppers con appositi marchi o emblemi pubblicitari.
9/2897/44. Anna Teresa Formisano, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il comma 3-bis dell'articolo 20-bis del decreto-legge in esame istituisce, per la prima volta in Italia, il registro pubblico per gli utenti che hanno espresso la volontà di non essere contattati a scopi pubblicitari, segnando finalmente il definitivo passaggio dall'attuale sistema del «opt-in» al modello più evoluto del «opt-out»;
vanificando parzialmente i benefici di tale passaggio ed in deroga a quanto disposto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il comma 3 dell'articolo 20-bis del decreto-legge in esame differisce di ulteriori sei mesi l'utilizzo per fini promozionali dei dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1o agosto 2005, reiterando la proroga al 31 dicembre 2009 introdotta da una disposizione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, (c.d. «Milleproroghe»);
sono sempre più numerosi i cittadini che quotidianamente lamentano i disturbi arrecati alla loro privacy da innumerevoli call center dai quali ricevono, di solito negli orari meno opportuni, offerte commerciali di prodotti e/o servizi;
non sono isolati i casi in cui l'operatore venditore-telefonico induce con subdole insistenze talune tipologie di consumatori particolarmente vulnerabili (per situazioni di infermità mentale e/o fisica, o per l'età o per semplice ingenuità) a modificare il proprio abituate comportamento di consumo;
le reiterate e non richieste sollecitazioni commerciati per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza sono considerate «condotte aggressive», qualora non osservino quanto previsto dall'articolo 58 del codice del consumo e ribadito dal codice in materia di protezione dei dati personali;
la stessa disposizione di cui sopra stabilisce peraltro il divieto, per chi effettui chiamate a scopo promozionale, di celare o camuffare la propria identità, imponendo anzi l'obbligo di fornire un recapito telefonico esistente presso il quale il cittadino possa esercitare i propri diritti;
la maggior parte dei call center seguita ad effettuare chiamate in modalità anonima, contravvenendo tanto alla succitata come ad altre disposizione del codice in materia di protezione dei dati personali, anche in considerazione dell'entità contenuta delle sanzioni previste dallo stesso;
nell'estate del 2008, il Garante per la protezione dei dati personali, in seguito ad un'indagine condotta con il nucleo speciale funzione pubblica della Guardia di finanza, ha emesso cinque provvedimenti che hanno obbligato i gestori telefonici e le società che operano attraverso i call centers ad interrompere l'uso indebito di tutti i numeri telefonici utilizzati a scopo commerciale, senza aver ricevuto, come previsto dalla normativa sopra richiamata, l'autorizzazione al trattamento da parte degli utenti,

impegna il Governo:

a non vanificare, con proroghe e tempistiche eccessivamente diluite ovvero con sanzioni non congrue, l'introduzione di una regolamentazione sempre più stringente ed incisiva nei confronti del telemarketing commerciale, data la rilevanza e la crescita esponenziale dei fenomeni, senza naturalmente compromettere le aziende che operano correttamente in un settore che offre lavoro a numerosi giovani.
9/2897/45. Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura e in particolare il settore lattiero caseario stanno attraversando uno dei periodi più difficili degli ultimi anni;
l'annosa vicenda delle quote latte non ha premiato la legalità e la trasparenza di coloro che, mettendo anche a rischio la propria attività d'impresa, hanno sempre rispettato le regole sulle quote latte sancite dal decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49,, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119;
al contrario, la norma ha privilegiato solo coloro che da anni producono e commercializzano latte in eccesso al di fuori di ogni regola;
l'articolo 18 del decreto-legge in esame produce un'ulteriore disparità di trattamento a danno degli allevatori che avevano rispettato le regole a favore di una limitata nicchia di produttori che hanno sempre agito al di fuori delle regole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere dai benefici previsti dall'articolo 18 coloro che non abbiano rinunciato espressamente ad ogni azione giudiziaria pendente dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi e ordinari.
9/2897/46. Ruvolo.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame si presenta come disomogeneo in quanto raccoglie una serie di disposizioni che non rientrano nel oggetto del decreto-legge stesso, ovvero alcune disposizioni presenti all'interno del decreto-legge medesimo non sono disposizioni attuative di obblighi comunitari e come tali non dovrebbero essere introdotte attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza;
la questione del telemarketing rappresenta, tuttavia, un passo importante verso un'etica della responsabilità delle imprese e dei consumatori, in quanto consente un corretto bilanciamento tra l'interesse delle imprese a raggiungere nuovi clienti e il diritto dei consumatori a non essere disturbati;
in Italia resta ancora inapplicato il Codice del consumo ed, in particolare, l'articolo 4, titolo I, che prevede che l'educazione dei consumatori e degli utenti sia orientata a favorire la consapevolezza dei loro diritti e interessi, e che le attività destinate all'educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non abbiano finalità promozionali;
sempre secondo l'articolo 4 del Codice del consumo, le attività rivolte ai consumatori devono essere dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi ed a rendere chiaramente percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta; tali attività devono, inoltre, tenere in particolare considerazione le categorie di consumatori maggiormente vulnerabili;
è necessario tutelare il consumatore, informandolo in modo completo ed esaustivo, affinché sia in grado di compiere una scelta autonomamente,

impegna il Governo

ad attuare un'ampia campagna di informazione verso gli utenti, al fine di consentire loro di tutelarsi e di informarli su come trarre vantaggio dallo strumento di telemarketing, in funzione di una propria libera scelta;
a fornire, in particolare, un'informazione mirata a quelle fasce di popolazione estranee alle dinamiche in materia o, per varie ragioni, non in grado di interagire o di accedere autonomamente alle informazioni, ovvero i consumatori vulnerabili di cui al Codice del consumo;
ad intervenire con vigore verso quegli operatori che non rispettino le norme di questa riforma, o che abusino della propria posizione verso gli utenti vulnerabili.
9/2897/47. Gozi.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura e il settore lattiero caseario attraversano uno dei momenti più difficili e delicati degli ultimi anni, dovuto principalmente alle gravissime conseguenze della fase di recessione che ha colpito l'economia mondiale e che si stanno manifestando sulla maggior parte delle imprese agroalimentari;
nello specifico, la crisi congiunturale del lattiero caseario ha portato ad una diminuzione dei consumi del prodotto latte, generando una vera e propria stagnazione dei mercati, con prezzi pagati ai produttori in caduta libera;
inoltre, il decreto legge n. 5 del 2009 convertito, con modificazioni dalla legge n. 33 del 2009, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi al cui interno è confluita la disciplina originariamente contenuta nel decreto legge n. 4 del 5 febbraio 2009, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero caseario, non ha certamente offerto valide soluzioni al malessere di quegli allevatori che hanno portato avanti la propria attività nel rispetto delle regole;
al contrario, esso è sembrato un estremo tentativo di sanare la posizione di quegli allevatori che hanno sempre agito al di fuori delle norme;
l'articolo 18 del decreto-legge in esame inserisce nell'ambito delle disposizioni in materia di prelievo mensile un'agevolazione nel versamento delle multe comunitarie a principale vantaggio, ancora una volta, di una piccola minoranza di allevatori, ossia i così detti «grandi splafonatori» che potranno in tal modo beneficiare di un pagamento ridotto del prelievo mensile;

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere i benefìci dell'articolo 18 in materia di versamento in misura ridotta, a tutti coloro che nel 2007/2008, pur avendo regolarizzato la loro produzione, hanno superato le quote loro assegnate e comunque entro un margine di «splafonamento» del 20 per cento, nonché ad equiparare tutti i produttori per quanto concerne la priorità di compensazione.
9/2897/48. Delfino.

La Camera,
premesso che:
le perdite della rete idrica ammontano al 40 per cento circa delle risorse idriche immesse nella rete di distribuzione;
un ripristino completo della rete idrica avrebbe costi esorbitanti nell'ambito della tariffa che ciascun Ambito territoriale ottimale dovrebbe ridefinire;
già nel passato molte procedure di evidenza pubblica sono andate deserte per la non congruità e convenienza della tariffa rispetto al monte degli investimenti previsti dal piano d'ambito;

impegna il Governo

a stanziare una cifra congrua, nell'arco dei prossimi anni, da destinare agli ambiti territoriali ottimali, al fine di eseguire investimenti finalizzati alla riduzione delle perdite della rete idrica, evitando che l'assenza di tali investimenti determini innalzamenti del costo del servizio a carico degli utenti.
9/2897/49. Narducci.