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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto della VI Commissione permanente
(Finanze)
VI Commissione

SOMMARIO

Martedì 8 giugno 2010


SEDE CONSULTIVA:

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali. C. 3118 Governo, e abbinate (Parere alla I Commissione) (Esame e rinvio) ... 53

Sui lavori della Commissione ... 68

VI Commissione - Resoconto di martedì 8 giugno 2010


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 8 giugno 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.05.

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 3118 Governo, e abbinate.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Cosimo VENTUCCI (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla I Commissione Affari costituzionali sul disegno di legge C. 3118, recante individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo e riordino di enti ed organismi decentrati.
A distanza di dieci anni dalle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, ritiene auspicabile dare attuazione a tale riforma costituzionale, rilevando come ciò corrisponda ad un'esigenza ampiamente avvertita dalla concreta esperienza di gestione degli enti locali. In particolare considera opportuno giungere ad una reale definizione delle diverse funzioni degli enti locali cui vengono collegate distinte forme di finanziamento, evitando, inoltre, ogni forma di sovrapposizione fra diversi livelli di governo e organismi, con l'obiettivo di snellire e razionalizzare l'apparato amministrativo locale e giungere ad una conseguente riduzione delle spese.
Per quanto attiene agli aspetti tecnico-normativi, rileva come, nella stesura del provvedimento, siano stati presi in considerazione 46 progetti di legge vertenti sulla stessa materia all'esame del Parlamento.
Illustra, quindi, il contenuto del provvedimento, il cui articolo 1 individua l'oggetto e le finalità dell'intervento legislativo.


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In particolare, il comma 1 annovera l'individuazione e la disciplina delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione; la disciplina dell'esercizio in forma associata di tali funzioni e la razionalizzazione delle province.
Il comma 2 reca un secondo elenco, più ampio, di obiettivi del provvedimento, costituiti dalla razionalizzazione o soppressione di enti e organismi che operano a livello statale, regionale e locale e il trasferimento delle loro funzioni a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato; la riduzione del numero dei componenti dei consigli comunali e provinciali e delle giunte e la modifica delle funzioni dei consigli; la definizione e la disciplina dei piccoli comuni; l'individuazione e il trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni e agli enti locali, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione; modifiche alla disciplina dei direttori generali degli enti locali e alle norme relative ai controlli.
Gli articoli 2 e 3 recano l'elenco delle funzioni fondamentali rispettivamente dei comuni e delle province.
I due elenchi comprendono due tipologie di funzioni: le funzioni strumentali, relative alla gestione e organizzazione degli enti, e le funzioni essenziali rivolte alla comunità territoriale.
Le prime sono analoghe per comuni e province e riguardano:
la normazione sulla organizzazione e lo svolgimento delle funzioni;
la programmazione e la pianificazione nell'ambito delle funzioni spettanti;
l'organizzazione generale dell'amministrazione e la gestione del personale;
il controllo interno;
la gestione finanziaria e contabile;
la vigilanza ed il controllo nelle aree funzionali di competenza.

Per quanto riguarda, invece, le funzioni «operative», un primo nucleo di materie, su cui insistono competenze sia comunali, sia provinciali, ciascuna nel proprio ambito territoriale, riguarda:
l'organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale (ai comuni sono attribuiti quelli di ambito comunale e alle province quelli di ambito sovracomunale);
l'attività di protezione civile;
il trasporto pubblico locale;
la gestione delle strade e la regolazione della circolazione stradale.

Un secondo gruppo di funzioni riguarda materie specifiche di competenza di comuni e province.
Per quanto riguarda i comuni, le funzioni elencate dall'articolo 2 possono essere raggruppate in quattro ambiti:
attività produttive (coordinamento delle attività commerciali e dei pubblici esercizi, semplificazione amministrativa per la localizzazione e realizzazione delle attività produttive, edilizia, compresa la vigilanza e il controllo di base), di cui alle lettere h), i) e l) dell'articolo 2;
infrastrutture e territorio (partecipazione alla pianificazione urbanistica e agli interventi di recupero del territorio), di cui alla lettera m) dell'articolo 2:
settore socio-culturale (sistema locale dei servizi sociali, edilizia scolastica e gestione dei servizi scolastici fino all'istruzione secondaria di primo grado, beni culturali di interesse comunale), di cui alle lettere q), r) e s) dell'articolo 2;
sicurezza (sicurezza urbana, polizia municipale, polizia amministrativa e stradale), di cui alle lettere t) e v) dell'articolo 2.

Inoltre, l'articolo 2, al comma 1, lettera z), indica come ulteriore funzione fondamentale dei comuni, la tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e i compiti in materia di servizi anagrafici.
L'articolo 3 individua le funzioni fondamentali delle province.


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Un primo gruppo di funzioni, indicate dalle lettere da a) a g) del comma 1, definite strumentali, sono analoghe per province e comuni. Rispetto a quanto previsto dall'articolo 2 per i comuni, per le province è stata inserita, alla lettera g) del comma 1, tra le funzioni strumentali, anche la competenza della polizia locale, accanto alla vigilanza e il controllo delle aree funzionali di competenza.
Un secondo gruppo di funzioni, indicate dalle lettere h) ed i) del comma 1, concerne in generale l'attività di coordinamento e di pianificazione, e riguarda in particolare l'assistenza tecnico-amministrativa ai comuni ad alle forme associative; la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento.
Un terzo gruppo di funzioni, indicate dalle lettere da l) a u) del comma 1, attiene alle funzioni «operative» della provincia, in gran parte già previste dalla normativa vigente. Esse riguardano principalmente il settore ambientale, oltre che la sicurezza, la scuola e il lavoro, i trasporti e le strade, con l'inserimento, alla lettera u), della funzione, non prevista dalla normativa vigente, relativa all'organizzazione e alla gestione dei servizi per il lavoro, ivi comprese le politiche per l'impiego.
Rispetto alle funzioni provinciali attualmente previste dall'articolo 19 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, non risultano comprese nel disegno di legge, né attribuite ai Comuni, le seguenti funzioni:
valorizzazione dei beni culturali;
protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali;
servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

L'articolo 4 definisce le funzioni fondamentali delle città metropolitane. Oltre alle funzioni attribuite alle province ai sensi dell'articolo 3, sono assegnate alle città metropolitane le seguenti funzioni:
organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano (lettera a));
l'azione sussidiaria e il coordinamento tecnico-amministrativo dei Comuni (lettera b));
la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali (lettera c));
la mobilità e la viabilità metropolitana (lettera d));
la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici (lettera e));
la promozione e il coordinamento dello sviluppo sociale (lettera f)).

L'articolo 5 introduce la possibilità, per le regioni, di trasferire funzioni fondamentali dalle province ai comuni e viceversa, qualora ciò si renda necessario al fine di garantirne l'effettivo esercizio.
La disposizione individua l'oggetto del trasferimento innanzitutto nelle funzioni fondamentali che la legislazione statale attribuisce a province e comuni. Nell'ambito di tali funzioni, sono trasferibili esclusivamente quelle che afferiscono alle materie affidate alla legislazione concorrente Stato-regioni e alle materie nelle quali le regioni esercitano la potestà legislativa esclusiva, ossia quelle individuate in via residuale rispetto alle materie a competenza legislativa statale e alle materie a legislazione concorrente.
Il trasferimento deve avvenire nel rispetto dei principi di leale collaborazione, sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché di soddisfacimento ottimale dei bisogni delle rispettive comunità.
Inoltre, l'esercizio del potere di trasferimento delle funzioni da parte delle regioni è subordinato all'accordo tra la regione e gli enti interessati, nel rispetto delle forme di consultazione fissate da


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ciascuna regione, ed alla sussistenza di un accordo in sede di Conferenza unificata.
La disposizione fa inoltre salve le modalità di finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti locali, fissate dalla legge n. 42 del 2009, recante delega per l'attuazione del federalismo fiscale.
L'articolo 6 prevede che le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, indicate negli articoli precedenti, sono disciplinate dalla legge statale o dalla legge regionale, secondo il riparto della competenza per materia ai sensi dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 117 della Costituzione.
Pertanto saranno disciplinate dalla legge statale le funzioni afferenti alle materie indicate al secondo comma dell'articolo 117, per le quali lo Stato ha potestà legislativa esclusiva; saranno regolate sia da legge statale, sia da legge regionale, nei rispettivi ambiti, le funzioni rientranti tra le materie di legislazione concorrente di cui al terzo comma dell'articolo 117, mentre le altre funzioni rientreranno nella piena potestà legislativa regionale ai sensi del quarto comma dell'articolo 117.
L'articolo 7 reca una norma di salvaguardia, volta a precisare che le funzioni fondamentali degli articoli 2, 3 e 4 non possono essere esercitate da enti o agenzie statali o regionali, al fine di garantire che l'esercizio delle funzioni fondamentali avvenga nel livello cui è stato assegnato dal legislatore, senza poter essere avocate né dallo Stato, né dalle regioni.
L'articolo 8 disciplina le modalità di svolgimento delle funzioni fondamentali da parte degli enti locali.
Il comma 1 stabilisce l'obbligatorietà dell'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali.
In base al comma 2, i comuni possono esercitare le funzioni «strumentali» singolarmente oppure in forma associata, compatibilmente con la natura della funzione, utilizzando in tale ultimo caso lo strumento dell'unione di comuni.
Non viene invece indicata la forma giuridica per l'esercizio associato delle funzioni «operative», per la quale i comuni possono scegliere quindi una delle forme previste dal comma 7 dell'articolo (unione di comuni, convenzione).
Il comma 3 stabilisce che, per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, è obbligatorio l'esercizio associato delle funzioni operative, mentre è facoltativo l'esercizio associato delle funzioni strumentali.
Al fine di evitare duplicazioni, il comma 4 precisa che i comuni non possono svolgere singolarmente una funzione il cui esercizio è stato demandato ad una forma associativa, stabilendo inoltre che la stessa funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.
In base al comma 5, anche per le province è possibile l'esercizio associato delle proprie funzioni, ma solamente a decorrere dal momento di approvazione della razionalizzazione del sistema provinciale previsto dall'articolo 14 del provvedimento.
Ai sensi del comma 6, le regioni hanno il compito di individuare con legge la dimensione ottimale per lo svolgimento delle funzioni associate, previa concertazione con i comuni interessati nell'ambito dei Consigli delle autonomie locali. Le funzioni su cui la regione può legiferare sono quelle operative e, fra queste, le regioni intervengono esclusivamente su quelle afferenti alle materie in cui hanno potestà legislativa (o esclusiva o concorrente). Le leggi regionali devono indicare i termini entro i quali i comuni si devono adeguare ed attivare l'associazione di funzioni. Restano esclusi i comuni capoluogo di provincia e quelli con più di 100.000 abitanti, che non sono obbligati ad associarsi.
Il comma 7 individua come forme dell'associazione, salvo quanto previsto dalle leggi regionali, esclusivamente l'unione dei comuni e la convenzione, prevedendo inoltre che ogni comune possa far parte di una sola unione di comuni.
Il comma 8 novella i commi 2 e 3 l'articolo 32 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, al fine di dettare una disciplina più dettagliata relativamente alla composizione degli organi dell'unione di comuni ed ai contenuti


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obbligatori dello statuto dell'unione, il quale deve prevedere: un presidente scelto a rotazione tra i sindaci dei comuni partecipanti; una giunta composta esclusivamente dai sindaci; un consiglio eletto dai singoli consigli dei comuni, composto da un numero di membri non superiore a quello previsto per un comune di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente e che non comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
L'articolo 9 reca una delega al Governo, relativamente al conferimento delle funzioni amministrative a regioni ed enti locali nelle materie di competenza legislativa esclusiva statale.
Ai sensi del comma 2, i principi ed i criteri direttivi della delega prevedono:
il conferimento ad un livello diverso da quello comunale solo le funzioni di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
l'attribuzione ai comuni di tutte le funzioni amministrative residuali;
favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi del principio di sussidiarietà;
disciplinare, nel caso in cui la titolarità delle funzioni sia attribuita ad un ente diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, la data di decorrenza del loro esercizio e le procedure per la determinazione e il trasferimento contestuale dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative necessarie al loro esercizio; qualora le funzioni da trasferire risultino esercitate dallo Stato, si procede con intesa conclusa in sede di Conferenza unificata; qualora invece le funzioni risultino esercitate dalle regioni o da enti locali si procede tramite intesa tra la Regione interessata e gli enti di riferimento ovvero tramite intesa in ambito regionale tra gli enti locali interessati.

Il comma 5 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, le amministrazioni statali interessate provvedono a ridurre le dotazioni organiche in misura corrispondente al personale trasferito, nonché a riordinare e a semplificare le proprie strutture organizzative con regolamento di organizzazione. Inoltre si stabilisce che per quanto riguarda l'amministrazione indiretta e strumentale dello Stato, si provveda all'eliminazione delle duplicazioni di funzioni rispetto agli enti territoriali ed all'eliminazione di sovrapposizioni di competenze.
L'articolo 10 disciplina il trasferimento di risorse agli enti locali quando una funzione fondamentale è attribuita, ai sensi del capo II del disegno di legge, ad un ente locale diverso dall'ente che la esercita alla data di entrata in vigore della legge.
Il comma 1 concerne il trasferimento delle risorse da un ente locale ad altro ente locale (comune, provincia, città metropolitana), prevedendo che, in tal caso, alla determinazione e al trasferimento delle risorse necessarie all'esercizio della funzione fondamentale si provvede con uno o più accordi da stipulare in sede provinciale tra gli enti locali interessati. Con accordo in sede di Conferenza unificata sono definite le modalità per superare un eventuale dissenso in sede locale.
Il comma 2 stabilisce che al trasferimento delle risorse dallo Stato agli enti locali si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, previo parere della Conferenza Stato-Città e Autonomie locali o, nelle materie di competenza legislativa regionale, della Conferenza Unificata.
Il comma 3 prevede che al trasferimento, dalle regioni agli enti locali, delle risorse strumentali connesse all'esercizio della funzione trasferita provvedono le regioni stesse.
Il comma 4 specifica che la decorrenza dell'esercizio delle funzioni fondamentali è


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subordinata all'effettivo trasferimento di risorse strumentali all'esercizio delle medesime.
L'articolo 11 disciplina l'individuazione ed il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative ancora esercitate dallo Stato, alla data di entrata in vigore della legge, nelle materie di competenza legislativa concorrente ed esclusiva regionale, prevedendo a tal fine, al comma 1, la presentazione alle Camere da parte del Governo di disegni di legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata, che procedano alla individuazione e al trasferimento delle predette funzioni.
Il comma 2 rimette a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione, il trasferimento e la ripartizione tra le Regioni dei beni e delle risorse umane, finanziarie e strumentali connesse all'esercizio delle funzioni trasferite.
L'articolo 12 riguarda la disciplina regionale delle funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale e la razionalizzazione e semplificazione delle strutture, enti, agenzie o organismi operanti a livello regionale.
Il comma 1 prevede che, entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge, le regioni, con proprie leggi, sulla base di accordi stipulati nei Consigli delle autonomie locali o in altra sede di concertazione, adeguano la propria legislazione alla disciplina statale di individuazione delle funzioni fondamentali, nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale, regolandone le modalità di esercizio e sopprimono ed accorpano strutture, enti intermedi, agenzie od organismi titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con le funzioni allocate ai comuni e alle province, evitando in ogni caso la duplicazione di funzioni amministrative.
Il comma 2 dispone che, in caso di inerzia delle Regioni, il Governo provveda in via sostitutiva fino alla data di entrata in vigore delle predette leggi regionali.
Il comma 3 prevede che le regioni, con proprie leggi, sulla base di accordi stipulati nei Consigli delle autonomie locali o in altra sede di concertazione:
allocano le funzioni amministrative e le relative risorse in modo organico a Comuni, Province e Città metropolitane al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze;
conferiscono agli enti locali, nelle materie di competenza legislativa concorrente o residuale le funzioni ad esse trasferite dallo Stato ai sensi dell'articolo 10, che non richiedono un esercizio unitario a livello regionale;
conferiscono agli enti locali le funzioni amministrative esercitate dalla Regione, che non richiedano l'unitario esercizio a livello regionale;
razionalizzano e semplificano, nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e di legalità nell'organizzazione dei pubblici uffici.

Il comma 4 dispone che, al fine di assicurare la razionalizzazione, la semplificazione e il contenimento dei costi, la legge regionale disciplini ulteriori forme e modalità di associazionismo comunale, nonché forme e modalità di associazionismo provinciale, previo accordo con le province, qualora sia ritenuto necessario per la dimensione ottimale dell'esercizio delle funzioni.
L'articolo 13 conferisce, al comma 1, una delega al Governo per l'adozione della cosiddetta «Carta delle autonomie locali», al fine di riunire e coordinare sistematicamente in un codice le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali, da esercitare nel termine di 24 mesi dall'entrata in vigore del disegno di legge in esame.
I criteri ed i principi direttivi della delega prevedono:
il coordinamento formale, terminologico e sostanziale del testo delle disposizioni contenute nella legislazione statale,


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apportando le modifiche necessarie a garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa;
l'ulteriore ricognizione, limitatamente alle materie di competenza legislativa statale, delle norme del testo unico, recepite nel Codice e nelle altre fonti statali di livello primario che vengono o restano abrogate;
il rispetto dei principi desumibili in materia dalla giurisprudenza costituzionale.

L'articolo 14, reca, al comma 1, una delega al Governo per la razionalizzazione delle province e la riduzione del numero delle circoscrizioni provinciali.
I principi e i criteri direttivi della delega, definiti dal comma 2, prevedono in particolare:
che il territorio di ciascuna provincia abbia un'estensione e comprenda una popolazione tali da consentire l'ottimale esercizio delle funzioni previste per il livello di governo di area vasta;
la revisione degli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato, in considerazione del fatto il territorio provinciale costituisce circoscrizione di decentramento per varie amministrazioni statali;
l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino comunque la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa;
che la soppressione di province sia effettuata in base all'entità della popolazione di riferimento, all'estensione del territorio di ciascuna provincia e al rapporto tra la popolazione e l'estensione del territorio;
l'attribuzione ad una o più province contigue, nell'ambito della stessa regione, delle funzioni e delle corrispondenti risorse umane e strumentali della provincia da sopprimere;
l'individuazione di una disciplina transitoria che assicuri la continuità dell'azione amministrativa e dei servizi ai cittadini.

L'articolo 15 reca, al comma 1, una delega al Governo per il riordino e la razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato.
I principi e i criteri direttivi della delega, definiti dal comma 2, prevedono in particolare:
a) il contenimento della spesa pubblica;
b) il rispetto delle previsioni in materia di ridimensionamento degli assetti organizzativi delle amministrazioni statali contenute nell'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008;
c) l'individuazione delle amministrazioni periferiche escluse dal riordino in correlazione con il perseguimento di specifiche finalità di interesse generale che giustifichino:
d) il mantenimento in capo agli Uffici territoriali di Governo (UTG) di tutte le funzioni di competenza della Prefettura;
e) il mantenimento della circoscrizione provinciale quale ambito territoriale di competenza delle Prefetture - UTG;
f) la titolarità in capo alle Prefetture - UTG di funzioni espressamente conferite e di tutte le attribuzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri Uffici;
g) l'accorpamento, nell'ambito dell'UTG, delle strutture dell'amministrazione periferica dello Stato le cui funzioni sono conferite all'Ufficio medesimo;
h) la garanzia della concentrazione dei servizi comuni e delle funzioni strumentali da esercitarsi unitamente, assicurando un'articolazione organizzativa e funzionale atta a valorizzare le specificità professionali, con particolare riguardo alle competenze di tipo tecnico;


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i) la disciplina delle modalità di svolgimento in sede periferica da parte dell'UTG di funzioni e compiti di amministrazione periferica la cui competenza ecceda l'ambito provinciale;
l) il mantenimento dei ruoli di provenienza per il personale delle strutture periferiche trasferite alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo e della disciplina vigente per il reclutamento e l'accesso ai suddetti ruoli, nonché mantenimento della dipendenza funzionale della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo o di sue articolazioni dai Ministeri di settore per gli aspetti relativi alle materie di competenza;
m) l'assicurazione che, per il conseguimento degli obiettivi di riduzione del 25 per cento degli oneri amministrativi, entro il 2012, nell'ambito della Strategia di Lisbona, le amministrazioni interessate procedano all'accorpamento delle proprie strutture periferiche nell'ambito delle Prefetture - UTG entro un congruo termine stabilito dai decreti legislativi;
n) la previsione della nomina e delle funzioni dei Prefetti preposti alle Prefetture - UTG, quali Commissari ad acta nei confronti delle amministrazioni periferiche inadempienti che non abbiano provveduto nei termini previsti all'accorpamento di cui alla lettera m);
o) adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che stabilisca l'entità e le modalità applicative della riduzione degli stanziamenti per le amministrazioni che non abbiano proceduto all'accorpamento delle proprie strutture periferiche.

Il comma 3 fa salve le competenze in materia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
L'articolo 16, comma 1, sopprime, a far data dall'entrata in vigore del disegno di legge, la figura del difensore civico comunale, le cui funzioni possono essere attribuite ai difensori civici della provincia nel cui territorio rientra il comune, i quali assumono la denominazione di difensori civici territoriali.
Il comma 2 ribadisce la previsione, già contenuta nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, secondo la quale i difensori civici segnalano, anche di propria iniziativa abusi, disfunzioni, carenze e ritardi delle amministrazioni nei confronti dei cittadini.
Il comma 3 stabilisce che i difensori civici comunali eletti e in carica all'entrata in vigore del disegno di legge cessano dalle proprie funzioni alla scadenza del proprio incarico.
Il comma 4 prevede la facoltà per i comuni di stipulare apposite convenzioni con le province al fine di assicurare la difesa civica ai cittadini nei confronti della propria amministrazione, attribuendo, in tale eventualità, i compiti di difesa ai predetti difensori civici territoriali.
L'articolo 17, al comma 1, attribuisce alla competenza legislativa regionale la facoltà di disporre la soppressione delle Comunità montane, isolane e di arcipelago, a decorrere dal 2010, con la conseguente possibilità di riassegnare le funzioni già spettanti a tali enti territoriali, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Il comma 2 dispone, analogamente a quanto già previsto dall'articolo 2, comma 187, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) la cessazione del concorso ordinario dello Stato al finanziamento delle comunità montane, ammontante per il 2010 a 50 milioni di euro. In attesa dell'attuazione della legge n. 42 del 2009, recante delega per l'attuazione del federalismo fiscale, la disposizione prevede inoltre l'assegnazione del 30 per cento di tale contributo in favore dei comuni montani. Ai fini della ripartizione di tale contributo, cui provvede il Ministero dell'interno, previo parere della Conferenza unificata, sono considerati montani i comuni in cui almeno il 75 per cento del territorio si trovi al di sopra di 600 metri dal livello del mare.
Ai sensi del comma 3 le risorse di cui al comma 2 sono attribuite alle regioni


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secondo le modalità stabilite dalla medesima legge n. 42, e dalle relative norme di attuazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore di queste ultime.
L'articolo 18 prevede, al comma 1, la soppressione delle circoscrizioni comunali nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti.
Il comma 2 statuisce che i Comuni provvedano a disciplinare gli effetti conseguenti alle soppressioni relativamente alle risorse umane, finanziarie e strumentali e succedono alle circoscrizioni soppresse in tutti i rapporti giuridici ed a ogni altro effetto, anche processuale.
Ai sensi del comma 3, le nuove disposizioni si applicheranno, per le circoscrizioni comunali esistenti alla data di entrata in vigore della norma in commento, dalla cessazione dei rispettivi organi già in carica.
Il comma 4 prevede la possibilità di istituire circoscrizioni di decentramento nei Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, a condizione che esse abbiano: non più di otto componenti nei Comuni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti; non più di dodici componenti nei Comuni con popolazione pari o superiore a 500.000 abitanti. La disposizione precisa, inoltre, che nei Comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, il limite del numero dei componenti si applica dalla data di cessazione degli organi delle circoscrizioni in carica alla medesima data.
Il comma 5 prescrive che per la partecipazione alle sedute dei rispettivi organi di appartenenza, i componenti degli organi delle circoscrizioni hanno diritto a percepire esclusivamente un unico gettone di presenza, che comunque non può superare l'importo spettante ad un consigliere comunale.
L'articolo 19, comma 1, dispone la soppressione di tutti i consorzi tra gli enti locali per l'esercizio di funzioni e la conseguente cessazione dalle proprie funzioni degli organi dei medesimi consorzi, a decorrere dal 365o giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge. Sono invece fatti salvi i consorzi già costituiti dagli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi, nonché i bacini imbriferi montani.
Il comma 2 affida alle regioni il compito di conferire con propria legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le funzioni già spettanti a tutti i consorzi tra gli enti locali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Inoltre si affida alle regioni il compito di disciplinare gli effetti conseguenti alla soppressione dei consorzi avuto riguardo al trasferimento e alla ripartizione dei beni e delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, e assicurando che i trasferimenti avvengano entro un anno dalla medesima data di entrata in vigore.
Gli enti territoriali (comuni, province o regioni) succedono ai consorzi soppressi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale.
Il comma 3 circoscrive l'ambito di applicazione delle disposizioni del comma 2 ai soli consorzi che non sono costituiti esclusivamente da enti locali, mentre per i consorzi costituiti esclusivamente da enti locali, è rimessa a questi ultimi la regolazione degli effetti conseguenti al loro scioglimento.
L'articolo 20 novella l'articolo 37 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali relativamente alla composizione dei consigli comunali e provinciali.
In particolare, per i comuni con oltre 1 milione di abitanti i componenti dei consigli passano da 60 a 45; per comuni con oltre 500.000 abitanti i componenti passano da 50 a 40; per comuni con oltre 250.000 abitanti i componenti passano da 46 a 37; per comuni con oltre 100.000 abitanti i componenti passano da 40 a 32; per comuni con oltre 30.000 abitanti i componenti passano da 30 a 22; per comuni con oltre 10.000 abitanti i componenti passano da 20 a 15; per comuni con oltre 3.000 abitanti i componenti passano da 16 a 12; per comuni con oltre


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1.000 abitanti i componenti passano da 12 a 10; per comuni fino a 1.000 abitanti i componenti passano da 12 a 8.
Per quanto riguarda invece i consigli provinciali, per le province con oltre 1.400.000 abitanti i componenti passano da 45 a 36; per le province con oltre 700.000 abitanti i componenti passano da 36 a 30; per le province con oltre 300.000 abitanti i componenti passano da 30 a 24; per le province fino a 300.000 abitanti i componenti passano da 24 a 20.
L'articolo 21 novella l'articolo 47 del TUEL, relativamente al numero dei componenti delle giunte comunali e provinciali.
In particolare, il numero massimo degli assessori comunali non è più parametrato a quello dei consiglieri, ma è determinato in un numero fisso, sulla base della popolazione.
In dettaglio, per i comuni con popolazione di oltre 1 milione di abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 12; per i comuni con popolazione di oltre 500.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 10; per i comuni con popolazione di oltre 250.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 9; per i comuni con popolazione di oltre 100.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 8; per i comuni con popolazione di oltre 30.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 5; per i comuni con popolazione di oltre 10.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 3; per i comuni con popolazione di oltre 3.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 3; per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti il numero del componenti della giunta è stabilito in 2.
Per quanto riguarda invece le giunte provinciali, per le province con oltre 1.400.000 abitanti il numero dei componenti è stabilito in 10; per le province con oltre 700.000 abitanti il numero dei componenti è stabilito in 8; per le province con oltre 300.000 abitanti il numero dei componenti è stabilito in 6; per le province fino a 300.000 abitanti il numero dei componenti è stabilito in 4.
L'articolo 22 reca una disposizione di natura transitoria, la quale stabilisce che le norme relative alla riduzione dei membri dei consigli e delle giunte degli enti locali, di cui agli articoli 21 e 22, si applicano dal momento della cessazione dei mandati degli organi in carica.
L'articolo 23 dispone che, nei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, il sindaco, in alternativa alla nomina degli assessori, può delegare l'esercizio di proprie funzioni a non più di due consiglieri.
L'articolo 24 modifica l'articolo 42 del TUEL in materia di attribuzioni dei consigli comunali e provinciali.
In particolare, i commi 1, lettera a), e 3 eliminano, rispettivamente, la competenza dei consigli comunali e provinciali sulla determinazione dei criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi e la competenza delle giunte sui regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi.
Le lettere da b) ad f) del medesimo comma 1 estendono la competenza dei consigli comunali e provinciali viene estesa alle seguenti materie:
dotazioni organiche dell'ente, delle aziende speciali e delle società controllate non quotate nei mercati regolamentati;
nomina degli organismi di valutazione e controllo;
determinazione delle aliquote dei tributi;
ricapitalizzazioni di società partecipate e finanziamenti da parte dei soci alle medesime;
approvazione, entro il 31 gennaio antecedente alla scadenza del mandato consiliare, del documento di verifica conclusiva delle linee programmatiche del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.

Il comma 2 attribuisce al consiglio comunale o provinciale la facoltà di ascoltare


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in audizione personalità particolarmente esperte, al fine di acquisire elementi di valutazione in relazione alle deliberazioni da adottare, secondo modalità previste dal regolamento consiliare.
L'articolo 25 introduce, ai fini di quanto previsto dagli articoli 26 e 27, la definizione di piccolo comune, intendendosi come tali quelli con popolazione residente pari o inferiore a 5.000 abitanti, calcolata ogni 5 anni, secondo i dati ISTAT. In sede di prima applicazione, è considerata la popolazione calcolata alla fine del penultimo anno antecedente l'entrata in vigore del provvedimento in esame.
L'articolo 26 dispone che nei piccoli comuni le competenze del responsabile del procedimento per l'affidamento e per l'esecuzione degli appalti di lavori pubblici vengano attribuite al responsabile dell'ufficio tecnico o della struttura corrispondente. Qualora ciò non sia possibile, secondo quanto disposto dal regolamento comunale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare.
In ogni caso, il responsabile del procedimento deve essere un dipendente di ruolo o a tempo determinato, secondo la normativa vigente.
L'articolo 27 introduce alcune semplificazioni in favore dei piccoli comuni per quanto riguarda l'adozione dei documenti contabili relativi al bilancio annuale e pluriennale, nonché dei documenti contabili relativi al rendiconto della gestione - rendiconto, conto del bilancio, conto economico, conto del patrimonio, conti degli agenti contabili interni.
A tal fine, la disposizione prevede l'adozione di modelli semplificati, purché in grado di garantire la rilevazione degli elementi minimi necessari per il consolidamento dei conti pubblici.
I modelli semplificati di bilancio di previsione e di rendiconto dovranno essere approvati entro 6 mesi dall'entrata in vigore del disegno di legge, con apposito regolamento.
Per i piccoli comuni è inoltre resa facoltativa l'applicazione dell'articolo 229 del TUEL, relativo alla redazione del conto economico.
L'articolo 28 modifica le disposizioni contenute del TUEL relativamente alla figura del Direttore generale degli enti locali, innalzando da 15.000 a 65.000 il numero minimo di abitanti dei comuni nei quali può essere nominato il Direttore generale.
L'articolo 29 modifica una serie di disposizioni del TUEL relative ai controlli negli enti locali.
In particolare, il comma 1 sostituisce l'articolo 49 del TUEL disponendo che, su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo e comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio, deve essere richiesto il parere del responsabile del servizio interessato in ordine alla sola regolarità tecnica e del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile; quest'ultimo è richiesto nel qualora l'atto comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico finanziaria o sul patrimonio dell'ente. I pareri sono inseriti nella deliberazione. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.
Il comma 2 introduce nel TUEL i nuovi articoli da 147-bis e 147-sexies, recanti la disciplina del controllo di regolarità amministrativa e contabile e del controllo strategico.
In particolare, il nuovo articolo 147-bis indica momenti e modalità per l'espletamento del controllo di regolarità amministrativa e contabile, prevedendo che esso sia assicurato:
nella fase di formazione dell'atto: da ogni responsabile di servizio, attraverso il rilascio del parere regolarità tecnica attestante la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa, nonché dal responsabile del servizio finanziario,


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attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria;
nella fase successiva, sotto la direzione del segretario, secondo princìpi generali di revisione aziendale e modalità definite nell'ambito dell'autonomia organizzativa dell'ente.

Sono oggetto di tale controllo gli atti di impegno e di liquidazione della spesa, gli atti di accertamento di entrata, i contratti, gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche a campione.
È prevista la trasmissione periodica, a cura del segretario, delle risultanze del controllo successivo. Tali risultanze debbono essere inviate ai responsabili di settore, ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, quali documenti utili per la valutazione da parte di tali soggetti.
Il nuovo articolo 147-ter disciplina il controllo strategico, le cui metodologie sono definite dall'ente locale, nell'ambito della propria autonomia organizzativa. Finalità di tale controllo è la verificare dello stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal Consiglio.
In particolare, le metodologie del controllo strategico devono essere dirette alla rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti e degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti; dei tempi effettivi di realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative attuate, confrontate con i progetti elaborati; della qualità erogata e del grado di soddisfazione della domanda espressa, degli aspetti socio-economici.
È inoltre prevista l'elaborazione di rapporti periodici da parte dell'unità preposta al controllo strategico, che dovranno essere sottoposti all'organo esecutivo e al consiglio per la successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di ricognizione dei programmi, secondo modalità da definirsi in un regolamento di contabilità adottato dall'ente locale, in base a quanto previsto dallo statuto.
Il nuovo articolo 147-quater introduce la specifica previsione dei controlli sulle società partecipate, demandandone la definizione all'ente locale, secondo la propria autonomia organizzativa.
Al fine di realizzare tali controlli l'amministrazione locale: definisce preventivamente obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, in ossequio a standard qualitativi e quantitativi; organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra ente proprietario e società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica; monitora periodicamente, in base alle informazioni suddette, l'andamento delle società partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive.
Il nuovo articolo 147-sexies specifica che le disposizioni recate dall'articolo 147-quater costituiscono obbligo solo per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti.
Il nuovo articolo 147-quinquies disciplina il controllo sulla qualità dei servizi, prescrivendo che tale tipologia di verifica riguardi sia i servizi erogati direttamente dall'ente, sia i servizi erogati tramite società partecipate o in appalto, e che sia svolta secondo modalità definite in base all'autonomia organizzativa dell'ente, tali da assicurare comunque la rilevazione della soddisfazione dell'utente, la gestione dei reclami e il rapporto di comunicazione con i cittadini.
Il comma 3 novella l'articolo 151 del TUEL, recante principi in materia di contabilità.
La nuova formulazione dell'articolo 151 conferma, in sostanza, i principi contabili contenuti nella normativa vigente concernente i documenti di bilancio degli enti locali, relativi:
all'unicità, annualità, universalità, integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità del bilancio, nonché al termine per la deliberazione del bilancio di previsione, fissato al 31 dicembre;


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all'obbligo di corredare il bilancio con alcuni documenti, quali la Relazione previsionale e programmatica, il bilancio pluriennale;
al principio generale secondo cui i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa divengono esecutivi con il visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria;
all'obbligo di rilevazione dei risultati di gestione anche mediante contabilità economica e di dimostrazione di tali risultati nel rendiconto;
all'obbligo di allegare al rendiconto una relazione della Giunta che esprime le valutazioni sui risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti;
al termine di deliberazione del rendiconto, fissato al 30 aprile.

Rispetto alla norma vigente sono introdotti i nuovi commi 5 e 6 con i quali si stabilisce, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le province, l'obbligo di trasmissione dei provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa da parte del responsabile del servizio proponente al responsabile del servizio finanziario, previo rilascio del parere di congruità da parte del responsabile del servizio interessato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità amministrativa e contabile, la rispondenza dell'atto alla normativa vigente ed il rispetto dei criteri di economicità ed efficienza.
Il parere di congruità è rilasciato anche nel caso di determinazione a contrattare, per l'attestazione relativa alla base di gara, e nel caso di stipulazione di contratti di servizio con le aziende partecipate.
Il comma 4 sostituisce l'articolo 169 del TUEL, che disciplina il Piano esecutivo di gestione.
Rispetto alla norma vigente, la nuova formulazione dell'articolo prevede che il piano esecutivo di gestione - adottato dall'organo esecutivo prima dell'inizio dell'esercizio finanziario sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal Consiglio - determina non solo gli obiettivi di gestione da raggiungere, affidati ai responsabili dei servizi, ma anche le attività da svolgere per il raggiungimento degli obiettivi.
È confermata la norma secondo cui l'applicazione delle disposizioni relative al piano di gestione è facoltativa per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, e si precisa che i suddetti comuni debbono comunque garantire, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, la delega delle attività da svolgere ai responsabili dei servizi, nonché degli obiettivi da raggiungere e delle relative risorse necessarie.
Rispetto al testo vigente dell'articolo 169 sono inoltre introdotti i nuovi commi 4 e 5, i quali, rispettivamente, dispongono che la rendicontazione del piano esecutivo di gestione e la verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati siano deliberate dall'organo esecutivo entro il 31 marzo dell'esercizio successivo a quello di riferimento ed estendono l'applicazione delle norme sul piano di gestione anche alle unioni di Comuni.
Il comma 5 dell'articolo 29 sostituisce l'articolo 196 del TUEL, relativo al controllo di gestione.
La nuova formulazione dell'articolo riproduce, nella sostanza, la disciplina sul controllo di gestione attualmente contenuta negli articoli 196, 197, 198 e 198-bis del TUEL.
Per quanto riguarda le principali novità, nella nuova formulazione del comma 3 dell'articolo 196 del TUEL è introdotta una disposizione volta a specificare che, nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e nelle unioni di comuni, il controllo di gestione è affidato al responsabile del servizio economico-finanziario o, in assenza, al segretario comunale, e che tale controllo può essere svolto anche mediante forme di gestione associata con altri enti limitrofi.
Per quanto concerne le fasi del controllo di gestione, per le quali si conferma l'articolazione in tre fasi, la nuova normativa


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specifica che la prima fase del controllo, cioè la predisposizione del piano degli obiettivi, avviene sulla base degli obiettivi delineati nel piano esecutivo di gestione, ove approvato.
Rispetto invece all'attuale disciplina sui risultati del controllo di gestione e sulla comunicazione del referto, attualmente contenuta negli articoli 198 e 198-bis del TUEL, il nuovo articolo 196, al comma 7, specifica che la struttura operativa cui è assegnata la funzione dei controlli di gestione fornisce, con cadenza periodica e con modalità definite secondo la propria autonomia organizzativa, le conclusioni del controllo agli amministratori, ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati, ed ai responsabili dei servizi, affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili, prevedendo inoltre che il resoconto annuale finale del controllo è trasmesso anche alla Corte dei Conti.
Il nuovo articolo 196 introduce inoltre una previsione che richiede la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti del consiglio dell'ente locale per l'elezione dei revisori contabili, salvo diversa disposizione statutaria.
Il comma 6 dell'articolo 29 dispone l'abrogazione degli articoli 197, 198 e 198-bis del TUEL, relativi al controllo di gestione, la cui nuova disciplina viene inserita nel novellato articolo 196.
Il comma 7 reca una clausola di salvaguardia con riguardo a quanto previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 150 del 2009, in tema di adeguamento degli enti locali ad alcuni principi dettati da quella riforma concernente l'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e dell'efficienza e della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni.
L'articolo 30 novella alcuni articoli del TUEL relativi alla disciplina dell'organo di revisione economico-finanziario.
In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 234, comma 2, del TUEL, con riferimento alle modalità di composizione dell'organo di revisione, integrando i criteri di scelta dei tre componenti del collegio dei revisori dei conti.
Rispetto alla normativa vigente si prevede che i componenti del collegio siano scelti sulla base di criteri individuati dallo Statuto stesso dell'ente, volti a garantire una specifica professionalità e a privilegiare il credito formativo, che deriva anche dalla partecipazione a corsi di formazione.
Inoltre, le categorie entro le quali è possibile effettuare la scelta dei componenti vengono limitate agli iscritti al registro dei revisori contabili e agli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, espungendo la categoria degli iscritti nell'albo dei ragionieri e facendo venir meno il principio secondo cui ciascuno dei membri del collegio deve appartenere alle categorie dei revisori contabili, dei commercialisti e dei ragionieri.
Inoltre viene modificato il comma 3 dell'articolo 234 del TUEL, limitando ai soli comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (anziché 15.000) la figura del revisore unico. Per i comuni tra 5.000 e 15.000 abitanti è prevista la possibilità di scegliere l'affidamento della funzione di revisione economico-finanziaria ad un revisore unico o, a parità di costi, ad un organo collegiale composto di tre membri, secondo criteri definiti dallo Statuto dell'ente. In mancanza di tale definizione statutaria, la revisione deve essere affidata ad un revisore unico.
Il comma 2 dell'articolo 30 novella l'articolo 236, comma 2, del TUEL, relativo alla incompatibilità ed ineleggibilità dei revisori, espungendo il riferimento ai membri dell'organo regionale di controllo (soppresso dopo la riforma del Titolo V della Costituzione) dall'elenco dei soggetti ineleggibili nell'organo di revisione contabile.
Il comma 3 novella l'articolo 239 del TUEL, che reca la disciplina delle funzioni dell'organo di revisione economico-finanziario.
In particolare, la lettera a) del comma 3 sostituisce la lettera b) del comma 1


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dell'articolo 239, relativa ai pareri espressi dall'organo di revisione, estendendo l'ambito di espressione dei pareri - oltre che alla proposta di bilancio di previsione e relative variazioni, come già previsto dall'attuale disciplina - alle seguenti materie:
strumenti della programmazione economico finanziaria;
modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;
proposte di ricorso all'indebitamento;
proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa;
proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;
proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali.

La lettera b) del comma 3 modifica ulteriormente il comma 1 dell'articolo 239, introducendo una nuova lettera c-bis), la quale introduce, tra le funzioni dell'organo di revisione, anche quella relativa al controllo periodico trimestrale della regolarità amministrativa e contabile della gestione diretta ed indiretta dell'ente, nonché la verifica della regolare tenuta della contabilità, della consistenza di cassa e dell'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà.
La lettera c) del comma 3 introduce un nuovo comma 1-bis nell'articolo 239 del TUEL, ribadendo che i pareri espressi sulla proposta di bilancio di previsione devono esprimere un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è altresì tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione.
La lettera d) modifica il comma 2 dell'articolo 234 del TUEL, relativo agli atti che debbono essere obbligatoriamente inviati all'organo di revisione, al fine di rendere obbligatorio l'invio, da parte della Corte dei Conti, dei rilievi e delle decisioni assunte a tutela della sana gestione finanziaria dell'ente, in luogo dell'invio da parte dell'organo regionale di controllo (soppresso dopo la riforma del Titolo V della Costituzione) delle decisioni di annullamento delle delibere adottate dagli organi degli enti locali.
L'articolo 31 reca una serie di norme abrogative e modificative del TUEL e di altre disposizioni di legge.
Il comma 1 abroga o modifica una serie di disposizioni del TUEL e di altre disposizioni di legge.
Il comma 2 abroga le disposizioni del decreto legislativo n. 504 del 1992 in tema di finanziamento delle comunità montane.
Il comma 3 abroga le disposizioni che disciplinano gli enti soppressi dal disegno di legge.
Il comma 4 abroga le disposizioni incompatibili con il disegno di legge.
L'articolo 32 reca una norma di coordinamento per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, enti i quali hanno competenza legislativa primaria in materia di enti locali, in relazione all'ordinamento, alle circoscrizioni territoriali ed alla finanza.
In linea generale, rileva come il provvedimento interessi gli ambiti di competenza della Commissione Finanze nella misura in cui esso incide sulle funzioni fondamentali delle province e dei comuni, in quanto tale riassetto avrà evidenti ricadute sulla concreta attuazione della delega in materia di federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009, principalmente sotto il profilo del finanziamento di tali funzioni fondamentali.
Informa quindi che la Commissione Affari costituzionali non ha ancora concluso


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l'esame degli emendamenti presentati, proponendo quindi di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del provvedimento, in attesa di poter disporre del testo che risulterà dalle proposte emendative approvate nel corso dell'esame in sede referente.

Gianfranco CONTE, presidente, alla luce della proposta del relatore, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sui lavori della Commissione.

Gianfranco CONTE, presidente, informa che nella giornata di giovedì sarà inserito all'ordine del giorno della Commissione l'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 2699-ter, approvata dal Senato, e C. 1964, recanti istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo. Propone quindi di procedere ad un ciclo di audizioni nell'ambito dell'istruttoria legislativa sui provvedimenti, evidenziando in tale contesto come l'esigenza di affrontare il tema del contrasto ai fenomeni fraudolenti nel settore assicurativo sia stata sottolineata anche in occasione dell'odierna Relazione annuale dell'ISVAP.
Sottolinea quindi, sempre con riferimento al settore assicurativo, come l'Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia avviato un'istruttoria sui costi dei servizi assicurativi in Italia, e come, recentemente, l'ISVAP abbia adottato un proprio regolamento sulle problematiche afferenti alle polizze assicurative richieste per la stipula di contratti di finanziamento, stabilendo un regime di incompatibilità tra il collocamento al pubblico di tali polizze e l'erogazione dei finanziamenti.
Ritiene, a quest'ultimo proposito, che l'accresciuta attenzione su tale problematica sia anche il frutto del proficuo lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione Finanze, la quale ha segnalato tali questioni nel documento conclusivo approvato al termine dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo.
Su un piano più generale, ritiene che la Commissione dovrebbe focalizzare maggiore attenzione sui temi della semplificazione nei settori tributario e finanziario, attraverso iniziative sia di carattere conoscitivo sia di natura legislativa o di indirizzo, che potranno essere sviluppate nei prossimi mesi.

Alberto FLUVI (PD) concorda in linea di massima con la proposta avanzata dal Presidente, ritenendo tuttavia opportuno delimitare con precisione l'ambito di interesse della Commissione, ad esempio concentrandosi sui temi della semplificazione nei rapporti tra cittadini ed Amministrazione finanziaria, prendendo anche spunto dal decennale dell'entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente.

Gianfranco CONTE, presidente, condivide le considerazioni del deputato Fluvi, richiamando in particolare il tema della riscossione coattiva, nel cui ambito si segnala l'esigenza di rivedere taluni meccanismi interni che non sono stati ancora messi a punto, nonostante il susseguirsi di numerosi interventi normativi in materia nel corso degli ultimi anni, nonché quello del rapporto tra debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese e crediti tributari vantati dall'Erario.

Cosimo VENTUCCI (PdL) rileva come la questione dell'esposizione debitoria della Pubblica Amministrazione nei confronti del settore delle imprese risulti particolarmente delicata, costituendo un gravissimo elemento di sofferenza per moltissime imprese che rischia, in alcuni casi, di pregiudicarne la stessa sopravvivenza. Concorda pertanto con l'esigenza di affrontare tale problematica, in particolare sotto il profilo della compensazione con i tributi, individuando una soluzione rispettosa sia dei diritti dei cittadini sia delle esigenze di equilibrio della finanza pubblica.


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Francesco BARBATO (IdV), in riferimento al tema, ricordato dal Presidente, del livello dei costi delle polizze assicurative, rileva come spesso la politica di prezzi seguita dalle compagnie assicurative nel settore della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli sia sostanzialmente volta, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, ad eludere l'obbligo a contrarre vigente nei loro confronti.

Gianfranco CONTE, presidente, invita i gruppi ad individuare una serie di temi da proporre all'attenzione della Commissione, che potranno essere ulteriormente approfonditi in occasione della prossima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, specificamente dedicato alla programmazione dei lavori.

La seduta termina alle 13.30.

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