SOMMARIO
Mercoledì 21 luglio 2010
5-02790 Ghizzoni: Regolamentazione della materia dell'equo compenso correlato al diritto d'autore ... 445
ALLEGATO 1 (Testo della risposta) ... 456
5-03025 De Pasquale: Sull'adozione dei testi scolastici in base alla legge 169/2008 ... 446
ALLEGATO 2 (Testo della risposta) ... 458
5-03040 Cuomo: Sulla situazione di abbandono dell'Auditorium di Ravello ... 446
ALLEGATO 3 (Testo della risposta) ... 460
5-03082 Vannucci: Sul rientro in Italia del tavolo dello «studiolo» del duca Francesco Maria II della Rovere ... 446
ALLEGATO 4 (Testo della risposta) ... 461
5-03195 Palmieri: Assegnazione di risorse materiali, strumentali e di personale agli istituti paritari ... 447
ALLEGATO 5 (Testo della risposta) ... 462
5-03235 Mazzuca: Sulle trattative per l'affidamento del teatro Duse di Bologna a privati ed enti locali ... 447
ALLEGATO 6 (Testo della risposta) ... 464
D.L. 78/2010: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. C. 3638 Governo, approvato dal Senato (Parere alla V Commissione) (Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni) ... 447
ALLEGATO 7 (Parere approvato dalla Commissione) ... 466
ALLEGATO 8 (Proposta di parere alternativo presentata dai deputati Ghizzoni, Bachelet, De Biasi, Siragusa, De Torre, Levi, Mazzarella, Nicolais, De Pasquale, Coscia, Pes, Rossa, Russo, Melandri e Lolli) ... 468
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte.
La seduta comincia alle 14.15.
5-02790 Ghizzoni: Regolamentazione della materia dell'equo compenso correlato al diritto d'autore.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).
Manuela GHIZZONI (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della
risposta all'interrogazione da lei presentata, concernente i diritti che la legge n. 633 del 1941, all'articolo 73-bis, riconosce al produttore di fonogrammi, agli interpreti e agli esecutori, quando la riproduzione avvenga senza scopo di lucro. Rileva peraltro che per l'attribuzione di tale compenso era necessaria l'adozione di un apposito regolamento, che si attende da quindici anni. In tale vuoto normativo è accaduto che, ad esempio, il consorzio SCF, che rappresenta circa l'80 per cento del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia, ha messo in atto iniziative per recuperare l'equo compenso in questione, sulla base di una normativa che peraltro non attua l'articolo 73-bis citato. Sarebbe stato quindi necessario individuare una sede di confronto idonea, proprio al fine di giungere alla regolamentazione definitiva della materia dell'equo compenso correlato al diritto d'autore. Segnala quindi che, a fronte del riconoscimento del problema, nella risposta del Governo non si individuano soluzioni concrete.
5-03025 De Pasquale: Sull'adozione dei testi scolastici in base alla legge n. 169 del 2008.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).
Rosa DE PASQUALE (PD), replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta ricevuta, rilevando che il blocco per sei anni dei libri di testo ha comportato la lievitazione dei costi dei volumi e lede sia le prerogative degli editori, che la possibilità di scelta degli insegnanti. Aggiunge che nella risposta del Governo per gli insegnanti specialisti di lingua inglese si sostiene che la scelta viene fatta da uno specialista; in realtà l'affermazione non è corretta considerando che esiste il blocco dell'adozione dei libri di testo per sei anni anche per questo settore. A fronte poi dell'affermazione secondo la quale il Governo tende a valorizzare gli strumenti digitali e le biblioteche scolastiche, non si chiarisce quale soluzione si prevede proprio per i libri di testo cartacei. Ribadisce, quindi, che non è comprensibile per quale motivo si blocchi la scelta dei libri di testo per tanti anni, considerando che tale blocco comporta un aumento del costo relativo.
5-03040 Cuomo: Sulla situazione di abbandono dell'Auditorium di Ravello.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).
Antonio CUOMO (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo. Ferma la consapevolezza sulle diverse competenze regionali e locali in materia, l'interrogazione da lui presentata intendeva ricevere però chiarimenti proprio in merito alle difficoltà degli enti territoriali competenti di intervenire, richiedendosi quindi l'intervento del Ministero. Non si chiarisce invece quali siano le decisioni che il Ministero competente intende adottare al riguardo, ma ci si limita a parlare di un generico interessamento della Sovrintendenza competente per un'opera che invece meriterebbe ben altra attenzione, essendo una delle più belle realizzate. È necessario quindi che il Ministero intervenga per quanto di competenza sulla Sovrintendenza per trovare gli strumenti adeguati a risolvere la situazione.
5-03082 Vannucci: Sul rientro in Italia del tavolo dello «studiolo» del duca Francesco Maria II della Rovere.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).
Massimo VANNUCCI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta ricevuta, rilevando che pensava di avere fatto un'azione meritoria segnalando per tempo al Ministero che il 6 luglio scorso
veniva messo all'asta il tavolo facente parte dello studiolo del duca Francesco Maria II della Rovere. Rileva invece che il Governo è rimasto assente anche in questa occasione. Segnala infatti che nella prima parte della risposta si evidenzia l'importanza del bene, ma che a fronte di ciò il Ministero non ha intrapreso alcuna iniziativa per l'acquisto del bene, per il quale sarebbe stato sufficiente spendere una cifra di un milione e duecentomila euro. Aggiunge che l'ultima parte della risposta contiene un impegno generico da parte del Ministero senza l'indicazione di azioni concrete. Si chiede pertanto quali siano le iniziative che il governo intende porre in essere per recuperare al patrimonio dello Stato di questo importante bene.
5-03195 Palmieri: Assegnazione di risorse materiali, strumentali e di personale agli istituti paritari.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).
Antonio PALMIERI (PdL), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta ricevuta che conferma l'impegno del Governo ad istituire un comitato ad hoc che si occupi della questione per adottare le misure necessarie ad assegnare risorse materiali, strumentali e di personale agli istituti paritari. Ritiene che tale impegno porrà fine ad una grave ingiustizia, consentendo alle famiglie di potersi rivolgere indistintamente alle scuole pubbliche o a quelle paritarie, evitando quindi discriminazioni tra le famiglie che scelgono un tipo di scuola piuttosto che un altro. Si riserva quindi di presentare un'altra interrogazione nel corso dei prossimi mesi per verificare l'attuazione dell'impegno assunto dal Governo.
5-03235 Mazzuca: Sulle trattative per l'affidamento del teatro Duse di Bologna a privati ed enti locali.
Il sottosegretario Guido VICECONTE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).
Giancarlo MAZZUCA (PdL), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta, ringraziando il Governo per l'impegno espresso a trovare una soluzione in tempi rapidi. Sottolinea peraltro la propria preoccupazione, in quanto a fronte di un impegno a cui aveva accennato il sottosegretario Giro pari a 600.000 euro, frazionato in tre anni, non vi è stato poi alcun riscontro, ma piuttosto un accenno del Ministro Bondi a verificare la possibilità di un coinvolgimento di privati nell'iniziativa. Ritiene quindi che occorra fare chiarezza, anche perché i dipendenti del teatro Duse di Bologna rischiano di essere licenziati a fine mese.
Valentina APREA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
La seduta termina alle 14.40.
Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Intervengono il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, e il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro.
La seduta comincia alle 14.40.
D.L. 78/2010: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
C. 3638 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 20 luglio 2010.
Giuseppe GIULIETTI (Misto), di fronte alla prospettiva di approvare la manovra finanziaria con il voto di fiducia, ritiene necessario chiarire se si sia in presenza di una discussione sostanziale o solo formale. Al riguardo sottolinea che occorre chiarire se si è in presenza di una «fiducia blindata «, che impedisce ai parlamentari, anche della maggioranza, di porre delle questioni, obbligandoli ad un assenso integrale ed a un silenzio totale o se, in qualche misura, si sia in presenza di aperture su determinati temi e materie, come per esempio i nuovi finanziamenti che il Ministro Frattini ha preannunciato per evitare i tagli al settore diplomatico. Osserva che, in tale ultimo caso, occorrerà riflettere seriamente e approfonditamente sulle questioni più volte poste in Commissione nelle materie di competenza. Ritiene utile altresì sottolineare che gli effetti negativi della manovra finanziaria in
oggetto si vedranno tutti nelle prossime annualità, trattandosi soprattutto di tagli lineari sui settori fondamentali di competenza della Commissione: cultura, editoria ed emittenza. Evidenzia, infatti, che la manovra, basata solo su tagli lineari, senza proposte sulle riforme di fondo da effettuare, va a colpire l'asse portante del Paese, rappresentato dal patrimonio culturale, materiale e immateriale dell'Italia.
Al riguardo, osserva che molti dei rilievi da lui più volte avanzati in Commissione sono condivisi dai colleghi della maggioranza. In questo quadro, ritiene quindi che occorrerà riflettere sulle condizioni da inserire nella proposta di parere del relatore, auspicando che sia tenuto in debita considerazione dal Governo. Sottolinea che la condizione di chi dovrà votare la manovra è di certa demotivazione, favorendo un atteggiamento parlamentare rinunciatario. Ritiene peraltro che non si possano più accettare tagli indistinti e lineari, senza che questi siano accompagnati da serie proposte di riforma. Al riguardo, cita l'esempio dell'editoria, la cui legge di riforma, più volte annunciata dal sottosegretario Bonaiuti non ha ancora visto la luce, proprio a causa delle misure volute dal Ministro Tremonti. Ricorda poi come sulla medesima questione si sia espresso recentemente addirittura un quotidiano nazionale, organo della Conferenza
Episcopale Italiana, richiamando l'attenzione proprio sulla necessità di intervenire a sostegno del settore dell'editoria. Si tratta quindi di questioni che sono sotto gli occhi di tutti e che non è possibile eludere, dimenticando che la Commissione cultura ha votato all'unanimità un parere proprio a sostegno del settore. Rileva che, ancora una volta, l'appello del Parlamento è rimasto inascoltato, proseguendo il Governo con tagli lineari in tutti i settori, ignorando ogni possibilità di attuare misure volte alla crescita e alla riforma di settori essenziali per la cultura italiana, quali lo spettacolo e l'editoria appunto. Non vorrebbe che, vista la situazione di crisi, il Governo, come accaduto in passato chiamasse gli italiani alla «donazione delle fedi nuziali» per sostenere il settore. Preannuncia quindi il voto contrario sulla manovra del Governo, dichiarandosi da subito favorevole ad un eventuale parere alternativo che
denunci la grave situazione perpetrata dal Governo.
Emilia Grazia DE BIASI (PD) ritiene che la relazione del collega Murgia sia stata latitante su tutta una serie di elementi problematici, già più volte evidenziati nel corso di precedenti dibattiti tenutesi in Commissione. Preannuncia che si soffermerà sulla parte di manovra che riguarda in particolare le attività e le funzioni di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali. Al riguardo, ricorda che nella giornata di ieri il Ministro Bondi, nel presentare la manovra, ha reso pubblici tutta una serie di azioni positive e di risultati che sarebbe riuscito ad ottenere per il settore della cultura. Al riguardo osserva che dei traguardi enunciati non vi è traccia nella manovra finanziaria, sia per ciò che riguarda la copertura finanziaria della legge quadro sullo spettacolo, sia per ciò che concerne la legge sul cinema, che attualmente non è ancora in vigore. Osserva inoltre che, al di là della più volte conclamata volontà del Ministro Bondi di volere liberare il settore
della cultura dell'egemonia della sinistra, non vi sono altri risultati se non quello di un taglio complessivo delle risorse del settore, che può contare su uno stanziamento di fondi al di sotto dello 0,3 per cento del PIL nazionale, mentre per i Paesi europei la media è dell'1 per cento; a fronte della circostanza che l'Italia possiede però il 52 per cento del patrimonio culturale mondiale. Aggiunge che ancora una volta il Ministro Bondi si contraddice quando richiama l'intervento dei privati nel sistema di finanziamento dei beni culturali. Al riguardo infatti, le affermazioni del Ministro sull'ingresso dei privati nelle fondazioni, per uscire «dalla statalizzazione», non sono veritiere, in quanto si è visto che con il decreto sulle fondazioni lirico-sinfoniche è accaduto esattamente il contrario: non sono state previste incentivazioni fiscali per i privati, ritenute anzi «economicamente lesive» dal Ministro
Tremonti.
Richiama quindi ancora una volta la questione dei lavori riguardanti la «Grande Brera», ricordando la risposta data ad una sua interrogazione circa gli emolumenti del dottor Resca, che a detta del Governo, avrebbe avuto una percentuale sui finanziamenti pubblici ammontanti, per il progetto, a 50 milioni di euro. Sottolinea invece che lo stesso dottor Resca ha dichiarato di recente, su un importante quotidiano nazionale, che occorrono per il progetto «Grande Brera» almeno 100 milioni di euro da parte dei privati, ancora una volta portando avanti manovre pesanti, e non mantenendo le promesse fatte. Sottolinea altresì che la manovra parla più con i suoi silenzi che non con i provvedimenti che pone in atto, tacendo in particolare sulle competenze spostate, in settori strategici e importanti del Ministero, sulla protezione civile e sulla sua gestione straordinaria. Si omettono i tagli alla tutela del paesaggio, nell'ambito del quale, invece, si
è rischiato che venisse attuato lo scempio del silenzio-assenso, come pure la copertura alla legge quadro sullo spettacolo dal vivo all'esame in Commissione, dato che non vi è traccia nella manovra dell'impegno pubblico assunto dal Ministro Bondi sulla questione. Rileva quindi come siano assolutamente insostenibili i tagli del 50 per cento, operati senza alcun parametro, ai bilanci di enti e istituti culturali, non tenendosi, ad esempio, in alcun conto gli investimenti già fatti dai medesimi enti. Si procede invece ancora una volta all'azzeramento della memoria storica del Paese e ad una svalorizzazione del suo patrimonio culturale, di cui teme rimarrà in vita solo l'emittenza radiotelevisiva. Al riguardo, osserva che la soppressione dell'ETI, operata senza criterio e con un passaggio di tutto il personale al Ministero dei beni culturali, non porterà il risparmio atteso, ma piuttosto una minima riduzione di costi pari a 120 mila euro,
mantenendo ugualmente il personale in servizio, senza progettualità e in disprezzo della professionalità acquisita. In questo quadro, sottolinea ancora una volta che i tagli operati dal Governo sono tagli «senza politica», come quelli, ad esempio, previsti per il FUS, per il quale sono stati tagliati 200 milioni in occasione della manovra in esame, per una riduzione complessiva, dall'inizio della legislatura, di più di 500 milioni; ciò decreterà la chiusura del mondo dello spettacolo, non essendo nemmeno più possibile per gli enti pubblici procedere a sponsorizzazioni. A fronte di una situazione di totale mancanza di incentivazione per l'ingresso dei privati, le fondazioni lirico-sinfoniche continuano peraltro ad assorbire il 50 per cento dello stanziamento del FUS.
Osserva quindi che, al di là delle ottimistiche e roboanti dichiarazioni del Ministro Bondi sulle «sorti progressive» del Ministero dei beni culturali, vi sia in realtà una acquiescenza ai voleri del Ministro Tremonti, interessato a svuotare del tutto l'intervento pubblico e a lasciare il settore della cultura nella residualità. Evidenzia, quindi, che tali misure porteranno ad un contributo del privato non integrativo ma interamente sostitutivo, con una assoluta privatizzazione del patrimonio culturale italiano. In questo quadro, il settore dello spettacolo vivrà del sostentamento di potentati economici, sottolineando che si sta consegnando al settore bancario e finanziario
e ai grandi poteri dei media l'intero patrimonio culturale italiano, con il rischio di introdurre un regime monopolistico nel settore, neanche non presente in paesi dell'America Latina. Ritiene, in conclusione, che si stia abbandonando a sé stesso un settore fondamentale e produttivo dove, per un euro speso ne ritornano sette. Si rivolge quindi al relatore affinché almeno nella proposta di parere la maggioranza evidenzi tutte le criticità che ha evidenziato, proprio per evitare che il settore della cultura cada nel Paese in una condizione irreparabile.
Ricardo Franco LEVI (PD) condivide le osservazioni del collega Giulietti, richiamando quanto più volte affermato dal Governo in Commissione circa l'avvento dei cosiddetti Stati generali dell'editoria, che, scivolando di anno in anno, non hanno invece mai visto la luce. Osserva che, allo stato attuale, si possa parlare anzi di «funerali dell'editoria», in quanto il Governo va via, via togliendo contributi al settore sia in forma diretta che, ad esempio, con le sovvenzioni per gli abbonamenti postali. Preannuncia che tali osservazioni saranno richiamate nella proposta di parere alternativo che verrà illustrato dalla collega Ghizzoni. Ricorda, quindi, che la Commissione, con l'approvazione del parere sullo schema di regolamento sull'editoria, nel marzo scorso aveva chiesto al Governo di ripristinare il cosiddetto «diritto soggettivo»; di tutelare i giornali italiani all'estero e di salvaguardare l'emittenza locale. A tali richieste invece non è stato dato alcun seguito e anzi il Governo continua a tagliare i fondi al settore dell'editoria, per ben 219 milioni di euro rispetto al consuntivo del 2008, ottenendo un taglio di quasi il 50 per cento. Auspica almeno che i colleghi della maggioranza che hanno approvato il parere indicato abbiano un atto di coerenza, esprimendo voto contrario sul provvedimento in esame.
Manuela GHIZZONI (PD) preannuncia una proposta di parere alternativo da parte del gruppo da lei rappresentato, dove vi è contenuta una valutazione sia sulla manovra finanziaria nel suo complesso, oggetto del provvedimento in esame, sia sui profili di competenza della Commissione, sottolineando, altresì, che si è ritenuto opportuno toccare ambiti che esulano dalle competenze specifiche della Commissione, quali la materia giuslavoristica, per ciò che riguarda in particolare la scuola e l'università, o la soppressione degli enti di ricerca, sebbene non sottoposti alla vigilanza del MIUR. Osserva che non può non fare riferimento alla ristrettezza dei tempi parlamentari che non consentono di valutare in pochi minuti manovre di tale peso e di tale gravità, condizione peraltro già verificatesi nel luglio 2008 con il decreto n. 112. Stigmatizza, inoltre, il fatto che materie
così complesse ed ampie non possono più essere affidate allo strumento del decreto-legge che impone la conversione in legge in tempi ridotti e affida tutte le competenze alla Commissione bilancio, esautorando di fatto le Commissioni di merito; osserva che, in questo quadro, la fiducia che verrà apposta sulla manovra finanziaria sarà un'ulteriore ripetizione di procedure già viste che costringono il Parlamento al silenzio e, sottolinea ancora una volta, che tale fatto dovrebbe indignare per primi i colleghi della maggioranza. In questo quadro intende sottolineare con forza che la manovra finanziaria presentata dal Governo è iniqua e squilibrata, sottolineandone la inadeguatezza, come opportunamente osservato anche dal Servizio Studi, in quanto se l'economia non dovesse riprendere si sarà costretti inevitabilmente ad intervenire di nuovo e a breve.
Ricorda che il gruppo da lei rappresentato ha presentato diversi emendamenti contenenti interventi strutturali che avrebbero consentito migliore efficacia ed efficienza della spesa pubblica oltre a prevedere politiche strutturali di sviluppo, che saranno illustrati nella commissione Bilancio. Per le materie di competenza si limita a richiamare l'emendamento che attiene all'applicazione del Titolo V in materia di istruzione, non prima di aver osservato che i provvedimenti della ministra
Gelmini hanno gettato la scuola in una situazione di precarietà e incertezza, come i recenti pronunciamenti del TAR acclarano, in merito al taglio dell'orario degli istituti tecnici e professionali e alla illegittimità delle circolari degli organici in quanto emesse precedentemente alla normativa di riferimento. Richiama, pertanto, l'attenzione dei colleghi della Lega per ciò che riguarda la ritardata attuazione del Titolo V della Costituzione in materia di istruzione, che si riferisce evidentemente ad un problema politico in seno alla maggioranza, poiché la mancata volontà di mettere in atto il master plan è attribuibile al Governo e non dalle regioni. L'attuazione del Titolo V in tale settore alleggerirebbe di funzioni il mastodontico Ministero dell'istruzione, che dovrebbero concentrarsi sulla valutazione della qualità e sull'unitarietà del sistema, mentre a livello regionale spetterebbe la gestione
condivisa e partecipata del sistema delle autonomie scolastiche. Ribadisce che la manovra finanziaria in oggetto incide pesantemente sui settori di competenza della Commissione, anche perché si mettono le mani nelle buste paga dei lavoratori di scuola, università e ricerca. Il maxiemendamento approvato al Senato ha confermato, infatti, le norme più odiose contenute nel decreto legge approvato dal Governo, che vanno dal blocco degli scatti stipendiali e dal mancato rinnovo dei contratti (sebbene gli insegnanti e i ricercatori abbiano stipendi ben inferiori alla media europea) al taglio del 50 per cento dei contratti a tempo determinato, alla soppressione degli enti. Al riguardo sottolinea, altresì, che con il blocco dei meccanismi stipendiali che riguardano il settore della scuola e dell'università sono bloccati di fatto i meccanismi di premialità, contraddicendo un indirizzo politico rivendicato, almeno a parole, fin dall'inizio
della legislatura dalla maggioranza al Governo. Per ulteriori valutazioni negative sul suddetto blocco e su quello posto al rinnovo dei contratti di lavoro, rinvia a quanto rimane scritto nel parere alternativo del proprio gruppo parlamentare, ma desidera rappresentare ai colleghi della maggioranza che la perdita economica per il combinato disposto delle due norme è pesantissima e si trascinerà negli anni: in sintesi si potrebbe dire che tali lavoratori «devolveranno» un anno e 3 mesi di lavoro al Governo in base ad una decisione assunta unilateralmente.
Riprende quanto già dichiarato ieri in merito alla confusa formulazione dell'articolo 8, comma 14, del decreto-legge n. 112, e che sancisce comunque un furto in quanto o vengono meno gli scatti stipendiali, o i fondi per le scuole o le risorse per la valorizzazione del merito. Stigmatizza poi i tagli lineari apportati al Miur, che ammontano a 190 milioni tolti alla Missione istruzione scolastica e a 70 milioni alla missione istruzione universitari: questi ulteriori tagli avranno ripercussioni dirette e negative sul funzionamento delle istituzioni scolastiche e universitarie. Per quanto attiene alla soppressione degli enti di ricerca - che prevalentemente non sono vigilati dal Miur - rinvia alle valutazioni affidate al parere alternativo, ma desidera in questa sede ricordare ai colleghi che la cancellazione di alcuni enti, alla luce di risparmi molto contenuti per il bilancio dello stato, trovano la loro motivazione nella volontà del Governo di punirne l'autonomia
scientifica e di analisi: ricorda infatti che l'ISAE, che sarà accorpato al MEF, aveva, a suo tempo, fornito informazioni e dati sgraditi al Ministro dell'economia. Per ciò che riguarda l'università, ricorda inoltre come il disegno di legge Gelmini, da domani in discussione presso l'Aula del Senato, entra in contraddizione palese con quanto stabilito dalla manovra finanziaria in merito al taglio del 50 per cento dei contratti a tempo determinato e sottolinea che tale taglio porterà ad un depauperamento della ricerca e della didattica universitarie, oltre che a gravissimi costi sociali per i ricercatori precari che dal prossimo anno non potranno rinnovare il contratto e saranno costretti a portare il loro talento e la loro professionalità all'estero. Evidenzia che non si combatte il precariato tagliando contratti e prospettive di vita ai ricercatori ma valutandone seriamente il merito e quindi permettendone un ingresso a pieno
titolo nel mondo universitario. Sottolinea che il combinato disposto del taglio dei contratti a tempo determinato e l'aumento retributivo dei ricercatori in tenure track come previsto dal disegno di legge Gelmini - rinviando comunque al parere alternativo per una stima verosimile delle posizioni che potranno essere attivate - determinerà una contrazione insostenibile dei contratti attivabili a tempo determinato, penalizzando ulteriormente l'ingresso dei giovani nel settore universitario. Se non interverranno modifiche, con l'esistenza di questa norma il DDL Gemini produrrà l'effetto di bloccare il reclutamento nelle università italiani, così come è già accaduto con il decreto-legge n. 180 del 2009.
Conclude soffermandosi sulla gravissima situazione del finanziamento statale alle università e ricordando che all'FFO del prossimo anno mancherà ben un miliardo e 300 milioni di euro rispetto all'anno in corso. Osserva che in questo scenario non sarà più possibile pagare gli stipendi e gli atenei saranno costretti a portare i libri in tribunale. Evidenzia, inoltre, che tale gravissima situazione finanziaria è denunciata da due anni, cioè a partire dall'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008, dal gruppo da lei rappresentato. La situazione è ben nota al Ministero competente in quanto in una prima stesura al Senato del provvedimento in esame si prevedeva uno stanziamento di 700 milioni di euro per l'FFO; tale previsione, necessaria alla sopravvivenza del sistema universitario, è invece poi scomparsa per la presumibile decisione del Ministero dell'economia e delle finanze, condannando l'università
italiana ad una situazione di gravissima crisi, di cui è completamente responsabile l'attuale Governo. Alla luce di quanto evidenziato, sottolinea ancora una volta che si garantisce la crescita di un Paese non svalutando i settori della conoscenza e della cultura, ma considerandoli come motori di sviluppo e volano della crescita civile di una società e di garanzia dell'esigibilità dei diritti di cittadinanza.
Luigi NICOLAIS (PD) ricorda che per perseguire determinati obiettivi occorre prendere decisioni forti, quali, ad esempio, quelle che il Governo Prodi aveva assunto a sostegno del settore dell'università. Constata, invece, che nella manovra vi sono solo tagli lineari alle spese, con una scelta tanto più grave se si pensa che l'Europa ha indicato chiaramente che bisogna investire nella ricerca e nell'università. È negativo poi che lo stipendio dei ricercatori sia bloccato, domandandosi anzi come ricercatori provenienti dall'estero potranno decidere di venire in Italia a fronte delle scarse prospettive che il Paese può offrire, non solo in termini di stipendi. Sulla ricerca in generale, poi, la manovra non prevede più neanche un euro a sostegno del FIRST, cioè dello strumento che finanziava la ricerca di base, voluto dal Ministro Mussi. Sono stati eliminati anche i crediti di imposta a sostegno delle piccole e medie imprese che investivano nella ricerca, con una scelta miope e penalizzante. Ribadisce quindi le proprie perplessità sulla politica del Governo in materia di ricerca e università, esprimendo le proprie preoccupazioni per il futuro di questi settori in Italia.
Paola GOISIS (LNP) rileva che il progetto del federalismo, sostenuto convintamente dal proprio gruppo da venti anni, sarà presto attuato e risolverà molti dei problemi che sono stati evidenziati negli interventi svolti dai colleghi che l'hanno preceduta. In particolare, si potranno risolvere le scarse risorse previste per le scuole; a tal proposito rileva che il proprio gruppo ha presentato una proposta di legge per la regionalizzazione delle graduatorie e per l'assegnazione alle regioni della gestione delle scuole proprio per far fronte a questa esigenza. Condivide d'altra parte le critiche ai tagli di 104 milioni di euro alle risorse a disposizione del Ministro per l'istruzione e alle risorse per il Ministero dei beni e delle attività culturali. Ritiene peraltro che tali tagli siano necessari a fronte della grave situazione finanziaria globale. Concorda invece sulla riduzione del 10 per cento di varie indennità
per i dipendenti del pubblico impiego, così come condivide il taglio alle spese per le sponsorizzazioni. Esprime invece proprie forti perplessità in merito all'assegnazione di un contributo di 18,5 milioni di euro per le celebrazioni relative all'unità d'Italia. Ritiene d'altro canto che il 30 per cento delle risorse derivanti dai risparmi riconducibili al decreto-legge n. 112 del 2008 sarebbero dovuto essere destinate a sostenere il merito degli insegnanti; rileva peraltro che almeno tali risorse sono state utilizzate per coprire altre spese relative al settore scolastico. Concorda quindi con il mantenimento del contingente relativo ai docenti di sostegno e con la norma che incentiva il rientro dei ricercatori in Italia. Non condivide invece le norme relative alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, che sopperiranno ai tagli del personale ATA, non essendo chiara l'esatta distribuzione geografica di tali lavoratori. Preannuncia in conclusione, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto favorevole sul provvedimento in esame.
Paola FRASSINETTI (PdL) rileva innanzitutto che il relatore ha svolto correttamente una relazione completa sul provvedimento in esame, non tacendo, dove necessarie, anche critiche al provvedimento. Sottolinea d'altra l'eccezionalità del momento, che ha costretto ad approvare una manovra finanziaria come quella in discussione, contestando quindi l'impostazione di chi ha voluto commentare i tagli previsti, come si trattasse di un intervento ordinario e non straordinario. Non si può certo attribuire all'attuale Governo la responsabilità della prossima paventata chiusura delle università, visto che la crisi del settore è stata inaugurata proprio grazie alle decisioni assunte dal Governo Prodi. Rileva d'altro canto che la manovra è stata approvata anche in sede europea, spesso molto critica con le decisioni assunte invece dai precedenti Governi di centrosinistra. Ritiene quindi che vi siano numerose norme positive a sostegno del settore, come per esempio l'articolo 44 che prevede agevolazioni fiscali per i ricercatori che rientrano dall'estero, anche se vi è la necessità di alcuni chiarimenti, come per esempio per le norme contenute nell'articolo 9, comma 28, relative ai contratti flessibili. Rileva in ogni caso che la pretesa indifferenza del Governo al settore della cultura, sostenuta da alcune colleghe della minoranza, non corrisponda nei fatti alle decisioni recentemente assunte per esempio a sostegno del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche. Preannuncia in conclusione, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto favorevole sul provvedimento in esame.
Bruno MURGIA (PdL) illustra una proposta di parere favorevole con condizioni sul provvedimento in esame (vedi allegato 7), rilevando che nella relazione svolta sono stati evidenziati molti dei punti critici ripresi nel dibattito odierno, come per esempio quelli relativi allo spettacolo dal vivo, alle università e all'editoria.
Pierfelice ZAZZERA (IdV), pur apprezzando lo sforzo del relatore, rileva che le condizioni della proposta di parere confermino e non confutino le criticità del provvedimento in esame. Sottolinea che ancora una volta si è costretti a discutere in modo troppo rapido un decreto-legge, senza alcuna possibilità di approfondimento, considerato anche che al Senato sono stati ritirati più di mille emendamenti. Rileva che il Ministero dei beni culturali è ormai legato in modo troppo netto alle decisioni del Ministero dell'economia e delle finanze: in sostanza il sottosegretario per i beni e le attività culturali si configura ormai come un vero e proprio «curatore fallimentare» del Ministero di riferimento, limitandosi a custodire il dicastero dall'esterno senza avere alcuna competenza nel merito. Segnala che la manovra è sicuramente imposta dall'Europa e chiesta dall'ECOFIN, che chiedevano un gesto di responsabilità, rilevando peraltro che a fronte di questa richiesta vi è un'unica e sola visione del Paese consistente nel mettere «le mani nelle tasche degli italiani» e nell'aumentare le tasse, senza immettere nuove risorse ed energie nel sistema Paese. Rileva che si è deciso
ancora una volta di non investire nelle materie della cultura e dell'istruzione; per questo motivo il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato una manovra alternativa di 65 miliardi di euro, che interviene, ad esempio, su province ed enti inutili, destinando 33 miliardi di euro alla ripresa dell'economia attraverso la defiscalizzazione per le famiglie e piccole e medie imprese. Segnala, al riguardo, che, senza immettere risorse fresche nel Paese non si può contribuire alla ripresa. Evidenzia quindi che una manovra economica come quella in esame costituisce un atto eminentemente politico che si assume la responsabilità di penalizzare fortemente lo Stato sociale, rispondendo, forse, solo alla visione del Bilderberg group, di cui fa parte il Ministro Tremonti.
Preannuncia quindi il proprio voto contrario sulla proposta di parere presentata dal relatore.
Manuela GHIZZONI (PD) illustra una proposta di parere alternativo (vedi allegato 8), di cui raccomanda l'approvazione. Apprezza lo sforzo del relatore nel redigere la proposta di parere, ma ritiene che la stessa sia insoddisfacente. Ribadisce, infatti, che la manovra finanziaria in esame sia fallimentare in quanto contribuirà ad acuire la crisi e non a risolverla. Secondo la documentazione tecnica predisposta dagli uffici della Camera sarà presto necessario, infatti, approvare un'altra manovra finanziaria per coprire adeguatamente gli interventi realizzati. Sottolinea ancora una volta la gravità del fatto che, con la manovra in questione, vengono gravemente colpiti settori importanti di competenza della Commissione.
Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC), pur rilevando che lo sforzo del relatore è stato notevole, non può condividere la proposta di parere da lui presentata, in quanto i profili negativi sono maggiori di quelli positivi. Rileva, in particolare, che le risorse per il settore scolastico continuano a diminuire e che il 30 per cento dei risparmi derivanti dal decreto-legge n. 112 del 2008 viene usato per il finanziamento delle spese correnti e non per interventi premiali per il merito degli insegnati. Aggiunge che le norme relative all'handicap risultano poco chiare, con formulazioni ambigue. Si associa quindi alle considerazioni svolte dalla collega Ghizzoni, preannunciando, anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene, il voto contrario sulla proposta di parere del relatore.
Valentina APREA, presidente, ricorda che è stata presentata, da parte dei deputati Ghizzoni ed altri, una proposta alternativa di parere che è in distribuzione. Pone quindi in votazione la proposta di parere del relatore, avvertendo che, se questa risulterà approvata, sarà preclusa la proposta alternativa, mentre, se risulterà respinta, sarà messa in votazione la proposta alternativa di parere.
La Commissione approva quindi la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 16.10.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.10 alle 16.15.
I seguenti punti all'ordine del giorno non è sono stati trattati:
Disposizioni per la tutela professionale dei lavoratori del settore dello spettacolo, intrattenimento e svago e disposizioni fiscali in favore delle esecuzioni musicali dal vivo.
Nuovo testo unificato C. 762 Bellanova e abb.
Concessione di contributi per il finanziamento di attività di ricerca sulla cultura latina del medioevo europeo.
C. 2774 Barbieri.
Modifiche alla legge 18 marzo 1968, n. 337, e all'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, in materia di spettacolo viaggiante e di parchi di divertimento, nonché alla legge 27 luglio 1978, n. 392, per la tutela delle attività alberghiere, teatrali e cinematografiche.
C. 3428 Aprea.
Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale.
C. 2800, approvata in un testo unificato dalla 7a Commissione permanente del Senato, C. 1255 Giancarlo Giorgetti, C. 1881 Lolli, C. 2251 Frassinetti e C. 2394 Ciocchetti.
Legge quadro per lo spettacolo dal vivo. C. 136 Carlucci, e abbinate C. 459 Ciocchetti, C. 769 Carlucci, C. 1156 Ceccacci Rubino, C. 1183 De Biasi, C. 1480 Zamparutti, C. 1564 Giammanco, C. 1610 Zazzera, C. 1849 Rampelli, C. 1935 Caparini e C. 2280 Goisis.
5-02790 Ghizzoni: Regolamentazione della materia dell'equo compenso correlato al diritto d'autore.
Con riferimento all'interrogazione dell'Onorevole Ghizzoni con la quale chiede di conoscere quali iniziative intenda assumere il Ministro per regolamentare la materia dell'equo compenso, rappresento quanto segue.
Nel richiamare quanto contenuto, in proposito, nella risposta all'interrogazione scritta n. 4-02958 citata dall'Onorevole interrogante, ribadisco che ai sensi dell'articolo 73 della legge n. 633 del 1941 sul diritto d'autore, il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti ed esecutori che abbiano realizzato l'interpretazione o l'esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, hanno diritto ad un compenso per l'utilizzo, a scopo di lucro, dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi.
A tal proposito, come noto anche all'interrogante, specifico che laddove le citate forme di utilizzazione avvengano, invece, senza scopo di lucro, l'articolo 73-bis della legge sul diritto d'autore, introdotto a chiusura del sistema normativo delineato dall'articolo 73, riconosce al produttore fonografico il diritto ad un equo compenso.
Aggiungo altresì che l'esercizio del diritto spetta al produttore il quale è poi tenuto a ripartire il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati e che la misura del compenso e le quote di ripartizione nonché le relative modalità, sono determinate secondo le norme del Regolamento per l'esecuzione della legge sul diritto d'autore, emanato con il Regio Decreto 18 maggio 1942, n. 1369. Evidenzio a tal proposito che in applicazione dell'articolo 23 del citato Regolamento, sono stati successivamente emanati:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o settembre 1975 per l'utilizzo del disco, ove si prevede, in mancanza di accordo tra le parti, un 2 per cento degli incassi lordi o delle quote di incassi lordi corrispondenti alla parte che il disco occupa nella pubblica utilizzazione;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 luglio 1976, per l'esercizio della radiodiffusione, ove si prevede, in mancanza di accordo tra le parti, un 1,50 per cento delle quote di incassi lordi riferibili alla effettiva utilizzazione del disco.
La ratio dell'assetto normativo sopra evidenziato, va individuata proprio nella necessaria garanzia da fornire, in ottemperanza alla legge, agli artisti interpreti ed esecutori nonché ai produttori fonografici, affinché, in caso di mancato accordo negoziale, vengano comunque remunerati con il compenso determinato tramite le percentuali di cui ai citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che costituisce comunque un minimo garantito e non un tetto alla remunerazione dei produttori fonografici.
Ciò premesso, faccio presente che nel nostro ordinamento non esiste una norma che attribuisca in via esclusiva l'attività di tutela, difesa e promozione degli interessi
collettivi dei diritti dei produttori discografici alle società di collecting. Queste, infatti, sono chiamate ad operare quali soggetti rappresentativi di istanze individuali di singoli titolari dei diritti che ad esse sono iscritti o ad esse abbiano conferito il mandato.
Un esempio di tali tipi di società è la Società Consortile Fonografici (S.C.F.), costituita nell'anno 2000 dalle case discografiche indipendenti, con lo scopo di rendere più agevole ed efficace l'esercizio dei diritti attribuiti per legge. Aggiungo che, un ruolo analogo alla S.C.F. è svolto dall'Associazione Fonografici Italiani (AFI), che proprio nel corso di quest'anno ha stipulato una convenzione con la S.I.A.E. per la riscossione dei diritti connessi.
Alla SIAE, peraltro, l'articolo 180 della legge sul diritto d'autore attribuisce in via esclusiva il ruolo di intermediario necessario per la riscossione dei diritti connessi in caso di ritrasmissione via cavo dell'opera protetta.
Tutto ciò considerato, l'opportunità, prospettata dall'Onorevole Interrogante, di regolamentare - o anche perché no, di deregolamentare tale settore, lasciando per esempio ai privati la libertà di contrattare liberamente l'ammontare del compenso dovuto - va senza dubbio valutata ed affrontata secondo una logica di equo contemperamento dei diversi interessi coinvolti (titolari dei diritti ed utilizzatori) e, dunque, secondo una logica di sistema, al fine di evitare dannose contrapposizioni fra titolari dei diritti d'autore e titolari dei diritti connessi così come regimi non armonizzati tali da comportare doppie o triple imposizioni a carico degli utilizzatori delle opere dell'ingegno e dei supporti protetti.
5-03025 De Pasquale: Sull'adozione dei testi scolastici in base alla legge n. 169 del 2008.
I recenti provvedimenti legislativi hanno introdotto significative innovazioni in materia di testi scolastici per le scuole di ogni ordine e grado. L'intento è quello di garantire continuità con la tradizione italiana di una editoria scolastica di indubbio livello, l'effettiva valenza dei libri di testo quali strumenti funzionali al conseguimento degli obiettivi didattici e formativi della moderna scuola.
Com'è stato già riferito in questa sede in occasione di analoga interrogazione la legge 30 ottobre 2008, n. 169, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante «disposizioni urgenti in materia di istruzione e università», all'articolo 5 ha previsto che l'adozione dei libri di testo avviene nella scuola primaria con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio, e nella scuola secondaria di primo e secondo grado ogni se anni, a valere per i successivi sei anni.
Tale disposizione è stata inserita nell'annuale circolare ministeriale sulle adozioni dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2009-2010 ed in particolare nella circolare ministeriale n. 16 del 10 febbraio 2009.
Questa disposizione contenuta nella circolare n. 16 del 2009 nel decorso anno è stata oggetto di contenzioso che può ritenersi superato a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 167 del 2009 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 25 settembre 2009 n. 134.
L'articolo 1-ter della suddetta legge specifica i casi in cui è possibile derogare dai vincoli temporali imposti dall'articolo 5 del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008 prevedendo i soli casi di modifica di ordinamenti scolastici ovvero scelta in formato misto o scaricabile da internet.
Va ricordato che le adozioni dei libri di testo devono essere coerenti con gli obiettivi generali previsti dall'ordinamento e con le finalità educative del piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica in cui il docente presta servizio. Le adozioni costituiscono non a caso, nell'esercizio responsabile e consapevole dell'autonomia delle istituzioni scolastiche un momento molto importante che impegna sia la professionalità dei singoli insegnanti sia il ruolo del consiglio di classe e del collegio dei docenti, sia l'azione di coordinamento del dirigente scolastico. Vanno anche considerate parte di una strategia di medio e lungo periodo, in relazione alle ripercussioni che le scelte producono negli anni.
Per quanto attiene all'adozione dei testi scolastici di inglese fermo restando i suddetti criteri generali, la scelta di norma viene operata dal docente specialista di tale insegnamento ovvero dall'insegnante di classe specializzato.
Va anche fatto presente che i vincoli posti dalla normativa vigente rafforzano l'esigenza di libri di testo che privilegino i contenuti principali e determinanti di ogni disciplina, rimandando alla quotidiana azione dei docenti le integrazioni e i completamenti di volta necessari. A tal fine i docenti possono ricorrere anche alle diverse risorse strumentali: da quelle digitali o disponibili sulla rete Internet a
quelle offerte dalle biblioteche scolastiche, recentemente arricchite, o anche alle appendici di aggiornamento separatamente disponibili.
Si conferma infine che la dotazione libraria della scuola primaria viene fornita gratuitamente attraverso la consegna di cedole librarie, mentre per ciò che concerne la scuola secondaria un apposito decreto ministeriale definisce annualmente i tetti di spesa per ciascuna classe di scuola secondaria di primo grado e per ciascuna classe e tipo di scuola secondaria di secondo grado con l'intento precipuo di regolare l'onere di spesa che le famiglie devono sostenere.
5-03040 Cuomo: Sulla situazione di abbandono dell'Auditorium di Ravello.
Mi riferisco all'interrogazione presentata dall'Onorevole Cuomo con la quale si chiedono notizie sulle iniziative che il Ministero intende adottare in relazione alla segnalata situazione di abbandono dell'Auditorium di Ravello.
Premetto anzitutto che, come noto, l'Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello, è un immobile di proprietà del Comune che è stato concesso in comodato d'uso alla Fondazione Ravello nell'ottobre del 2009. Pertanto la manutenzione e la gestione dell'Auditorium rientra nelle competenze dell'Amministrazione comunale e nella capacità finanziaria sia dell'Amministrazione che della Fondazione Ravello.
La predetta Fondazione, i cui soci fondatori sono costituiti dalla Regione Campania, dalla Provincia di Salerno, dal Comune di Ravello e dalla Fondazione Monte Paschi di Siena, ha come fine, in particolare, quello di tutelare e valorizzare, in termini culturali ed economici, i beni di interesse artistico e storico situati nel Comune di Ravello e di promuovere iniziative culturali, scientifiche ed artistiche per fare dei siti storico-artistici presenti in quel territorio la sede di manifestazioni di prestigio nazionale ed internazionale.
Ciò premesso, voglio però rappresentare all'Onorevole interrogante che, in considerazione della rilevanza culturale della struttura e della valenza paesaggistica dell'area in cui essa è ubicata, il Ministero, attraverso la locale Soprintendenza, ha già manifestato la disponibilità a partecipare alle iniziative volte a realizzare un tavolo di lavoro al fine di individuare validi progetti per rendere fruibile il bene in argomento.
5-03082 Vannucci: Sul rientro in Italia del tavolo dello «studiolo» del duca Francesco Maria II della Rovere.
Mi riferisco all'interrogazione presentata dall'Onorevole Vannucci con la quale si chiedono informazioni sulla possibilità di un eventuale acquisto da parte dello Stato del tavolo facente parte dello studiolo del Duca Francesco Maria II della Rovere ed oggetto d'asta presso la casa d'asta «Sotheby's» di Londra.
Premetto anzitutto che dalla documentazione fornita dalla Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria, si evince che l'opera in argomento è un rarissimo esemplare di arredo commissionato dai della Rovere. Ciò è testimoniato dalla decorazione ad intarsio in avorio che ricopre pressoché tutte le superfici visibili del tavolo, con il motivo del ramo di quercia fogliato e cosparso di ghiande, il rovere appunto, che è l'emblema della casata ligure insediatasi sul trono d'Urbino all'estinzione dei Montefeltro nel 1508.
La prova inequivocabile che il tavolo sia stato commissionato e sia appartenuto ai beni della famiglia dei duchi di Urbino, è data dal fatto che esso figura descritto nell'inventario generale dei beni dell'eredità ai Francesco Maria II Della Rovere nel territorio di Casteldurante, inventario manoscritto conservato ad Urbania nell'Archivio storico comunale Notarile.
Ciò premesso, rappresento, però, che pur riconoscendo l'importanza del bene che andrebbe a completare lo studiolo del Duca di Urbino, non risultano, attualmente, nel capitolo di bilancio fondi sufficienti per la sua acquisizione.
Assicuro però all'Onorevole interrogante che non per questo il Ministero rinuncerà a porre in essere ogni utile iniziativa finalizzata a recuperare - anche se non in via definitiva - alla fruizione della collettività locale questa importante testimonianza della propria identità.
A tal proposito rappresento che la vicenda sarà attentamente seguita non solo dalle strutture amministrative periferiche e centrali del Ministero, ma anche dal Comitato per il recupero dei beni culturali, massimo organo di indirizzo politico-amministrativo in materia, che il Ministro, come noto, appena nominato, ha provveduto a ricostituire presso gli uffici di sua diretta collaborazione.
5-03195 Palmieri: Assegnazione di risorse materiali, strumentali e di personale agli istituti paritari.
Nell'atto in discussione si segnala l'esigenza che nell'ambito del sistema nazionale di istruzione istituito dalla legge n. 62 del 2000 siano concretamente offerte pari opportunità di integrazione per gli alunni diversamente abili, sia nell'ipotesi di iscrizione alle scuole gestite dallo Stato che nell'ipotesi di iscrizione alle scuole paritarie gestite da soggetti privati.
A tal proposito, l'onorevole interrogante lamenta che all'obbligo di inserimento di studenti con handicap, che ne facciano richiesta, non corrisponde una disponibilità di risorse finanziarie, di personale e di attrezzature tecnico-didattiche pari a quella delle scuole statali, venendosi così a determinare una gravosa situazione di svantaggio rispetto alle scuole statali.
È avvertita l'esigenza rappresentata, che è riconducibile nell'ambito del tema sulla libertà di scelta educativa delle famiglie su cui ha riferito il Ministro Gelmini in Aula Camera il 14 luglio scorso rispondendo all'interrogazione a risposta immediata dell'Onorevole Vietti ed altri n. 3-01175.
Come già fatto presente dal Ministro nella predetta circostanza, per una corretta realizzazione del principio di libertà di scelta educativa va superato l'approccio ideologico che troppe volte ha animato, con contrapposizioni, il dibattito in materia scolastica fra scuola statale e scuola paritaria.
È necessario dare risposte adeguate alle esigenze di istruzione e formazione del cittadino, mediante la realizzazione di un sistema pubblico che fondi sul principio di sussidiarietà forme di pluralismo educativo, per garantire agli studenti una scuola di qualità, in linea con gli standard europei ed internazionali, indipendentemente dal fatto che sia statale o privata paritaria.
Occorre conseguentemente procedere all'aggiornamento della legge n. 62 del 2000, superandone gli aspetti lacunosi e adeguandola alle esigenze poste dal processo di sviluppo del sistema scolastico e formativo.
In questa ottica è stato attivato presso il Ministero un apposito gruppo di lavoro che, in collaborazione con l'amministrazione, sta individuando risposte concrete rispetto ai problemi emersi in questo settore, anche avanzando importanti proposte a sostegno delle scuole paritarie che accolgono alunni disabili.
Ciò premesso, ricordo che attualmente gli stanziamenti di bilancio relativi alle scuole paritarie comprendono tutte le somme da erogare come contributi alle scuole paritarie.
Detti contributi sono assegnati alle scuole secondo i criteri stabiliti dall'annuale decreto ministeriale, previsto dal comma 636 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006.
I decreti ministeriali emanati negli anni decorsi hanno sempre previsto l'erogazione di contributi alle scuole che accolgono alunni diversamente abili.
Va peraltro precisato che, mentre per le scuole primarie in convenzione le disposizioni attuali (decreto del Presidente della Repubblica n. 23 del 9 gennaio 2008) prevedono un contributo consistente per gli alunni disabili certificati, nella scuola dell'infanzia e nella scuola secondaria non è previsto un contributo fisso, ma un contributo rapportato alle disponibilità di
bilancio a livello regionale, in relazione all'esigenza di ripartire i fondi tra tutte le tipologie di scuole paritarie.
Tali contributi, quindi, variano in relazione ai fondi assegnati in bilancio agli uffici scolastici regionali.
Di conseguenza, mentre alla scuola primaria è assicurato un supporto economico per far fronte alle esigenze dell'alunno disabile, lo stesso non accade nella scuola secondaria, quando lo stesso alunno prosegue il percorso scolastico nella scuola dell'obbligo.
Detto questo, ribadisco che la problematica dell'integrazione e del sostegno alle scuole che accolgono alunni diversamente abili è comunque all'attenzione del Ministero, che sta studiando alcune ipotesi di soluzione che assicurino la continuità nell'erogazione delle risorse, tenendo conto del numero degli alunni interessati e del fabbisogno effettivo in riferimento alla gravità della disabilità.
Per quanto concerne in particolare la formazione degli insegnanti, ricordo che è in atto il progetto «I care» , che si pone l'obiettivo di promuovere nelle istituzioni scolastiche, dalle scuole dell'infanzia agli istituti superiori, sistematiche azioni e attività di formazione dei docenti e dei dirigenti delle scuole statali e paritarie sugli snodi delle politiche dell'integrazione.
Ricordo inoltre che sia la direttiva per il 2009 che lo schema di direttiva per l'anno 2010, riguardanti il fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi istituito dalla legge n. 440 del 1997, individuano l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap come obiettivo prioritario, prevedendo il potenziamento e la qualificazione dell'offerta di integrazione promossa, nell'ambito dei rispettivi piani dell'offerta formativa, dalle istituzioni scolastiche appartenenti al sistema nazionale di istruzione, di cui fanno parte anche le scuole paritarie private.
Faccio infine presente, e concludo, che, proprio in considerazione delle rappresentate esigenze delle scuole paritarie e nella prospettiva della progressiva realizzazione della effettiva libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, per il 2010 è stato confermato, nonostante le note difficoltà derivanti dalla crisi economica e finanziaria internazionale, l'importo di 130 milioni di euro previsto dalla legge finanziaria 2010 per gli interventi a sostegno delle scuole paritarie.
5-03235 Mazzuca: Sulle trattative per l'affidamento del teatro Duse di Bologna a privati ed enti locali.
Gli onorevoli interroganti chiedono di sapere se il Ministro per i beni e le attività culturali intenda dare attuazione al progetto per il teatro Duse di Bologna promosso nel 2009 dall'ETI insieme al Comune di Bologna e alla Regione Emilia Romagna. Chiedono altresì di conoscere quale sia lo stato delle trattative annunciate dal Ministro per l'affidamento del Duse di Bologna ai soggetti privati e agli enti locali, anche al fine di dare continuità all'attività del teatro stesso, garantendo la sua normale gestione amministrativa e la programmazione teatrale per la prossima stagione.
In proposito occorre premettere che nell'anno 2009 e precedentemente anche negli anni 2007 e 2008, l'Ente Teatrale Italiano si era attivato per la predisposizione di una intesa con il Comune di Bologna, la Regione Emilia Romagna e la Provincia di Bologna al fine di condividere una nuova ipotesi di gestione del Teatro Duse. L'ETI avrebbe assicurato per tre anni un sostegno per concorrere all'investimento complessivo necessario alla sussistenza delle attività del Teatro e degli oneri relativi ai costi di gestione e del personale.
Purtroppo però, nonostante la disponibilità manifestata sia dalla Regione (che nel 2009 ha comunque contribuito con euro 150 mila) sia dal Comune a fine legislatura nel dicembre 2008 e poi ancora nel 2009 con la prematura fine dell'ultima legislatura, i predetti Enti non hanno mai formalmente sottoscritto alcun impegno volto a definire un virtuoso futuro per la vita del Teatro Duse. Peraltro l'ETI, nell'agosto del 2009, considerata la situazione di precarietà istituzionale in cui versava il Comune di Bologna, al fine di salvare l'attività del Teatro e l'occupazione dei lavoratori del Duse ha provveduto a rinnovare il contratto di affitto con la proprietà per un ulteriore anno e cioè fino all'agosto del 2010.
Recentemente, fino alla data di entrata in vigore del decreto del 31 maggio 2010 numero 78, l'ETI aveva ripetutamente chiesto al Comune di Bologna rappresentato dal Commissario dottoressa Cancellieri, peraltro sensibile da subito alla delicata questione, di farsi carico di una possibile intesa anche con la altre istituzioni territoriali per la situazione delle problematiche connesse alla gestione del Teatro Duse.
Al riguardo si rappresenta che il percorso che vede un forte coinvolgimento delle autonomie territoriali - Comune di Bologna e Regione Emilia Romagna in primis - ma anche eventualmente di soggetti privati con apporti finanziari e gestionali, costituisce sicuramente la strada migliore e più concreta per assicurare le condizioni di una proficua prosecuzione dell'attività del teatro Duse di Bologna. In questa stessa direzione, del resto, il Ministero e l'ETI, già prima dell'intervento della norma di soppressione, avevano avviato iniziative analoghe riguardanti altri teatri in diretta gestione (così, ad esempio, per il teatro Quirino di Roma e per il teatro Pergola di Firenze, per il quale è in corso di elaborazione un accordo con il Comune di Firenze).
Naturalmente l'intervento della norma del decreto legge n. 78 del 2010 - in conversione - di soppressione dell'ETI - norma che indubbiamente ha determinato nell'immediato non irrilevanti problemi
gestionali al Ministero - ha imposto una pausa nel processo di definizione degli accordi interistituzionali utili a garantire la migliore prosecuzione delle attività teatrali coinvolte.
Si assicura, comunque, il massimo impegno per accelerare la fase transitoria del subentro del Ministero nella posizione e nelle funzioni del soppresso ETI, onde poter celermente proseguire il percorso di concertazione con gli Enti territoriali finalizzato a definire le più opportune soluzioni per la continuità della gestione del teatro Duse di Bologna.
DL 78/2010: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (C. 3638 Governo, approvato dal Senato).
La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato per le parti di competenza, il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
premesso che la difficile situazione internazionale determina necessariamente per il Governo la responsabilità di adottare una manovra consistente di contenimento della spesa pubblica, nel rispetto di quanto stabilito in sede di Unione europea;
tenuto conto che le modificazioni introdotte nel corso dell'esame al Senato per i settori di competenza della Commissione introducono significativi correttivi al decreto-legge n. 78 del 2010, salvaguardando almeno in parte le prerogative del personale dell'istruzione, università e ricerca;
considerato peraltro che per i medesimi settori permangono profonde difficoltà di gestione conseguenti ai tagli introdotti, soprattutto per quanto riguarda le categorie degli insegnanti, del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) della scuola e dei ricercatori;
rilevata d'altra parte l'esigenza di coordinare la disciplina prevista dal disegno di legge in esame con quella prevista dalla riforma del settore universitario, attualmente all'esame del Senato;
sottolineato, in particolare, che i settori dei beni e delle attività culturali e dell'editoria risultano assolutamente penalizzati dalla manovra predisposta dall'Esecutivo, malgrado gli impegni assunti dai competenti rappresentanti del Governo;
evidenziata, in specie, l'esigenza di dare seguito alle rassicurazioni espresse dal Ministro per i beni e le attività culturali, sen. Sandro Bondi, e dal sottosegretario per il medesimo dicastero, on. Francesco Maria Giro, circa la definizione di una copertura finanziaria idonea per sostenere gli oneri recati dal testo unificato delle proposte di legge C. 136 e altre, recante legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, attualmente all'esame della Commissione;
ritenuto che la soppressione degli enti e degli istituti culturali e la conseguente, relativa ripartizione dei fondi ad essi assegnati per l'anno 2011 potrà avvenire solo dopo aver definito criteri certi e obiettivi di assegnazione delle risorse che siano basati su motivazioni dettagliate e relazioni specifiche di accompagnamento ai bilanci dei singoli enti, così come richiesto dalla Commissione al Governo nel parere espresso il 12 maggio 2010 sull'elenco delle proposte di istituzione e di finanziamento di comitati nazionali e di edizioni nazionali per l'anno 2010, atto n. 202;
esprime
con le seguenti condizioni:
1) appare necessario coordinare la disciplina di contenimento della spesa
pubblica prevista dal disegno di legge C. 3638 con quella di cui all'atto parlamentare Senato n. 1905/A, soprattutto per quanto concerne il settore della ricerca e l'integrazione del Fondo di funzionamento ordinario (FFO);
2) si ritiene inoltre necessario, per il settore dei beni e delle attività culturali, provvedere allo stanziamento di risorse adeguate a sostenere gli oneri recati dal testo unificato delle proposte di legge C. 136 e altre, recante legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, attualmente all'esame della Commissione, così come indicato dal Governo;
3) risulta altresì indefettibile definire i criteri finanziari per la ripartizione delle risorse da assegnare a enti e istituti culturali, a partire dall'anno 2011;
4) è necessario, infine, garantire adeguati finanziamenti a sostegno del settore editoria, prevedendo in particolare la concessione di agevolazioni per l'emittenza radiofonica e televisiva locale, per i giornali italiani all'estero e per i giornali dei movimenti dei consumatori.
DL 78/2010: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. (C. 3638 Governo, approvato dal Senato).
La VII Commissione, esaminato, per le parti di competenza, l'Atto Camera n. 3638:
premesso che:
la manovra finanziaria correttiva è iniqua e squilibrata, indifferente alle necessità del Paese e certifica l'incapacità e lo stato di confusione del Governo nella gestione della finanza pubblica e l'assenza di qualsiasi politica economica anticiclica in grado di sostenere le famiglie e il sistema produttivo a fronte della grave crisi economica in corso;
nell'articolato della manovra non vi è traccia di misure di carattere strutturale che garantiscano un duraturo risanamento dei conti pubblici. Alcuni interventi hanno un effetto depressivo sui consumi e riducono la capacità di risparmio delle famiglie, altri hanno un impatto negativo sulla capacità di investimento;
la manovra è recessiva, aggredisce e depotenzia i fattori fondamentali alla base della crescita economica dei sistemi produttivi: ancora una volta, come già due anni fa nel decreto-legge n. 112, si colpiscono mortalmente la scuola, l'università, la formazione, la ricerca e l'innovazione che, al contrario, dovrebbero essere i motori del rilancio dell'economia e della crescita economica;
la manovra correttiva non contiene alcuna significativa misura per il sostegno della domanda e dell'offerta, non definisce alcun obiettivo strategico sul terreno della ripresa economica, né per l'anno in corso né per quelli successivi, e non prevede alcuna indicazione circa la strategia da seguire per favorire il recupero di capacità competitive del Paese sullo scenario internazionale: ancora una volta, diversamente da quello che sta avvenendo negli USA e in altri Paesi europei quali la Francia e la Germania, il governo deprime il sistema di istruzione e formazione e colpisce i lavoratori e le lavoratrici del settore, mentre inventa la mini naja, sprecando 20 milioni di euro che sarebbero, al contrario, preziosi se investiti nel sistema dell'istruzione per dare futuro al Paese;
il Governo, fino a poche settimane fa, ripeteva a cittadini e ad imprese che «la crisi economica è psicologica» o «è ormai alle nostre spalle» e che non erano necessari ulteriori interventi per la tenuta dei conti pubblici, per il sostegno dei consumi e della produttività. Le voci critiche e preoccupate dell'opposizione parlamentare e dei giornali indipendenti venivano respinte e tacciate di catastrofismo, pessimismo e di antitalianità: la realtà dei numeri e le recenti vicende di questi giorni evidenziano, al contrario, che le preoccupazioni espresse nei mesi scorsi erano fondate;
tutto ciò non può essere ricondotto e ridotto a fatti contingenti e alla crisi dei mercati internazionali: gran parte delle responsabilità è del Governo e dell'ostinata volontà di dipingere una situazione economica
e di bilancio assai diversa dalla realtà, così come dell'aver incoraggiato l'evasione fiscale, cancellando i provvedimenti assunti in tale direzione dal precedente governo;
la manovra fa pagare il conto di una gestione superficiale ed inadeguata della politica economica e della finanza pubblica del Paese soltanto ad una parte dei cittadini, e più che altro ai dipendenti pubblici e ai lavoratori prossimi al pensionamento, e alle autonomie locali, evidenziando ancora una volta l'atteggiamento irresponsabile del Governo italiano, soprattutto se paragonato a quelli della Francia e della Germania che al contrario hanno chiamato tutti i contribuenti e il sistema delle imprese a dare il loro contributo al risanamento dei conti pubblici nazionali;
l'Italia che uscirà dalla crisi sarà più debole, con una generazione di giovani deprivati dal punto di vista dell'istruzione e della formazione e quindi con un grave deficit di conoscenza rispetto ai coetanei degli altri Paesi. Già l'Istat ha conteggiato in due milioni i giovani che non studiano, non si formano e non lavorano: si tratta di un peso sociale ed economico insopportabile per il nostro Paese. Un'Italia senza un chiaro indirizzo di sviluppo industriale, con un tessuto produttivo ridimensionato dalla crisi, in particolare nella componente delle piccole e medie imprese, priva di adeguate risorse finanziarie e di merito di credito, esposta alla concorrenza sempre più aggressiva non solo dei concorrenti tradizionali ma dei nuovi attori dell'economia emergente, con un mercato del lavoro indebolito e privo di adeguati strumenti di sostegno e riqualificazione per i soggetti che perdono l'occupazione e con una forte distorsione nella
distribuzione della ricchezza a discapito delle fasce più deboli della società;
la dinamica di medio periodo prevista per la nostra economia è molto modesta e del tutto inadeguata ad affrontare le sfide del nuovo scenario globale, e soprattutto a contenere l'aumento dei disoccupati già registrato e previsto per tutto il 2010. Un esercito di senza lavoro che si aggiunge al contingente pre-crisi, tanto ampio che le più recenti stime prevedono la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, gran parte dei quali non verrà riassorbito nel mercato del lavoro. E i lavoratori della scuola pagano un prezzo carissimo in termini di disoccupazione, a seguito dei provvedimenti assunti dalla Ministra Gelmini;
a fronte di tali prospettive, l'assenza nella manovra di riforme e misure di carattere strutturale, riduce l'efficacia della stessa ed espone il Paese a futuri, inevitabili, interventi correttivi aggiuntivi;
al sistema delle imprese, sempre più in difficoltà sul fronte internazionale, non viene concesso nulla rimandando al futuro qualsiasi intervento di sostegno e al sistema delle autonomie territoriali vengono tolte le risorse necessarie al loro normale funzionamento: tutto ciò segnala il rischio di una grave perdita di capacità competitiva, non interpretabile soltanto come un fatto ciclico ma al contrario come un deterioramento strutturale e progressivo del nostro sistema Paese;
considerato che il sistema scolastico italiano è stato gettato dal Governo in una situazione di estrema precarietà e fragilità, non solamente per la insopportabile riduzione di risorse determinata dalle ultime finanziare (in particolare dalla legge n. 133 del 2008), ma anche per l'incertezza e la confusione di provvedimenti non preceduti da un percorso di costruzione condivisa e, non ultimo, per la poca chiarezza ed il mancato riconoscimento reciproco dei ruoli che spettano rispettivamente alle Istituzioni scolastiche autonome, agli Enti locali ed allo Stato e che impedisce quella governance condivisa ed efficace, prevista dal nuovo titolo V della Costituzione in materia di istruzione ma bloccata dalla mancata intesa nella Conferenza Stato-Regioni sull'attuazione delle previsioni costituzionali. È urgente, invece, che venga favorita la completa attuazione dell'autonomia delle Istituzioni
scolastiche così come previsto dalla legge n. 59 del 1997 e che, a supporto di tale autonomia e in attuazione del Titolo V della Costituzione, vengano ridefiniti i ruoli del Ministero e delle Regioni, attribuendo a livello centrale compiti di valutazione della qualità e di unitarietà del sistema scolastico italiano ed a livello regionale e locale la gestione completa, condivisa e partecipata del sistema di autonomie scolastiche. Non sfugge che tutto ciò comporterebbe un risparmio di una grande quantità di risorse: l'attuazione del Titolo V della Costituzione in materia di istruzione e il conseguente risparmio di risorse pubbliche avrebbe potuto evitare l'intervento sugli scatti stipendiali e sull'anzianità e TFR del personale docente e non docente;
considerato che l'approvazione al Senato del maxi emendamento presentato dal Governo ha determinato alcune modifiche al testo in esame che ne peggiorano i contenuti in alcuni aspetti (ad esempio in materia di trattamento accessorio), mentre trovano conferma le norme più odiose, e che, per le parti di competenza della nostra Commissione, vanno dal blocco dei contratti e degli scatti al congelamento degli stipendi dei comparti scuola e università, dal taglio del 50 per cento delle risorse per i contratti del personale precario alla soppressione di alcuni importanti enti di ricerca;
considerato in particolare che:
appaiono del tutto inaccettabili le misure relative al blocco degli automatismi stipendiali del comparto della scuola - previsto dal comma 23 dell'articolo 9 - già sottoposto ad un drastico piano di riduzione della spesa e di tagli indiscriminati agli organici del personale docente e del personale ATA ad opera del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Altrettanto inaccettabile appare l'analogo blocco previsto dal comma 21 dell'articolo 9 per professori e ricercatori dell'università, già sottoposta fin dall'inizio della legislatura ad un'insostenibile riduzione di spesa con la quale sono stati irresponsabilmente finanziati i decreti «taglia ICI» e «salva Alitalia»;
il blocco degli automatismi stipendiali comporterà risparmi - secondo quanto riportato dalla relazione tecnica - superiori al miliardo di euro nel triennio 2011-2013: in particolare, si prevede che per il personale docente e per il personale non docente della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti; l'analogo blocco per gli stipendi universitari, sebbene produca un risparmio minore, inibisce l'interpretazione premiale degli scatti prevista dalla legge n. 1 del 2009 e appare una gratuita vessazione che esprime solo il disprezzo di questo Governo per chi oggi tiene in piedi la ricerca e la trasmissione del sapere;
il blocco degli automatismi stipendiali rappresenterà una notevole perdita in termini economici a regime e per sempre, nel senso che gli effetti si trascineranno negli anni, determinando la modifica delle curve retributive. Si tratta di cifre rilevanti, che vanno ben oltre gli aumenti non ancora ottenuti per i rinnovi contrattuali: alcuni studi hanno quantificato la perdita in 1.823 euro l'anno per un docente di scuola elementare a metà carriera con un reddito di 23.000 euro lordi l'anno e in 753 euro l'anno per i collaboratori scolastici; anche per ricercatori e professori universitari il danno economico sarà molto rilevante, con perdite medie complessive nel triennio da 5000 a 2000 euro a seconda del ruolo, particolarmente inique per i ricercatori a inizio carriera, piuttosto che per coloro con maggiore anzianità che hanno accumulato un percorso salariale e previdenziale consistente:poiché i tagli non sono recuperabili, il loro effetto
cumulativo va misurato in effetti in termini di perdita individuale sull'arco dell'intera carriera futura. In questo scenario non può essere poi dimenticato l'effetto del blocco sulla contribuzione pensionistica, particolarmente per
chi matura il diritto alla pensione nel nuovo regime;
al danno del blocco degli automatismi per il comparto scuola e per i lavoratori contrattualizzati dell'università si somma il blocco dei contratti collettivi nazionali fino al 2013, senza possibilità di recupero: tale norma comporterà una perdita media complessiva a fine triennio di circa 1500 euro;
per il comparto scuola l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale viene rinviata al 2012 e la manovra sottrae 420 milioni di euro già appostati in bilancio e che verranno pertanto rideterminati e diminuiti. Gli anni 2010, 2011, 2012 non saranno utili neanche alla maturazione delle posizioni stipendiali (e della Retribuzione Professionale Docente) e degli incrementi retributivi: la carriera del personale viene allungata di tre anni e fino al 2013 il servizio non è valido neanche ai fini giuridici. Negli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, non potrà superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2010. Le voci del salario accessorio fisso e continuativo non saranno più certe dal 2013: le risorse vengono automaticamente ridotte in misura proporzionale al numero di personale in servizio e per effetto dei tagli e
dei pensionamenti una parte di risorse definite contrattualmente e destinate alla contrattazione integrativa verranno incamerate dal Ministero dell'Economia;
si sottolinea peraltro che l'articolo 8 comma 14, così come modificato dal Senato, non fornisce alcuna garanzia riguardo alla eventuale nuova destinazione delle economie di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (si tratta del 30 per cento dei risparmi derivanti dal pesante taglio del personale docente e del personale ATA e destinate all'incremento delle risorse contrattuali stanziate per la valorizzazione e lo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola, a decorrere dall'anno 2010: per tali risorse il Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri imponeva un subdolo cambio di destinazione per ripianare i debiti pregressi e finanziare le spese ordinarie delle scuole, dunque spese obbligatorie); anche la nuova formulazione sancisce in ogni caso uno scippo: o degli scatti stipendiali che erano previsti dal contratto, o dei debiti delle scuole che erano
comunque da pagare, o del reinvestimento di questi fondi per il miglioramento e la valorizzazione della scuola originariamente promessi;
per i lavoratori contrattualizzati delle Università le somme stanziate per l'indennità di vacanza contrattuale dal 2010 sono risibili: lo Stato ridetermina le risorse stanziate nella finanziaria 2009 e al comma 20 obbliga le Università a fare altrettanto. Da gennaio 2011 e fino al 2013 le risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non possono superare il corrispondente importo del 2010 e sono comunque automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, decurtando ulteriormente il salario accessorio già falcidiato dalla legge n. 133 del 2008. Negli anni 2011/2013 le progressioni di carriera e i passaggi verticali hanno effetti solo ai fini giuridici e non comporteranno alcun giovamento economico. Infine la decorrenza per la liquidazione delle pensioni è prolungata di 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per il pensionamento;
sono particolarmente gravi, anche sotto il profilo etico, le disposizioni che ridefiniscono la procedura di individuazione degli alunni in situazione di handicap e il riconoscimento del diritto di tali alunni al docente di sostegno. La norma in particolare prevede per l'anno scolastico 2010-2011 un contingente di docenti di sostegno pari a quello in servizio nell'organico di fatto dell'anno scolastico 2009-2010, a prescindere dal numero di alunni in situazione di handicap che ne avrebbero il diritto. L'apposizione di un limite all'organico
di docenti di sostegno vanifica di fatto la sentenza della Corte costituzionale n. 80 che, nel febbraio scorso, aveva stabilito l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (la legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissava un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno;
alle misure punitive del personale della scuola e dell'università sopra richiamate si aggiungono gli ulteriori tagli al Ministero, in particolare alla missione 22 - Istruzione scolastica (per un ammontare superiore a 190 milioni di euro nel triennio) e alla missione 23 - Istruzione universitaria (per un ammontare di circa 70 milioni di euro nel triennio) con ripercussioni dirette e negative sul funzionamento delle istituzioni scolastiche e universitarie;
rilevato negativamente che:
il settore della ricerca viene colpito duramente con la soppressione, prevista dal comma 20 dell'articolo 7, e l'accorpamento di enti ed organismi pubblici che operano nel campo della ricerca. Sebbene si tratti di Enti che non rientrano nella vigilanza del Miur (e quindi estranei alle competenze specifiche della Commissione) non si può non valutare negativamente che si tratta di misure incomprensibili, tese prioritariamente a disperdere un patrimonio di competenze e di attività di ricerca svolte da migliaia di ricercatori e - come nel caso dell'ISAE accorpato nel Ministero dell'economia - a minarne l'autonomia scientifica e il ruolo istituzionale ricoperto nel campo degli indicatori economici indipendenti. Sono soppressi, in modo del tutto inaccettabile, importanti enti pubblici di ricerca come l'ISPESL che ha finora svolto fondamentali funzioni nel campo della ricerca e della prevenzione degli infortuni nel lavoro. La soppressione dell'ente, che produce un
risparmio di soli 426.000 euro, fa venire meno un know-how di conoscenze e di capacità operative difficilmente recuperabile e ricostituibile nell'ambito dell'INAIL, istituto prestigioso, ma con funzioni e finalità diverse dall'ISPESL. Analoghe considerazioni possono essere fatte per l'ISAE (135.000 euro di risparmi) che viene accorpato al Ministero dell'economia e delle finanze, perdendo per tale via l'autonomia operativa che contraddistingueva il proprio operato. Nel prevedere il trasferimento alle amministrazioni subentranti solo del personale a tempo indeterminato, il provvedimento tralascia completamente la sorte dei precari che lavorano presso gli enti soppressi;
la manovra modifica, per il 2011 e il 2012, il regime speciale per le assunzioni a tempo indeterminato presso gli enti di ricerca. L'articolo 66, comma 14, del decreto-legge n. 112 del 2008 prevedeva infatti che per il triennio 2010-2012 gli enti di ricerca avrebbero potuto procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nei limiti di cui all'articolo 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ossia entro il limite dell'80 per cento) delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché nell'ambito delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno. Ora si limita tale regime più favorevole al solo 2010 mentre per il triennio 2011-2013 gli enti di ricerca possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20 per cento delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente. Pertanto il provvedimento in esame estende a tutto il comparto degli enti pubblici di ricerca il turn over al 20 per cento imposto per il pubblico impiego. Poiché tale limitazione comporta dei risparmi insignificanti, così come risparmi minimi comporta la soppressione e l'accorpamento degli enti di ricerca,
queste misure hanno il sapore di un vero e proprio attacco al sistema della ricerca pubblica e libera;
in linea con i precedenti provvedimenti di politica economica e finanziaria del Governo la manovra conferma l'azzeramento del FIRST (Fondo per gli investimenti e la ricerca scientifica e tecnologica) che, sin dalla sua istituzione, ha avuto il meritorio scopo di accorpare tutti gli interventi nel settore della ricerca conoscitiva. La prosecuzione della concentrazione in un unico fondo di tutte le risorse annuali per i PRIN, FIRB e FAR avrebbe svolto un ruolo essenziale come volano di conoscenza necessaria all'innovazione e allo sviluppo del Paese;
l'intero comparto della ricerca scientifica italiana risentirà negativamente della mancata attivazione dei Crediti d'imposta per investimenti in ricerca. Tali strumenti rappresentano incentivi determinanti per il tessuto delle PMI. Laddove è dimostrato che le nostre piccole e medie imprese non hanno intrinsecamente la capacità per fare ricerca in proprio, l'adozione del credito d'imposta diventa incentivo per sviluppare e gestire ricerca;
con la prevista soppressione dell'Ente italiano montagna (EIM), l'organo scientifico nazionale di riferimento per la montagna, deputato a fornire fondamentali informazioni su tale contesto ambientale e produttivo, tutte queste competenze, richieste dagli enti locali e dal Governo stesso, non saranno più a disposizione;
considerato inoltre che:
la manovra impone il limite di spesa del 50 per cento rispetto all'anno 2009 per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa: tale misura è deprecabile e depressiva circa i livelli occupazionali, come dimostra il settore dell'università, che conta circa 700 contratti a tempo determinato, 1200 assegnisti e un numero superiore di co.co.co. e borse di studio. A questi numeri occorre aggiungere le docenze a contratto. Alla metà di questi ricercatori non sarà rinnovato il contratto, con conseguenze preoccupanti sul futuro dei giovani coinvolti e sul funzionamento delle università stesse, che rischiano il depauperamento delle attività di ricerca e della didattica, le quali si svolgono oggi anche grazie al contributo di lavoratori a tempo determinato. Impedire l'attivazione di contratti a tempo determinato non può essere la strada per contrastare il precariato
che, a fronte di talento e valore, si supera solo con la stabilizzazione. La norma prevista dal provvedimento in parola prevede che dal prossimo anno non subiranno decurtazione solo gli assegni di ricerca e i contratti di ricerca a tempo determinato su fondi esterni. Gli effetti saranno particolarmente pesanti per i contratti a tempo determinato che ora sono prevalentemente a valere sulle risorse del Fondo di Finanziamento ordinario. Tale previsione deve essere letta alla luce del DDL Gelmini, che domani approda all'esame dell'Aula del Senato. Infatti il combinato disposto della decurtazione dei contratti e l'aumento della retribuzione dei ricercatori a tempo determinato al 120 per cento di quella di un ricercatore universitario confermato determineranno un taglio sul numero di posizioni ben superiore al 50 per cento (verosimilmente il taglio complessivo sulle posizioni sarà pari al 66 per cento). Peraltro, tenuto conto che al 31 dicembre 2009 erano presenti nelle
università italiane 652 ricercatori a tempo determinato, un taglio del 66 per cento significa che a regime, a partire dal 2011, potranno essere attivati per tutto il sistema universitario circa 210 contratti come previsti dal ddl Gelmini, che spalmati sui 6 anni di tenure track significa 35 posizioni l'anno in tutta Italia. È del tutto evidente che il blocco al turn over e la decurtazione dei contratti a tempo determinato dimostrano la velleità del DDL Gelmini che, così come già come accaduto con il decreto-legge n. 180 del 2008 convertito nella legge n. 1 del 2009, avrà l'effetto di bloccare per anni il reclutamento nelle università italiane se non
interverranno importanti modifiche in ordine alle risorse oltre che alle previsioni ordinamentali;
per le università italiane il Governo persevera nella politica dei tagli indiscriminati condotta in questi due primi anni di legislatura, già a partire dai decreti-legge n. 93 e 112 del 2008, e che proseguirà per il triennio 2010-2013. Il provvedimento in parola conferma e rafforza le scelte già compiute dal Governo, poiché per quanto riguarda il Fondo di Finanziamento Ordinario nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri era previsto un recupero dei tagli pregressi per il 2011-2012, pari a 700 milioni di euro: ma tale incremento del FFO è definitivamente sparito nel maxi emendamento approvato al Senato. Pertanto, se non interverranno modifiche, per il 2011 le risorse del Fondo di funzionamento ordinario saranno inferiori al fabbisogno necessario di oltre un miliardo e 300 milioni: il definanziamento del sistema raggiungerà l'insostenibile percentuale del 20 per cento in riferimento al 2008. Alla luce dei programmati
pensionamenti e del blocco del turn over, il taglio drastico delle risorse mette a repentaglio, per il prossimo anno, l'erogazione delle spese fisse per personale oltre che la stessa funzionalità degli Atenei;
tra le misure che attengono al Ministero dei beni e delle attività culturali, si segnalano come particolarmente gravi la riduzione del 50 per cento rispetto all'anno 2009 degli stanziamenti sui capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, recando un grave danno al funzionamento ed alla sopravvivenza degli stessi nonché la soppressione dell'ETI, così come il silenzio assordante sullo spettacolo e sui beni culturali. Si tratta di versanti complementari, che disegnano uno scenario inquietante per il futuro della cultura nel nostro Paese e che confermano che il cuore della manovra e il suo limite evidente stanno nella linearità dei tagli e nella contestuale assenza di politiche di crescita;
la legge sul federalismo fiscale non prevede la cultura fra le funzioni fondamentali e che la carta delle autonomie, che ricomprende la cultura, avrà attuazione fra sette anni; che nessuno sforzo è stato compiuto per agevolare attraverso la leva fiscale il contributo dei privati, e che appaiono animate da buona volontà quanto da incertezza le dichiarazioni in proposito espresse del ministro; che l'applicazione del tax credit e del tax shelter è per ora parziale e riservato esclusivamente alle attività cinematografiche;
il quadro di bilancio rischia di posizionare la spesa per la cultura al di sotto dello 0,3 per cento degli ultimi anni, e agli ultimi posti in Europa, a fronte di un patrimonio culturale che rappresenta il 52 per cento del patrimonio mondiale;
tali dati significano un arretramento oltre i limiti della sopravvivenza, come dimostra la previsione del FUS per il 2011 a poco più di 300 milioni, cifra che comporterà la chiusura di una parte rilevante delle attività di spettacolo dal vivo, considerando inoltre che il 50 per cento del fondo continuerà ad andare alle fondazioni lirico sinfoniche e che allo stato attuale, malgrado le dichiarazioni pubbliche in sede parlamentare da parte del Ministro Bondi, la legge quadro all'esame della nostra Commissione è priva di copertura finanziaria. A tale proposito si ribadisce che una legge di riforma senza finanziamento è una legge vuota e inutile;
nel provvedimento in esame non è presente alcuno sforzo per ridurre almeno in parte lo stato di disagio dello spettacolo, sebbene sarebbero bastati 30 milioni, a fronte dei 60 recuperati l'anno scorso, per dare una boccata di ossigeno a bilanci già ampiamente compromessi dai finanziamenti a posteriori, dalla mancanza di triennalità, dalla mancanza della riforma del credito;
per lo spettacolo si assiste ad una vera e propria «ristatalizzazione», con buona pace del Ministro che ha di recente dichiarato come suo obiettivo il superamento
della statalizzazione, oltre che, naturalmente, «di un'antica egemonia di sinistra» nella cultura;
in questo quadro si inserisce la soppressione dell'ETI, per la verità inspiegabile dato il passaggio di tutto il personale al MIBAC, con un risparmio complessivo di poco più di 120000 Euro: ben più efficace sarebbe stata una riforma dell'Ente in grado di aggiornarne il profilo di promozione e di coordinamento e di salvare l'esistenza dei teatri attualmente gestiti dall'Ente;
ritenuto negativamente che i tagli inferti alle istituzioni culturali vanno oltre la stretta manovra in esame: rappresentano una scelta strategica di eliminazione del patrimonio di pensiero e di ricerca italiani, un azzeramento inquietante della memoria storica, la sottovalutazione del loro ruolo civile e civico in nome di una razionalizzazione senza principi e senza argomentazioni.;
nulla è previsto circa alcuni temi caldi relativi all'innovazione: silenzio sulla riforma del diritto d'autore e sulla SIAE, silenzio sui temi del paesaggio e del contemporaneo, silenzio sull'archeologia e il rapporto con la Protezione civile, silenzio su ARCUS, silenzio sulla gestione museale;
esiste una contraddizione per quanto riguarda il Progetto Grande Brera, di cui è stato annunciato più volte il finanziamento pubblico, anche in sede di sindacato ispettivo. La notizia recente pubblicata da un giornale indipendente è che occorrono 80 milioni di finanziamento privato. E, poiché l'articolo 6 comma 9 del provvedimento in esame prevede che dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese per sponsorizzazioni, ci si chiede infine quali contributi privati potranno giungere alla cultura in assenza di adeguati e finalizzati incentivi fiscali;
la manovra prevede una riduzione del 10 per cento delle spese ministeriali che, per quanto attiene ai beni e alle attività culturali, determina un taglio di poco meno di 150 milioni nel triennio 2011-2013 per la missione «tutela e valorizzazione di beni e attività culturali e paesaggistici»;
per il fondo editoria è previsto per il 2010 uno stanziamento di soli 195 milioni, inferiore di ben 219 milioni rispetto al consuntivo 2008; che, contrariamente a quanto richiesto il 10 marzo scorso dalla Commissione Cultura non è stato ripristinato il diritto soggettivo a ricevere il totale dei contributi diretti derivanti dal calcolo effettuato sulla base della normativa vigente e a ripristinare i contributi per i giornali editi e diffusi all'estero nonché per l'emittenza locale; che mancano gli stanziamenti necessari per sbloccare la trattative tra Poste Italiane e gli editori per il ripristino delle tariffe postali agevolate; che tutto questo rischia di compromettere in modo irreparabile la capacità di sviluppo e la stessa tenuta di un settore decisivo nel garantire il pluralismo dell'informazione e, di riflesso, la qualità stessa della democrazia italiana;
l'insieme delle misure inserite in manovra e di quelle non previste dimostra come i settori della conoscenza, della cultura e dell'informazione sono valutati dal Governo quale fonte di risparmio per la spesa pubblica, invece che come reali opportunità per uscire dalla crisi, per garantire sviluppo e i diritti di cittadinanza;
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