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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto della VII Commissione permanente
(Cultura, scienza e istruzione)
VII Commissione

SOMMARIO

Giovedì 27 maggio 2010


SEDE REFERENTE:

Nuova disciplina del prezzo dei libri. C. 1257 Levi (Seguito dell'esame e rinvio) ... 60

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla vendita del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle vicende a questa relative accadute negli anni dal 1981 al 1984. C. 3363 Bergamini (Esame e rinvio) ... 61

Sui lavori della Commissione ... 67

VII Commissione - Resoconto di giovedì 27 maggio 2010


Pag. 60

SEDE REFERENTE

Giovedì 27 maggio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 9.10.

Nuova disciplina del prezzo dei libri.
C. 1257 Levi.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 maggio 2010.

Valentina APREA, presidente, avverte che il rappresentante del Governo ha manifestato per le vie brevi l'impossibilità a partecipare alla seduta odierna per precedenti impegni istituzionali.

Ricardo Franco LEVI (PD), relatore, prende atto dell'indisponibilità del rappresentante del Governo a partecipare alla seduta odierna, impedendo così alla Commissione di proseguire nell'esame della proposta di legge in discussione. Si tratta di un provvedimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, molto atteso da un grande settore come quello librario, al quale l'approvazione di questo testo darebbe nuovo assetto, slancio e vitalità. Stigmatizza quindi in modo fermo il comportamento del Governo che, ancora una volta, non partecipa ai lavori parlamentari, limitando il corretto e celere prosieguo dei lavori. A tal proposito, preannuncia che farà esprimere formalmente al Presidente della Camera dal rappresentante del proprio gruppo in Assemblea la ferma condanna per questo comportamento che considera grave e non rispettoso delle prerogative del Parlamento. Chiede quindi alla presidente Aprea di esprimere questa posizione al Ministro Bondi e al sottosegretario Giro, sollecitandone la partecipazione ai lavori della Commissione.

Valentina APREA, presidente, rassicura il collega Levi che contatterà immediatamente i rappresentanti del Governo competenti, al fine di ottenere certezze sulla loro partecipazione ai lavori della Commissione, per consentire la conclusione rapida dell'esame del provvedimento in discussione. Auspica che questo possa essere presto approvato dalla Commissione in sede legislativa.


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Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla vendita del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle vicende a questa relative accadute negli anni dal 1981 al 1984.
C. 3363 Bergamini.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio LAINATI (PdL), relatore, ricorda che la proposta di legge in esame prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che indaghi sui passaggi di proprietà delle società del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle relative vicende, accaduti negli anni 1981-1984 e descritti nella relazione illustrativa (articolo 1). Evidenzia che in base all'articolo 2, la Commissione è composta di 15 senatori e 15 deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e comunque in modo che sia assicurata la presenza di un rappresentante per gruppo. Precisa che, entro 10 giorni dalla nomina dei componenti, i Presidenti delle due Camere convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza. Ricorda che tale organo è composto dal Presidente, da un vicepresidente e da due segretari ed è eletto a scrutinio segreto. Ai fini dell'elezione del Presidente, se nessun componente riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto più voti. In caso di parità di voti, invece, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età. Per l'elezione degli altri componenti, ogni membro della Commissione scrive un solo nome. Sono eletti coloro che riportano il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano di età. Il termine per i lavori è fissato in un anno dalla data di costituzione.
Rileva che i compiti affidati alla Commissione sono indicati nell'articolo 3. Essa deve analizzare le modalità con le quali sono avvenuti i passaggi di proprietà; valutare se in tali passaggi di proprietà vi è stato un indebito arricchimento ai danni dei proprietari iniziali; verificare se il comportamento del Nuovo Banco ambrosiano e della società finanziaria Mittel nei confronti dei proprietari iniziali è stato commercialmente corretto; verificare se vi sono stati gruppi imprenditoriali, finanziari e politici che hanno tratto vantaggi dalla vendita del gruppo; valutare se il comportamento di pubblici funzionari e magistrati coinvolti nella vicenda è stato imparziale e conforme alle disposizioni vigenti. Rammenta che l'articolo 4 disciplina i poteri e i limiti della Commissione, che procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, così l'articolo 82 della Costituzione; cosiddetto principio del parallelismo. Appare, quindi, evidente la differenza con l'indagine conoscitiva, che, pur essendo anch'essa preordinata a finalità conoscitive, non attribuisce all'organo titolare dell'indagine poteri coercitivi per l'acquisizione delle informazioni. Segnala, al riguardo, che i poteri coercitivi che la Commissione può esercitare sono naturalmente limitati alla fase «istruttoria», poiché essa è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni. Essa può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti e copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Al termine del lavoro, la Commissione presenta al Parlamento una relazione - approvata a maggioranza assoluta dei componenti - con la quale illustra l'attività svolta, le conclusioni e le proposte. Se l'autorità giudiziaria invia alla Commissione atti coperti dal segreto, chiedendone il mantenimento, la Commissione segreta gli atti stessi. Per i fatti oggetto dell'inchiesta non si può opporre alla Commissione alcuna forma di segreto,


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di Stato, d'ufficio, professionale o bancario. Per le testimonianze davanti alla Commissione, si applicano gli articoli da 366 a 371 e da 372 a 384 del codice penale.
Ricorda che attraverso il riferimento agli articoli del codice penale che ha citato, si esplicita l'operatività dell'intero Capo I del Titolo III del Libro II del codice penale - relativo ai delitti contro l'attività giudiziaria - con l'esclusione delle fattispecie di reato contemplate dagli articoli da 361 a 365, 371-bis e 371-ter, non applicabili alle testimonianze innanzi alle Commissioni di inchiesta, cioè omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, di un incaricato di pubblico servizio, del cittadino e omissione di referto, false informazioni al PM, false dichiarazioni al difensore. Sottolinea che la Commissione stabilisce quali atti e documenti da essa acquisiti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. In ogni caso, devono essere coperti dal segreto gli atti, le testimonianze e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari e fino al termine delle stesse. Osserva che l'articolo 5 disciplina l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, per il personale addetto e per chiunque collabora con la Commissione o concorre a compiere atti di inchiesta, in relazione ad atti segreti inviati dall'autorità giudiziaria o ad atti che la Commissione ha deliberato di non divulgare o che devono essere in ogni caso coperti dal segreto. Ricorda, al riguardo, che l'articolo 6, comma 3, della proposta di legge dispone che la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di magistrati ordinari e delle collaborazioni che ritenga necessarie. In caso di violazione dell'obbligo del segreto, o in caso di divulgazione non consentita di atti, e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica l'articolo 326 del codice penale, in base al quale il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della propria qualità, rivela notizie di ufficio che devono rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Aggiunge altresì che se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Inoltre, il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio che devono rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.
Evidenzia che l'articolo 6 disciplina l'organizzazione dei lavori della Commissione, precisando che essa adotta un regolamento interno, a maggioranza assoluta dei componenti, prima dell'inizio dei lavori. È altresì stabilito che le sedute della Commissione siano pubbliche, salvo che, a maggioranza semplice, essa decida di riunirsi in seduta segreta. Per espletare le sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle due Camere. Le spese di funzionamento sono stabilite nel limite massimo di 50.000 euro, ripartite in parti uguali fra le due Camere e poste a carico dei rispettivi bilanci interni. Ricorda, peraltro, che la Costituzione prevede, all'articolo 82, che «ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse». L'inchiesta può, quindi, essere anche deliberata da una sola Camera, con atto non legislativo. Si è, però, andato affermando sin dalla III legislatura (1958-1963) l'uso di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori. Sottolinea che in merito al profilo del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rilevo che la materia, attenendo all'esercizio di un potere costituzionale delle Assemblee parlamentari, può ricondursi alla disciplina degli organi dello Stato, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in base all'articolo 117, secondo comma,


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della Costituzione. Segnala inoltre che per quanto concerne il profilo dell'incidenza sull'ordinamento giuridico, l'articolo 6 della proposta di legge dispone che la Commissione parlamentare adotta un regolamento interno per disciplinare la propria attività. Sottolinea che per quanto riguarda, invece, la formulazione del testo, in considerazione dei compiti di verifica, e non di valutazione, propri di una Commissione di inchiesta, segnalo che si potrebbe valutare la riformulazione dell'articolo 3, comma 1, lettera e) nel seguente modo: «verificare se le attività dei pubblici poteri in relazione alla vicenda sono state caratterizzate da imparzialità e conformità alle norme vigenti». All'articolo 4, comma 6, occorrerebbe, inoltre, valutare l'opportunità di richiamare anche l'articolo 384-bis, che prevede la punibilità secondo la legge italiana di alcuni dei delitti contro l'attività giudiziaria commessi in occasione di un collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero. Conclude, infine, che all'articolo 6, comma 5, sarebbe opportuno, infine, specificare l'anno per il quale è prevista l'autorizzazione di spesa.

Ricardo Franco LEVI (PD) ricorda come, con l'esame di questa proposta di commissione d'inchiesta, gravi sulla Commissione una profonda responsabilità. Giudica la proposta di legge in titolo, grave dal punto di vista istituzionale, inquietante e temeraria sotto il profilo politico e mendace e bugiarda sotto il profilo della ricostruzione storica dei fatti. Si tratta di un'iniziativa grave dal punto di vista istituzionale, perché, se l'istituzione della Commissione fosse approvata, il Parlamento si troverebbe nella condizione di interferire nelle attività della magistratura. I fatti di cui si tratta e le valutazioni che se ne traggono sono, infatti, gli stessi che stanno alla base di una causa avviata da Angelo Rizzoli per ottenere riparazione dalla «spoliazione» di cui lui sarebbe stato allora oggetto e la cui prima udienza è già fissata, di fronte al Tribunale di Milano, per il prossimo 15 giugno. Rileva altresì che si tratta di un'iniziativa inquietante sotto l'aspetto politico, perché esplicitamente diretta a riscrivere, con un giudizio di parte, una vicenda che, come si legge nella relazione che accompagna il progetto di legge, «determinò allora nuovi assetti ed equilibri di potere che ancora oggi influenzano la vita politica, culturale e finanziaria del nostro Paese». Ritiene inoltre che la proposta d'inchiesta si configura come una trasparente intimidazione nei confronti del maggiore quotidiano italiano e della sua proprietà. E tutto questo, in un momento nel quale, a partire dal provvedimento sulle intercettazioni, l'intero sistema dell'informazione è sottoposto ad un attacco aperto dal governo e dalla maggioranza, intenzionati a limitarne la libertà. Rileva inoltre, sempre sotto il profilo politico, che, oltre che inquietante, si tratta di un'iniziativa temeraria. Non ritiene che sia davvero interesse della maggioranza e del Governo, riportare all'attenzione della pubblica opinione la buia stagione vissuta dall'Italia nel segno della loggia P2.
Ripete, infine, di considerare la proposta di legge in esame bugiarda nella ricostruzione dei fatti. A questo riguardo, ritiene opportuno, per fare maggiore chiarezza su una vicenda che vide coinvolti autorevoli magistrature e autorità di controllo di rilievo, sviluppare una ricostruzione documentata richiamando i fatti sui quali il relatore ha solo sorvolato. Rammenta che in data 1o aprile 2010 è stata presentata una proposta per l'istituzione di una Commissione Parlamentare di Inchiesta «sulla vendita del Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle vicende a questa relative accedute negli anni dal 1981 al 1984». Osserva in primo luogo che i fatti narrati nell'ambito di tale proposta e posti alla base della richiesta di indagine sono i medesimi fatti narrati da Angelo Rizzoli nell'atto di citazione notificato in data 28 settembre 2009 nei confronti di Intesa SanPaolo S.p.A., Mittel S.p.A., RCS MediaGroup S.p.A., Edison S.p.A. e il dottor Giovanni Arvedi, la cosiddetta cordata. Evidenzia, in particolare, che nel proprio atto di citazione Angelo Rizzoli deduce che il dissesto della Rizzoli Editore


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fu causato dal mancato versamento da parte della Centrale dell'aumento di capitale deliberato nel 1981; che egli fu ingiustamente rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta e lungamente incarcerato; che tali vicende personali, nell'ambito delle quali fu inoltre disposto il sequestro penale delle sue azioni, lo costrinsero a svendere a prezzo vile la sua partecipazione di controllo alla Cordata; che solo nel 2009, a distanza di oltre ventisei anni, la Corte di Cassazione avrebbe fatto finalmente giustizia riconoscendo la sua innocenza. In base a quanto affermato, conseguentemente, Angelo Rizzoli chiede che il Tribunale accerti la nullità di ogni atto e operazione attraverso i quali, tra il 1977 e il 1984, si sarebbe realizzata un'operazione di «spoliazione» delle azioni della casa editrice in danno dell'attore. Rammenta che la causa è stata assegnata all'ottava sezione civile del Tribunale di Milano e che la prima udienza è fissata per il prossimo 15 giugno 2010.
Evidenzia che i fatti come appena riportati, sono destituiti di ogni fondamento e sono già sub indice. Ritiene sufficiente tuttavia, al fine di riconoscere che si è di fronte a un vero e proprio cumulo di falsità, sottolineare i seguenti punti fermi: circa la situazione al tempo del Gruppo Rizzoli, si ricorda che la Rizzoli Editore già versava in urta grave crisi finanziaria nel 1974, all'epoca dell'acquisizione del Corriere della Sera; crisi che si aggravò nel corso degli anni successivi, tant'è che nel 1977 la Rizzoli Editore risultava già in vero e proprio stato di insolvenza, come si evince dalla relazione del 20 gennaio 1983 del professor Luigi Guatri, Commissario Giudiziale della Rizzoli Editore. Il fallimento della società fu evitato nel 1977 attraverso un'operazione di aumento di capitale, sottoscritta e versato con denaro dello IOR; denaro che, tuttavia, non consentì alla società di trovare un equilibrio finanziario a causa delle ulteriori e ingenti perdite accumulatesi, anche, per via di mala gestio e condotte distrattive di Angelo Rizzoli e del suo partner Bruno Tassan Din. Ricorda infatti che cosi, nel 1981, il fallimento fu evitato attraverso un'operazione di aumento di capitale, sottoscritto e versato tutto con denaro della Centrale. Sottolinea che il denaro fu integralmente versato nelle casse sociali, e non «distratto» altrove. Ciò è confermato; dallo stesso Angelo Rizzoli nell'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione controllata da lui sottoscritta quale Presidente della società; dal Rapporto del Collegio Sindacale della Rizzoli Editore sul bilancio al 31 dicembre 1981. Segnala che neanche con l'aumento di capitale sottoscritto e versato dalla Centrale, la società riuscì a risollevarsi, sicché nel 1982 essa fu ammessa alla procedura di amministrazione controllata, con istanza presentata, si ripete, dallo stesso Angelo Rizzoli.
Evidenzia inoltre che nel corso del primo anno della procedura di amministrazione controllata, la società - non più amministrata da Angelo Rizzoli - riuscì a contenere le perdite, ma non a ritornare in attivo, tanto che il fallimento sarebbe stato dichiarato d'ufficio, per difetto del requisito dell'utile continuazione della procedura di amministrazione controllata. Ricorda che il fallimento fu allora di nuovo evitato grazie alle consistenti rinunce del ceto creditorio, fra cui, soprattutto, del Nuovo Banco Ambrosiano, al quale fu chiesto, come alle altre banche, di rinunciare, con effetto retroattivo al 1o gennaio 1983, a gran parte degli interessi maturati e di concedere tassi agevolati per il successivo esercizio 1984. Tali rinunce consentirono quindi la prosecuzione della procedura concorsuale fino all'intervento della cordata conclusosi nel 1985. Osserva che la grave situazione di crisi finanziaria e di liquidità della Rizzoli Editore fu causata anche dalle ripetute condotte distrattive compiute da Angelo Rizzoli, il quale, proprio per questo motivo, fu rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta. Il processo penale fu promosso d'ufficio a seguito dell'ammissione della società alla procedura concorsuale. Ricorda in particolare, che Angelo Rizzoli fu riconosciuto colpevole, in primo e in secondo grado, per avere «con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, occultato, dissipato o comunque distratto


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dalla loro destinazione alla gestione societaria beni sociali ed in particolare somme per un ammontare complessivo di lire 85 miliardi e 236 milioni circa, nonché di dollari USA 3.150.000; nonché per avere nelle comunicazioni sociali ed in specie nei bilanci dal 1976 al 1982 esposto fraudolentemente fatti non rispondenti al vero sulle condizioni economiche della società» come da sentenza del Tribunale Penale di Milano del 15 giugno 1993, sostanzialmente confermata dalla Corte di Appello penale con sentenza in data 11 novembre 1997, che semplicemente diminuì la pena solo per intervenuta prescrizione di alcuni reati minori. Aggiunge ancora che tali accertamenti degli illeciti comportamenti di Angelo Rizzoli, in danno della società, non sono stati cancellati dalla Suprema Corte, con sentenza del 12 giugno 2009, n. 24468, invocata dallo stesso Angelo Rizzoli.
Evidenzia, ancora, che a distanza di ventisei anni, la Corte di Cassazione, lungi dal riesaminare il merito, ha semplicemente preso atto dell'abrogazione dell'istituto della amministrazione controllata e della soppressione di ogni riferimento a esso contenuto nella legge fallimentare per effetto dell'articolo 147 del decreto legislativo 9 gennaio 2006 n. 5. Ricorda che la Corte ha ritenuto quindi applicabile la regola di cui al secondo comma dell'articolo 2 del codice penale, e si è limitata a revocare la condanna per abolitio criminis. Segnala poi che sulla base di quanto risulta da una recente sentenza della Corte di Appello Civile di Roma del gennaio 2010, Angelo Rizzoli è stato riconosciuto colpevole anche per condotte distrattive commesse in danno di una controllata della Rizzoli Editore e, precisamente, la Cineriz S.p.A. Sottolinea dunque che, nella specie, parlare di «innocenza» costituisce una plateale alterazione della verità. Ricorda che, del resto, tutta la vicenda relativa alla vendita del Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera ha già costituito oggetto di altri accertamenti giudiziari, in sede civile, conclusisi sempre con puntuali condanne di Angelo Rizzoli. Al riguardo segnala, in particolare, che il giudizio promosso da Angelo Rizzoli nei confronti, fra gli altri, di Intesa per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla - anche allora - asserita illecita cessione delle sue azioni alla Cordata. Giudizio che si è concluso, oltre che con il rigetto delle domande dell'attore in assenza di qualsiasi condotta illecita dei convenuti al tempo dell'intervento della Cordata, anche con l'accertamento incidentale della congruità del complessivo corrispettivo conseguito da Angelo Rizzoli, nonché del grave stato di dissesto in cui versava la società, come da sentenza del Tribunale di Milano del 1992; il giudizio di appello avverso tale sentenza si è concluso con la conferma della sentenza di primo grado. Come da sentenza della Corte d'Appello Civile di Milano del gennaio 1996; il giudizio avanti il Tribunale di Brescia, promosso dal prof. Bazoli contro Angelo Rizzoli per il risarcimento dei danni derivanti dalle dichiarazioni diffamatorie rese agli inizi degli anni '90 da Angelo Rizzoli agli organi di stampa e televisivi - con articoli apparsi nel 1991, 1992 e 1993 su II Sabato, la Stampa, l'Indipendente, l'Europeo e Panorama nonché dell'intervista rilasciata da Angelo Rizzoli al Maurizio Costanzo Show - che affermava di essere stato vittima di una vera e propria «spoliazione», o meglio di una «estorsione» di cui il professor Bazoli sarebbe stato l'artefice. Tale giudizio si è concluso con la condanna dello stesso Angelo Rizzoli a risarcire il danno, come accertato dal Tribunale di Brescia con sentenza del 28 ottobre 1998, passata in giudicato per non essere stata impugnata.
Ricorda, d'altra parte, anche le dichiarazioni rese dallo stesso Angelo Rizzoli, delle quali non sembra l'interessato fare cenno: egli, infatti, ha dichiarato davanti la Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2, della quale era affiliato con tessera n. 532, di essere stato notevolmente beneficiato dall'operazione di aumento di capitale del 1981, grazie all'attribuzione, sostanzialmente sine titulo, di una partecipazione di rilievo nella Rizzoli Editore, dichiarazioni che rilegge per esteso: «d'altra parte (...) nella condizione


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in cui mi trovavo (..) mi venne fatta una proposta in cui io avevo il 40 per cento di un'azienda che aveva 76 miliardi e 500 milioni di capitale, quindi per me era già un'ipotesi vantaggiosa. Questo era il primo punto, cioè avere il 40 per cento, quindi una posizione di rilievo in un'azienda ricapitalizzata (...) consideravo il passaggio dal 10 per cento dell'azienda sottocapitalizzata al 40 per cento dl un'azienda ricapitalizzata per me già un'operazione estremamente vantaggiosa», come dichiarato in audizione da Angelo Rizzoli avanti la Commissione parlamentare di inchiesta in data 20 gennaio 1982. Aggiunge che Rizzoli, inoltre, ha scritto, in occasione dell'accettazione della proposta formulata dalla cordata: «proprio le considerazioni sulla vita della ripresa della Rizzoli mi inducono, contro i miei interessi personali, a dichiarare il mio consenso all'offerta presentata dal professor Rossi per incarico di un gruppo la cui potenzialità economica è tale da poter assicurare la ripresa dell'azienda»; che anni dopo aver subito la condanna al risarcimento dei danni per la diffamazione nei confronti del professor Bazoli, egli ha indirizzato a quest'ultimo una lettera di scuse in cui, fra l'altro, si legge: «oggi le acque si sono calmate e questo agevola il riconoscimento da parte mia che tutti i malvagi e offensivi disegni che Le ho attribuito in alcune interviste giornalistiche e televisive sono state il frutto del mio stato d'animo d'allora e di induzioni del tutto erronee, cui mi avevano portato i tempi, l'accanimento giudiziario nei miei confronti e l'abbandono di tanti amici del passato».
Fa notare anche che a seguito dell'intervento della cordata - indispensabile per evitare il fallimento -, Angelo Rizzoli poté realizzare oltre dieci miliardi di lire, a fronte della sua partecipazione sostanzialmente priva di valore tenuto conto dello stato di dissesto in cui versava la società e che, in aggiunta, Angelo Rizzoli ottenne la liberazione dalle fidejussioni bancarie personali per decine e decine di miliardi di lire; che, inoltre, Angelo Rizzoli ottenne dalla Rizzoli Editore la rinuncia a esperire l'azione di responsabilità già deliberata e la rinuncia ai crediti nei suoi confronti per diversi miliardi di lire. Almeno 11,6 miliardi di lire erano stati espressamente riconosciuti dallo stesso Angelo Rizzoli, come da sentenza resa dal Tribunale Penale di Milano del 15 giugno 1993, ma l'azione di responsabilità sarebbe stata per recuperare le distrazioni accertate nella medesima sentenza in oltre 85 miliardi di Lire, e altre 3 milioni di dollari crediti conseguenti, fra l'altro, al fatto che Angelo Rizzoli, quando acquistò la quota azionaria del fratello Alberto, pagò il prezzo utilizzando cespiti di pertinenza della stessa società Rizzoli. Da ultimo, ricorda che tutti gli atti di trasferimento della partecipazione di Angelo Rizzoli alla Cordata furono vagliati dagli organi competenti dell'autorità giudiziaria e furono negoziati ed eseguiti con il coinvolgimento dei professionisti di fiducia dello stesso Angelo Rizzoli, il compianto professor Pier Giusto Jaeger e il professor Alberto Predieri. Sottolinea infine che, più precisamente, essendo stato deliberato un aumento di capitale, di lire 60.738.900.000 - ritenuto congruo dagli Organi della procedura che considerarono anche l'impegno della Cordata a dar corso a un ulteriore aumento nell'esercizio successivo -, Angelo Rizzoli non esercitò i suoi diritti di opzione che cedette al prezzo di lire 973.500.000 e poi cedette la residua partecipazione, diluita per effetto dell'aumento di capitale, al prezzo di lire 9.219.000.000. Sostanzialmente, a fronte dei tre aumenti di capitale succedutisi a partire dal 1977 fino al 1984, tutti via via diretti a far fronte al persistente stato di dissesto del Gruppo Rizzoli, Angelo Rizzoli non ha mai versato una sola lira.
Alla luce di tali considerazioni, invita i firmatari, il relatore e la maggioranza a non proseguire oltre l'esame del provvedimento in discussione.

Emerenzio BARBIERI (PdL) ritiene che sia stato corretto prevedere l'avvio dell'esame della proposta di legge in discussione. Ringrazia il relatore e il collega Levi per aver svolto una puntuale ricostruzione


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di fatti che sono noti soprattutto, a chi come lui e il collega Levi appartengono ad altre stagioni repubblicane, per i nomi e per le vicende, delicate e giudiziariamente molto complesse, che sono state testé citate. Ritiene peraltro opportuno svolgere un approfondimento sui delicati temi che sono emersi, rinviando ad altra data il seguito dell'esame del provvedimento, per consentire, alla luce degli elementi emersi, una riflessione ulteriore da parte della maggioranza.

Valentina APREA, presidente, ringrazia il relatore ed anche il collega Levi che, sebbene da punti di vista diversi, hanno fornito una ricostruzione puntuale degli eventi che hanno portato alla presentazione della proposta di legge in discussione. Sottolinea, d'altra parte, che su questioni delicate come quelle oggetto del provvedimento in esame è necessario che i diversi rappresentanti dei gruppi si confrontino, per verificare la possibilità di trovare una soluzione condivisa.
Nessuno altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sui lavori della Commissione.

Fabio GARAGNANI (PdL) sollecita l'avvio dell'esame della sua proposta di legge sul diritto allo studio, già presentata, che da tempo attende di essere calendarizzata. Aggiunge inoltre che è necessario conoscere i tempi di approvazione del disegno di legge recante la riforma dell'università, attualmente pendente al Senato.

La seduta termina alle 10.

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