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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

SOMMARIO

Martedì 9 novembre 2010


ATTI DEL GOVERNO:

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province. Atto n. 240 (Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio) ... 184
ALLEGATO 1 (Proposta di parere presentata dal relatore, on. Leone) ... 189
ALLEGATO 2 (Proposta di parere presentata dal relatore, sen. Stradiotto) ... 195
ALLEGATO 3 (Proposta di parere presentata dal sen. Belisario) ... 206

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale - Resoconto di martedì 9 novembre 2010


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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 9 novembre 2010. - Presidenza del presidente Enrico LA LOGGIA. - Interviene il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli.

La seduta comincia alle 11.10.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province.
Atto n. 240.
(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 novembre 2010.

Enrico LA LOGGIA, presidente, avverte che sono state depositate le proposte di parere da parte del relatore Leone (vedi allegato 1) e del relatore Stradiotto (vedi allegato 2); inoltre comunica che il senatore Belisario ha presentato una proposta di parere da parte del gruppo Italia dei Valori (vedi allegato 3).

Il deputato Antonio LEONE (PdL), relatore, espone la propria proposta di parere (vedi allegato 1), precisando che è stata formulata tenendo conto dei preziosi contributi acquisiti nel corso delle attività istruttorie e conoscitive svolte dalla Commissione, nonché degli approfondimenti svolti nel corso del seminario tecnico organizzato dalla Commissione, che ha visto la partecipazione di istituzioni e studiosi esperti della materia. La proposta recepisce inoltre, nella sostanza, i rilievi espressi nei pareri resi dalle commissioni di merito dei due rami del Parlamento, tenendo altresì conto di alcuni dei profili evidenziati nella relazione del senatore Stradiotto.
In particolare, si sofferma su alcune soluzioni innovative contenute nella proposta di parere, che risolvono le criticità emerse nel corso del dibattito in relazione a questioni di peculiare rilievo, quali, ad esempio, l'esigenza di arricchire i criteri in base ai quali dovrà essere definito il percorso e la metodologia per la determinazione dei fabbisogni standard - in relazione


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ai quali sono stati introdotti anche specifici riferimenti ai livelli e agli obiettivi di servizio - nonché la necessità di assicurare un coinvolgimento nel processo di organismi qualificati, quali l'Istat, nonché, in modo più diretto e penetrante, la Ragioneria generale dello Stato. Analogamente, la proposta tiene conto dell'esigenza di valorizzare adeguatamente, in conformità allo spirito della legge n. 42 del 2009, il ruolo del Parlamento, il quale sarà chiamato a pronunciarsi sui diversi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, attraverso i quali si dipanerà il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard, che oltre ad una relazione tecnica volta ad evidenziarne gli effetti finanziari, saranno corredati da ulteriori elementi informativi atti a consentire una compiuta istruttoria da parte delle commissioni parlamentari.
Sottopone pertanto all'attenzione dei commissari la proposta di parere, con l'auspicio di una ampia condivisione della stessa.

Il senatore Marco STRADIOTTO (PD), relatore, ricordando di aver già illustrato il contenuto della propria proposta di parere (vedi allegato 2) nella seduta del 28 ottobre scorso, sottolinea la necessità che nella proposta del relatore Leone siano definiti meglio i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e i costi standard, la cui determinazione risulta ancora carente. Ritiene fondamentale evitare di definire un testo che possa generare problematiche con gli enti locali, che potrebbero determinare il mal funzionamento del sistema sino ad incepparlo: compito della Commissione, alla luce delle carenze del testo presentato dal Governo, è quello di proporre integrazioni finalizzate ad una più puntuale definizione del percorso di determinazione dei costi standard, anche al fine di evitare di concedere una delega in bianco alla SOSE e all'IFEL. Auspica che si concluda quanto prima l'esame parlamentare della Carta delle autonomie, affinché siano definiti a regime, e non più in via transitoria, i compiti e le funzioni degli enti locali.

Il senatore Paolo FRANCO (LNP), nel richiamare l'ottimo lavoro svolto dai relatori, rileva che la proposta di parere presentata dal relatore Leone conduce ad un miglioramento del testo originario dello schema di decreto in esame, sia sotto il profilo dell'effettiva applicabilità delle sue norme, sia per il fatto che sono affrontate e risolte alcune questioni cruciali. Rileva, come già precisato dal relatore, come tale lavoro di implementazione del testo abbia tenuto conto delle indicazioni e degli spunti di riflessione emersi nel corso delle audizioni e dei seminari di approfondimento, nonché di alcune delle questioni poste dal collega Stradiotto.
Tra le modifiche contenute nella proposta di parere presentata dall'onorevole Leone, condivide in particolar modo quella che affronta la questione relativa al procedimento di adozione, sulla base del lavoro svolto da SOSE e IFEL, dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di definizione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo ed i fabbisogni standard di ciascun comune e provincia, prevedendo, in particolare, che i citati decreti siano sottoposti ai pareri della Commissione bicamerale e delle Commissioni bilancio di Camera e Senato.
Anticipando quindi il parere proprio parere favorevole sulla proposta a firma Leone, auspica che le proposte di modifica ivi contenute possano essere recepite dal Governo nella stesura del testo definitivo del decreto.

Il senatore Mario BALDASSARRI (FLI) dopo aver constatato il lavoro positivo e costruttivo svolto dalla Commissione e dai relatori, nelle cui proposte di parere ravvisa numerosi aspetti comuni, ritiene che nel complesso del sistema federale che si prefigura, composto dai livelli essenziali delle prestazioni, dai costi e fabbisogni standard e dal fondo perequativo, manchi l'approvazione della Carta delle autonomie, attualmente all'esame del Senato.
Con riferimento al procedimento di definizione di fabbisogni standard come delineati dallo schema di decreto in esame, ricordando che SOSE e IFEL sono organi


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tecnici incaricati di predisporre la metodologia necessaria alla loro individuazione, sottolinea che sarà compito del Governo valutare il lavoro svolto ed effettuare le conseguenti scelte politiche, mediante l'adozione degli schemi di DPCM, sui quali, come previsto dalle proposte dei due relatori, la Commissione sarà chiamata ad esprimere il proprio parere e, in tal modo, verificare la concreta attuazione dei contenuti del provvedimento all'esame.
Ritiene tuttavia fa presente, infine, che l'approvazione entro la fine dell'anno dei decreti delegati previsti dalla legge n. 42 del 2009, come annunciato dal Governo, non comporterà comunque l'attuazione del federalismo fiscale, in quanto questo si realizzerà non prima di un arco temporale almeno quinquennale.

Il senatore Luigi COMPAGNA (PdL) nell'apprezzare il lavoro svolto dai relatori, osserva che il risultato conseguito non risolve comunque le sue perplessità, già segnalate nella precedente seduta, in quanto per dar piena attuazione al processo federalista vanno previamente risolti alcuni nodi, che concernono gli assetti costituzionali del rapporto tra Stato ed enti territoriali. La legge n. 42 e, contestualmente, la Carta delle autonomie, necessitano infatti di quella che a suo parere costituisce la terza gamba del tavolo, vale a dire quella che, in relazione al titolo V della Costituzione, precisi « chi fa che cosa», al fine di superare l'attuale sovrapporsi di potestà concorrenti. Tale questione, ancora irrisolta, incide negativamente sul positivo lavoro finora effettuato dalla Commissione sul provvedimento all'esame.

Il senatore Felice BELISARIO (IdV) ricorda che il decreto all'esame della Commissione costituisce un contenitore vuoto che, secondo il Governo, dovrà essere riempito da altri soggetti diversi dal Parlamento. Ciò comporta che quest'ultimo risulti sostanzialmente svuotato del proprio ruolo nel procedimento di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei costi standard, dal momento che le risultanze del lavoro svolto da SOSE e IFEL saranno validate ed immesse nell'ordinamento mediante un DPCM. Tale questione assume particolare rilevanza sotto il profilo della compatibilità con i criteri di delega, vista la possibile inidoneità formale e sostanziale di una fonte di rango secondario per la loro adozione, che a suo avviso andrebbe invece riservata allo strumento del decreto legislativo.
Pur apprezzando il lavoro dei relatori e la tenacia del ministro Calderoli, preannuncia pertanto il voto contrario del gruppo dell'Italia dei Valori, come illustrato nella proposta di parere presentata (vedi allegato 3).

Il senatore Walter VITALI (PD), pur riconoscendo che nella proposta del relatore Leone siano presenti dei miglioramenti rispetto al testo originario dello schema di decreto in esame, tra i quali la previsione del coinvolgimento del Parlamento nell'ambito della procedura di adozione dei DPCM per la definizione della nota metodologica di determinazione dei fabbisogni standard, ritiene che vi siano ancora delle lacune che andrebbero colmate. Segnala, a tale proposito, due punti fondamentali sui quali la proposta di parere del collega Leone è molto distante da quella del relatore Stradiotto. La prima questione riguarda i livelli essenziali delle prestazioni, la cui ricognizione è affidata dal senatore Stradiotto ad un DPCM in attesa di una loro definizione a livello legislativo, come previsto dalla legge n. 42 del 2009. Sottolinea come la questione di una preliminare definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sia essenziale per intraprendere un percorso chiaro e definito per la determinazione dei fabbisogni standard, che necessita di essere affrontata anche prevedendo una diverso strumento rispetto al DPCM. A tale proposito, segnala un precedente in tal senso nella legge n. 131 del 2003, cosiddetta legge La Loggia, recante disposizioni dirette a dare una prima applicazione alla riforma del titolo V della Costituzione, che affidava al Governo la ricognizione dei princìpi fondamentali della legislazione concorrente, in


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attesa di una loro definizione in sede legislativa.
Un secondo profilo su cui le proposte divergono riguarda la determinazione degli obiettivi di servizio, in quanto nella proposta del relatore Stradiotto vi è un meccanismo di raccordo tra fabbisogni standard e obiettivi di servizio più coerente con l'impianto della legge n. 42 del 2009, rispetto a quanto previsto dalla proposta dell'altro relatore.
Richiamando l'intervento del senatore Baldassarri in merito alla possibilità che sia completato il percorso di adozione di tutti i decreti legislativi entro la fine dell'anno in corso, precisa che vi sono ancora numerose norme della legge n. 42 del 2009 che devono esser attuate, quali ad esempio le disposizioni relative all'armonizzazione dei sistemi contabili e di bilancio, gli interventi infrastrutturali, l'istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, nonché le norme relative al finanziamento di Roma capitale. A tale proposito, tenuto conto che verranno presentati a breve alla Commissione gli schemi di decreto sul federalismo fiscale municipale e sul federalismo regionale, chiede al ministro Calderoli come intende procedere nella predisposizione dei successivi schemi di decreto con riferimento ai temi non ancora affrontati.

Enrico LA LOGGIA, presidente, in riferimento a quanto rilevato dal senatore Vitali in ordine al titolo V della Costituzione, ritiene utile precisare che con la legge n. 131 del 2003 è stata tentata una ricognizione, mediante lo strumento della delega legislativa, dei principi fondamentali ai fini del riparto delle competenze legislative. Anche a seguito delle perplessità sollevate sotto il profilo istituzionale - perplessità che a suo parere non tenevano in giusto conto i processi evolutivi della nostra Carta costituzionale - la delega non ha avuto seguito, e la questione delle competenze concorrenti permane tuttora in buona parte irrisolta.
Segnala inoltre che su richiesta del gruppo del Partito Democratico è stato predisposto un documento volto a dar sinteticamente conto dello stato di attuazione della legge n. 42, che sottoporrà all'attenzione della Commissione nella prossima seduta.

Il deputato Rolando NANNICINI (PD) osserva che nel documento ora segnalato dal Presidente andrebbe precisato che sulla Relazione governativa prevista dall'articolo 2, comma 6, della legge n. 42, la Commissione ha concluso l'esame senza pronunciarsi sulle due relazioni presentate dai relatori.

Il deputato Marco CAUSI (PD), nell'esaminare le proposte di parere presentate, osserva che a suo avviso quella del collega Stradiotto presenta taluni elementi di completezza del percorso attuativo dei fabbisogni standard che risultano assenti in quella dell'altro relatore. Segnala in proposito la definizione, con valenza contenutistica, di tutte le variabili necessarie per l'individuazione dei fabbisogni, la centralità della questione dei livelli essenziali delle prestazioni, la cui enucleazione costituisce un passaggio necessario per giungere ai fabbisogni standard nei settori diversi dalla sanità, nonché la fissazione di specifici vincoli alla predisposizione delle metodologie statistiche da utilizzare per i fabbisogni stessi. Segnala altresì che in tale proposta si delinea un primo tentativo di organizzare il complesso rapporto tra LEP, obiettivi di servizio e patto di convergenza, e si tenti anche l'individuazione sia di indicatori aggregati di fabbisogno ai fini delle operazioni di riparto sia di indicatori micro di efficacia e di appropriatezza delle prestazioni; tali due questioni sono presenti peraltro, ma con minor chiarezza, anche nella proposta dell'altro relatore.

Il ministro Roberto CALDEROLI ravvisa come nella proposta del relatore Leone si sia tenuto conto dei rilievi formulati dalle Commissioni di merito di Camera e Senato che hanno trasmesso i propri rilievi sul testo. Rispetto alla proposta dell'altro relatore, inoltre, quella


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dell'onorevole Leone contiene alcune indicazioni e osservazioni che a proprio avviso appaiono maggiormente in linea con la delega prevista dalla legge n. 42 e che rivestono un carattere di fattibilità.
Nel ritenere fondamentale che l'attività di ricognizione dovrà essere dalla SOSE, in quanto a suo avviso non esiste nessun altro soggetto in grado di effettuarla, evidenzia come nella proposta di parere a firma Leone risulti circostanziatamente definito il ruolo del Governo di proporre nell'ambito del disegno di legge di stabilità la realizzazione dell'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio. Nel ricordare che, per quanto riguarda la Carta delle autonomie, presso la Commissione Affari costituzionali del Senato sta per concludersi la discussione sulle linee generali, precisa che i restanti schemi di decreti attuativi del federalismo fiscale verranno portati, in tempi brevi, all'esame del Consiglio dei Ministri, in modo da poter consentire, ove possibile, che siano nella disponibilità del Parlamento entro la fine dell'anno.

Enrico LA LOGGIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, mercoledì 10 novembre, alle ore 14, nel corso della quale si procederà alla votazione delle proposte di parere presentate.

La seduta termina alle 12.

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale - Martedì 9 novembre 2010


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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province. (Atto n. 240).

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAL RELATORE, ON. LEONE

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province», approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 22 luglio 2010;
premesso che:
il processo di determinazione dei fabbisogni standard delle amministrazioni locali costituisce un passaggio fondamentale nel percorso di attuazione del federalismo fiscale, che potrà consentire, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42 del 2009, di valorizzare i canoni dell'efficienza e dell'efficacia, attraverso l'individuazione di un sistema di indicatori significativi per valutare l'adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli a vantaggio di cittadini ed imprese;
in tale processo, particolare riguardo deve essere posto nella individuazione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali loro assegnate;
a tal fine, fermo restando che, fino a nuova determinazione dei livelli essenziali in virtù della legge statale, dovranno essere considerati livelli essenziali quelli già fissati in base alla legislazione statale vigente, appare opportuno ribadire che è nell'ambito del sistema delle decisioni di bilancio delineato dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009 che dovranno essere definite le norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, nonché il percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle predette funzioni fondamentali;
analogamente, in un'ottica di piena attuazione del federalismo fiscale, appare opportuno procedere sollecitamente, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 42 del 2009, alla istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, cui dovrebbe essere riservato, tra gli altri, il compito di effettuare il monitoraggio degli obiettivi di servizio;
rilevata, in via preliminare, la necessità di salvaguardare gli equilibri complessivi di bilancio, precisando, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettera d) della legge n. 42 del 2009, che, ai fini del finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi;
valutato positivamente l'innovativo approccio seguito per la definizione del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard, ed in particolare la scelta


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di affidare alla Società per gli studi di settore-Sose s.p.a, con la collaborazione di altri soggetti qualificati, le connesse attività tecniche di carattere metodologico e statistico, nonché quella di prevedere un coinvolgimento ed una partecipazione diretta degli enti interessati al procedimento anche attraverso la compilazione di appositi questionari, che possono peraltro risultare funzionali nella prospettiva di una riclassificazione ed integrazione delle informazioni contenute nei certificati contabili;
considerata l'opportunità, anche alla luce dei criteri di delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42, di definire con maggiore dettaglio le previsioni recate dall'articolo 3 in tema di metodologia per la determinazione dei fabbisogni standard, introducendo anche un riferimento all'esigenza di tenere conto in tale ambito delle specificità legate ai recuperi di efficienza ottenuti attraverso le unioni di comuni, nonché precisando che il fabbisogno standard può essere determinato con riferimento a ciascuna funzione fondamentale, a singoli servizi o ad aggregati di servizi, in relazione alla natura delle singole funzioni fondamentali;
considerata altresì l'opportunità, allo scopo di una più puntuale determinazione della metodologia disciplinata dall'articolo 3, di prevedere che l'individuazione del modello di stima di fabbisogni sia effettuata sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche, nonché, conseguentemente, l'esigenza di prevedere che la Società per gli studi di settore-Sose s.p.a possa avvalersi, per l'assolvimento dei compiti ad essa affidati ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettere a), b) e c), della collaborazione dell'ISTAT quale organo tecnico dotato di banche dati territoriali non solo sui conti economici, ma anche sugli obiettivi di servizio;
rilevato che l'articolazione della fase transitoria dovrebbe fondarsi sulla concreta determinazione dei fabbisogni standard e che tale determinazione dovrebbe riguardare l'anno successivo a quello in cui è compiuta, ferma restando la graduale entrata a regime nel triennio successivo prevista dallo schema in esame;
sottolineata, infine, l'esigenza di rispettare lo spirito della legge n. 42 del 2009 - che valorizza il ruolo del Parlamento delineando un percorso di attuazione del federalismo fiscale segnato da peculiari passaggi parlamentari dei relativi provvedimenti di attuazione - prevedendo a tal fine che lo schema di D.P.C.M. recante la concreta determinazione del fabbisogno standard per ciascun comune e provincia sia trasmesso alla Conferenza Stato-città e autonomie locali e alle Camere, per l'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario, prevedendo altresì che qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, esso sia tenuto a trasmettere alle Camere una relazione per spiegarne le ragioni; al fine di consentire al Parlamento una compiuta istruttoria ai fini dell'espressione del parere, lo schema di D.P.C.M. recante la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo ed i relativi fabbisogni standard per ciascun ente locale dovrebbe inoltre essere corredato da una relazione del Ministro dell'economia e delle finanze che ne evidenzi gli effetti finanziari,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 1, comma 2, le parole «eventualmente da esse implicate» siano sostituite dalle seguenti «, fermo restando che, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettera d), della legge 5 maggio 2009, n. 42, ai fini del finanziamento integrale, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi. Fino a nuova determinazione dei livelli essenziali in


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virtù della legge statale, sono livelli essenziali quelli già fissati in base alla legislazione statale vigente»;
2) dopo l'articolo 1 sia aggiunto il seguente articolo «Art. 1-bis. (Obiettivi di servizio). 1. Conformemente a quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, il Governo, nell'ambito del disegno di legge di stabilità ovvero con apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, in coerenza con gli obiettivi e gli interventi appositamente individuati da parte della decisione di finanza pubblica, previo confronto e valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata, propone norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo nonché un percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione. Il monitoraggio degli obiettivi di servizio è effettuato in sede di Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, da istituire ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 42 del 2009.
1-bis. Ai fini di cui al comma 1, il Governo tiene conto delle informazioni e dei dati raccolti, ai sensi dell'articolo 3, sulle funzioni fondamentali effettivamente esercitate e i servizi resi o non resi, in tutto o in parte, da ciascun ente locale. Tiene altresì conto dell'incrocio tra i dati relativi alla classificazione funzionale delle spese e quelli relativi alla classificazione economica.
2. Gli obiettivi di servizio sono stabiliti in modo da garantire il rispetto della tempistica di cui ai commi 3 e 4.
3. L'anno 2012 è individuato quale anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica.
4. La fase transitoria si struttura secondo la seguente modalità e tempistica:
a) nel 2011 verranno determinati i fabbisogni standard, che entreranno in vigore nel 2012, riguardo ad almeno un terzo delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
b) nel 2012 verranno determinati i fabbisogni standard, che entreranno in vigore nel 2013, riguardo ad almeno due terzi delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b),del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
c) nel 2013 verranno determinati i fabbisogni standard, che entreranno in vigore nel 2014, riguardo a tutte le funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo.»;
3) All'articolo 2, comma 1, lettera a), punto 1), e lettera b), punto 1), siano aggiunte, in fine, le parole «, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
4) All'articolo 3, comma 1, prima della lettera a) sia inserita la seguente lettera «0a) l'identificazione delle informazioni e dei dati di natura strutturale e contabile necessari, acquisiti sia da banche dati ufficiali esistenti sia tramite rilevazione diretta con appositi questionari da inviare ai Comuni e alle Province, anche ai fini di una riclassificazione o integrazione delle informazioni contenute nei certificati contabili»;
5) All'articolo 3, comma 1, alla lettera a), dopo le parole «modelli organizzativi» siano aggiunte le seguenti «e dei livelli quantitativi delle prestazioni, determinati sulla base di un sistema di indicatori» e dopo le parole «in relazione» siano inserite le seguenti «a ciascuna»;
6) All'articolo 3, comma 1, la lettera c), sia sostituita dalla seguente «c) l'individuazione


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di un modello di stima dei fabbisogni standard sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche;»;
7) All'articolo 3, comma 1, dopo la lettera c), sia aggiunta la seguente: «c-bis) la definizione di un sistema di indicatori, anche in riferimento ai diversi modelli organizzativi ed agli obiettivi definiti, significativi per valutare l'adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli.»;
8) All'articolo 3, dopo il comma 1, siano aggiunti, in fine, i seguenti commi «2. Il fabbisogno standard può essere determinato con riferimento a ciascuna funzione fondamentale, ad un singolo servizio o ad aggregati di servizi, in relazione alla natura delle singole funzioni fondamentali e tenendo presenti le esclusioni previste dalla legge 5 maggio 2009, n. 42.
3. La metodologia dovrà tener conto delle specificità legate ai recuperi di efficienza ottenuti attraverso le unioni di Comuni, ovvero le altre forme di esercizio di funzioni in forma associata.
4. Il fabbisogno standard è fissato anche con riferimento ai livelli di servizio determinati in base agli indicatori di cui al comma 1, lettera c-bis).»
9) All'articolo 4, comma 1, lettera a), dopo le parole «Società per gli studi di settore-Sose s.p.a» siano inserite le seguenti «, la cui attività, ai fini del presente decreto, ha carattere esclusivamente tecnico,»;
10) All'articolo 4, comma 1, lettera a), dopo le parole «singoli Comuni e Province,» siano inserite le seguenti «conformemente a quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera d), della legge 5 maggio 2009, n. 42,»;
11) All'articolo 4, comma 1, lettera a), dopo le parole «utilizzando i dati di spesa storica» siano inserite le seguenti «tenendo conto dei gruppi omogenei»;
12) All'articolo 4, comma 1, lettera a), dopo le parole «con particolare riferimento» inserire le seguenti «al livello di infrastrutturazione del territorio, ai sensi di quanto previsto dagli articoli 21 e 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42,»;
13) All'articolo 4, comma 1, lettera d), secondo periodo, dopo le parole «processo di attuazione dei fabbisogni standard» siano aggiunte le seguenti «; propone correzioni e modifiche alla procedura di attuazione dei fabbisogni standard»;
14) All'articolo 4, comma 1, lettera d), siano aggiunte, in fine, le seguenti parole «la Società per gli studi di settore-Sose s.p.a può avvalersi altresì della collaborazione dell'ISTAT per i compiti di cui alle lettere a), b) e c) del presente articolo.»;
15) All'articolo 4, comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente «e) le metodologie predisposte ai sensi della lettera a) sono sottoposte, per l'approvazione, alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale ovvero, dopo la sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica; in assenza di osservazioni, le metodologie si intendono approvate decorsi quindici giorni dal loro ricevimento. La Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale ovvero, dopo la sua istituzione, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica segue altresì il monitoraggio della fase applicativa e l'aggiornamento delle elaborazioni di cui alla lettera b). I risultati predisposti con le metodologie di elaborazione di cui alle lettere precedenti sono trasmessi dalla Società per gli studi di settore-Sose s.p.a. ai Dipartimenti delle finanze e, successivamente, della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale ovvero, dopo la sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica»;
16) All'articolo 4, comma 1, dopo la lettera e), sia aggiunta la seguente «f) i dati raccolti ed elaborati per le attività di cui al presente articolo confluiscono nella


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banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché in quella di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
17) All'articolo 5, il comma 1 sia sostituito dai seguenti commi «1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono adottati la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo di cui agli articoli precedenti e il fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del rispetto dell'articolo 1, comma 3. Sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali. Decorsi quindici giorni, lo schema è comunque trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario. Lo schema di decreto è corredato da una relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che ne evidenza gli effetti finanziari. Decorsi quindici giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri, ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il Governo, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere una relazione con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri. Ciascuno dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri recante determinazione dei fabbisogni standard per Comuni e Province indica in allegato gli elementi considerati ai fini di tale determinazione.
1-bis. Al fine di garantire la verifica di cui al comma 1, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato, secondo le proprie competenze, partecipa direttamene alle attività di cui all'articolo 4»;
18) Sia soppresso l'articolo 6;
19) All'articolo 7, comma 1, dopo le parole «i fabbisogni standard vengono» siano inserite le seguenti «sottoposti a monitoraggio e»;
20) All'articolo 7, comma 1, siano aggiunte, in fine, le seguenti parole «, con le modalità previste nel presente decreto.»;
21) All'articolo 8, comma 1, sostituire le parole «comma 5» con le seguenti parole «comma 6»;
22) All'articolo 8, dopo il comma 1 sia inserito il seguente «1-bis. Fermo restando il rispetto degli obiettivi di servizio e di erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, la differenza positiva, eventualmente realizzata in ciascun anno finanziario, fra il fabbisogno standard come determinato ai sensi del presente decreto e la spesa effettiva così come risultante dal bilancio dell'ente locale, è acquisita dal bilancio dell'ente locale medesimo. Nel caso di esercizio delle funzioni in forma associata, la differenza positiva di cui al primo periodo è ripartita fra i singoli enti partecipanti in ragione degli oneri e degli obblighi gravanti su ciascuno di essi in base all'atto costitutivo.»;
23) All'articolo 8, dopo il comma 2 sia inserito il seguente «2-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed in particolare in ordine al rispetto dei tempi ivi previsti, il presente decreto legislativo non si applica agli enti locali appartenenti ai territori delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.».

e con le seguenti osservazioni:
a) valuti il Governo l'opportunità di tener conto nella attuazione del decreto dei servizi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in particolare


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dei servizi digitali in banda larga, al fine di accrescere l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa in tutto il territorio nazionale;
b) all'articolo 4 valuti il Governo le modalità per assicurare, nella determinazione dei fabbisogni standard, la piena valorizzazione delle funzioni di tutela e assistenza all'infanzia;
c) valuti il Governo le modalità più idonee affinché, in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 21, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio 2009, n. 42, si tenga conto nella fase transitoria dell'esigenza di riequilibrio delle risorse in favore degli enti locali sottodotati in termini di trasferimenti erariali ai sensi della normativa vigente rispetto a quelli sovradotati.


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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province. (Atto n. 240).

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAL RELATORE, SEN. STRADIOTTO

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province», approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 22 luglio 2010;
osservato che:
le modifiche proposte allo schema di decreto legislativo in esame sono prevalentemente integrative rispetto al testo proposto dal Governo. Dopo aver assistito alle numerose audizioni tenutesi in sede di Commissione Bicamerale per il Federalismo, visti i pareri e tenuto conto delle condizioni espresse dalle Commissioni permanenti di Camera e Senato, e soprattutto alla luce del confronto comunque positivo emerso in Bicamerale, si formula una proposta alternativa che integra in modo sostanziale il testo sui fabbisogni standard. Per questo si propone la modifica del titolo del decreto in esame: oltre alla determinazione dei fabbisogni standard è opportuno inserire nel titolo: determinazione degli obiettivi di servizio e dei costi standard, così come previsto dalla lettera f comma 2 articolo 2 della legge n. 42 /2009;
le integrazioni si pongono anzitutto lo scopo di tracciare un percorso chiaro e definito per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), degli obiettivi di servizio, dei costi standard e, di conseguenza, dei fabbisogni standard;
nel testo vengono introdotti alcuni criteri metodologici per orientare l'attività della SOSE e di IFEL nella individuazione dei dati necessari per la definizione dei costi standard, degli obiettivi di servizio, dei L.E.P. e dei fabbisogni standard;
si illustrano di seguito le principali modifiche proposte, con l'esplicitazione, per ciascuna di esse, delle finalità cui le stesse paiono indirizzate.

Le definizioni proposte con l'articolo aggiuntivo 01 identificano il significato essenziale dei principali concetti utilizzati nel provvedimento, rinviando ai singoli articoli per la loro concreta articolazione. I concetti definiti riguardano temi quali le funzioni fondamentali, le funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni (LEP), i livelli essenziali delle prestazioni, gli obiettivi di servizio, il costo standard, il fabbisogni standard teorico ed effettivo.
La finalità cui l'articolo aggiuntivo 01 è quella di identificare molto sinteticamente i concetti e gli aggregati di base cui la legge n. 42/2009 fa riferimento per l'attuazione del federalismo fiscale per il comparto di Comuni e Province, al fine di evitare possibili ambiguità nell'utilizzo dei terminologia adottare. Tutto in linea con quelle esigenze di semplificazione anche lessicale e di trasparenza del dettato normativo che reputiamo irrinunciabili tanto più se riferite a un tema cruciale per i futuri assetti istituzionali del Paese come il federalismo.

Modifiche all'articolo 2:
il comma 1 specifica che solo il 70 per cento delle funzioni generali di amministrazione,


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di gestione e di controllo rientra nell'ambito delle funzioni fondamentali;
il comma 2, di nuova introduzione, prevede che siano individuate le funzioni fondamentali dei comuni soggette a LEP, con evidenziazione di un numero limitato di servizi ritenuti particolarmente significativi.

La finalità della prima disposizione contempla profili di aderenza con quanto previsto dalla legge delega. L'obiettivo della seconda disposizione è, invece, quello di chiarire che, mentre tutte le funzioni fondamentali dei comuni devono essere finanziate sulla base dei fabbisogni standard, solo una parte di esse sono soggette a livelli essenziali delle prestazioni (LEP). L'individuazione, all'interno di queste ultime, di un limitato numero di servizi significativi, appare funzionale a definire criteri in base ai quali effettuare le valutazioni comparative sia sul livello delle prestazioni sia sugli indicatori di costo.
L'articolo aggiuntivo 2 bis. individua un intervallo di prestazioni compreso tra un livello minimo delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale (determinato tenendo anche conto, nella fase iniziale, della sua concreta praticabilità, nonché delle risorse disponibili), e un livello superiore, dato dall'obiettivo di servizio, definito come livello di delle prestazioni adeguato ai bisogni dei cittadini. La norma è funzionale evidentemente a innescare un percorso di avvicinamento del primo livello al secondo. È inoltre previsto un procedimento di mappatura degli enti in base al livello delle prestazioni erogate.
Finalità delle disposizioni previste con l'articolo 2-bis: La scelta di richiamare, fra i criteri di prima definizione dei LEP, il necessario rispetto della clausola di invarianza finanziaria (che impone un approccio top-down che tenga conto delle risorse disponibili), nonché l'effettiva praticabilità del percorso di convergenza, implica che, nella prima fase di attuazione della disposizione, il livello essenziale delle prestazioni sia identificato con un livello minimale delle stesse. Conseguentemente, la norma prevede la successiva revisione nel tempo dei LEP al fine di un loro progressivo avvicinamento a parametri di adeguatezza (obiettivi di servizio). Ne consegue una classificazione dei livelli delle prestazioni soggette a LEP effettivamente erogate dagli enti in tre gruppi: un livello inferiore a quello essenziale (per il quale gli enti sono chiamati a convergere rapidamente ai LEP), un livello compreso tra quello essenziale e quello adeguato (per il quale gli enti sono chiamati a non retrocedere verso i LEP) e un livello superiore a quello adeguato (per il quale gli enti sono liberi da vincoli).
La previsione, da parte della modifica in esame, di tre classi di prestazioni, delimitate da due soglie intermedie, LEP e obiettivi di servizio (cui si riconnette l'articolazione dei fabbisogni finanziari: cfr. infra l'articolo 3), appare finalizzata a ridurre la portata di alcuni profili problematici che deriverebbero dalla ripartizione delle prestazioni in due sole classi, separate dalla soglia dei LEP. Tali profili problematici avrebbero carattere diverso a seconda del livello di definizione dei LEP: ad esempio, in caso di fissazione dei LEP su livelli medio-alti, ispirati, già in fase di prima definizione, a parametri di adeguatezza, potrebbe verificarsi un incremento delle esigenze di finanziamento nelle aree in cui tali standard non siano attualmente raggiunti, con conseguente impossibilità di rispettare la clausola di invarianza finanziaria. Viceversa, per LEP medio-bassi, ispirati a criteri di praticabilità del percorso di convergenza e al necessario rispetto della clausola di invarianza, potrebbe venir meno il finanziamento di prestazioni rese dalle amministrazioni che si collocano su standard più vicini a parametri di adeguatezza, con un conseguente disincentivo a mantenere elevati livelli delle prestazioni. La modifica proposta, mantenendosi nei limiti dei criteri di delega, che fanno riferimento sia ai LEP che agli obiettivi di servizio, appare finalizzata a superare tali criticità.
La modifiche introdotte all'articolo 3 prevedono che nella definizione dei fabbisogni


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standard si tenga conto, oltre che dei costi standard, anche del livello delle prestazioni erogate: viene infatti inserito il riferimento sia ai LEP sia agli obiettivi di servizio, sempre come sopra definiti. Viene prevista, in particolare, l'attribuzione a tutti comuni di risorse sufficienti a erogare i livelli essenziali delle prestazioni, nonché l'attribuzione di risorse aggiuntive in caso di erogazione di prestazioni di livello superiore a quello essenziale, sempre nei limiti degli obiettivi di servizio. È invece lasciata all'autofinanziamento dei comuni l'erogazione prestazioni di livello superiore ai predetti obiettivi di servizio.
La finalità della modifica all'articolo 3 è quella di introdurre un principio di correlazione tra livello delle prestazioni erogate e risorse ottenute (comunque comprese tra un minimo e un massimo), sia a fini equitativi sia allo scopo di creare meccanismi che incentivino l'incremento quantitativo e qualitativo delle prestazioni nelle funzioni soggette a LEP.
Le modifiche introdotte agli articoli 4 , 5 e 8 richiamando le procedure previste dalla legge n. 42/2009, prevedono in particolare l'acquisizione dei pareri delle competenti commissioni parlamentari sui DPCM previsti per l'attuazione del provvedimento. Viene inserito alla lettera e) che Sose S.p.a. Si avvale della collaborazione dell'Istat e della Ragioneria generale dello Stato.
La finalità delle modifiche agli articoli 4, 5 e 8 sono quelle di prevedere l'espressione di pareri da parte degli organi parlamentari sui provvedimenti attuativi suscettibili di incidere radicalmente sul sistema di finanziamento degli enti locali e sui connessi equilibri di finanza pubblica.
Le principali innovazioni proposte con l'inserimento dell'articolo aggiuntivo 4-bis prevedono che, in sede di prima applicazione, i costi standard, intesi come indicatori del costo di produzione e di indici di efficacia, efficienza e appropriatezza dei comuni siano stabiliti tenendo in considerazione, fra l'altro, anche i distretti geografici di appartenenza degli enti, salvo il progressivo allargamento degli stessi distretti, fino al raggiungimento, entro 12 anni dalla prima applicazione, di costi standard unificati su tutto il territorio nazionale. Secondariamente si prevede che, in una prima fase, per ogni gruppo di enti omogenei il costo standard di ciascuna funzione sia definito, non come quello medio dell'intero gruppo, ma con riferimento ad una sottoclasse di enti efficienti, con esclusione dei casi di eccellenza. Solo a seguito della convergenza degli enti meno efficienti verso livelli di efficienza (con una conseguente riduzione della variabilità dei costi sostenuti dai diversi enti per la medesima funzione), il costo standard potrà essere definito come quello centrale della distribuzione degli enti omogenei.
Le finalità della prima disposizione sono quelle di prevedere inizialmente costi standard diversificati nelle varie aree geografiche del paese, al fine di definire, in prima istanza, un percorso di convergenza verso gli standard di efficienza presenti a livello locale, per poi proseguire verso standard di efficienza a livello nazionale. In presenza - com'è noto - di un'alta variabilità territoriale nel livello dei costi sostenuti, l'immediata definizione, imposta dall'alto, di uno standard nazionale potrebbe infatti essere causa di effetti distorsivi, di carattere diverso a seconda del livello di efficienza prescelto, e dalle ripercussioni sui territori comunque ad oggi largamente imprevedibili. Qualora, ad esempio, si optasse per uno standard di efficienza molto elevato - facendo riferimento ai costi sostenuti dal gruppo dei comuni più efficienti a livello nazionale - si determinerebbe un drastico definanziamento delle aree meno efficienti del paese, con il rischio di dissesto finanziario degli enti in esse compresi, i quale potrebbero non riuscire a convergere verso standard di efficienza così lontani dai propri nel breve arco di tempo previsto dal periodo di transizione. Al contrario, scegliendo livelli standard di efficienza meno elevati - facendo riferimento, ad esempio, alla media nazionale del costo - potrebbero verificarsi effetti distorsivi nell'allocazione delle risorse. Ciò potrebbe causare infatti un immotivato incremento delle risorse


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assegnate alle amministrazioni più efficienti, i cui fabbisogni finanziari effettivi verrebbero calcolati in base a costi superiori rispetto a quelli da esse effettivamente sostenuti. La modifica proposta mira limitare gli effetti di entrambi gli inconvenienti.
La finalità della seconda disposizione è invece quella di individuare due diversi criteri metodologici nella definizione dello standard di costo. Entrambi riconducibili idealmente a due fasi successive: la prima, di convergenza del sistema verso standard di efficienza efficacia e appropriatezza; la seconda, di mantenimento dell'efficienza raggiunta. In presenza di livelli di efficienza molto differenziati (rappresentati da una forte variabilità nei costi sostenuti da parte degli enti del medesimo gruppo) la disposizione qualifica come efficienti solo gli enti aventi costi inferiori a quello centrale della distribuzione. Viceversa, in presenza di livelli relativamente omogenei di efficienza, la disposizione qualifica come efficienti gli enti i cui costi siano compresi in un intervallo costruito attorno al valore centrale della distribuzione,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
il testo del testo del decreto sia riformulato come segue:

«Art. 01.
(Definizioni).

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:
a) funzioni fondamentali: le funzioni individuate ai sensi dell'articolo 2, comma 1;
b) funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni: le funzioni poste a fronte di bisogni meritevoli di specifica tutela, individuate ai sensi dell'articolo 2, comma 2 nell'ambito di quelle fondamentali;
c) livelli essenziali delle prestazioni: i livelli delle prestazioni che il servizio pubblico deve tendenzialmente garantire su tutto il territorio nazionale nelle funzioni di cui al numero 2 della lettera f), come individuati ai sensi dell'articolo 2-bis;
d) obiettivi di servizio: i livelli obiettivo delle prestazioni nelle funzioni di cui alla lettera b) adeguati ai bisogni dei cittadini, come individuati ai sensi dell'articolo 2-bis;
e) costo standard: inteso come indicatore di costo di produzione e di indici di efficienza, efficacia e appropriatezza dei servizi pubblici resi nelle funzioni di cui alla lettera a), come determinato ai sensi dell'articolo 4-bis
;
f) fabbisogno standard teorico: l'ammontare di risorse, valutato assumendo l'adozione di costi standard, di cui alla lettera e), determinato secondo la metodologia di cui agli articoli 3 e 4 e secondo i criteri di gradualità e di revisione di cui agli articoli 6 e 7, necessarie a garantire, nelle funzioni di cui alla lettera b), un livello di prestazioni non inferiore a quello essenziale e non superiore a quello corrispondente agli obiettivi di servizio;
g) fabbisogno standard effettivo: l'ammontare di risorse, valutato assumendo l'adozione di condizioni di efficienza, efficacia e appropriatezza, determinato secondo la metodologia di cui agli articoli 3 e 4 e secondo i criteri di gradualità e di revisione di cui agli articoli 6 e 7, necessario a garantire, nelle funzioni di cui alla lettera b), un livello di prestazioni non inferiore a quello esistente e comunque coerente con gli obiettivi di servizio definiti nella programmazione pluriennale del patto di convergenza, così come definita ai sensi della legge 196 del 2009.

Art. 1.
(Oggetto).

1. Il presente decreto è diretto a disciplinare la determinazione del fabbisogno


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standard per Comuni e Province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento nei loro riguardi del criterio della spesa storica.
2. I fabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal presente decreto costituiscono il riferimento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria, e successivamente a regime, il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate.
3. Fermi restando i vincoli stabiliti con il patto di stabilità interno, dal presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato oltre a quelli stabiliti dalla legislazione vigente. L'assegnazione di eventuali risorse per il conseguimento degli obiettivi di servizio e del patto di convergenza deve comunque avvenire nell'ambito del ciclo di decisione della finanza pubblica, così come stabilito nella legge 196 del 2009.

Art. 2.
(Funzioni fondamentali e classificazione delle relative spese).

1. Ai fini del presente decreto, fino all'entrata in vigore della legge statale di individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province, le funzioni fondamentali e i relativi servizi presi in considerazione in via provvisoria, ai sensi dell'articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42, sono:
a) per i Comuni:
1) le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo nella misura del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42;
2) le funzioni di polizia locale;
3) le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l'edilizia scolastica;
4) le funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;
5) le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;
6) le funzioni nel settore sociale.
b) per le Province:
1) le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo nella misura del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42;
2) le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica;
3) le funzioni nel campo dei trasporti;
4) le funzioni riguardanti la gestione del territorio;
5) le funzioni nel campo della tutela ambientale;
6) le funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro.
2. Nell'ambito delle funzioni di cui al comma 1, ad esclusione di quelle di cui alla lettera a) numero 1) e alla lettera b) numero 1), sono individuate con DPCM, da emanarsi entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento, le funzioni poste a fronte di bisogni meritevoli di particolare tutela, per le quali il servizio pubblico è tenuto a garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni, come determinati ai sensi dell'articolo 2-bis. Con riferimento a ciascuna funzione soggetta a livelli essenziali delle prestazioni è altresì individuato un numero limitato di servizi, ritenuti particolarmente significativi, nonché idonei a costituire la base per la costruzione di indicatori di efficenza, efficacia e appropriatezza delle prestazioni a fronte dei bisogni dei cittadini.


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3. La raccolta dei dati statistici necessari all'attuazione del presente decreto, nonché la sperimentazione delle metodologie statistiche di cui ai successivi articoli viene effettuata anche per le funzioni legate ai beni e alle infrastrutture culturali (musei, aree archeologiche, monumenti, biblioteche, archivi, teatri).

Art. 2-bis.
(Metodologia per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio).

1. Anche sulla base delle risultanze dell'attività istruttoria svolta secondo le procedure di cui all'articolo 4, con DPCM, che deve tener conto nel corso del tempo della produzione legislativa in materia di LEP, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente provvedimento, sono definiti, in via di prima applicazione, con riferimento alle funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni, e in particolare ai servizi individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, secondo periodo, i livelli essenziali delle prestazioni, determinati tenendo conto:
a) di valutazioni di effettiva praticabilità del percorso di convergenza cui sono tenute le amministrazioni chiamate ad adeguarsi ai livelli essenziali delle prestazioni ai sensi del comma 5;
b) dell'esigenza di rispetto della clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 1, comma 3;
c) della necessità di individuare, in ogni caso, una soglia al di sotto della quale si configura il mancato rispetto, da parte delle amministrazioni tenute a erogare le prestazioni, dei livelli minimali di soddisfacimento di diritti ritenuti meritevoli di particolare tutela.

2. Con il DPCM di cui al comma 1 sono altresì definiti gli obiettivi di servizio, determinati tenendo conto:
a) di valutazioni di adeguatezza delle prestazioni del servizio pubblico rispetto ai bisogni individuati come meritevoli di particolare tutela, e in particolare della distanza fra livello effettivo e livello essenziale delle prestazioni;
b) di comparazioni internazionali, con particolare riguardo ai paesi facenti parte dell'Unione europea, con esclusione sia dei casi di eccellenza, sia di quelli di minima efficacia nelle prestazioni inerenti le funzioni considerate.

3. Con DPCM i livelli essenziali delle prestazioni, definiti ai sensi del comma 1, sono aggiornati periodicamente, con cadenza non superiore a 3 anni nei primi 12 anni di applicazione del provvedimento in esame e non superiore a 5 anni a decorrere dal dodicesimo esercizio successivo a quello di prima applicazione del provvedimento in esame. L'aggiornamento tiene conto delle risultanze del monitoraggio, svolto secondo le procedure di cui all'articolo 4, dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate nelle funzioni di cui all'articolo 2, comma 2 e dell'esigenza di ridurre il divario tra i livelli essenziali delle prestazioni e gli obiettivi di servizio. Questi ultimi, ove si renda necessario, sono aggiornati sulla base delle valutazioni di cui al comma 2.
4. Con DPCM è pubblicata entro il 30 maggio di ciascun anno la mappatura delle amministrazioni di cui all'articolo 1 rispetto alle risultanze del monitoraggio di cui al comma 3. Nella mappatura è data evidenza, per ciascuna funzione soggetta a livelli essenziali delle prestazioni e con particolare riferimento ai servizi di cui all'articolo 2, comma 2, secondo periodo:
a) al livello assoluto delle prestazioni erogate;
b) alla posizione comparativa delle singole amministrazioni rispetto a classi di enti, appartenenti al medesimo comparto di governo, omogenei rispetto ai criteri dell'ampiezza demografica, delle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, delle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei


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diversi enti e del modello organizzativo adottato nella specifica funzione. Particolare evidenziazione è attribuita agli enti che non risultino in linea con i livelli essenziali delle prestazioni e a quelli che eroghino prestazioni eccedentarie rispetto agli obiettivi di servizio, come determinati ai sensi del comma 2.

5. La mappatura di cui al precedente comma è funzionale alla definizione degli obiettivi di servizio da introdurre nel processo di programmazione, e in particolare nel Documento di Finanza Pubblica. Per ciascun anno finanziario, la legge di stabilità provvede, se necessario, alla copertura degli eventuali oneri aggiuntivi spettanti allo Stato. Appositi disegni di legge collegati al disegno di legge di stabilità provvedono gli interventi di natura ordinamentale e organizzativa necessari al perseguimento degli obiettivi di servizio.
6. Gli enti che non risultino in linea con i livelli essenziali delle prestazioni nelle singole funzioni, come periodicamente aggiornati ai sensi del comma 3, sono tenuti ad allinearsi ai predetti livelli nell'arco del biennio successivo all'esercizio in cui, nella mappatura di cui al comma 4, si è constatato il disallineamento, fermo restando il limite dell'attribuzione di risorse a tali enti sulla base dei fabbisogni standard, come definiti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c), punto 1). Gli enti che, risultando in linea con i livelli essenziali delle prestazioni nelle singole funzioni, non raggiungano gli obiettivi di servizio, sono tenuti a non peggiorare il proprio livello delle prestazioni espresso in termini assoluti, come risultante dalla mappatura di cui al comma 4.

Art. 3.
(Metodologia per la determinazione dei fabbisogni standard).

1. Il fabbisogno standard effettivo, per ciascuna funzione fondamentale e i relativi servizi, tenuto conto delle specificità dei comparti dei Comuni e delle Province, è determinato attraverso:
a) l'individuazione dei modelli organizzativi in relazione alla funzione fondamentale e ai relativi servizi;
b) l'analisi dei costi finalizzata alla individuazione di quelli più significativi per ciascuna funzione fondamentale, alla costruzione di indicatori di efficienza, efficacia e appropriatezza, e dei relativi valori standard e intervalli di normalità, ai sensi dell'articolo 4-bis;
c) l'individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard che ripartisca le risorse disponibili, determinate nel rispetto della clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 1, comma 3, ovvero delle coperture stabilite dal processo dinamico di coordinamento della finanza pubblica, assicurando:
1) l'attribuzione a tutti gli enti di risorse non inferiori a quelle necessarie a garantire, nelle funzioni di cui all'articolo 2, comma 2, un livello di prestazioni non inferiore a quello esistente, valutato assumendo l'adozione di indici di costo, di efficienza, di efficacia e di appropriatezza standard, nonché ad espletare le ulteriori funzioni di cui all'articolo 2, comma 1;
2) l'attribuzione, agli enti che, nelle funzioni di cui all'articolo 2, comma 2, erogano prestazioni inferiori a quelle corrispondenti ai livelli essenziali, di risorse incrementali rispetto a quelle di cui al punto 1, correlate ai livelli effettivi delle prestazioni erogate, nei limiti di quelli corrispondenti al perseguimento degli obiettivi di servizio, valutate ai costi, efficienza, efficacia e appropriatezza standard
.

Art. 4.
(Procedimento di determinazione dei fabbisogni standard).

Il procedimento di determinazione del fabbisogno standard si articola nel seguente modo:
a) ai fini dell'emanazione dei provvedimenti di cui agli articoli 2-bis e 4-bis


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e 5, la Società per gli studi di settore-Sose S.p.a predispone le metodologie, coerenti con quanto disposto dagli articoli 2, 2-bis, 3, 4, 4-bis e 6, occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard e ne determina i valori con tecniche statistiche che danno rilievo alle caratteristiche individuali dei singoli Comuni e Province, utilizzando i dati di spesa storica e tenendo altresì conto della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata, considerando una quota di spesa per abitante e tenendo conto della produttività e della diversità della spesa in relazione all'ampiezza demografica, alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei predetti diversi enti, al personale impiegato, alla efficienza, all'efficacia e alla qualità dei servizi erogati nonché al grado di soddisfazione degli utenti;
b) Società per gli studi di settore-Sose S.p.a. provvede al monitoraggio della fase applicativa e all'aggiornamento delle elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard;
c) ai fini di cui alle lettere a) e b), Società per gli studi di settore-Sose S.p.a. può predisporre appositi questionari funzionali a raccogliere i dati contabili e strutturali dai Comuni e dalle Province. Ove predisposti e somministrati, i Comuni e le Province restituiscono per via telematica, entro sessanta giorni dal loro ricevimento, i questionari compilati con i dati richiesti, sottoscritti dal legale rappresentante e dal responsabile economico finanziario. La mancata restituzione, nel termine predetto, del questionario interamente compilato è sanzionato con il blocco, sino all'adempimento dell'obbligo di invio dei questionari, dei trasferimenti a qualunque titolo erogati al Comune o alla Provincia e la pubblicazione sul sito del Ministero dell'interno dell'ente inadempiente. Agli stessi fini di cui alle lettere a) e b), anche il certificato di conto consuntivo di cui all'articolo 161 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, contiene i dati necessari per il calcolo del fabbisogno standard;
d) tenuto conto dell'accordo sancito il 15 luglio 2010, in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, tra l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani-ANCI e l'Unione delle Province d'Italia-UPI ed il Ministero dell'economia e delle finanze, per i compiti di cui alle lettere a), b) e c) del presente articolo, la Società per gli studi di settore-Sose S.p.a. si avvale della collaborazione scientifica dell'Istituto per la finanza e per l'economia locale-IFEL, in qualità di partner scientifico, che supporta la predetta società nella realizzazione di tutte le attività previste dal presente decreto. In particolare, IFEL fornisce analisi e studi in materia di contabilità e finanza locale e partecipa alla fase di predisposizione dei questionari e della loro somministrazione agli enti locali; concorre allo sviluppo della metodologia di calcolo dei fabbisogni standard, nonché alla valutazione dell'adeguatezza delle stime prodotte; partecipa all'analisi dei risultati; concorre al monitoraggio del processo di attuazione dei fabbisogni standard, nonché agli indicatori di fabbisogni fissati per i singoli enti. IFEL, inoltre, fornisce assistenza tecnica e formazione ai Comuni e alle Province;
e) Sose S.p.a. si avvale altresì della collaborazione dell'Istat e della Ragioneria generale dello stato, e garantisce le fruibilità dei dati raccolti ai fini della costruzione delle banche dati sulla finanza pubbliche previste dalle leggi 42 e 196;
f) le metodologie di cui alla lettera a) utilizzano adeguate tecniche statistiche di analisi della varianza nel tempo e nello spazio, oltre che tecniche statistiche multivariate, e prendono in considerazione variabili quantitative e qualitative. Il loro obiettivo è la costruzione di gruppi omogenei di enti su cui procedere alla valutazione dei fabbisogni standard e degli indicatori di efficienza, efficacia e appropriatezza di cui al successivo articolo 4-bis. La ripartizione in gruppi omogenei tiene conto dei criteri dell'ampiezza demografica,


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delle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, delle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti e dei modelli organizzativi adottati;
g) le metodologie predisposte ai sensi della lettera a), insieme ai dati statistici più rilevanti e alla descrizione dei processi di stima applicati, vengono descritte in un'apposita Relazione sulle metodologie di calcolo dei fabbisogni standard, da inviare al Parlamento, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale; in assenza di osservazioni, le metodologie si intendono approvate decorsi trenta giorni dal loro ricevimento;
h) la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, assistita dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, segue altresì il monitoraggio della fase applicativa e l'aggiornamento delle elaborazioni di cui alla lettera b). I risultati predisposti con le metodologie di elaborazione di cui alle lettere precedenti sono trasmessi dalla Società per gli studi settore-Sose S.p.a. ai Dipartimenti delle finanze e, successivamente, della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze.

Art. 4-bis.
(Metodologia per la determinazione dei costi standard intesi come indicatori di costo e di efficienza, efficacia e appropriatezza).

1. La raccolta dei dati di cui al precedente articolo è finalizzata altresì a individuare una serie di indicatori, riferiti a ciascuna funzione di cui all'articolo 2, comma 1 e in particolare ai servizi individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, secondo periodo, rappresentativi dei costi e del grado di efficienza, efficacia e appropriatezza raggiunto dalle singole amministrazioni nell'erogazione delle prestazioni.
2. Per ogni gruppo omogeneo di enti territoriali il provvedimento di cui al comma 1 individua altresì, per ciascun indicatore di costo riferito alle singole funzioni fondamentali, nonché per quelli di efficienza, efficacia e appropriatezza, un intervallo di normalità compreso fra un valore minimo di efficienza, dato dal valore mediano dell'indicatore di costo riscontrato per ciascuna classe di enti omogenei, e un valore massimo di efficienza, almeno pari al valore del settantacinquesimo percentile più efficiente della medesima classe di enti omogenei. Nel caso in cui il grado di dispersione della distribuzione degli enti rispetto all'indicatore di costo risulti inferiore ad una soglia da determinarsi con il provvedimento di cui al comma 1, il valore minimo di efficienza è dato dal valore mediano dell'indicatore di costo incrementato di un quinto e il valore massimo di efficienza è dato dal medesimo valore medio ridotto di un quinto. Per valori degli indicatori di costo superiori o inferiori, rispettivamente, agli estremi superiore e inferiore dell'intervallo di normalità si evidenziano posizioni di inefficienza gestionale delle singole funzioni ovvero di eccellenza gestionale. Per ogni indicatore sintetico di costo, riferito a ciascuna funzione fondamentale e a ciascuna classe omogenea di enti, è inoltre individuato il suo valore standard, dato dal valore medio dell'intervallo di normalità.
3. Con DPCM, da emanarsi con cadenza triennale, sono aggiornati gli indicatori di efficienza, efficacia e appropriatezza, individuati ai sensi del comma 2, e i relativi intervalli di normalità e valori standard per classi omogenee di enti. L'ampiezza dei distretti geografici di cui al comma 2, individuati, in sede di prima applicazione con il provvedimento di cui al comma 1, sono progressivamente ampliati. A decorrere dal quarto aggiornamento degli indicatori di costo, le classi omogenee di enti, di cui al comma 2, sono individuate senza tenere conto del criterio dell'appartenenza ai predetti distretti geografici.
4. Con il DPCM di cui all'articolo 2-bis, comma 4, è pubblicata annualmente la


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mappatura degli enti di cui all'articolo 1 con riferimento agli intervalli di normalità degli indicatori di efficienza, efficacia e appropriatezza, come individuati ai sensi del comma 2 per ciascuna funzione fondamentale, con evidenziazione degli enti che si situino su livelli di efficienza superiori o inferiori rispetto a quelli compresi negli intervalli di normalità di ciascun indicatore di costo.

Art. 5.
(Pubblicazione dei fabbisogni standard).

1. La nota metodologica relativa alla procedura di calcolo di cui agli articoli precedenti e il fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia sono adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, previa loro verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del rispetto dell'articolo 1, comma 3, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione di cui all'articolo 3 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e deliberazione del Consiglio dei Ministri, nonché pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
2. Ciascun Comune e Provincia dà adeguata pubblicità sul proprio sito istituzionale del decreto di cui al comma 1, nonché attraverso le ulteriori forme di comunicazione del proprio bilancio.

Art. 6.
(Gradualità).

1. L'anno 2012 è individuato quale anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica.
2. La fase transitoria si struttura secondo la seguente modalità e tempistica:
a) nel 2011 il criterio dei fabbisogni standard è determinato riguardo ad almeno un terzo delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
b) nel 2012 il criterio dei fabbisogni standard è determinato riguardo ad almeno due terzi delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
c) nel 2013 il criterio dei fabbisogni standard è determinato riguardo a tutte le funzioni fondamentali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, con un processo di gradualità diretto a garantire l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo.

Art. 7.
(Revisione a regime dei fabbisogni standard).

1. Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali, i fabbisogni standard vengono rideterminati, con le modalità previste nel presente decreto, non oltre il terzo anno successivo alla loro precedente adozione.
2. Le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42, che si avvale della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.

Art. 8.
(Disposizioni finali ed entrata in vigore).

01. Gli schemi di DPCM di cui agli articoli 2, 2 bis e 2 ter sono trasmessi alle


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Camere secondo la procedura prevista dall'articolo 2, comma 3, secondo periodo, della legge 5 maggio 2009, n. 42, fatto salvo quanto previsto al comma 01-ter.
01-bis. Si applica il comma 4 dell'articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
01-ter. I DPCM previsti dal presente provvedimento, adottati entro il termine della fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21 della legge 5 maggio 2009, n.42, sono sottoposti al parere della Commissione di cui all'articolo 3 della medesima legge.

1. I fabbisogni standard delle Città metropolitane, una volta costituite, sono determinati, relativamente alle funzioni fondamentali per esse individuate ai sensi dell'articolo 23, comma 5, lettere e) e f), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, secondo le norme del presente decreto, in quanto compatibili.
2. La Società per gli studi di settore-Sose S.p.a. e l'Istituto per la finanza e per l'economia locale-IFEL provvedono alle attività di cui al presente decreto nell'ambito delle rispettive risorse.
3. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.».


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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province. (Atto n. 240).

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAL SEN. BELISARIO

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province»;
preso atto che l'unità e la indivisibilità della Repubblica sono e debbono restare valori e principi fondamentali ed irrinunciabili, perfettamente coerenti e compatibili con un'articolazione statuale pluralistica e autonomistica, quale quella disegnata dal Costituente del 1948 e poi rafforzata dal legislatore costituzionale del 2001 con la riforma del Titolo V della parte Seconda della Costituzione;
ribadito, segnatamente, il principio contenuto nell'articolo 5 della Costituzione che solennemente recita: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento»;
preso atto altresì che:
la determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province è questione intimamente connessa a quella dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti per quantità e qualità su tutto il territorio nazionale, di cui all'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione repubblicana. I costi ed i fabbisogni standard - come ribadito nel parere in sede consultiva della Commissione Affari Costituzionali del Senato - dovrebbero, pertanto, essere definiti in stretto riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni;
l'esplicito legame tra la determinazione dei livelli prestazionali ed i diritti civili e sociali rappresenta un "ponte" di collegamento tra la Prima e la Seconda parte della Costituzione, identificando nella potestà legislativa statale uno dei principali strumenti di armonizzazione del principio di autonomia con il principio di uguaglianza, affidando a questa clausola il compito di definire il punto di equilibrio tra le esigenze di uniformità e le ragioni del decentramento e dell'autonomia;
pertanto, l'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione rappresenta - senza alcun dubbio - un punto fermo per la salvaguardia delle condizioni di eguaglianza dei diritti dei cittadini da ogni tendenza discriminatoria e quindi disgregatrice; i livelli essenziali delle prestazioni assumono, quindi, anche una funzione di tutela dell'unità economica e della coesione sociale nazionale;
è attraverso la «determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale» (così la Corte costituzionale, da ultimo, nella sentenza n. 207 del 2010) che prende forma il vero contenuto del principio di uguaglianza formale e sostanziale, nonché il presupposto per la partecipazione dei cittadini


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alla vita sociale, politica, economica del Paese (articolo 3 della Costituzione);
la questione dei fabbisogni standard costituisce, in vero, l'architrave su cui poggia l'intero impianto del c.d. «federalismo fiscale». Dalla loro esatta determinazione deriverà e dipenderà - direttamente - la concreta salvaguardia dei diritti civili e sociali che danno corpo alla cittadinanza repubblicana, come sanciti nella parte prima della Costituzione. A tal proposito, è evidente che in un Paese strutturalmente divaricato tra aree che sono economicamente forti, tanto da porsi alla testa delle statistiche europee, ed aree che sono tanto deboli da essere al contrario in coda nelle stesse statistiche, scelte sbagliate, ovvero miopi o, peggio, di parte, concernenti i fabbisogni standard, potrebbero determinare un rischio complessivo inaccettabile. L'egoismo territoriale è un veleno che rapidamente potrebbe condurre alla disgregazione del tessuto unitario, faticosamente costruito in un secolo e mezzo di storia della nostra Italia;
valutato che:
è comunque opportuno ribadire in questa sede il valore indubbiamente positivo e condiviso della transizione, sancita dalla legge n. 42 del 2009, dal criterio della c.d. «spesa storica» - fondato sul sistema trasferimenti statali misurati sulla base di quanto si è speso negli anni precedenti - a quello dei c.d. «costi standard», in cui il finanziamento dei servizi e delle funzioni viene calcolato al netto delle inefficienze e degli sprechi;
pur tuttavia lo schema di decreto legislativo in esame, alla stregua della legge delega del 5 maggio 2009, n. 42, solleva rilevantissime perplessità per ciò che omette e per ciò che prevede, con implicazioni dirette ad influenzarne la complessiva compatibilità costituzionale;
l'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42 fissa un preciso principio direttivo, prescrivendo la «determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica; definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione». Si evince, da ciò, che la determinazione del fabbisogno e del costo standard costituisce un passaggio centrale, pregiudiziale alla costruzione del nuovo modello di finanziamento degli enti locali. Il successivo articolo 11 della medesima legge, del resto, ad ulteriore precisazione della delega, distingue le spese tra quelle per funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, e per altre funzioni, stabilendo l'integrale finanziamento, anche con il ricorso al fondo perequativo, solo per le prime;
lo schema in esame, in luogo di attuare le precise disposizioni contenute nella delega «madre», di fatto introduce una sorta di delega ulteriore a favore di un organo, mai citato nella legge n. 42 del 2009, ossia la SOSE (società per gli studi di settore). A tale organo, in particolare, è affidato il compito concreto di predisporre le metodologie occorrenti all'individuazione dei fabbisogni standard nonché, e soprattutto, di determinarne i valori. Dovrebbe pertanto essere la SOSE a fissare i fabbisogni standard per le funzioni fondamentali (articolo 4, comma 1, lettera a)) dello schema di decreto;
la soluzione ipotizzata, tuttavia, non trova né ragione né giustificazione nella legge di delega; piuttosto, risulta assolutamente innovativa. Va ricordato, a tal riguardo, che la Corte costituzionale, sin dal lontano 1957 (nella sentenza n. 3), riconobbe la propria competenza a sindacare il rispetto dell'articolo 76 Cost.: per evitare la «usurpazione del potere legislativo da parte del Governo» e la violazione del principio per cui «soltanto il Parlamento può fare le leggi»; scrisse la Corte che la funzione legislativa deve essere esercitata dal Governo solo attraverso


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«modalità legislativamente stabilite». La Corte, si badi bene, non intese l'eccezionalità della legislazione delegata né in termini quantitativi né in termini qualitativi ma, in un'accezione strettamente giuridico - costituzionale, ne sottolineò il necessario esercizio attraverso modalità legislativamente stabilite;
inoltre, la soluzione elaborata dallo schema di decreto si fonda su un evidente errore metodologico. L'operazione di calcolo dei fabbisogni standard ipotizzata, assume valenza esclusivamente di tipo statistico, sulla base delle spese storiche locali. L'attività della SOSE potrà infatti determinare fabbisogni in termini di mera standardizzazione dei costi di determinate funzioni: dai dati storici della spesa locale, raggruppati secondo caratteristiche omogenee degli enti cui riferirli, si dovrebbero quindi individuare classi di costi «normali» per le funzioni attribuite ai diversi enti. Dunque, da un lato appaiono estremamente vaghi ed indeterminati i criteri metodologici cui dovrebbe conformarsi la SOSE, la quale, oltretutto, appare dotata di un potere pressoché assoluto di scelta dei parametri da adottare e del loro peso relativo. Dall'altro, il rischio, come detto, è che non si faccia altro che «normalizzare» la spesa storica, in una prospettiva di mera economicità dell'azione pubblica, trascurando completamente la verifica sull'efficacia ed efficienza della stessa, come invece espressamente prescritto dalla legge delega (al contrario dell'economicità). L'errore metodologico appare quindi quello di prevedere una determinazione dei fabbisogni standard di tipo esclusivamente tecnico, estromettendo interamente, non tanto la scelta politica in sé, esternalizzandola alla SOSE, quanto i soggetti legittimati a farla: segnatamente il Parlamento. La definizione di efficienza ed efficacia (gli unici parametri evocati dalla legge di delega n. 42) dei servizi coinvolti dalle funzioni fondamentali non si può esaurire in meri calcoli matematici: è una scelta che deve essere ricondotta all'ambito squisitamente politico e, pertanto, parlamentare;
si dimentica, peraltro, la previsione già contenuta espressamente nell'articolo 11 della legge delega secondo la quale, nella determinazione del fabbisogno standard, si debba tenere conto dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente implicate dalle funzioni fondamentali. Ed è chiaro che i livelli essenziali delle prestazioni non possono essere demandati alla SOSE. La determinazione dei livelli essenziali, in quanto volta a delineare il contenuto sostanziale dei diritti fondamentali a prestazioni pubbliche, si configura a più forte ragione come compito di legislazione nazionale, spettante al Parlamento, la cui esclusiva posizione nel quadro della complessiva «organizzazione costituzionale» è stata ribadita dalla Corte costituzionale, dopo la revisione del Titolo V, alla stregua degli artt. 67 e 114 Cost. (sent. n. 106 del 2002);
la Commissione parlamentare bicamerale sull'attuazione del federalismo fiscale viene completamente esautorata dalla fase concreta di fissazione dei metodi di determinazione dei fabbisogni standard e dalla loro applicazione operativa per il calcolo effettivo dei medesimi fabbisogni. Tale procedura elude, evidentemente, la ratione delegationis, ovvero i principi di garanzia e di trasparenza che la legge n. 42 ha affidato al «filtro» della Commissione bicamerale. Alla Commissione Parlamentare è, invero, richiesto un parere rispetto ad una vaghissima procedura di quantificazione, di cui non sarà chiamata a valutare gli esiti, neppure sul piano meramente metodologico, tantomeno su quello operativo. Anche la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha avuto modo di ribadire come sia «prevedibile che l'individuazione dei fabbisogni standard e il loro costante aggiornamento richiederà un tempo maggiore di quello previsto per l'attuazione della delega. Sarebbe opportuno assicurare che sulla procedura comunque si svolga il controllo degli organismi parlamentari»;
appare, inoltre, assolutamente necessario procedere ad un coordinamento delle disposizioni dello schema di decreto


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legislativo in titolo con quelle contenute nel disegno di legge n. 2259 (cosiddetta «carta delle autonomie»), già approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all'esame del Senato della Repubblica. Da tale provvedimento potrebbe infatti scaturire l'individuazione di un quadro di funzioni fondamentali dei comuni e delle province differente rispetto a quello delineato dal presente provvedimento. Un nuovo assetto delle funzioni causerebbe variazioni nella determinazione delle grandezze finanziarie interessate dal presente schema di decreto;
viene poi completamente disconosciuto il ruolo della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall'articolo 5 della legge delega quale organo incaricato espressamente della verifica periodica della realizzazione del percorso di convergenza ai costi ed ai fabbisogni standard, nonché degli obiettivi di servizio effettivamente reso (parimenti trascurati dallo schema in oggetto), a scapito della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, la quale, a rigore, dovrebbe fungere da mera segreteria tecnica della predetta Conferenza (articolo 5, lettera g));
considerato altresì che:
il provvedimento è munito di una clausola generale di invarianza finanziaria (articolo 1). A tal proposito va rilevato che il testo del provvedimento e la relazione tecnica non contengono alcuna indicazione in merito all'emersione di eventuali risparmi derivanti dal processo di graduale per dare efficienza alla spesa degli enti locali e alla loro presumibile destinazione. Sempre con riferimento a tale invarianza occorre premettere che l'articolo 17, comma 7, della legge di contabilità, impone che la relazione tecnica riporti i dati e gli elementi che giustificano l'ipotesi di una assenza di effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, anche attraverso l'indicazione delle risorse già presenti in bilancio utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime, fermo restando il divieto di utilizzo di risorse in essere per oneri nuovi o maggiori. Sul punto - osserva il Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica - «la relazione tecnica non offre alcun elemento quantitativo idoneo a prefigurare, nemmeno in via ipotetica, gli effetti finanziari del provvedimento in esame. L'idoneità della clausola di invarianza finanziaria potrà pertanto essere appurata solo successivamente, in seguito alla (successiva) determinazione dei fabbisogni standard»;
oltretutto, nello specifico del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard, andrebbe chiarito se essi debbano essere calcolati per singolo bene o servizio prodotto, oppure per ciascuna funzione o, al limite, per il complesso della spesa primaria di ciascun comune e provincia. Pur presupponendo che tale modalità di calcolo dei fabbisogni standard si riferisca a ciascuna funzione, si rileva che nel testo non risulta alcuna specificazione al riguardo, salvo quanto indicato nella disciplina transitoria riportata all'articolo 6 del presente schema di decreto, che prevede un graduale percorso di adozione dei fabbisogni standard per gruppi di funzioni fondamentali;
mentre la relazione illustrativa e l'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, sia per i comuni che per le province, ricomprendono tra le funzioni fondamentali quelle generali di amministrazione, di gestione e di controllo nella misura complessiva del 70 per cento delle spese, il presente schema di decreto non indica alcuna percentuale, lasciando intendere che le spese relative a tali funzioni siano considerate integralmente. Sul punto - osserva il Servizio Bilancio - appare opportuno acquisire un chiarimento in quanto il riferimento alle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo nella misura del 100 per cento delle relative spese non sarebbe in linea con i commi 1 e 3 del citato articolo 21 della legge delega. Peraltro, atteso che tale voce di spesa è la più consistente tra tutte le funzioni considerate fondamentali, la diversa previsione del presente schema di


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decreto aumenterebbe la quantità di spesa finanziabile integralmente tramite i fabbisogni standard e ridurrebbe automaticamente la quota di spesa riferita alle funzioni non fondamentali da finanziare non in misura integrale ma in maniera tale da ridurre unicamente le differenze tra le capacità fiscali per abitante;
nonostante l'articolo 4 dello schema di decreto in esame sia rubricato «procedimento di determinazione dei fabbisogni standard», la norma non individua alcun metodo per la determinazione del fabbisogno standard essendo il tutto rimesso all'attività che sarà chiamata a svolgere la società SOSE spa in collaborazione con l'IFEL e coinvolgendo gli enti locali nella attività di raccolta e trasmissione dei dati. Non è specificato, inoltre, se i dati contabili siano quelli relativi all'ultimo esercizio utile o, invece, i valori riferiti ad un arco temporale più ampio in maniera tale da tener conto di eventuali particolarità. Analogamente, con riferimento alle diverse caratteristiche elencate dalla norma alla lettera a) che dovranno essere considerate ai fini della predisposizione delle metodologie occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard, non viene indicato il peso attribuito a ciascuna di esse né se l'elencazione fornita è esaustiva o rappresentino unicamente caratteristiche dalle quali non si può prescindere. Non si comprende, inoltre, se è prevista una differente metodologia per l'individuazione dei fabbisogni standard riferiti alla spesa corrente e alla spesa in conto capitale, così come sembra evincersi da quanto stabilito dall'articolo 13, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 42 del 2009. Con specifico riguardo alla società SOSE, infine, appare dotata di competenze e professionalità nel settore fiscale e, in particolare, degli studi di settore che, se pur in parte possono essere utilizzate proficuamente nelle attività previste dal presente provvedimento, potrebbero non essere sufficienti a svolgere appieno il compito assegnato e richiedere un incremento o una riqualificazione di competenze e professionalità ulteriori, con connessa manifestazione di oneri aggiuntivi. La medesima riflessione si estende anche per la collaborazione scientifica dell'IFEL;
in definitiva, il presente schema di decreto - per sua stessa ammissione implicita - pur nella esclusivamente formale «invarianza della spesa», non solo non arreca alcun risparmio complessivo di risorse, ma contiene rischi elevatissimi in riferimento agli oneri finanziari aggiuntivi;
occorre, infine, rilevare che, seppur apprezzando le significative modificazioni proposte nel parere del Relatore, - anche recepenti le indicazioni del Governo - perdurano, rispetto alla impostazione originaria, i vulnus di carattere costituzionale, normativo, finanziario e, soprattutto, politico già illustrati nella presente proposta di parere. La marginalizzazione del ruolo del Parlamento nel procedimento di determinazione (e non meramente di controllo) dei fabbisogni standard, l'inidoneità formale e sostanziale della fonte «sub normativa» per la loro adozione (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in luogo di imprescindibile decreto legislativo), la parziale elusione della ratione delegationis rispetto alla legge n. 42 del 2009, oltreché la non quantificazione dei relativi oneri finanziari mantengono cogenti le perplessità di ordine strutturale e funzionale, già riferite al presente schema di decreto,
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