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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 13 dicembre 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 13 dicembre 2012.

  Albonetti, Alessandri, Antonione, Barbi, Bindi, Bongiorno, Boniver, Borghesi, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Renato Farina, Fava, Gregorio Fontana, Aniello Formisano, Tommaso Foti, Franceschini, Ghizzoni, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Leo, Leone, Lucà, Lupi, Lusetti, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Palagiano, Pecorella, Pisicchio, Rigoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 12 dicembre 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   FABBRI ed altri: «Istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza sul lavoro» (5645);
   PAGANO: «Delega al Governo per l'istituzione dell'Agenzia delle uscite con funzioni di razionalizzazione e revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche» (5646);
   FAENZI: «Attribuzione delle competenze tecnico-amministrative dell'Area sella della soppressa Agenzia per lo sviluppo del settore ippico e della tenuta del libro genealogico dei cavalli delle razze orientale, anglo-arabo e sella italiano alla Federazione italiana sport equestri» (5647);
   OLIVERI: «Determinazione dei limiti massimi del trattamento economico dei titolari di cariche pubbliche elettive e di Governo e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (5648);
   D'AMICO: «Disposizioni per la razionalizzazione dell'organico del personale delle regioni a statuto ordinario» (5649).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BERSANI ed altri: «Modifiche agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale in materia di riciclaggio e impiego dei proventi di reato da parte dei concorrenti nel medesimo» (3145) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Samperi.

  La proposta di legge CARLUCCI ed altri: «Disposizioni riguardanti la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali e assicurativi pubblici, degli enti previdenziali privatizzati e delle società partecipate dallo Stato» (5596) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Santori e Torrisi.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VII Commissione (Cultura):
  PAGANO: «Modifiche alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, concernenti l'istituzione del Fondo per lo sviluppo dell'autonomia scolastica» (5587) Parere delle Commissioni I, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   X Commissione (Attività produttive):
  OSVALDO NAPOLI: «Disposizioni concernenti l'esercizio dell'attività di trasporto funerario e di onoranze funebri» (5601) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

  Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, con lettera in data 13 dicembre 2012, ha inviato – ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 2009, n. 6 – la relazione sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia: i ritardi nell'attuazione degli interventi e i profili di illegalità.

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (doc. XXIII, n. 14).

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 6 dicembre 2012, ha comunicato che la 12a Commissione (Igiene e Sanità) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 273/2004 relativo ai precursori di droghe (COM(2012)548 final) (atto Senato doc. XVIII, n. 177), che è trasmessa alla II Commissione (Giustizia), alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 12 dicembre 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale (COM (2012)722 final), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale, la raccomandazione della Commissione concernente misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale, la raccomandazione della Commissione sulla pianificazione fiscale aggressiva (SWD(2012)404 final), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Rafforzare la cooperazione in materia di applicazione della legge nell'Unione europea: il modello europeo di scambio di informazioni (EIXM) (COM(2012)735 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
   Relazione della Commissione – Quinta relazione annuale relativa all'attuazione del Fondo europeo per la pesca (2011) (COM(2012)747 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

Comunicazione di una nomina ministeriale.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 10 dicembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Francesco Parlato, ai sensi dei commi 4 e 6 del medesimo articolo 19, dell'incarico di direttore ad interim della direzione VIII – Valorizzazione dell'attivo e del patrimonio dello Stato, nell'ambito del dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Tale comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il ministro della difesa, con lettera in data 30 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2012, relativo a contributi ed associazioni combattentistiche (524).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 2 gennaio 2013.

  Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 13 dicembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 23-undecies del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante individuazione delle risorse finanziarie per sottoscrivere strumenti finanziari emessi da Banca Monte dei Paschi di Siena Spa (525).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla V Commissione permanente (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 dicembre 2012.

  Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 13 dicembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante disciplina dell'autorizzazione unica ambientale e semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale (526).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro l'11 febbraio 2013. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione permanente (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 12 gennaio 2013.

  Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 7 dicembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di riordino degli enti vigilati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (527).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 12 gennaio 2013. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione permanente (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 28 dicembre 2012.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 12 dicembre 2012, a pagina 7, prima colonna, alla quinta riga, dopo la parola «concernente» si intendono inserite le parole «l'invito ad approvare» mentre, alla decima riga, le parole «l'invito ad approvare» devono intendersi soppresse.

DISEGNO DI LEGGE: S. 3533 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 18 OTTOBRE 2012, N. 179, RECANTE ULTERIORI MISURE URGENTI PER LA CRESCITA DEL PAESE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 5626)

(A.C. 5626 – Ordini del giorno)

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 62 decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, (c.d. decreto liberalizzazioni) ha profondamente modificato le modalità di cessione dei prodotti agricoli, tra cui rientrano anche le produzioni florovivaistiche, di cui è leader la provincia di Catania a livello internazionale;
    i diversi attori della filiera non sono tutti concordi sulle linee di principio stabiliti dalla norma di cui sopra, in quanto preoccupati per la modalità di applicazione sia dei termini di contrattazione, che di pagamento; elementi imprescindibili nelle trattative commerciali, dove il periodo di pagamento è contemplato nella determinazione del prezzo pattuito tra le parti;
    questa norma voleva dare maggior competitività alle imprese produttrici del settore, invece si è tradotta in misure che riducono il potere contrattuale delle stesse e allontana le prospettive del lavoro in rete, per arrivare a fare sistema (vero traguardo delle contrattazioni, altro che 60 giorni);
    in un mercato sempre più globalizzato, con scambi di merce più facili e con un quadro politico economico in cui le nostre imprese agricole hanno costi di produzione superiori a quelli degli altri paesi CE ed extra comunitari, imporre regole restrittive nelle contrattazioni, significa metterle fuori mercato, con il concreto rischio di orientare gli acquirenti altrove e l'evidente difficoltà di recuperare la fetta di mercato persa;
    in questi anni di crisi economica globale, le nostre imprese hanno lavorato con tanta difficoltà, investendo ulteriori risorse per essere pronti alla ripresa;
    in aggiunta alle difficoltà economiche attuali si sono pure introdotte modifiche alle regole di mercato (più onerose per l'acquisto nel nostro Paese rispetto agli altri concorrenti) ed è indubbio che molti clienti si rivolgeranno altrove, dove possono concordare condizioni e tempi di pagamento più lunghi;
    anche gli istituti bancari non erogano i finanziamenti richiesti, aggravando la già critica situazione di carenza monetaria e, senza credito aggiuntivo, diventa impossibile rispettare i tempi di pagamento fissati empiricamente. Tanto più che dovrebbero essere saldati anche gli importi debitori precedenti, la cui non immediata corresponsione può provocare uno squilibrio nell'esposizione bancaria, come il mancato rientro di fatture scontate in portafoglio di anticipo, riducendo la solvibilità bancaria e l'aumento del relativo rating;
    è assurdo, ma altrettanto realistico, che in una situazione finanziaria inconsistente come quella che stiamo vivendo, per non incorrere in sanzioni, i clienti si trovano a pagare prima i nuovi acquisti, lasciando inevasi i debiti precedenti, venendo così a trasformare un credito a breve, in un credito inesigibile per molto tempo;
    aumentando i costi all'interno della filiera si riducono i margini da distribuire ed essendo i prezzi dettati da regole di mercato libero mondiale e non dal proprio costo di produzione, nella ridistribuzione degli oneri verranno aggravati sull'elemento più debole, come e peggio di prima, il produttore agricolo. Infatti già alla vigilia dell'entrata in vigore dell'articolo 62, abbiamo assistito ad una generale riduzione dei prezzi, anche in maniera consistente. Tutto ciò allontana sicuramente con turbative e sconvolgimenti nel tradizionale libero mercato, le fondamentali linee di sviluppo per uscire dalla crisi nazionale e dell'Ue, anziché incentivare reti di filiera per fare sistema;
    è opportuno riflettere che la nuova normativa, ponendo nel nostro Paese regole meno desiderate rispetto agli altri, contrasta con la libera circolazione dei prodotti, principio basilare del trattato dell'Unione europea;
    le nuove regole non tengono conto dei cicli produttivi agricoli, in modo particolare del settore florovivaistico e della zootecnia, che sono comparti in cui si comprano piantine per l'accrescimento od animali, che dovrebbero essere pagati a 60 giorni, mentre si rivendono a distanza di molti mesi o, addirittura, anni. Con la libera trattativa dei pagamenti concordati in tempi lunghi, molte imprese agricole possono proseguire nella loro attività, che altrimenti diventerebbe difficile;
    la nuova norma, inoltre, non tiene conto dello stato dei pagamenti effettuati dagli enti pubblici, che a seguito del patto di stabilità pagano i loro fornitori a distanza di molti mesi o addirittura anni, pur avendo in cassa la piena disponibilità;
    questo scenario è molto diffuso e sta bloccando molto denaro spettante alle imprese in una situazione che indubbiamente ha contribuito ad alimentare il ritardo dei pagamenti tra privati. Anche gli enti pubblici erano soggetti alle disposizioni del decreto legislativo n. 231 del 2002, con pagamenti a 60 giorni, che è stato disatteso interamente dalle Istituzioni;
    lo stato di fatto è in contrasto con il principio di fondo (fissare i pagamenti a brevissime date certe) su cui si è basato il legislatore nell'emanazione dell'articolo 62, in quanto è lo Stato-Ente pubblico che da parecchi anni non rispetta questo principio. Le imprese si domandano se l'articolo 62 non sia anticostituzionale, sia per la legittimità di imporre le regole di mercato libero più restrittive in presenza di accordi del WTO orientati al mercato globalizzato e soprattutto quando la norma è costantemente e palesemente in contrasto al comportamento assodato negli anni degli Enti pubblici, i quali dovrebbero dare l'esempio;
    il rischio evidente di perdita della competitività sui mercati esteri e la riduzione dei prezzi è un serio problema, che se non corretta immediatamente, molte imprese saranno fuori mercato mettendo a rischio tantissimi posti di lavoro ed una buona fetta dell'economia;
    l'eventuale applicazione, orienterebbe gli acquirenti su altri mercati e sarebbe impossibile recuperarli, sia per gli effetti della globalizzazione (facilità degli scambi commerciali), che per la minor competitività delle nostre imprese, che devono operare a costi di produzione superiore agli altri paesi CE ed extracomunitari;
    l'applicazione della normativa potrebbe essere limitata ai prodotti alimentari deperibili, che hanno una durata non superiore a 60 giorni, la cui permanenza nella filiera ha un percorso di poche settimane. Comunque occorre stabilire un periodo di pagamento più flessibile che sia determinato dalla stessa contrattazione (es. per l'orticolo un periodo massimo di 4 mesi). Comunque l'industria conserviera-agroalimentare sarebbe davanti a difficoltà obiettive, con ripercussioni contrarie allo sviluppo dell'economia;
    a giudizio del sottoscrittore del presente atto e delle principali associazioni di categoria, innanzitutto, dovrebbero essere esclusi a priori, tutte le contrattazioni con l'estero, indipendentemente dal luogo di consegna della merce;
    dall'ambito di applicazione della norma sono state escluse tutte le cessioni del pesce, nei passaggi tra imprenditori ittici. In questo comparto, probabilmente, la norma creava problemi, per cui è stato escluso a priori. In analogia dovranno essere tolti anche gli altri comparti dell'agricoltura dove la nuova norma si traduce in un boomerang per gli stessi produttori, come il florovivaismo, la zootecnia e tutti i prodotti non alimentari freschi;
    oltre a tutto questo, l'articolo 62 entra nel merito delle pratiche commerciali sleali, tra queste vengono sanzionate quelle in cui si applicano prezzi diversi sullo stesso prodotto o la determinazione del valore al di sotto dei costi di produzione. Nel settore florovivaistico, in particolare, si genera una parte di prodotto meno appetito sul mercato e può essere immesso in circolazione a prezzi effettivamente sotto costo. Chiaramente con l'articolo 62 questa pratica diventa rischiosa, perché sanzionabile, ma il vivaista aveva compensato la perdita con il prezzo della merce di prima qualità;
    tale percorso è in atto anche in altri comparti, come l'ortofrutta e la floricoltura,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa, al fine di verificare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a limitarne l'applicazione ai prodotti alimentari deperibili, che hanno una durata non superiore a 60 giorni, la cui permanenza nella filiera ha un percorso di poche settimane, stabilendo altresì un periodo di pagamento più flessibile che sia determinato dalla contrattazione.
9/5626/1Catanoso, Torrisi.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme contenute nell'articolo 33 del provvedimento in esame prevedono: «Al fine di assicurare la realizzazione, in uno o più degli Stati le cui acque territoriali confinano con gli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria, individuati con il decreto del Ministro della difesa di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, di apprestamenti e dispositivi info-operativi e di sicurezza idonei a garantire il supporto e la protezione del personale impiegato anche nelle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed assicurare una maggior tutela della libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale, in attuazione delle disposizioni di cui al citato articolo 5, l'autorizzazione di una spesa di 3,7 milioni di euro per l'anno 2012 e di 2,6 milioni di euro annui fino all'anno 2020»;
    appare necessario introdurre delle sostanziali modifiche nella catena di comando cui è assoggettato il personale militare eventualmente imbarcato a bordo di mercantili per garantirne la sicurezza e le adeguate azioni di contrasto alla pirateria,

impegna il Governo

ad assumere adeguate iniziative, anche normative, al fine di garantire che l'impiego di personale militare a bordo di mercantili, con funzioni di contrasto alla pirateria, deve comunque escluderne la dipendenza gerarchico-funzionale da autorità civili.
9/5626/2Giacomelli, Garofani, Recchia, Mogherini Rebesani, Bosi, Rugghia, Paglia, Gozi, Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 40 dell'articolo 34 del provvedimento in esame introduce l'obbligo – senza indicarne la decorrenza – per tutti i veicoli a due o tre ruote di nuova immatricolazione e aventi cilindrata superiore a 125 centimetri cubi, di avere la possibilità, come dotazione opzionale a disposizione dell'acquirente, dei sistemi di sicurezza e di frenata avanzati (ABS);
    l'omologazione dei veicoli a due e tre ruote è regolata dalla direttiva 2002/24/CEE che prevede espressamente, all'articolo 15, che gli Stati membri non possano vietare l'immissione sul mercato, la vendita, la messa in circolazione e l'uso di veicoli nuovi che siano conformi alla direttiva stessa;
    il 10 dicembre 2012 è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dell'Unione europea il Regolamento relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (COM(2010)542), che stabilisce requisiti più rigorosi in termini di sicurezza tra cui l'installazione dei sistemi antibloccaggio delle ruote (ABS) per i motocicli a due ruote (sottocategoria L3e), indicando che tale installazione, per i veicoli nuovi immessi sul mercato, sarà obbligatoria a partire dal 1o gennaio 2016, mentre per i veicoli esistenti sarà obbligatoria a partire dal 1o gennaio 2017;
    così come formulata, la disposizione di cui al comma 40 dell'articolo 34 appare avere natura fortemente protezionistica, in quanto impedirebbe di fatto l'importazione dall'estero dei veicoli a due o tre ruote di nuova immatricolazione senza i previsti requisiti, ponendosi in palese contrasto con il principio della libera circolazione delle merci sancito dagli articoli 28 e 29 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata, anche alla luce della prossima entrata in vigore del regolamento relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (COM(2010)542), al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad una revisione delle disposizioni di cui al comma 40 dell'articolo 34 del provvedimento in esame al fine di posticiparne l'entrata in vigore al 2016, come previsto dal regolamento medesimo.
9/5626/3Formichella, Gottardo, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 40 dell'articolo 34 del provvedimento in esame introduce l'obbligo – senza indicarne la decorrenza – per tutti i veicoli a due o tre ruote di nuova immatricolazione e aventi cilindrata superiore a 125 centimetri cubi, di avere la possibilità, come dotazione opzionale a disposizione dell'acquirente, dei sistemi di sicurezza e di frenata avanzati (ABS);
    l'omologazione dei veicoli a due e tre ruote è regolata dalla direttiva 2002/24/CEE che prevede espressamente, all'articolo 15, che gli Stati membri non possano vietare l'immissione sul mercato, la vendita, la messa in circolazione e l'uso di veicoli nuovi che siano conformi alla direttiva stessa;
    il 10 dicembre 2012 è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dell'Unione europea il Regolamento relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (COM(2010)542), che stabilisce requisiti più rigorosi in termini di sicurezza tra cui l'installazione dei sistemi antibloccaggio delle ruote (ABS) per i motocicli a due ruote (sottocategoria L3e), indicando che tale installazione, per i veicoli nuovi immessi sul mercato, sarà obbligatoria a partire dal 1o gennaio 2016, mentre per i veicoli esistenti sarà obbligatoria a partire dal 1o gennaio 2017;
    così come formulata, la disposizione di cui al comma 40 dell'articolo 34 appare avere natura fortemente protezionistica, in quanto impedirebbe di fatto l'importazione dall'estero dei veicoli a due o tre ruote di nuova immatricolazione senza i previsti requisiti, ponendosi in palese contrasto con il principio della libera circolazione delle merci sancito dagli articoli 28 e 29 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata, anche alla luce della prossima entrata in vigore del regolamento relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (COM(2010)542), al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad una revisione delle disposizioni di cui al comma 40 dell'articolo 34 del provvedimento in esame al fine di posticiparne l'entrata in vigore al 2016, come previsto dal regolamento medesimo.
9/5626/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Formichella, Gottardo, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34-duodecies del provvedimento in esame proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, proroga comunque non risolutiva per attivare investimenti e innovazioni strutturali;
    su analoghe disposizioni – in particolare il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993, il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata – la Commissione europea aveva avviato il 29 gennaio 2009 la procedura di infrazione n. 2008/4908, successivamente archiviata a seguito dell'abrogazione della citata norma operata con l'articolo 11 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010);
    la Commissione aveva contestato, in particolare, la non conformità del comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993 alla direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno – che vieta, all'articolo 12, il rinnovo automatico delle autorizzazioni nonché eventuali altri vantaggi al prestatore uscente – e all'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro;
    fermi restando i rilievi formulati dalla Commissione, e l'impegno che il Governo deve assicurare per rendere compatibile la nuova proroga, occorre tuttavia tenere conto della peculiare natura delle concessioni d'uso di beni demaniali marittimi e tutelare gli interessi delle imprese del settore, apportando le appropriate modificazioni alla normativa di riferimento dell'Unione europea,

impegna il Governo

ad adoperarsi, in raccordo con altri Stati membri potenzialmente interessati, affinché le concessioni demaniali marittime siano sottratte espressamente all'ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE e riportate al regime previsto dalla proposta di direttiva sulle concessioni, attualmente all'esame del Parlamento europeo e del Consiglio, prevedendo le opportune deroghe in relazione alla durata, proroga e aggiudicazione delle medesime concessioni.
9/5626/4Gottardo, Formichella, Fucci, Gozi, Pini, Favia, Ciccanti, Carlucci, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34-duodecies del provvedimento in esame proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, proroga comunque non risolutiva per attivare investimenti e innovazioni strutturali;
    su analoghe disposizioni – in particolare il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993, il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata – la Commissione europea aveva avviato il 29 gennaio 2009 la procedura di infrazione n. 2008/4908, successivamente archiviata a seguito dell'abrogazione della citata norma operata con l'articolo 11 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010);
    la Commissione aveva contestato, in particolare, la non conformità del comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993 alla direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno – che vieta, all'articolo 12, il rinnovo automatico delle autorizzazioni nonché eventuali altri vantaggi al prestatore uscente – e all'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro;
    fermi restando i rilievi formulati dalla Commissione, e l'impegno che il Governo deve assicurare per rendere compatibile la nuova proroga, occorre tuttavia tenere conto della peculiare natura delle concessioni d'uso di beni demaniali marittimi e tutelare gli interessi delle imprese del settore, apportando le appropriate modificazioni alla normativa di riferimento dell'Unione europea,

impegna il Governo

ad adoperarsi, in raccordo con altri Stati membri potenzialmente interessati, affinché le concessioni demaniali marittime siano riportate al regime previsto dalla proposta di direttiva sulle concessioni, attualmente all'esame del Parlamento europeo e del Consiglio, prevedendo le opportune deroghe in relazione alla durata, proroga e aggiudicazione delle medesime concessioni.
9/5626/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Gottardo, Formichella, Fucci, Gozi, Pini, Favia, Ciccanti, Carlucci, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    nel settore idrico occorre facilitare le operazioni di cooperazione soprattutto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo (PVS) al fine del raggiungimento degli obiettivi del «Millennium goal» (i Governi si sono impegnati a dimezzare entro il 2015 la percentuale di popolazione che non ha accesso all'acqua potabile);
    l'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ha adottato, il 28 luglio 2010, una risoluzione in cui dichiara il diritto all'acqua potabile salubre e pulita come diritto fondamentale per il pieno esercizio del diritto alla vita;
    norme finalizzate alla cooperazione allo sviluppo utilizzando risorse provenienti dalla tariffa applicata al servizio idrico sono state da tempo adottate in altri Paesi membri dell'Unione europea (ad esempio in Francia con la legge n. 95 del 9 febbraio 2005);
    le tariffe idriche vigenti in Italia sono fra le più basse, dal 30 per cento fino al 70 per cento in meno rispetto a quelle applicate da altri Paesi dell'Unione europea;
    alla luce delle recenti forti limitazioni negli stanziamenti per gli interventi di cooperazione una modalità di intervento che veda coinvolti i cittadini su una scala locale regionale può contribuire a dare continuità a molte delle iniziative avviate e ad avviarne di nuove nel settore idrico;
    la mancata risoluzione del problema idrico in molti Paesi, in particolare nel continente africano, è da individuare fra le cause di possibili forti spinte migratorie incontrollate, con tutti gli oneri che ne derivano, in particolare per i Paesi rivieraschi del Mediterraneo come il nostro;
    la rarefazione delle risorse idriche genera un numero crescente di tensioni e di conflitti fra le popolazioni e la non sostenibilità è spesso legata all'uso irragionevole e non corretto delle risorse, in particolare dell'acqua;
    fra vent'anni il 60 per cento della popolazione mondiale rischia di vivere in regioni con forte penuria d'acqua, anche per gli effetti crescentemente negativi causati dal riscaldamento del pianeta, interessanti maggiormente le regioni già colpite da penuria d'acqua e le popolazioni più povere;
    recenti studi dell'Organizzazione mondiale della sanità, hanno evidenziato che ogni dollaro speso per l'acqua e per il trattamento delle acque reflue produce un ritorno in investimenti da 3 a 34 dollari e un incremento di produttività di 8 dollari;
    essendo la cooperazione uno dei temi guida di Expo Milano 2015 («Nutrire il pianeta – energia per la vita») ed il settore idrico in particolare rappresentando un ambito strategico di sviluppo delle relazioni di cooperazione internazionale allo sviluppo, l'occasione non va perduta anche al fine di rafforzare relazioni e collaborazioni tra soggetti istituzionali e no, soprattutto con quegli Stati che partecipano all'esposizione universale di Milano;
    va conseguentemente data importanza a una legislazione avanzata che liberi risorse al fine di garantire una più equa ed efficiente utilizzazione di un bene pubblico e primario quale l'acqua su scala universale;
    occorre pertanto valorizzare la cooperazione nel settore idrico anche tramite il coinvolgimento dei cittadini utenti del servizio, delle istituzioni locali e regionali, delle società del settore pubbliche e private, nonché delle organizzazioni non governative,

impegna il Governo

a concordare con le Regioni, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la possibilità di applicare alla tariffa del servizio idrico una maggiorazione, non eccedente l'1 per cento, da impiegarsi esclusivamente per operazioni di carattere internazionale, allo scopo di consentire la realizzazione di interventi riguardanti il servizio idrico, compresi i servizi di fognatura e depurazione e a garantire che le risorse da ciò derivanti costituiscano un Fondo disciplinato dalle Regioni stesse, al fine di sostenere progetti di cooperazione allo sviluppo in campo idrico, selezionati dalle medesime Regioni di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione ed il Ministro dello sviluppo economico.
9/5626/5Quartiani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel settore idrico occorre facilitare le operazioni di cooperazione soprattutto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo (PVS) al fine del raggiungimento degli obiettivi del «Millennium goal» (i Governi si sono impegnati a dimezzare entro il 2015 la percentuale di popolazione che non ha accesso all'acqua potabile);
    l'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ha adottato, il 28 luglio 2010, una risoluzione in cui dichiara il diritto all'acqua potabile salubre e pulita come diritto fondamentale per il pieno esercizio del diritto alla vita;
    norme finalizzate alla cooperazione allo sviluppo utilizzando risorse provenienti dalla tariffa applicata al servizio idrico sono state da tempo adottate in altri Paesi membri dell'Unione europea (ad esempio in Francia con la legge n. 95 del 9 febbraio 2005);
    le tariffe idriche vigenti in Italia sono fra le più basse, dal 30 per cento fino al 70 per cento in meno rispetto a quelle applicate da altri Paesi dell'Unione europea;
    alla luce delle recenti forti limitazioni negli stanziamenti per gli interventi di cooperazione una modalità di intervento che veda coinvolti i cittadini su una scala locale regionale può contribuire a dare continuità a molte delle iniziative avviate e ad avviarne di nuove nel settore idrico;
    la mancata risoluzione del problema idrico in molti Paesi, in particolare nel continente africano, è da individuare fra le cause di possibili forti spinte migratorie incontrollate, con tutti gli oneri che ne derivano, in particolare per i Paesi rivieraschi del Mediterraneo come il nostro;
    la rarefazione delle risorse idriche genera un numero crescente di tensioni e di conflitti fra le popolazioni e la non sostenibilità è spesso legata all'uso irragionevole e non corretto delle risorse, in particolare dell'acqua;
    fra vent'anni il 60 per cento della popolazione mondiale rischia di vivere in regioni con forte penuria d'acqua, anche per gli effetti crescentemente negativi causati dal riscaldamento del pianeta, interessanti maggiormente le regioni già colpite da penuria d'acqua e le popolazioni più povere;
    recenti studi dell'Organizzazione mondiale della sanità, hanno evidenziato che ogni dollaro speso per l'acqua e per il trattamento delle acque reflue produce un ritorno in investimenti da 3 a 34 dollari e un incremento di produttività di 8 dollari;
    essendo la cooperazione uno dei temi guida di Expo Milano 2015 («Nutrire il pianeta – energia per la vita») ed il settore idrico in particolare rappresentando un ambito strategico di sviluppo delle relazioni di cooperazione internazionale allo sviluppo, l'occasione non va perduta anche al fine di rafforzare relazioni e collaborazioni tra soggetti istituzionali e no, soprattutto con quegli Stati che partecipano all'esposizione universale di Milano;
    va conseguentemente data importanza a una legislazione avanzata che liberi risorse al fine di garantire una più equa ed efficiente utilizzazione di un bene pubblico e primario quale l'acqua su scala universale;
    occorre pertanto valorizzare la cooperazione nel settore idrico anche tramite il coinvolgimento dei cittadini utenti del servizio, delle istituzioni locali e regionali, delle società del settore pubbliche e private, nonché delle organizzazioni non governative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concordare con le Regioni, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la possibilità di applicare alla tariffa del servizio idrico una maggiorazione, non eccedente l'1 per cento, da impiegarsi esclusivamente per operazioni di carattere internazionale, allo scopo di consentire la realizzazione di interventi riguardanti il servizio idrico, compresi i servizi di fognatura e depurazione e a garantire che le risorse da ciò derivanti costituiscano un Fondo disciplinato dalle Regioni stesse, al fine di sostenere progetti di cooperazione allo sviluppo in campo idrico, selezionati dalle medesime Regioni di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione ed il Ministro dello sviluppo economico.
9/5626/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Quartiani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34-quinquies del provvedimento in esame istituisce un piano strategico almeno quinquennale per lo sviluppo del turismo da adottare in prima battuta, a cura del Governo, entro il 31 dicembre 2012;
    proprio la mancanza di una strategia nazionale sul turismo spiega perché l'Italia, pur con il suo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico, abbia perso posizioni nella classifica delle nazioni con maggiore capacità di attrazione dei turisti. Infatti nel 2011 l'Italia è risultata solo ventisettesima nella classifica annuale sulla competitività nel settore viaggio e turismo stilata dal World Economic Forum;
   tutto ciò rappresenta un danno grave per l'Italia, che proprio nel turismo dovrebbe vedere il proprio «petrolio»,

impegna il Governo

   a sancire, nel piano strategico per lo sviluppo del turismo, le precondizioni per lo sviluppo del turismo nel nostro Paese, che sono:
    a) la manutenzione, la cura e la conservazione del patrimonio ambientale-paesaggistico la cui integrità è il presupposto per la valorizzazione del nostro Paese;
    b) la tutela della risorsa mare;
    c) la riqualificazione e la valorizzazione delle coste;

  a operare, sulla base delle precondizioni sopra elencate, per il superamento di emergenze ambientali che ad oggi sono causa di penalizzazione per lo sviluppo turistico quali l'inquinamento del mare, causato soprattutto al Sud dal mancato funzionamento dei depuratori, il degrado delle coste e il dissesto del territorio;

  a promuovere la costituzione di distretti turistici nelle aree con maggiore concentrazione di bellezze ambientali, paesaggistiche e culturali, in modo tale da realizzare dei progetti pilota che sarebbero utili soprattutto nel Mezzogiorno;

  a valorizzare e riqualificare la proposta scolastica per la formazione delle figure professionali di qualità nel settore turistico e a istituire scuole di formazione per le figure professionali necessarie a supportare la filiera del made in Italy.
9/5626/6Cosenza.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione di cui all'articolo 8, comma 9-quater, relativo all'obbligo di pneumatici invernali, comporta maggiori oneri economici per le famiglie italiane e consistenti danni al comparto economico delle imprese produttrici delle catene da neve;
    la Camera si è trovata nell'impossibilità a modificare il testo in Commissione e in Aula a causa dell'imminente scadenza del decreto in oggetto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad eliminare l'obbligatorietà di tale disposizione ovvero a rendere possibile per i consumatori di optare tra i pneumatici invernali e le catene da neve a bordo.
9/5626/7Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione di cui all'articolo 8, comma 9-quater, relativo all'obbligo di pneumatici invernali, comporta maggiori oneri economici per le famiglie italiane e consistenti danni al comparto economico delle imprese produttrici delle catene da neve;
    la Camera si è trovata nell'impossibilità a modificare il testo in Commissione e in Aula a causa dell'imminente scadenza del decreto in oggetto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad eliminare le possibili incertezze determinanti l'attuazione di tale disposizione.
9/5626/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati di traffico 2011 pubblicati dall'Enac i passeggeri transitati lo scorso anno nel nostro Paese sono stati complessivamente 47.946.210;
    la classifica vede nelle prime 5 posizioni:
     1. Alitalia Gruppo Cai (Compagnia aerea italiana) con 25.896.582 passeggeri trasportati;
     2. Ryanair con 22.114.392;
     3. EasyJet con 10.526.297;
     4. Deutsche Lufthansa con 6.447.057;
     5. Meridiana con 4.323.926;
    tali dati costituiscono la conferma di un'analisi ormai consolidata: il cliente oggi è cliente del vettore low cost più che della destinazione. Si sceglie una data destinazione perché esiste un biglietto vantaggioso e non più, come in passato, quando si decideva una destinazione e si cercava il biglietto per raggiungerla;
    tutto ciò rappresenta una straordinaria realtà per lo sviluppo del turismo italiano, ma anche una assoluta necessità per l'Italia di potenziare i voli low cost per crescere nell’incoming dall'estero;
    il fenomeno low cost produce e sta producendo, infatti, profonde trasformazioni nel business model del settore. Si tratta di un nuovo approccio che mira a raggiungere il cliente finale attraverso il buon uso del web marketing e del trading on line;
    i dati ENAC evidenziano che in Italia l'incidenza del low cost sul volume totale dei voli rappresenta ormai quasi il 50 per cento del traffico aereo nazionale;
    il trasporto aereo low cost si è diffuso in maniera consistente grazie alla liberalizzazione del trasporto aereo europeo, che ha avuto inizio negli anni Ottanta;
    secondo le previsioni della Association of European Airlines, nel 2020 i vettori a basso costo arriveranno a detenere nel «vecchio continente» una quota che dovrebbe attestarsi attorno al 45 per cento dell'intero mercato aereo; questi margini di crescita enormi sarebbero garantiti dalle nuove politiche delle compagnie a low cost che mirano a conquistare ulteriori fette di domanda;
    il loro nuovo obiettivo, infatti, è quello di puntare sui viaggiatori d'affari, mettendo sul mercato un prodotto che riesca a soddisfare le esigenze dei viaggiatori business, incrementando la convenienza tariffaria, ma soprattutto aumentando le frequenze giornaliere dei voli;
    oltre a questo, le compagnie hanno il progetto di aumentare la facilità di reperimento dei biglietti aerei: si aggiunga alla ormai diffusa possibilità di prenotazione on line, l'acquisizione attraverso call center, Gds o agenzie di viaggio;
    la fortuna e la crescita del low cost (che oggi rappresenta il 30 per cento del traffico intraeuropeo) non costituisce ex ante un'interferenza con altre forme di trasporto aereo;
    il traffico aereo di tipo Hub & Spoke non risente sostanzialmente dello sviluppo del low cost, mentre la charteristica si concentrerà sui voli di lungo raggio di tipo turistico;
    l'introduzione di provvedimenti che puntano a limitare l'offerta delle compagnie low cost rischiano di costituire un danno incalcolabile per il sistema Paese che vedrebbe minacciato oltre il 50 per cento del numero dei passeggeri trasportati in Italia con le conseguenti ricadute;
    considerata l'esigenza di valorizzare il trasporto aereo low cost e quello tradizionale, si rende necessario proporre un riallineamento della fiscalità e dell'accesso al trasporto aereo nazionale non verso i parametri più alti ma verso quelli meno onerosi, mettendo anche le compagnie tradizionali in grado di competere anche su quel versante,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti che salvaguardino la realtà economica ed occupazionale generata dall'attività delle compagnie low cost nel nostro Paese, con particolare riferimento a quegli aeroporti nei quali sono stabilite le basi operative e nei quali il traffico di dette compagnie è attualmente attivo;
   a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di individuare a livello europeo le migliori condizioni fiscali per le compagnie aeree e adottarle nel nostro Paese proprio con l'obiettivo di favorire lo sviluppo del traffico aereo e garantire condizioni di sviluppo e occupazione su tutto il territorio nazionale.
9/5626/8Pili, Gregorio Fontana, Vella, Iannarilli, Gelmini, Tommaso Foti, Consiglio, Sanga, Misiani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono state inserite misure volte a valutare la sostenibilità sul piano economico-finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente. La norma, che riprende sostanzialmente il testo del decreto-legge n. 187 del 2012, introduce un meccanismo di verifica della fattibilità tecnico-progettuale e della sostenibilità finanziaria dell'opera. In assenza delle necessarie condizioni sarà possibile sciogliere i rapporti di concessione, le convenzioni e tutti gli atti contrattuali legati alla realizzazione dell'opera;
    il ponte sullo Stretto di Messina è un progetto che ha visto crescere sensibilmente la stima del costo complessivo fino a raggiungere la somma di 8,5 miliardi, mentre i tempi per la sua realizzazione sembrano dilatarsi sempre di più, essendo passati quasi dieci anni dalla presentazione del progetto preliminare, mentre la procedura di VIA è ancora in atto;
    la legge di stabilità per il 2013 ha assegnato una dotazione finanziaria aggiuntiva di 250 milioni di euro al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) destinati all'attuazione delle misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina Spa. In particolare la relazione illustrativa della legge di stabilità precisa che si tratta delle penalità contrattuali per la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
    la legge finanziaria del 2007 si era fatta interprete dell'esigenza di sbloccare le risorse finanziarie destinate al ponte per l'adeguamento del sistema infrastrutturale di Sicilia e Calabria e aveva stabilito che le risorse relative agli impegni assunti da Fintecna S.p.A. nei confronti di Stretto di Messina S.p.A., pari a 1,36 miliardi di euro, fossero destinate a interventi di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e Calabria e soprattutto ad interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e Calabria;
    desta perplessità, proprio alla luce della crisi economica congiunturale, l'incertezza determinata dal sostanziale rinvio di circa due anni di ogni decisione relativa al ponte e, di conseguenza, alla scelte di politica infrastrutturale riguardanti una parte importante del Mezzogiorno, tenuto conto che una parte sostanziale delle risorse finanziarie destinate al collegamento stabile tra Sicilia e continente era già stata riallocata, con il decreto-legge n. 93 del 2008, per compensare l'abolizione dell'ICI, trasformando fondi in conto capitale, destinati agli investimenti, in risorse di parte corrente;
    la tenuta socio-economica del Paese è strettamente legata ad una ripresa durevole dell'economia nazionale; tale imperativo diventa tanto più urgente nel Mezzogiorno per il quale è urgente programmare un'azione di rilancio che metta insieme la strategia e le risorse per metterla in atto; in particolare sui servizi essenziali e sulle infrastrutture il gap ancora presente tra le due aree richiede una maggiore intensità al Sud degli interventi ordinari, come ha più volte sottolineato la Banca d'Italia, mentre si continua a fare sistematicamente il contrario,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché in tempi brevi le residue risorse – fatte salve quelle destinate agli indennizzi già previsti – siano destinate alle opere infrastrutturali effettivamente prioritarie in Sicilia, in Calabria e nel Mezzogiorno, con particolare riferimento all'adeguamento dell'asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria e verso la Sicilia, all'ammodernamento e alla messa in sicurezza dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, alla velocizzazione dell'asse ferroviario Catania-Palermo e al completamento della strada SS 106 Ionica.
9/5626/9Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono state inserite misure volte a valutare la sostenibilità sul piano economico-finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente. La norma, che riprende sostanzialmente il testo del decreto-legge n. 187 del 2012, introduce un meccanismo di verifica della fattibilità tecnico-progettuale e della sostenibilità finanziaria dell'opera. In assenza delle necessarie condizioni sarà possibile sciogliere i rapporti di concessione, le convenzioni e tutti gli atti contrattuali legati alla realizzazione dell'opera;
    il ponte sullo Stretto di Messina è un progetto che ha visto crescere sensibilmente la stima del costo complessivo fino a raggiungere la somma di 8,5 miliardi, mentre i tempi per la sua realizzazione sembrano dilatarsi sempre di più, essendo passati quasi dieci anni dalla presentazione del progetto preliminare, mentre la procedura di VIA è ancora in atto;
    la legge di stabilità per il 2013 ha assegnato una dotazione finanziaria aggiuntiva di 250 milioni di euro al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) destinati all'attuazione delle misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina Spa. In particolare la relazione illustrativa della legge di stabilità precisa che si tratta delle penalità contrattuali per la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
    la legge finanziaria del 2007 si era fatta interprete dell'esigenza di sbloccare le risorse finanziarie destinate al ponte per l'adeguamento del sistema infrastrutturale di Sicilia e Calabria e aveva stabilito che le risorse relative agli impegni assunti da Fintecna S.p.A. nei confronti di Stretto di Messina S.p.A., pari a 1,36 miliardi di euro, fossero destinate a interventi di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e Calabria e soprattutto ad interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e Calabria;
    desta perplessità, proprio alla luce della crisi economica congiunturale, l'incertezza determinata dal sostanziale rinvio di circa due anni di ogni decisione relativa al ponte e, di conseguenza, alla scelte di politica infrastrutturale riguardanti una parte importante del Mezzogiorno, tenuto conto che una parte sostanziale delle risorse finanziarie destinate al collegamento stabile tra Sicilia e continente era già stata riallocata, con il decreto-legge n. 93 del 2008, per compensare l'abolizione dell'ICI, trasformando fondi in conto capitale, destinati agli investimenti, in risorse di parte corrente;
    la tenuta socio-economica del Paese è strettamente legata ad una ripresa durevole dell'economia nazionale; tale imperativo diventa tanto più urgente nel Mezzogiorno per il quale è urgente programmare un'azione di rilancio che metta insieme la strategia e le risorse per metterla in atto; in particolare sui servizi essenziali e sulle infrastrutture il gap ancora presente tra le due aree richiede una maggiore intensità al Sud degli interventi ordinari, come ha più volte sottolineato la Banca d'Italia, mentre si continua a fare sistematicamente il contrario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che le residue risorse – fatte salve quelle destinate agli indennizzi già previsti – siano destinate alle opere infrastrutturali effettivamente prioritarie in Sicilia, in Calabria e nel Mezzogiorno, con particolare riferimento all'adeguamento dell'asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria e verso la Sicilia, all'ammodernamento e alla messa in sicurezza dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, alla velocizzazione dell'asse ferroviario Catania-Palermo e al completamento della strada SS 106 Ionica.
9/5626/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 4 luglio in VIII Commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera è stata approvata la risoluzione 7-00866 che impegna il Governo a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, dando anche stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico ed estendendolo anche al consolidamento antisismico degli edifici;
    la validità della sopraccitata misura viene prorogata, solo per la parte relativa all'efficienza energetica, dal disegno di legge di conversione del decreto n. 83 del 2012 al 30 giugno del 2013;
    l'Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, sia per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio, sia per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, anche in zone, come ad esempio nel recente terremoto che ha colpito l'Emilia-Romagna e aree della Lombardia e del Veneto, ritenute un tempo meno a rischio; i terremoti che hanno interessato il nostro territorio hanno causato ingenti costi in termini di perdite di vite umane e danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro (fonte: Dipartimento della protezione civile), impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento;
    il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici ha fino ad oggi certamente riscosso un grande successo. Secondo un'indagine del Cresme-Enea il volume complessivo di interventi al dicembre del 2011 è stato pari a 1.400.000 interventi, 17 miliardi di euro complessivi di investimento, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Ha inoltre attivato ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è così favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità, oltreché un effetto complessivo positivo sul bilancio del nostro Paese anche in termini strettamente contabili;
    il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei risultati più significativi della green economy nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie, tenuto conto della vetustà e dell'arretratezza in termini di prestazioni energetiche di larga parte del nostro patrimonio edilizio;
    tale detrazione fiscale è una delle misure anticicliche tra le più importanti tra quelle attivate negli ultimi anni, con effetti significativi sull'occupazione e sul settore dell'edilizia di qualità, di estrema importanza per la ripresa economica del nostro Paese;
    nell'ultimo documento di economia e finanza 2012, in sede di indicazione delle priorità di azione per una economia eco-efficiente e per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia, è stata individuata la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza (allegato VI – «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi») si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di [riduzione delle emissioni di gas serra] per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare iniziative normative volte a dare stabilità al credito di imposta del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, oltre al limite del 30 giugno 2013, estendendolo anche agli interventi di prevenzione antisismica nel patrimonio edilizio esistente e permettendone l'accesso anche alle imprese e stabilizzandolo.
9/5626/10Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'ordinanza del Consiglio di Stato dello scorso 13 novembre 2012, che ha respinto l'istanza cautelare di sospensiva della sentenza n. 6365/2012 del TAR del Lazio, con la quale era stato respinto il ricorso dell'Autorità Portuale di Napoli, a motivo dell'inclusione delle Autorità portuali nell'elenco ISTAT redatto ai sensi dell'articolo 1, comma 3, legge n. 196 del 2009, di fatto si è ritenuto applicabile anche al personale dipendente delle Autorità Portuali quanto previsto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, ovvero il «blocco» delle retribuzioni per gli anni 2011, 2012 e 2013 al pari dei dipendenti pubblici non considerando che i dipendenti di quegli enti sono legati all'ente medesimo da un contratto di diritto privato «come nell'impresa»;
    alla luce di ciò le organizzazioni sindacali sottoscrittrici del CCNL dei lavoratori dei porti – FILT CGIL, FIT CISL e UILTrasporti – hanno dichiarato lo stato di agitazione e proclamato una giornata di sciopero per il giorno 5 dicembre scorso; contestualmente le organizzazioni sindacali hanno anche chiesto al Ministro ed al Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, un incontro;
    in risposta a quest'ultima richiesta il 30 novembre 2012 gli uffici del Gabinetto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti hanno convocato una riunione per il 4 dicembre al fine di esaminare le problematiche evidenziate dalle organizzazioni sindacali;
    nel corso della riunione, durante la quale peraltro non è intervenuto nessun rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, le organizzazioni sindacali, hanno espresso ampie riserve riguardo alla scelta di un incontro tecnico su argomento che richiede scelte politiche. Timori condivisi anche da Assoporti che paventa, in mancanza di soluzioni politiche, il rischio di precipitare in qualche territorio al livello di problema sociale (e di ordine pubblico),

impegna il Governo

ad assumere iniziative anche normative per tutelare i lavoratori della Autorità Portuali che, in caso contrario, vedrebbero lesi i loro diritti con il rischio del naufragio del modello contrattuale vigente, aprendo un vulnus nel ruolo e nell'autonomia delle Autorità Portuali, e comportando la «rottura» del clima di pace sociale, durato oltre dodici anni, di cui ha beneficiato il settore portuale fin dal primo CCNL unico, applicato tanto ai dipendenti delle Autorità Portuali quanto a quelli delle imprese e terminalisti portuali.
9/5626/11Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'ordinanza del Consiglio di Stato dello scorso 13 novembre 2012, che ha respinto l'istanza cautelare di sospensiva della sentenza n. 6365/2012 del TAR del Lazio, con la quale era stato respinto il ricorso dell'Autorità Portuale di Napoli, a motivo dell'inclusione delle Autorità portuali nell'elenco ISTAT redatto ai sensi dell'articolo 1, comma 3, legge n. 196 del 2009, di fatto si è ritenuto applicabile anche al personale dipendente delle Autorità Portuali quanto previsto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, ovvero il «blocco» delle retribuzioni per gli anni 2011, 2012 e 2013 al pari dei dipendenti pubblici non considerando che i dipendenti di quegli enti sono legati all'ente medesimo da un contratto di diritto privato «come nell'impresa»;
    alla luce di ciò le organizzazioni sindacali sottoscrittrici del CCNL dei lavoratori dei porti – FILT CGIL, FIT CISL e UILTrasporti – hanno dichiarato lo stato di agitazione e proclamato una giornata di sciopero per il giorno 5 dicembre scorso; contestualmente le organizzazioni sindacali hanno anche chiesto al Ministro ed al Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, un incontro;
    in risposta a quest'ultima richiesta il 30 novembre 2012 gli uffici del Gabinetto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti hanno convocato una riunione per il 4 dicembre al fine di esaminare le problematiche evidenziate dalle organizzazioni sindacali;
    nel corso della riunione, durante la quale peraltro non è intervenuto nessun rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, le organizzazioni sindacali, hanno espresso ampie riserve riguardo alla scelta di un incontro tecnico su argomento che richiede scelte politiche. Timori condivisi anche da Assoporti che paventa, in mancanza di soluzioni politiche, il rischio di precipitare in qualche territorio al livello di problema sociale (e di ordine pubblico),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative anche normative per tutelare i lavoratori delle Autorità Portuali.
9/5626/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge in discussione, introduce al comma 9-quater una nuova fattispecie tra i possibili oggetti delle ordinanze che gli enti proprietari delle strade possono adottare ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del codice della strada. Si prevede infatti che l'ente proprietario delle strade possa prescrivere al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali, qualora non sia possibile garantire adeguate condizioni di sicurezza per la circolazione stradale e per l'incolumità delle persone mediante il ricorso a soluzioni alternative;
    tale disposizione prevedendo la possibilità che sia imposto ai cittadini l'uso di un determinato dispositivo, anziché la possibilità di scegliere tra soluzioni diverse quali le catene da neve o altri dispositivi pure reperibili sul mercato o già nella disponibilità dei medesimi, risulta essere inopportuna e iniqua perché comporta un aggravio di spesa ingiustificato per milioni di automobilisti, in un periodo di grave crisi economica e di generale incremento di prezzi e tariffe legati alla circolazione stradale e all'uso degli autoveicoli, si pensi alle tariffe autostradali, alle polizze assicurative e al costo dei carburanti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative affinché sia garantita ad automobilisti e consumatori la possibilità di scegliere, in presenza di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità, tra i pneumatici invernali, le catene da neve e gli altri dispositivi omologati, secondo le proprie convenienze ed esigenze di utilizzazione del veicolo nel periodo invernale, in base a parametri di proporzionalità e ragionevolezza.
9/5626/12Meta, Lovelli, Mereu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge in discussione, introduce al comma 9-quater una nuova fattispecie tra i possibili oggetti delle ordinanze che gli enti proprietari delle strade possono adottare ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del codice della strada. Si prevede infatti che l'ente proprietario delle strade possa prescrivere al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali, qualora non sia possibile garantire adeguate condizioni di sicurezza per la circolazione stradale e per l'incolumità delle persone mediante il ricorso a soluzioni alternative;
    tale disposizione prevedendo la possibilità che sia imposto ai cittadini l'uso di un determinato dispositivo, anziché la possibilità di scegliere tra soluzioni diverse quali le catene da neve o altri dispositivi pure reperibili sul mercato o già nella disponibilità dei medesimi, risulta essere inopportuna e iniqua perché comporta un aggravio di spesa ingiustificato per milioni di automobilisti, in un periodo di grave crisi economica e di generale incremento di prezzi e tariffe legati alla circolazione stradale e all'uso degli autoveicoli, si pensi alle tariffe autostradali, alle polizze assicurative e al costo dei carburanti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative affinché sia garantita ad automobilisti e consumatori la possibilità di scegliere, in presenza di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità, tra i pneumatici invernali, le catene da neve e gli altri dispositivi omologati.
9/5626/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Meta, Lovelli, Mereu.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia l'illuminazione pubblica – con 6,1 TWh/anno – rappresenta il 2,6 per cento del totale dei consumi annuali di energia elettrica del Paese (309,8 TWh) e una delle maggiori voci della spesa energetica dei comuni italiani;
    la riqualificazione energetica degli impianti d'illuminazione stradale dei comuni, determina risparmi significativi e contribuisce al riequilibrio finanziario dei conti pubblici; genera inoltre vantaggi rilevanti per l'intero sistema-paese: riducendo il consumo nazionale di energia elettrica – con effetti sulla bilancia commerciale – ha ricadute positive sulla percentuale di CO2 emessa in atmosfera;
    il risparmio di risorse energetiche per gli enti locali non deve essere realizzato mediante interventi di spegnimento o affievolimento della luce nelle ore notturne, che potrebbero pregiudicare la sicurezza delle persone e la circolazione stradale, ma con la sostituzione degli impianti e dei dispositivi di illuminazione, in modo da conseguire – con l'implementazione delle tecnologie più avanzate – effettivi e strutturali risparmi di energia; agli investimenti necessari – e agli oneri finanziari conseguenti – si può fare fronte mediante efficienti meccanismi di ingegneria finanziaria, il supporto di Società di Servizi Energetici (ESCO) e l'attivazione della finanza di progetto, ripagando l'investimento effettuato e remunerando il capitale investito in proporzione e in base al risparmio derivante dal progetto, senza oneri per gli enti locali e per il bilancio dello Stato;
    la sostituzione tecnologica e l'efficientamento energetico dell'illuminazione pubblica in tutti comuni italiani apre spazi anche ad una maggiore qualità dell'illuminazione e all'applicazione di smart services complementari, in particolare nei quartieri più a rischio e nelle periferie disagiate, in modo da agevolare e rendere più sicuri i pubblici servizi e la circolazione stradale e rafforzare le politiche di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza;
    è essenziale sviluppare e rafforzare tutte le iniziative che favoriscano l'incremento dell'efficienza degli usi finali dell'energia con «cambiamenti tecnologici, comportamentali o economici», e con la sperimentazione, l'applicazione e la verifica di progetti integrati e la diffusione delle migliori pratiche, in modo da prospettare modelli tecnologici, economici e contrattuali di riferimento, validati e replicabili sull'intero territorio nazionale;
    è essenziale altresì garantire, alle amministrazioni pubbliche e agli enti locali, un adeguato supporto tecnico-scientifico nella realizzazione di tali iniziative, da parte di soggetti competenti di consolidata competenza ed esperienza nell'ambito delle nuove tecnologie, nell'energia e nello sviluppo economico sostenibile, così come indicato dalla legge 23 luglio 2009, n. 99;
    il settore dell'illuminazione pubblica non è solo un settore dotato di un alto potenziale di risparmio energetico ma è anche una potente leva economico-finanziaria: grazie alla presenza sul mercato italiano sia di tecnologie innovative ad alta efficienza energetica sia delle relative competenze tecnico-scientifiche per applicarle, consente di attivare misure immediate che contribuiscono alla crescita del Paese, allo sviluppo della dotazione di infrastrutture tecnologiche, al sostegno all'apparato produttivo e al miglioramento della rete e dell'efficienza dei servizi pubblici locali;
    occorre promuovere l'efficienza energetica nel settore dell'illuminazione pubblica integrando l'attività di ricerca e quella di trasferimento tecnologico, in modo da individuare soluzioni appropriate alle problematiche applicative con un adeguato coordinamento delle competenze tecnico/scientifiche e con l'individuazione e l'attivazione delle migliori tecnologie esistenti nel settore, a diretto beneficio delle amministrazioni comunali e dei loro cittadini, senza alcun onere aggiuntivo per gli enti locali,

impegna il Governo

   a ridurre e razionalizzare i consumi di energia elettrica, mediante la riqualificazione energetica degli impianti e dei servizi di illuminazione pubblica e la diffusione degli smart services complementari, sostenendo, sviluppando e dando impulso alle iniziative per la progettazione e l'applicazione di sistemi integrati ad alta efficienza e di schemi operativi in grado di rendere economica, agevole e rapida l'adozione di politiche di risparmio energetico nel settore dell'illuminazione pubblica;
   a istituire, nell'ambito dell'Agenzia di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, l'Osservatorio nazionale sulla illuminazione pubblica per il supporto tecnico-scientifico alla pubblica amministrazione e agli enti locali, per l'individuazione e l'applicazione delle soluzioni tecniche, procedurali e finanziarie più efficienti, la diffusione delle migliori pratiche e il monitoraggio costante dell'innovazione tecnologica e delle applicazioni realizzate.
9/5626/13Margiotta, Mariani, Realacci, Morassut, Rubinato, Benamati.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia l'illuminazione pubblica – con 6,1 TWh/anno – rappresenta il 2,6 per cento del totale dei consumi annuali di energia elettrica del Paese (309,8 TWh) e una delle maggiori voci della spesa energetica dei comuni italiani;
    la riqualificazione energetica degli impianti d'illuminazione stradale dei comuni, determina risparmi significativi e contribuisce al riequilibrio finanziario dei conti pubblici; genera inoltre vantaggi rilevanti per l'intero sistema-paese: riducendo il consumo nazionale di energia elettrica – con effetti sulla bilancia commerciale – ha ricadute positive sulla percentuale di CO2 emessa in atmosfera;
    il risparmio di risorse energetiche per gli enti locali non deve essere realizzato mediante interventi di spegnimento o affievolimento della luce nelle ore notturne, che potrebbero pregiudicare la sicurezza delle persone e la circolazione stradale, ma con la sostituzione degli impianti e dei dispositivi di illuminazione, in modo da conseguire – con l'implementazione delle tecnologie più avanzate – effettivi e strutturali risparmi di energia; agli investimenti necessari – e agli oneri finanziari conseguenti – si può fare fronte mediante efficienti meccanismi di ingegneria finanziaria, il supporto di Società di Servizi Energetici (ESCO) e l'attivazione della finanza di progetto, ripagando l'investimento effettuato e remunerando il capitale investito in proporzione e in base al risparmio derivante dal progetto, senza oneri per gli enti locali e per il bilancio dello Stato;
    la sostituzione tecnologica e l'efficientamento energetico dell'illuminazione pubblica in tutti comuni italiani apre spazi anche ad una maggiore qualità dell'illuminazione e all'applicazione di smart services complementari, in particolare nei quartieri più a rischio e nelle periferie disagiate, in modo da agevolare e rendere più sicuri i pubblici servizi e la circolazione stradale e rafforzare le politiche di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza;
    è essenziale sviluppare e rafforzare tutte le iniziative che favoriscano l'incremento dell'efficienza degli usi finali dell'energia con «cambiamenti tecnologici, comportamentali o economici», e con la sperimentazione, l'applicazione e la verifica di progetti integrati e la diffusione delle migliori pratiche, in modo da prospettare modelli tecnologici, economici e contrattuali di riferimento, validati e replicabili sull'intero territorio nazionale;
    è essenziale altresì garantire, alle amministrazioni pubbliche e agli enti locali, un adeguato supporto tecnico-scientifico nella realizzazione di tali iniziative, da parte di soggetti competenti di consolidata competenza ed esperienza nell'ambito delle nuove tecnologie, nell'energia e nello sviluppo economico sostenibile, così come indicato dalla legge 23 luglio 2009, n. 99;
    il settore dell'illuminazione pubblica non è solo un settore dotato di un alto potenziale di risparmio energetico ma è anche una potente leva economico-finanziaria: grazie alla presenza sul mercato italiano sia di tecnologie innovative ad alta efficienza energetica sia delle relative competenze tecnico-scientifiche per applicarle, consente di attivare misure immediate che contribuiscono alla crescita del Paese, allo sviluppo della dotazione di infrastrutture tecnologiche, al sostegno all'apparato produttivo e al miglioramento della rete e dell'efficienza dei servizi pubblici locali;
    occorre promuovere l'efficienza energetica nel settore dell'illuminazione pubblica integrando l'attività di ricerca e quella di trasferimento tecnologico, in modo da individuare soluzioni appropriate alle problematiche applicative con un adeguato coordinamento delle competenze tecnico/scientifiche e con l'individuazione e l'attivazione delle migliori tecnologie esistenti nel settore, a diretto beneficio delle amministrazioni comunali e dei loro cittadini, senza alcun onere aggiuntivo per gli enti locali,

impegna il Governo

   a ridurre e razionalizzare i consumi di energia elettrica, mediante la riqualificazione energetica degli impianti e dei servizi di illuminazione pubblica e la diffusione degli smart services complementari, sostenendo, sviluppando e dando impulso alle iniziative per la progettazione e l'applicazione di sistemi integrati ad alta efficienza e di schemi operativi in grado di rendere economica, agevole e rapida l'adozione di politiche di risparmio energetico nel settore dell'illuminazione pubblica;
   a valutare l'opportunità di istituire, nell'ambito dell'Agenzia di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, l'Osservatorio nazionale sulla illuminazione pubblica per il supporto tecnico-scientifico alla pubblica amministrazione e agli enti locali, per l'individuazione e l'applicazione delle soluzioni tecniche, procedurali e finanziarie più efficienti, la diffusione delle migliori pratiche e il monitoraggio costante dell'innovazione tecnologica e delle applicazioni realizzate.
9/5626/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Margiotta, Mariani, Realacci, Morassut, Rubinato, Benamati.


   La Camera,
   premesso che:
    è ormai divenuta prassi comune, per alcune società direttamente partecipate dallo Stato, l'uso di provvedere ai propri bisogni finanziari, comprendenti il ripianamento in toto od in parte delle perdite di bilancio attraverso l'aumento di componenti delle bollette energetiche che gravano sui cittadini;
    in particolare si pone a titolo esemplificativo il caso, non unico, della delibera dell'Autorità per l'energia ed il gas n. 268: «con la comunicazione del 7 giugno 2012, la Sogin (società del Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi) ha trasmesso all'Autorità un aggiornamento del piano finanziario per il 2012, ai sensi di una delibera dell'autorità, evidenziando l'esigenza di ulteriori erogazioni a proprio favore» cui non segue nessuna ulteriore analisi, critica e commento, nemmeno un semplice ammonimento a spendere meno, visti i tempi e l'Autorità sancisce al primo articolo della delibera: «articolo 1. Disposizioni alla cassa conguaglio. La cassa provvede all'erogazione alla Sogin di 20 milioni di euro entro il 15 luglio, 20 milioni di euro entro il 31 luglio, e di 20 milioni di euro entro il 15 settembre»;
    la prassi seguita verte quindi sul principio, decisamente discutibile, dell'erogazione di cifre importanti a semplice richiesta, nemmeno motivata, da parte di società dello Stato aventi forma giuridica di Spa, senza che queste siano sottoposte all'obbligo di una attenta e oculata gestione, vincolandole almeno al raggiungimento del pareggio di bilancio, o ad una spending review che sia sostanziale e non meramente formale;
    è estremamente significativo il fatto che, mentre da un lato si compie l'apprezzabile tentativo di limitare la spesa dell'intero apparato pubblico nazionale, razionalizzando la stessa e coinvolgendo sempre più i cittadini nel contribuire al risanamento del debito pubblico, vi sono società di cui lo Stato è azionista di larghissima maggioranza a cui non viene richiesto alcun intervento sulle spese, nemmeno a fronte di bilanci disastrosi e da anni in perdita;
    è quest'ultimo il caso, sempre a titolo esemplificativo, della RAI, già ripresa duramente dalla Corte dei conti per le spese esagerate e la mancanza di azioni idonee a recuperare la grande mole di canoni evasi, che nonostante la prevista perdita per il 2012 di circa 200 milioni e gli introiti derivanti dalla pubblicità in costante calo, non pare voler limitare le spese e continua ad assicurare compensi milionari a presentatori, soubrettes e opinionisti giornalisti inviati speciali, – ad esempio una nota comica che percepisce 1.800.000 euro in tre anni per mezz'ora di trasmissione settimanale – ciò nonostante si sta in questi giorni paventando la copertura della perdita attraverso aumenti del canone o, peggio, attraverso l'aumento della bolletta elettrica;
    la prassi di attuare gestioni aziendali in cui ogni spesa è possibile, anche a fronte di imponenti perdite e indebitamenti, senza che vi siano responsabilità in ciò, senza che si faccia nulla per porre argine a tale trend negativo, senza una seria azione di spending review, forti dell'intervento dello Stato azionista che copre le perdite attingendo dalle risorse dei cittadini, rappresenta non solo una palese ingiustizia verso gli italiani che già stanno dando tanto per far fronte al debito pubblico, ma disincentiva l'opera stessa del Governo intenta al risanamento e alla riorganizzazione dello Stato su basi e principi di risparmio, di giustezza di spesa e di economicità, principi che se applicati farebbero divenire competitive queste aziende e capaci di passare da costo e debito per lo Stato a fonte di ricavi e di entrate per la collettività,

impegna il Governo

   a provvedere con gli idonei atti legislativi nell'ambito del termine temporale del mandato di Governo o con gli strumenti propri dell'azionista di maggioranza, affinché a tali società sia imposto l'obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio, del contenimento delle spese, della redditività aziendale, ponendo anche rigorosi limiti alla possibilità, per queste, di richiedere aumenti su canoni e bollette al fine di provvedere alle proprie esigenze di finanziamento o di copertura delle perdite, specialmente in assenza di seri piani di risparmio e di razionalizzazione delle spese.
9/5626/14Galli, Cimadoro.


   La Camera,
   premesso che:
    è ormai divenuta prassi comune, per alcune società direttamente partecipate dallo Stato, l'uso di provvedere ai propri bisogni finanziari, comprendenti il ripianamento in toto od in parte delle perdite di bilancio attraverso l'aumento di componenti delle bollette energetiche che gravano sui cittadini;
    in particolare si pone a titolo esemplificativo il caso, non unico, della delibera dell'Autorità per l'energia ed il gas n. 268: «con la comunicazione del 7 giugno 2012, la Sogin (società del Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi) ha trasmesso all'Autorità un aggiornamento del piano finanziario per il 2012, ai sensi di una delibera dell'autorità, evidenziando l'esigenza di ulteriori erogazioni a proprio favore» cui non segue nessuna ulteriore analisi, critica e commento, nemmeno un semplice ammonimento a spendere meno, visti i tempi e l'Autorità sancisce al primo articolo della delibera: «articolo 1. Disposizioni alla cassa conguaglio. La cassa provvede all'erogazione alla Sogin di 20 milioni di euro entro il 15 luglio, 20 milioni di euro entro il 31 luglio, e di 20 milioni di euro entro il 15 settembre»;
    la prassi seguita verte quindi sul principio, decisamente discutibile, dell'erogazione di cifre importanti a semplice richiesta, nemmeno motivata, da parte di società dello Stato aventi forma giuridica di Spa, senza che queste siano sottoposte all'obbligo di una attenta e oculata gestione, vincolandole almeno al raggiungimento del pareggio di bilancio, o ad una spending review che sia sostanziale e non meramente formale;
    è estremamente significativo il fatto che, mentre da un lato si compie l'apprezzabile tentativo di limitare la spesa dell'intero apparato pubblico nazionale, razionalizzando la stessa e coinvolgendo sempre più i cittadini nel contribuire al risanamento del debito pubblico, vi sono società di cui lo Stato è azionista di larghissima maggioranza a cui non viene richiesto alcun intervento sulle spese, nemmeno a fronte di bilanci disastrosi e da anni in perdita;
    è quest'ultimo il caso, sempre a titolo esemplificativo, della RAI, già ripresa duramente dalla Corte dei conti per le spese esagerate e la mancanza di azioni idonee a recuperare la grande mole di canoni evasi, che nonostante la prevista perdita per il 2012 di circa 200 milioni e gli introiti derivanti dalla pubblicità in costante calo, non pare voler limitare le spese e continua ad assicurare compensi milionari a presentatori, soubrettes e opinionisti giornalisti inviati speciali, – ad esempio una nota comica che percepisce 1.800.000 euro in tre anni per mezz'ora di trasmissione settimanale – ciò nonostante si sta in questi giorni paventando la copertura della perdita attraverso aumenti del canone o, peggio, attraverso l'aumento della bolletta elettrica;
    la prassi di attuare gestioni aziendali in cui ogni spesa è possibile, anche a fronte di imponenti perdite e indebitamenti, senza che vi siano responsabilità in ciò, senza che si faccia nulla per porre argine a tale trend negativo, senza una seria azione di spending review, forti dell'intervento dello Stato azionista che copre le perdite attingendo dalle risorse dei cittadini, rappresenta non solo una palese ingiustizia verso gli italiani che già stanno dando tanto per far fronte al debito pubblico, ma disincentiva l'opera stessa del Governo intenta al risanamento e alla riorganizzazione dello Stato su basi e principi di risparmio, di giustezza di spesa e di economicità, principi che se applicati farebbero divenire competitive queste aziende e capaci di passare da costo e debito per lo Stato a fonte di ricavi e di entrate per la collettività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportuni atti di indirizzo finalizzati a perseguire il raggiungimento del pareggio di bilancio.
9/5626/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Galli, Cimadoro.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 16 dell'articolo 34, prevede l'emanazione di un decreto ministeriale per stabilire le modalità con le quali le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche, o dal potenziamento o trasformazione di quelle esistenti, possono stipulare accordi con i soggetti proponenti le infrastrutture per individuare misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale;
    il decreto è emanato dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, e deve essere adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 179 del 2012;
    fermo restando il parere della Conferenza unificata propedeutico all'emanazione del decreto ministeriale, si tratta di stabilire criteri omogenei sul territorio nazionale sulla base dei quali decidere le compensazioni ambientali sul territorio regionale o su quello degli enti locali;
    sia la materia energetica che quella del governo del territorio sono materie di legislazione concorrente e, pertanto, si ritiene indispensabile che tale decreto preveda espressamente l'intesa della Regione o delle Regioni interessate ai fini della individuazione degli interventi compensativi sul proprio territorio,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione sopra richiamata, al fine di adottare ulteriori iniziative normative con le quali si disponga che per l'adozione di futuri atti governativi in materia di definizione degli accordi per le compensazioni ambientali inerenti la localizzazione di nuove infrastrutture energetiche, o il potenziamento o trasformazione di quelle esistenti, sia prevista l'intesa preventiva della Regione o delle Regioni interessate ai fini della individuazione degli interventi compensativi sul proprio territorio.
9/5626/15Alessandri, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 16 dell'articolo 34, prevede l'emanazione di un decreto ministeriale per stabilire le modalità con le quali le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche, o dal potenziamento o trasformazione di quelle esistenti, possono stipulare accordi con i soggetti proponenti le infrastrutture per individuare misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale;
    il decreto è emanato dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, e deve essere adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 179 del 2012;
    fermo restando il parere della Conferenza unificata propedeutico all'emanazione del decreto ministeriale, si tratta di stabilire criteri omogenei sul territorio nazionale sulla base dei quali decidere le compensazioni ambientali sul territorio regionale o su quello degli enti locali;
    sia la materia energetica che quella del governo del territorio sono materie di legislazione concorrente e, pertanto, si ritiene indispensabile che tale decreto preveda espressamente l'intesa della Regione o delle Regioni interessate ai fini della individuazione degli interventi compensativi sul proprio territorio,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione sopra richiamata, al fine di adottare ulteriori iniziative normative;
   a verificare l'opportunità in materia di definizione degli accordi per le compensazioni ambientali inerenti la localizzazione di nuove infrastrutture energetiche, o il potenziamento o trasformazione di quelle esistenti.
9/5626/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Alessandri, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34-duodecies del decreto-legge in esame proroga di ulteriori cinque anni e fino al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, già prorogate fino al 31 dicembre 2015 dal comma 18 dell'articolo 1 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
    l'articolo 13-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2010, n. 14, ha prorogato sino al 31 dicembre 2012 tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche se ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, che risultavano in essere al 31 dicembre 2011;
    tale proroga ha interessato tutte le attività commerciali rientranti negli ambiti portuali quali i cantieri navali, gli ormeggi, i locali ed i magazzini dei pescatori, il rimessaggio di retieri, gli alaggi, i distributori di carburante, i trabocchi siti sui porti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative normative volte a prevedere un'ulteriore proroga delle concessioni sul demanio lacuale e portuale ad uso diverso da quello turistico-ricreativo.
9/5626/16Ciccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34-duodecies del decreto-legge in esame proroga di ulteriori cinque anni e fino al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, già prorogate fino al 31 dicembre 2015 dal comma 18 dell'articolo 1 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
    l'articolo 13-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2010, n. 14, ha prorogato sino al 31 dicembre 2012 tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche se ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, che risultavano in essere al 31 dicembre 2011;
    tale proroga ha interessato tutte le attività commerciali rientranti negli ambiti portuali quali i cantieri navali, gli ormeggi, i locali ed i magazzini dei pescatori, il rimessaggio di retieri, gli alaggi, i distributori di carburante, i trabocchi siti sui porti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative a livello comunitario volte a prevedere un'ulteriore proroga delle concessioni sul demanio lacuale e portuale ad uso diverso da quello turistico-ricreativo.
9/5626/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciccanti.


   La Camera;
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame si stabilisce, all'articolo 14, comma 8, che sia i limiti di esposizione (20 V/m per la banda tra 3 MHz e 3 GHz) che i valori di attenzione (6 V/m, in relazione ad edifici con permanenza superiori alle quattro ore) devono essere misurati a 1,5 m sul piano di calpestio mentre, in base alle Linee Guida interministeriali applicative del decreto ministeriale n. 381 del 1998 e in base alla successiva norma CEI 21, introdotta dalla legge n. 36 del 2001, la misura doveva risultare da una media delle rilevazioni su tre altezze: 1,10 m; 1,50 m; 1,90 m;
    sempre all'articolo 14, comma 8, lettera b), si stabilisce che: «nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui alla lettera a), invece, devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore»;
    alla lettera c) si stabilisce che ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori indicati nella tabella 3 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un'altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore;
    la disposizione di cui al comma 8 lettera c) comporta che ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione dei campi elettromagnetici, gli obiettivi di qualità siano innalzati attraverso la determinazione della media delle misure su 24 ore invece che su 6 minuti, come stabilito fino ad oggi dai regolamenti, e attraverso la misura a 1,5 m dal suolo invece che attraverso una media che includa anche le misure a 1,90 m e a 1,10 m, come stabilito fino ad oggi da una norma tecnica;
    le evidenze scientifiche emerse dalla ricerca epidemiologica mondiale riconosciute dall'Organizzazione mondiale della sanità hanno evidenziato che i campi elettromagnetici non vanno sottovalutati rispetto alla salute umana ed ha inserito i campi a radiofrequenza (in particolare quelli emessi dai cellulari, ma l'agente fisico è lo stesso di tutte le sorgenti di campi elettromagnetici oggetto del decreto ministeriale) fra i possibili agenti cancerogeni per l'uomo a causa dell'aumento del rischio di tumori cerebrali come il glioma (40 per cento di rischio per un uso di 30 minuti al giorno per almeno 10 anni);
    la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 22 dicembre 2009 che condannò l'INAIL a corrispondere ad un manager la rendita per malattia professionale prevista per l'invalidità all'80 per cento legata all'uso di cordless e cellulari per motivi professionali;
    il manager aveva agito in giudizio deducendo che, in conseguenza dell'uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all'orecchio sinistro aveva contratto una grave patologia tumorale (il neurinoma del Ganglio di Gasser);
    la sentenza rappresenta un decisivo passo verso il riconoscimento completo dei reali rischi per la salute da esposizione alle onde elettromagnetiche;
    le indicazioni fornite dal Consiglio d'Europa e dalla IARC/OMS indicano le radiofrequenze come possibili cancerogeni,

impegna il Governo

   a predisporre tutti gli elementi utili atti a condurre uno studio, anche a carattere epidemiologico, con cadenza annuale e per i prossimi dieci anni dall'entrata in vigore della nuova normativa, in cooperazione con l'Istituto Superiore di Sanità, volto a monitorare l'andamento delle nuove installazioni in applicazione della normativa prevista dal decreto-legge in oggetto in riferimento in particolar modo alla salute della popolazione che abita e lavora in prossimità dei campi elettromagnetici;
   a valutare con tempestività gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a regolamentare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, l'esposizione degli obiettivi sensibili, asili, scuole, ospedali, case di cura e di riposo, così come richiamati e descritti nella sentenza 7 ottobre 2003, n. 303, della Corte costituzionale precisando che in corrispondenza di tali edifici e delle aree di pertinenza e di uso anche esterno, devono essere comunque rispettati il valore di attenzione e l'obiettivo di qualità come definiti nell'articolo 3 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
9/5626/17Miotto, D'Incecco.


   La Camera;
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame si stabilisce, all'articolo 14, comma 8, che sia i limiti di esposizione (20 V/m per la banda tra 3 MHz e 3 GHz) che i valori di attenzione (6 V/m, in relazione ad edifici con permanenza superiori alle quattro ore) devono essere misurati a 1,5 m sul piano di calpestio mentre, in base alle Linee Guida interministeriali applicative del decreto ministeriale n. 381 del 1998 e in base alla successiva norma CEI 21, introdotta dalla legge n. 36 del 2001, la misura doveva risultare da una media delle rilevazioni su tre altezze: 1,10 m; 1,50 m; 1,90 m;
    sempre all'articolo 14, comma 8, lettera b), si stabilisce che: «nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui alla lettera a), invece, devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore»;
    alla lettera c) si stabilisce che ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori indicati nella tabella 3 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un'altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore;
    la disposizione di cui al comma 8 lettera c) comporta che ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione dei campi elettromagnetici, gli obiettivi di qualità siano innalzati attraverso la determinazione della media delle misure su 24 ore invece che su 6 minuti, come stabilito fino ad oggi dai regolamenti, e attraverso la misura a 1,5 m dal suolo invece che attraverso una media che includa anche le misure a 1,90 m e a 1,10 m, come stabilito fino ad oggi da una norma tecnica;
    le evidenze scientifiche emerse dalla ricerca epidemiologica mondiale riconosciute dall'Organizzazione mondiale della sanità hanno evidenziato che i campi elettromagnetici non vanno sottovalutati rispetto alla salute umana ed ha inserito i campi a radiofrequenza (in particolare quelli emessi dai cellulari, ma l'agente fisico è lo stesso di tutte le sorgenti di campi elettromagnetici oggetto del decreto ministeriale) fra i possibili agenti cancerogeni per l'uomo a causa dell'aumento del rischio di tumori cerebrali come il glioma (40 per cento di rischio per un uso di 30 minuti al giorno per almeno 10 anni);
    la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 22 dicembre 2009 che condannò l'INAIL a corrispondere ad un manager la rendita per malattia professionale prevista per l'invalidità all'80 per cento legata all'uso di cordless e cellulari per motivi professionali;
    il manager aveva agito in giudizio deducendo che, in conseguenza dell'uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all'orecchio sinistro aveva contratto una grave patologia tumorale (il neurinoma del Ganglio di Gasser);
    la sentenza rappresenta un decisivo passo verso il riconoscimento completo dei reali rischi per la salute da esposizione alle onde elettromagnetiche;
    le indicazioni fornite dal Consiglio d'Europa e dalla IARC/OMS indicano le radiofrequenze come possibili cancerogeni,

impegna il Governo

   a predisporre tutti gli elementi utili atti a condurre uno studio, anche a carattere epidemiologico, con cadenza annuale e per i prossimi dieci anni dall'entrata in vigore della nuova normativa, in cooperazione con l'Istituto Superiore di Sanità, volto a monitorare l'andamento delle nuove installazioni in applicazione della normativa prevista dal decreto-legge in oggetto in riferimento in particolar modo alla salute della popolazione che abita e lavora in prossimità dei campi elettromagnetici;
   a valutare con tempestività gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare iniziative normative connesse all'esposizione degli obiettivi sensibili, asili, scuole, ospedali, case di cura e di riposo, così come richiamati e descritti nella sentenza 7 ottobre 2003, n. 303, della Corte costituzionale precisando che in corrispondenza di tali edifici e delle aree di pertinenza e di uso anche esterno, devono essere comunque rispettati il valore di attenzione e l'obiettivo di qualità come definiti nell'articolo 3 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
9/5626/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Miotto, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, all'articolo 14, dispone «Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali»;
    nello specifico, al comma 8 si interviene sulla delicata materia dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz;
    in questo senso, al comma 8, alla lettera a), si prevede che: a) i valori di attenzione indicati nella tabella 2 all'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti anche a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze nei seguenti casi: 1) all'interno di edifici utilizzati come ambienti abitativi con permanenze continuative non inferiori a quattro ore giornaliere; 2) solo nel caso di utilizzazione degli edifici come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere, nelle pertinenze esterne, come definite nelle Linee Guida di cui alla successiva lettera d), quali balconi, terrazzi e cortili (esclusi i tetti anche in presenza di lucernai ed i lastrici solari con funzione prevalente di copertura, indipendentemente dalla presenza o meno di balaustre o protezioni anti-caduta e di pavimentazione rifinita, di proprietà comune dei condomini);
    l'esclusione dei tetti, anche quando essi hanno pavimentazioni rifinite, e sono quindi chiaramente destinati ad uso da parte dei condomini, rischia di sottrarre il diritto di chi vuole utilizzare queste superficie a non essere sovraesposti a radiazioni;
    al medesimo articolo 8, alla lettera b), si prevede che: «b) nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui alla lettera a), invece, devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore»;
    al medesimo articolo 8, alla lettera c), si prevede che: «c) ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori indicati nella tabella 3 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un'altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore»;
    mediare i valori nell'arco delle 24 ore significa non avere un dato attendibile dell'effettiva esposizione dal momento che il traffico della notte è notoriamente scarso mentre quello di giorno e delle ore di punta può essere elevatissimo e, di conseguenza, molto pericoloso; meglio sarebbe mediare la rivelazione su un intervallo massimo di dieci minuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approfondire il tema dell'esposizione ai campi elettromagnetici di tetti anche in presenza di lucernai e di lastrici solari e di valutare con più attenzione il tema dell'intervallo di rilevazione dei dati, nei termini sopra riportati, e a valutare la possibilità di un nuovo intervento normativo che vada nella direzione indicata in premessa.
9/5626/18Bossa, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 290 e seguenti della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevede l'applicazione del sistema della cosiddetta «accisa mobile», uno strumento a difesa del potere d'acquisto dei consumatori, oltre che di contenimento della dinamica inflazionistica, introdotta per attenuare il peso che l'andamento dei prezzi alla pompa dei carburanti più diffusi, ha sull'indice generale dei prezzi calcolato dall'Istat;
    la citata norma prevede che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, debbano essere diminuite al fine di compensare le maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, espresso in euro, del petrolio greggio;
    la predetta disciplina è rimasta, tuttavia, inapplicata nonostante la norma non delegasse al Governo la scelta di applicarla ma imponesse un obbligo, ed è dunque necessario introdurre delle modifiche atte a rendere tale normativa più cogente, stabilendo un meccanismo automatico per compensare l'eventuale maggior gettito dell'IVA,

impegna il Governo

a introdurre nel primo provvedimento utile la modifica della disciplina richiamata in premessa al fine di calmierare il prezzo dei carburanti per i cittadini e per le imprese.
9/5626/19Lulli, Anna Teresa Formisano, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme di istituzione dell'Agenzia per la Coesione sono state prima stralciate dal disegno di legge di stabilità e successivamente riproposte dal Governo durante l'esame del presente provvedimento ma bocciate dalla commissione Bilancio del Senato;
    l'Agenzia aveva lo scopo principale di ridurre il grave ritardo dell'Italia nell'utilizzo dei fondi europei e di superare gli attuali limiti organizzativi che hanno compromesso la promozione dello sviluppo e della coesione economica, sociale e territoriale, impedendo la rimozione degli squilibri economici che riguardano, in particolare, il Mezzogiorno del Paese;
    la mancata istituzione dell'Agenzia non deve significare l'abbandono del progetto di riorganizzazione dell'attuale struttura, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, che deve lavorare per obiettivi e per funzioni, non per competenze ministeriali, per consentire al Paese di rispondere alle sfide che deve affrontare nella programmazione dei fondi europei,

impegna il Governo

a rafforzare le strutture esistenti attraverso la riorganizzazione e il potenziamento del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica.
9/5626/20Vico.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto del direttore generale del 6 dicembre 2010 ha istituito la Commissione tecnica per la verifica della fattibilità economica del completamento della SGC E 78 da Grosseto a Fano (più oltre indicata con «SGC E78 dei due mari»);
    la «due mari» ha una lunghezza complessiva di 270 chilometri di cui km 173 tra Grosseto e l'innesto con E 45 e km. 97 fra l'innesto con la E 45 e Fano. Nella parte toscana, oltre ad essere agibili alcuni tratti ed altri tratti essere in fase di realizzazione, rimangono non realizzati tratti in provincia di Arezzo, al confine tosco-umbro, umbro-marchigiano ed in provincia di Pesaro-Urbino, che richiedono un fabbisogno finanziario, che lasciando invariata la progettazione e gli itinerari già approvati, ammontano a circa 3907 milioni di euro;
    le Regioni e gli enti locali interessati, allo scopo di rendere fattibile l'ipotesi di project financing per il completamento dell'opera hanno dichiarato la propria disponibilità ad accettare il «pedaggiamento» dell'intera «due mari», anche nei tratti già realizzati a totale carico dello Stato;
    l'ANAS, con il medesimo intento di rendere fattibile una ipotesi di project financing ha proposto una riduzione del capitale di investimento con rinuncia o variazione di tracciati per circa 900 milioni di euro;
    le Regioni e gli enti locali interessati hanno dichiarato la propria disponibilità ad approvare nuove ipotesi di tracciato che comportano tale riduzione dei costi;
    nel settembre 2011 è stata inviata al MIT manifestazione di interesse alla realizzazione delle E78 in project financing ai sensi dell'articolo 175, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 da parte dell'Associazione temporanea di impresa costituita da Strabag AG (capogruppo), ASTALDI SpA (mandataria), CMC (mandataria);
    l'Associazione ha presentato uno studio di fattibilità con allegato piano economico e finanziario per il completamento della SGC E 78 da Grosseto a Fano per l'importo complessivo di 3.050 milioni di euro;
    l'articolo 33 del decreto-legge in esame prevede che alcune «grandi opere» potranno beneficiare di agevolazioni fiscali per lavori da realizzare tramite project financing;
    il MIT ha individuato dieci opere per un totale di 15 miliardi di euro da sbloccare con il project financing agevolato fiscalmente e fra queste opere è compresa la SGC E78 dei due mari;
    la SGC 78 dei due mari rappresenta l'unica strada di grande comunicazione dell'Italia Centrale in grado di intercettare i quattro itinerari longitudinali costituiti da tirrenica, autosole, SGC E45 (futura autostrada Orte-Venezia) ed autostrada adriatica, tale da costituire un vero e proprio land bridge La Spezia-Livorno-Ancona-Ravenna per il sistema delle cosiddette «autostrade del mare» che attraversano il Mediterraneo,

impegna il Governo

a convocare da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la commissione tecnica per l'esame dello studio di fattibilità e del piano economico finanziario inoltrato dall'Associazione temporanea di impresa Strabag-Astaldi-CMC.
9/5626/21Mattesini, Nannicini, Cenni, Sani, Sereni, Verini, Giovanelli.


   La Camera,
   in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 34, comma 32,

impegna il Governo

in sede attuativa a destinare la somma di 3 milioni di euro in favore della regione Abruzzo, per provvedere al pagamento degli indennizzi agli operatori della pesca a causa dell'inagibilità del porto-canale di Pescara.
9/5626/22Toto, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, profondamente modificato dal Senato, risulta ampiamente eterogeneo, a dispetto della sentenza n. 22 del 2012 della Corte Costituzionale che prescrive il divieto di inserire nei decreti legge disposizioni estranee al contenuto proprio degli stessi;
    l'articolo 34-undecies ha incorporato le disposizioni dell'articolo 2 del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, recante: «Disposizioni urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina S.p.A. ed in materia di trasporto pubblico locale,» stabilendo al comma 1, che il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, sia ripartito, per il corrente anno 2012, sulla base del criterio storico;
    ulteriori norme del suesposto articolo, consentono l'utilizzo del predetto Fondo per l'acquisto di veicoli adibiti al miglioramento dei servizi offerti per il trasporto pubblico locale e per la prosecuzione degli interventi di potenziamento del trasporto marittimo di passeggeri nello Stretto di Messina;
    le disposizioni in materia di trasporto pubblico locale, con particolare riferimento alla Sicilia e più specificatamente rivolte al sistema ferroviario, appaiono tuttavia insufficienti e riduttive, in considerazione del piano aziendale di Ferrovie dello Stato, che prevede la dismissione di alcuni servizi e la riduzione della qualità delle offerte; un ridimensionamento che determinerà inevitabilmente profonde ripercussioni negative nell'ambito della tutela del numero di occupati dell'intera area regionale siciliana;
    la politica di disimpegno da parte di Ferrovie dello Stato e l'assoluta esclusione dai piani di investimento della Regione siciliana, ed in particolare dell'area del messinese, è confermata in maniera palese dalle evidenti inefficienze che, oramai a cadenza settimanale, si registrano con riduzioni delle tratte regionali, soppressioni delle corse, malfunzionamento delle carrozze e aumento costante del prezzo dei biglietti;
    i numerosi atti di sindacato ispettivo nonché gli impegni assunti dal Governo con l'approvazione della mozione n. 1-00816, approvata lo scorso 17 gennaio, finalizzata a prevedere un nuovo piano industriale in accordo con Ferrovie dello Stato al fine di incentivare lo sviluppo e l'ammodernamento della rete ferroviaria nel Meridione d'Italia e il potenziamento dei servizi nella tratta Nord-Sud, risultano complessivamente disattesi, in considerazione del persistente livello di inadeguatezza con cui la più importante società di trasporto ferroviario italiana, interviene nei riguardi di importanti tratte ferroviarie della Sicilia quali: Siracusa-Messina e Palermo-Catania-Messina, nonché delle previsioni di riduzione delle tratte previste all'interno del suddetto piano nei riguardi della Sicilia;
    la rotta ferroviaria Palermo-Catania-Messina risulta essere tra le dieci peggiori tratte a livello nazionale utilizzate dai pendolari e, nonostante il percorso ferroviario sia ritenuto molto importante ed indispensabile per collegare le due aree metropolitane, esso ha raggiunto livelli di inefficienza e di scarsa funzionalità, le cui criticità rendono difficoltose le espressioni rivolte alla «mobilità sostenibile»;
    i recenti tagli della spesa sui trasferimenti, che hanno determinato gravi carenze in termini di pulizia, manutenzioni, scorte, mancanze e hanno provocato minore affidabilità e puntualità delle corse ferroviarie delle suesposte tratte, si ripercuotono negativamente con frequenza quotidiana, nei riguardi dei numerosi pendolari che fruiscono del treno per raggiungere le rispettive destinazioni professionali, di studio o altre attività programmate;
    in considerazione di quanto suesposto, appare evidente come il diritto alla continuità territoriale, collocato nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale, che si traduce nella capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, risulti completamente disatteso, in conseguenza delle politiche aziendali del gruppo Ferrovie dello Stato, alcune delle quali già poste in essere, altre preannunciate,

impegna il Governo

   ad intervenire in maniera urgente ed efficace nei riguardi della società Ferrovie dello Stato, al fine di determinare un miglioramento complessivo dell'organizzazione e del livello di efficienza dei servizi per il trasporto dei passeggeri delle tratte siciliane Siracusa-Messina e Palermo-Catania-Messina;
   ad intervenire altresì in maniera immediata nei riguardi della società Trenitalia affinché riveda nel complesso l'ambito della riorganizzazione del piano industriale del prossimo triennio, nei riguardi delle procedure di dismissione che la medesima società intende avviare nel breve termine, nei riguardi delle linee ferroviarie suddette ed in generale in Sicilia;
   a prevedere infine, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, misure finanziarie volte a potenziare il sistema ferroviario siciliano, i cui evidenti ritardi infrastrutturali e dei servizi resi nei confronti degli utenti, accrescono il gap d'integrazione di aree come quella della Sicilia, o del Mezzogiorno in generale, nei progetti di rete finalizzati a modelli qualitativi di mobilità italiana in relazione a quelli comunitari.
9/5626/23Garofalo, Torrisi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 187 del 2012 fissa per il ponte sullo Stretto di Messina in due anni il termine per la verifica tecnica in sede CIPE del progetto definitivo e conferisce mandato alla società Stretto di Messina SpA per valutare se e a quali condizioni i mercati finanziari internazionali siano disponibili a finanziare l'opera;
    è stato previsto addirittura, con quella che ad avviso dei firmatari del presente atto appare come una evidente forzatura del dettato costituzionale, l'inserimento (all'articolo 34-decies) di un intero e diverso disegno di legge, in questo caso di conversione del decreto legge 2 novembre 2012, n. 187, riguardante la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina SpA. Invece di provvedere alla definitiva e rapida conclusione della vicenda progettuale riguardante il collegamento stabile con la Sicilia, si provvede a dilazionare per un ulteriore periodo le verifiche tecniche sul progetto definitivo e sulla bancabilità dell'opera, notoriamente ritenuta non sostenibile né sotto il profilo ambientale né dal punto di vista economico-finanziario. Questo avviene, tra l'altro, senza che sia assicurata la dovuta trasparenza sugli atti convenzionali e contrattuali esistenti, sulle comunicazioni conseguenti, nonché in mancanza di previa verifica della coerenza delle procedure con le norme comunitarie di settore;
    in sostanza, si concedono alla Stretto di Messina SpA altri due anni per verificare la finanziabilità dell'opera, di modo che la decisione definitiva, se fare o meno il ponte, sia rinviata al prossimo Governo, mentre nel frattempo si avvieranno opere per 250 milioni di euro. È evidente come sarebbe stata necessaria ed urgente, data anche la situazione di finanza pubblica, la bocciatura del progetto definitivo e non la mera proroga;
    si pensava che il progetto del ponte fosse un capitolo finito e fosse chiaro che il progetto era insostenibile e irrealizzabile, e con l'avvento del Governo Monti si poteva auspicare che l'addio al ponte fosse davvero definitivo. Pur convenendo sul fatto che il ponte sullo Stretto di Messina (8,5 miliardi di euro di costo stimato) non costituisce una priorità e nonostante il fatto che già 1,6 miliardi di finanziamenti a valere sui fondi FAS siano stati revocati nella seduta CIPE del 20 gennaio 2012, il Governo, con il decreto-legge n. 187, ha scelto di non mettere la parola fine alla vicenda della maxi-infrastruttura ereditata dal Governo Berlusconi;
    ad oggi, dopo 9 anni, la procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) è ancora in atto senza che la concessionaria pubblica, prima, e poi il generai contractor, Eurolink, siano riusciti a dimostrare la sostenibilità ambientale dell'opera e senza che si sia mai registrato un interesse concreto da parte di un qualsivoglia grande investitore privato alla bancabilità dell'intervento;
    nelle disposizioni in materia contenute nel provvedimento in esame, sono molte le criticità rinvenibili, in quanto le norme non risultano essere chiare su molti punti che andrebbero dunque meglio precisati se si vuole evitare che con il passare del tempo lo Stato si carichi di altri gravosi oneri, oltre a quelli già sostenuti per il progetto di un'opera, come già detto, irrealizzabile tecnicamente e non sostenibile dal punto di vista economico-finanziario, sociale ed ambientale:- al comma 1 dell'articolo 34-decies si dispone la stipula dell'atto aggiuntivo al contratto vigente, configurandola quale obbligo per la concessionaria e per il contraente generale, facendo venire meno il principio dell'accordo tra le parti che sottostà alla stipula di un atto bilaterale. Si afferma che entro 60 giorni dalla stipula dell'atto aggiuntivo la Stretto di Messina SpA dovrà presentare al CIPE i piani economico-finanziari ai fini di un esame del progetto definitivo. Il problema è che non si stabilisce il termine ultimo per la conclusione dell'esame, da cui però si fanno decorrere i termini di sospensione e, conseguentemente, gli effetti di caducazione. Ci si può chiedere come sia possibile determinare per legge la caducazione degli effetti dei contratti;
    ai sensi del comma 2, sempre dello stesso articolo, si consente al CIPE di operare singole valutazioni anche su autonome parti progettuali. Tale disposizione va letta alla luce di quanto successivamente disposto al comma 6, in cui si stabilisce a favore della Stretto di Messina SpA, in caso di mancata realizzazione del ponte, una autorizzazione ex-lege ad eseguire lavori infrastrutturali ricompresi nel progetto definitivo. Tali lavori dovrebbero essere realizzati a carico del bilancio dello Stato. Ebbene, i presentatori del presente atto ritengono che non si possa lasciare che la Stretto di Messina SpA, finanziata negli anni in maniera massiccia con costi di gestione via via crescenti, continui ad operare dal momento in cui, esclusa la realizzabilità dell'opera principale, la sua ragione d'essere viene meno. A ciò occorre aggiungere che la disposizione entra in conflitto con la clausola del bando di gara d'appalto, che espressamente esclude la divisione in lotti del progetto e dei lavori;
    successivamente, al comma 3, si parla genericamente di esito della valutazione senza specificare che il concessionario potrà procedere alla ricerca del finanziamento dell'opera solamente in caso di positiva valutazione in linea tecnica del progetto definitivo da parte del CIPE. In caso di esito negativo dell'esame operato dal CIPE, vengono meno tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria, con l'effetto del riconoscimento del solo indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite, aumentato del 10 per cento. L'effetto si determina decorsi 540 giorni dal completamento dell'esame del progetto in linea tecnica, per il quale però non è fissato un termine, con il rischio che tale esito caducatorio non si verifichi mai;
    in merito al comma 4 che dispone la sospensione di tutti gli effetti dei contratti stipulati dalla società Stretto di Messina SpA con il generai contractor e degli adeguamenti economici eventualmente previsti, non si può non notare una radicale differenza tra quanto fissato nel decreto e quanto si afferma nella relazione all'originario disegno di legge (Atto Senato n. 3556). Nella relazione, infatti, si legge che i 540 giorni per l'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE si calcolano a decorrere dal 2 novembre 2012, data di entrata in vigore del decreto- legge n. 187; viceversa, secondo la formulazione del decreto-legge, i 540 giorni decorrerebbero dal completamento dell'esame del progetto in linea tecnica, la cui data non è fissata: il dato, quindi, rimane mobile e variabile. La differenza quindi è notevole. Non si può fissare un termine così ampio che, tra l'altro, poteva apparire giustificato nel 2006 (anno della stipulazione del primo contratto), quando ancora non vi erano elementi per consentire al CIPE di decidere in merito all'approvazione del progetto definitivo, ma non oggi. Per procedere all'esame al CIPE è necessario il completamento della procedura di VIA; ebbene, l'articolo 166 del decreto legislativo n. 163 del 2006 stabilisce che dal momento della trasmissione del progetto definitivo per l'approvazione del CIPE debbano passare complessivamente 165 giorni. Se si considera che è passato più di un anno dall'inizio della procedura integrativa della VIA sul progetto definitivo, sembra francamente inaccettabile stabilire un arco temporale così lungo;
    è evidente che il Governo sia già in possesso di tutti gli elementi per valutare come questa opera debba essere bocciata definitivamente e abbandonata. Le criticità sono di tipo economico e tecnico. Siamo di fronte ad una infrastruttura che ha un costo ingiustificato di 8,5 miliardi di euro, più del doppio di quello con cui il general contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi di euro). Dal punto di vista tecnico, si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso ad unica campata di 3,3 chilometri di lunghezza, sorretto da torri alte circa 400 metri, il cui progetto definitivo presenta, come già richiamato, gravi carenze tecniche;
    inoltre, la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina continua a sollevare, a livello europeo, fortissimi dubbi, come si evince dalle parole di Desirée Oen, consigliere del Commissario europeo ai trasporti, che ha definito le notizie sulla realizzazione del ponte «confuse e contraddittorie»;
    sorgono quesiti legittimi: è su un progetto del genere che vogliamo investire? È questo il progetto che vogliamo portare avanti per altri due anni? Anni durante i quali non è detto che non si continuino a spendere soldi e a gettare le scarse risorse di cui disponiamo? Tenere in piedi il progetto del ponte significa continuare a pagare studi e costruire inutili opere di collegamento ad un'opera che mai verrà costruita, mentre queste energie potrebbero essere investite, in altre attività, quali, ad esempio, quelle volte alla necessità di intervenire sul fronte del dissesto idrogeologico;
    la spesa dello Stato per il ponte sullo Stretto, a parte ogni altra considerazione, porterà a rinunciare alla realizzazione di opere ben più importanti e urgenti:
    a) ferroviarie: dal potenziamento e collegamento della rete tirrenica con Taranto e Bari, dal potenziamento dei collegamenti tra Catania, Messina e Palermo, all'adeguamento di linee vecchissime come la Palermo-Agrigento e la Ragusa-Catania;
    b) portuali: con il rafforzamento dei collegamenti e delle strutture nelle aree portuali di Messina, Palermo, Trapani, Catania, Villa San Giovanni, Gioia Tauro e Taranto;
    c) stradali: dall'adeguamento della Statale Jonica al completamento dei collegamenti alla A3 in Calabria, dal completamento della Palermo-Messina, all'adeguamento dei collegamenti tra Catania, Siracusa e Gela;
    la vera priorità è dunque la realizzazione di un sistema infrastrutturale centrato sul porto di Gioia Tauro e sul sistema portuale ad esso collegato: a tal fine è necessario sciogliere la società stretto di Messina e destinare le risorse ad un piano straordinario di ammodernamento delle infrastrutture viarie calabresi e siciliane,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative volte ad abbandonare definitivamente il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, puntando invece su un sistema infrastrutturale articolato come richiamato in premessa.
9/5626/24Monai, Messina, Borghesi, Cimadoro, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2003 si è voluto modificare radicalmente la natura della Cassa depositi e prestiti, trasformandola in uno strumento attraverso il quale portare debito pubblico al di fuori del bilancio dello Stato, in una specie di nuovo ministero delle partecipazioni statali, un veicolo attraverso cui gestire vecchie e nuove (strategiche) partecipazioni in imprese italiane. Per attuare questo disegno, c'era bisogno di «de-pubblicizzare la Cassa» portando al suo interno soci privati in modo da non violare la normativa europea. Il Governo dell'epoca ha avuto bisogno delle fondazioni bancarie, enti apparentemente privati ma controllati politicamente e sui quali il Tesoro ha potere di influenza anche perché ne esercita la supervisione. Le fondazioni sono così entrate nel capitale della Cassa depositi e prestiti nel 2003, acquisendone, con un miliardo di euro, il 30 per cento del capitale;
    per accettare l'invito del Governo Berlusconi a contribuire alla nuova società per azioni, le fondazioni, consce del loro ruolo cruciale nel disegno del Ministro dell'economia e delle finanze dell'epoca, hanno strappato condizioni molto vantaggiose. Le azioni privilegiate in loro possesso davano un rendimento garantito del 3 per cento al di sopra dell'inflazione (come una obbligazione indicizzata) e attribuivano alle fondazioni il diritto di voto nelle assemblee straordinarie e ordinarie, diritto di prelazione nell'assegnazione degli utili e nella ripartizione del patrimonio sociale in caso di scioglimento della società, oltre ad assegnare loro l'indicazione del Presidente della CDP;
    il patto prevedeva anche una clausola di recesso (a partire da gennaio 2005 e fino al 2009, data poi prorogata a fine 2012, e adesso al 15 marzo 2013) che dava alle fondazioni la possibilità di uscire dal capitale della CDP se non fossero state persuase dalla partecipazione venendo rimborsate senza perdite significative. Insomma, si trattava di veri e propri strumenti di debito, con remunerazioni molto importanti, e, nonostante questa loro natura, in grado di attribuire potere di controllo alle fondazioni;
    alla sua nascita il patrimonio netto della CDP, ammontava a 3,5 miliardi mentre oggi vale 14,5 miliardi. Le fondazioni che hanno versato 1 miliardo e 50 milioni per sottoscrivere il loro 30 per cento di azioni privilegiate hanno riavuto tutti i loro soldi incassando in questi anni dividendi per 1 miliardo e 76 milioni senza muovere un dito;
    dal 2010 le azioni privilegiate delle fondazioni sono divenute convertibili in azioni ordinarie; la conversione dopo una proroga deve avvenire entro al fine del corrente anno. Il Tesoro da allora chiede alle fondazioni di pagare un conguaglio per la conversione, valutato fino a 5 miliardi, perché il valore di CDP è aumentato senza che le fondazioni si siano prese alcun rischio per gli investimenti intrapresi dalla Cassa. In effetti, le fondazioni sono state sin qui obbligazionisti molto ben remunerati e in grado di influenzare la governance della Cassa. Le fondazioni, dal canto loro, sostengono di dovere un conguaglio minimo;
    i commi da 3-bis a 3-decies dell'articolo 36 del provvedimento in esame, introdotti al Senato, recano disposizioni concernenti il futuro assetto azionario di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. In particolare, le norme individuano i meccanismi per la conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione, attualmente in possesso delle Fondazioni bancarie e disciplinano, in alternativa, le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti privati;
    in particolare, il comma 3-bis dispone le modalità con le quali CDP provvederà entro il 31 dicembre 2012 a determinare il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie. La conversione avverrà in particolare secondo i seguenti passaggi:
    in primo luogo (lettera a) sarà determinato il valore di CDP in due momenti diversi: alla data di trasformazione in società per azioni (ovvero al 12 dicembre 2003, secondo il combinato disposto del richiamato decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e del DM del 5 dicembre 2003) e alla data 31 dicembre 2012. Tale determinazione avverrà sulla base di perizie giurate di stima che dovranno tenere conto, tra l'altro, della presenza della garanzia dello Stato sulla raccolta del risparmio postale;
    successivamente (lettera b), verrà calcolato il rapporto tra il valore nominale delle azioni privilegiate e il valore di CDP alla data del 12 dicembre 2003 (data di trasformazione di CDP in società per azioni), come sopra determinato;
    infine (lettera c) dovrà calcolarsi il valore riconosciuto alle azioni privilegiate ai fini della conversione, come una quota – corrispondente alla predetta percentuale – del valore di CDP al 31 dicembre 2012;
    ai sensi del comma 3-ter, ove il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie come sopra determinato non risultasse alla pari, i titolari delle azioni privilegiate potranno beneficiare di un rapporto di conversione alla pari (nel quale il valore nominale delle azioni privilegiate coinciderà col valore nominale delle azioni ordinarie) versando alla CDP un conguaglio di importo pari alla differenza tra il valore di una azione ordinaria e il valore di una azione privilegiata;
    ove i titolari delle azioni privilegiate non esercitino il diritto di recesso (comma 3-quater) entro il termine previsto dal successivo comma 3-sexies, ovvero nella finestra temporale compresa tra il 15 febbraio 2013 e il 15 marzo 2013, essi dovranno versare al Ministero dell'economia e delle finanze, a titolo di compensazione, un importo forfetario pari al 50 per cento dei maggiori dividendi corrisposti da CDP dal 12 dicembre 2003 per le azioni privilegiate per cui avviene la conversione, rispetto a quelli che sarebbero spettati per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio delle azioni privilegiate in ordinarie (ovvero per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio);
    si prevede che (comma 3-quinquies) il predetto importo forfettario possa essere versato ratealmente: in una quota non inferiore al 20 per cento entro il 1o aprile 2013, e per la quota residua (l'80 per cento o una quota inferiore) in quattro rate uguali alla data del 1o aprile dei quattro anni successivi, con applicazione degli interessi legali;
    il periodo per l'esercizio del diritto di recesso (comma 3-sexies) decorre dal 15 febbraio 2013 e termina il 15 marzo 2013. Le azioni privilegiate sono automaticamente convertite in azioni ordinarie a far data dal 1o aprile 2013;
    le condizioni economiche (comma 3-septies) per la conversione di cui ai commi precedenti sono riconosciute al fine di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di CDP. Esse opereranno dunque solo ove i soci privati (le Fondazioni bancarie) decidano di mantenere la propria partecipazione in CDP. Di conseguenza, le norme precisano che i soggetti che esercitino il diritto di recesso vedranno applicate, quanto alla determinazione del valore di liquidazione delle azioni privilegiate, le vigenti disposizioni dello statuto della CDP. Si rammenta che l'articolo 9, comma 3 dello Statuto prevede che, in tutti i casi di esercizio del diritto di recesso, il valore di liquidazione delle azioni privilegiate risulta pari alla differenza tra la quota del capitale sociale per cui è esercitato il recesso (ovvero il valore nominale della partecipazione) e – con riferimento agli utili degli esercizi sociali chiusi sino al 31 dicembre 2008 compreso – e «l'extradividendo» percepito dalle azioni privilegiate (la differenza fra il dividendo effettivamente percepito e il «dividendo preferenziale», che in origine spettava per le azioni privilegiate in base al vecchio testo dell'articolo 30, comma 2, dello Statuto);
    si prevede, inoltre (comma 3-octies), che dal 1o aprile 2013 e fino alla data di approvazione da parte dell'assemblea degli azionisti CDP del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, a ciascuna fondazione bancaria azionista di CDP sia concessa la facoltà di acquistare dal Ministero dell'economia e delle finanze, che è obbligato a vendere, un certo numero di azioni ordinarie di CDP; esso non può risultare superiore alla differenza tra il numero di azioni privilegiate già detenuto e il numero di azioni ordinarie ottenuto ad esito della conversione. Tale facoltà di acquisto è trasferibile a titolo gratuito tra le fondazioni bancarie azioniste di CDP;
    la facoltà di acquisto (comma 3-novies) di cui al comma precedente viene esercitata al prezzo corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012 (come calcolato ai sensi delle norme in commento). Tale importo può essere corrisposto al Ministero dell'economia e delle finanze in più soluzioni: una quota non inferiore al 20 per cento è versata entro il 1o luglio 2013, mentre la quota residua è corrisposta in quattro rate uguali, alla data del 1o luglio dei quattro anni successivi, con applicazione dei relativi interessi legali;
    le dilazioni (comma 3-decies) sono accordate dal Ministero dell'economia e delle finanze su richiesta dell'azionista e a fronte della costituzione in pegno di azioni ordinarie a favore del Ministero, fino al completamento dei pagamenti dovuti. Il numero delle azioni da costituire in pegno è determinato sulla base degli importi dovuti per i pagamenti dilazionati comprensivi degli interessi, tenendo conto del valore delle azioni ordinarie corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012. Il pegno di azioni non implica la sospensione del diritto di voto e del diritto agli utili, che comunque spettano alla fondazione concedente garanzia. In caso di inadempimento delle obbligazioni assunte, il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce a titolo definitivo le azioni corrispondenti all'importo del mancato pagamento;
    si consente, dunque, alle fondazioni bancarie di continuare a detenere azioni della Cassa depositi e prestiti, mediante il versamento rateale di un conguaglio risultante da un meccanismo vantaggioso di conversione delle azioni privilegiate in ordinarie, con l'effetto quindi che tali soggetti non dovranno restituire al Tesoro quota ben più onerosa degli extra dividendi incassati dal 2003 in poi, e potranno risalire, negli anni successivi oltre il previsto 20 per cento del capitale;
    in questo modo si incide con un provvedimento legislativo su un contenzioso amministrativo pendente davanti al Consiglio di Stato. Si tratta, fra l'altro, di norme del tutto slegate da contingenze particolari e cogenti, meritevoli di un adeguato vaglio nelle sedi proprie, anche per le notevoli implicazioni economiche e finanziarie che questo provvedimento determinerà;
    in base a questa procedura, la relazione tecnica di accompagnamento all'emendamento che ha disegnato la norma, segnala che la quota che le Fondazioni avevano inizialmente in cassa corrispondeva al 16,7 per cento dell'intero capitale. E che il costo di un eventuale conguaglio sarebbe di 550 milioni per salire al 20 per cento; 1,4 miliardi per arrivare al 25 per cento e di 2,230 miliardi per ritornare all'originario 30 per cento. I maggiori dividendi distribuiti sono calcolati in 480 milioni e quindi le Fondazioni dovranno rimborsare 240 milioni;
    le fondazioni bancarie, azioniste degli istituti di credito che negano credito alle PMI ed alle famiglie, continuano a ricevere favori dal Governo. La norma approvata dal Senato con il parere positivo del Governo aggira la valutazione dell’advisor Deloitte, secondo cui le fondazioni bancarie, che detengono il 30 per cento del capitale (azioni privilegiate) mentre il restante 70 per cento è detenuto dal Ministero dell'economia, sono tenute a pagare, per convertire le azioni da privilegiate ad ordinarie, cinque miliardi di euro;
    questi miliardi farebbero davvero comodo alle finanze pubbliche, in una situazione di così grave crisi. Viceversa si provvede a favorire le Fondazioni mentre i cittadini comuni devono pagare forti somme relative all'IMU. Nel frattempo per le fondazioni bancarie, la Cassa depositi e prestiti prevede perfino il versamento di comode rate,

impegna il Governo

a presentare una relazione al Parlamento, affinché le Camere, secondo le disposizioni dei rispettivi Regolamenti, possano avviare una discussione sui risultati dell'applicazione delle disposizioni di cui in premessa, insieme ad una proposta programmatica sul ruolo futuro della Cassa depositi e prestiti.
9/5626/25Borghesi, Mura, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2003 si è voluto modificare radicalmente la natura della Cassa depositi e prestiti, trasformandola in uno strumento attraverso il quale portare debito pubblico al di fuori del bilancio dello Stato, in una specie di nuovo ministero delle partecipazioni statali, un veicolo attraverso cui gestire vecchie e nuove (strategiche) partecipazioni in imprese italiane. Per attuare questo disegno, c'era bisogno di «de-pubblicizzare la Cassa» portando al suo interno soci privati in modo da non violare la normativa europea. Il Governo dell'epoca ha avuto bisogno delle fondazioni bancarie, enti apparentemente privati ma controllati politicamente e sui quali il Tesoro ha potere di influenza anche perché ne esercita la supervisione. Le fondazioni sono così entrate nel capitale della Cassa depositi e prestiti nel 2003, acquisendone, con un miliardo di euro, il 30 per cento del capitale;
    per accettare l'invito del Governo Berlusconi a contribuire alla nuova società per azioni, le fondazioni, consce del loro ruolo cruciale nel disegno del Ministro dell'economia e delle finanze dell'epoca, hanno strappato condizioni molto vantaggiose. Le azioni privilegiate in loro possesso davano un rendimento garantito del 3 per cento al di sopra dell'inflazione (come una obbligazione indicizzata) e attribuivano alle fondazioni il diritto di voto nelle assemblee straordinarie e ordinarie, diritto di prelazione nell'assegnazione degli utili e nella ripartizione del patrimonio sociale in caso di scioglimento della società, oltre ad assegnare loro l'indicazione del Presidente della CDP;
    il patto prevedeva anche una clausola di recesso (a partire da gennaio 2005 e fino al 2009, data poi prorogata a fine 2012, e adesso al 15 marzo 2013) che dava alle fondazioni la possibilità di uscire dal capitale della CDP se non fossero state persuase dalla partecipazione venendo rimborsate senza perdite significative. Insomma, si trattava di veri e propri strumenti di debito, con remunerazioni molto importanti, e, nonostante questa loro natura, in grado di attribuire potere di controllo alle fondazioni;
    alla sua nascita il patrimonio netto della CDP, ammontava a 3,5 miliardi mentre oggi vale 14,5 miliardi. Le fondazioni che hanno versato 1 miliardo e 50 milioni per sottoscrivere il loro 30 per cento di azioni privilegiate hanno riavuto tutti i loro soldi incassando in questi anni dividendi per 1 miliardo e 76 milioni senza muovere un dito;
    dal 2010 le azioni privilegiate delle fondazioni sono divenute convertibili in azioni ordinarie; la conversione dopo una proroga deve avvenire entro al fine del corrente anno. Il Tesoro da allora chiede alle fondazioni di pagare un conguaglio per la conversione, valutato fino a 5 miliardi, perché il valore di CDP è aumentato senza che le fondazioni si siano prese alcun rischio per gli investimenti intrapresi dalla Cassa. In effetti, le fondazioni sono state sin qui obbligazionisti molto ben remunerati e in grado di influenzare la governance della Cassa. Le fondazioni, dal canto loro, sostengono di dovere un conguaglio minimo;
    i commi da 3-bis a 3-decies dell'articolo 36 del provvedimento in esame, introdotti al Senato, recano disposizioni concernenti il futuro assetto azionario di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. In particolare, le norme individuano i meccanismi per la conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione, attualmente in possesso delle Fondazioni bancarie e disciplinano, in alternativa, le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti privati;
    in particolare, il comma 3-bis dispone le modalità con le quali CDP provvederà entro il 31 dicembre 2012 a determinare il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie. La conversione avverrà in particolare secondo i seguenti passaggi:
    in primo luogo (lettera a) sarà determinato il valore di CDP in due momenti diversi: alla data di trasformazione in società per azioni (ovvero al 12 dicembre 2003, secondo il combinato disposto del richiamato decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e del DM del 5 dicembre 2003) e alla data 31 dicembre 2012. Tale determinazione avverrà sulla base di perizie giurate di stima che dovranno tenere conto, tra l'altro, della presenza della garanzia dello Stato sulla raccolta del risparmio postale;
    successivamente (lettera b), verrà calcolato il rapporto tra il valore nominale delle azioni privilegiate e il valore di CDP alla data del 12 dicembre 2003 (data di trasformazione di CDP in società per azioni), come sopra determinato;
    infine (lettera c) dovrà calcolarsi il valore riconosciuto alle azioni privilegiate ai fini della conversione, come una quota – corrispondente alla predetta percentuale – del valore di CDP al 31 dicembre 2012;
    ai sensi del comma 3-ter, ove il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie come sopra determinato non risultasse alla pari, i titolari delle azioni privilegiate potranno beneficiare di un rapporto di conversione alla pari (nel quale il valore nominale delle azioni privilegiate coinciderà col valore nominale delle azioni ordinarie) versando alla CDP un conguaglio di importo pari alla differenza tra il valore di una azione ordinaria e il valore di una azione privilegiata;
    ove i titolari delle azioni privilegiate non esercitino il diritto di recesso (comma 3-quater) entro il termine previsto dal successivo comma 3-sexies, ovvero nella finestra temporale compresa tra il 15 febbraio 2013 e il 15 marzo 2013, essi dovranno versare al Ministero dell'economia e delle finanze, a titolo di compensazione, un importo forfetario pari al 50 per cento dei maggiori dividendi corrisposti da CDP dal 12 dicembre 2003 per le azioni privilegiate per cui avviene la conversione, rispetto a quelli che sarebbero spettati per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio delle azioni privilegiate in ordinarie (ovvero per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio);
    si prevede che (comma 3-quinquies) il predetto importo forfettario possa essere versato ratealmente: in una quota non inferiore al 20 per cento entro il 1o aprile 2013, e per la quota residua (l'80 per cento o una quota inferiore) in quattro rate uguali alla data del 1o aprile dei quattro anni successivi, con applicazione degli interessi legali;
    il periodo per l'esercizio del diritto di recesso (comma 3-sexies) decorre dal 15 febbraio 2013 e termina il 15 marzo 2013. Le azioni privilegiate sono automaticamente convertite in azioni ordinarie a far data dal 1o aprile 2013;
    le condizioni economiche (comma 3-septies) per la conversione di cui ai commi precedenti sono riconosciute al fine di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di CDP. Esse opereranno dunque solo ove i soci privati (le Fondazioni bancarie) decidano di mantenere la propria partecipazione in CDP. Di conseguenza, le norme precisano che i soggetti che esercitino il diritto di recesso vedranno applicate, quanto alla determinazione del valore di liquidazione delle azioni privilegiate, le vigenti disposizioni dello statuto della CDP. Si rammenta che l'articolo 9, comma 3 dello Statuto prevede che, in tutti i casi di esercizio del diritto di recesso, il valore di liquidazione delle azioni privilegiate risulta pari alla differenza tra la quota del capitale sociale per cui è esercitato il recesso (ovvero il valore nominale della partecipazione) e – con riferimento agli utili degli esercizi sociali chiusi sino al 31 dicembre 2008 compreso – e «l'extradividendo» percepito dalle azioni privilegiate (la differenza fra il dividendo effettivamente percepito e il «dividendo preferenziale», che in origine spettava per le azioni privilegiate in base al vecchio testo dell'articolo 30, comma 2, dello Statuto);
    si prevede, inoltre (comma 3-octies), che dal 1o aprile 2013 e fino alla data di approvazione da parte dell'assemblea degli azionisti CDP del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, a ciascuna fondazione bancaria azionista di CDP sia concessa la facoltà di acquistare dal Ministero dell'economia e delle finanze, che è obbligato a vendere, un certo numero di azioni ordinarie di CDP; esso non può risultare superiore alla differenza tra il numero di azioni privilegiate già detenuto e il numero di azioni ordinarie ottenuto ad esito della conversione. Tale facoltà di acquisto è trasferibile a titolo gratuito tra le fondazioni bancarie azioniste di CDP;
    la facoltà di acquisto (comma 3-novies) di cui al comma precedente viene esercitata al prezzo corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012 (come calcolato ai sensi delle norme in commento). Tale importo può essere corrisposto al Ministero dell'economia e delle finanze in più soluzioni: una quota non inferiore al 20 per cento è versata entro il 1o luglio 2013, mentre la quota residua è corrisposta in quattro rate uguali, alla data del 1o luglio dei quattro anni successivi, con applicazione dei relativi interessi legali;
    le dilazioni (comma 3-decies) sono accordate dal Ministero dell'economia e delle finanze su richiesta dell'azionista e a fronte della costituzione in pegno di azioni ordinarie a favore del Ministero, fino al completamento dei pagamenti dovuti. Il numero delle azioni da costituire in pegno è determinato sulla base degli importi dovuti per i pagamenti dilazionati comprensivi degli interessi, tenendo conto del valore delle azioni ordinarie corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012. Il pegno di azioni non implica la sospensione del diritto di voto e del diritto agli utili, che comunque spettano alla fondazione concedente garanzia. In caso di inadempimento delle obbligazioni assunte, il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce a titolo definitivo le azioni corrispondenti all'importo del mancato pagamento;
    si consente, dunque, alle fondazioni bancarie di continuare a detenere azioni della Cassa depositi e prestiti, mediante il versamento rateale di un conguaglio risultante da un meccanismo vantaggioso di conversione delle azioni privilegiate in ordinarie, con l'effetto quindi che tali soggetti non dovranno restituire al Tesoro quota ben più onerosa degli extra dividendi incassati dal 2003 in poi, e potranno risalire, negli anni successivi oltre il previsto 20 per cento del capitale;
    in questo modo si incide con un provvedimento legislativo su un contenzioso amministrativo pendente davanti al Consiglio di Stato. Si tratta, fra l'altro, di norme del tutto slegate da contingenze particolari e cogenti, meritevoli di un adeguato vaglio nelle sedi proprie, anche per le notevoli implicazioni economiche e finanziarie che questo provvedimento determinerà;
    in base a questa procedura, la relazione tecnica di accompagnamento all'emendamento che ha disegnato la norma, segnala che la quota che le Fondazioni avevano inizialmente in cassa corrispondeva al 16,7 per cento dell'intero capitale. E che il costo di un eventuale conguaglio sarebbe di 550 milioni per salire al 20 per cento; 1,4 miliardi per arrivare al 25 per cento e di 2,230 miliardi per ritornare all'originario 30 per cento. I maggiori dividendi distribuiti sono calcolati in 480 milioni e quindi le Fondazioni dovranno rimborsare 240 milioni;
    le fondazioni bancarie, azioniste degli istituti di credito che negano credito alle PMI ed alle famiglie, continuano a ricevere favori dal Governo. La norma approvata dal Senato con il parere positivo del Governo aggira la valutazione dell’advisor Deloitte, secondo cui le fondazioni bancarie, che detengono il 30 per cento del capitale (azioni privilegiate) mentre il restante 70 per cento è detenuto dal Ministero dell'economia, sono tenute a pagare, per convertire le azioni da privilegiate ad ordinarie, cinque miliardi di euro;
    questi miliardi farebbero davvero comodo alle finanze pubbliche, in una situazione di così grave crisi. Viceversa si provvede a favorire le Fondazioni mentre i cittadini comuni devono pagare forti somme relative all'IMU. Nel frattempo per le fondazioni bancarie, la Cassa depositi e prestiti prevede perfino il versamento di comode rate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare una relazione al Parlamento, affinché le Camere, secondo le disposizioni dei rispettivi Regolamenti, possano avviare una discussione sui risultati dell'applicazione delle disposizioni di cui in premessa, insieme ad una proposta programmatica sul ruolo futuro della Cassa depositi e prestiti.
9/5626/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Mura, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    gli stabilimenti balneari e le aziende ad uso turistico-ricreativo costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico-ricettiva italiana;
    l'Italia, con i suoi 7.458 chilometri di costa, si distingue per la sua specificità in ambito europeo. Nel nostro Paese, infatti, vi è una larga diffusione sul demanio marittimo di stabilimenti balneari, oggetto di concessione;
    sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
    l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
    la conduzione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, caratterizzata da rilevanti investimenti di carattere strutturale e occupazionale anche finalizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di propria competenza, che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
    l'articolo 34-duodecies del decreto-legge in esame, proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative;
    la proroga al 2020, viene concessa modificando l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, il quale, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime che erano in essere al 30 dicembre 2009 e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, con propria iniziativa legislativa, una proroga di 30 anni della scadenza delle concessioni demaniali marittime;
   a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale e sulla base dell'unicità, dell'originalità e della specificità del sistema italiano, e a tal fine attivarsi in ambito europeo per prevedere per l'Italia l'esclusione della direttiva servizi n. 123/2006/CE, cosiddetta direttiva Bolkestein, con riferimento al settore delle concessioni balneari.
9/5626/26Favia, Barbato, Pini, Ciccanti, Carlucci, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    gli stabilimenti balneari e le aziende ad uso turistico-ricreativo costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico-ricettiva italiana;
    l'Italia, con i suoi 7.458 chilometri di costa, si distingue per la sua specificità in ambito europeo. Nel nostro Paese, infatti, vi è una larga diffusione sul demanio marittimo di stabilimenti balneari, oggetto di concessione;
    sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
    l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
    la conduzione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, caratterizzata da rilevanti investimenti di carattere strutturale e occupazionale anche finalizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di propria competenza, che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
    l'articolo 34-duodecies del decreto-legge in esame, proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative;
    la proroga al 2020, viene concessa modificando l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, il quale, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime che erano in essere al 30 dicembre 2009 e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui alla premessa, concordemente con le iniziative che verranno concordate a livello comunitario, finalizzate a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale.
9/5626/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Favia, Barbato, Pini, Ciccanti, Carlucci, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame viene ridimensionata drasticamente l'efficacia del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità stabiliti dal decreto ministeriale n. 381 del settembre 1998 e dal DPCM dell'8 luglio 2003 per proteggere la popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici in tutti i luoghi con permanenza umana non inferiore a 4 ore giornaliere e nei luoghi all'aperto intensamente frequentati;
    i commi da 8 a 10 dell'articolo 14 modificano la disciplina vigente concernente la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e demandano alle regioni l'irrogazione delle sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione, nonché al mancato rispetto delle modalità previste per l'attuazione dei piani di risanamento;
    il decreto «sviluppo» in esame, con il comma 8 dell'articolo 14, conferma per quanto non espressamente disciplinato nell'articolo in esame, le vigenti disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 luglio 2003, di attuazione della legge n. 36 del 2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ed introduce alle lettere a), b) e c) alcune disposizioni in materia di misurazione dei valori delle frequenze. Alla lettera d), invece, si indicano le norme tecniche di misurazione e di rilevamento emanate dal Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) da adottare e si demanda all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e alle agenzie per la protezione dell'ambiente regionali (ARPA) e delle province autonome di Trento e di Bolzano (APPA) l'individuazione dei fattori di riduzione di potenza in linee guida, da approvare con decreto dirigenziale emanato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    in particolare, si prevede di misurare i limiti dei campi elettromagnetici nelle abitazioni, con rilevazioni della durata di 24 ore, invece che di sei minuti, come accade attualmente. Di conseguenza, i picchi dei valori che oggi vengono riscontrati in sei minuti, verranno diluiti in 24 ore. Con una misurazione basata sui sei minuti di picco, gli operatori erano costretti, per non sforare, a tenersi molto più bassi (circa 4 volt al metro). È evidente che il nuovo metodo di misurazione introdotto dal decreto permetterà la tolleranza di picchi diurni, quando è maggiore il numero degli utenti attivi, fino a 18-20 volt per metro, cioè fino a tre volte superiori a quelli attuali previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003;
    sul tema si è svolto recentemente un convegno, a Roma, dal titolo «Campi elettromagnetici e salute: c’è il rischio di un disastro ambientale con il decreto crescita?», organizzato dall’International Commission for Electromagnetic Safety (ICEMS), dall'Università di Roma Tre e dall'Ateneo della Tuscia, con la collaborazione dell'Associazione malattie da intossicazione cronica e ambientale (AMICA). In quella sede, esperti del mondo scientifico hanno ribadito che «l'Italia ha una legislazione all'avanguardia nella sicurezza della popolazione in questo settore, ma se passerà questo decreto rischia di retrocedere di fatto dietro la Cina»,

impegna il Governo

a procedere ad un'attenta e sollecita verifica degli effetti riguardanti la salute della popolazione, tenendo presente l'applicazione del principio di precauzione e a porre in essere ogni strumento volto a monitorare l'attuazione di questa norma, prevedendo altresì una relazione in merito da presentare al Parlamento ogni sei mesi.
9/5626/27Cimadoro, Piffari, Monai, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame viene ridimensionata drasticamente l'efficacia del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità stabiliti dal decreto ministeriale n. 381 del settembre 1998 e dal DPCM dell'8 luglio 2003 per proteggere la popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici in tutti i luoghi con permanenza umana non inferiore a 4 ore giornaliere e nei luoghi all'aperto intensamente frequentati;
    i commi da 8 a 10 dell'articolo 14 modificano la disciplina vigente concernente la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e demandano alle regioni l'irrogazione delle sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione, nonché al mancato rispetto delle modalità previste per l'attuazione dei piani di risanamento;
    il decreto «sviluppo» in esame, con il comma 8 dell'articolo 14, conferma per quanto non espressamente disciplinato nell'articolo in esame, le vigenti disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 luglio 2003, di attuazione della legge n. 36 del 2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ed introduce alle lettere a), b) e c) alcune disposizioni in materia di misurazione dei valori delle frequenze. Alla lettera d), invece, si indicano le norme tecniche di misurazione e di rilevamento emanate dal Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) da adottare e si demanda all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e alle agenzie per la protezione dell'ambiente regionali (ARPA) e delle province autonome di Trento e di Bolzano (APPA) l'individuazione dei fattori di riduzione di potenza in linee guida, da approvare con decreto dirigenziale emanato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    in particolare, si prevede di misurare i limiti dei campi elettromagnetici nelle abitazioni, con rilevazioni della durata di 24 ore, invece che di sei minuti, come accade attualmente. Di conseguenza, i picchi dei valori che oggi vengono riscontrati in sei minuti, verranno diluiti in 24 ore. Con una misurazione basata sui sei minuti di picco, gli operatori erano costretti, per non sforare, a tenersi molto più bassi (circa 4 volt al metro). È evidente che il nuovo metodo di misurazione introdotto dal decreto permetterà la tolleranza di picchi diurni, quando è maggiore il numero degli utenti attivi, fino a 18-20 volt per metro, cioè fino a tre volte superiori a quelli attuali previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003;
    sul tema si è svolto recentemente un convegno, a Roma, dal titolo «Campi elettromagnetici e salute: c’è il rischio di un disastro ambientale con il decreto crescita?», organizzato dall’International Commission for Electromagnetic Safety (ICEMS), dall'Università di Roma Tre e dall'Ateneo della Tuscia, con la collaborazione dell'Associazione malattie da intossicazione cronica e ambientale (AMICA). In quella sede, esperti del mondo scientifico hanno ribadito che «l'Italia ha una legislazione all'avanguardia nella sicurezza della popolazione in questo settore, ma se passerà questo decreto rischia di retrocedere di fatto dietro la Cina»,

impegna il Governo

a procedere ad un'attenta verifica degli effetti riguardanti la salute della popolazione, tenendo presente l'applicazione del principio di precauzione e a porre in essere ogni strumento volto a monitorare l'attuazione di questa norma, prevedendo altresì una relazione in merito da presentare periodicamente al Parlamento.
9/5626/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Cimadoro, Piffari, Monai, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del provvedimento in esame prevede «Misure per l'individuazione ed il contrasto delle frodi assicurative». Tale articolo assegna all'IVASS il compito di curare la prevenzione amministrativa delle frodi nel settore RC auto, con riguardo alle richieste di risarcimento e di indennizzo e all'attivazione di sistemi di allerta preventiva contro i rischi di frode;
    a tal fine l'IVASS mette in correlazione le banche dati gestite da enti diversi e si avvale di un archivio informatico integrato: i risultati delle analisi svolte sono segnalati alle imprese assicurative e all'autorità giudiziaria. È prevista una relazione annuale sull'attività svolta a fini di prevenzione e contrasto delle frodi;
    i costi delle polizze assicurative per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada stanno subendo da anni una serie di aumenti pressoché continui, che rendono sempre più insostenibile per i cittadini adempiere all'obbligo di disporre di una copertura assicurativa per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione su strada dei veicoli a motore;
    tale dinamica dei prezzi delle polizze delle assicurazioni per la responsabilità civile auto si connette con il fenomeno, sempre più preoccupante, soprattutto in alcune zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative nel settore, che viene addotto dalle compagnie assicurative come giustificazione dell'incremento dei costi delle polizze;
    i comportamenti fraudolenti, che si esplicano sia attraverso truffe volte ad ottenere indebiti risarcimenti, sia attraverso l'elusione dell'obbligo di assicurazione, oltre ad essere di per sé inaccettabili, trattandosi di un fenomeno criminale, costituiscono un elemento di grave inefficienza del mercato assicurativo e una causa di distorsione della concorrenza, determinando un aggravio per il sistema assicurativo, che viene normalmente addossato dalle compagnie ai consumatori, attraverso il meccanismo dei prezzi delle polizze assicurative, oppure su tutti i contribuenti, i quali finanziano attraverso la fiscalità generale i meccanismi di risarcimento previsti per i sinistri causati da veicoli non assicurati;
    occorre dunque assumere iniziative per sciogliere il circolo vizioso, in base al quale l'elevato numero di truffe costituisce giustificazione per una costante lievitazione dei costi delle polizze, a scapito dei consumatori onesti;
    a tale problematica si aggiunge inoltre l'effetto dirompente del progressivo abbandono, da parte delle compagnie assicurative, del mercato delle polizze RC auto in molte aree meridionali, adducendo anche in questo caso la motivazione dell'elevato numero di sinistri fraudolenti;
    tale comportamento, che si realizza sia attraverso lo smantellamento delle strutture agenziali e di quelle dedicate alla liquidazione dei sinistri ubicate nelle aree meridionali, sia attraverso la definizione di condizioni di polizza talmente onerose da renderne impossibile, per l'utente medio, la stipula o il rinnovo, impedisce, nei fatti, a moltissimi utenti residenti nel Mezzogiorno di adempiere all'obbligo, imposto dal legislatore a seguito di una scelta compiuta in sede comunitaria fin dalla direttiva del 1969, di disporre di una copertura assicurativa per poter mettere in circolazione su strada i veicoli a motore,

impegna il Governo

a definire misure che impediscano l'abbandono del mercato delle polizze RC auto nelle regioni del Mezzogiorno da parte delle compagnie assicurative, evitando che queste ultime eludano sostanzialmente l'obbligo a contrarre che grava su di esse in tale settore.
9/5626/28Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge intende sostenere la crescita economica mediante misure di rilancio dell'attività d'impresa e degli investimenti al fine di accrescere la competitività del sistema Paese sui mercati internazionali;
    nel corso dell'esame del decreto al Senato sono state introdotte, mediante l'articolo 36-bis, norme di modifica dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, che detta disposizioni per una maggiore trasparenza e per il riequilibrio dei rapporti commerciali all'interno della filiera agroalimentare, per il contrasto delle pratiche commerciali sleali e sui termini di pagamento, anche mediante un efficace apparato sanzionatorio;
    in particolare l'articolo 62 del citato decreto-legge n. 1 del 2012 stabilisce una regolamentazione dei rapporti nella filiera agroalimentare fortemente sollecitata dal mondo agricolo e dalle stesse autorità italiane ed europee, per favorire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato, a vantaggio anche del consumatore; con tale disciplina si intende porre rimedio alla strutturale posizione di debolezza contrattuale del produttore agricolo, in un mercato caratterizzato dalla deperibilità dei prodotti, da un'offerta agricola frammentata e da una domanda sempre più polarizzata nei grandi centri di acquisto;
    l'articolo 36-bis modifica in modo significativo il primo comma del citato articolo 62, abrogando le disposizioni che sanzionano con la «nullità», anche rilevata d'ufficio dal giudice, la mancanza nel contratto degli elementi che il medesimo primo comma rende obbligatori quali: la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento;
    l'eliminazione della sanzione della nullità per i contratti privi dei suddetti requisiti di contenuto rischia di compromettere l'efficacia generale della disciplina, indebolendone il contenuto prescrittivo;
    la regolamentazione stabilita al citato articolo 62 si configura quale strumento di fondamentale importanza per le imprese agricole nazionali che costituite, per oltre il 90 per cento da piccole e medie imprese, vi trovano quella cornice giuridica necessaria alla creazione di regole certe ed omogenee indispensabili per competere sul mercato in modo paritario con gli altri attori della filiera;
    un maggiore equilibrio fra i vari attori della filiera agroalimentare rappresenta un obiettivo da perseguire nell'ottica di sviluppo della competitività dell'intero settore e di una maggiore salvaguardia del cittadino;
    in tale disciplina un ruolo centrale riveste l'apparato sanzionatorio laddove, per il non rispetto della previsioni relative al contratto scritto, individua sanzioni pecuniarie rilevanti e la nullità del contratto, che può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice; in tal modo il legislatore ha chiarito la rilevante incidenza che riveste la certezza contrattuale nell'equilibrio dei rapporti tra le parti che, in caso di inottemperanza, danneggia soprattutto il fornitore;
    appare quindi necessario ripristinare la nullità dei contratti di cui all'articolo 62 in caso di contratti che non indichino la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, nonché il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento,

impegna il Governo:

   a verificare quali siano gli effetti che le modifiche introdotte dall'articolo 36-bis producono sull'efficacia delle norme di cui all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012 relative alla regolamentazione dei rapporti commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli;
   a proseguire le attività di verifica delle ricadute derivanti dall'applicazione del citato articolo 62 nelle transazioni commerciali in ambito agricolo con i soggetti interessati in modo da rendere coerenti le implicazioni del suddetto articolo 62 con le finalità di tutela dei produttori agricoli nell'ambito dei negoziati di filiera.
9/5626/29Zucchi, Oliverio, Brandolini, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme di cui all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, stabiliscono regole stringenti per i pagamenti a favore delle imprese agricole;
    il Governo ha emanato il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 92, recante «Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, camma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180», e che tale decreto legislativo riguarda la generalità delle aziende e della PA;
    dette norme presentano contraddizioni che realizzano un'asimmetria nel sistema dei pagamenti con particolare danno per le imprese fornitrici della pubblica amministrazione o di altre imprese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni sopra richiamate, al fine di verificare l'opportunità di rivedere la normativa, armonizzando le diverse disposizioni, prevedendo anche norme che fissino i termini intercorrenti tra la consegna dei beni o la prestazione dei servizi e la fatturazione di dette prestazioni.
9/5626/30Saglia, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese;
    il comparto della produzione di energia da bioliquidi, è condizionato da una situazione di difficoltà, legittimata dal notevole incremento del costo delle materie prime e dall'attuale impasse economica;
    a tali criticità vanno ad aggiungersi quelle relative alle recenti disposizioni normative che hanno introdotto l'obbligo di certificazione di sostenibilità degli oli, attraverso le disposizioni del decreto ministeriale del 23 gennaio 2012, e la diminuzione del valore dei certificai verdi per effetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 28 del 2011;
    a seguito dunque dell'entrata in vigore delle citate disposizioni normative, sono elevati i rischi per il settore anche per la difficoltà di raggiungimento degli obbiettivi di energia rinnovabile sanciti a livello internazionale. È compromessa la sopravvivenza stessa del settore sotto il profilo occupazionale anche alla luce delle ricadute sul versante degli investimenti e sulla difficoltà di accedere al credito da parte delle imprese direttamente coinvolte;
    sarebbe auspicabile procedere con il ripristino di condizioni di esercizio fattive per gli impianti alimentati da bioliquidi sostenibili, alla luce della normativa, senza che vengano a generarsi impatti sulla componente A3 della bolletta elettrica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconoscere – in appositi provvedimenti – agli impianti di generazione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili, un meccanismo di rimodulazione dell'incentivo all'energia prodotta, anche prevedendo la possibilità in capo ai titolari degli impianti stessi di optare – qualora siano vigenti determinate condizioni – per l'applicazione del coefficiente moltiplicativo di cui al punto 7 della tabella 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e s.m.i.
9/5626/31Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha previsto l'abrogazione degli istituti «dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata», mantenendoli in deroga per alcune categorie particolarmente esposte a rischio indicate con la dicitura «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico»;
    resta escluso dalle deroghe tutto il personale della polizia locale, afferente il comparto vigilanza degli enti locali. Si tratta di circa 65.000 unità di personale di polizia locale, distribuite su tutto il territorio nazionale, le quali operano quotidianamente in situazioni di potenziale esposizione a rischio, analogamente ai loro colleghi afferenti i corpi di polizia di Stato, vigili del fuoco croce rossa, Arma dei carabinieri, già tutelati dalla deroga,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima, nell'ambito delle proprie competenze, le dovute modifiche di natura normativa finalizzate a garantire l'inclusione, tra le deroghe del citato articolo 6 comma 1, anche il personale della polizia locale, per tutelarne i diritti e la sicurezza e garantirne l'operatività.
9/5626/32Giorgio Conte, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, rinnovando tra l'altro le competenze dell'Agenzia per l'Italia digitale;
    RetItalia internazionale Spa è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è interamente posseduto dall'ormai disciolto Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE), e svolge compiti di analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, nonché di fornitura di assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle PMI italiane, proponendo soluzioni sempre all'avanguardia nel panorama ICT e ponendo la dovuta attenzione al corretto equilibrio tra costi e benefici;
    il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato a retItalia internazionale Spa nel giugno 2011 e nell'aprile 2012 il portale Made in Italy, un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale e l’International Trade Hub – Italia, un portale sponsorizzato dal «Tavolo Strategico Nazionale per la Trade Facilitation», che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione;
    a seguito della «spending review» il Ministero dello sviluppo economico ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di retItalia internazionale Spa e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della Società, al fine di renderla appetibile al mercato;
    in relazione alla natura «in house» di retItalia internazionale Spa e delle limitate risorse rese disponibili alla «Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane», le professionalità e lo stesso patrimonio informatico, in gestione a retItalia internazionale Spa, rischiano di andare dispersi in conseguenza dell'alienazione della società;
    sarebbe auspicabile, al fine di salvaguardare gli investimenti fatti, capitalizzare le risorse e le conoscenze professionali disponibili, valutare ipotesi di integrazione di retItalia internazionale Spa nella struttura della Pubblica Amministrazione, intese come soluzioni più economiche e meno rischiose per l'integrità del patrimonio informatico messo a disposizione della ex-ICE nel corso degli anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere all'integrazione di tutto il personale a tempo indeterminato appartenente alla società RetItalia Internazionale S.p.a. nei ruoli dell'Agenzia per l'Italia digitale previa procedura selettiva, finalizzata al collocamento del personale all'interno dell'Agenzia.
9/5626/33Raisi, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, rinnovando tra l'altro le competenze dell'Agenzia per l'Italia digitale;
    RetItalia internazionale Spa è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è interamente posseduto dall'ormai disciolto Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE), e svolge compiti di analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, nonché di fornitura di assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle PMI italiane, proponendo soluzioni sempre all'avanguardia nel panorama ICT e ponendo la dovuta attenzione al corretto equilibrio tra costi e benefici;
    il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato a retItalia internazionale Spa nel giugno 2011 e nell'aprile 2012 il portale Made in Italy, un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale e l’International Trade Hub – Italia, un portale sponsorizzato dal «Tavolo Strategico Nazionale per la Trade Facilitation», che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione;
    a seguito della «spending review» il Ministero dello sviluppo economico ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di retItalia internazionale Spa e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della Società, al fine di renderla appetibile al mercato;
    in relazione alla natura «in house» di retItalia internazionale Spa e delle limitate risorse rese disponibili alla «Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane», le professionalità e lo stesso patrimonio informatico, in gestione a retItalia internazionale Spa, rischiano di andare dispersi in conseguenza dell'alienazione della società;
    sarebbe auspicabile, al fine di salvaguardare gli investimenti fatti, capitalizzare le risorse e le conoscenze professionali disponibili, valutare ipotesi di integrazione di retItalia internazionale Spa nella struttura della Pubblica Amministrazione, intese come soluzioni più economiche e meno rischiose per l'integrità del patrimonio informatico messo a disposizione della ex-ICE nel corso degli anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di procedere all'integrazione del personale a tempo indeterminato appartenente alla società RetItalia Internazionale S.p.a. nei ruoli dell'Agenzia per l'Italia digitale previa procedura selettiva, finalizzata al collocamento del personale all'interno dell'Agenzia.
9/5626/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Raisi, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni finalizzate alla crescita del Paese promuovendone lo sviluppo, anche introducendo misure di diversa natura finalizzate a tutelare e garantire l'accesso dei cittadini alle fonti di informazione;
    in tema di diffusione dell'informazione, con particolare riferimento ai prodotti editoriali sussistono forti criticità in relazione all'erogazione dei contributi per l'editoria, per la sussistenza di collegamenti tra imprese editoriali richiedenti i contributi, spesso oggetto di contestazione e di procedimenti penali;
    la normativa in tema di collegamenti tra imprese editoriali, facente capo al comma 11-ter dell'articolo 3 della legge n. 250 del 1990, è stata sovente oggetto di discrezionalità interpretativa e, fino a prima dell'entrata in vigore della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) gli uffici hanno sempre proceduto, in presenza di collegamenti o presunti collegamenti, all'erogazione dei contributi ad una sola impresa del presunto gruppo di imprese;
    con la legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1 comma 574, si stabilì che, in caso di imprese collegate, tutte le imprese decadevano dal diritto di accesso ai contributi;
    ciò ha determinato delle evidenti criticità per le imprese editoriali coinvolte, in considerazione del carattere vitale che i contributi rivestono per l'attività di diffusione editoriale che costituisce un riferimento imprescindibile per la garanzia di un'informazione libera e plurale,

impegna il Governo

ad attivare le dovute iniziative di natura normativa finalizzate a ripristinare, segnatamente nel caso di imprese editoriali in merito all'accesso ai contributi per l'editoria, la situazione antecedente alla legge n. 266 del 2005, affinché in caso di presunti collegamenti, ipotizzabili da parte degli uffici, almeno una delle imprese coinvolte possa percepire i contributi spettanti.
9/5626/34Scanderebech, Di Biagio.


   La Camera,
   visto il decreto-legge recante «ulteriori misure urgenti per la crescita del paese»;
   esaminato, in particolare, l'articolo 23 che modifica le disposizioni in materia di società di mutuo soccorso introdotte dalla legge 15 aprile 1886, n. 3818;
   atteso che, in seguito alla prescrizione di un obbligo, per dette società, di svolgere esclusivamente le attività di carattere socio-sanitario individuate dalle nuove norme, diverse società di mutuo soccorso attive sul territorio nazionale da diverso tempo, e, in alcuni casi, risalenti addirittura a fine 800, rischiano di dover rinunciare ad attività effettuate a favore delle realtà territoriali in cui operano in quanto non riconducibili a quelle obbligatorie o di dover rinunciare alla forma giuridica utilizzata nel corso dei decenni;
   ricordato che tali diverse attività sono state coltivate in settori importanti come l'istruzione e la cultura o comunque, in settori qualificanti per il territorio in cui si sono fin qui esplicate;
   ritenuto opportuno procedere ad una verifica delle conseguenze che tali disposizioni possono provocare su numerose società di mutuo soccorso che, grazie all'attività meritevole di intere generazioni, costituiscono ancora oggi un riferimento importante per le realtà territoriali e per la custodia della memoria storica di sodalizi che hanno contribuito alla crescita sociale delle relative comunità e, quindi del Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma sopra richiamata, al fine di verificare la possibilità di assumere ogni iniziativa opportuna allo scopo di consentire che le società di mutuo soccorso che, prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, svolgevano effettivamente la propria attività in settori diversi da quelli esclusivi introdotti con la riforma dell'articolo 1 della legge 15 aprile 1886 n. 3818, possano proseguire in tali attività senza la necessità di procedere a costose trasformazioni degli atti costitutivi e degli statuti e preservando, in tal modo, anche la loro memoria storica.
9/5626/35Contento.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame prevede importanti innovazioni nel campo del settore dei trasporti, servizio di interesse economico generale che si configura come elemento essenziale del diritto alla mobilità sancito dall'articolo 16 della Costituzione;
    il sistema dei trasporti è il perno fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di un Paese moderno, avendo il fine di garantire la mobilità delle persone e delle merci. Per tali ragioni, il diritto alla continuità territoriale, promosso in sede europea, va inserito nell'ambito della garanzia, dell'uguaglianza dei cittadini nonché della coesione economica e sociale dei nostro Paese;
    le popolazioni delle isole minori siciliane vivono una situazione di perdurante disagio. Oltre alle problematiche proprie del Mezzogiorno italiano, i cittadini residenti in tali località sono costretti a subire difficoltà di trasporto e comunicazione che ne compromettono inevitabilmente le sfere economiche e sociali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di attuare azioni incisive affinché la Sicilia e le sue isole minori possano fruire a pieno del principio della continuità territoriale, garantendo altresì il diritto alla mobilità dei cittadini siciliani.
9/5626/36Fallica, Misiti, Miccichè, Grimaldi, Terranova, Stagno d'Alcontres, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre 2009: il Governo ha aperto un tavolo di concertazione con le maggiori associazioni sindacali degli operatori balneari per arrivare ad una soluzione condivisa che consentisse di chiudere la procedura di infrazione e che potesse tutelare gli operatori di fronte alle modifiche legislative imposte dall'unione Europea;
    il 30 dicembre 2009: al fine di impedire che gli operatori balneari potessero essere sottoposti a procedure di evidenza pubblica per il rinnovo delle proprie concessioni già a partire dal 1o gennaio 2010, con gravi effetti pregiudizievoli per loro e per il sistema balneare italiano, nel decreto-legge n. 194 (cosiddetto decreto Milleproroghe), è stato inserito all'articolo 1, il 18o comma, il quale ha stabilito che le concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo in essere alla data del 30 dicembre 2009 e in scadenza entro il 31 dicembre 2012 avessero durata fino a tale data;
    il 26 febbraio 2010: la Legge 26 febbraio 2010 n. 194 di conversione del sopracitato decreto, ha cambiato l'iniziale testo del 18o comma sopracitato, introducendo due modifiche: 1) ha esteso la durata delle concessioni sopra indicate al 31 dicembre 2015 e 2) ha richiamato nel testo le disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che prevede che le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative possano avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni;
    il 5 maggio 2010: la Commissione Europea, con lettera 2008/4908 C(2010) 2734 del 5 maggio 2010, ha riscontrato che l'articolo 1, 18o comma, così come modificato dalla legge di conversione del 26 febbraio 2010 n. 25, faceva riferimento all'articolo 03, comma 4-bis del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, che a sua volta rinvia in modo espresso all'articolo 01, comma 2 del decreto-legge n. 400 citato, contenente il rinnovo automatico delle concessioni. In conseguenza di ciò, ha riaperto la procedura d'infrazione;
    gennaio 2011: iniziano gli incontri tra Stato e Regioni per raggiungere un'intesa sulle modifiche legislative da introdurre in materia di demanio marittimo per superare i contrasti sorti con l'Unione europea e permettere la chiusura della procedura d'infrazione;
    il 27 settembre 2011: Il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione sull’«Europa, prima destinazione turistica mondiale – un nuovo quadro politico per il turismo europeo» (2010/2206(INI), con la quale all'articolo 56 invita la Commissione Europea a valutare se la direttiva 2006/123/CE possa avere ripercussioni negative sulle PMI di questo settore e, nel caso, a proporre misure per attenuare tali ripercussioni e garantire che le caratteristiche specifiche di questa categoria professionale siano prese in direttiva;
    il 30 novembre 2011: il Senato ha approvato definitivamente la Legge Comunitaria 2010. In conseguenza di ciò l'articolo 11, abrogando le disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime in contrasto con i principi del Trattato Europeo, ha permesso di fatto la chiusura della procedura d'infrazione 2008/4908 ed ha attribuito al Governo, ed in particolare al Ministro per gli Affari regionali, la delega ad adottare entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore di detta legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittimi secondo i principi e i criteri indicati nella medesima legge comunitaria;
    nel mese di ottobre 2012: i ministri Gnudi e Moavero hanno presentato le linee guida del decreto delegato di riordino delle concessioni demaniali previsto dalla Legge Comunitaria 2010;
    nei giorni successivi: si è avuta notizia che il governo spagnolo ha presentato un Progetto di legge teso a prolungare le concessioni demaniali senza evidenza pubblica e con parere favorevole del Commissario europeo alla giustizia;
    il 6 dicembre 2012: il Senato ha approvato il Decreto Sviluppo che prevede una «mini» proroga di 5 anni, che non risolve il problema di una transizione che deve essere più lunga in previsione di una legge di riordino;
    le 30 mila aziende balneari rappresentano una eccellenza dell'offerta turistica italiana da tutelare per l'indubbio valore competitivo e per la funzione di pubblico interesse (ambientale, sanitario, di sicurezza) che esse svolgono sulle nostre coste,

impegna il Governo:

   a riaprire il confronto in Europa al fine scongiurare una messa in mora o una nuova procedura d'infrazione dei tutto incongrua vista la legge spagnola e il parere europeo;
   a ricontrattare in Europa tutta la materia alla luce di quello che succede in Spagna;
   a verificare la possibilità di ripensare il tema delle concessioni in Italia nell'ambito della nuova direttiva europea sulle concessioni.
9/5626/37Pizzolante, Ceroni, Ciccanti, Carlucci, Pini, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre 2009: il Governo ha aperto un tavolo di concertazione con le maggiori associazioni sindacali degli operatori balneari per arrivare ad una soluzione condivisa che consentisse di chiudere la procedura di infrazione e che potesse tutelare gli operatori di fronte alle modifiche legislative imposte dall'unione Europea;
    il 30 dicembre 2009: al fine di impedire che gli operatori balneari potessero essere sottoposti a procedure di evidenza pubblica per il rinnovo delle proprie concessioni già a partire dal 1o gennaio 2010, con gravi effetti pregiudizievoli per loro e per il sistema balneare italiano, nel decreto-legge n. 194 (cosiddetto decreto Milleproroghe), è stato inserito all'articolo 1, il 18o comma, il quale ha stabilito che le concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo in essere alla data del 30 dicembre 2009 e in scadenza entro il 31 dicembre 2012 avessero durata fino a tale data;
    il 26 febbraio 2010: la Legge 26 febbraio 2010 n. 194 di conversione del sopracitato decreto, ha cambiato l'iniziale testo del 18o comma sopracitato, introducendo due modifiche: 1) ha esteso la durata delle concessioni sopra indicate al 31 dicembre 2015 e 2) ha richiamato nel testo le disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che prevede che le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative possano avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni;
    il 5 maggio 2010: la Commissione Europea, con lettera 2008/4908 C(2010) 2734 del 5 maggio 2010, ha riscontrato che l'articolo 1, 18o comma, così come modificato dalla legge di conversione del 26 febbraio 2010 n. 25, faceva riferimento all'articolo 03, comma 4-bis del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, che a sua volta rinvia in modo espresso all'articolo 01, comma 2 del decreto-legge n. 400 citato, contenente il rinnovo automatico delle concessioni. In conseguenza di ciò, ha riaperto la procedura d'infrazione;
    gennaio 2011: iniziano gli incontri tra Stato e Regioni per raggiungere un'intesa sulle modifiche legislative da introdurre in materia di demanio marittimo per superare i contrasti sorti con l'Unione europea e permettere la chiusura della procedura d'infrazione;
    il 27 settembre 2011: Il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione sull’«Europa, prima destinazione turistica mondiale – un nuovo quadro politico per il turismo europeo» (2010/2206(INI), con la quale all'articolo 56 invita la Commissione Europea a valutare se la direttiva 2006/123/CE possa avere ripercussioni negative sulle PMI di questo settore e, nel caso, a proporre misure per attenuare tali ripercussioni e garantire che le caratteristiche specifiche di questa categoria professionale siano prese in direttiva;
    il 30 novembre 2011: il Senato ha approvato definitivamente la Legge Comunitaria 2010. In conseguenza di ciò l'articolo 11, abrogando le disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime in contrasto con i principi del Trattato Europeo, ha permesso di fatto la chiusura della procedura d'infrazione 2008/4908 ed ha attribuito al Governo, ed in particolare al Ministro per gli Affari regionali, la delega ad adottare entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore di detta legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittimi secondo i principi e i criteri indicati nella medesima legge comunitaria;
    nel mese di ottobre 2012: i ministri Gnudi e Moavero hanno presentato le linee guida del decreto delegato di riordino delle concessioni demaniali previsto dalla Legge Comunitaria 2010;
    nei giorni successivi: si è avuta notizia che il governo spagnolo ha presentato un Progetto di legge teso a prolungare le concessioni demaniali senza evidenza pubblica e con parere favorevole del Commissario europeo alla giustizia;
    il 6 dicembre 2012: il Senato ha approvato il Decreto Sviluppo che prevede una «mini» proroga di 5 anni, che non risolve il problema di una transizione che deve essere più lunga in previsione di una legge di riordino;
    le 30 mila aziende balneari rappresentano una eccellenza dell'offerta turistica italiana da tutelare per l'indubbio valore competitivo e per la funzione di pubblico interesse (ambientale, sanitario, di sicurezza) che esse svolgono sulle nostre coste,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di riaprire il confronto in Europa al fine scongiurare una messa in mora o una nuova procedura d'infrazione del tutto incongrua vista la legge spagnola e il parere europeo, anche alla luce di quello che succede in Spagna;
   a verificare la possibilità di ripensare il tema delle concessioni in Italia nell'ambito della nuova direttiva europea sulle concessioni.
9/5626/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Pizzolante, Ceroni, Ciccanti, Carlucci, Pini, Scilipoti, Razzi, Tassone.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge recante misure urgenti per la crescita del Paese, interviene all'articolo 33-octies a modificare la disciplina della Conferenza dei servizi con riguardo al superamento dei dissensi espressi dalle regioni e province autonome nelle materie di loro competenza;
    l'istituto della conferenza dei servizi può costituire un valido strumento di semplificazione e di accelerazione dei procedimenti amministrativi con importanti ricadute positive sulla vita dei cittadini e sull'attività delle aziende;
    la disciplina vigente presenta caratteri di frammentarietà dovuta al fatto che essa è più il risultato di interventi scoordinati spesso contenuti, come nel caso attuale, in provvedimenti d'urgenza, che di una normativa organica;
    la denunciata disorganicità della disciplina comporta spesso la difficoltà di ricostruire quale sia l'esatta regolamentazione da applicare alle singole fattispecie, anche per l'intreccio con disposizioni di settore richiamate dalla stessa legge n. 241 del 1990 che dovrebbe disciplinare, per la sua natura di legge sul procedimento amministrativo, in maniera generale ed esaustiva gli istituti in essa contemplati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le iniziative per una risistemazione organica della disciplina della conferenza di servizi ispirata a obbiettivi di reale semplificazione, concentrazione delle decisioni, valutando in particolare l'introduzione del dissenso costruttivo come fattispecie di dissenso esprimibile in sede di conferenza.
9/5626/38Pastore, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca misure urgenti per la crescita del Paese;
    all'articolo 2 il provvedimento prevede l'istituzione presso il Ministero dell'interno dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), quale base di dati di interesse nazionale, che subentra all'Indice nazionale delle anagrafi (INA);
    ferme restando le attribuzioni del sindaco di cui all'articolo 54, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è previsto altresì che l'ANPR subentri alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all'estero tenute dai comuni;
    con apposito decreto deve essere definito un piano per il graduale subentro dell'ANPR alle citate anagrafi, da completare entro il 31 dicembre 2014;
    fino alla completa attuazione di detto piano, l'ANPR acquisisce automaticamente in via telematica i dati contenuti nelle anagrafi tenute dai comuni per i quali non è ancora avvenuto il subentro,

impegna il Governo

a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni introdotte all'articolo 2 e l'impatto che esse determinano presso gli uffici comunali incaricati della tenuta delle anagrafi della popolazione residente al fine di valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative normative volte a prevedere il mantenimento delle anagrafi in capo ai comuni in luogo della prevista sostituzione da parte dell'ANPR, secondo il piano di subentro previsto entro il 31 dicembre 2014.
9/5626/39Fogliato, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca misure urgenti per la crescita del Paese;
    all'articolo 2 il provvedimento prevede l'istituzione presso il Ministero dell'interno dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), quale base di dati di interesse nazionale, che subentra all'Indice nazionale delle anagrafi (INA);
    ferme restando le attribuzioni del sindaco di cui all'articolo 54, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è previsto altresì che l'ANPR subentri alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all'estero tenute dai comuni;
    con apposito decreto deve essere definito un piano per il graduale subentro dell'ANPR alle citate anagrafi, da completare entro il 31 dicembre 2014;
    fino alla completa attuazione di detto piano, l'ANPR acquisisce automaticamente in via telematica i dati contenuti nelle anagrafi tenute dai comuni per i quali non è ancora avvenuto il subentro,

impegna il Governo

a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni introdotte all'articolo 2 e l'impatto che esse determinano presso gli uffici comunali incaricati della tenuta delle anagrafi della popolazione residente al fine di valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative normative.
9/5626/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Fogliato, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca misure urgenti per la crescita del Paese;
    in particolare, con gli articoli 1 e 2 il decreto intende promuovere lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, definire le politiche di incentivo alla domanda dei servizi digitali e favorire l'alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze digitali con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, nonché la ricerca e l'innovazione tecnologica;
    l'articolo 2-bis introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato reca nuove regole tecniche per le basi di dati cui deve provvedere l'Agenzia per l'Italia digitale per l'identificazione dei dati critici tra quelli di interesse nazionale necessari a tale alfabetizzazione, nonché per la definizione delle modalità di aggiornamento, secondo standard internazionali di riferimento;
    ciò è previsto al fine di garantire la qualità dei dati presenti nelle banche di informazioni utili all'alfabetizzazione e allo sviluppo dei servizi digitali;
    è tuttavia necessario in queste operazioni prevedere anche idonee misure volte alla semplificazione delle procedure e dei sistemi informativi in modo siano garantite la trasparenza, l'economicità, l'efficacia e l'efficienza dei servizi che sono diretti a cittadini ed imprese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in successivi provvedimenti legislativi, di disporre tra le modalità di aggiornamento delle basi di dati cui l'Agenzia per l'Italia digitale è chiamata a provvedere, idonee misure volte alla semplificazione delle procedure amministrative e dei sistemi informativi digitali, a servizio di cittadini ed imprese, a fini di «sburocratizzazione».
9/5626/40Polledri, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame interviene in materia di finanza e funzionamento degli enti locali;
    l'articolo 5 reca norme relative all'obbligo di utilizzo della posta elettronica certificata per le pubbliche amministrazioni e per le imprese individuali che presentino domanda di prima iscrizione al registro delle imprese o all'albo delle imprese artigiane successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, mentre l'articolo 6 dispone in ordine alla trasmissione dei documenti per via telematica;
    già il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell'amministrazione digitale, ha infatti disposto che tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute nello svolgimento dei propri compiti ed attività ad attenersi all'utilizzo del sistema di posta elettronica certificata – PEC per ogni scambio di comunicazione ed informazione;
    le misure introdotte dal Codice dell'amministrazione digitale e dai successivi provvedimenti che si sono susseguiti relativi all'amministrazione digitale, di fatto, sono stati disattesi e rimasti inattuati da parte di moltissime pubbliche amministrazioni;
    è necessario pertanto prevedere che l'utilizzo della PEC e delle comunicazioni digitali sostituisca ogni altra forma di comunicazione e scambio di informazioni, al fine di facilitare anche i rapporti con cittadini ed imprese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere ogni opportuna iniziativa al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni previste dal Codice dell'amministrazione digitale in riferimento all'obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, nonché delle previsioni di cui alla nuova normativa in tema di amministrazione aperta e accessibilità delle informazioni della pubblica amministrazione, introdotta dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, cosiddetto primo decreto crescita e sviluppo, affinché le stesse trovino definitiva e compiuta attuazione.
9/5626/41Meroni, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento contiene disposizioni in materia di giustizia civile, e precisamente norme finalizzate ad introdurre ulteriori disposizioni di «giustizia digitale», affinché nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria siano effettuate esclusivamente per via telematica;
    la modifica proposta, fra l'altro, prevede che l'entrata in vigore, per i procedimenti in materia civile, sia differenziata a seconda se i destinatari siano i difensori o soggetti diversi da quest'ultimi,

impegna il Governo

a riferire alla Camera entro quattro mesi dall'introduzione del nuovo sistema di notificazione e comunicazione digitale nei procedimenti civili avanti ai Tribunali e alle Corti di Appello, evidenziando in particolare, rispetto al periodo precedente, il risparmio di spesa, suddiviso per Corti di Appello, conseguito a parità di procedimenti, tra loro similari.
9/5626/42Paolini, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento contiene disposizioni in materia di giustizia civile, e precisamente norme finalizzate ad introdurre ulteriori disposizioni di «giustizia digitale», affinché nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria siano effettuate esclusivamente per via telematica;
    tra le modifiche proposte fra l'altro, vi è quella che ha inciso pesantemente sul diritto di copia di cui all'articolo 40 del testo unico in materia di spese di giustizia, attraverso un aumento di ben dieci volte rispetto a quello oggi previsto per gli atti comunicati o notificati in cancelleria;
    la notificazione in cancelleria è regola per molti procedimenti civili in materia di sanzioni amministrative, poiché, come è risaputo, la parte non necessita di difesa tecnica, e il cittadino molto spesso non è residente nel comune ove l'accertamento è avvenuto;
    l'aumento proposto colpirebbe in principalità i semplici cittadini che non si muniscono di una difesa tecnica e che detta novella legislativa risulta altresì incoerente anche rispetto all'esercizio pieno e uguale del diritto di difesa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a escludere dall'applicazione dell'aumento, per gli atti comunicati o notificati in cancelleria, di dieci volte del diritto di copia in tutti i procedimenti civili ove la parte può stare in giudizio senza la difesa tecnica.
9/5626/43Rondini, Barbato.


   La Camera,
   valutando positivamente gli interventi prospettati dal Governo per pianificare il completamento e potenziamento della rete di comunicazione Tetra, indispensabile alle forze di polizia nazionali, che l'utilizzeranno per scambiarsi informazioni in condizioni di accresciuta sicurezza;
   sottolineando come il sistema di pubblica sicurezza non comprenda soltanto l'Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza ma, altresì, le Polizie Provinciali e locali;
   evidenziando come il progetto di integrare le polizie locali e provinciali in un sistema unitario incontri tuttora ostacoli importanti nella restrizione operata a loro danno dell'accesso ad alcune banche dati del Ministero dell'Interno ritenute di importanza strategica,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad allargare progressivamente alle polizie locali e provinciali l'accesso ai dati sensibili stoccati presso il Ministero dell'Interno di cui normalmente si valgono le forze dell'ordine nazionali nell'espletamento delle proprie funzioni e ad estendere loro, ove necessario, le reti di comunicazione protette.
9/5626/44Volpi, Barbato.


   La Camera,
   valutando positivamente gli interventi prospettati dal Governo per pianificare il completamento e potenziamento della rete di comunicazione Tetra, indispensabile alle forze di polizia nazionali, che l'utilizzeranno per scambiarsi informazioni in condizioni di accresciuta sicurezza;
   sottolineando come il sistema di pubblica sicurezza non comprenda soltanto l'Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza ma, altresì, le Polizie Provinciali e locali;
   evidenziando come il progetto di integrare le polizie locali e provinciali in un sistema unitario incontri tuttora ostacoli importanti nella restrizione operata a loro danno dell'accesso ad alcune banche dati del Ministero dell'Interno ritenute di importanza strategica,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'opportunità di prevedere forme di accesso autorizzate anche per le polizie locali e provinciali ai dati sensibili stoccati presso il Ministero dell'Interno di cui normalmente si valgono le forze dell'ordine nazionali nell'espletamento delle proprie funzioni e ad estendere loro, ove necessario, le reti di comunicazione protette.
9/5626/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Volpi, Barbato.


   La Camera,
   rilevando come l'Atto Camera 5626 contempli lo stanziamento di 3,7 milioni di euro nei 2012, ormai alla conclusione, e di altri 2,6 milioni all'anno dal 2013 al 2020 per allestire «apprestamenti e dispositivi info-operativi e di sicurezza idonei a garantire il supporto e la protezione del personale impiegato anche nelle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed assicurare una maggior tutela della libertà di navigazione»;
   esprimendo apprezzamento per la scelta di impiegare, in qualità di copertura delle spese previste per il 2012, i fondi erogati dall'Onu a titolo di rimborso per la partecipazione delle Forze Armate italiane alle operazioni di pace promosse dalle Nazioni Unite;
   rilevando tuttavia, come le risorse per i successivi sette anni, debbano invece essere attinte dal fondo per le missioni militari all'estero, che viene rifinanziato di anno in anno;
   pertanto, come nel periodo 2013-2020 la copertura individuata sia al momento puramente teorica – potendo il predetto fondo anche non essere rifinanziato nei prossimi anni – e la misura delineata conseguentemente un mero auspicio programmatico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare alla prima occasione utile il regime delle coperture previste, in modo tale da garantirne la congruità a medio termine rispetto alla spesa prevista.
9/5626/45Chiappori, Barbato.


   La Camera,
   rilevando come l'Atto Camera 5626 contempli lo stanziamento di 3,7 milioni di euro nei 2012, ormai alla conclusione, e di altri 2,6 milioni all'anno dal 2013 al 2020 per allestire «apprestamenti e dispositivi info-operativi e di sicurezza idonei a garantire il supporto e la protezione del personale impiegato anche nelle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed assicurare una maggior tutela della libertà di navigazione»;
   esprimendo apprezzamento per la scelta di impiegare, in qualità di copertura delle spese previste per il 2012, i fondi erogati dall'Onu a titolo di rimborso per la partecipazione delle Forze Armate italiane alle operazioni di pace promosse dalle Nazioni Unite;
   rilevando tuttavia, come le risorse per i successivi sette anni, debbano invece essere attinte dal fondo per le missioni militari all'estero, che viene rifinanziato di anno in anno;
   pertanto, come nel periodo 2013-2020 la copertura individuata sia al momento puramente teorica – potendo il predetto fondo anche non essere rifinanziato nei prossimi anni – e la misura delineata conseguentemente un mero auspicio programmatico,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, gli effetti applicativi delle disposizioni di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il regime delle coperture previste, in modo tale da garantirne la congruità a medio termine rispetto alla spesa prevista.
9/5626/45. (Testo modificato nel corso della seduta) Chiappori, Barbato.


   La Camera,
   apprezzando la decisione del Governo di dare alla lotta antipirateria un carattere di lungo periodo, prevedendo stanziamenti di qui al 2020 per allestire «apprestamenti e dispositivi info-operativi e di sicurezza idonei a garantire il supporto e la protezione del personale impiegato anche nelle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed assicurare una maggior tutela della libertà di navigazione»;
   evidenziando la sussistenza di potenziali fattori di rischio, relativi in particolare alla possibilità che gli Stati rivieraschi dei bacini interessati dal fenomeno della pirateria maturino forme di risentimento per la percezione di eventuali compressioni della loro sovranità,

impegna il Governo

a riferire periodicamente al Parlamento sull'andamento delle operazioni di contrasto alla pirateria marittima e sull'applicazione delle misure adottate nel quadro dell'attuazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame.
9/5626/46Rainieri, Barbato.


   La Camera,
   apprezzando la decisione del Governo di dare alla lotta antipirateria un carattere di lungo periodo, prevedendo stanziamenti di qui al 2020 per allestire «apprestamenti e dispositivi info-operativi e di sicurezza idonei a garantire il supporto e la protezione del personale impiegato anche nelle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed assicurare una maggior tutela della libertà di navigazione»;
   evidenziando la sussistenza di potenziali fattori di rischio, relativi in particolare alla possibilità che gli Stati rivieraschi dei bacini interessati dal fenomeno della pirateria maturino forme di risentimento per la percezione di eventuali compressioni della loro sovranità,

impegna il Governo

a riferire annualmente al Parlamento sull'andamento delle operazioni di contrasto alla pirateria marittima e sull'applicazione delle misure adottate nel quadro dell'attuazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame.
9/5626/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Rainieri, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34, comma 30, del provvedimento in esame, dispone che a decorrere dal sessantesimo giorno dall'emanazione dei decreti non regolamentari di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 2/2012, si applichi la sanzione ai casi di commercializzazione dei sacchi per trasporto merci (cosiddetti shoppers) non conformi alle prescrizioni ivi previste;
    l'attuale disposizione rivede solo parzialmente la precedente versione del testo iniziale del presente decreto, il termine di cui al comma 4 veniva anticipato di un anno, ovvero al 31 dicembre 2012, lasciando inalterata la preoccupazione delle aziende operanti nel settore, circa un centinaio per un totale di circa 4 mila dipendenti, creando comunque notevole instabilità sia relativamente all'aspetto produttivo, sia a livello occupazionale;
    la Commissione considera contrari all'articolo 18 della direttiva 94/62/CE sia il divieto di commercializzare sacchetti di plastica non biodegradabili imposto dalla legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) – la cui decorrenza è stata successivamente modificata fino al 1o gennaio 2011 dal decreto-legge 78/2009 – sia la sospensione di tale divieto relativamente ad alcune categorie di sacchetti di plastica con determinate caratteristiche introdotta dall'articolo 2 del decreto-legge 2/2012, come recepito dalla legge 28/2012,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'attuale termine stabilito per il divieto di commercializzazione dei sacchi per trasporto merci, posticipando ulteriormente il termine ultimo al 31 dicembre 2013.
9/5626/47Bitonci, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34, comma 31, del provvedimento in esame, individua nel Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna l'amministrazione competente, in regime ordinario, per il coordinamento delle attività di dragaggio, rimozione, trattamento e relativo conferimento in discarica di sedimenti, e che la finalità di tale articolo è quella di consentire l'esecuzione di interventi volti a rimuovere i rischi di esondazione del fiume Pescara e ristabilire le condizioni minime di agibilità e fruibilità del porto-canale di Pescara;
    la disposizione prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro per il pagamento degli indennizzi agli operatori della pesca del Porto canale di Pescara per il fermo dell'attività causato dal mancato avvio delle attività di dragaggio;
    anche in altre aree del Paese, come nel Delta del Po, in provincia di Rovigo, a causa della realizzazione di alcune grandi opere come l'installazione del terminal gasiero al largo di Porto Levante, l'attività di pesca ed ittiocoltura ha subito dei gravi e pesanti ripercussioni, con evidenti contraccolpi sui livelli occupazionali coinvolti,

impegna il Governo

a prevedere interventi finalizzati a sostenere gli operatori della pesca, anche dell'area del Delta del Po in Provincia di Rovigo.
9/5626/48Munerato, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34, comma 31, del provvedimento in esame, individua nel Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna l'amministrazione competente, in regime ordinario, per il coordinamento delle attività di dragaggio, rimozione, trattamento e relativo conferimento in discarica di sedimenti, e che la finalità di tale articolo è quella di consentire l'esecuzione di interventi volti a rimuovere i rischi di esondazione del fiume Pescara e ristabilire le condizioni minime di agibilità e fruibilità del porto-canale di Pescara;
    la disposizione prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro per il pagamento degli indennizzi agli operatori della pesca del Porto canale di Pescara per il fermo dell'attività causato dal mancato avvio delle attività di dragaggio;
    anche in altre aree del Paese, come nel Delta del Po, in provincia di Rovigo, a causa della realizzazione di alcune grandi opere come l'installazione del terminal gasiero al largo di Porto Levante, l'attività di pesca ed ittiocoltura ha subito dei gravi e pesanti ripercussioni, con evidenti contraccolpi sui livelli occupazionali coinvolti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in un successivo provvedimento, interventi finalizzati a sostenere gli operatori della pesca, anche dell'area del Delta del Po in Provincia di Rovigo.
9/5626/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Munerato, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-bis del provvedimento in esame reca ulteriori novelle all'articolo 68 del CAD in tema di acquisizione di programmi informatici da parte della pubblica amministrazione;
    in particolare, vengono inseriti i principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica che devono presiedere alla valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico volta all'acquisto di programmi informatici o parti di essi da parte delle amministrazioni pubbliche;
    la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito in questi ultimi anni il Paese ha comportato l'emanazione di numerosi provvedimenti finalizzati ad una revisione del livello di spesa pubblica in alcuni settori della Pubblica Amministrazione, giunto a livelli eccessivi anche a causa di inefficienze che hanno rallentato il progresso tecnologico ed aumentato i costi di gestione,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, e ad ogni livello della Pubblica Amministrazione, in ordine alla finalizzazione di interventi per il progresso tecnologico allo scopo di ridurre i livelli della spesa pubblica.
9/5626/49Bonino, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del provvedimento in esame introduce una serie di incentivi fiscali per gli anni 2013-2015, in favore di persone fisiche e persone giuridiche che intendono investire nel capitale sociale di imprese «start-up innovative», stabilendo come le persone fisiche potranno detrarre dall'IRPEF una percentuale delle somme investite nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in startup innovative;
    la disoccupazione oggi in Italia ha raggiunto livelli molto elevati, soprattutto per due categorie sociali, ovvero i giovani e le donne la quali entrano molte volte nel mondo del lavoro solo dopo essersi dedicate alla crescita dei figli, e dovendo conciliare il lavoro casalingo con quello esterno, subendo talvolta spesso pesanti discriminazioni e una serie di disuguaglianze strutturali,

impegna il Governo

a prevedere regimi fiscali e previdenziali agevolati per le start-up innovative che assumono all'interno della propria forza lavoro personale femminile, al fine di contribuire ad incrementare l'occupazione femminile.
9/5626/50Comaroli, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del provvedimento in esame introduce una serie di incentivi fiscali per gli anni 2013-2015, in favore di persone fisiche e persone giuridiche che intendono investire nel capitale sociale di imprese «start-up innovative», stabilendo come le persone fisiche potranno detrarre dall'IRPEF una percentuale delle somme investite nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in startup innovative;
    la disoccupazione oggi in Italia ha raggiunto livelli molto elevati, soprattutto per due categorie sociali, ovvero i giovani e le donne la quali entrano molte volte nel mondo del lavoro solo dopo essersi dedicate alla crescita dei figli, e dovendo conciliare il lavoro casalingo con quello esterno, subendo talvolta spesso pesanti discriminazioni e una serie di disuguaglianze strutturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prevedere regimi fiscali e previdenziali agevolati per le start-up innovative che assumono all'interno della propria forza lavoro personale femminile, al fine di contribuire ad incrementare l'occupazione femminile.
9/5626/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Comaroli, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 57 dell'articolo 34 del provvedimento in esame autorizza la CONSOB ad assumere, mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato, non più di cinque persone che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risultino idonee all'immediato svolgimento dei compiti di istituto;
    l'ammontare complessivo della spesa pubblica italiana ha determinato, in queste ultimi esercizi, l'adozione di numerosi ed impegnativi provvedimenti, imponendo misure di contenimento a tutti i livelli della Pubblica Amministrazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire che l'assunzione di personale da parte di CONSOB debba avvenire impiegando, in via prioritaria, personale già rientrante nella forza lavoro oggi occupata all'interno della medesima CONSOB.
9/5626/51D'Amico, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 57 dell'articolo 34 del provvedimento in esame autorizza la CONSOB ad assumere, mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato, non più di cinque persone che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risultino idonee all'immediato svolgimento dei compiti di istituto;
    l'ammontare complessivo della spesa pubblica italiana ha determinato, in queste ultimi esercizi, l'adozione di numerosi ed impegnativi provvedimenti, imponendo misure di contenimento a tutti i livelli della Pubblica Amministrazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di considerare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire che l'assunzione di personale da parte di CONSOB debba avvenire impiegando, in via prioritaria, personale già rientrante nella forza lavoro oggi occupata all'interno della medesima CONSOB.
9/5626/51. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37-bis del provvedimento in esame prevede come possano essere individuate «zone a burocrazia zero», ove viene previsto come in queste zone sia possibile individuare tipi di autorizzazioni che possono essere sostituite da semplici comunicazioni al SUAP e l'applicazione del silenzio assenso per i procedimenti amministrativi inerenti le iniziative produttive ad eccezione di quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e attinenti all'incolumità pubblica;
    all'interno del medesimo provvedimento, viene altresì previsto come le risorse stanziate per le aree ubicate nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia siano utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
    la disposizione così come formulata sembra perciò prefigurare un'evidente e chiara sperequazione tra i diversi territori del Paese, avvantaggiando notevolmente le amministrazioni locali di determinate aree,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a uniformare l'attuale normativa inerente i contributi diretti ed utilizzati dai Sindaci alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero, a tutto le aree individuate come a burocrazia zero, senza limitarle a specifiche Regioni.
9/5626/52Vanalli, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37-bis del provvedimento in esame prevede come possano essere individuate «zone a burocrazia zero», ove viene previsto come in queste zone sia possibile individuare tipi di autorizzazioni che possono essere sostituite da semplici comunicazioni al SUAP e l'applicazione del silenzio assenso per i procedimenti amministrativi inerenti le iniziative produttive ad eccezione di quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e attinenti all'incolumità pubblica;
    all'interno del medesimo provvedimento, viene altresì previsto come le risorse stanziate per le aree ubicate nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia siano utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
    la disposizione così come formulata sembra perciò prefigurare un'evidente e chiara sperequazione tra i diversi territori del Paese, avvantaggiando notevolmente le amministrazioni locali di determinate aree,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, eventuali iniziative normative volte a uniformare l'attuale normativa inerente i contributi diretti ed utilizzati dai Sindaci alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero, a tutto le aree individuate come a burocrazia zero, senza limitarle a specifiche Regioni.
9/5626/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Vanalli, Barbato.


   La Camera,
    preso atto della volontà del Governo di favorire la crescita dell'economia del Paese, oggi gravemente depressa da una crisi che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerato che il settore delle energie rinnovabili può costituire un importante volano per tutta l'economia;
    considerato che ai sensi dei decreto ministeriale 5 luglio 2012, il Quarto Conto Energia si applica esclusivamente: ai «piccoli impianti» fotovoltaici, agli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e agli impianti a concentrazione che entrano in esercizio prima del 27 agosto 2012; ai «grandi impianti» iscritti in posizione utile nei Registri e che producono la certificazione di fine lavori entro 7 mesi (o 9 mesi per gli impianti di potenza superiore a 1 MW) dalla pubblicazione della relativa graduatoria; agli impianti realizzati sugli edifici pubblici e su aree delle Amministrazioni Pubbliche, che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012;
    considerata la difficoltà di molte pubbliche amministrazioni di far entrare in esercizio gli impianti entro la fine del 2012,

impegna il Governo

a concedere un congruo rinvio del termine ultimo per l'entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici realizzati su edifici pubblici al fine di godere delle incentivazioni del quarto conto energia.
9/5626/53Montagnoli, Barbato.


   La Camera,
    preso atto della volontà del Governo di favorire la crescita dell'economia del Paese, oggi gravemente depressa da una crisi che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerato che il settore delle energie rinnovabili può costituire un importante volano per tutta l'economia;
    considerato che ai sensi dei decreto ministeriale 5 luglio 2012, il Quarto Conto Energia si applica esclusivamente: ai «piccoli impianti» fotovoltaici, agli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e agli impianti a concentrazione che entrano in esercizio prima del 27 agosto 2012; ai «grandi impianti» iscritti in posizione utile nei Registri e che producono la certificazione di fine lavori entro 7 mesi (o 9 mesi per gli impianti di potenza superiore a 1 MW) dalla pubblicazione della relativa graduatoria; agli impianti realizzati sugli edifici pubblici e su aree delle Amministrazioni Pubbliche, che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012;
    considerata la difficoltà di molte pubbliche amministrazioni di far entrare in esercizio gli impianti entro la fine del 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, tenuto conto della sostenibilità dei connessi rincari in bolletta, di un eventuale rinvio del termine ultimo per l'entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici realizzati su edifici pubblici al fine di godere delle incentivazioni del quarto conto energia.
9/5626/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Montagnoli, Barbato.


   La Camera,
   preso atto della volontà del Governo di favorire la crescita dell'economia del Paese, oggi gravemente depressa da una crisi che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   considerato che con il presente decreto il Governo non affronta i grandi nodi che affliggono il mondo imprenditoriale, primo fra tutti la difficoltà di finanziamento delle nostre imprese, che devono convivere con un sistema bancario ormai attento solo ai propri bilanci e non al sostegno dell'economia reale;
   preso atto che il fenomeno del credit crunch è drammatico ed dati sui finanziamenti erogati non segnalano un'inversione di tendenza;
   considerato che la Banca Centrale Europea ha immesso nei mesi scorsi sul mercato ingenti somme di denaro che le banche italiane non hanno destinato al credito verso le imprese private, impegnate come sono ad assolvere gli obblighi delle autorità europee in tema di capitalizzazione;
   considerato che lo Stato deve tornare ad acquisire partecipazioni nel capitale delle banche che godono di sostegno pubblico e che godono di finanziamenti a tassi agevolati della Banca Centrale Europea, non con lo scopo di sostituire il management degli istituti di credito o di tornare al modello della banca pubblica, ma con il solo fine di vigilare e garantire il necessario flusso di credito alle imprese e alle famiglie, essenziale per garantire la ripresa dell'economia reale,

impegna il Governo

a prevedere che lo Stato possa acquisire quote del capitale delle banche che beneficiano di finanziamenti a tassi agevolati da parte della Banca Centrale Europea, al fine di garantire un adeguato flusso di credito alle famiglie ed alle imprese.
9/5626/54Simonetti, Barbato.


   La Camera,
   preso atto della volontà del Governo di favorire la crescita dell'economia del Paese, oggi gravemente depressa da una crisi che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   considerato che con il presente decreto il Governo non affronta i grandi nodi che affliggono il mondo imprenditoriale, primo fra tutti la difficoltà di finanziamento delle nostre imprese, che devono convivere con un sistema bancario ormai attento solo ai propri bilanci e non al sostegno dell'economia reale;
   preso atto che il fenomeno del credit crunch è drammatico ed dati sui finanziamenti erogati non segnalano un'inversione di tendenza;
   considerato che la Banca Centrale Europea ha immesso nei mesi scorsi sul mercato ingenti somme di denaro che le banche italiane non hanno destinato al credito verso le imprese private, impegnate come sono ad assolvere gli obblighi delle autorità europee in tema di capitalizzazione;
   valutato che è necessario che il Governo vigili sul sistema bancario affinché venga adeguatamente sostenuto il sistema produttivo, in modo da finanziare la crescita e che intervenga, nel caso ciò non avvenga, con il commissariamento delle banche,

impegna il Governo

a valutare l'introduzione delle disposizioni normative necessarie per inserire tra le cause di scioglimento degli organi amministrativi e di controllo delle banche il mancato ampliamento delle concessioni di credito alle imprese ed ai consumatori nel caso le banche abbiano beneficiato delle risorse finanziarie concesse a tasso agevolato dalla BCE.
9/5626/55Fugatti, Barbato.


   La Camera,
   preso atto della volontà del Governo di favorire la crescita dell'economia del Paese, oggi gravemente depressa da una crisi che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   preso atto della volontà del Governo di incentivare la diffusione delle tecnologie digitali nella pubblica amministrazione e di favorire l'uso degli strumenti di pagamento elettronici;
   ritenuto opportuno introdurre ulteriori misure per limitare l'uso del denaro contante senza penalizzare i consumatori con restrizioni esagerate o con costi di gestione delle carte elettroniche;
   preso atto che, per talune categorie, come tabaccai e distributori di carburanti, la diffusione delle carte di pagamento elettroniche diminuirebbe notevolmente il rischio di rapine, aumentando la sicurezza personale,

impegna il Governo

ad assicurare la gratuità, sia per il consumatore sia per l'esercente, delle transazioni regolate con carte di pagamento elettroniche presso rivendite di carburanti e di tabacchi per importi inferiori ad euro 150.
9/5626/56Forcolin, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 11, il comma 3, capoverso 1-bis prevede che «le regioni e gli enti locali interessati stipulino convenzioni con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per consentire, in situazioni particolarmente svantaggiate, l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie al fine di migliorare la qualità dei servizi agli studenti e di garantire una maggiore socializzazione delle comunità di scuole.»;
    il comma 628 della Finanziaria 2007 ha confermato quanto stabilito dalla Legge finanziaria 448/98 in merito alla gratuità parziale dei libri di testo estesa anche agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore;
    in particolare, in base alle sopra citate norme, le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo, nonché per l'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno, da assumere quale limite all'interno del quale i docenti debbono operare le proprie scelte si applichi anche per il primo e per il secondo anno dell'istruzione secondaria superiore, nonché, limitatamente all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria, agli anni successivi al secondo;
    le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori sono inoltre autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori;
    le amministrazioni interessate possono, a fronte di particolari esigenze, disporre che il beneficio previsto dall'articolo 27, comma 1, della citata legge n. 448 del 1998 sia utilizzato per l'assegnazione, anche in comodato, dei libri di testo agli alunni, in possesso dei requisiti richiesti che adempiono l'obbligo scolastico;
    l'articolo 23, comma 5 del decreto-legge 95/2012 prevede che «Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi previsti dall'articolo 27, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sia autorizzata la spesa di 103 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare agli studenti i contenuti digitali interattivi di cui al comma 3, capoverso 1-bis dell'articolo 11 del disegno di legge in titolo, con oneri a carico delle famiglie, nel rispetto sia dell'articolo 27, comma 1 della Legge 448/1998, sia dell'articolo 23, comma 5 del decreto-legge n. 95/2012.
9/5626/57Goisis, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 11, il comma 3, capoverso 1-bis prevede che «le regioni e gli enti locali interessati stipulino convenzioni con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per consentire, in situazioni particolarmente svantaggiate, l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie al fine di migliorare la qualità dei servizi agli studenti e di garantire una maggiore socializzazione delle comunità di scuole.»;
    il comma 628 della Finanziaria 2007 ha confermato quanto stabilito dalla Legge finanziaria 448/98 in merito alla gratuità parziale dei libri di testo estesa anche agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore;
    in particolare, in base alle sopra citate norme, le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo, nonché per l'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno, da assumere quale limite all'interno del quale i docenti debbono operare le proprie scelte si applichi anche per il primo e per il secondo anno dell'istruzione secondaria superiore, nonché, limitatamente all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria, agli anni successivi al secondo;
    le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori sono inoltre autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori;
    le amministrazioni interessate possono, a fronte di particolari esigenze, disporre che il beneficio previsto dall'articolo 27, comma 1, della citata legge n. 448 del 1998 sia utilizzato per l'assegnazione, anche in comodato, dei libri di testo agli alunni, in possesso dei requisiti richiesti che adempiono l'obbligo scolastico;
    l'articolo 23, comma 5 del decreto-legge 95/2012 prevede che «Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi previsti dall'articolo 27, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sia autorizzata la spesa di 103 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere disponibile agli studenti i contenuti digitali interattivi, nel rispetto del principio costituzionale del diritto allo studio.
9/5626/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Goisis, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 9 gennaio 2004, n. 4 reca «Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici»;
    in particolare, la predetta normativa tutela e garantisce il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, anche attraverso eventuali ulteriori iniziative normative, di sottoporre la fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali, accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno, di cui al comma 2 dell'articolo 5 della legge 9 gennaio 2004, n. 4, oltre che agli obblighi di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 2006, n. 252, anche all'obbligo di deposito della versione digitale accessibile ai sensi del decreto del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica amministrazione 30 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2008;
   a valutare altresì l'opportunità di rendere la suddetta versione disponibile per l'acquisto dagli editori ad un prezzo inferiore rispetto a quello della versione cartacea.
9/5626/58Grimoldi, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del disegno di legge in titolo modifica l'articolo 15 del decreto-legge n. 112 del 2008, consentendo che la versione on line dei libri di testo contenga contenuti digitali integrativi;
    il medesimo articolo, alla lettera c) comma 3-bis prevede che: «la scuola assicuri la disponibilità dei supporti tecnologici necessari alla fruizione dei contenuti digitali e/o digitali integrativi, su richiesta delle famiglie e con oneri a carico delle stesse entro lo specifico limite definito con apposito decreto»;
    l'articolo in parola alla lettera c) comma 3-ter prevede altresì che «la disponibilità dei supporti tecnologici necessari alla fruizione dei citati “contenuti digitali e digitali integrativi” siano messi a disposizione delle singole scuole, su richiesta delle famiglie e con oneri a carico delle stesse entro lo specifico limite definito con il sopra citato decreto ad hoc»;
    in un momento in cui anche il settore dell'editoria si muove con difficoltà per la crisi economica generale, l'aiuto delle tecnologie informatiche consente indubbiamente a questo settore di mantenere una proposta editoriale di qualità e di poterla proporre ad un pubblico sempre più vasto, compreso l'ambito scolastico;
    gli e-book di ultima generazione sono la riproduzione digitale dei libri stampanti, poiché contengono le stesse immagini, didascalie, foto, impaginazione, eccetera;
    dal punto di vista dei vantaggi degli e-book è particolarmente utile la funzione di ricerca nel testo, una sorta di motore di ricerca del libro, ed eventualmente la presenza di materiale multimediale come video, audio, animazioni, link verso internet, navigazione in ipertesto eccetera;
    dal punto di vista degli svantaggi, a differenza del libro cartaceo, l'e-book richiede un supporto elettronico per essere visualizzato e letto: ciò implica «l'acquisto obbligatorio di un ebook reader»;
    i relativi costi non sono probabilmente eccessivi, ma possono risultare «particolarmente esosi» se rapportati a redditi familiari di soggetti monoreddito o incapienti,

impegna il Governo:

   a) relativamente all'acquisto dei supporti informatici di cui all'articolo 11, lettera c) comma 3-ter, a valutare l'opportunità di attribuire una quota parte delle relative spese a carico dei risparmi conseguenti alla riduzione dei costi di fornitura dei libri di testo in formato cartaceo, e una seconda quota parte a carico delle famiglie degli alunni della scuola dell'obbligo, stabilendo la ripartizione dei relativi oneri, in base ai seguenti parametri ISEE:
    «1) al Reddito ISEE fino a 10.000 euro la contribuzione delle famiglie si attesterebbe alla somma di 50 euro;
    2) al Reddito ISEE da 10.001 fino a 20.000 euro, la contribuzione delle famiglie si attesterebbe alla somma di 100 euro;
    3) al Reddito ISEE oltre 20.000 euro, la contribuzione delle famiglie si attesterebbe alla somma di 250 euro»;
   b) a valutare altresì l'opportunità di reperire le risorse adeguate a garantire agli alunni di genitori incapienti la fornitura gratuita dei contenuti digitali e digitali integrativi, nonché quella relativa ai supporti tecnologici, necessari alla fruizione dei predetti contenuti.
9/5626/59Rivolta, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del disegno di legge in titolo modifica l'articolo 15 del decreto-legge n. 112 del 2008, consentendo che la versione on line dei libri di testo contenga contenuti digitali integrativi;
    il medesimo articolo, alla lettera c) comma 3-bis prevede che: «la scuola assicuri la disponibilità dei supporti tecnologici necessari alla fruizione dei contenuti digitali e/o digitali integrativi, su richiesta delle famiglie e con oneri a carico delle stesse entro lo specifico limite definito con apposito decreto»;
    l'articolo in parola alla lettera c) comma 3-ter prevede altresì che «la disponibilità dei supporti tecnologici necessari alla fruizione dei citati “contenuti digitali e digitali integrativi” siano messi a disposizione delle singole scuole, su richiesta delle famiglie e con oneri a carico delle stesse entro lo specifico limite definito con il sopra citato decreto ad hoc»;
    in un momento in cui anche il settore dell'editoria si muove con difficoltà per la crisi economica generale, l'aiuto delle tecnologie informatiche consente indubbiamente a questo settore di mantenere una proposta editoriale di qualità e di poterla proporre ad un pubblico sempre più vasto, compreso l'ambito scolastico;
    gli e-book di ultima generazione sono la riproduzione digitale dei libri stampanti, poiché contengono le stesse immagini, didascalie, foto, impaginazione, eccetera;
    dal punto di vista dei vantaggi degli e-book è particolarmente utile la funzione di ricerca nel testo, una sorta di motore di ricerca del libro, ed eventualmente la presenza di materiale multimediale come video, audio, animazioni, link verso internet, navigazione in ipertesto eccetera;
    dal punto di vista degli svantaggi, a differenza del libro cartaceo, l'e-book richiede un supporto elettronico per essere visualizzato e letto: ciò implica «l'acquisto obbligatorio di un ebook reader»;
    i relativi costi non sono probabilmente eccessivi, ma possono risultare «particolarmente esosi» se rapportati a redditi familiari di soggetti monoreddito o incapienti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire le risorse adeguate a garantire agli alunni di genitori incapienti la fornitura gratuita dei contenuti digitali e digitali integrativi, nonché quella relativa ai supporti tecnologici, necessari alla fruizione dei predetti contenuti.
9/5626/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Rivolta, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 reca la disciplina sul valore aggiunto;
    la Tabella A, parte II, reca la lista dei «Beni e servizi soggetti all'aliquota del 4 per cento», contemplando al punto n. 18) anche i libri;
    l'articolo 11 prevede alla lettera c) commi 3-bis e 3-ter la fornitura sia di contenuti digitali e digitali interattivi, nonché dei supporti tecnologici, con oneri a carico delle famiglie;
    in base ai dati relativi al bilancio sociale, l'INPS ha rilevato che l'attuale crisi economica ha determinato il crollo del potere d'acquisto delle famiglie, che si è ridotto del 5,2 per cento, subendo una contrazione, graduale nel corso degli anni, con l'1,4 per cento nel 2008, il 2,5 per cento nel 2009, lo 0,4 per cento nel 2010 e lo 0,9 per cento lo scorso anno;
    l'auspicabilità dell'adozione degli e-Book dipende molto da come vengono distribuiti i costi relativi alla diffusione di questo strumento informatico, poiché l'esclusivo costo a carico delle famiglie, peserebbe in maniera maggiore sulle famiglie più svantaggiate, che non possiedono già computer e strumenti tecnologici, producendo effetti negativi in termini di consenso e di approvazione verso l'istituzione scolastica;
    i predetti e-book sono sottoposti a un regime fiscale più elevato rispetto al citato «libro cartaceo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di equiparare i prodotti informatici a quelli cartacei, anche alla luce di alcune interpretazioni favorevoli in tal senso, e riscontrabili nella direttiva europea 2009/47/CE del 9 maggio 2009, in modo tale da inserire tra i sopra menzionati beni di cui al numero 18 e al numero 35 della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche i libri scolastici fissati su supporto diverso da quello cartaceo e distribuiti attraverso piattaforma telematica.
9/5626/60Cavallotto, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 reca la disciplina sul valore aggiunto;
    la Tabella A, parte II, reca la lista dei «Beni e servizi soggetti all'aliquota del 4 per cento», contemplando al punto n. 18) anche i libri;
    l'articolo 11 prevede alla lettera c) commi 3-bis e 3-ter la fornitura sia di contenuti digitali e digitali interattivi, nonché dei supporti tecnologici, con oneri a carico delle famiglie;
    in base ai dati relativi al bilancio sociale, l'INPS ha rilevato che l'attuale crisi economica ha determinato il crollo del potere d'acquisto delle famiglie, che si è ridotto del 5,2 per cento, subendo una contrazione, graduale nel corso degli anni, con l'1,4 per cento nel 2008, il 2,5 per cento nel 2009, lo 0,4 per cento nel 2010 e lo 0,9 per cento lo scorso anno;
    l'auspicabilità dell'adozione degli e-Book dipende molto da come vengono distribuiti i costi relativi alla diffusione di questo strumento informatico, poiché l'esclusivo costo a carico delle famiglie, peserebbe in maniera maggiore sulle famiglie più svantaggiate, che non possiedono già computer e strumenti tecnologici, producendo effetti negativi in termini di consenso e di approvazione verso l'istituzione scolastica;
    i predetti e-book sono sottoposti a un regime fiscale più elevato rispetto al citato «libro cartaceo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di equiparare i prodotti informatici a quelli cartacei, anche alla luce di alcune interpretazioni favorevoli in tal senso, e riscontrabili nella direttiva europea 2009/47/CE del 9 maggio 2009, in modo tale da inserire tra i sopra menzionati beni di cui al numero 18 e al numero 35 della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche i libri scolastici fissati su supporto diverso da quello cartaceo e distribuiti attraverso piattaforma telematica.
9/5626/60. (Testo modificato nel corso della seduta) Cavallotto, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 8 del presente provvedimento è stato inserito, nel corso dell'esame al Senato, il comma 9-quater, che reca modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285 (Codice della strada) dando facoltà all'ente proprietario della strada di prescrivere, con ordinanza, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità;
    dall'interpretazione letterale del comma in questione si evince che ciascun ente proprietario o gestore delle strade possa disporre l'utilizzo «esclusivo» di pneumatici invernali, obbligando nei fatti gli automobilisti a dotarsi di pneumatici in alternativa alle catene, a meno che non si vogliano percorrere solo tratti di strada su cui non sia prevista tale esclusività;
    l'articolo 6 del Codice della strada già prevede che, con ordinanza, si possa prescrivere che i veicoli siano muniti ovvero abbiano a bordo mezzi antisdrucciolevoli o pneumatici invernali idonei alla marcia su neve o su ghiaccio e sembra quindi superflua e fuorviante la disposizione contenuta al comma 9-quater dell'articolo 8 del provvedimento in esame;
    si sta diffondendo un fondato allarmismo fra gli automobilisti che temono che le catene a bordo non siano più sufficienti e che siano costretti a sostenere ulteriori costi per dotare il proprio mezzo di pneumatici che ipoteticamente potrebbero diventare indispensabili a seguito di un'ordinanza;
    con una nota del 7 dicembre 2012 il sottosegretario ai Trasporti, Guido Improta, ha chiarito che «l'emendamento parlamentare approvato al Senato relativo alla circolazione di automezzi in caso di rilevanti eventi nevosi non dispone assolutamente alcun obbligo di utilizzo di pneumatici da neve per la circolazione (....) L'utilizzo di catene da neve e di pneumatici da neve resta equiparato». Il Sottosegretario Improta ha precisato anche che: «La norma apporta significative novità sul fronte della sicurezza della circolazione, chiarendo che, in condizioni eccezionali, puntualmente individuate, l'ente proprietario di una strada o il concessionario autostradale possano prescrivere l'utilizzo delle catene oppure, nel caso queste non siano utilizzabili, di pneumatici»;
    questa nota non fuga i dubbi relativi all'esclusività dell'utilizzo di pneumatici in alternativa alle catene da neve e sembra fondamentale una interpretazione univoca e ufficiale sull'argomento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a specificare che la dotazione di pneumatici invernali è equivalente alla dotazione di catene a bordo, chiarendo così inequivocabilmente la disposizione contenuta nell'articolo 8, comma 9-quater del presente provvedimento.
9/5626/61Crosio, Dozzo, Fava, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 8, prevede anche delle modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, Codice della Strada, in particolare prevedendo la facoltà di emettere un'ordinanza per l'uso esclusivo di pneumatici da neve in caso di maltempo. Tale disposizione non sembra certo essere considerata una «misura urgente per la crescita del paese», portando solo un aggravio di spese e di disagi per i cittadini e per le aziende di trasporto;
    intervenendo con una modifica all'articolo 164 del codice della strada si potrebbero invece agevolare numerose imprese di trasporto, che esprimono da anni la necessità di poter applicare un carrello elevatore sul proprio mezzo, senza dover necessariamente dover andare in altri Paesi europei come Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda per l'omologazione; in Italia, con circolare del Ministro dei trasporti 0982/4203/8 – A078 del 1o settembre 1981, è stata autorizzata, in via sperimentale, l'applicazione di un carrello elevatore sugli autoveicoli destinati al trasporto di cose, per il carico e lo scarico delle merci trasportate dagli stessi autoveicoli, in conformità a quanto previsto dall'articolo del Codice della strada in vigore al momento dell'emanazione della circolare ministeriale;
    l'allestimento in argomento, consistente nella sistemazione di un carrello elevatore sullo sbalzo posteriore di taluni veicoli è da ricondursi ad un carico trasportato a sbalzo;
    l'articolo 164 del Codice della strada attualmente in vigore, dispone, in merito alla sistemazione del carico sui veicoli, che un'eventuale sporgenza longitudinale posteriore del carico è ammessa, nei limiti prescritti, soltanto se trattasi di carico indivisibile, le cui dimensioni non ne consentono la sistemazione all'interno del contenitore di carico del veicolo;
    la normativa francese, (Code de la route, articolo R312-21) non operando alcuna distinzione tra carico divisibile e carico indivisibile, consente evidentemente l'applicazione anche di carrelli elevatori per il carico e scarico merci, purché la sporgenza longitudinale posteriore non superi i limiti fissati dalla suddetta disposizione;
    la Commissione delle comunità europee, nella «Relazione sulla Normativa comunitaria sulle macchine», ha ritenuto che il settore delle macchine costituisca una parte importante del settore della meccanica ed è uno dei pilastri industriali dell'economia comunitaria;
    nell'ottica di un rinnovo degli automezzi nelle classi ecologiche Euro 5, molte imprese italiane che necessitano di veicoli dotati di carrelli elevatori, si stanno spostando nei Paesi europei dove tale omologazione è consentita,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le azioni necessarie, anche di carattere normativo, al fine di consentire nel nostro Paese, analogamente a quanto accade in altri Paesi europei, l'omologazione degli autoveicoli attrezzati con carrelli elevatori sullo sbalzo, così come consentito dalla normativa europea.
9/5626/62Gidoni, Desiderati, Barbato.


   La Camera,
   valutato che le misure in esso contenute non sono sufficienti a contrastare la crescente crisi dell'occupazione e del sistema produttivo;
   ricordato che i recenti dati Istat del mese di ottobre 2012 registrano dati allarmanti sul tasso di disoccupazione giovanile e non, la cui crescita è dovuta alla perdita di innumerevoli posti di lavoro;
   considerato, pertanto, che nel momento più acuto della crisi bisognerebbe garantire protezione sociale e sostegno al reddito;
   ritenuto quindi il momento attuale non opportuno per avviare i nuovi ammortizzatori sociali (ASPI e Mini-AsPi) di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92, in quanto penalizzanti in termini di durata e di importo rispetto alla normativa previgente,

impegna il Governo

a considerare di rinviare al 2016 l'entrata in vigore della riforma degli ammortizzatori sociali di cui all'articolo 2 della legge n. 92 del 2012 o, comunque, a sospendere fino al superamento della crisi economica del Paese, attestata da variazioni in positivo del Prodotto Interno Lordo, la soppressione dell'intervento della CIGS per le imprese interessate da procedure concorsuali che comportano la cessazione dell'attività.
9/5626/63Nicola Molteni, Barbato.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   valutate le misure in esso contenute, volte alla crescita ed allo sviluppo del Paese;
   ritenuta condicio sine qua non per la ripresa economica del Paese percorrere la strada dell'occupabilità e della creazione di nuovi posti di lavoro;
   accertato che per favorire il rilancio delle nostre imprese ed incrementare l'occupazione sono assolutamente necessari interventi di abbattimento del costo del lavoro,

impegna il Governo

ad intraprendere con urgenza, compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica, politiche di riduzione del cuneo fiscale.
9/5626/64Di Vizia, Barbato.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   valutate le misure in esso contenute, volte alla crescita ed allo sviluppo del Paese;
   ritenuta condicio sine qua non per la ripresa economica del Paese percorrere la strada dell'occupabilità e della creazione di nuovi posti di lavoro;
   accertato che per favorire il rilancio delle nostre imprese ed incrementare l'occupazione sono assolutamente necessari interventi di abbattimento del costo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere con urgenza, compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica, politiche di riduzione del cuneo fiscale.
9/5626/64. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vizia, Barbato.


   La Camera,
   considerate, nel dettaglio, le disposizioni di cui all'articolo 25 del provvedimento all'esame, dirette a favorire la nuova imprenditorialità e l'occupazione giovanile con riguardo alle imprese start up innovative;
   ricordato che secondo gli ultimi dati Istat la disoccupazione ad ottobre scorso è salita all'11,1 per cento e per i giovani (15-24 anni) al 36,5 per cento e tale crescita è dovuta in un caso su due, secondo l'istituto di statistica, a quanti hanno perso la precedente occupazione,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza politiche di sostegno dei redditi e di incentivi per l'assunzione dei tanti giovani disoccupati.
9/5626/65Fabi, Barbato.


   La Camera,
   considerate, nel dettaglio, le disposizioni di cui all'articolo 25 del provvedimento all'esame, dirette a favorire la nuova imprenditorialità e l'occupazione giovanile con riguardo alle imprese start up innovative;
   ricordato che secondo gli ultimi dati Istat la disoccupazione ad ottobre scorso è salita all'11,1 per cento e per i giovani (15-24 anni) al 36,5 per cento e tale crescita è dovuta in un caso su due, secondo l'istituto di statistica, a quanti hanno perso la precedente occupazione,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, politiche di sostegno dei redditi e di incentivi per l'assunzione dei tanti giovani disoccupati.
9/5626/65. (Testo modificato nel corso della seduta) Fabi, Barbato.


   La Camera,
   ritenute insufficienti le misure introdotte al fine di promuovere lo sviluppo e la ripresa economica;
   valutato che il comparto primario, componente fondamentale della crescita economica, risente particolarmente della crisi in atto ed è in condizione di grande difficoltà a causa dell'aumento dei costi di produzione, della fluttuazione dei prezzi, della speculazione internazionale sulle materie prime e delle sempre più avverse condizioni climatiche;
   posto che tra i settori più danneggiati a causa delle avversità atmosferiche che hanno caratterizzato l'attuale annata agraria, figura la filiera maidicola, in considerazione della elevata contaminazione di aflatossine nel mais;
   considerato che la situazione in cui versano i produttori maidicoli è estremamente grave e che la ricerca di soluzioni che consentano di tutelare la salute dei consumatori e il reddito dei produttori è quanto mai urgente e già più volta posta all'attenzione delle istituzioni competenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di posticipare, per le aziende maidicole la cui produzione relativa all'annata agraria 2012 registra una contaminazione da aflatossine superiore ai tenori massimi stabiliti dal regolamento CE n. 1881/2006 e dalla direttiva 2002/32/CE, al 24 aprile 2013, l'entrata in vigore delle disposizioni recate dall'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, relative alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessioni di prodotti agricoli e alimentari.
9/5626/66Negro, Barbato, Paglia, Bellotti, Luciano Rossi, Pugliese, Di Giuseppe, Castiello.


   La Camera,
   ritenute insufficienti le misure introdotte al fine di promuovere lo sviluppo e la ripresa economica;
   valutato che il comparto primario, componente fondamentale della crescita economica, risente particolarmente della crisi in atto ed è in condizione di grande difficoltà a causa dell'aumento dei costi di produzione, della fluttuazione dei prezzi, della speculazione internazionale sulle materie prime e delle sempre più avverse condizioni climatiche;
   posto che tra i settori più danneggiati a causa delle avversità atmosferiche che hanno caratterizzato l'attuale annata agraria, figura la filiera maidicola, in considerazione della elevata contaminazione di aflatossine nel mais;
   considerato che la situazione in cui versano i produttori maidicoli è estremamente grave e che la ricerca di soluzioni che consentano di tutelare la salute dei consumatori e il reddito dei produttori è quanto mai urgente e già più volta posta all'attenzione delle istituzioni competenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di proporre in sede europea di posticipare, per le aziende maidicole la cui produzione relativa all'annata agraria 2012 registra una contaminazione da aflatossine superiore ai tenori massimi stabiliti dal regolamento CE n. 1881/2006 e dalla direttiva 2002/32/CE, al 24 aprile 2013, l'entrata in vigore delle disposizioni recate dall'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, relative alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessioni di prodotti agricoli e alimentari.
9/5626/66. (Testo modificato nel corso della seduta) Negro, Barbato, Paglia, Bellotti, Luciano Rossi, Pugliese, Di Giuseppe, Castiello.


   La Camera,
   ritenute insufficienti le misure introdotte al fine di promuovere lo sviluppo e la ripresa economica;
   visto che nell'agosto 2012 il compendio costituente l'Arsenale di Venezia, con esclusione delle sole porzioni utilizzate dal Ministero della difesa per i suoi specifici compiti istituzionali, in ragione delle caratteristiche storiche e ambientali, è stato trasferito, come disposto dall'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in proprietà al Comune di Venezia, che ne assicura l'inalienabilità, l'indivisibilità e la valorizzazione;
   posto che il provvedimento in esame, all'articolo 34 comma 3, apportando sostanziali modifiche al suddetto decreto-legge, introduce di fatto significative limitazioni al diritto di proprietà in capo al comune, nella misura in cui vincola l'ente municipale ad assicurare un regime di gratuità per le porzioni utilizzate per la realizzazione del centro operativo e servizi accessori del Sistema MOSE, nonché per gli utilizzi posti in essere dalla fondazione «La Biennale di Venezia» e da tutti i soggetti pubblici ivi allocati purché espletino funzioni istituzionali;
   considerato inoltre che le modifiche introdotte comportano una riduzione dei trasferimenti erariali, corrispondenti agli usi suddetti, in misura pari al 70 per cento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare il regime previsto dall'articolo 3, comma 19-bis, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, affinché la proprietà dell'Arsenale di Venezia sia trasferita a pieno titolo, e senza onere alcuno, al comune di Venezia e sia riconosciuta al Consiglio comunale l'esclusiva potestà pianificatoria sulla destinazione d'uso degli spazi presenti all'interno del compendio, compreso l'utilizzo delle risorse derivanti dalla gestione dello stesso.
9/5626/67Callegari, Fabi, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    alla luce dei sempre maggiori problemi di circolazione stradale all'interno delle aree urbane e al conseguente aumento della domanda di trasporto pubblico, il sistema di trasporto tranviario appare una possibilità alternativa e sostenibile e l'inserimento dell'impianto tranviario in una città è spesso l'occasione per una riqualificazione delle strade attraversate;
    l'evoluzione tecnologica e le migliorate prestazioni possono rilanciare il sistema del trasporto tramviario, ma occorre prevedere misure principalmente di ordine economico e fiscale che possano accompagnare la ripresa di questo sistema di trasporto;
    una struttura di tipo tramviario, ben delimitata, nella sede stradale, contribuisce a una riorganizzazione e a un riordino della circolazione e contemporaneamente, grazie alla trazione elettrica, non inquina l'atmosfera;
    il rumore e le vibrazioni dei vecchi modelli di veicoli del secolo scorso sono praticamente scomparsi dalle ultime versioni, per cui anche l'inquinamento acustico è ormai ridotto al minimo termine ed è comunque inferiore a quello di un autobus;
    visto che l'esercizio di una linea tramviaria, così come accade per una linea ferroviaria, è legato indissolubilmente alla sua sede a guida vincolata (armamento con binari e linea aerea di trazione), sarebbe opportuno che la contribuzione da parte degli enti locali affidanti del servizio di gestione non fosse commisurata a quella prevista per i servizi automobilistici, bensì a quella per i servizi ferroviari;
    pertanto, compatibilmente con l'autonomia regionale in materia di trasporto pubblico locale, sarebbe importante che fossero previsti due contratti di servizio: uno per la gestione degli impianti fissi (armamento, linea aerea di trazione, strutture di deposito del materiale rotabile e sala di controllo operativo della linea) e uno per il servizio di trasporto pubblico locale vero e proprio, come attualmente accade nel settore ferroviario, e ovviamente anche i corrispettivi chilometrici andrebbero commisurati a questi;
    in materia di agevolazioni fiscali, considerando l'esercizio di una linea tramviaria un servizio pubblico, esso dovrebbe essere esente dal pagamento dell'imposta regionale sulle attività produttive nel caso in cui il bilancio annuale chiuda in perdita;
    inoltre, i contributi di esercizio ricevuti dagli enti locali affidanti dovrebbero essere esenti dall'imposta sul valore aggiunto e dall'imposta sul reddito delle società;
    infine, si potrebbe destinare almeno il 50 per cento delle risorse disponibili per la realizzazione e il potenziamento delle linee tramviarie nelle città non metropolitane, nonché aumentare il cofinanziamento statale per le opere della rete tramviaria fino all'80 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di disporre misure che contengano le disposizioni proposte in premessa.
9/5626/68Consiglio, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    i dazi antidumping sono miranti a scoraggiare la pratica del dumping, cioè l'esportazione di beni ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato nel paese d'origine. Con questa azione il produttore si assicura un certo grado di penetrazione nei mercati grazie alla concorrenzialità dei suoi prezzi;
    in ambito comunitario è possibile adottare specifiche misure antidumping per contrastare il fenomeno. Negli scambi tra Stati membri il dumping non ha rilievo, infatti, se un produttore di uno Stato membro volesse praticare delle esportazioni in dumping in un altro Stato membro, si troverebbe esposto al rischio di vedere gli stessi prodotti reimportati nello Stato membro di origine (cosiddetto effetto boomerang);
    la libera circolazione delle merci all'interno dell'Unione europea in una fase iniziale era stata concepita nell'ambito del un'unione doganale tra gli Stati membri con l'abolizione dei dazi doganali, delle restrizioni quantitative agli scambi e di tutte le altre misure di effetto equivalente, e con la fissazione di una tariffa doganale comune nei rapporti della Comunità con i paesi terzi. In seguito, è stato posto l'accento sull'eliminazione di tutti gli ostacoli restanti alla libera circolazione in modo da realizzare il mercato interno, definito come uno spazio senza frontiere interne, ove le merci circolano liberamente come all'interno di un mercato nazionale;
    il regolamento (CE) n. 1472/2006 del Consiglio del 5 ottobre 2006 istituiva un dazio antidumping definitivo e disponeva la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam, dazi necessari per stabilire condizioni eque negli scambi e costringendo gli stessi paesi a rispettare standard internazionali;
    il 31 marzo 2011 i dazi antidumping in questione sono giunti a scadenza e le conseguenze si sono andate a ripercuotere, a livello economico, sul nostro paese, ed in particolare al Nord, che ha scelto di produrre prodotti di qualità sul proprio territorio senza delocalizzare;
    l'attuale assenza di provvedimenti antidumping penalizza ulteriormente gli operatori del settore calzaturiero, già fortemente provato dalla crisi economica in atto e che si trova anche a dover affrontare la concorrenza di Paesi, come la Cina, che non osservano le regole di un mercato equilibrato e leale, che usufruiscono di manodopera a bassissimo costo e di politiche di dumping a discapito dei lavoratori e dei consumatori italiani ed europei;
    con la sospensione dei dazi antidumping non si ha più quel costo aggiuntivo che, anche se irrisorio, comunque aveva prodotto l'effetto di limitare l'import delle calzature provenienti da Cina e Vietnam,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire nelle competenti sedi comunitarie al fine di negoziare sia un ripristino dei provvedimenti antidumping, misura risultata efficace per difendere le nostre imprese e i lavoratori, sia la maggiorazione delle aliquote applicabili al fine di rendere le esportazioni più onerose per i suddetti paesi.
9/5626/69Maggioni, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, sono stati definiti i principi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale, importante strumento per ottimizzazione la spesa pubblica permettendo agli enti territoriali di gestirla;
    il primo decreto, emanato in attuazione dell'articolo 19 della legge delega n. 42, è stato il decreto legislativo n.85 del 28 maggio 2010, il cosiddetto «federalismo demaniale» che disciplina le modalità per il trasferimento a titolo non oneroso dei beni statali del demanio marittimo, del demanio idrico e delle miniere. Per taluni beni individuati dal decreto legislativo il legislatore regola l'attribuzione ope legis a Regioni e Province;
    in base alla norma sul federalismo demaniale i beni del demanio marittimo, idrico e aeroportuale mantengono dopo il trasferimento all'ente territoriale, la loro natura di beni demaniali e quindi rimangono inalienabili, tranne nei casi di passaggio al patrimonio disponibile;
    è possibile disporre il trasferimento di tali beni dal patrimonio indisponibile a quello disponibile dello Stato;
    nel nostro paese sono circa 7.375,3 i chilometri di costa marina, lungo le quali insistono stabilimenti balneari e aziende ad uso turistico-ricreativo che costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico-ricettiva italiana;
    le particolarità che contraddistinguono le imprese del settore turistico-balneare sono caratterizzate oltre che dalla loro unicità a livello europeo anche da rilevanti investimenti in termini materiali e occupazionali che fanno di queste aziende una vera e propria attività imprenditoriale complessa e che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
    tali aziende si sono sviluppate grazie ai sacrifici di piccoli nuclei familiari, che sono riusciti a portare le loro strutture a livelli di grande qualità e di forte richiamo per il turismo nazionale ed internazionale contribuendo significativamente al PIL turistico;
    è all'esame della Commissione Europea un disegno di legge informalmente inoltrato, nell'ottobre u.s., dalla Spagna alla Commissione stessa all'interno del quale lo stato iberico opera un riassetto organico del regime di proprietà pubblica sul demanio e sui meccanismi di gestione del mercato pubblico e regola, pertanto, situazioni assimilabili, seppur solo in parte, a quella italiana;
    in particolare, il disegno di legge spagnolo opera un sostanziale effetto espropriativo rispetto a precedenti situazioni proprietarie, ed a compensazione di ciò si prevedono concessioni che tengono conto del tipo di attività e che possono arrivare fino a 75 anni;
    la Commissaria europea Viviane Reading, pur non ricadendo direttamente la questione delle concessioni nel suo novero di competenze specifiche, aveva, ancor prima del deposito ufficiale del disegno di legge spagnolo, espresso un gradimento per la bozza dello stesso, creando pertanto una enorme disparità di trattamento tra la posizione spagnola (possibilità di deroga alla direttiva Bolkestein) e quella italiana (nessuna deroga richiesta da questo governo in attuazione della legge delega di riordino);
    l'unica possibilità di rinegoziare con la Commissione Europea la questione delle concessioni balneari in deroga alla cosiddetta direttiva Bolkestein è l'adozione di un nuovo regime concessorio da definirsi al pari del modus operandi adottato dalla Spagna, con la Commissione europea così come già previsto dall'articolo 11 della cosiddetta legge comunitaria 2009 che non prevede, anzi esclude palesemente, il ricorso a bandi di gara,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esercitare con urgenza la delega ex articolo 11 della citata legge comunitaria 2009 escludendo in prima battuta il ricorso a qualsivoglia bando di gara, così come previsto dalla stessa norma di delega e così come proposto, con gradimento, alla Commissione Europea dalla Spagna, dando così la necessaria stabilità al settore e certezza nelle previsioni di introiti da concessioni.
9/5626/70Pini, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    si apprende la notizia che il Ministro per lo Sviluppo economico stia pensando ad un probabile aumento di un euro e cinquanta centesimi del canone Rai per il 2013, attualmente pari a 112 euro. Nel 2012 il canone era stato aumentato proprio di un euro e mezzo;
    secondo quanto dichiarato dai vertici dell'azienda, che vogliono puntare al pareggio, l'aumento sarebbe fondamentale perché porterebbe 20-25 milioni di euro in più sulle entrate di un esercizio, il 2013, che rischia un ennesimo calo della pubblicità sul già tragico 2012 (730-750 milioni per la Rai, nonostante Olimpiadi ed Europei di calcio);
    il pagamento del canone di abbonamento, istituito con il Regio decreto n. 246 del 1938 quando ancora non esisteva la TV, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale del 2002 che ha riconosciuto la sua natura sostanziale d'imposta per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
    l'emittente pubblica si avvale dei proventi derivanti dal canone, pari a circa 1,6 miliardi di euro l'anno, per coprire i costi derivanti dall'esecuzione degli obblighi ad essa imposti per legge, ai quali va aggiunto un ulteriore miliardo di euro derivante dalla pubblicità, i cui proventi, per legge, assumono il valore di fonte accessoria;
    il 19 aprile 2012 è stato accolto un ordine del giorno (9/5109-A-R/70) presentato al decreto-legge n. 16 del 2012 in materia di semplificazioni tributarie con il quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di abolire il canone di abbonamento alla televisione nonché la relativa tassa di concessione governativa definendo una forma alternativa di finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo secondo criteri di equità, efficacia ed appropriatezza oppure, in alternativa, a far si che i proventi derivanti dal versamento del canone siano versati per il 90 per cento alle regioni, in conformità a quanto stabilito dalla legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale e ripartiti tra le emittenti locali in base al regolamento che sarà emanato dal Ministro dello sviluppo economico entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione del decreto-legge,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendente tutte le opportune iniziative volte a dare seguito all'ordine del giorno n. 9/5109-A-R/70 ed emanare il regolamento per ripartire il canone RAI tra le emittenti locali.
9/5626/71Caparini, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge, tra le altre cose, reca alcune misure in favore della tutela dei prodotti agricoli;
    negli ultimi anni le pratiche ingannevoli nel commercio dei prodotti agricoli ed alimentari sono aumentate, rendendo necessaria l'istituzione di un sistema di etichettatura a tutela delle produzioni italiane;
    il giro di affari della contraffazione alimentare è stimato in 1,1 miliardi di euro solo in Italia;
    sappiamo di pratiche ingannevoli compiute a danno di alcuni prodotti tipici della filiera agricola e alimentare italiana, come dei pomodori San Marzano coltivati in Cina, del vino fatto con le bustine e dei prosciutti di Parma prodotti nell'Est europeo;
    per i prodotti agricoli e alimentari vi è poi il pericolo di vedere spesso le confezioni manomesse con gravi ripercussioni sulla sicurezza degli alimenti e sulla salute dei consumatori;
    al fine di contrastare le pratiche ingannevoli nel commercio di prodotti agricoli ed alimentari a denominazione di origine protetta e a indicazioni geografica protetta sono stati adottati strumenti di integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli con sistemi di sicurezza degli imballaggi;
    tali sistemi di sicurezza, se pur efficaci, potrebbero generare per i produttori agricoli degli oneri che in questo momento risultano insostenibili, anche a causa dei continui danni economici e di immagine che gli stessi produttori quotidianamente subiscono dalla contraffazione dei loro prodotti;
    l'introduzione di tali sistemi di sicurezza degli imballaggi generando nuovi oneri a carico dei produttori, comporta il rischio di far perdere competitività alle imprese che operano nel settore agricolo e alimentare,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per rendere facoltativa l'integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari con i sistemi di sicurezza degli imballaggi evitando che si generino ulteriori e nuovi oneri a carico dei produttori che operano nel settore agricolo e alimentare.
9/5626/72Fava, Crosio, Fugatti, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34,comma 40, prevede l'obbligo di dotazione opzionale a disposizione dell'acquirente di ABS su tutti i veicoli di nuova immatricolazione a due o tre ruote e di cilindrata pari o superiore a 125cc;
    la norma risulta in contrasto con la direttiva europea 2002/24/CE del 18 marzo 2002 relativa all'omologazione comunitaria di ciclomotori, motocicli, tricicli e quadricicli, recepita in Italia con specifico decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, emanato in data 31 gennaio 2003;
    la citata normativa specifica, all'articolo 15, che «Gli Stati membri non possono vietare l'immissione sul mercato, la vendita, la messa in circolazione e l'uso di veicoli nuovi conformi alla presente direttiva». Dal momento che la direttiva n. 2002/24/CE non prevede alcun obbligo di ABS la norma in questione ha l'effetto di impedire in Italia l'immatricolazione di veicoli conformi con la legislazione europea;
    la norma è poi in contrasto con il «Regolamento su omologazione e sorveglianza del mercato dei veicoli a due e tre ruote e dei quadricicli», approvato lo scorso 20 novembre dal Parlamento Europeo;
    tale regolamento, tra l'altro, prevede proprio l'installazione obbligatoria dell'ABS su tutti i motocicli e gli scooter di cilindrata superiore a 125 cc, mentre sui veicoli di cilindrata da 51 a 125 cc dovranno essere installati in alternativa l'ABS o altri sistemi di frenatura avanzata, come il Combined Brake System (CBS);
    l'obbligo decorre dal 1o gennaio 2016 per le nuove omologazioni e dal 2017 per le nuove immatricolazioni. Queste date sono state concertate, a seguito di un approfondito dibattito tra le istituzioni europee e l'industria, per consentire ai costruttori di adeguare i processi produttivi all'introduzione delle nuove disposizioni;
    a decorrere dall'entrata in vigore della norma di cui all'articolo 34, comma 40, tutti i motocicli che verranno immatricolati diventeranno illegali, stante l'evidente impossibilità dei costruttori di adempiere per tempo alle prescrizioni in essa contenute,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare tempestivamente gli opportuni provvedimenti affinché la norma di cui all'articolo 34, comma 40, del presente decreto-legge sia resa compatibile con la direttiva europea 2002/24/Ce in materia di omologazione comunitaria di ciclomotori, motocicli, tricicli e quadricicli, e segnatamente con il regolamento europeo relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote, approvato dal Consiglio dell'UE in data 10 dicembre 2012.
9/5626/73Bragantini, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame introduce alcune misure di semplificazione dei procedimenti amministrativi inerenti l'avvio di iniziative produttive sul territorio nazionale;
    l'articolo 37-bis, prevede in particolare specifiche iniziative di sviluppo delle zone a burocrazia zero;
    l'eccesso degli oneri burocratici è una delle principali cause dello svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei. Il peso della burocrazia si quantifica in un costo annuo per le imprese di circa 26 miliardi di euro, pari a circa 1,5 punti di Pil;
    in Italia, il processo di snellimento della burocrazia è in atto da tempo, ma l'insuccesso delle iniziative fino ad oggi adottate per una reale semplificazione delle attività di impresa dipende dal fatto che tali iniziative si scontrano con apparato amministrativo ancora troppo inefficiente;
    la legge di stabilità 12 novembre 2011, n. 183, ha introdotto specifiche disposizioni per la riduzione degli oneri amministrativi, applicando, in via sperimentale e fino 31 dicembre 2013, la disciplina delle zone a burocrazia zero su tutto il territorio nazionale. Questa iniziativa non risulta ancora essere del tutto avviata;
    le riforme del sistema burocratico del Paese scontano infatti incredibili ritardi di attuazione, costringendoci a spendere circa quattro volte tanto rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea per avviare un impresa;
    l'attuale situazione economica richiede scelte che abbiano come primo obiettivo quello di restituire maggiore competitività al Paese, puntando prima di tutto a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio dell'attività produttiva; in tal senso la riforma della burocrazia dovrebbe rappresentare una priorità per il Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di nominare appositi commissari ad acta, d'intesa con le regioni, per dare concreta attuazione alle zone a burocrazia zero, ove tale riforma non sia stata ancora avviata, e ad adottare nell'immediato i provvedimenti necessari per rendere permanenti le agevolazioni amministrative e fiscali riconosciute alle nuove iniziative produttive ubicate nelle medesime zone a burocrazia zero.
9/5626/74Dal Lago, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame introduce alcune misure di semplificazione dei procedimenti amministrativi inerenti l'avvio di iniziative produttive sul territorio nazionale;
    l'articolo 37-bis, prevede in particolare specifiche iniziative di sviluppo delle zone a burocrazia zero;
    l'eccesso degli oneri burocratici è una delle principali cause dello svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei. Il peso della burocrazia si quantifica in un costo annuo per le imprese di circa 26 miliardi di euro, pari a circa 1,5 punti di Pil;
    in Italia, il processo di snellimento della burocrazia è in atto da tempo, ma l'insuccesso delle iniziative fino ad oggi adottate per una reale semplificazione delle attività di impresa dipende dal fatto che tali iniziative si scontrano con apparato amministrativo ancora troppo inefficiente;
    la legge di stabilità 12 novembre 2011, n. 183, ha introdotto specifiche disposizioni per la riduzione degli oneri amministrativi, applicando, in via sperimentale e fino 31 dicembre 2013, la disciplina delle zone a burocrazia zero su tutto il territorio nazionale. Questa iniziativa non risulta ancora essere del tutto avviata;
    le riforme del sistema burocratico del Paese scontano infatti incredibili ritardi di attuazione, costringendoci a spendere circa quattro volte tanto rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea per avviare un impresa;
    l'attuale situazione economica richiede scelte che abbiano come primo obiettivo quello di restituire maggiore competitività al Paese, puntando prima di tutto a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio dell'attività produttiva; in tal senso la riforma della burocrazia dovrebbe rappresentare una priorità per il Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, d'intesa con le regioni, per dare concreta attuazione alle zone a burocrazia zero, ove tale riforma non sia stata ancora avviata, e ad adottare nell'immediato i provvedimenti necessari per rendere permanenti le agevolazioni amministrative e fiscali riconosciute alle nuove iniziative produttive ubicate nelle medesime zone a burocrazia zero.
9/5626/74. (Testo modificato nel corso della seduta) Dal Lago, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34, comma 30, nel testo originario del Governo, anticipava di un anno l'entrata in vigore del regime sanzionatorio per l'utilizzo dei sacchi di plastica;
    non risulta che il Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministro dello sviluppo economico abbiano ancora emanato i decreti ministeriali che dovrebbero stabilire i requisiti dei sacchetti riutilizzabili (prodotti anche con plastica riciclata) e pertanto non si comprendeva l'opportunità dell'anticipazione dell'entrata in vigore delle sanzioni poiché, indirettamente, ciò obbligava l'entrata in vigore assoluta della tipologia dei sacchetti compostabili, come stabiliti dal Ministro dell'ambiente nella norma vigente del decreto-legge n. 2 del 2012;
    durante l'esame al Senato del decreto-legge, il testo è stato modificato, fissando la data dell'entrata in vigore del regime sanzionatorio al sessantesimo giorno dall'emanazione dei decreti di natura non regolamentare da parte del Ministro dell'ambiente;
    tali decreti dovrebbero essere emanati entro il 31 dicembre 2012, come previsto dal testo del decreto-legge n. 2 del 2012, e hanno la possibilità di individuare le ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi e prevedere forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti;
    attualmente possono essere commercializzati solo sacchetti monouso compostabili, realizzati con polimeri conformi alla norma UNI EN 13432:2002, oppure sacchetti riutilizzabili, realizzati con altri polimeri, che abbiano maniglia esterna e spessore superiore a 200 micron, se destinati all'uso alimentare, e 100 micron se destinati ad altri usi, nonché sacchetti riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna e spessore superiore ai 100 micron, se destinati all'uso alimentare, e 60 micron se destinati agli altri usi;
    la posticipazione del termine per l'entrata in vigore del regime sanzionatorio, dal 31 dicembre 2012 al 31 dicembre 2013, era stata prevista durante l'esame parlamentare del decreto-legge n. 2 del 2012, allo scopo di consentire alle imprese del settore di convertire i propri impianti della produzione dei sacchetti di plastica alla nuova normativa;
    sulle limitazioni nella commerciabilità dei sacchetti di plastica pende un inizio di procedura d'infrazione da parte della Commissione UE, per mancato rispetto delle direttive sugli imballaggi, lasciando intendere che l'Italia debba permettere l'utilizzo anche di altri polimeri biodegradabili e non solo di quelli compostabili. Inoltre c’è anche una mancata comunicazione delle norme tecniche sugli spessori alla Commissione UE;
    si tratta di obblighi del Governo che si teme non potrebbero essere evasi prima della fine dell'anno, visto che si tratta di comunicazioni che dovevano essere inviate ancor prima della emanazione sia del decreto-legge n. 2 del 2012 sia della finanziaria 2007, che per la prima volta ha previsto un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci,

impegna il Governo

nella prossima emanazione dei decreti interministeriali sulla commercializzazione dei sacchi di plastica per l'asporto delle merci, a tener conto delle esigenze delle imprese del settore per convertire i propri impianti della produzione dei sacchetti di plastica alla nuova normativa e a permettere la commercializzazione di sacchi biodegradabili e non solo compostabili per l'asporto delle merci, secondo i criteri fissati dalla normativa dell'Unione europea e dalle norme tecniche approvate a livello di Unione europea.
9/5626/75Lanzarin, Dussin, Togni, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE dell'Unione Europea in materia di appalti, è presente un principio comunitario sulla base del quale «un'amministrazione aggiudicatrice può utilizzare criteri volti a soddisfare esigenze sociali, soddisfacenti, in particolare bisogni – definiti nelle specifiche dell'appalto – propri di categorie di popolazione particolarmente svantaggiate a cui appartengono i beneficiari/utilizzatori dei lavori, forniture e servizi oggetto dell'appalto.»;
    nel nostro Paese esistono situazioni di estremo disagio, come quelle vissute dalle popolazioni colpite dagli ultimi eventi sismici del maggio scorso, e altre situazioni ove l'economia ha sentito duri colpi, come quelle dei comuni della Regione Veneto colpiti dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi tra il 31 ottobre ed il 2 novembre 2010;
    inoltre, nel caso del terremoto di maggio scorso, nonostante le white list obbligatorie istituite ai sensi del decreto-legge n. 74 del 2012, si riscontrano ancora problemi di infiltrazione mafiosa negli appalti;
    occorre usufruirne del sopraccitato principio comunitario assegnando priorità alle imprese locali per la ricostruzione posterremoto, tenendo conto che la popolazione estremamente disagiata da calamità naturali non potrebbe assolutamente sopportare ulteriori disagi a causa degli interessi della criminalità organizzata ad infiltrarsi negli appalti,

impegna il Governo

ai fini dell'affidamento degli appalti pubblici relativi agli interventi per la ricostruzione e la ripresa economica dei territori colpiti da calamità naturali, a promuovere l'applicazione del sopraccitato principio delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE da parte delle stazioni appaltanti, invitando le stesse ad indicare nei bandi e negli inviti a presentare le offerte per l'aggiudicazione di lavori, servizi o forniture l'assegnazione di priorità per le ditte locali operanti nel territorio interessato dalle calamità da un congruo numero di anni.
9/5626/76Dussin, Lanzarin, Togni, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE dell'Unione Europea in materia di appalti, è presente un principio comunitario sulla base del quale «un'amministrazione aggiudicatrice può utilizzare criteri volti a soddisfare esigenze sociali, soddisfacenti, in particolare bisogni – definiti nelle specifiche dell'appalto – propri di categorie di popolazione particolarmente svantaggiate a cui appartengono i beneficiari/utilizzatori dei lavori, forniture e servizi oggetto dell'appalto.»;
    nel nostro Paese esistono situazioni di estremo disagio, come quelle vissute dalle popolazioni colpite dagli ultimi eventi sismici del maggio scorso, e altre situazioni ove l'economia ha sentito duri colpi, come quelle dei comuni della Regione Veneto colpiti dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi tra il 31 ottobre ed il 2 novembre 2010;
    inoltre, nel caso del terremoto di maggio scorso, nonostante le white list obbligatorie istituite ai sensi del decreto-legge n. 74 del 2012, si riscontrano ancora problemi di infiltrazione mafiosa negli appalti;
    occorre usufruirne del sopraccitato principio comunitario assegnando priorità alle imprese locali per la ricostruzione posterremoto, tenendo conto che la popolazione estremamente disagiata da calamità naturali non potrebbe assolutamente sopportare ulteriori disagi a causa degli interessi della criminalità organizzata ad infiltrarsi negli appalti,

impegna il Governo

ai fini dell'affidamento degli appalti pubblici relativi agli interventi per la ricostruzione e la ripresa economica dei territori colpiti da calamità naturali, a promuovere l'applicazione del sopraccitato principio delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE da parte delle stazioni appaltanti.
9/5626/76. (Testo modificato nel corso della seduta) Dussin, Lanzarin, Togni, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore del riciclo e della restituzione degli imballaggi e dei loro rifiuti necessita di una effettiva apertura al mercato;
    in più occasioni, sia il Presidente del Consiglio dei ministri, Prof. Monti, quando era Commissario dell'Unione Europea alla concorrenza, e sia l'Antitrust hanno posto al nostro Legislatore richieste di maggiore concorrenza nel settore degli imballaggi;
    obiettivi di liberalizzazione ha più volte annunciato il Governo, tuttavia il decreto-legge in esame nulla contiene per il settore degli imballaggi;
    la formulazione attuale della normativa italiana, come introdotta dal Governo e contenuta nell'articolo 26 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha modificato l'articolo 221, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), riproduce pedissequamente la norma più volte contestata in passato;
    tale norma è anticoncorrenziale per i produttori permettendo a loro di poter gestire solo i «propri» rifiuti di imballaggio, limitandosi ad ampliare le modalità soggettive di operatività degli stessi produttori, nel senso di esplicitare che lo possono fare anche in maniera «collettiva»; peraltro tale possibilità non era esclusa neanche dai testi precedenti del Codice dell'ambiente;
    occorre procedere ad una effettiva liberalizzazione del settore della gestione dei rifiuti di imballaggio, dando la possibilità ai produttori di gestire tutti i rifiuti di imballaggio secondo il principio di reciprocità su tutto il territorio nazionale, come avviene per il sistema dei consorzi di filiera del CONAI,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per un'effettiva liberalizzazione del settore della gestione dei rifiuti di imballaggio.
9/5626/77Laura Molteni, Lanzarin, Dussin, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore del riciclo e della restituzione degli imballaggi e dei loro rifiuti necessita di una effettiva apertura al mercato;
    in più occasioni, sia il Presidente del Consiglio dei ministri, Prof. Monti, quando era Commissario dell'Unione Europea alla concorrenza, e sia l'Antitrust hanno posto al nostro Legislatore richieste di maggiore concorrenza nel settore degli imballaggi;
    obiettivi di liberalizzazione ha più volte annunciato il Governo, tuttavia il decreto-legge in esame nulla contiene per il settore degli imballaggi;
    la formulazione attuale della normativa italiana, come introdotta dal Governo e contenuta nell'articolo 26 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha modificato l'articolo 221, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), riproduce pedissequamente la norma più volte contestata in passato;
    occorre procedere ad una effettiva liberalizzazione del settore della gestione dei rifiuti di imballaggio, dando la possibilità ai produttori di gestire tutti i rifiuti di imballaggio secondo il principio di reciprocità su tutto il territorio nazionale, come avviene per il sistema dei consorzi di filiera del CONAI,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative per un'effettiva liberalizzazione del settore della gestione dei rifiuti di imballaggio.
9/5626/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Laura Molteni, Lanzarin, Dussin, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame reca modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento dei piccoli imprenditori e dei consumatori;
    l'indebitamento delle famiglie italiane è aumentato considerevolmente sia in termini assoluti sia in rapporto al reddito. Ciò desta forte preoccupazione in riferimento alla sua sostenibilità ed alle implicazioni che ne derivano per la stabilità del sistema finanziario complessivo,

impegna il Governo

a promuovere idonee campagne informative mirate alla promozione ed alla diffusione degli strumenti previsti dal citato articolo volti a fronteggiare crisi di sovraindebitamento, con particolare riferimento ai nuclei familiari e ai consumatori.
9/5626/78Buonanno, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del provvedimento in esame interviene sulle disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni per via telematica, al fine di realizzare una sostanziale semplificazione delle modalità delle comunicazioni e delle notificazioni e un significativo snellimento dei tempi della giustizia;
    forte dell'esperienza condotta negli ultimi tre anni da alcuni importanti tribunali sulla scorta dell'articolo 51 del decreto-legge n. 112 del 2008, il decreto pone l'utilizzo della posta elettronica certificata al centro del dialogo tra uffici giudiziari, avvocati, professionisti, cittadini, imprese e Pa con l'obiettivo non solo di recuperare risorse economiche e umane, ma anche di eliminare le disfunzioni del tradizionale sistema di comunicazioni previsto dal Codice di procedura civile,

impegna il Governo

a monitorare la reale diffusione sull'intero territorio nazionale di prassi virtuose utilizzate da importanti sedi giudiziarie, in primis il Tribunale di Torino, al fine di adottare misure per la rapida definizione dell'arretrato civile, previa redazione di protocolli, concordati tra magistratura, avvocatura e rappresentanze del personale di Cancelleria.
9/5626/79Allasia, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del provvedimento in esame interviene sulle disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni per via telematica, al fine di realizzare una sostanziale semplificazione delle modalità delle comunicazioni e delle notificazioni e un significativo snellimento dei tempi della giustizia;
    forte dell'esperienza condotta negli ultimi tre anni da alcuni importanti tribunali sulla scorta dell'articolo 51 del decreto-legge n. 112 del 2008, il decreto pone l'utilizzo della posta elettronica certificata al centro del dialogo tra uffici giudiziari, avvocati, professionisti, cittadini, imprese e Pa con l'obiettivo non solo di recuperare risorse economiche e umane, ma anche di eliminare le disfunzioni del tradizionale sistema di comunicazioni previsto dal Codice di procedura civile,

impegna il Governo

a monitorare la reale diffusione sull'intero territorio nazionale di prassi virtuose utilizzate da importanti sedi giudiziarie, al fine di adottare misure per la rapida definizione dell'arretrato civile, previa redazione di protocolli, concordati tra magistratura, avvocatura e rappresentanze del personale di Cancelleria.
9/5626/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame reca modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento, la quale ha, tra le altre cose, introdotto misure in materia di usura;
    si registra nel nostro Paese il preoccupante fenomeno della tendenziale crescita delle denunce per estorsione. Negli ultimi 5 anni, infatti, le persone denunciate per tale reato in Italia sono aumentate del 30 per cento. Nel contrasto alla piaga dell'usura è fondamentale il ruolo degli istituti di credito nel sostenere il cliente vittima dell'estorsione nonché nel favorire l'accesso al credito degli imprenditori e delle famiglie a rischio usura,

impegna il Governo

a valutare idonee iniziative volte ad ampliare l'area territoriale di applicazione del Fondo di prevenzione per le vittime di usura al fine di evitare che le persone, le famiglie e le imprese che abbiano subito atti intimidatori o richieste di tipo usurario siano soggette a richieste di immediato rientro dall'esposizione debitoria da parte degli istituti di credito.
9/5626/80Molgora, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame reca modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento, la quale ha, tra le altre cose, introdotto misure in materia di usura;
    si registra nel nostro Paese il preoccupante fenomeno della tendenziale crescita delle denunce per estorsione. Negli ultimi 5 anni, infatti, le persone denunciate per tale reato in Italia sono aumentate del 30 per cento. Nel contrasto alla piaga dell'usura è fondamentale il ruolo degli istituti di credito nel sostenere il cliente vittima dell'estorsione nonché nel favorire l'accesso al credito degli imprenditori e delle famiglie a rischio usura,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, idonee iniziative volte ad ampliare l'area territoriale di applicazione del Fondo di prevenzione per le vittime di usura al fine di evitare che le persone, le famiglie e le imprese che abbiano subito atti intimidatori o richieste di tipo usurario siano soggette a richieste di immediato rientro dall'esposizione debitoria da parte degli istituti di credito.
9/5626/80. (Testo modificato nel corso della seduta) Molgora, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16, sancisce l'obbligo per le cancellerie di eseguire le comunicazioni e notificazioni previste dalla legge o imposte dal giudice via Pec a tutti i soggetti che abbiano reso disponibile il loro indirizzo in elenchi consultabili dal ministero della Giustizia;
    ricordato che l'obbligo scatta da subito per gli uffici già autorizzati, mentre per i soggetti non obbligati a munirsi di un indirizzo Pec – nel caso in cui esso non è disponibile in pubblici elenchi – le comunicazioni e notificazioni verranno effettuate in forma tradizionale, salva la previsione, per la prima volta, della possibilità per le parti di eleggere un vero e proprio «domicilio elettronico»;
    considerato che tutte le notificazioni di cancelleria via Pec saranno eseguite direttamente dal cancelliere, che dovrà rivolgersi all'ufficiale giudiziario soltanto ove non sia possibile procedere alla notificazione mediante deposito dell'atto in cancelleria o quando la parte non abbia eletto un domicilio elettronico,

impegna il Governo

a voler riferire al Parlamento in termini di recupero di risorse umane e materiali conseguenti al superamento dell'obbligo per le cancellerie di rivolgersi agli ufficiali giudiziari per eseguire le notificazioni.
9/5626/81Isidori, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto Ministeriale 23 marzo 2011 ha previsto che i corsi per il conseguimento del certificato di idoneità per la guida dei ciclomotori possano essere svolti presso le scuole (a titolo gratuito), ovvero presso le autoscuole (a titolo oneroso);
    negli anni passati è stata condotta all'interno delle scuole una specifica attività per l'organizzazione dei corsi da parte del personale della polizia locale per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore ed ha riscosso molto successo fra i ragazzi e fra le famiglie che hanno potuto usufruire di questo servizio;
    le disposizioni previste al Decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, recante Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida, intervengono sulle modalità di conseguimento e sulla validità del certificato di idoneità alla guida, prevedendo l'obbligatorietà di una patente ai fini della guida di un ciclomotore;
    dal 19 gennaio 2013 i corsi tenuti finora nelle scuole ed equiparati a quelli delle autoscuole non avranno più validità ai fini del conseguimento della licenza di condurre ciclomotori e i ragazzi saranno quindi costretti a rivolgersi esclusivamente alle autoscuole (a pagamento),

impegna il Governo

ad intervenire con gli appositi strumenti normativi affinché possano essere tuttora istituiti presso le scuole i corsi teorici tenuti da parte della polizia locale per il conseguimento della patente necessaria alla guida dei ciclomotori, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, equiparandoli ai corsi teorici tenuti presso le autoscuole autorizzate.
9/5626/82Desiderati, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    la «manifestazione a premio» è un qualsiasi concorso od operazione rivolta al pubblico consistente nella promessa di premi ed avente lo scopo di promuovere per fini commerciali la conoscenza di prodotti, marchi o servizi;
    per le «manifestazioni a premio» sono previste sanzioni disciplinate dall'articolo 124 del regio decreto-legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973, così come modificato dall'articolo 19, comma 5, lettera c), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come in ultimo modificato dall'articolo 12, comma 1, lettera o), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77;
    l'articolo 12, comma 1, lettera o), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 recita «(...) Conseguentemente in caso di concorsi ed operazioni a premio di cui è vietato lo svolgimento si applica la sanzione amministrativa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila. (...)»;
    l'applicazione di sanzioni amministrative elevatissime, a fronte di violazioni della normativa inerente manifestazioni a premio senza fini di lucro e/o con premi costituiti da piccole somme (poche migliaia di euro), sono di fatto sproporzionate rispetto alla multa richiesta dal Ministero dello sviluppo economico;
    tali inique sanzioni sono di fatto non sopportabili economicamente da qualsiasi privato cittadino o azienda, soprattutto in questo attuale contesto di grave crisi,

impegna il Governo

a valutare il riordino della normativa in materia di «manifestazioni a premio», in modo da rendere conforme e proporzionata l'applicazione della sanzione amministrativa al merito della relativa violazione.
9/5626/83Stucchi, Barbato.


   La Camera,
   esaminato l'A.C. 5626, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese,
   premesso che:
    all'articolo 8 del presente provvedimento è stato inserito, nel corso dell'esame al Senato, il comma 9-quater, che reca modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada) dando facoltà all'ente proprietario della strada di prescrivere, con ordinanza, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità;
    le grandi case costruttrici di pneumatici hanno diversificato negli ultimi anni le proprie linee di prodotto, inserendo a listino vari modelli di coperture adatte alle basse temperature, dedicate sia alle automobili utilitarie che alle autovetture sportive, oltre che ai Suv;
    la produzione di pneumatici per motocicli non è probabilmente stata valutata come un buon investimento, tanto che sono di difficile se non impossibile reperibilità;
    questo comporta che in caso di ordinanza da parte dell'ente proprietario o gestore della strada di obbligo di utilizzo esclusivo di pneumatici invernali, così come previsto dall'articolo 8 del presente provvedimento, i motocicli non hanno la possibilità di circolare. L'utilizzo esclusivo si trasforma quindi, nei fatti, in un divieto alla circolazione per i motocicli,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione in esame al fine di mettere in atto ogni azione necessaria, anche di carattere legislativo, per specificare che la categoria dei motocicli si ritiene esclusa dalle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 9-quater, introdotta dal presente provvedimento.
9/5626/84Torazzi, Barbato.


   La Camera,
   esaminato l'A.C. 5626, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese,
   premesso che:
    all'articolo 8 del presente provvedimento è stato inserito, nel corso dell'esame al Senato, il comma 9-quater, che reca modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada) dando facoltà all'ente proprietario della strada di prescrivere, con ordinanza, l'utilizzo esclusivo di pneumatici invernali al di fuori dei centri abitati, in previsione di manifestazioni atmosferiche nevose di rilevante intensità;
    le grandi case costruttrici di pneumatici hanno diversificato negli ultimi anni le proprie linee di prodotto, inserendo a listino vari modelli di coperture adatte alle basse temperature, dedicate sia alle automobili utilitarie che alle autovetture sportive, oltre che ai Suv;
    la produzione di pneumatici per motocicli non è probabilmente stata valutata come un buon investimento, tanto che sono di difficile se non impossibile reperibilità;
    questo comporta che in caso di ordinanza da parte dell'ente proprietario o gestore della strada di obbligo di utilizzo esclusivo di pneumatici invernali, così come previsto dall'articolo 8 del presente provvedimento, i motocicli non hanno la possibilità di circolare. L'utilizzo esclusivo si trasforma quindi, nei fatti, in un divieto alla circolazione per i motocicli,

impegna il Governo

a rendere compatibile la norma in premessa anche con la libera circolazione di tutte le diverse categorie di veicoli ammessi alla circolazione stessa.
9/5626/84. (Testo modificato nel corso della seduta) Torazzi, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, all'articolo 14, «Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali», disposizioni destinate ad allentare i vincoli legislativi sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici previsti nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – 8 luglio 2003 «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz»;
    le motivazioni esposte nel testo sono legate alla dichiarata necessità di implementare le infrastrutture di telecomunicazione per la distribuzione della banda larga ed i servizi di telefonia mobile della cosiddetta «quarta generazione», al fine di favorire, tramite una più capillare ed intensa presenza di segnale irradiato, l'accesso in mobilità al mondo delle informazioni e dell'intrattenimento, ovunque, l'accesso ad internet per tutta la popolazione, l'accesso, per la popolazione e le imprese già informatizzate, con velocità di trasferimento-dati superiore;
    tali interventi non introducono elementi di novità in termini di innovazione dei servizi, ma si configurano come concorrenti ed alternativi al servizio già esistente ed attualmente fruibile che utilizza la fibra ottica, una tecnologia decisamente non impattante né nociva per la salute e per l'ambiente;
    la diffusione di nuove tecnologie nel campo della comunicazione elettronica digitale non dovrebbe ledere il principio di cautela a tutela della salute di cittadine e cittadini, mentre le modifiche previste dal provvedimento in esame, intervengono modificando le modalità di misurazione dei campi elettromagnetici e disponendo che i valori di campo si intendano riferiti non più ad intervalli di 6 min., come previsto nella normativa CEI 211-10, ma ad una media di 24 h;
    questo sistema di misurazione porterà ad una sottovalutazione dei valori riscontrati in quanto, pur mantenendo il limite di 6 volt per metro, i picchi attualmente rilevati in 6 minuti saranno diluiti nelle 24 ore; ciò significa che le aree cosiddette sensibili, perché ritenute ad alta frequentazione, potranno subire durante i picchi diurni una esposizione ai campi elettromagnetici doppia o tripla rispetto ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità indicati attualmente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003;
    il provvedimento prefigura il rischio di un allentamento dei procedimenti amministrativi finalizzati alle verifiche preventive ed ai controlli di carattere sanitario in materia di elettrosmog, che va ad incidere sulla piena applicabilità del principio di precauzione di cui all'articolo 174 paragrafo 2 del trattato istitutivo dell'Unione europea e recepito dalla Legge Quadro 36/2001,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni legislative introdotte dal presente provvedimento in materia di misurazione dei campi elettromagnetici, al fine di rivederne il contenuto sulla base della piena applicazione del principio di precauzione raccomandato dall'Unione europea e dalla Legge Quadro 36/2001, anche al fine di rafforzare il sistema dei controlli a garanzia della salute umana;
   a promuovere la creazione e l'implementazione di reti via cavo in fibra ottica che, ad oggi, rappresentano l'unica tecnologia per la trasmissione di voci e dati efficiente e atto stesso tempo priva di controindicazioni per la salute umana.
9/5626/85Mariani, Braga, Bratti, Motta, Realacci, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, all'articolo 14, «Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali», disposizioni destinate ad allentare i vincoli legislativi sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici previsti nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – 8 luglio 2003 «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz»;
    le motivazioni esposte nel testo sono legate alla dichiarata necessità di implementare le infrastrutture di telecomunicazione per la distribuzione della banda larga ed i servizi di telefonia mobile della cosiddetta «quarta generazione», al fine di favorire, tramite una più capillare ed intensa presenza di segnale irradiato, l'accesso in mobilità al mondo delle informazioni e dell'intrattenimento, ovunque, l'accesso ad internet per tutta la popolazione, l'accesso, per la popolazione e le imprese già informatizzate, con velocità di trasferimento-dati superiore;
    tali interventi non introducono elementi di novità in termini di innovazione dei servizi, ma si configurano come concorrenti ed alternativi al servizio già esistente ed attualmente fruibile che utilizza la fibra ottica, una tecnologia decisamente non impattante né nociva per la salute e per l'ambiente;
    la diffusione di nuove tecnologie nel campo della comunicazione elettronica digitale non dovrebbe ledere il principio di cautela a tutela della salute di cittadine e cittadini, mentre le modifiche previste dal provvedimento in esame, intervengono modificando le modalità di misurazione dei campi elettromagnetici e disponendo che i valori di campo si intendano riferiti non più ad intervalli di 6 min., come previsto nella normativa CEI 211-10, ma ad una media di 24 h;
    questo sistema di misurazione porterà ad una sottovalutazione dei valori riscontrati in quanto, pur mantenendo il limite di 6 volt per metro, i picchi attualmente rilevati in 6 minuti saranno diluiti nelle 24 ore; ciò significa che le aree cosiddette sensibili, perché ritenute ad alta frequentazione, potranno subire durante i picchi diurni una esposizione ai campi elettromagnetici doppia o tripla rispetto ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità indicati attualmente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003;
    il provvedimento prefigura il rischio di un allentamento dei procedimenti amministrativi finalizzati alle verifiche preventive ed ai controlli di carattere sanitario in materia di elettrosmog, che va ad incidere sulla piena applicabilità del principio di precauzione di cui all'articolo 174 paragrafo 2 del trattato istitutivo dell'Unione europea e recepito dalla Legge Quadro 36/2001,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni legislative introdotte dal presente provvedimento in materia di misurazione dei campi elettromagnetici, al fine di verificarne il contenuto sulla base della piena applicazione del principio di precauzione raccomandato dall'Unione europea e dalla Legge Quadro 36/2001, anche al fine di rafforzare il sistema dei controlli a garanzia della salute umana;
   a promuovere la creazione e l'implementazione di reti via cavo in fibra ottica che, ad oggi, rappresentano l'unica tecnologia per la trasmissione di voci e dati efficiente e atto stesso tempo priva di controindicazioni per la salute umana.
9/5626/85. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Braga, Bratti, Motta, Realacci, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante Misure urgenti per la crescita del Paese, ha apportato talune modifiche alla recente legge di riforma del mercato del lavoro (legge 28 giugno 2012, n. 92, Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita);
    in particolare, l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), del decreto-legge n. 83 citato, nel modificare l'articolo 2, comma 70, della legge di riforma del mercato del lavoro, ha conseguentemente disposto la modifica dell'articolo 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, rubricato Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali;
    di fatto, se originariamente la citata legge n. 92 proponeva l'abrogazione tout court, a partire dal 2016, delle disposizioni che riconoscono l'erogazione della CIGS alle aziende sottoposte a procedure concorsuali, nonché nei casi di aziende sottoposte a sequestro o confisca (articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223), successivamente è stato ragionevolmente introdotto anche il principio secondo cui l'erogazione della CIGS è subordinata alla verifica delle «prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali»;
    pertanto, dal 12 agosto 2012 sino al 31 dicembre 2015, la nuova disciplina subordina il riconoscimento CIGS di cui all'articolo 3, comma 1 della legge n. 223 summenzionata, a certe condizioni occupazionali declinate secondo criteri da valutare in base a parametri definiti con atto amministrativo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    ad oggi, non risulta ancora emanato il decreto attuativo citato e, di conseguenza, si determina una condizione di incertezza del diritto, con l'effetto prodotto di rendere potenzialmente inapplicabile la norma richiamata;
    tale situazione sta producendo ricadute drammatiche per migliaia di lavoratori, in quanto in assenza dei criteri attuativi gli organi delle curatele operano secondo un principio di precauzione, non presentando domande di accesso alla CIGS senza avere elementi circa la possibilità o meno di accoglimento;
   considerato che:
    la crisi economica e finanziaria internazionale che ormai da più di due anni investe pesantemente l'economia nazionale si sta riflettendo su tutto il territorio nazionale, facendo sempre maggiormente registrare forti difficoltà nel settore produttivo, significativi e preoccupanti incrementi del tasso di disoccupazione e conseguenti ricadute sul livello dei redditi da lavoro delle famiglie;
    un sistema di ammortizzatori sociali flessibile ed inclusivo è condizione essenziale per il buon funzionamento del mercato del lavoro e la gestione dei processi di transizione e riorganizzazione produttiva, sempre più frequenti a causa della crisi ancora in corso,

impegna il Governo:

   a garantire in tempi certi e rapidi l'emanazione del decreto attuativo di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, come modificato dall'articolo 2, comma 70, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modifiche e integrazioni;
   a valutare e conseguentemente adottare i provvedimenti amministrativi affinché, in attesa dell'emanazione del decreto attuativo sopra citato, l'esame delle domande di accesso alla CIGS da parte di aziende sottoposte a procedure concorsuali, nonché nei casi di aziende sottoposte a sequestro o confisca (articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223), sia effettuato secondo i criteri precedentemente in vigore.
9/5626/86Braga, Bellanova, Damiano, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Schirru, Boccuzzi, Berretta, Bobba, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante Misure urgenti per la crescita del Paese, ha apportato talune modifiche alla recente legge di riforma del mercato del lavoro (legge 28 giugno 2012, n. 92, Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita);
    in particolare, l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), del decreto-legge n. 83 citato, nel modificare l'articolo 2, comma 70, della legge di riforma del mercato del lavoro, ha conseguentemente disposto la modifica dell'articolo 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, rubricato Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali;
    di fatto, se originariamente la citata legge n. 92 proponeva l'abrogazione tout court, a partire dal 2016, delle disposizioni che riconoscono l'erogazione della CIGS alle aziende sottoposte a procedure concorsuali, nonché nei casi di aziende sottoposte a sequestro o confisca (articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223), successivamente è stato ragionevolmente introdotto anche il principio secondo cui l'erogazione della CIGS è subordinata alla verifica delle «prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali»;
    pertanto, dal 12 agosto 2012 sino al 31 dicembre 2015, la nuova disciplina subordina il riconoscimento CIGS di cui all'articolo 3, comma 1 della legge n. 223 summenzionata, a certe condizioni occupazionali declinate secondo criteri da valutare in base a parametri definiti con atto amministrativo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    ad oggi, non risulta ancora emanato il decreto attuativo citato e, di conseguenza, si determina una condizione di incertezza del diritto, con l'effetto prodotto di rendere potenzialmente inapplicabile la norma richiamata;
    tale situazione sta producendo ricadute drammatiche per migliaia di lavoratori, in quanto in assenza dei criteri attuativi gli organi delle curatele operano secondo un principio di precauzione, non presentando domande di accesso alla CIGS senza avere elementi circa la possibilità o meno di accoglimento;
   considerato che:
    la crisi economica e finanziaria internazionale che ormai da più di due anni investe pesantemente l'economia nazionale si sta riflettendo su tutto il territorio nazionale, facendo sempre maggiormente registrare forti difficoltà nel settore produttivo, significativi e preoccupanti incrementi del tasso di disoccupazione e conseguenti ricadute sul livello dei redditi da lavoro delle famiglie;
    un sistema di ammortizzatori sociali flessibile ed inclusivo è condizione essenziale per il buon funzionamento del mercato del lavoro e la gestione dei processi di transizione e riorganizzazione produttiva, sempre più frequenti a causa della crisi ancora in corso,

impegna il Governo:

   a garantire in tempi certi e rapidi l'emanazione del decreto attuativo di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, come modificato dall'articolo 2, comma 70, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modifiche e integrazioni;
   a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti amministrativi affinché, in attesa dell'emanazione del decreto attuativo sopra citato, l'esame delle domande di accesso alla CIGS da parte di aziende sottoposte a procedure concorsuali, nonché nei casi di aziende sottoposte a sequestro o confisca (articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223), sia effettuato secondo i criteri precedentemente in vigore.
9/5626/86. (Testo modificato nel corso della seduta) Braga, Bellanova, Damiano, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Schirru, Boccuzzi, Berretta, Bobba, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata.


   La Camera,
   premesso che:
    retItalia internazionale SpA è la Società in house dell'ex ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero), per la quale da più di trenta anni eroga servizi di Information Technology;
    retItalia internazionale svolge servizi, sviluppa sistemi informatici e gestisce infrastrutture, a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, nonché fornisce assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle PMI italiane;
    a seguito della «Spending review» il Ministero dello Sviluppo economico, che ha in carico l'attuale gestione transitoria dell'ex-ICE, ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di retItalia internazionale previa una severa ristrutturazione della Società, con perdita nell'immediato del posto di lavoro per circa metà del personale e assoluta incertezza sul prossimo futuro per l'altra metà;
    nei primi mesi del 2013 tutta la Società potrebbe rischiare il fallimento;
    anche in virtù del know-how riconosciuto al personale di retItalia internazionale, il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato alla Società nel giugno 2011 e nell'aprile 2012 due progetti strategici: il portale Made in Italy, sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale, e l'International Trade Hub – Italia, un portale sponsorizzato dal «Tavolo Strategico Nazionale per la Trade Facilitation», che consente alle Imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione;
    grazie alle competenze del personale, retItalia internazionale è stata in grado di offrire servizi qualificati, in un ampio spettro di aree tematiche che possono fattivamente contribuire alla realizzazione dei piani dell'Agenda digitale;
    la soluzione ottimale sarebbe quella di integrare il personale di retItalia internazionale nella struttura della Pubblica Amministrazione, eventualmente all'interno dell'Agenzia per l'Italia digitale, o la stessa Agenzia ICE, o di una altra struttura trasversale rispetto alla Pubblica amministrazione, evitando di affidare a Soggetti privati servizi strategici per le PMI, per il Sistema Paese, per lo sviluppo economico,

impegna il Governo

ad adoperarsi per salvaguardare il posto di lavoro di circa 70 persone e gli investimenti fatti finora, per capitalizzare le conoscenze professionali specializzate, nonché per consentire un risparmio economico, in particolare un risparmio immediato dell'IVA che l'Ente paga per i servizi forniti.
9/5626/87Siragusa, Antonino Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    retItalia internazionale SpA è la Società in house dell'ex ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero), per la quale da più di trenta anni eroga servizi di Information Technology;
    retItalia internazionale svolge servizi, sviluppa sistemi informatici e gestisce infrastrutture, a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, nonché fornisce assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle PMI italiane;
    a seguito della «Spending review» il Ministero dello Sviluppo economico, che ha in carico l'attuale gestione transitoria dell'ex-ICE, ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di retItalia internazionale previa una severa ristrutturazione della Società, con perdita nell'immediato del posto di lavoro per circa metà del personale e assoluta incertezza sul prossimo futuro per l'altra metà;
    nei primi mesi del 2013 tutta la Società potrebbe rischiare il fallimento;
    anche in virtù del know-how riconosciuto al personale di retItalia internazionale, il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato alla Società nel giugno 2011 e nell'aprile 2012 due progetti strategici: il portale Made in Italy, sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale, e l'International Trade Hub – Italia, un portale sponsorizzato dal «Tavolo Strategico Nazionale per la Trade Facilitation», che consente alle Imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione;
    grazie alle competenze del personale, retItalia internazionale è stata in grado di offrire servizi qualificati, in un ampio spettro di aree tematiche che possono fattivamente contribuire alla realizzazione dei piani dell'Agenda digitale;
    la soluzione ottimale sarebbe quella di integrare il personale di retItalia internazionale nella struttura della Pubblica Amministrazione, eventualmente all'interno dell'Agenzia per l'Italia digitale, o la stessa Agenzia ICE, o di una altra struttura trasversale rispetto alla Pubblica amministrazione, evitando di affidare a Soggetti privati servizi strategici per le PMI, per il Sistema Paese, per lo sviluppo economico,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, le possibili iniziative per salvaguardare il posto di lavoro di circa 70 persone e gli investimenti fatti finora, per capitalizzare le conoscenze professionali specializzate, nonché per consentire un risparmio economico, in particolare un risparmio immediato dell'IVA che l'Ente paga per i servizi forniti.
9/5626/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa, Antonino Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto si propone l'obiettivo di favorire lo sviluppo e la competitività del Paese, mediante il rilancio della crescita in diversi settori produttivi, nel rispetto degli impegni assunti in sede europea;
    la Commissione lavoro, esprimendo parere favorevole relativamente ai profili di sua più immediata competenza – anche tenuto conto dell'esigenza di agevolare una rapida approvazione del provvedimento da parte della Camera, in presenza di margini temporali molto ristretti per la sua definitiva conversione in legge – ha però posto alcune condizioni;
    tra le misure introdotte dalla presente legge ve ne sono, infatti, alcune, contenute nell'articolo 34, comma 54, che modificando la legge di riforma del mercato del lavoro (legge n. 92/2012) appaiono particolarmente critiche e non condivisibili, soprattutto per quanto concerne l'ipotesi di derogare alla norma che attribuisce ai lavoratori posti in mobilità un diritto di precedenza nel caso di assunzioni presso la stessa azienda,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di, eventualmente anche nel corso dell'esame della legge di stabilità, rivederne il contenuto in coerenza con quanto proposto nel parere espresso dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati.
9/5626/88Damiano, Bellanova, Boccuzzi, Bobba, Berretta, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, e in particolare la lettera a) del comma 1, dispone che a decorrere dall'a.s. 2014/2015, il collegio dei docenti adotti esclusivamente libri nella versione digitale o mista, progressivamente a partire dalle classi prima e quarta della scuola primaria, dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado e dalla prima e terza classe della scuola secondaria di secondo grado;
    il passaggio dal libro cartaceo alla versione digitale è vincolato ad un processo di informatizzazione che nelle nostre scuole non esiste;
    la transizione dal cartaceo al digitale richiede tempo per aggiornare le modalità, la strumentazione e i contenuti. Sarebbe una grave sottovalutazione infatti pensare che il libro multimediale sia una pura trasposizione di quello cartaceo. L'innovazione di processo e di prodotto impegnerà l'impresa editoriale in modo inedito, e inoltre con un considerevole aggravio dell'iva, che passerà dal 4 per cento attuale al 21 per cento nel sistema digitale;
    appare opportuna una proroga almeno fino al 2014 dell'adozione del libro cartaceo, in modo da consentire alle imprese di provvedere all'innovazione, onde evitare situazioni di crisi che porterebbero, di fatto, al rischio di nuovi monopoli nel campo dell'editoria scolastica;
    la transizione dal cartaceo al digitale, che deve comunque realizzarsi in modo graduale e nel rispetto dei percorsi pedagogici, porta con sé problemi di ordine didattico e pedagogico che richiedono sperimentazione e verifiche nel tempo;
    è evidente la problematicità dell'utilizzo del tablet legata alla rideterminazione di un nuovo paradigma che necessita anche di una imprescindibile opera di aggiornamento e di riqualificazione del corpo docente;
    soprattutto nella scuola primaria laddove sarebbe auspicabile che i bambini si misurassero innanzitutto con i livelli primari di apprendimento, mentre è possibile un utilizzo della strumentazione informatica, seppure in un sistema misto, negli ordinamenti secondari di primo e secondo grado;
    lo scorso ottobre il Miur ha siglato con dodici Regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria) un accordo per il potenziamento del Piano nazionale sulla scuola digitale – Classi 2.0, con l'obiettivo di dare la possibilità a studenti ed insegnanti di «imparare ed insegnare con l'innovazione digitale»,

impegna il Governo:

   a valutare, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di stabilire una proroga dei tempi per l'applicazione della norma riferita all'adozione dei testi scolastici in formato digitale;
   ad insediare un tavolo di confronto con i soggetti dell'editoria scolastica per il governo della transizione al digitale dei libri di testo;
   a sperimentare l'adozione mista dei libri di testo, in formato cartaceo e digitale limitatamente agli ordinamenti scolastici secondari di primo e secondo grado e comunque esclusivamente negli istituti scolastici selezionati a partecipare al piano Scuola digitale – Classi 2.0, siglato dal Governo e finalizzato al potenziamento digitale;
   a riferire al Parlamento gli esiti della sperimentazione;
   a distinguere nei tetti di spesa le voci relative all'affitto di strumentazioni digitali da quelle per l'acquisto dei contenuti adeguando conseguentemente gli stessi tetti.
9/5626/89De Biasi, Siragusa, Coscia, Levi, Ghizzoni, De Pasquale, Bachelet, De Torre, Pes, Tocci, Mazzarella, Antonino Russo, Rossa, Lolli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, e in particolare la lettera a) del comma 1, dispone che a decorrere dall'a.s. 2014/2015, il collegio dei docenti adotti esclusivamente libri nella versione digitale o mista, progressivamente a partire dalle classi prima e quarta della scuola primaria, dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado e dalla prima e terza classe della scuola secondaria di secondo grado;
    il passaggio dal libro cartaceo alla versione digitale è vincolato ad un processo di informatizzazione che nelle nostre scuole non esiste;
    la transizione dal cartaceo al digitale richiede tempo per aggiornare le modalità, la strumentazione e i contenuti. Sarebbe una grave sottovalutazione infatti pensare che il libro multimediale sia una pura trasposizione di quello cartaceo. L'innovazione di processo e di prodotto impegnerà l'impresa editoriale in modo inedito, e inoltre con un considerevole aggravio dell'iva, che passerà dal 4 per cento attuale al 21 per cento nel sistema digitale;
    appare opportuna una proroga almeno fino al 2014 dell'adozione del libro cartaceo, in modo da consentire alle imprese di provvedere all'innovazione, onde evitare situazioni di crisi che porterebbero, di fatto, al rischio di nuovi monopoli nel campo dell'editoria scolastica;
    la transizione dal cartaceo al digitale, che deve comunque realizzarsi in modo graduale e nel rispetto dei percorsi pedagogici, porta con sé problemi di ordine didattico e pedagogico che richiedono sperimentazione e verifiche nel tempo;
    è evidente la problematicità dell'utilizzo del tablet legata alla rideterminazione di un nuovo paradigma che necessita anche di una imprescindibile opera di aggiornamento e di riqualificazione del corpo docente;
    soprattutto nella scuola primaria laddove sarebbe auspicabile che i bambini si misurassero innanzitutto con i livelli primari di apprendimento, mentre è possibile un utilizzo della strumentazione informatica, seppure in un sistema misto, negli ordinamenti secondari di primo e secondo grado;
    lo scorso ottobre il Miur ha siglato con dodici Regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria) un accordo per il potenziamento del Piano nazionale sulla scuola digitale – Classi 2.0, con l'obiettivo di dare la possibilità a studenti ed insegnanti di «imparare ed insegnare con l'innovazione digitale»,

impegna il Governo:

   a valutare, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate;
   ad insediare un tavolo di confronto con i soggetti dell'editoria scolastica per il governo della transizione al digitale dei libri di testo;
   a valutare l'opportunità di sperimentare l'adozione mista dei libri di testo, in formato cartaceo e digitale limitatamente agli ordinamenti scolastici secondari di primo e secondo grado e comunque esclusivamente negli istituti scolastici selezionati a partecipare al piano Scuola digitale – Classi 2.0, siglato dal Governo e finalizzato al potenziamento digitale;
   a riferire al Parlamento gli esiti della sperimentazione;
   a valutare l'opportunità di distinguere nei tetti di spesa le voci relative all'affitto di strumentazioni digitali da quelle per l'acquisto dei contenuti adeguando conseguentemente gli stessi tetti.
9/5626/89. (Testo modificato nel corso della seduta) De Biasi, Siragusa, Coscia, Levi, Ghizzoni, De Pasquale, Bachelet, De Torre, Pes, Tocci, Mazzarella, Antonino Russo, Rossa, Lolli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, commi da 4-bis a 4-septies, del provvedimento in esame, reca una disciplina finalizzata alla predisposizione e all'approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti;
    per le suddette finalità, il comma 4-sexies prevede l'istituzione, a decorrere dall'esercizio finanziario 2013, di un Fondo unico per l'edilizia scolastica nello stato di previsione del MIUR;
    si ritiene importante prevedere che le risorse iscritte nel medesimo Fondo, per il finanziamento degli interventi compresi nei piani, siano assegnate direttamente all'ente locale proprietario degli edifici scolastici anche sulla base di una dichiarazione di congruità formulata da ciascuna regione e provincia autonoma territorialmente competente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative affinché le risorse iscritte nel fondo di cui all'articolo 11, comma 4-sexies siano assegnate direttamente all'ente locale proprietario degli edifici scolastici anche sulla base di una dichiarazione di congruità formulata da ciascuna regione e provincia autonoma territorialmente competente.
9/5626/90Coscia, De Pasquale, De Biasi, Siragusa, Levi, Ghizzoni, Bachelet, De Torre, Pes, Tocci, Mazzarella, Antonino Russo, Rossa, Lolli, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, commi da 4-bis a 4-septies, del provvedimento in esame, recano una disciplina finalizzata alla predisposizione e all'approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti;
    il tema della messa in sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare condizioni di integrale sicurezza e salubrità per gli studenti e per il personale scolastico;
    la situazione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo e le misure contenute nel provvedimento in esame rappresentano solo un parziale contributo;
    occorre uno sforzo straordinario di tutti i soggetti pubblici proprietari degli immobili destinati ad attività scolastiche affinché gli studenti, le famiglie e i lavoratori della scuola possano vivere la realtà scolastica in serenità e senza rischi per la loro incolumità;
    solo per citare alcuni esempi: qualche mese fa a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico a Firenze crolla il contro fitto del secondo piano del liceo Galileo e oggi, a Ciampino, crolla il solaio di una scuola materna nel quale sono rimaste ferite una bambina e l'insegnante;
    appaiono necessarie ed urgenti misure volte a facilitare il compito degli enti locali nell'impegno di miglioramento strutturale degli edifici scolastici di loro proprietà,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di predisporre misure volte a consentire la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzate a non contemplare nei bilanci comunali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali per interventi di messa in sicurezza ed adeguamento a norma degli edifici scolastici e per la costruzione di nuovi edifici.
9/5626/91De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, commi da 4-bis a 4-septies, del provvedimento in esame, recano una disciplina finalizzata alla predisposizione e all'approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti;
    il tema della messa in sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare condizioni di integrale sicurezza e salubrità per gli studenti e per il personale scolastico;
    la situazione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo e le misure contenute nel provvedimento in esame rappresentano solo un parziale contributo;
    occorre uno sforzo straordinario di tutti i soggetti pubblici proprietari degli immobili destinati ad attività scolastiche affinché gli studenti, le famiglie e i lavoratori della scuola possano vivere la realtà scolastica in serenità e senza rischi per la loro incolumità;
    solo per citare alcuni esempi: qualche mese fa a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico a Firenze crolla il contro fitto del secondo piano del liceo Galileo e oggi, a Ciampino, crolla il solaio di una scuola materna nel quale sono rimaste ferite una bambina e l'insegnante;
    appaiono necessarie ed urgenti misure volte a facilitare il compito degli enti locali nell'impegno di miglioramento strutturale degli edifici scolastici di loro proprietà,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di predisporre misure volte a consentire la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzate a non contemplare nei bilanci comunali e provinciali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali per interventi di messa in sicurezza ed adeguamento a norma degli edifici scolastici e per la costruzione di nuovi edifici.
9/5626/91. (Testo modificato nel corso della seduta) De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 179 del 2012, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», modificato dal Senato in prima lettura, contiene una serie di norme eterogenee, che coinvolgono complessivamente temi di fondamentale interesse per la crescita del Paese;
    il provvedimento d'urgenza in particolare, prevede attraverso i commi 1 e 2 dell'articolo 24, alcune modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria al fine di recepire le innovazioni apportate dal Regolamento n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di vendite allo scoperto di strumenti finanziari e di contratti derivati;
    per effetto delle suesposte norme, s'individuano il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia e la Consob quali autorità competenti all'espletamento delle funzioni ed allo svolgimento dei compiti previsti dal regolamento, in base alle rispettive competenze, stabilendo inoltre norme rivolte all'assetto sanzionatorio, in particolare per quanto concerne gli obblighi relativi alle vendite allo scoperto e al credit default swap;
    risulta evidente come i contratti derivati, rappresentino degli strumenti di finanza speculativa altamente pericolosi e dannosi per i sottoscrittori, anche istituzionali, i cui livelli di rischiosità tendono a minacciare addirittura i debiti sovrani e quelli legati al mercato delle imprese private;
    un rapporto della Banca dei regolamenti internazionali dello scorso maggio, sintetizzando le nuove statistiche legate ad un monitoraggio effettuato, ha rilevato che il valore complessivo di strumenti derivati in circolazione nel mondo è stimato in 650 mila miliardi di dollari;
    il citato valore di contratti di derivati nei cosiddetti over the counter, ovvero di negoziazione sui mercati non regolamentati, incide notevolmente sull'economia reale e sulle scelte strategiche finanziarie ed economiche dei Paesi;
    nel corso dell'indagine conoscitiva della 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni è emerso che i derivati degli enti locali ammontano a 30 miliardi di euro;
    appare evidente come la sottoscrizione e la negoziazione di tali contratti di finanza derivata, costituisce fonte di preoccupazione e di rischi per l'economia non solo italiana, i cui scandali finanziari e bancari hanno provocato enormi dissesti finanziari anche nell'ambito degli enti locali evidenziando la scarsa trasparenza di tali strumenti finanziari;
    le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal provvedimento in esame, appaiono nel complesso insufficienti a fronteggiare la pericolosità dei contratti derivati, il cui livello di penetrazione coinvolge operazioni finanziarie a livello internazionale in grado di determinare speculazioni sui debiti sovrani,

impegna il Governo

ad avviare iniziative in sede europea e mondiale, volte a determinare restrizioni sui credit default swap sovrani ed evitare il rischio che il mercato dei derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati possa incidere negativamente sul meccanismo di calcolo dello spread ovvero i differenziale dei tassi d'interesse dei titoli italiani con quelli tedeschi, con ulteriori conseguenze negative per l'economia reale e produttiva dei Paesi ad alto debito pubblico come l'Italia.
9/5626/92Lazzari.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 179 del 2012, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», modificato dal Senato in prima lettura, contiene una serie di norme eterogenee, che coinvolgono complessivamente temi di fondamentale interesse per la crescita del Paese;
    il provvedimento d'urgenza in particolare, prevede attraverso i commi 1 e 2 dell'articolo 24, alcune modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria al fine di recepire le innovazioni apportate dal Regolamento n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di vendite allo scoperto di strumenti finanziari e di contratti derivati;
    per effetto delle suesposte norme, s'individuano il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia e la Consob quali autorità competenti all'espletamento delle funzioni ed allo svolgimento dei compiti previsti dal regolamento, in base alle rispettive competenze, stabilendo inoltre norme rivolte all'assetto sanzionatorio, in particolare per quanto concerne gli obblighi relativi alle vendite allo scoperto e al credit default swap;
    risulta evidente come i contratti derivati, rappresentino degli strumenti di finanza speculativa altamente pericolosi e dannosi per i sottoscrittori, anche istituzionali, i cui livelli di rischiosità tendono a minacciare addirittura i debiti sovrani e quelli legati al mercato delle imprese private;
    un rapporto della Banca dei regolamenti internazionali dello scorso maggio, sintetizzando le nuove statistiche legate ad un monitoraggio effettuato, ha rilevato che il valore complessivo di strumenti derivati in circolazione nel mondo è stimato in 650 mila miliardi di dollari;
    il citato valore di contratti di derivati nei cosiddetti over the counter, ovvero di negoziazione sui mercati non regolamentati, incide notevolmente sull'economia reale e sulle scelte strategiche finanziarie ed economiche dei Paesi;
    nel corso dell'indagine conoscitiva della 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni è emerso che i derivati degli enti locali ammontano a 30 miliardi di euro;
    appare evidente come la sottoscrizione e la negoziazione di tali contratti di finanza derivata, costituisce fonte di preoccupazione e di rischi per l'economia non solo italiana, i cui scandali finanziari e bancari hanno provocato enormi dissesti finanziari anche nell'ambito degli enti locali evidenziando la scarsa trasparenza di tali strumenti finanziari;
    le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal provvedimento in esame, appaiono nel complesso insufficienti a fronteggiare la pericolosità dei contratti derivati, il cui livello di penetrazione coinvolge operazioni finanziarie a livello internazionale in grado di determinare speculazioni sui debiti sovrani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare iniziative in sede europea e mondiale, volte a evitare il rischio che il mercato dei derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati possa incidere negativamente sul meccanismo di calcolo dello spread ovvero il differenziale dei tassi d'interesse dei titoli italiani con quelli tedeschi.
9/5626/92. (Testo modificato nel corso della seduta) Lazzari.


   La Camera,
   premesso che:
    la condotta tenuta da alcune società multinazionali nel settore del commercio elettronico, e non solo, le quali, pur operando in Italia, riescono a trasferire i propri profitti verso paesi a bassa fiscalità, riveste particolare attuale e oggettivo interesse per le istituzioni e la comunità italiane;
    in particolare, la società multinazionale Google è stata oggetto di un recente atto di sindacato ispettivo a firma del proponente, nella forma di una interrogazione a risposta immediata nella VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati, n. 5-08526, cui il Governo ha risposto in termini tali da avvalorare l'urgenza e l'importanza di azioni concrete conseguenti ai fatti ivi rappresentati;
    nella risposta fornita dal Governo all'atto di sindacato ispettivo menzionato è possibile leggere come l'Agenzia delle Entrate evidenzia la difficoltà di aggredire, attraverso le logiche tradizionali del controllo, le condotte, specie sotto il profilo contabile e fiscale, delle società multinazionali. «Pertanto, al fine di contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva aventi scala transnazionale, l'Agenzia delle Entrate sta procedendo, in base ad un primo screening delle risultanze dell'attività di tutoraggio dei grandi contribuenti, a una selezione di posizioni che possano dare luogo ad una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell'elettronica e dell'e-commerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana e internazionale»;
    si dà atto di quanto rappresentato dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia e delle Finanze nell'ambito della già citata risposta all'atto di sindacato ispettivo, e cioè che l'Italia, nelle sedi multilaterali, si stia impegnando nei lavori trasversali in materia di erosione delle basi imponibili e spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscale. In particolare, in sede OCSE, nel settore delle imposte dirette, specie per ciò che attiene ai lavori relativi al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni è in fase di elaborazione un documento sulla stabile organizzazione;
    il Governo italiano dovrebbe porsi in prima linea nella risoluzione delle problematiche evidenziare in sede europea e internazionale e svolgere un'azione più determinata anche e soprattutto in Italia. La timida azione finora intrapresa nei confronti delle multinazionali operanti in Italia stride rispetto alla volontà e alla ferma determinazione, più volte dichiarata anche pubblicamente dall'Esecutivo, di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale da parte di persone fisiche, professionisti e società attivi sui territorio italiano;
    l'azione di contrasto dell'evasione, che costituisce uno dei principi cardine cui il Governo dichiaratamente si ispira, deve pertanto tradursi in iniziative e interventi concreti ancora più forti e urgenti nei confronti delle società multinazionali, anche per evitare che le società italiane operanti nel settore siano assoggettate a un'imposizione più sfavorevole rispetto alle concorrenti estere e incentivino anche per questa ragione la delocalizzazione delle loro attività, in quanto poste in una condizione di svantaggio competitivo nei confronti di quei soggetti che, invece, grazie a rilevanti e indebiti risparmi di imposta, ottenuti mediante forme di elusione o evasione fiscale, possono porre in essere politiche commerciali molto aggressive;
    considerato che è necessario e urgente che il Governo adegui la normativa italiana, introducendo le nozioni di simulazione e di elusione fraudolenta,

impegna il Governo

ad introdurre, nell'ambito della normativa nazionale, gli istituti della simulazione e della elusione fraudolenta.
9/5626/93Graziano.


   La Camera,
   premesso che:
    la condotta tenuta da alcune società multinazionali nel settore del commercio elettronico, e non solo, le quali, pur operando in Italia, riescono a trasferire i propri profitti verso paesi a bassa fiscalità, riveste particolare attuale e oggettivo interesse per le istituzioni e la comunità italiane;
    in particolare, la società multinazionale Google è stata oggetto di un recente atto di sindacato ispettivo a firma del proponente, nella forma di una interrogazione a risposta immediata nella VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati, n. 5-08526, cui il Governo ha risposto in termini tali da avvalorare l'urgenza e l'importanza di azioni concrete conseguenti ai fatti ivi rappresentati;
    nella risposta fornita dal Governo all'atto di sindacato ispettivo menzionato è possibile leggere come l'Agenzia delle Entrate evidenzia la difficoltà di aggredire, attraverso le logiche tradizionali del controllo, le condotte, specie sotto il profilo contabile e fiscale, delle società multinazionali. «Pertanto, al fine di contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva aventi scala transnazionale, l'Agenzia delle Entrate sta procedendo, in base ad un primo screening delle risultanze dell'attività di tutoraggio dei grandi contribuenti, a una selezione di posizioni che possano dare luogo ad una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell'elettronica e dell'e-commerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana e internazionale»;
    si dà atto di quanto rappresentato dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia e delle Finanze nell'ambito della già citata risposta all'atto di sindacato ispettivo, e cioè che l'Italia, nelle sedi multilaterali, si stia impegnando nei lavori trasversali in materia di erosione delle basi imponibili e spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscale. In particolare, in sede OCSE, nel settore delle imposte dirette, specie per ciò che attiene ai lavori relativi al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni è in fase di elaborazione un documento sulla stabile organizzazione;
    il Governo italiano dovrebbe porsi in prima linea nella risoluzione delle problematiche evidenziare in sede europea e internazionale e svolgere un'azione più determinata anche e soprattutto in Italia. La timida azione finora intrapresa nei confronti delle multinazionali operanti in Italia stride rispetto alla volontà e alla ferma determinazione, più volte dichiarata anche pubblicamente dall'Esecutivo, di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale da parte di persone fisiche, professionisti e società attivi sui territorio italiano;
    l'azione di contrasto dell'evasione, che costituisce uno dei principi cardine cui il Governo dichiaratamente si ispira, deve pertanto tradursi in iniziative e interventi concreti ancora più forti e urgenti nei confronti delle società multinazionali, anche per evitare che le società italiane operanti nel settore siano assoggettate a un'imposizione più sfavorevole rispetto alle concorrenti estere e incentivino anche per questa ragione la delocalizzazione delle loro attività, in quanto poste in una condizione di svantaggio competitivo nei confronti di quei soggetti che, invece, grazie a rilevanti e indebiti risparmi di imposta, ottenuti mediante forme di elusione o evasione fiscale, possono porre in essere politiche commerciali molto aggressive;
    considerato che è necessario e urgente che il Governo adegui la normativa italiana, introducendo le nozioni di simulazione e di elusione fraudolenta,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di contrasto della simulazione e della elusione fraudolenta.
9/5626/93. (Testo modificato nel corso della seduta) Graziano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto di conversione recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, trasmesso dal Senato il 6 dicembre 2012, contiene numerose disposizioni in materia di attuazione dell'Agenda digitale italiana, di promozione della dotazione infrastrutturale italiana, di sostegno all'apparato produttivo nonché in materia di servizi pubblici locali»;
    nell'ambito delle articolate disposizioni l'articolo 36, comma 8-bis, assoggetta i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA all'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (cosiddetto «spesometro»);
    le norma in esame fa riferimento alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari prevista dall'articolo 18 del regolamento comunitario n. 178/2002 sulla sicurezza alimentare;
    nell'ambito delle disposizioni indicate dal provvedimento in esame, risultano evidenti la mancanza di adeguate norme volte a sostenere il comparto agricolo, il cui fatturato nel terzo trimestre di quest'anno, è crollato per effetto dell'IMU, dei costi record e dei prezzi sui campi non remunerativi, oltre agli effetti disastrosi del maltempo;
    occorrono in definitiva urgenti iniziative, in grado di supportare un comparto essenziale per l'economia nazionale e che contribuisce in modo rilevante alla produzione interna lorda,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti urgenti in grado di consentire politiche di sviluppo e di maggiore competitività per il comparto agricolo.
9/5626/94Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto di conversione recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, trasmesso dal Senato il 6 dicembre 2012, contiene numerose disposizioni in materia di attuazione dell'Agenda digitale italiana, di promozione della dotazione infrastrutturale italiana, di sostegno all'apparato produttivo nonché in materia di servizi pubblici locali»;
    nell'ambito delle articolate disposizioni l'articolo 36, comma 8-bis, assoggetta i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA all'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (cosiddetto «spesometro»);
    le norma in esame fa riferimento alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari prevista dall'articolo 18 del regolamento comunitario n. 178/2002 sulla sicurezza alimentare;
    nell'ambito delle disposizioni indicate dal provvedimento in esame, risultano evidenti la mancanza di adeguate norme volte a sostenere il comparto agricolo, il cui fatturato nel terzo trimestre di quest'anno, è crollato per effetto dell'IMU, dei costi record e dei prezzi sui campi non remunerativi, oltre agli effetti disastrosi del maltempo;
    occorrono in definitiva urgenti iniziative, in grado di supportare un comparto essenziale per l'economia nazionale e che contribuisce in modo rilevante alla produzione interna lorda,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti in grado di consentire politiche di sviluppo e di maggiore competitività per il comparto agricolo.
9/5626/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 istituisce l'anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) che subentrando all'INA (Indice Nazionale delle Anagrafi) e all'AIRE (Anagrafe della popolazione italiana residente all'estero) prevede l'unificazione in un'unica anagrafe dell'attuale sistema anagrafico strutturato in quattro partizioni;
    il subentro avverrà secondo un piano da completare entro il 31 dicembre 2014 da definirsi con decreto attuativo;
    durante il dibattito in Senato sono emerse preoccupazioni circa l'effettivo funzionamento del registro AIRE in seguito alla transizione al nuovo sistema unificato. Tali preoccupazioni sono ancor più fondate vista l'imminente cadenza elettorale in cui i cittadini aventi diritto al voto all'estero sono coloro che risultano iscritti al sistema Aire;
    è necessario che la nuova banca dati garantisca la stessa funzionalità svolta dall'Aire in modo che si evitino disguidi nell'individuazione dei cittadini italiani residenti all'estero titolari del diritto di voto;
    la Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati, in sede di parere, ha espresso l'osservazione di esplicitare, in sede attuativa, che «sia garantita la piena operatività del vigente sistema anagrafico, basato sull'Aire» nella prospettiva dell'esercizio del voto all'estero;
    la Commissione Affari esteri del Senato, in sede di parere al presente provvedimento, ha rilevato «che in sede di predisposizione degli adempimenti attuativi ... va garantita e migliorata la corretta operatività del sistema anagrafico basato sull'AIRE; ciò al fine di permettere il pieno e regolare esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere qualsivoglia iniziativa occorrente a garantire la piena operatività del vigente sistema anagrafico Aire in modo che vi possa essere un regolare svolgimento delle elezioni all'estero.
9/5626/95Narducci, Bucchino, Gianni Farina, Garavini, Porta, Fedi.


   La Camera,
   visto l'articolo 1, comma 18 della legge 26 febbraio 2010 n. 25;
   visto l'articolo 34-duodecies del provvedimento in discussione,
   considerata la specificità dell'attività portuali e la necessità di garantire la competitività dei porti italiani e lo sviluppo dell'economia marittima,

impegna il Governo

a ribadire che, anche nel procedimento di revisione del quadro normativo di rilascio delle concessioni di beni demaniali di cui all'articolo 1 comma 18 della legge n. 25 in premessa, alle concessioni ricadenti nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali delle Autorità Portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994 n. 84, non si applica la proroga dei termini di cui agli articoli 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009 e 34-duodecies del provvedimento in discussione, così come altresì previsto dall'articolo 3, comma 4-bis del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazioni dalla legge 1993, n. 494.
9/5626/96Forcieri, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge 8 aprile 1983 n. 113 «Autorizzazione a cedere al Comune di Praia a Mare il compendio demaniale marittimo ricadente nel Comune suddetto posto sotto la Strada Statale n. 18 e compreso fra il Comune di Tortora e il torrente Fluzzi di Praia a Mare» stabiliva all'articolo 1 che «in deroga all'articolo 12 della Legge 24 dicembre 1908 n. 783, e successive modificazioni, è autorizzata la vendita a trattativa privata a favore del Comune di Praia a Mare del compendio demaniale marittimo, da trasferirsi al patrimonio dello stato con decreto del Ministro della Marina Mercantile di concerto con il Ministro delle Finanze, ricadente nel Comune suddetto, riportato in catasto ai fogli 29, 41 e 52, esteso 18 ettari circa e delimitato: a nord dal cosiddetto fosso Fiumarello, a est dalla via F. Giugni e dalla linea di delimitazione del demanio marittimo fino al cosiddetto fosso Fortino, a sud dal fosso Fortino, a ovest dalla rimanente parte del demanio marittimo»;
    a seguito dello sviluppo urbanistico che ha interessato il Comune di Praia a Mare negli anni 50, quando fu interessato dall'insediamento di due grosse realtà industriali del settore tessile che, per effetto dell'indotto produttivo consequenziale, determinarono un aumento della popolazione residente, si decise, sin dai primi anni 60, anche a causa della particolare orografia di questo Comune, di utilizzare per necessità un'ampia fascia di aree demaniali ormai inutilizzate per gli usi marittimi ai fini della costruzione di edifici pubblici e privati, strade, sottoservizi, piazze e giardini;
    la legge sopra citata andava nella direzione di favorire le richieste di classifica delle aree occupate e della loro successiva vendita a coloro che, regolarmente autorizzati, avevano nel corso degli anni su di esse realizzati insediamenti civili e pubblici costituenti parte integrante di un centro ormai del tutto urbanizzato;
    problemi evidenti permangono per un'altra area sempre del Comune di Praia a Mare di circa 147.000 mq che, nonostante abbia perso definitivamente il carattere della demanialità, non è stato possibile assoggettare agli stessi similari benefici della Legge 113/1983;
    l'area in questione confina a nord con proprietà privata (ex patrimonio pubblico dello Stato; Ramo marina, area sdemanializzata con la Legge 113/1983); a sud con bene patrimoniale disponibile dello Stato in uso al Comune di Praia a Mare; a est con proprietà private; a ovest con patrimonio pubblico dello Stato (arenile) ed è caratterizzata dalla presenza, ormai ultratrentennale, di opere pubbliche, opere di urbanizzazione primarie e secondarie, fabbricati residenziali;
    tale situazione provoca un'evidente disparità tra due aree dello stesso Comune che presentano un'identica natura orografica ed insediativa, una stessa storia di sviluppo urbanistico ma una diverso approccio alla risoluzione del problema;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere idonee iniziative atte a ripristinare una parità di trattamento rispetto alle condizioni precedentemente citate ed a garantire anche per l'area tutt'ora demaniale, caratterizzata dalla presenza di opere pubbliche e private, l'attivazione di procedure utili a favorirne la sdemanializzazione e la loro necessaria valorizzazione anche da parte dei privati e del Comune.
9/5626/97Dima.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del decreto 83/2012 prevede, per le iniziative agevolate a valere sugli strumenti di cui all'articolo 2, comma 23, lettera d) e f) della Legge 23.12.1996 n. 662, di non procedere a revoca delle agevolazioni, sia nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi occupazionali previsti per l'esercizio a regime, sia nel caso di mancato rispetto degli indicatori eventualmente previsti;
    preso atto che la norma, così come espressa, potrebbe creare disuguaglianze tra le aziende che hanno presentato istanza;
    per non creare discriminazione tra le aziende di cui all'articolo 29, punto 7, del decreto 83/2012, che non hanno raggiunto gli obiettivi indicati ed altre che, pur commettendo infrazioni procedurali o formali, hanno raggiunto gli obiettivi indicati;
    per non penalizzare queste ultime mandandole a revoca e rischiando il loro tracollo, che produrrebbe, in moltissimi casi, la chiusura delle aziende con grave danno all'occupazione e all'erario;
    per evitare che la chiusura delle aziende porti, altresì, pesanti oneri alle casse dello Stato, in termini di ammortizzatori occupazionali, senza peraltro recuperare le somme richieste,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità affinché la norma citata in premessa sia estesa anche alle aziende che nell'iter della pratica di agevolazione hanno commesso errori procedurali o formali raggiungendo comunque gli obiettivi previsti nella domanda e attualmente pienamente a regime e funzionanti.
9/5626/98De Camillis, Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del decreto 83/2012 prevede, per le iniziative agevolate a valere sugli strumenti di cui all'articolo 2, comma 23, lettera d) e f) della Legge 23.12.1996 n. 662, di non procedere a revoca delle agevolazioni, sia nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi occupazionali previsti per l'esercizio a regime, sia nel caso di mancato rispetto degli indicatori eventualmente previsti;
    preso atto che la norma, così come espressa, potrebbe creare disuguaglianze tra le aziende che hanno presentato istanza;
    per non creare discriminazione tra le aziende di cui all'articolo 29, punto 7, del decreto 83/2012, che non hanno raggiunto gli obiettivi indicati ed altre che, pur commettendo infrazioni procedurali o formali, hanno raggiunto gli obiettivi indicati;
    per non penalizzare queste ultime mandandole a revoca e rischiando il loro tracollo, che produrrebbe, in moltissimi casi, la chiusura delle aziende con grave danno all'occupazione e all'erario;
    per evitare che la chiusura delle aziende porti, altresì, pesanti oneri alle casse dello Stato, in termini di ammortizzatori occupazionali, senza peraltro recuperare le somme richieste,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità affinché la norma citata in premessa sia estesa anche alle aziende che nell'iter della pratica di agevolazione hanno commesso errori procedurali o formali soddisfacendo comunque i requisiti e gli obiettivi prescelti.
9/5626/98. (Testo modificato nel corso della seduta) De Camillis, Faenzi.


INTERPELLANZE URGENTI

Elementi in merito ad una relazione sulla situazione epidemiologica in alcune specifiche aree della Campania – 2-01762

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il 26 luglio 2012 il Ministro interpellato, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, ha costituito con decreto ministeriale un gruppo di lavoro al quale ha affidato il compito di chiarire la relazione esistente tra incremento delle morti per cancro in alcune specifiche aree della Campania, come quella a nord di Napoli e la provincia di Caserta, e i fattori ambientali;
   secondo il provvedimento, il gruppo di lavoro avrebbe dovuto presentare entro il 28 settembre 2012 una relazione al Ministro interpellato sulla situazione epidemiologica nel territorio preso in considerazione;
   il 13 ottobre 2012, nel corso della trasmissione di Rai 3 Ambiente Italia, il Ministro interpellato avrebbe lasciato intendere che il gruppo di lavoro avrebbe terminato il compito e sarebbe già approdato ad una conclusione;
   va considerato il significativo livello di allarme sociale ingenerato dagli eventi paventati ed ora anche dal ritardo nel rendere pubbliche le conclusioni del gruppo di lavoro, per taluni sospetto;
   va considerato in ogni caso che il termine previsto dal decreto è da tempo trascorso –:
   se sia vero che l'indagine effettuata dal gruppo di lavoro sia stata portata a compimento;
   quali siano il contenuto e le conclusioni della relazione eventualmente già predisposta dal gruppo di lavoro;
   quali siano le ragioni dell'eventuale ritardo nel rendere pubblica tale relazione rispetto alla data prevista dal decreto stesso.
(2-01762) «Paolo Russo, Gioacchino Alfano, Beccalossi, Bianconi, Brunetta, Calabria, Carfagna, Casero, Castiello, Catanoso, Cesaro, Colucci, Gianfranco Conte, Cosentino, Cossiga, Crosetto, De Girolamo, Del Tenno, Dima, Faenzi, Formichella, Giammanco, Alberto Giorgetti, La Loggia, Mantovano, Mazzocchi, Milanese, Milo, Nastri, Pescante, Picchi, Pisacane, Repetti, Rosso, Scajola, Scilipoti, Stradella, Taddei, Nunzio Francesco Testa, Valducci».


Iniziative volte ad assicurare adeguati standard di cura e di assistenza nell'ambito dei processi di riorganizzazione della rete ospedaliera, con particolare riferimento alla città di Roma – 2-01770

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   i costi della sanità sembra stiano diventando pressoché insostenibili se non si cambia rapidamente il classico modello di assistenza ospedalo-centrico e non si presta maggiore attenzione alla medicina di famiglia e ai servizi territoriali. In questo senso vanno i recenti provvedimenti approvati in merito e in tal senso vanno anche interpretate le parole del Presidente del Consiglio dei ministri sulla sanità e sui suoi costi;
   fermo restando che occorre assumere una serie di misure strutturali che prevedono anche la chiusura di piccoli ospedali, l'eliminazione di servizi duplicati nelle stesse aziende sanitarie locali, la concentrazione della diagnostica ad alta tecnologia in alcune strutture di eccellenza e analogamente la diversificazione dei servizi assistenziali offerti dai vari ospedali, sta diventando davvero problematico gestire la transizione dei modelli assistenziali in questa ultima fase del 2012 in tutte le grandi città e, in particolar modo, in una città come Roma;
   recenti indagini sulla sanità rilevano come l'assistenza sanitaria da parte dello Stato italiano sia sempre minore (l'Italia spende circa il 30 per cento in meno della Germania, il 23 per cento della Francia e il 16 per cento del Regno Unito) e come essa sia sempre più a carico delle famiglie. Inoltre, si evidenzia come avanzi la sanità low cost con un fatturato annuo di oltre 10 miliardi di euro. Occorrerebbero scelte di grande attenzione e responsabilità, per scongiurare, da un lato, il tracollo economico-organizzativo del servizio sanitario nazionale, dall'altro un'inesorabile transizione alla sanità privata tradizionale con costi elevati a svantaggio delle famiglie e delle categorie deboli, correndo il rischio di trasformare il servizio sanitario nazionale nella sanità povera per i soli poveri;
   dopo i tagli decisi dal commissario Bondi per tutta una serie di ospedali religiosi di diversa dimensione, che vanno dal più piccolo al più grande, fino a coinvolgere anche i policlinici universitari del Gemelli e del Campus Biomedico, noti per l'assoluta eccellenza delle prestazioni offerte, ora l'operazione «tagli» sembra coinvolgere anche altri ospedali della città, in cui andranno chiusi reparti, ridotti servizi, necessariamente limitata la qualità delle prestazioni, a cominciare da quelle di tipo alberghiero, che sono spesso parte integrante della stessa terapia, come accade, ad esempio, per tutta l'alimentazione e la nutrizione dei malati;
   le degenze si stanno facendo più corte e le dimissioni più veloci, anche quando i pazienti non hanno in casa chi si possa prendere cura di loro; i trattamenti oncologici sono ormai quasi sempre in day hospital, anche quando le condizioni del paziente richiederebbe una maggiore prudenza, ma, soprattutto, le liste di attesa si vanno allungando a dismisura, perché la stragrande maggioranza degli ospedali a questo punto dell'anno ha già raggiunto il nuovo tetto di prestazioni fissato. Le prestazioni differibili sono state sospese e nell'ambiente dell'ospedalità romana si sta assistendo a strane forme di contagio di un'ansia diffusa, soprattutto tra gli anziani, che stanno sviluppando il terrore di non poter essere curati se si ammaleranno;
   a parere degli interpellanti, probabilmente tutto ciò era necessario, ma certamente richiedeva una diversa gradualità, un diverso coinvolgimento dei cittadini e un'organizzazione trasversale molto più in rete tra tutti gli ospedali romani, ma anche, e non è poca cosa, una diversa strategia di comunicazione;
   certamente non giova la precarietà della situazione politica, da quella nazionale a quella regionale in pieno stato di crisi: una crisi cronica che sta diventando realmente una crisi di rigetto e che spinge davvero i malati a spostarsi verso l'ospedalità privata, ma non il privato convenzionato ormai al collasso, ma il privato più caro e troppo spesso inaccessibile ai più, soprattutto in tempi di crisi –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di propria competenza, intendano porre in essere i Ministri interpellati in questa delicata fase di transizione per accelerare i processi di riorganizzazione e garantire comunque ai malati i necessari standard di cura e di assistenza.
(2-01770) «Binetti, Galletti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, Anna Teresa Formisano».


Iniziative per rivedere i nuovi standard relativi all'assistenza ospedaliera con riferimento alle case di cura monospecialistiche – 2-01779

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   è stato inviato alla conferenza Stato-regioni dal Ministro interpellato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli, il regolamento sulla «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»;
   il regolamento indica il metodo di calcolo per la riduzione delle unita operative complesse e la riconversione delle strutture ospedaliere, secondo quanto indicato dall'articolo 15, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012 sulla spending review, che dovrebbe portare ad una diminuzione dei posti letto ospedalieri in Italia di almeno 7.389 unità;
   al 10 gennaio 2012 in Italia erano presenti 231.707 posti letti (3,82 ogni mille abitanti), di cui 195.922 per acuti (3,23 ogni mille abitanti) e 35.785 per post-acuti (0,59);
   il decreto-legge n. 95 del 2012 indica come obiettivo una media complessiva di 3,7 posti letto per mille abitanti, di cui 0,7 deve essere dedicato a riabilitazione e lungo-degenti e i restanti 3 per gli acuti. Secondo i calcoli, quindi, i posti letto dovranno arrivare in totale a 224.318 unità, di cui 181.879 per acuti (-14.043) e fino a 42.438 per post-acuti (+ 6.635);
   le regioni dovranno, pertanto, procedere ad una loro riorganizzazione, aumentando o diminuendo il numero dei posti letto in funzione dei nuovi parametri, basandosi sulla popolazione generale di ciascuna di esse, pesata e corretta in base alta percentuale di anziani e ai flussi di mobilità ospedaliera tra regioni (il correttivo tiene conto del fatto che alcune regioni registrano una mobilità attiva, in quanto i propri ospedali attraggono pazienti residenti altrove);
   mentre il provvedimento stabilisce standard per le case di cura con le specialità di base (medicina-chirurgia generale-ortopedia-pronto soccorso) e una soglia di posti letto non inferiore ad 80 per l'accreditamento, nulla viene detto circa le case di cura monospecialistiche, che ovviamente hanno una dotazione di posti letto inferiore e per le quali si prevede una chiusura;
   nella provincia di Frosinone i presidi per acuti attualmente in funzione sono: ospedale di Frosinone, 416 posti letto; ospedale di Sora, 200 posti letto; ospedale di Cassino, 299 posti letto; ospedale di Alatri, 100 posti letto;
   per un totale di 915 posti letto, mentre le case di cura per acuti dispongono di 129 posti letto totali così ripartiti: Sant'Anna 32 posti letto; Villa Serena 25 posti letto; Villa Gioia 20 posti letto; Santa Teresa 20 posti letto; San Raffaele 30 posti letto;
   allo stato attuale i presidi di Anagni, Arpino, Atina, Ceccano, Ceprano, Ferentino, Isola Liri e Pontecorvo non hanno posti letto per acuti;
   di fatto, tutte le case di cura monospecialistiche della provincia di Frosinone saranno costrette a chiudere dopo aver subito già nel 2008, per decisione della giunta Marrazzo, una drastica riduzione del 50 per cento dei posti letto ed in alcuni casi una costosa riconversione in monospecialistica;
   fino al 2008 nell'azienda sanitaria locale Frosinone il rapporto posti letto/acuti era inferiore al 3 per mille, ma con la scelta della giunta Polverini di inserire nel piano sanitario le macroaree l'influenza ed il peso di Roma ha, di fatto, sfavorito la provincia ciociara;
   nel Lazio, poi, la giunta Polverini ha consentito ai proprietari di più strutture di spostare tra le varie macroaree gli accreditamenti, andando ad alterare i fabbisogni territoriali, senza tener conto dei fattori che determinano il fabbisogno stesso;
   sarebbe opportuno considerare nel calcolo degli standard le zone di confine con le regioni limitrofe, il bacino demografico, i collegamenti viari e la facilità di accessi –:
   se non ritenga di tener conto di quanto illustrato in premessa dando la possibilità alle case di cura monospecialistiche, che verrebbero di fatto tagliate fuori dai nuovi standard relativi all'assistenza ospedaliera, di potersi consorziare e rientrare, quindi, nella soglia utile per poter ottenere l'accreditamento.
(2-01779) «Anna Teresa Formisano, Galletti».


Misure volte a garantire la ripresa delle trattative sindacali in relazione alla esternalizzazione di rami operativi d'azienda del gruppo Monte dei Paschi di Siena – 2-01736

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il gruppo Monte dei Paschi di Siena è uno dei principali operatori nel settore del credito in Italia;
   in queste settimane è in corso una trattativa sindacale finalizzata alla esternalizzazione di rami operativi d'azienda con conseguente trasferimento di personale;
   le trattative tra le parti sono in una fase di stallo dopo che l'azienda ha interrotto i rapporti con le organizzazioni sindacali e vorrebbe imporre decisioni unilaterali che riguardano, in modo particolare, l'esternalizzazione di un numero di dipendenti, variante tra 1.600 e 2.300 unità, principalmente operanti all'interno del consorzio servizi della banca stessa ed in gran parte dislocati su plessi nelle province di Siena, Mantova, Firenze, Lecce, Padova, Milano e Roma;
   tali prospettate esternalizzazioni creano un'evidente apprensione circa la stabilità dei posti di lavoro degli attuali addetti;
   l'istituto ha già fruito di una somma pari ad 1,9 miliardi di euro di finanziamento statale (cosiddetto Tremonti bond) e tale finanziamento raggiungerà la somma complessiva di 3,4 miliardi di euro;
   tale ultima circostanza postula, quindi, la necessità che il Governo prestiparticolare attenzione alle vicende di un istituto nei confronti del quale è esposto per un importo di tale rilevanza –:
   se il Governo sia intenzionato, per quanto di competenza, ad intervenire ed in quale forma, per facilitare la ripresa della trattativa tra le parti.
(2-01736) «Zani, Cenni, Albini, Marco Carra, Naccarato, Miotto, Fiano, Pierdomenico Martino, Bressa, Nannicini, Bellanova, Losacco, Garofani, Adinolfi, Rosato, D'Alema, Giacomelli, Castagnetti, D'Antoni, Lulli, Mariani, Iannuzzi, Codurelli, Picierno, Motta, Ciriello, Cavallaro, Marantelli, Fogliardi, Boccuzzi, Meta, Verducci, Fluvi, Pizzetti, Ventura, De Biasi, Villecco Calipari, Duilio, Farinone, Colaninno».


Iniziative normative al fine di garantire parità di trattamento circa l'onerosità delle ricongiunzioni dei contributi pensionistici – 2-01748

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   la ricongiunzione dei contributi pensionistici, introdotta con la legge 7 febbraio 1979, n. 29, consiste nell'unificazione dei periodi di assicurazione maturati dal lavoratore in differenti settori di attività, al fine di ottenere un'unica pensione calcolata su tutti i contributi versati;
   di recente, l'articolo 12, commi dal 12-septies al 12-undecies, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha modificato la disciplina della ricongiunzione dei contributi pensionistici con lo scopo di armonizzare le norme previste nei diversi regimi pensionistici. In particolare, il comma 12-septies ha disposto, a decorrere dal 1o luglio 2010, l'applicazione alle ricongiunzioni effettuate da lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che siano o siano stati iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutiva, esclusive od esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 3 e 4 e 5 della legge n. 29 del 1979, e l'onere da porre a carico dei richiedenti è determinato secondo specifiche tabelle;
   l'introduzione dell'onerosità provoca gravi disagi per una vasta platea di lavoratori e lavoratrici che aspirano alla pensione e che, invece, per raggiungere tale obiettivo, si trovano costretti a pagare spesso cifre elevate e difficilmente sostenibili;
   ad oggi, se un lavoratore può vantare complessivamente, tra le diverse gestioni presso cui è stato assicurato, un'anzianità contributiva e un'età anagrafica sufficienti a realizzare il diritto alla pensione, di fatto non può esercitare tale diritto a causa dell'esosità degli oneri di ricongiunzione richiesti;
   bisogna, inoltre, evidenziare che l'introduzione dell'onere incide negativamente anche sulle scelte effettuate nel passato dai lavoratori che, in base alla normativa in vigore dal 1958, e confermate negli anni dall'Inps, hanno deciso di non effettuare la ricongiunzione, al tempo gratuita, attendendo l'avvicinarsi della fine dell'attività lavorativa;
   in molti casi i lavoratori che non possono sostenere gli oneri di cui sopra devono ricorrere alla totalizzazione, istituto alternativo alla ricongiunzione che, pur essendo gratuito, dà origine a pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo e che, quindi, risultano di minore entità;
   l'onerosità risulta incoerente, tra l'altro, con quanto disposto nel decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «Salva Italia» che, all'articolo 21, prevede la soppressione, dal 1o gennaio 2012, dell'Inpdap e dell'Enpals e l'attribuzione delle relative funzioni all'Inps, che succede agli enti soppressi in tutti i rapporti attivi e passivi;
   appare urgente e improcrastinabile affrontare e risolvere la questione legata alle ricongiunzioni onerose che, secondo le stime del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, interessa 600 mila lavoratori (ovvero 30 mila lavoratori l'anno fino al 2022) –:
   se il Ministro interpellato non ritenga opportuno assumere le opportune iniziative per correggere la normativa relativa alla ricongiunzione onerosa dei contributi pensionistici descritta in premessa, al fine di impedire il protrarsi delle disparità di trattamento introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010, che penalizza gravemente moltissimi lavoratori e lavoratrici, ledendone i diritti acquisiti alla ricongiunzione gratuita.
(2-01748) «Miserotti, Romele, Cicu, Petrenga, Porfidia, Speciale, Cosenza, Urso, Scalia, Scalera, Garagnani, Beccalossi, Renato Farina, Di Centa, Nola, Rosso, Proietti Cosimi, Centemero, Taddei, Cazzola, Fedriga, Tommaso Foti, Munerato, Ghiglia, Gidoni, Di Cagno Abbrescia, Negro, Rainieri, Pezzotta, Meroni, Galli, Binetti, Di Giuseppe, Granata, La Loggia, Mussolini, Vignali, Brancher, Alberto Giorgetti, Crosetto, Rotondi, Scajola, Milanese, Bergamini, Craxi, Distaso, Prestigiacomo, Lorenzin, Meloni, Misuraca».


Iniziative in merito alla crisi economica e finanziaria che sta attraversando la società Aligrup Spa – 2-01764

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   una gravissima crisi economica e finanziaria sta attraversando la società Aligrup spa, crisi che, nel contesto di una grave congiuntura economica negativa mondiale, costituisce per la città di Catania e per tutto il territorio regionale un allarme sociale di enorme portata, considerato il livello occupazionale che Aligrup esprime sia in maniera diretta, circa 1.600 dipendenti, che in maniera indiretta, un indotto di ulteriori 1.500 lavoratori, numeri che in qualsiasi contesto hanno un significato notevolissimo, ma ancor di più in Sicilia, dove la perdita anche di un solo posto di lavoro crea disagi non indifferenti;
   per una maggiore conoscenza della problematica, si riassumono in maniera sintetica le vicende che hanno coinvolto Aligrup, che traggono le loro origini diversi anni addietro, ma che si sono manifestate nella loro assoluta drammaticità negli ultimi mesi. Aligrup spa opera dal 1987 nel settore della grande distribuzione organizzata, ma nasce dal solco di un'azienda familiare di commercio all'ingrosso di granaglie, avviata dagli antenati dell'attuale famiglia imprenditoriale nel lontano 1890. Concessionaria per il marchio Despar per le province di Catania, Enna, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa e Palermo, gestisce un centro distributivo moderno ed efficiente, realizzato in base alle tecniche distributive più avanzate. Nel contesto della grande distribuzione organizzata l'azienda si è sempre collocata al primo posto tra le aziende a intero capitale siciliano e al secondo posto, dopo il gruppo Sma Auchan, considerando tutti gli attori presenti nel territorio;
   queste sono le performance di Aligrup (dati riferiti al 2011): un fatturato di più di 300 milioni di euro; una rete di 159 punti vendita (di cui 45 diretti e 114 affiliati); gestione di un deposito (grocery e fresco) e 3 piattaforme (surgelati, ortofrutta e macelleria); quota di mercato Sicilia del 16,87 per cento, 1.449 addetti, 45.000 referenze trattate;
   nel 2011, nell'ambito di un procedimento penale antimafia a carico del socio di riferimento, le azioni dell'azienda sono state sottoposte a sequestro e l'amministrazione di Aligrup è stata affidata a custodi amministratori giudiziari. Il 16 aprile 2010 viene emessa la sentenza di primo grado che restringe il sequestro alla «quota ideale del 15 per cento» delle quote societarie in giudiziale sequestro appartenenti al socio imputato e, con una particolare formula giuridica, ad una proporzionale quota dei beni mobili ed immobili di proprietà della società medesima. Contestualmente il tribunale nomina il professor Muscarà come custode amministratore giudiziario;
   tale sequestro, unitamente alla crisi finanziaria, ha causato il crollo tanto progressivo quanto inesorabile dell'azienda Aligrup. Una pesante contrazione degli affidamenti (sia da parte del sistema bancario, sia da parte delle compagnie assicuratrici dei crediti e, conseguentemente, da parte dei fornitori) e anche delle vendite (dovuto alla crisi economica delle famiglie) ha dato avvio alle difficoltà di adempimento dei pagamenti. Difficoltà divenute man mano insormontabili, allorché le perdite hanno eroso il patrimonio, conducendo l'impresa ad un drammatico epilogo;
   a maggio 2012 iniziano le trattative con le Coop che avrebbero dovuto acquisire alcuni punti vendita e il deposito, oltre a dare speranze ad altri dipendenti di sede;
   il tribunale a giugno 2012 revoca improvvisamente dall'incarico il professor Muscarà (facente anche parte del consiglio di amministrazione di Aligrup) e nomina il dottor Consoli nuovo custode amministratore giudiziario;
   segue la messa in liquidazione volontaria della società, avvenuta in data 23 luglio 2012 a seguito di approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2011, che certifica una perdita di oltre otto milioni di euro e un'ulteriore sopraggiunta perdita nel 2012. Quindi, la decisioni di porre in liquidazione la società con la nomina di un collegio di liquidatori a cui vengono affidati i compiti previsti dalle vigenti normative e l'esercizio provvisorio dell'impresa, che dovrà, come primario obiettivo, tentare la dismissione dei rami commerciali con il miglior realizzo. Il collegio di liquidatori è composto dal dottor Verona, dall'avvocato Di Stefano e, per la proprietà, dal signor Salvatore Scuto. Nel contempo, con l'assistenza dell'avvocato Franchina, è stato avviato un accordo di ristrutturazione del debito con i fornitori ai sensi dell'articolo ex 182-bis della legge fallimentare, che ha già superato la fase del deposito del piano di ristrutturazione (14 settembre 2012) e dell'istanza di sospensione; la prima udienza si è svolta l'8 ottobre 2012 ed è stata rinviata al 5 novembre 2012;
   le speranze per tutti finiscono a settembre 2012 quando scadono i termini delle trattative con le Coop che si tirano, indietro in quanto non garantite da una probabile revocatoria fallimentare. Successivamente, dal collegio di liquidatori si dimettono l'avvocato Di Stefano e il signor Scuto, lasciando a procedere il dottor Verona. A questo punto un nuovo colpo di scena. Il 3 novembre 2012 il tribunale revoca il mandato al dottor Consoli, nominando l'ennesimo custode amministratore;
   il 5 novembre 2012, alla presentazione del lavoro svolto da parte del liquidatore, il giudice si riserva di rispondere successivamente. Si sta ventilando l'ipotesi di un concordato preventivo fallimentare in bianco. Si evidenzia la gravissima crisi occupazionale che sta coinvolgendo tutto il personale, che oggi paga indirettamente un costo elevatissimo, sia in termini di salvaguardia del proprio posto di lavoro, sia in termini di remunerazione salariale, che ormai rischia di diventare insostenibile;
   attualmente il personale adibito alle complesse attività amministrative del gruppo (circa 160 lavoratori negli uffici di sede) sopporta un contratto di solidarietà con riduzione del 50 per cento delle retribuzioni e degli orari lavorativi, con conseguente autorizzazione dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'integrazione salariale; il personale adibito alla vendita presso i vari negozi sopporta una cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione, a seguito di due diverse procedure, che coinvolge un numero complessivo di circa 340 lavoratori al mese, di cui una procedura è ancora in attesa di autorizzazione;
   tutti i lavoratori attendono le retribuzioni da oltre 2 mesi. Ma pur tuttavia, malgrado i sacrifici fin qui sostenuti dai lavoratori, la situazione peggiora in maniera graduale e progressiva, tanto da poter affermare che, considerato lo stato delle trattative commerciali, rischia di perdere il proprio posto di lavoro tutto il personale addetto alle attività amministrative e tutto il personale dei negozi, che a tutt'oggi, non avendo avuto alcuna offerta commerciale, dovranno essere chiusi. Anche per i punti vendita facenti parte delle trattative non è garantito il massimo livello occupazionale. La situazione grave potrebbe diventare drammatica, in quanto coinvolgerebbe tutto il personale dipendente, cioè 1.660 lavoratori, e un indotto rappresentato da piccole aziende locali, che sono nate e cresciute grazie ai rapporti commerciali con Aligrup, e dagli operatori dei centri commerciali, ulteriori 1.500 lavoratori: quindi, più di 3.000 famiglie in totale;
   la vicenda ed i numeri della crisi dell’Aligrup, anche se rinchiusi in un ambito regionale, avrebbero delle conseguenze nefaste per la Sicilia, già allo stremo per la crisi economica aggravata dalla politiche restrittive del Governo;
   altre crisi aziendali di altre zone d'Italia, con molti meno dipendenti coinvolti, sono in corso di risoluzione al Ministero dello sviluppo economico;
   come si evince da una pubblicazione della Uil, vi sono ben 203 tavoli aperti che coinvolgono ben 244 mila 642 lavoratori e 18 aziende in amministrazione straordinaria. Di questi, 77 tavoli hanno individuato una soluzione e 8 di questi sono in amministrazione straordinaria. Di tutto il complesso dei tavoli di confronto aperti o risolti, le aziende con un numero di dipendenti superiore alle mille unità sono 50 e fra queste c’è anche la Telecom, con 50 mila lavoratori coinvolti, quindi un quarto del totale;
   a giudizio degli interpellanti anche la situazione dell’Aligrup, con più di 3 mila lavoratori coinvolti, deve essere portata presso i Ministeri competenti con un tavolo di trattative, così come le altre crisi aziendali nazionali degli altri territori –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interpellati per risolvere le problematiche indicate in premessa.
(2-01764) «Catanoso, Corsaro, Gibiino».


Iniziative in merito alla crisi finanziaria e gestionale degli istituti ospedalieri «Opera Don Uva» e alle conseguenti ricadute occupazionali – 2-01782

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la grave crisi finanziaria e gestionale degli istituti ospedalieri «Opera Don Uva» (con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza), di proprietà della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, è da tempo all'attenzione delle istituzioni regionali della Puglia e della Basilicata e delle amministrazioni locali interessate e sta destando viva preoccupazione tra i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali, nonché tra i pazienti che beneficiano dei servizi erogati da tali strutture e, più in generale, tra la popolazione tutta di detti territori;
   solo per avere un'idea della dimensione dell'Opera Don Uva e della problematica trattata, si evidenzia che, al 31 dicembre 2011, nelle tre sedi citate, si contavano complessivamente 1966 dipendenti e 2054 posti letto (così ripartiti: 1019 dipendenti e 950 posti letto nella struttura di Bisceglie; 530 dipendenti e 631 posti letto nella struttura di Foggia; 417 dipendenti e 473 posti letto nella struttura di Potenza). A fronte di questi dati, tuttavia, nel corso degli ultimi anni si sono accumulati un debito che ammonta a oltre 400 milioni di euro – quasi totalmente nei confronti dello Stato – e perdite di esercizio nell'ordine di 30 milioni annui;
   tali preoccupanti indicatori sono il frutto di scelte gestionali che, ad avviso degli interpellanti, si sono caratterizzate per imperizia, opacità e incoerenza, tra cui si segnalano investimenti immobiliari intempestivi o affidamenti esterni di servizi e attività che hanno moltiplicato i costi e ridotto l'efficienza dell'organizzazione aziendale;
   confermano il precitato giudizio poco lusinghiero le numerose inchieste avviate nei confronti dell'Opera Don Uva dalla procura della Repubblica di Trani e da quella di Foggia, nonché l'istanza di fallimento proposta dalla stessa procura della Repubblica di Trani nei confronti della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza (sulla quale, nei prossimi giorni, si pronuncerà il tribunale di Trani);
   in tale contesto, i primi a pagare le conseguenze degli errori gestionali sono stati i dipendenti che operano presso tali strutture, che già (qualche anno fa) hanno dovuto subire gli effetti della messa in cassa integrazione in deroga per 664 unità lavorative e che ora, a decorrere dal 3 ottobre 2012, hanno appreso la decisione dell'azienda di avviare una procedura di licenziamento collettivo per ulteriori 587 unità, numero che, secondo alcune anticipazioni, potrebbe addirittura essere ulteriormente incrementato;
   appare di tutta evidenza che se tali decisioni dovessero concretizzarsi, verrebbe meno gran parte della stessa capacità operativa delle strutture ospedaliere, mettendo così in crisi un intero territorio per le ricadute occupazionali che si determinerebbero e che pregiudicherebbero l'assistenza e la cura delle popolazioni dell'area, soprattutto per patologie che richiedono alta specializzazione e attrezzature dedicate, quali quelle che ancora si possono rinvenire in tali ospedali;
   si tratta di una situazione di particolare difficoltà che non può certo dirsi affrontata con misure credibili e realistiche dalla dirigenza dell'Opera Don Uva, la quale ha elaborato un cosiddetto piano di risanamento che propone esclusivamente il taglio occupazionale di quasi un quarto della forza lavoro, di fatto determinando la compromissione della capacità operativa di intere funzioni;
   stante la rilevanza e la natura dei problemi sommariamente evidenziati, da più parti si è auspicato il ricorso all'amministrazione straordinaria prevista per le grandi imprese, che, a tutt'oggi, anche a parere degli interpellanti, si ritiene essere la soluzione più ragionevole e appropriata per assicurare continuità operativa e le migliori garanzie nei confronti degli assistiti, dei lavoratori e dei creditori;
   tuttavia, manifestando una volontà, secondo gli interpellanti, non pienamente orientata alla leale collaborazione tra tutte le parti interessate, prime fra tutte le organizzazioni sindacali e le istituzioni regionali e locali interessate, la Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza ha preferito rivolgersi al tribunale di Trani per chiedere l'ammissione al concordato preventivo (secondo una proposta che, invero, tarderebbe ancora a maturare), assumendo esclusivamente tagli del personale;
   a tal riguardo, come più volte formalmente segnalato dalle organizzazioni sindacali, anche in questa sede si lamenta la mancata ottemperanza delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223, relative all'obbligo di fornire le più complete informazioni che possano consentire all'interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione del personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero;
   l'insieme delle richiamate scelte aziendali ha determinato un irrigidimento delle amministrazioni regionali nei confronti della dirigenza dell'istituto –:
   quali siano le stime del Governo circa i rischi occupazionali che si possono determinare in un'area già gravemente segnata da alti tassi di disoccupazione e le conseguenze sul diritto alla salute delle popolazioni di detti territori e sui livelli essenziali di assistenza, soprattutto per alcune patologie in cui sono specializzate le strutture dell'Opera Don Uva;
   quali iniziative urgenti si intendano assumere al fine di acquisire tutti gli elementi necessari per la gestione degli indicati esuberi occupazionali e per assicurare il pieno rispetto delle prerogative sindacali previste dalla citata legge n. 223 del 1991;
   quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di creare le condizioni per la gestione della crisi (anche a tutela dell'ingente credito dello Stato), prevedendo il pieno e fattivo coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali interessati e delle parti sociali, attraverso l'istituzione di un apposito tavolo di confronto, anche verificando la fattibilità del ricorso all'amministrazione straordinaria.
(2-01782) «Boccia, Ventura, Bellanova, Bordo, Capano, Concia, D'Alema, Ginefra, Grassi, Losacco, Luongo, Margiotta, Mastromauro, Servodio, Vico».


Chiarimenti in merito alle modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali – 2-01780

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, relativo alle funzioni fondamentali dei comuni e alle modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali, rivede e precisa alcune disposizioni in materia e disciplinate dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
   tra queste, viene riscritto il comma 28 dell'articolo 14 del medesimo decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevedendo come i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali ad esclusione di quelle relative alla polizia municipale ed amministrativa locale;
   nella disposizione normativa, viene altresì introdotto il comma 31-bis, ove si precisa che le convenzioni hanno durata almeno triennale e alle medesime si applica, in quanto compatibile, l'articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, allorché, alla scadenza del predetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro interpellato, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, e i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni;
   il territorio italiano si caratterizza per la presenza di un elevato numero di comuni di piccole dimensioni, e il passaggio all'attivazione delle funzioni intercomunali necessita sia di un supporto fattivo da parte delle istituzioni nazionali, regionali o provinciali, sia di una flessibilità gestionale in grado di accompagnare gradualmente questo processo anche sulla base delle peculiarità degli enti locali –:
   stante la non obbligatorietà di unioni o convenzionamenti dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a comunità montane, se si debba ritenere che la disposizione di cui alla lettera e), comma 1, dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che ha introdotto il comma 31-bis dell'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, si applichi anche a quelle convenzioni delle quali sia parte un comune non obbligato a parteciparvi ai sensi del medesimo articolo citato.
(2-01780) «Vanalli, Dozzo».


Iniziative normative riguardanti lo svolgimento delle attività venatorie – 2-01766

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   sabato 24 novembre 2012 a Pantelleria, in provincia di Trapani, un bimbo di 5 anni è stato ucciso da un colpo partito dal fucile del padre, che, secondo una prima ricostruzione dei fatti, era appena rientrato a casa dopo una battuta di caccia;
   neanche una settimana prima, domenica 11 novembre 2012, si è verificato nelle campagne di Irgoli, in provincia di Nuoro, l'ennesimo incidente di caccia, in cui è stato colpito in volto, da un proiettile, un minore, di anni dodici, morto dopo alcuni giorni di agonia all'ospedale San Francesco di Nuoro, che stava partecipando con i familiari ad una battuta al cinghiale;
   i drammi dei due minori non rappresentano episodi isolati, ma una costante nel nostro Paese, dove ogni anno la stagione venatoria si conclude sempre con decine di minori uccisi e mutilati per un'attività che ha perso qualsiasi giustificazione storica e sociale;
   i dati 2012 sulle vittime per armi da caccia – non ancora definitivi, poiché la stagione venatoria ancora non è conclusa – registrano, in meno di 50 giorni effettivi di giornate venatorie, in totale già novantasette le vittime per armi da caccia, con ventidue morti e settantacinque feriti. Tra questi, sono 22 le persone comuni colpite, di cui sei morti e sedici feriti. Persone, queste, che hanno avuto la sventura di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, finanche a casa propria o nel proprio terreno agricolo. Settantacinque, invece, sono i cacciatori vittime delle armi da caccia: sedici i morti e cinquantanove i feriti;
   da anni vengono sollevati problemi sull'inadeguatezza di quanti oggi praticano la caccia, molti dei quali hanno ottenuto la licenza ben prima del 1977, quando ancora non erano previsti esami per il possesso delle armi e per l'autorizzazione alla caccia. Come dimostrano le statistiche sull'età dei responsabili di incidenti, l'effetto combinato di scarsa preparazione dei cacciatori, molti dei quali hanno appreso da sé a maneggiare le armi, e dell'avanzamento dell'età media, con vista e abilità fisiche dei suoi praticanti sempre più declinanti, rappresenta la causa prima di quest'annuale strage degli innocenti, che, per le suddette ragioni, se non verranno prese misure preventive urgenti, andrà sempre più peggiorando con il passare degli anni;
   la stessa normativa nazionale, la legge n. 157 del 1992, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», deve essere rivista perché strutturata sulla base di principi e proporzioni non più adeguati all'antropizzazione dei territori agro-silvo-pastorali destinati all'attività venatoria. Non è, infatti, più possibile prevedere percentuali di territorio nazionale, che devono essere messi a disposizione per la caccia, pari all'80 per cento della sua superficie, a fronte dell'1 per cento della popolazione italiana di cacciatori. Non è altrettanto più tollerabile, caso unico al mondo, che i cacciatori possano accedere in qualsiasi fondo privato, non adeguatamente recintato (articolo 842 del codice civile), anche senza il consenso del proprietario;
   la diffusa violazione delle norme di sicurezza, previste all'articolo 21, comma 1, lettere a), e) ed f), della legge n. 157 del 1992, nelle aree abitate insistenti all'interno dei territori venabili, l'uso di armi a lunga gettata in territori fortemente antropizzati, comportamenti imprudenti ed azzardati dei cacciatori, nonché l'oggettiva carenza di vigilanza del territorio producono un generalizzato senso di insicurezza dei cittadini, che inibisce loro la naturale fruizione del territorio;
   ormai è evidente che occorre intervenire con urgenza per impedire che altre vittime innocenti perdano la vita; pertanto, occorre restringere la normativa attuale, in particolare per:
    a) vietare la partecipazione dei minori alle battute di caccia, anche solo in qualità di accompagnatori;
    b) aumentare le distanze di sicurezza previste all'articolo 21, comma 1, lettere a), e) ed f), della legge n. 157 del 1992;
    c) intensificare i controlli e la vigilanza sull'attività venatoria, al fine di prevenire e reprimere comportamenti lesivi dell'incolumità pubblica;
    d) applicare l'articolo 703 del codice penale (esplosioni pericolose) in caso di mancato rispetto delle distanze di sicurezza, inasprendo la sanzione penale prevista;
    e) sottoporre i cacciatori ad esami psicoattitudinali e di idoneità fisica annuali, anziché ogni sei anni, come previsto attualmente;
    f) vietare l'accesso ai fondi privati quando non espressamente consentito dal proprietario;
    g) rivedere la disponibilità del territorio fruibile per i cacciatori ripartendo da inderogabili e preminenti criteri di sicurezza pubblica e privata, per il rispetto del quieto vivere e delle attività all'aperto di tutti i cittadini che vivono o frequentano a vario titolo i territori agro-silvo-pastorali: più specificatamente operare su un piano normativo in modo da ridurre il territorio venabile e circoscrivere le aree da destinare alla caccia;
    h) avviare la ricerca di metodi incruenti per il contenimento demografico delle specie considerate in sovrannumero, con il supporto e la guida dell'Ispra e del mondo scientifico;
    i) bloccare e vietare l'allevamento e l'immissione a scopo venatorio di fauna appartenente alle specie da contenere;
    l) sospendere – ciò sarebbe importante per il suo valore educativo – per un periodo di tempo non recuperabile la stagione venatoria ogni qual volta si verifichino episodi mortali, come purtroppo oggi si assiste con frequenza –:
   se il Governo non ritenga della massima urgenza l'adozione di iniziative normative atte a vietare la presenza di minori nelle attività venatorie, in qualsiasi forma esse si svolgano;
   se non ritengano di dover rivalutare la compatibilità della pressione venatoria con il vivere civile, il territorio e l'ambiente, avviandosi verso un approccio di gestione della fauna selvatica teso a ridurre gradualmente i problemi causati da una gestione venatoria improntata, da oltre mezzo secolo, sull'immissione selvaggia delle specie ora in esubero;
   se non ritengano indispensabile ed urgente intensificare i controlli sul territorio e la vigilanza dell'attività venatoria, al fine di prevenire e reprimere comportamenti lesivi dell'incolumità pubblica;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per impedire il ripetersi di episodi delittuosi, come gli incidenti mortali ed i ferimenti, ormai sempre più numerosi nel nostro Paese durante la stagione venatoria, tali da sollevare, per la loro gravità, ogni anno l'attenzione dei media internazionali.
(2-01766) «Ceccacci Rubino, Cazzola, Mancuso, Repetti, Giammanco, Mannucci, Frassinetti, Tommaso Foti, Mazzuca, La Loggia, Biancofiore, Calderisi, Murgia, Ghiglia, Iannarilli, Crolla, Vella, Scalera, Centemero, Traversa, Dima, Antonino Foti, Vignali, De Luca, Girlanda, Barani, Frattini, Pelino, Biasotti, Di Virgilio, Lunardi, Bergamini».


Elementi in merito alla crisi della società Wind jet – 2-01757

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   oggi più che mai, con la carenza di infrastrutture viarie e ferroviarie, il trasporto aereo resta per la Sicilia e per i siciliani l'unico mezzo rapido e funzionale per il raggiungimento di qualsiasi meta sia a livello nazionale che internazionale;
   la società aerea Wind jet, vettore low-cost nato nel 2003 come prima compagnia a basso costo italiana, ha gestito esponenzialmente, dal momento del suo ingresso nel mercato, volumi di traffico notevoli, arrivando a trasportare nel 2011 quasi tre milioni di passeggeri da e per gli aeroporti siciliani di Catania e di Palermo;
   in data 13 aprile 2012, la società Alitalia-Compagnia aerea italiana, a seguito di una lunga trattativa, ha firmato il contratto per l'acquisizione dell'attività di trasporto aereo di passeggeri a quella data svolta dalla compagnia siciliana mirando ad acquisire – come si legge in una nota diramata dall'azienda – «il know-how specialistico sviluppato da Wind jet nel settore dei voli a basso costo, completando e arricchendo il proprio portafoglio di prodotti e competenze»;
   l'ambizioso progetto di integrazione coerente con i processi di consolidamento nel settore del trasporto aereo, a livello nazionale e internazionale, sarebbe finalizzato a realizzare un aumento della competitività e lo sviluppo della capacità di affrontare e gestire le variabili del quadro macroeconomico. Secondo Alitalia, grazie alle sinergie rese possibili dall'integrazione, l'intento sarebbe stato quello di moltiplicare le opportunità di attrarre i flussi turistici internazionali;
   la suddetta operazione di concentrazione nel settore del trasporto aereo di linea, che esplica i suoi effetti in un mercato domestico nel quale Alitalia detiene una posizione del 49,9 per cento circa e Wind jet del 6,3 circa, è stata notificata, ai sensi dell'articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'emanazione del relativo provvedimento autorizzatorio;
   in tal senso, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato si è espressa in data 18 luglio 2012 concedendo un via libera condizionato all'acquisizione di Wind jet da parte di Alitalia, subordinandola a misure in grado di eliminare gli effetti anticoncorrenziali che si sarebbero altrimenti creati sulle rotte Catania-Milano, Palermo-Milano e Catania-Roma;
   a seguito del pronunciamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato le trattative hanno subito, però, un'evidente retromarcia fino al pronunciamento ufficiale del ritiro da parte di Alitalia, aprendo le porte al fallimento della società siciliana, vessata da svariati milioni di euro di debiti e alla conseguente inevitabile impossibilità, da parte del vettore siciliano, a garantire l'effettiva operatività del servizio aereo, che dalla metà del mese di agosto 2012, dopo giorni di grandissimi disagi per i passeggeri, viene ufficialmente bloccata anche per intervento dell'Enac;
   a seguito del blocco dell'operatività sono stati numerosi i tentativi, anche da parte del Governo stesso, di trovare una soluzione alla vicenda e porre le condizioni per evitare il fallimento della società aerea ma, ad oggi, la vicenda presenta ancora profili di grossa incertezza: mentre procede la sospensione delle licenze di volo, Wind jet ha chiesto un risarcimento dei danni di 162,5 milioni di euro ad Alitalia per la mancata conclusione della trattativa, intrapresa e mai portata a termine e sono state poste le basi per la risoluzione attraverso un concordato giudiziale con il tribunale di Catania;
   nello stesso tempo, la compagnia siciliana ha messo sul tavolo altre ipotesi di cessione delle quote ad altri gruppi industriali e finanziari interessati, apprestandosi a ridisegnare l'azienda attraverso una newco, una società a cui dovrebbe partecipare anche la regione siciliana per una quota di minoranza, e annunciando la ripresa delle attività operative, seppur in maniera ridotta, a partire dal 5 dicembre 2012 con tre aerei per la fase iniziale per voli a livello nazionale, con il reintegro di una buona parte dei lavoratori tra i circa 500 dipendenti tra personale di terra, volo e indotto in forza alla società;
   l'ultima uscita pubblica sull'argomento da parte del patron di Wind jet, Antonino Pulvirenti, risale ormai al 5 ottobre 2012, con la pubblicazione di un'intervista da parte del settimanale Panorama, poi da quel giorno nessun'altra dichiarazione o atto ufficiale in merito, se non, invece, una smentita da parte di Enac di non aver ricevuto alcuna richiesta per la ripresa delle operazioni della compagnia aerea Wind jet o per la creazione di una nuova società che ne prenda il posto, e un intervento, qualche giorno fa, dell'amministratore delegato della Sac, la società di gestione dell'aeroporto di Catania, storica base della compagnia siciliana che ha dichiarato di non avere ricevuto più nessuna notizia in merito, il quale auspica, tuttavia, che il progetto possa avere un seguito, considerando l'importanza che una compagnia come Wind jet può avere per lo scalo e per tutto il territorio siciliano;
   il Governo nel settembre 2012 ha firmato la concessione della cassa integrazione per il personale del vettore low-cost catanese coinvolto dalla crisi della compagnia, ma, da quanto consta agli interpellanti, sulla base di fonti sindacali e di notizie provenienti da alcuni diretti interessati, ad oggi a più di tre mesi dalla firma del protocollo, ancora non è stata elargita in larga parte la corresponsione economica spettante, mettendo ancor di più in condizioni di estrema difficoltà tutti i lavoratori che, con grandissima preoccupazione, stanno vivendo il dramma di una crisi occupazionale, considerate anche le non ottimali condizioni di sostenibilità del sistema dei vettori aerei in questo periodo congiunturale di grandissime difficoltà economiche sia per l'Italia che per l'intero continente europeo –:
   quale sia l'effettivo stato dell’iter di acquisizione delle quote societarie e dell'attività di trasporto aereo di passeggeri della società Wind jet e quali urgenti iniziative in loro potere i Ministri interpellati intendano adottare per favorire una rapida risoluzione positiva della crisi del vettore, in modo da ridare impulso economico e occupazionale al territorio siciliano;
   se corrisponda al vero la notizia della non regolare corresponsione delle spettanze dovute ai lavoratori posti in regime di cassa integrazione guadagni e, qualora fosse confermato, quali urgentissime iniziative si intendano adottare per far fronte alla gravissima inadempienza riscontrata.
(2-01757) «Tassone, Galletti, Mereu, Compagnon».


Iniziative per garantire la massima vigilanza sulle condizioni definite dai bandi di gara delle amministrazioni pubbliche e delle società a partecipazione pubblica, con particolare riferimento a Poste italiane – 2-01774

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con le interrogazioni a risposta in commissione n. 5-04564 e n. 5-06654, si chiedeva di sapere quali misure intendesse assumere il Ministro dello sviluppo economico in relazione al bando di gara 2011/S 28-046558 pubblicato sul «Supplemento alla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea» del 10 febbraio 2011, con procedura aperta, per la fornitura di 39.500 completi da lavoro invernali e di altrettanti completi da lavoro estivi, per addetti al recapito di Poste italiane;
   l'Unione europea, in data 26 luglio 2011, aveva, infatti, comunicato che il bando medesimo non era stato aggiudicato per procedura incompleta, confermando l'anomalia delle condizioni eccessivamente ribassiste imposte all'epoca dal richiamato bando;
   il Ministero dello sviluppo economico si impegnò, in sede di risposta alla citata interrogazione 5-04564, affinché Poste italiane effettuasse «le opportune verifiche in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi e di idoneità tecnica dei soggetti partecipanti al bando in oggetto, nonché alla qualità dei prodotti che verranno forniti ed al loro grado di protezione agli agenti atmosferici»;
   in data 5 aprile 2012 è apparso sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea un nuovo avviso di gara per appalto di forniture 2012/S 67-110299 di Poste italiane spa, che prevedeva una procedura aperta in modalità telematica «accordo quadro per la fornitura di n. 43.000 completi da lavoro invernali e n. 43.000 completi da lavoro estivi per addetti al recapito di Poste italiane», nella quale si esclude l'obbligo della certificazione ISO 14001 e della dichiarazione relativa alla lista dei macchinari;
   la documentazione fornita da Poste italiane spa relativamente al nuovo bando faceva ritenere che la partecipazione all'appalto fosse accessibile anche a concorrenti extracomunitari con sede in qualsiasi Paese del mondo, con il solo limite dell'autorizzazione nel caso di Paesi inseriti nella black list, lasciando un dubbio sull'ambito geografico di applicazione della procedura di acquisizione;
   all'interrogazione n. 5-06654 ha risposto in data 31 maggio 2012 il Sottosegretario De Vincenti, sostenendo, per quanto riguarda la partecipazione di concorrenti extracomunitari alle procedure di appalto comunitarie, che, in ottemperanza agli impegni internazionali assunti dall'Italia, la possibilità per le imprese straniere di competere sul mercato italiano degli appalti pubblici deve essere consentita non solo agli Stati membri dell'Unione europea e a quelli aderenti allo spazio economico europeo, ma anche a tutti gli Stati che hanno sottoscritto l'accordo plurilaterale sugli appalti pubblici (GPA) dell'Organizzazione mondiale del commercio, nonché a tutti gli Stati che hanno un accordo bilaterale in materia di appalti pubblici con l'Unione europea;
   in data 16 novembre 2012 l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nell'ambito di un procedimento di vigilanza, ha inviato a Poste Italiane spa una lettera, relativa al citato accordo quadro per la fornitura di 43.000 completi di lavoro invernali e 43.000 completi di lavoro estivi, con la quale si comunica che durante l'esame della documentazione di gara è stata riscontrata un'anomalia;
   emerge, in particolare, che la commissione di gara «considerato lo standing dei concorrenti e che non sussiste alcun plausibile elemento da cui desumere la carenza delle capacità economico-finanziare e tecnico-organizzative in taluno di essi, al fine di rendere più snella la procedura di gara», non ha proceduto al sorteggio per il controllo a campione di cui all'articolo 48, comma 1, del codice degli appalti, effettuando direttamente le verifiche ai sensi del comma 2 della medesima norma nei confronti dei soggetti aggiudicatari provvisori;
   tale decisione, secondo l'Autorità, non è conforme a normativa, in quanto i controlli di cui al citato articolo 48 sono sempre obbligatori, non residuando perciò alla commissione di gara margine di discrezionalità in ordine alla valutazione della loro opportunità;
   l'Autorità, alla luce delle considerazioni sopra esposte, ha invitato Poste italiane spa ad un'applicazione rigorosa della disciplina in tema di controllo sul possesso dei requisiti ex articolo 48 del codice degli appalti –:
   quali iniziative intenda assumere, non solo nei confronti di Poste italiane, ma in generale delle amministrazioni pubbliche e degli enti aggiudicatari, oltre che delle società a partecipazione pubblica, per garantire la massima vigilanza sui dispositivi formali dei bandi;
   quali iniziative intenda promuovere per una maggiore e più severa attività di controllo presso le aziende aggiudicatarie degli appalti pubblici, in modo da garantire la qualità del prodotto e il rispetto dei disciplinari di produzione durante tutte le fasi delle lavorazioni.
(2-01774) «Codurelli, Lulli, Gatti, Corsini, Pollastrini, Gianni Farina, Marantelli, Miglioli, Vico, Zucchi, Froner, Gnecchi, Laganà Fortugno, Braga, Trappolino, Schirru, Mattesini, Naccarato, Boffa, Misiani, Albini, Ciriello, Murer, Brandolini, Zani, Marco Carra, Ginefra, Cenni, Cuperlo, Concia».


Elementi in merito alla remunerazione del personale delle capitanerie di porto della Sicilia da parte della direzione marittima di Palermo – 2-01768

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica n. 684 del 1977, le attribuzioni relative ai beni del demanio marittimo, trasferite dallo Stato della regione siciliana (articolo 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 684 del 1977), sono esercitate dall'amministrazione della regione (articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 684 del 1977) «avvalendosi (...) fino a quando non si sarà diversamente provveduto» delle capitanerie di porto e degli uffici da esse dipendenti (articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 684 del 1977);
   con la legge n. 172 del 2003 (articolo 6, comma 7) è stato statuito l'esercizio diretto da parte dell'amministrazione regionale siciliana delle attribuzioni relative ai beni del demanio marittimo con decorrenza 1o luglio 2004 e, conseguentemente, è cessato il regime di «avvalimento» delle capitanerie di porto di cui al predetto articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 684 del 1977;
   dal 1o luglio 2004, pertanto, gli uffici del demanio della capitaneria di porto dell'isola hanno fornito alla regione Siciliana il supporto tecnico amministrativo nell'esercizio dell'attività di gestione dei beni del demanio marittimo della regione, mediante la stipula di convenzioni, a titolo oneroso, annualmente rinnovate (fino al 31 dicembre 2011), con il comando generale del corpo delle capitanerie di porto, su delega del Ministro interpellato;
   dall'assetto normativo, sopra brevemente delineato, consegue che l'attività disciplinata dalle «convenzioni» non rientrava nei «compiti di istituto» delle capitanerie di porto (ossia dello Stato), bensì dell'amministrazione regionale;
   di contro, non potrebbe trovare alcun fondamento giuridico la stipula – da parte del comando generale del corpo delle capitanerie di porto (rectius Stato) – di una convenzione onerosa (contratto) per lo svolgimento di attività relative a propri «compiti di istituto»;
   detta attività di supporto tecnico-amministrativo è stata garantita, nella massima parte, dal personale civile delle capitanerie di porto che – pur mantenendo le prestazioni a favore del naturale datore di lavoro (Stato) – ha assolto anche quelle relative ai maggiori e diversi compiti discendenti dalle «convenzioni» con la regione siciliana, assicurando il raggiungimento dei risultati previsti anche attraverso la realizzazione di progetti finalizzati al conseguimento di specifici obiettivi di interesse pubblico (a favore della regione siciliana) remunerati con compensi aggiuntivi, in relazione alla qualifica rivestita ed agli incarichi assunti da ogni singolo dipendente;
   il personale civile che partecipava alla realizzazione dei progetti finalizzati in favore della regione siciliana, in virtù di un apposito accordo, raggiunto in sede di contrattazione (decentrata) locale tra il comando e le organizzazioni sindacali, è stato escluso dalla percezione di alcune risorse variabili della retribuzione, accreditate sui capitoli di bilancio statali, quali lo straordinario e il fondo unico di amministrazione fua), in quanto compensati con i fondi regionali previsti dalle convenzioni sopra richiamate;
   nel corso di ogni esercizio finanziario, la regione siciliana ha impegnato le somme relative alla convenzione su un apposito capitolo di spese del bilancio regionale (capitolo 442539), vincolando il loro utilizzo esclusivamente per le finalità e/o attività in convenzione, tra le quali rientrano a pieno titolo, su espressa disposizione dell'ente erogante, gli eventuali emolumenti aggiuntivi corrisposti al personale civile per i «progetti finalizzati» e l'acquisto di beni strumentali e di consumo destinati alle esigenze dei preposti uffici;
   in virtù di tale indirizzo programmatico, dal 2004 al 2010, al personale statale preposto alla gestione del demanio marittimo regionale, che ha svolto ulteriori attività amministrative – oltre quelle espressamente previste in convenzione – sotto forma di progetti preliminarmente concordati dalle amministrazioni contraenti (Stato e regione), sono stati erogati emolumenti aggiuntivi con i fondi regionali pattuiti con le convenzioni;
   le modalità di ripartizione di detti compensi tra il personale sono state cristallizzate da apposito «Regolamento» diramato con «ordine di servizio» n. 133 del 2011 del 7 aprile 2011 a firma del contrammiraglio (CP) Francesco Carpinteri, che ha stabilito precise percentuali remunerative legate alla qualifica rivestita ed agli incarichi assunti da ogni singolo dipendente ed escluso, per il relativo calcolo, qualsivoglia riferimento e/o rinvio a criteri di compenso riconducibili nell'ambito del lavoro straordinario;
   anche nell'anno 2011, l'attività amministrativa oggetto della vigente «convenzione» è stata regolarmente e puntualmente svolta dal personale della capitaneria di porto di Palermo, al quale, tuttavia, non è stato corrisposto alcuno dei compensi discendenti dall'assegnazione dei fondi erogati dalla regione e regolamentati dall’«ordine di servizio» n. 133 del 2011 del 7 aprile 2011;
   l'inadempimento agli obblighi di remunerare il personale per la richiamata attività di supporto svolta nel 2011, condiviso anche dal comandante generale, è imputabile alla decisione unilaterale del direttore marittimo (capitaneria di porto) di Palermo e supportata da un parere reso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo (in data 25 novembre 2011), pesantemente condizionato da un fuorviante quesito posto dal predetto direttore marittimo, fondato, ad avviso degli interpellanti, sull'erroneo convincimento che i compensi corrisposti fino all'anno 2010 violassero il principio di onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici;
   a ciò faceva seguito un'altrettanto «erronea» convinzione, sia del direttore marittimo che del comando generale, sulla possibilità di retribuire tale ulteriore attività (progetti), oltre quella espressamente prevista in convenzione, esclusivamente sotto forma di lavoro straordinario;
   ed infatti, ad avviso degli interpellanti, travisando i fatti, l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, nel ritenere erroneamente che l'attività svolta per conto della regione in regime di convenzione rientrasse nei «compiti di istituto» della capitaneria di porto e che i fondi regionali annualmente erogai per finanziare tale attività confluissero nel bilancio statale, confermava la tesi sostenuta dal direttore marittimo: e cioè che retribuire il personale per la realizzazione, che si protraeva anche oltre l'ordinario orario di lavoro, di progetti volti al conseguimento di specifici obiettivi di particolare interesse pubblico in favore della regione siciliana (preventivamente concordati con l'amministrazione statale) violasse il principio di onnicomprensività della retribuzione;
   in forza di detto parere, ottenuto con tesi, ad avviso degli interpellanti, pretestuose dalla direzione marittima di Palermo, il direttore marittimo di Palermo, autorizzato dal comando generale, liquidava i compensi a titolo di straordinario, a personale di altre capitanerie di porto della Sicilia occidentale, per attività svolta sotto forma di progetti di cui alle convenzioni;
   per fortuna, piena luce sulla questione relativa alla remunerabilità del personale civile per le attività oggetto delle «convenzioni» con la regione siciliana veniva fatta dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania (chiamata ad esprimersi sull'argomento dalla direzione marittima di Catania che formulava il quesito in termini concettualmente corretti). Infatti, l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, con parere del 13 marzo 2012 (ben 4 mesi dopo quello reso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo) osservava che: «alla luce dei nuovi documenti trasmessi e in esito ad una più corposa e circostanziata relazione sui fatti oggetto di esame (...) omissis (...) di poter escludere l'applicazione del principio di omnicomprensività della retribuzione per i compensi spettanti al personale di codesta Direzione (e della analoga struttura palermitana) impegnato nell'attività di supporto e formazione oggetto di convenzione (...)»;
   «(...) le norme di settore escludono tassativamente la possibilità di utilizzare lo strumento del compenso straordinario per attività pianificate, ovvero pianificabili, da parte dell'amministrazione. E l'attività discendente dalla convenzione non può che rientrare a pieno titolo, nell'attività amministrativa pianificata e pianificabile (...)»;
   «(...) Si prende altresì atto – e la circostanza appare in questa sede dirimente – che come riferito e documentato da codesta Direzione – il rendiconto di gestione è stato annualmente approvato dalla Ragioneria regionale senza rilievi, passando indenne anche il controllo contabile della sezione regionale della Corte dei conti; e che, inoltre, le periodiche visite ispettive del comando generale non hanno mai, in alcuna circostanza, dato luogo a obiezioni o rilievi di sorta in merito alla avvenuta corresponsione di emolumenti al personale per l'attività prevista in convenzione»;
   la direzione marittima di Palermo invece, con provvedimenti alquanto contraddittori, liquidava:
    a) compensi a titolo di straordinario, a personale delle capitanerie di porto della Sicilia occidentale (ad eccezione di Palermo) per attività svolta sotto forma di progetti inerenti il demanio marittimo regionale;
    b) compensi a titolo di straordinario a personale solo militare (ufficiali) della capitaneria di porto di Palermo in sostituzione e compensazione dei progetti finalizzati inerenti il demanio marittimo;
    c) compensi (oltre allo straordinario) a titolo di progetti finalizzati inerenti il demanio marittimo regionale, negati al personale della capitaneria di porto di Palermo, alle altre capitanerie della direzione marittima di Palermo (Gela, Porto Empedocle, Mazara del Vallo, Trapani), per oltre 100.000 euro;
    d) compensi a titolo di straordinario a personale in servizio per altre attività di istituto della capitaneria di porto, attingendo ai «fondi» provenienti da altre amministrazioni (area marina protetta e altro), distraendoli dal loro naturale ambito di applicazione;
   per tutto quanto sopra esposto, i dipendenti della capitaneria di porto di Palermo hanno notificato, in data 23 ottobre 2012, sia al comando generale, sia alla direzione marittima di Palermo che al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il ricorso proposto al tribunale di Palermo – sezione lavoro – contro l'amministrazione, per il mancato pagamento dei compensi –:
   quale siano le ragioni per le quali il comando generale delle capitanerie di porto, sin dal 2003, ha sempre manifestato un'espressa volontà favorevole alla corresponsione di appositi emolumenti aggiuntivi al personale statale per le prestazioni discendenti dalle «convenzioni» rese in favore della regione siciliana anche sotto forma di «progetti finalizzati», dal momento che ha sempre ritenuto che la retribuzione accessoria venisse corrisposta in violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione dei pubblici dipendenti;
   perché nelle periodiche ispezioni tecnico-contabili, effettuate dal comando generale delle capitanerie di porto, non sia mai stata mossa alcuna obiezione o rilievo di sorta in merito alla corresponsione di emolumenti al personale impegnato nell'attività di gestione del demanio marittimo regionale, rilevando una presunta indebita percezione di somme solo nel 2011;
   secondo quali principi di efficienza ed efficacia dell'attività amministrativa, la direzione marittima di Palermo abbia:
    a) liquidato compensi, tra il mese di dicembre 2010 e maggio 2011, a titolo di progetti finalizzati inerenti il demanio marittimo regionale (negati al personale della capitaneria di porto di Palermo) al personale civile e militare delle capitanerie di porto di Gela, Porto Empedocle, Mazara del Vallo e Trapani, ritenendo tale spesa (oltre euro 100.000) «regolare»;
    b) emanato il «Regolamento» (approvato con ordine del giorno del 20 febbraio 2011) che disciplinava le attività della «convenzione» e regolamentato con «Ordine di Servizio» 7 aprile 2011, n. 133, le modalità di ripartizione dei compensi tra il personale, prevedendo espressamente che le somme corrisposte erano da attribuire anche «a compensazione di eventuale attività effettuate in orario straordinario»;
    c) interrotto, subito dopo l'emanazione dei suddetti provvedimenti, la corresponsione dei compensi al personale;
   per quale motivo il comando generale non abbia ancora dato seguito al recente parere dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, ponendo rimedio ad una clamorosa illiceità che è consistita nel commutare in straordinario un'attività programmata e resa all'interno dell'ordinario orario di lavoro.
(2-01768) «Belcastro, Lo Presti, Brugger».


Elementi ed iniziative, anche normative, in materia di controlli sull'attività delle società concessionarie del gioco d'azzardo – 2-01767

O)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in data 22 novembre 2012, il quotidiano Avvenire, in un articolo a firma di Nello Scavo, segnalava l'inchiesta che ha portato alla contestazione di penali, da parte della Corte dei conti, sentenza del 17 febbraio 2012, per quasi 100 miliardi di euro ai gestori dei giochi Atlantis world, Giocolegale limited, Snai spa, Sisal spa, Gmatica srl, Cogetech spa, Gamenet spa, Lottomatica videolot rete spa, Cirsa Italia srl, H.b.g. srl e Codere spa;
   da quanto si apprende dalla citata fonte di stampa, gli stessi concessionari delle slot machine verseranno circa 2,7 miliardi di euro, salvo ulteriori riduzioni risultanti dai ricorsi ancora in corso;
   le contestazioni riportate dalla Corte dei conti riguardavano il mancato collegamento degli apparecchi alla rete telematica dello Stato, gestita da Sogei;
   sempre lo stesso quotidiano, in un'intervista al generale Umberto Rapetto, che per due anni ha lavorato all'inchiesta sull'evasione fiscale dei concessionari del gioco d'azzardo, riportava le affermazioni dello stesso generale: «A fronte degli addebiti della procura della Corte dei conti si è innescata una corsa per scongiurare il pagamento delle somme computate. Si è parlato di cifre “irragionevoli” e si è fatto riferimento a “multe”. Niente affatto. Erano “penali” concordate dai contraenti, su entrambi i fronti rappresentati da persone responsabili e in piena capacità di intendere e di volere. Nella primavera scorsa le società concessionarie e alcuni dirigenti dei Monopoli sono stati condannati al pagamento di complessivi 2 miliardi e 700 milioni di euro, poca cosa rispetto a quel che si era quantificato: tutte le interpretazioni contrattuali e tecniche erano andate a favore di chi non aveva rispettato o non aveva fatto rispettare il fin troppo chiaro contratto di concessione»;
   lo stesso giornalista nel ricostruire la vicenda spiegava: «La connessione telematica ha il compito di rilevare il reale giro d'affari di ogni singola slot machine, in modo da determinare la correttezza del montepremi e il gettito erariale. L'esorbitante ammontare delle penali viene ricavato dalla convenzione di concessione stipulata nel 2004, che prevedeva (prima di una modifica nel 2008) una penale di 50 euro per ogni ora di mancato collegamento alla rete. Il numero degli apparecchi muniti di autorizzazione entro settembre del 2006 era raddoppiato e già a gennaio 2007 le macchinette da interrogare erano quasi 270 mila»;
   la riduzione dell'ammontare della penale sarebbe da ricondurre «ad una diversa quantificazione del danno e dei singoli addebiti, anche a causa delle omissioni nelle attività di controllo contestate a due dirigenti dei Monopoli di Stato»;
   la Corte dei conti, nella citata sentenza del 17 febbraio 2012, ribadiva che l'indagine della Guardia di finanza «non ha evidenziato soltanto uno sperpero di risorse pubbliche a causa del pagamento per un servizio pubblico non reso, ovvero reso solo in parte, ma ha messo in luce gravissime illegalità che hanno escluso quasi del tutto l'esercizio del controllo pubblico sul gioco»;
   negli ultimi anni, fino a recenti provvedimenti approvati dal Parlamento, la sensibilità verso la trasparenza dei giochi d'azzardo e, quindi, la definizione più capillare della gestione degli stessi, nonché il riconoscimento delle ludopatie come malattie che interessano anche i giovani, elevate a priorità da prevenire, è ampliamente cresciuta, cercando di contemperare l'esercizio del gioco responsabile agli introiti che ne derivano per lo Stato –:
   se non si ritenga urgente e doveroso verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in relazione a quanto emerso in premessa e assumere iniziative normative per definire meglio l'esercizio del controllo pubblico e la certezza della pena, al fine di evitare che venga vanificato l'operato delle forze dell'ordine e si dia la distorta percezione di favorire il mancato rispetto delle regole, in un settore che è, peraltro, soggetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata.
(2-01767) «Bobba, Bachelet, Baretta, Bellanova, Boccuzzi, Bossa, Capodicasa, Carella, Marco Carra, Dal Moro, De Pasquale, Fabbri, Farinone, Fiano, Fogliardi, Gnecchi, Grassi, Iannuzzi, Lenzi, Lucà, Lulli, Marchi, Marchioni, Mattesini, Mosella, Narducci, Peluffo, Pezzotta, Piccolo, Poli, Rampi, Realacci, Rubinato, Sarubbi, Schirru, Servodio, Tullo, Livia Turco, Verducci, Villecco Calipari, Binetti, Capitanio Santolini».


Iniziative per il passaggio della torre di controllo dell'aeroporto Valerio Catullo di Verona dall'Aeronautica militare ad Enav, nonché per il rilascio della concessione quarantennale dell'aeroporto Montichiari di Brescia alla Catullo spa – 2-01772

P)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il decreto del 27 luglio 2010 del Ministro della difesa, di concerto col Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, dispone che «a decorrere dal 31 luglio 2010 la fornitura dei servizi di navigazione aerea di cui agli articoli 691 e 691-bis del codice della navigazione, nello spazio aereo del CTR Verona è garantita da Enav spa»;
   il Ministero dell'economia e delle finanze non ha tuttora autorizzato il passaggio della torre di controllo dell'aeroporto Valerio Catullo di Verona dall'Aeronautica militare ad Enav e questo immotivato ritardo comporta che, a partire dal 1o gennaio 2013, il servizio di torre di controllo sarà disponibile solamente per 12 ore giornaliere contro le 24 precedenti;
   la riduzione dell'operatività dalle 8,00 alle 20,00 avrebbe un impatto molto forte sulla Catullo spa, sia da un punto di vista operativo che economico, con conseguenze gravi sul flusso tradizionale e turistico da e per Verona ed il suo territorio. Nei fatti, comporterà la cancellazione di circa il 55 per cento del traffico aeroportuale, con la presumibile chiusura dello scalo ed il non rispetto dei contratti con le compagnie aeree che hanno venduto biglietti per un'operatività aeroportuale pubblicata e concordata con Enac, Enav ed Assoclearance;
   il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, all'articolo 4-ter, prevede che «al fine di assicurare la piena funzionalità dei servizi di navigazione aerea da parte della società per azioni denominata Ente nazionale per l'assistenza al volo (Enav) (...) per i necessari interventi di ammodernamento dell'infrastruttura e dei sistemi, è autorizzata la spesa di 8,8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 21,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012» destinati ai cinque aeroporti italiani coinvolti dal cambio di gestione da militare in civile, fra cui Verona;
   la Catullo spa, società cui fanno capo gli aeroporti del Garda, Villafranca (Verona) e Montichiari (Brescia), è tuttora in attesa del rilascio della concessione governativa, la cui istanza è stata presentata il 26 ottobre 1998. Il mancato rilascio della concessione dell'aeroporto di Montichiari rende difficile l'attrazione di investitori privati e di potenziali partner, considerando che negli aeroporti con concessione i costi di gestione sono in capo ad Enav –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto affinché venga rispettato il passaggio della torre di Verona dall'Aeronautica militare ad Enav, secondo il programma concordato con decreto del 27 luglio 2010 del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   se non si ritenga doveroso intervenire con azioni rapide ed efficaci volte a sbloccare le situazioni di stallo del trasporto aereo, anche attraverso il rilascio della concessione quarantennale dell'aeroporto Montichiari di Brescia, al fine di consentire lo sviluppo e la crescita.
(2-01772) «Montagnoli, Bragantini, Brancher, Fogliardi, Alberto Giorgetti, Dal Moro, Negro, Martini, Bitonci, Buonanno, Chiappori, Crosio, D'Amico, Di Vizia, Desiderati, Fogliato, Fugatti, Gidoni, Isidori, Lussana, Maggioni, Laura Molteni, Munerato, Nicola Molteni, Paolini, Polledri, Reguzzoni, Simonetti, Torazzi, Goisis».


Iniziative in relazione alla vicenda di un contenzioso sviluppatosi tra Equitalia Pragma ed un'azienda abruzzese – 2-01781

Q)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nella seduta della Camera dei deputati n. 660 di mercoledì 4 luglio 2012, con interrogazione a risposta immediata n. 3-02367, indirizzata al Ministro interrogato, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha rappresentato la vicenda di un'azienda abruzzese ulteriormente posta in difficoltà economica e operativa da quelle che appaiono agli interroganti irresponsabili e inopinate decisioni degli uffici della sede di Pescara della società Equitalia Pragma srl. Il concessionario della riscossione, tra l'altro in luogo di apprendere somme che reclamava da quella ditta e poste nella sua disponibilità, mediante una compensazione, presso un soggetto terzo debitore dell'azienda di cui si trattava, decideva, infatti, di apporre vincoli pignoratizi su un bene strumentale della medesima;
   descritte le condotte ritenute dagli interpellanti inopinate, inaccettabili e perniciose del concessionario nella vicenda de qua, i quesiti posti chiedevano «se, con riferimento alle vicende che nel rapporto con Equitalia Pragma srl hanno coinvolto la società di cui al caso di specie, il Ministro interrogato non intenda promuovere un'attività ispettiva presso gli uffici della sede di Pescara del concessionario per accertare la correttezza, la legittimità, la trasparenza, l'economicità e l'imparzialità delle procedure e delle decisioni che il medesimo adotta e, nel caso di esiti positivi dell'ispezione, se non intenda adottare, con ogni urgenza e senza indugio alcuno, tutte le misure, anche cautelari, per inibire al personale eventualmente in difetto almeno ogni ulteriore attività decisionale, potenzialmente dannosa per i contribuenti e per l'apparato dello Stato, e se, per evitare che in futuro si ripetano casi di discrezionalità giurisdizionale nelle decisioni intorno alle spese di giudizio, il Ministro interrogato intenda farsi promotore di un'opportuna iniziativa normativa volta a tutelare integralmente le ragioni eventualmente riconosciute in capo al contribuente»;
   la risposta è stata resa in aula dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale si è limitato a dare lettura di un documento ricevuto dal Ministero dell'economia e delle finanze; nel merito dei chiarimenti offerti, ancorché dichiaratamente de relato, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, negletta in toto, ad avviso degli interroganti l'interrogazione esposta in atto, ha sostenuto che, in relazione ai tre rappresentati casi di «ineludibile» iscrizione ipotecaria, «imprevedibilmente la locale giustizia tributaria» si sarebbe discostata da «consolidati orientamenti giurisprudenziali cui l'amministrazione finanziaria si era ispirata». In altri termini, sembra di capire dal tenore della risposta che l'amministrazione finanziaria sarebbe stata disturbata dal libero convincimento dei giudici tributari, specificatamente dalla non conformità delle decisioni da questi adottate in sentenze ai supposti orientamenti consolidati ed evidentemente graditi all'amministrazione finanziaria, che, peraltro, è soggetto ben distinto da Equitalia;
   il Ministro informava, inoltre, invero – sempre ad avviso degli interpellanti – in modo del tutto inconferente, che, relativamente all'evidenziata «presunta mancata attivazione dell'agente della riscossione al recupero di somme della società in questione detenute da terzi», enti, ministeri ed ex esattori della riscossione avrebbe dato riscontri comunque negativi ai relativi accertamenti. Peraltro, il Ministro, ad avviso degli interpellanti, taceva in ordine all'unica circostanza riferita in atto di sindacato probante la mancata attivazione di Equitalia al recupero delle somme reclamate, ossia la loro disponibilità reiteratamente offerta dall'azienda, in compensazione di un suo credito con soggetto terzo, e da quest'ultimo medesimo che direttamente richiedeva indicazioni per il versamento, direttamente al concessionario, delle somme dovute dalla sua creditrice;
   secondo quanto risulta agli interpellanti, ulteriori approfondimenti presenti nel documento predisposto per fornire la risposta all'interrogazione a risposta immediata (di cui il rappresentante del Governo non ha dato lettura) recherebbero l'informazione che, pendente il termine di 120 giorni per effettuare il primo incanto, un'istanza di rateizzazione sulle cartelle oggetto di pignoramento presentata dalla ditta abruzzese avrebbe sospeso l'attività esecutiva. Appare assai discutibile agli interpellanti l'asserita rilevanza dell'istanza di rateizzazione sul pignoramento immobiliare in corso. Del resto, con circolare in data 15 aprile 2011 di Equitalia medesima, è sostenuto che, ad eccezione delle istanze di rateizzazione tempestive, tutte le altre non sospendono le procedure esecutive già in corso. Peraltro, il termine fissato per la chiusura di un procedimento è, di norma, quello di 30 giorni ex articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, termine entro il quale Equitalia non solo non ha definito il procedimento in rilievo, ma non ne ha neppure comunicato l'avvio alla contribuente;
   infine, nella risposta si sostiene che il termine di 10 giorni fissato dall'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per la cancellazione, a cura del concessionario, della trascrizione di ipoteca, nei casi considerati dal legislatore, sarebbe un termine «ordinatorio». Posto che lo sia – conclusione già di per sé aberrante in un sistema tutto squilibrato a favore dell'amministrazione finanziaria – tale natura non equivale a ridurlo a termine arbitrario o, di fatto, «inesistente». Quantunque, in ipotesi, ordinatorio, la sua inosservanza integra la volizione del rifiuto a ottemperare a un disposto di legge. È appena il caso, comunque, in proposito, di sottolineare come risulti quantomeno non etico e diseducativo che la pubblica amministrazione tenti di dissimulare le inadempienze, carenze, incapacità e inettitudini dietro «il dito» dell'ordinatorietà dei termini che la riguardino. Gli interpellanti ritengono particolarmente dannosa questa propensione che, a loro avviso, ha caratteri immorali, tanto da aver presentato, in data 17 settembre 2008, una proposta di legge, la n. 1663, annunziata il 18 settembre 2008, recante «disposizioni in materia di perentorietà dei termini» relativamente a quelli che attengono a procedimenti della pubblica amministrazione. Giova, in ogni caso, rilevare che sono comminate sanzioni per i casi di ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento ex articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e di omissione di atti d'ufficio ex articolo 185 del codice penale, recentemente posta dalla Cassazione a fondamento anche della condanna al risarcimento del danno morale subito dal contribuente in ipotesi di pignoramento illegittimo (così, Cassazione civile, sezione III, sentenza n. 9445 del 2012) –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione ai dispositivi delle sentenze della locale giustizia tributaria contestate da Equitalia, anche laddove statuiscano, come nella sentenza n. 1160 del 18 marzo 2010 della commissione tributaria di Pescara nell'ambito di uno dei giudizi promossi dall'azienda abruzzese considerata, che «invero è risultato in punto di fatto che la Equitalia ha provveduto all'iscrizione ipotecaria per cartelle notificate da oltre un anno e senza che medio tempore sia stato dato avviso alla parte interessata (...) l'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 afferma che si può procedere ad esecuzione quando sono decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento (...) il secondo comma del richiamato articolo 50 afferma che l'espropriazione deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro 5 giorni. Trattasi di un secondo ulteriore presupposto per la legittimità dell'esecuzione, secondo nel senso che si aggiunge al precedente ed anche per questo il collegio deve notare che manca la prova dell'avvenuto adempimento. Ciò si adatta al caso di specie e se ne devono trarre le conseguenze sì che per tale verso il ricorso va accolto»;
   se il Ministro interpellato, sul punto della mancata attivazione di Equitalia rispetto al contenuto di comunicazioni inoltrate a Equitalia Pragma dalla contribuente e dall'azienda sua debitrice, dirette a mettere a disposizione dell'agente della riscossione le somme reclamate, in capo alla prima, e a chiedere indicazioni circa le procedure valide per la corresponsione al concessionario delle somme medesime, intenda pronunciarsi sulla rilevanza di quelle comunicazioni e se non ritenga verificato, sulla scorta di quella stessa corrispondenza, il nesso di causalità che il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo intendeva, nel precedente atto, e intende, nel presente, evidenziare, tra il loro contenuto e l'inerzia di Equitalia rispetto all'acclarata possibilità di apprendere le somme reclamate e disponibili ma paradossalmente ignorate, tenuto conto che nella precedente risposta ricordata in premessa non sono stati forniti, ad avviso degli interpellanti, adeguati chiarimenti;
   se il Governo, attesa la disposizione di cui all'articolo 53, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che recita «se il pignoramento è stato trascritto in pubblico registro mobiliare o immobiliare, il concessionario, nell'ipotesi prevista dal comma 1 ed in ogni altro caso di estinzione del procedimento richiede entro 10 giorni al conservatore la cancellazione della trascrizione», ritenga di confermare l'opinione circa la natura ordinatoria del termine di 10 giorni ivi fissato e, in tal caso, al di là di ogni altra soccorrente disposizione dell'ordinamento, se non reputi etico, opportuno, anzi necessario impartire disposizioni stringenti agli uffici dell'amministrazione finanziaria e agli enti, organismi e soggetti da essa controllati o vigilati perché l'inosservanza eventuale del termine indicato sia sempre rigorosamente e chiaramente motivata, evitando, in tal modo, l'impunità dell'arbitrio e il sostanziale svuotamento della volontà del legislatore, opponendo l'argomentazione dell'ordinatorietà del termine di fatto per dissimulare una condotta inefficiente e antieconomica;
   se, con riferimento alle vicende riferite nella richiamata interrogazione a risposta immediata n. 3-02367, che nel rapporto con Equitalia Pragma hanno coinvolto la società di cui si tratta, il Ministro interpellato non intenda promuovere un'attività ispettiva presso gli uffici della sede di Pescara del concessionario per accertare la correttezza, la legittimità, la trasparenza, l'economicità e l'imparzialità delle procedure e delle decisioni che il medesimo adotta e, nel caso di esiti positivi dell'ispezione, se non intenda adottare, con ogni urgenza e senza indugio alcuno, tutte le misure, anche cautelari, per inibire al personale eventualmente in difetto almeno ogni ulteriore attività decisionale, potenzialmente dannosa per i contribuenti e per l'apparato dello Stato, e se, per conferire certezza alle decisioni intorno alle spese di giudizio, il Ministro interpellato non intenda farsi promotore di un'opportuna iniziativa normativa volta a tutelare integralmente le ragioni eventualmente riconosciute in capo al contribuente.
(2-01781) «Toto, Della Vedova».