SOMMARIO
Mercoledì 25 maggio 2011
Variazioni nella composizione della Commissione ... 236
Decreto-legge 70/2011 Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia. C. 4357 Governo (Parere alle Commissioni V e VI) (Seguito dell'esame e rinvio) ... 237
Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionali iscritti in albi ed elenchi, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra, con Atto finale, fatto a Giacarta il 9 novembre 2009. C. 1524-B Moffa, approvata dalla Camera e modificata dal Senato (Parere alla XI Commissione) (Esame e conclusione - Parere favorevole) ... 242
Sull'ordine dei lavori ... 243
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti. COM( 2011 )13 definitivo (Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio) ... 244
7-00545 Margiotta: Sulle risorse necessarie per sostenere la regione Basilicata nella gestione delle conseguenze della calamità naturali che hanno colpito recentemente la regione Basilicata (Seguito della discussione e conclusione - Approvazione) ... 245
ALLEGATO 1 (Nota depositata dal Governo) ... 251
7-00531 Alessandri, 7-00537 Bratti e 7-00550 Tommaso Foti: Sulla localizzazione di un deposito di gas da realizzare nel comune di Rivara (Seguito della discussione congiunta e conclusione - Approvazione della risoluzione 7-00531 e approvazione parziale della risoluzione 7-00537) ... 246
Sulla pubblicità dei lavori ... 248
Modifica della denominazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. C. 2780 Mario Pepe (Discussione e conclusione - Approvazione) ... 249
ALLEGATO 2 (Nuovo testo adottato come testo base) ... 258
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 25 maggio 2011. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI.
La seduta comincia alle 14.10.
Variazioni nella composizione della Commissione.
Angelo ALESSANDRI, presidente, comunica che, con riferimento al gruppo Iniziativa Responsabile, è entrato a far parte della Commissione l'onorevole Carlo
Nola in sostituzione dell'onorevole Luciano Mario Sardelli.
La Commissione prende atto.
Decreto-legge 70/2011 Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.
C. 4357 Governo.
(Parere alle Commissioni V e VI).
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 maggio 2011.
Angelo ALESSANDRI, presidente, avverte che - in relazione al conflitto di competenza ai fini del coinvolgimento della VIII Commissione nell'assegnazione in sede primaria del decreto legge n. 70 del 2001 recante «Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia «, deliberato nella seduta del 19 maggio 2011 - è pervenuta la lettera del Presidente della Camera che ha confermato l'assegnazione già effettuata alle Commissioni riunite V e VI. Fa notare come il provvedimento sia un provvedimento intersettoriale a carattere prevalentemente economico-finanziario analogo ad altri provvedimenti di urgenza assegnati, in virtù di tale natura, alle Commissioni riunite V e VI.
La Commissione prende atto.
Angelo ALESSANDRI, presidente e relatore, osserva che il decreto introduce una serie di disposizioni finalizzate allo sviluppo e al rilancio dell'economia, anche per dare seguito a quanto previsto dal Programma Nazionale di Riforma (PNR), allegato al Documento di economia e finanze, esaminato qualche settimana fa dal Parlamento e nel quale sono state anticipate alcune delle misure che il presente provvedimento provvede più compiutamente a disciplinare. È il caso, ad esempio, di alcune misure riguardanti la disciplina delle opere pubbliche e dell'edilizia.
Nel precisare che nella illustrazione darà conto delle principali innovazioni introdotte dal decreto-legge nelle parti di competenza della VIII Commissione rimandando, per una disamina completa di tutte le disposizioni, alla documentazione predisposta, rileva, in primo luogo, che i commi da 1 a 3 dell'articolo 3 introducono un diritto di superficie ventennale sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione delle spiagge e delle scogliere. La lettera a) del comma 1 precisa che sulle aree già occupate da edificazioni esistenti, aventi qualunque destinazione d'uso in atto alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ancorché realizzate su spiaggia, arenile ovvero scogliera, salvo che le relative aree non risultino già di proprietà privata, le edificazioni possono essere mantenute esclusivamente in regime di diritto di superficie. Ai sensi della successiva lettera b), il provvedimento costitutivo del diritto di
superficie è rilasciato, nel rispetto dei principi comunitari di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, dalla regione d'intesa con il comune nonché con le Agenzie del demanio e del territorio. La lettera c) definisce le modalità di costituzione e mantenimento del diritto di superficie, mentre la lettera d) stabilisce che sulle aree inedificate l'attività edilizia è consentita solo in regime di diritto di superficie e comunque nel rispetto della normativa vigente. Ai sensi del comma 2, la violazione delle predette norme comporta l'acquisizione di diritto delle edificazioni alla proprietà del demanio e l'abbattimento in danno di colui che le ha realizzate.
Con riferimento all'articolo 4, precisa che esso reca un complesso intervento normativo finalizzato a modificare in più punti il Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. Le modifiche al Codice sono racchiuse nel comma 2, mentre i commi da commi da 3 a 12, nonché il comma 14, disciplinano i termini e le modalità applicative delle novelle recate al comma 2.
La lettera b) del comma 2 è soprattutto finalizzata a modificare in più parti l'articolo
38 del Codice, relativo ai requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nonché per l'affidamento di subappalti. La lettera d) del comma 2 introduce il principio della tassatività delle cause di esclusione, precisando che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di nullità, mentre la lettera h) prevede la predisposizione dei bandi sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici contenenti l'indicazione delle cause tassative di esclusione. La lettera e) del comma in esame reca una misura di trasparenza, in quanto prevede l'inserimento della documentazione comprovante il possesso dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari nella «Banca dati nazionale dei contratti pubblici» istituita presso l'Autorità, nonché l'utilizzo della
medesima banca dati per il controllo, da parte delle stazioni appaltanti, del possesso dei citati requisiti.
Un gruppo di disposizioni nel comma 2 è finalizzato a modificare la disciplina riguardante la procedura negoziata e la procedura ristretta semplificata. Si tratta, in particolare, delle lettere f) e g), che eliminano il limite di 1 milione di euro per l'affidamento dei lavori attraverso il ricorso alla procedura negoziata con o senza la previa pubblicazione di un bando di gara qualora, in esito all'esperimento di procedure aperte, ristrette o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate siano irregolari o inammissibili ovvero non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. La lettera l) modifica il comma 7 dell'articolo 122 del Codice elevando da 500.000 a 1 milione di euro l'importo entro il quale è consentito affidare i lavori con la procedura negoziata senza bando a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di
trattamento, proporzionalità e trasparenza e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6. All'elevazione dell'importo corrisponde l'aumento del numero minimo dei soggetti che devono essere obbligatoriamente invitati alla procedura (almeno 10 per i lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, almeno 5 per i lavori di importo inferiore). L'ultimo periodo del citato comma 7 dell'articolo 122, come novellato dalla lettera l) del comma 2 in esame, disciplina i contenuti, nonché le modalità e i termini di pubblicazione dell'avviso sui risultati della procedura negoziata di affidamento. In proposito, ricorda che la Commissione proprio recentemente si è trovata a dibattere di questo argomento in occasione della votazione del documento sul Libro verde sulla modernizzazione della politica comunitaria in materia di appalti e che era stata espressa una valutazione favorevole in ordine all'innalzamento dell'importo per il ricorso a
tale procedura a patto che contestualmente fosse garantita obbligatoriamente l'adozione di strumenti quali l'aumento del numero delle imprese da invitare, il criterio della rotazione di tali imprese, la pubblicità delle informazioni relative allo svolgimento della procedura e la pubblicazione ex post degli atti della procedura medesima. Rileva, inoltre, che la lettera m) eleva da 1 a 1,5 milioni di euro la soglia di importo entro la quale è esperibile, per gli appalti di lavori, la procedura ristretta semplificata, mentre la lettera dd) prevede, anche per i lavori relativi ai beni culturali, l'elevazione della soglia (nel caso specifico ad 1,5 milioni di euro) per l'applicazione della procedura negoziata.
La lettera n) integra la disposizione recata dal comma 3 dell'articolo 132 del Codice, secondo cui l'importo in aumento relativo alle varianti non può superare il 5 per cento dell'importo originario del contratto e deve trovare copertura nella somma stanziata per l'esecuzione dell'opera, precisando che tale somma deve essere considerata al netto del 50 per cento dei ribassi d'asta conseguiti. La lettera o) dimezza l'entità delle compensazioni previste per variazioni dei prezzi dei materiali da costruzione derivanti da circostanze eccezionali. La lettera q) introduce una nuova disciplina riguardante la finanza di progetto (project financing) riguardante
la presentazione alle amministrazioni aggiudicatrici, da parte degli operatori economici, di una proposta relativa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale o negli strumenti di programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La proposta, che include un progetto preliminare, una bozza di convenzione e un piano economico-finanziario asseverato da una banca, può riguardare, in alternativa alla concessione, la locazione finanziaria (anche detta leasing in costruendo).
La lettera hh) introduce un limite all'importo complessivo delle riserve, che non può in ogni caso superare il 20 per cento dell'importo contrattuale, mentre la lettera ii), che si inserisce in un recente filone legislativo volto a deflazionare il contenzioso, introduce la responsabilità per liti temerarie prevedendo la condanna d'ufficio della parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria di importo compreso tra il doppio e il triplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio quando la decisione è fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati.
Sono, inoltre, modificate alcune norme transitorie del Codice, tra le quali segnalo la proroga fino al 31 dicembre 2013 delle disposizioni in materia di dimostrazione dei requisiti (di ordine generale nonché tecnico-organizzativi ed economico-finanziari) degli esecutori di lavori pubblici, comprese le imprese affidatarie di lavori pubblici di importo fino a 150.000 euro, e dei prestatori di servizi relativi ai servizi di architettura ed ingegneria. Si prevede, poi, per un periodo transitorio (fino al 31 dicembre 2013), la possibilità di procedere, per gli appalti sotto soglia all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 122, comma 9, e 124, comma 8, che riguardano l'esclusione automatica delle offerte anomale.
Le lettere da r) ad aa) novellano in più parti la disciplina delle opere strategiche prevedendo: l'introduzione, alle lettere r), n. 3) ed s), n. 3), sia per il progetto preliminare che per il progetto definitivo, di un termine di 90 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera CIPE di approvazione del progetto posto a base di gara entro il quale il soggetto aggiudicatore deve pubblicare il bando in mancanza del quale può essere disposta la revoca del finanziamento a carico dello Stato; alla lettera r), n. 2, la diminuzione del limite di spesa, per le opere di compensazione dell'impatto territoriale e sociale, che devono essere strettamente correlate alla funzionalità dell'opera, dal 5 per cento al 2 per cento dell'intero costo dell'opera, comprensivo anche degli oneri di mitigazione dell'impatto ambientale. Il comma 14 dell'articolo 4, nel fare salva la disciplina di cui
all'articolo 165, comma 3, del Codice, prevede che per il triennio 2011-2013 non possono essere approvati progetti preliminari o definitivi non in linea con i nuovi criteri. Viene, altresì, prevista l'estensione a sette anni della durata del vincolo preordinato all'esproprio (decorrenti dall'efficacia della delibera CIPE di approvazione del progetto preliminare), nonché la fissazione di analogo termine temporale (decorrente dall'efficacia della delibera CIPE di approvazione del progetto definitivo) per l'emanazione del decreto di esproprio (lettere r), n. 4), ed s), n. 2)). Vengono fissati limiti di praticabilità tecnico-economica per le varianti alla localizzazione dell'opera (lettera t), n. 1) del comma 2, disponendo che tali varianti devono essere strettamente correlate alla funzionalità dell'opera e non possono comportare incrementi del costo rispetto al progetto preliminare.
Segnala che il comma 13 dell'articolo 4 reca disposizioni volte a potenziare i controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti di lavori, servizi e forniture, attraverso l'istituzione, presso ogni prefettura, di un elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori di lavori pubblici, servizi e forniture. Il comma 15 dell'articolo 4 apporta alcune modifiche al regolamento di attuazione del
Codice, recato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, tra le quali segnala la proroga dal 181o giorno al 366o giorno dalla data di entrata in vigore del regolamento (cioè fino all'8 giugno 2012) dei termini contemplati - dal primo e secondo periodo del comma 12 dell'articolo 357 del Regolamento - per la vigenza delle attestazioni e/o dei relativi importi rilasciate nella vigenza del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, recante l'istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, e quella finalizzata a chiarire che resta ferma la disciplina transitoria recata dall'articolo 357 del Regolamento di attuazione del Codice a decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento medesimo.
Quanto poi all'articolo 5, esso, alla lettera a) del comma 2, dal n. 1 al n. 7, apporta modifiche al permesso di costruire disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. Le modifiche sono per lo più finalizzate a semplificare l'iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire, attraverso la sostituzione dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, prevedendo, tra le maggiori novità, l'introduzione del silenzio assenso in luogo del precedente regime basato sul silenzio rifiuto, decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, il che conseguentemente comporta anche una revisione dei termini procedurali. Si prevede, infatti, un termine per l'adozione del provvedimento conclusivo di 90 giorni per i centri urbani con meno di 100 mila abitanti e di 150 giorni per i comuni con oltre 100 mila abitanti o per i progetti particolarmente complessi,
sempreché l'amministrazione non richieda delle integrazioni documentali.
Il n. 2), lettera a), del comma 2 dell'articolo 5 modifica la disciplina delle cosiddette opere a scomputo prevedendo che, nell'ambito degli strumenti attuativi dei piani urbanistici e degli atti equivalenti comunque denominati, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, purché funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, sia a carico del titolare del permesso di costruire. Pertanto si dispone che a tali interventi non si applica l'articolo 122, comma 8, del Codice dei contratti pubblici che prevede, per l'affidamento di lavori relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo, il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara - ex articolo 57, comma 6, del medesimo Codice - con invito ad almeno cinque operatori economici.
Al n. 5), lettera a), vengono considerati non parzialmente difformi dal titolo abilitativo edilizio le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta fino al 2 per cento delle misure progettuali per singola unità immobiliare.
L'articolo 5, comma 2, lettere b) e c), reca alcune modifiche alla disciplina della SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) che viene estesa anche alla DIA in edilizia, ad esclusione della DIA alternativa o sostitutiva del permesso di costruire, precisando quindi in modo definitivo la sostituzione della DIA con la SCIA anche in edilizia, con la citata esclusione. Le disposizioni sulla SCIA in edilizia si interpretano nel senso che non sostituiscono le leggi regionali che hanno ampliato l'ambito applicativo della DIA alternativa al permesso di costruire (la cosiddetta superDia). La SCIA non sostituisce altresì le autorizzazioni o i nulla osta che devono comunque essere rilasciati in presenza di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
Il comma 3 dell'articolo 5, al fine di garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, prevede, con una novella all'articolo 2643, comma 1, del codice civile, che debbano essere resi pubblici, attraverso la trascrizione, i contratti che trasferiscono i diritti edificatori, sostanzialmente dando copertura legislativa alla perequazione urbanistica. Ricorda, in proposito, le proposte di legge A.C. 329 e abb., recanti principi fondamentali in materia di governo del territorio, che comprendono anche disposizioni riguardanti la perequazione urbanistica.
I commi da 4 a 7 recano norme di semplificazione rispettivamente in materia di: assolvimento dell'obbligo di comunicazione all'autorità locale di pubblica sicurezza nei contratti di compravendita; autocertificazione acustica; pubblicazione degli elaborati tecnici, allegati alle delibere di adozione o approvazione degli strumenti urbanistici, nei siti informatici delle amministrazioni comunali.
Il comma 8 introduce, con una novella alla legge urbanistica n. 1150/1942, l'esclusione dalla procedura di VAS (valutazione ambientale strategica) e dalla verifica di assoggettabilità degli strumenti attuativi di piani urbanistici già stati sottoposti a VAS alle seguenti condizioni: lo strumento attuativo non comporti variante allo strumento sovraordinato; lo strumento sovraordinato in sede di VAS abbia definito l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti plano-volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui, invece, lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato, la VAS e la verifica di assoggettabilità vengono limitate solo agli aspetti che non sono stati oggetto di VAS sui piani
sovraordinati.
Il comma 9, riguardante quello che da più parti viene definito il cosiddetto Piano città, prevede che le regioni approvino, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto, proprie leggi al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio nonché per la riqualificazione delle aree urbane degradate anche attraverso interventi di ricostruzione e demolizione che prevedano: il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale; la delocalizzazione delle relative volumetrie in aree diverse; il cambio di destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari; le modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica con le strutture esistenti.
Il comma 10 esclude dagli interventi di riqualificazione gli immobili abusivi o situati nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, ma vengono invece inclusi quelli che hanno ottenuto il titolo abilitativo in sanatoria.
Il comma 11 reca una norma transitoria (decorsi i 60 giorni previsti dal comma 9 dall'entrata in vigore del decreto-legge e sino all'entrata in vigore della normativa regionale) che prevede l'applicazione - agli interventi di cui al comma 9 precedentemente citati - dell'articolo 14 del testo unico dell'edilizia relativo al rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, anche per il mutamento delle destinazioni d'uso. Resta fermo il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché delle disposizioni del Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004).
Il comma 12 estende l'applicabilità delle disposizioni contenute nei commi precedenti anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.
Il comma 13 reca un'altra norma transitoria per le regioni a statuto ordinario (decorso il termine di 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame e sino all'entrata in vigore della normativa regionale), in base alla quale, oltre a quanto previsto nei commi precedenti: a) è ammesso il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali anche per il mutamento delle destinazioni d'uso tra loro compatibili o complementari;b) i piani attuativi comunque denominati, compatibili con lo strumento urbanistico generale, sono approvati dalla giunta comunale.
Il comma 14 prevede che, decorsi 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto in
esame, le disposizioni contenute nel comma 9 saranno immediatamente applicabili alle regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto ad approvare proprie leggi. La volumetria aggiuntiva da riconoscere quale misura premiale ai sensi della lettera a) del comma 9 - applicabile fino all'approvazione delle leggi regionali - è realizzata: nel limite massimo del 20 per cento del volume dell'edificio se destinato ad uso residenziale; nel limite massimo del 10 per cento della superficie coperta per edifici adibiti ad uso diverso.
L'articolo 10, ai commi da 11 a 27, provvede a istituire, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche alla quale sono trasferite le funzioni già attribuite alla Co.N.Vi.R.I. (Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche), che viene pertanto soppressa a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le funzioni indicate riprendono quelle attribuite dalle leggi vigenti (in particolare dall'articolo 161, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006) alla Co.N.Vi.R.I, ma provvedono a introdurre alcune innovazioni laddove si prevede: l'attribuzione di un potere di vigilanza sulle modalità di erogazione del servizio anche attraverso l'irrogazione di sanzioni amministrative; la previsione dell'esercizio del potere sostitutivo nel caso di mancata adozione degli atti di definizione della tariffa da parte delle autorità competenti;
l'indirizzo e controllo degli affidamenti e delle regole per la redazione del piano d'ambito nonché con riferimento alla definizione delle componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici, all'approvazione delle tariffe predisposte dalle autorità competenti e alla formulazione di proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone altresì i casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione. In proposito, segnala che alcune di tali modifiche vanno coordinate con la normativa vigente. I commi da 16 a 20 dell'articolo 10 disciplinano la composizione dell'Agenzia, i commi 22 e 23 disciplinano l'organizzazione e le risorse, il comma 21 regolamenta lo scioglimento, mentre i commi 24 e 25 recano la copertura degli oneri derivanti dal funzionamento dell'Agenzia. Il comma 28 dell'articolo 10, infine, reca una norma di interpretazione autentica del comma 8 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del
2008, al fine di chiarire che dal 26 settembre 2009 è da considerarsi cessato il regime transitorio per la determinazione delle tariffe del servizio idrico di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 79 del 1995 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 1995).
In conclusione, rileva che le disposizioni di competenza della VIII Commissione sono numerose e complesse e pertanto necessitano di un esame attento anche alla luce degli elementi che il Governo riterrà di apportare alla conoscenza della Commissione, ai fini di un opportuno chiarimento su alcune delle norme precedentemente citate. Auspica, pertanto, che l'esame in Commissione possa portare all'acquisizione di elementi di informazioni utili all'istruttoria e possa svolgersi in un clima di aperto confronto tra le parti anche al fine di addivenire a posizioni condivise su talune questioni. Si riserva, pertanto, di predisporre una proposta di parere sulla base degli esiti del dibattito in Commissione.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionali iscritti in albi ed elenchi, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra, con Atto finale, fatto a Giacarta il 9 novembre 2009.
C. 1524-B Moffa, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Vincenzo GIBIINO (PdL), relatore, ricorda che la VIII Commissione aveva già espresso - nella seduta del 13 gennaio 2010 - un parere favorevole sul testo della proposta di legge predisposto dalla XI Commissione nel corso dell'esame in prima lettura. Ricorda altresì che in tale occasione era stato evidenziato come la proposta di legge nascesse - in relazione all'adozione da parte delle casse previdenziali privatizzate del metodo di calcolo contributivo delle prestazioni pensionistiche e della presenza di aliquote contributive estremamente contenute - dall'esigenza di incrementare la base di calcolo del trattamento pensionistico, espressa dai montanti contributivi, al fine «di garantire un'apprezzabile continuità con il reddito professionale percepito al momento della cessazione dell'esercizio della professione».
Proprio in ragione di tali considerazioni, la XI Commissione Lavoro aveva approvato alcune integrazioni al testo originario della proposta di legge secondo le quali, al fine di migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti alle casse previste dal decreto legislativo n. 103 del 1996 che adottano il sistema di calcolo contributivo, è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali, previa delibera degli organismi competenti e previa valutazione dei Ministeri vigilanti effettuata sulla base della sostenibilità della gestione complessiva e delle implicazioni in termini di adeguatezza delle prestazioni.
Fa notare come nel corso dell'esame della proposta di legge al Senato siano state introdotte due sole modifiche (su sollecitazione della Commissione Bilancio di quel ramo del Parlamento), che pertanto costituiscono l'unico oggetto di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 70 , comma 2, del Regolamento. La prima modifica riguarda la previsione che il contributo debba essere fissato tra il 2 e il 5 per cento del fatturato lordo (nel testo approvato dalla Camera era previsto solo il limite massimo del 5 per cento e non anche quello minimo del 2 per cento). La seconda modifica interessa la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali, che, secondo il nuovo testo, deve avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti.
Ciò premesso e considerato che le modifiche introdotte non recano profili problematici per la VIII Commissione, ritiene che la Commissione possa ribadire il parere favorevole anche sul testo come modificato dal Senato.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole presentata dal relatore.
La seduta termina alle 14.15.
Mercoledì 25 maggio 2011. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno CESARIO.
La seduta comincia alle 14.15.
Angelo ALESSANDRI, presidente, propone - in attesa dell'arrivo del Ministro dell'Ambiente - di procedere subito all'esame dell'atto dell'Unione europea e di seguito, stante la presenza del sottosegretario Cesario, alla discussione della risoluzione 7-00545 Margiotta, per passare successivamente all'esame delle restanti risoluzioni che rientrano nell'ambito di competenza del Ministero dell'ambiente, e infine alla discussione in sede legislativa.
La Commissione consente.
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti.
COM(2011)13 definitivo.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Renato Walter TOGNI (LNP), relatore, osserva che la relazione della Commissione europea di cui si avvia l'esame intende fare il punto sullo stato di attuazione della Strategia adottata nel 2005 in materia di prevenzione e riciclaggio dei rifiuti.
È questo un tema che nel nostro Paese, per le note e drammatiche vicende che hanno interessato in primo luogo la Campania ma anche altre regioni, a cominciare dalla Sicilia, ha assunto i caratteri di una vera e propria emergenza.
È emblematico in proposito il dato relativo alle procedure di infrazione a carico dell'Italia che rimangono assai numerose e che testimoniano una cronica difficoltà, per le amministrazioni pubbliche italiane, nell'assicurare una coerente applicazione della disciplina europea. L'elemento più interessante della relazione è costituito dall'impegno profuso dalle Istituzioni europee per proporre un approccio innovativo per la gestione dei rifiuti introducendo il concetto di «ciclo di vita».
In base a tale concetto, i rifiuti devono essere considerati sempre di più come risorsa da utilizzare piuttosto che come materiali da scartare. In questa prospettiva, il riciclaggio e il recupero dovrebbero diventare le modalità di impiego privilegiate mentre lo smaltimento in discarica dovrebbe costituire una soluzione residuale. I dati del nostro Paese comparati con quelli medi dell'UE e soprattutto con quelli dei maggiori partner, purtroppo non sembrano confortanti. Se, per un verso, la produzione annua pro capite dei rifiuti solidi urbani risulta in Italia soltanto leggermente superiore a quella media dell'UE, per altro verso è altrettanto vero che il nostro Paese registra un notevole ritardo per quanto concerne il rispetto degli obiettivi stabiliti dall'UE per quanto riguarda il riciclaggio. In particolare, l'obiettivo è quello di realizzare entro il 2020 il riciclaggio del 50 per cento dei rifiuti urbani e del 70 per cento
dei rifiuti da costruzione.
Appare significativo il decremento registrato complessivamente, nell'ambito dell'UE, per quanto concerne lo smaltimento in discarica. Dal 1995 al 2008 siamo passati dal 65 per cento al 40 per cento del totale dei rifiuti.
Fa notare come la relazione opportunamente ricorda l'ingente sforzo compiuto, anche sotto il profilo dell'entità delle risorse finanziarie impegnate, per la chiusura o la bonifica di discariche non autorizzate.
Aggiunge che la documentazione predisposta dagli uffici evidenzia che il nostro Paese non si colloca certo tra i più «virtuosi».
Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda la raccolta differenziata che continua a registrare fortissimi divari tra le diverse aree territoriali del Paese per cui i dati delle regioni del Mezzogiorno risultano meno favorevoli di quelli del Centro-Nord. Il terreno su cui conviene svolgere un approfondimento di istruttoria e che presenta le maggiori potenzialità, anche per indurre le amministrazioni pubbliche italiane a conseguire risultati più soddisfacenti in materia di riciclaggio e raccolta differenziata, è proprio quello, suggerito dalla Commissione, dell'acquisizione del concetto di «ciclo di vita» dei rifiuti.
Rileva quindi che l'esperienza dimostra come un'oculata e razionale gestione dei rifiuti è in grado di assicurare un significativo contributo, in termini quantitativi e di risparmi di spesa, sia nella fornitura di materie prime (esemplare al riguardo è il caso dei rottami che concorrono per circa la metà alla produzione di metalli in ambito UE), sia nella produzione di energia
(in particolare attraverso la produzione di gas) sia nella creazione di nuovi posti di lavoro.
La Commissione europea ha stimato che se gli Stati membri riuscissero a riciclare il 70 per cento dei loro rifiuti, si creerebbero almeno 500 mila nuovi posti di lavoro.
In conclusione, la relazione della Commissione costituisce un'ottima base per verificare lo stato di attuazione della normativa europea nel nostro Paese e per valutare, mediante un confronto da svolgere in primo luogo con il Governo, quali iniziative possano essere assunte per consentire all'Italia di recuperare i ritardi accumulati in questo campo rispetto ad altri Paesi europei.
Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.20.
Mercoledì 25 maggio 2011. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economie e le finanze, Bruno Cesario, e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo.
La seduta comincia alle 14.20.
7-00545 Margiotta: Sulle risorse necessarie per sostenere la regione Basilicata nella gestione delle conseguenze della calamità naturali che hanno colpito recentemente la regione Basilicata.
(Seguito della discussione e conclusione - Approvazione).
La Commissione prosegue la discussione della risoluzione, rinviata nella seduta del 19 aprile 2011.
Il sottosegretario Bruno CESARIO illustra l'orientamento del Governo sulla risoluzione in esame nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).
Salvatore MARGIOTTA (PD) chiede al rappresentante del Governo di voler esprimere in modo esplicito l'orientamento dell'Esecutivo sul proprio atto di indirizzo.
Il sottosegretario Bruno CESARIO nel richiamare i contenuti del proprio intervento, esprime parere contrario sulla risoluzione in discussione.
Salvatore MARGIOTTA (PD) esprime un giudizio nettamente critico sul contenuto dell'intervento del rappresentante del Governo. Ritiene, infatti, completamente fuori luogo il richiamo fatto dal sottosegretario Cesario all'accordo di programma recentemente sottoscritto dal Ministero dell'ambiente con la regione Basilicata per la realizzazione di interventi urgenti per la messa in sicurezza del territorio. La stipula e l'attuazione di tale accordo di programma, infatti, nulla hanno a che vedere con la questione sollevata dal proprio atto di indirizzo, che attiene alla necessità di reperire e stanziare le risorse statali a favore delle zone della Basilicata e delle altre regioni italiane colpite dagli eventi calamitosi del marzo scorso, nonché di rivedere le inaccettabili norme dettate in materia di calamità naturali alla fine del 2010 dal decreto-legge «Milleproroghe».
Giudica inoltre paradossale e iniqua l'idea di una sorta di «federalismo dei disastri», che è alla base dell'intervento del rappresentante del Governo e che impone ai territori e alle popolazioni colpite dalle calamità naturali di sopportare anche i costi necessari a riparare i danni subiti.
Dopo aver ricordato che, nel corso della audizione svolta il 3 maggio scorso, il Presidente della regione Basilicata ha ampiamente dimostrato l'impossibilità, per una regione «piccola» come la Basilicata, di reperire le risorse necessarie a fronteggiare da sola un'emergenza come quella
che si è venuta a determinare, denuncia come la posizione espressa oggi dal Governo appaia ancor più inaccettabile, ove si pensi che proprio con il citato decreto-legge l'Esecutivo aveva stanziato 100 milioni di euro annui per il ristoro dei danni provocati nel novembre 2010 dall'alluvione del Veneto.
Conclude, quindi, prendendo atto con rammarico che nessuna delle promesse fatte dal Governo è stata mantenuta e che quanto dichiarato oggi dal sottosegretario Cesario non potrà che provocare la giusta indignazione dei territori e dei cittadini della regione Basilicata.
Conclude quindi esprimendo la convinzione che la Corte costituzionale, alla quale si è appellata la regione Basilicata, farà giustizia cancellando le richiamate norme del decreto-legge «Milleproroghe» e facendo apparire ancor più paradossali e ridicole le parole pronunciate oggi dal rappresentante del Governo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la risoluzione in titolo.
7-00531 Alessandri, 7-00537 Bratti e 7-00550 Tommaso Foti: Sulla localizzazione di un deposito di gas da realizzare nel comune di Rivara.
(Seguito della discussione congiunta e conclusione - Approvazione della risoluzione 7-00531 e approvazione parziale della risoluzione 7-00537).
La Commissione prosegue la discussione congiunta delle risoluzioni, rinviata nella seduta del 3 maggio 2011.
Il ministro Stefania PRESTIGIACOMO dichiara di avere ben presente che la questione oggetto delle risoluzioni in titolo è molto sentita sul territorio e ha prodotto divisioni e contrapposizioni fra i cittadini delle comunità coinvolte. Nel ricordare, peraltro, che attualmente il progetto per la realizzazione dell'impianto di stoccaggio di gas naturale a Rivara è all'esame della Commissione per la valutazione di impatto ambientale (VIA), giudica opportuno che in questa fase il Governo non si pronunci né a favore né contro il richiamato progetto, dovendosi attendere prima il pronunciamento degli organi tecnici competenti.
Conclude, quindi, dichiarando di rimettersi alle valutazioni della Commissione sulle risoluzioni 7-00531 Alessandri e 7-00537 Bratti. Esprime, invece, parere favorevole sulla risoluzione 7-00550 Tommaso Foti che, a suo giudizio, affronta correttamente la questione in discorso giacché subordina la valutazione del Governo alla definizione della procedura di valutazione di impatto ambientale da parte degli organi tecnici competenti.
Alessandro BRATTI (PD) richiama l'attenzione della Commissione sulla completezza dell'attività istruttoria svolta nelle scorse settimane, durante le quali la questione oggetto delle risoluzioni in esame è stata ampiamente discussa, anche attraverso lo svolgimento di un ciclo di audizioni che ha consentito di raccogliere le posizioni di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. Ricorda, altresì, che già una volta, in passato, la Commissione VIA ha espresso un giudizio negativo sul progetto per la realizzazione del deposito di gas naturale a Rivara.
Nel richiamare, infine, l'impegno profuso nelle scorse settimane dai deputati del Partito Democratico per far emergere una posizione condivisa fra tutti i gruppi, ritiene che oggi occorra prendere atto, anche alla luce della posizione espressa dal Ministro dell'ambiente, che sia necessario fare chiarezza sul piano politico procedendo alla votazione degli atti di indirizzo in titolo.
Aldo DI BIAGIO (FLpTP), a nome del suo gruppo, ritiene che il Governo, nel pieno rispetto delle competenze statali in materia e in stretta applicazione del principio di precauzione, debba vincolare il rilascio di titoli minerari per lo stoccaggio di gas naturale nel territorio di Rivara all'esito di procedure di VIA e di nulla osta di fattibilità (NOF), attualmente in corso di definizione.
Angelo ALESSANDRI, presidente, sottopone alla Commissione l'opportunità di una breve sospensione dei lavori, al fine di verificare la possibilità di addivenire alla predisposizione di un testo unificato delle risoluzioni in titolo.
Guido DUSSIN (LNP), a nome del suo gruppo, esprime parere favorevole sulla proposta avanzata dal presidente della Commissione.
Sergio Michele PIFFARI (IdV), pur comprendendo le ragioni che sono alla base della proposta formulata dal presidente della Commissione, ritiene che non sussistano le condizioni per una conciliazione delle diverse posizioni e che sia quindi necessario procedere alle distinte votazioni delle risoluzioni in titolo. Giudica, infatti, che solo un'esplicita assunzione di responsabilità possa fare chiarezza sulle reali posizioni delle forze politiche e del Governo, al cui interno sono rappresentate posizioni, come quella del sottosegretario Giovanardi, che, a suo avviso, sono le uniche davvero inaccettabili, in quanto pregiudizialmente orientate a favore della realizzazione del deposito di gas naturali a Rivara, a prescindere dalle valutazioni tecniche della Commissione VIA e dal dibattito pubblico svoltosi nei territori e negli organi parlamentari.
Tommaso FOTI (PdL), in risposta a quanto affermato dal collega Piffari, sottolinea che è inaccettabile parlare di «tentativo di conciliazione» con riferimento alla proposta correttamente formulata dal presidente della Commissione allo scopo di verificare la sussistenza dei presupposti per addivenire alla predisposizione di un testo unificato delle risoluzioni in titolo. Ritiene, infatti, che la Commissione non possa esimersi dal valutare, con tutta l'attenzione del caso, da un lato, se sia possibile impegnare il Governo prima della pronuncia degli organi tecnici competenti, dall'altro, se sia possibile procedere alla votazione delle risoluzioni in esame sulla base di informazioni incomplete e di fatti tenuti occultati. Al riguardo, denuncia la contraddittorietà del giudizio negativo espresso dalla regione Emilia-Romagna sul progetto in questione, a fronte del chiaro contenuto di una memoria depositata agli atti
della Commissione dall'assessore regionale Muzzarelli, dalla quale risulta che il Comitato tecnico regionale ha esaminato il progetto in questione il 16 novembre 2010 ed ha ritenuto «di non essere in possesso di valutazioni sufficienti per pervenire al rilascio del NOF», decidendo di sospendere la procedura «in attesa del pronunciamento dei competenti organi del Ministero dello sviluppo economico in merito allo svolgimento della fase di accertamento e all'idoneità del sito».
Aggiunge, altresì, sempre citando atti della regione Emilia-Romagna, che alcuni atti amministrativi risultano adottati in modo non corretto, che il progetto in questione è stato giudicato coerente con gli obiettivi generali di pianificazione di settore, che il parere negativo sul progetto è stato espresso in applicazione del principio di precauzione e che gli strumenti di pianificazione settoriale, territoriale ed urbanistici vigenti, non contengono norme preclusive alla realizzazione del progetto.
Conclude, quindi, che se davvero non si vuole sposare una tesi pregiudiziale, la lettura degli atti istruttori dovrebbe indurre la Commissione a formulare un indirizzo al Governo che tenga nel giusto conto il giudizio degli organi tecnici competenti, al cui esame è attualmente sottoposto il progetto in questione. Giudicherebbe, invece, scorretto se attraverso gli atti di indirizzo in esame, si intendesse vincolare il Governo ad assumere una decisione politica prima della pronuncia dei richiamati organi tecnici ministeriali.
Alessandro BRATTI (PD), pur comprendendo le ragioni esposte dal collega Foti, ribadisce che la Commissione ha condotto una istruttoria completa e che è ormai giunto il momento di procedere alla votazione degli atti di indirizzo in titolo, soprattutto in considerazione dell'importanza e della fondatezza delle argomentazioni tecniche e politiche fornite in sede di
audizione dai rappresentati della regione Emilia-Romagna.
Coglie, infine, l'occasione per segnalare al ministro Prestigiacomo la necessità di affrontare con urgenza la questione derivante dal tumultuoso aumento, registrato negli ultimi mesi in tutti i territori della pianura padana, delle richieste di autorizzazione all'effettuazione di attività di eplorazione di gas naturale da parte di aziende in massima parte straniere. A tale proposito fa notare come, dopo il rilascio quasi certo delle autorizzazioni preliminari, si verificherà verosimilmente che gli uffici ministeriali non potranno che negare le autorizzazioni definitive allo svolgimento delle attività di ricerca e coltivazione dei giacimenti con conseguenti costi per le aziende e, soprattutto, allarme, sospetto e sfiducia nelle popolazioni interessate verso l'operato delle istituzioni e dei pubblici uffici.
Angelo ALESSANDRI, presidente, sospende brevemente la seduta per verificare se ci sia la possibilità di pervenire ad una risoluzione unitaria.
La seduta, sospesa alle 15.15, è ripresa alle 15.25.
Angelo ALESSANDRI, presidente, avverte che, non sussistendo le condizioni per pervenire ad un testo unificato delle risoluzioni in titolo, le stesse saranno poste in votazione secondo l'ordine di presentazione. Avverte quindi, nel caso di approvazione della risoluzione 7-00531 Alessandri, risulterebbe assorbita la votazione sul primo impegno della risoluzione 7-00537 Bratti e risulterebbe preclusa la votazione della risoluzione 7-00550 Tommaso Foti.
Nessuno altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la risoluzione 7-00531 Alessandri.
Angelo ALESSANDRI, presidente, comunica che, a seguito della risoluzione testè approvata, risulta assorbita la votazione sul primo impegno della risoluzione 7-00537 Bratti, identico all'impegno della risoluzione approvata. Avverte quindi che verrà posta in votazione la risoluzione 7-00537 Bratti nella parte relativa agli impegni non assorbita dalla approvazione della risoluzione 7-00531 Alessandri.
Tommaso FOTI (PdL) chiede che si proceda alla votazioni per parti separate degli impegni della risoluzione Bratti 7-00531 non assorbiti dall'approvazione della risoluzione 7-00531 Alessandri.
La Commissione approva, con distinte votazioni, il secondo e il terzo impegno della risoluzione 7-00537 Bratti.
Tommaso FOTI (PdL) richiama l'attenzione della Commissione sulla natura meramente amministrativa della concessione mineraria di cui al quarto impegno della risoluzione del collega Bratti.
La Commissione respinge il quarto impegno della risoluzione 7-00537 Bratti.
Angelo ALESSANDRI, presidente, comunica che risulta preclusa la votazione della risoluzione 7-00550 Tommaso Foti, in quanto recante un impegno dal contenuto contrastante con quello su cui la Commissione ha già deliberato.
La seduta termina alle 15.45.
Mercoledì 25 maggio 2011. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il Ministro per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo.
La seduta comincia alle 15.45.
Angelo ALESSANDRI, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 65, comma 2, del regolamento, la pubblicità delle
sedute per la discussione in sede legislativa è assicurata, oltre che con il resoconto stenografico, anche tramite la trasmissione attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. Ne dispone pertanto l'attivazione.
Modifica della denominazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
C. 2780 Mario Pepe.
(Discussione e conclusione - Approvazione).
La Commissione inizia la discussione.
Angelo ALESSANDRI, presidente, ricorda che la Commissione ha già esaminato in sede referente la proposta di legge C. 2780 sulla quale è stato elaborato un nuovo testo e sul quale è stato espresso il parere da parte della competente Commissione. Essendo stato, nel frattempo, richiesto il trasferimento di tale testo alla sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento, ed essendosi verificati i necessari presupposti per dare seguito a questa richiesta, l'Assemblea ha deliberato, nella seduta del 31 marzo 2011, il predetto trasferimento di sede del provvedimento, che risulta ora assegnato in sede legislativa alla VIII Commissione. Dichiara, quindi aperta la discussione sulle linee generali.
Franco STRADELLA (PdL), relatore, svolge una breve relazione introduttiva.
Il ministro Stefania PRESTIGIACOMO esprime un orientamento favorevole sul provvedimento in esame.
Angelo ALESSANDRI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, dichiara conclusa la discussione sulle linee generali. Propone quindi di adottare come testo base per il seguito della discussione il nuovo testo della proposta di legge, come risultante dall'esame in sede referente (vedi allegato 2).
La Commissione concorda.
Angelo ALESSANDRI, presidente, avverte quindi che, a seguito di quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, i gruppi hanno rinunciato al termine per la presentazione di emendamenti al nuovo testo adottato come testo base.
Avverte poi che, poiché il provvedimento consta di un solo articolo, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento, si procederà direttamente alla votazione finale del provvedimento.
Dopo aver comunicato i deputati in missione e le sostituzioni pervenute, avverte infine che si passerà alle dichiarazioni di voto finali.
Sergio Michele PIFFARI (IdV) esprime, a nome del gruppo Di Italia dei Valori, forti perplessità sul contenuto di un progetto di legge con cui oggi quella maggioranza che, con il taglio sistematico dei fondi a disposizione del ministero dell'ambiente, nega ai parchi nazionali le risorse necessarie per il loro corretto funzionamento vuole intestarsi il cambio del nome di un parco fino ad oggi conosciuto ovunque come Parco del Cilento. Annuncia per questo il voto contrario del suo gruppo sul provvedimento in questione.
Franco STRADELLA (PdL), relatore, con riferimento a quanto detto dal collega Piffari, precisa che il riferimento agli Alburni è stato posto alla fine e non all'inizio della denominazione dell'ente parco.
Tino IANNUZZI (PD) condivide la osservazione formulata dal collega Piffari in ordine al fatto che la denominazione Parco del Cilento e Vallo di Diano è quella con cui il parco è stato in tutti questi anni conosciuto nel Paese e che ad essa hanno fatto riferimento tutte le politiche promozionali ed i relativi investimenti. Al riguardo, rivendica all'azione puntuale condotta dai deputati del Partito Democratico il merito di avere, da un lato, impedito lo stravolgimento (derivante dall'approvazione del testo iniziale del progetto di legge in esame) di tale denominazione,
dall'altro, di averla conservata e arricchita, con l'aggiunta alla fine, del riferimento anche agli Alburni. Annuncia infine il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico.
Armando DIONISI (UdCpTP) annuncia il voto favorevole del suo gruppo sul nuovo testo della proposta di legge adottato come testo base.
Luciano Mario SARDELLI (IR) nel ringraziare la Commissione per l'ottimo lavoro svolto, annuncia il voto favorevole del suo gruppo sul nuovo testo della proposta di legge adottato come testo base.
Angelo ALESSANDRI, presidente, avverte che si procederà alla votazione nominale finale del nuovo testo della proposta di legge, adottato come testo base.
Avverte, altresì, che la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo.
La Commissione approva, con votazione nominale finale, il nuovo testo della proposta di legge n. 2780.
La seduta termina alle 15.55.
N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.
I seguenti punti dell'ordine del giorno non sono stati trattati:
Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente nonché della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni.
Atto n. 357.
(Rilievi alla II Commissione).
7-00549 Viola e 7-00575 Guido Dussin: iniziative urgenti per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico di territori ubicati nelle regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Sistema casa qualità. Disposizioni concernenti la valutazione e la certificazione della qualità dell'edilizia residenziale.
Ulteriore nuovo testo C. 1952 Guido Dussin.
Disposizioni concernenti la riorganizzazione dell'assetto societario e delle funzioni della società ANAS Spa.
Testo unificato C. 3081 Reguzzoni, C. 3673 Bragantini, C. 4164 Mariani, C. 4217 Dionisi e C. 4245 Stradella.
7-00526 Iannuzzi: sui pedaggi nelle tratte autostradali a gestione diretta dell'ANAS Spa.
7-00579 Gibiino: sui pedaggi nelle tratte autostradali a gestione diretta dell'ANAS Spa.
7-00409 Alessandri e 7-00414 Benamati: in materia di isolamento sismico delle costruzioni civili e industriali.
7-00535 Togni: revisione delle norme tecniche sulle costruzioni relative all'uso dell'acciaio B450A.
7-00556 Morassut: sulla realizzazione di interventi attuativi della legge per Roma Capitale.
7-00545 Margiotta: Sulle risorse necessarie per sostenere la regione Basilicata nella gestione delle conseguenze della calamità naturali che hanno colpito recentemente la regione Basilicata.
L'Onorevole proponente prende spunto dagli eventi alluvionali verificatisi in Basilicata nel marzo 2011 per proporre un impegno al Governo volto a reperire le risorse necessarie al sostegno dei territori danneggiati, nonché a valutare la modificazione della recente normativa di cui all'articolo 2 (commi da 2-quater a 2-octies) del decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010, in materia di calamità naturali.
L'Onorevole proponente solleva altresì dubbi circa la dinamica applicativa delle predette disposizioni.
Il Ministero dell'ambiente ha fornito elementi di risposta evidenziando che l'area del materano e del basso Bradano risulta tra quelle già individuate a rischio e pericolosità idrogeologica nel vigente Piano di Assetto idrogeologico.
Il Ministero aggiunge che, in attuazione delle previsioni di cui all'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria per il 2010 (in materia di Piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più alto rischio idrogeologico), ha già sottoscritto con la regione Basilicata, in data 14 dicembre 2010, un Accordo di Programma finalizzato all'individuazione, finanziamento ed attuazione di interventi di difesa del suolo urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio anzidetto.
L'importo complessivo dell'Accordo di Programma è di circa 27 milioni di euro e prevede il finanziamento di 85 interventi prioritari per la mitigazione del rischio da frana, da alluvione e per la difesa della costa nella Basilicata.
Tra questi interventi ne figurano alcuni relativi anche alle aree colpite dai fenomeni di dissesto idrogeologico per i quali OPCM 10 marzo 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alle avversità atmosferiche occorse fra il 18 febbraio e il 1o marzo 2011.
Sono stati previsti interventi di prevenzione per la difesa costiera nel Metaponto, per un importo di 3 milioni di euro ed un intervento di difesa da frane nel rione Sassi di Matera, per un importo pari a circa mezzo milione di euro.
Gli interventi sono stati individuati dalla Regione e condivisi con la Direzione Generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le Autorità di bacino interessate.
Il Commissario delegato, nominato per l'attuazione degli interventi anzidetti, ha comunicato di essersi già attivato per la realizzazione di quelli previsti nel Comune di Matera.
Come stabilito per tutti gli Accordi di programma, conclusi ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria 2010, anche per l'Accordo concluso con la Basilicata, sono state previste procedure per eventuali riprogrammazioni delle risorse economiche anche sulla base di eventi sopravvenuti.
Le novità legislative introdotte dalla legge di conversione del cosiddetto «milleproroghe» non comporteranno riduzioni dei finanziamenti stabiliti nell'Accordo di programma sottoscritto con la Regione Basilicata, i quali saranno invece incrementati
a seguito di una rimodulazione dello stesso al quale il Ministero dell'Ambiente, come anche per altri Accordi di programma, sta attualmente procedendo.
Nel procedere alla rimodulazione si terrà presente il criterio di ripartizione territoriale, già precedentemente adottato, di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto-legge n. 185 del 2008 (85 per cento alle Regioni del Mezzogiorno - 15 per cento alle restanti Regioni). Si terrà cosi conto del fatto che le risorse assegnate con tale disposizione provenivano originariamente dai Fondi per le aree sottoutilizzate.
La rimodulazione terrà altresì conto, come avvenuto nella programmazione oggetto degli Accordi di programma, dei fattori che rappresentano in maniera più significativa il rischio per il territorio, integrando - in ottemperanza alle raccomandazioni formulate dalla Corte dei Conti - i tradizionali coefficienti superficie-popolazione con appositi coefficienti relativi al rischio idrogeologico (rischio frane ed alluvioni) ed all'erosione delle coste calcolati sulla base di uno studio effettuato dagli Uffici del Ministero dell'ambiente.
Il Dipartimento della protezione civile, relativamente all'episodio emergenziale in discorso, ha riferito che tutte le procedure di allerta e monitoraggio previste per casi analoghi sono state tempestivamente attivate nei giorni dell'evento.
Quanto alle nuove disposizioni legislative citate dall'Onorevole interrogante e alla relativa dinamica applicativa, può riferirsi quanto segue.
Occorre una premessa, fondamentale per inquadrare il tema.
Il sistema di Protezione civile e, in particolare, quello del suo intervento - attraverso dichiarazioni di stati di emergenza effettuate mediante deliberazioni del Consiglio dei Ministri e successiva adozione di Ordinanze di Protezione civile per disciplinarne gli aspetti operativi di intervento, specie di somma urgenza, anche dal punto di vista delle risorse finanziarie che vanno conseguentemente impiegate - ha nel tempo, specie negli ultimi anni, assunto dimensioni enormi.
Dimensioni enormi hanno specificamente assunto anche le risorse finanziarie che vengono impiegate per procedere (in via amministrativa e derogatoria rispetto alle usuali procedure che dovrebbero altrimenti seguirsi) agli interventi - che peraltro dovrebbero essere sempre, in primo luogo, di somma urgenza - che si rendono necessari per effetto delle dichiarazioni di stati di emergenza.
Nel tempo, peraltro, la prassi di stati emergenziali che non si concludono nei tempi ristretti che la stessa natura di «emergenza» delle fattispecie lascerebbe ragionevolmente presupporre, e che piuttosto si protraggono per tempi assai lunghi, si è dimostrata niente affatto occasionale.
Di contro, si è andata constatando una prassi diffusa da parte dei Governi locali - soprattutto a base regionale - tesa, da un lato, a non investire ovvero ad investire assai poco nel e sul rispettivo territorio, onde prevenire situazioni suscettibili di determinare stati di emergenza, e, dall'altro, ad invocare subito da parte loro il concorso di risorse statali non appena si realizzano le condizioni per poter invocare interventi emergenziali di Protezione civile.
Alcuni dati possono bene riassumere i tratti del fenomeno.
Nel corso del solo anno 2010 risultano adottate 79 OPCM, per un totale di 568 articoli ed 11 allegati. Di queste ordinanze, poi:
a) in un caso (OPCM n. 3839/2010, recante ulteriori disposizioni di Protezione civile per fronteggiare lo stato di criticità conseguente agli eventi sismici del mese di ottobre 2002 verificatisi nel territorio delle province di Campobasso e di Foggia), si è trattato addirittura di provvedimento regolatorio di situazioni giuridiche riconducibili a situazioni emergenziali dichiarate ben nove anni (!) addietro;
b) in diversi altri casi, si è trattato di provvedimenti regolatori di fattispecie emergenziali comunque riferibili ad anni pregressi.
Alle disposizioni emanate con OPCM vanno comunque aggiunte, per lo stesso anno (come del resto accaduto in anni precedenti), numerose disposizioni in materia di protezione civile, a propria volta implicanti spese, emanate attraverso fonti legislative, dunque primarie.
Sempre dal solo anno 2010 si registrano (fra interventi di Protezione civile assunti in via di OPCM ovvero attraverso norme primarie) flussi di spesa aggiuntivi pari ad oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro!
E si tenga conto che da questo quadro di spesa - riferibile, si ripete, soltanto ad una frazione temporale decorrente dall'anno 2010 - restano comunque escluse grandi ed enormemente costose emergenze «nazionali» quali, ad esempio, quelle riferibili allo tsunami di Haiti, ai flussi migratori dal Nord Africa, agli interventi post sisma Abruzzo 2009, nonché le disposizioni che prevedono risorse regionali ovvero l'utilizzo di risorse già disponibili per la stessa emergenza.
Il «gigantismo» (riferibile, per quanto qui rileva ed interessa, al profilo della spesa e pertanto a quello del reperimento e dell'impiego di risorse finanziarie pubbliche) assunto nel tempo dal sistema di Protezione civile ha determinato uno stato delle cose - tanto più percepibile in un momento di congiuntura finanziaria negativa, quale quella attuale - tale da far ritenere necessari urgenti rimedi.
Si è cosi avuto modo di riflettere sulla circostanza che la legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante l'istituzione del Servizio nazionale della protezione civile, distingue al proprio articolo 2, riguardante la tipologia degli eventi e gli ambiti di competenze, fra:
a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;
c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Si è potuto inoltre constatare che l'articolo 5 della medesima legge contempla e disciplina lo «stato di emergenza» e il «potere di ordinanza» del Presidente del Consiglio dei ministri al verificarsi degli eventi di cui al predetto articolo 2, comma 1, lettera c), della legge.
Si è potuto comunque ricavare che il fatto che le situazioni ed i poteri di natura emergenziale vengano dalla legge riferiti soltanto alle fattispecie di cui alla lettera c), del comma 1, del predetto articolo 2 non significa affatto che tali fattispecie vengano implicitamente e per forza qualificate dalla legge come di emergenza nazionale (in contrapposizione ad «emergenze locali» che, a contrario, dovrebbero allora relegarsi alle previsioni di cui alle lettere a) e b) del citato comma 1 dell'articolo 2 della legge).
La circostanza che il riferimento a «singoli enti ed amministrazioni» figuri litteris esclusivamente nelle predette lettere a) e b) - non dunque anche nella lettera c) - non conduce, in altri termini, ad una differenziazione fra emergenze locali ed emergenze nazionali, ove queste ultime sarebbero soltanto quelle di cui alla lettera c).
La differenziazione, piuttosto, è sul piano della gravità ed intensità dell'evento emergenziale, tale da implicare - questa volta sì esclusivamente nei casi di cui alla lettera c) - il ricorso all'esercizio di poteri eccezionali e derogatori.
Si ricava allora da ciò che anche tra le fattispecie di cui alla sola lettera c) predetta è possibile distinguere tra eventi di ambito locale ed eventi di rilevanza nazionale.
È del resto l'esperienza pratica accumulata negli anni a fornire una riprova di questo assunto.
Pensando solo - a titolo di esempio - agli eventi alluvionali, è possibile invero ricordare episodi che, per quanto gravi o intensi dal punto di vista fenomenico, hanno tuttavia pur sempre interessato soltanto territori di singole regioni (esempio, alluvione Piemonte) ovvero territori di più regioni bene individuate o individuabili (esempio, straripamento del lago di Massaciuccoli).
Le recenti disposizioni legislative ora censurate muovono, dunque, da considerazioni ben precise e convergenti fra loro:
a) da un lato, il fatto che si registrano eventi calamitosi che, per quanto eccezionali, si caratterizzano pur sempre per una loro delimitazione territoriale ben precisa;
b) dall'altro, il fatto che la funzione di Protezione civile non è affatto funzione di rilievo esclusivamente nazionale quanto, piuttosto, funzione che si ripartisce fra livello regionale e statale. Non è dunque innanzi tutto concepibile, e poi giuridicamente sostenibile, che il verificarsi di un evento locale, implicante esercizio di funzioni di Protezione civile, per quanto eccezionali, diventi automaticamente (dal punto di vista della conseguente spesa per interventi) un evento di rilievo nazionale, implicante una generale «socializzazione» dei relativi costi;
c) da un altro lato ancora, il fatto che la particolare intensità ed onerosità di un singolo evento su base locale non può giustificare un intervento finanziario diretto dello Stato omisso medio ossia un intervento finanziario statale che prescinde, in primo luogo, dall'assunzione di una preliminare responsabilità finanziaria da parte dello stesso livello regionale direttamente interessato;
d) che la stessa logica della sussidiarietà implica l'intervento di un livello (di governo) superiore solo dopo che quello inferiore, direttamente interessato, risulti oggettivamente nell'impossibilità di fare ulteriormente fronte agli oneri implicati dal verificarsi di un determinato evento calamitoso.
Le considerazioni sub c) e d), in particolare, muovono dalla più generale constatazione che si è ormai conclusa l'era dello «Stato centrale» in cui si concentrano l'insieme delle attribuzioni e soprattutto delle risorse finanziarie necessarie ad esplicarle. Si è piuttosto nell'era dello Stato ad attribuzioni e, soprattutto, risorse ripartite.
I livelli di governo substatale - specie quelli regionali - sono ormai pienamente titolari dei poteri occorrenti ad esercitare proprie «leve» di reperimento di risorse finanziarie, i cui gettiti affluiscono ai rispettivi bilanci, non certo al bilancio dello Stato.
È ben singolare perciò il fatto che, al bisogno, tali livelli di governo «risparmino» l'esercizio concreto delle proprie leve, pretendendo al tempo stesso che gli oneri tutti connessi a loro bisogni si spalmino sulla generalità dei contribuenti.
Piuttosto, è proprio questa «tecnica di gestione» (ossia, la generale socializzazione) dell'onere finanziario a matrice locale ad avere determinato nel tempo una progressiva deresponsabilizzazione dei diversi livelli di governo, una scarsa attenzione alla valutazione della effettiva «durata dell'emergenza», una minima attenzione al rapporto fra costo effettivo dell'emergenza ed entità delle risorse invece pretese, e, in pratica, alla crescita dei flussi di spesa pubblica per le «emergenze» fino a livelli pari a quello sopra esemplificativamente ricordato.
Queste considerazioni, in sintesi, giustificano l'impianto logico, giuridico ed operativo sotteso dalle recenti disposizioni legislative ora censurate.
Giova allora attirare l'attenzione su alcuni profili della dinamica applicativa derivante delle disposizioni di cui ai nuovi commi 5-quater e 5-quinquies dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, introdotti dalla legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010.
Occorre ripetere che uno degli eventi contemplati dall'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225 del 1992, per quanto lo si voglia qualificare ed intendere di portata nazionale (per risonanza, ricadute,
caratteristiche proprie dell'evento in sé, eccetera), è pur sempre evento che in ogni caso interessa solo una data, precisa porzione del territorio nazionale.
Ne consegue, perciò, che uno di tali eventi potrà riguardare il perimetro di una sola regione ovvero quello di due o più regioni.
Dato ciò, occorre allora considerare che, per il coordinato disposto dei citati commi 5-quater e 5-quinquies, a fronte di uno di siffatti eventi, è la Regione esclusivamente interessata ovvero sono le Regioni interessate (in tal caso pro-quota) a doversi fare carico in primo luogo del reperimento delle risorse finanziarie necessarie a fare fronte ai fabbisogni occorrenti.
A tal fine, la singola Regione (ovvero le diverse Regioni interessate, ciascuna in proporzione alla quota di risorse necessarie a fronteggiare gli oneri derivanti dalla porzione di evento che le riguarda) avrà l'onere (ai sensi del comma 5-quater):
a) innanzi tutto di reperire all'interno del proprio bilancio le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti all'evento emergenziale ovvero per la copertura degli oneri conseguenti allo stesso;
b) poi, qualora il bilancio non rechi tali disponibilità, di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla Regione, sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente;
c) nonché (i.e., inoltre) - sia nel caso che gli aumenti deliberati ai sensi della lettera b) non assicurino comunque il reperimento di tutte le disponibilità occorrenti sia in quello della impossibilità di deliberare aumenti giacché gli stessi sono già stati precedentemente operati nei limiti massimi consentiti dalla legislazione vigente - di elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990, fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.
Che per la singola Regione interessata (ovvero per le Regioni interessate, cosi come sopra detto) le iniziative di cui alle precedenti lettere a)-c) costituiscano un vero e proprio onere, e non piuttosto una mera facoltà lasciata alla libera iniziativa discrezionale della Regione, lo si ricava interpretativamente dall'incipit del successivo comma 5-quinquies, laddove esso prevede che (solo) «qualora le misure adottate ai sensi del comma 5-quater non siano sufficienti (...) può essere disposto l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile».
In altri termini, perché si possa utilizzare il predetto Fondo occorre pur sempre che, prima, risultino effettivamente assunte ed applicate le iniziative di competenza regionale sopra descritte.
Né si può ignorare che il regime normativo di cui viene ora contestata la legittimità costituzionale si colloca invece pur sempre - anche solo logicamente - all'interno di un percorso di realizzazione del federalismo fiscale, nonché all'interno di un quadro di realizzazione compiuta dei principi di auto responsabilità ed autodeterminazione dei governi, nonché di quello della sussidiarietà.
I pilastri logico-giuridici su cui fonda il federalismo fiscale, proprio in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, prevedono, in ordine alla spesa, la massima responsabilizzazione di tutti i livelli di governo anche al fine di garantire la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti, nonché, quanto alle fonti di entrata, l'attribuzione di risorse autonome in relazione alla rispettive competenze e secondo il principio di territorialità.
Ciò comporta per le Regioni la necessità di reperire, attraverso l'esercizio del potere di imposizione fiscale, da un lato, e di una politica di spesa oculata dall'altro, tutte le risorse necessarie al finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite (e, ai fini che qui interessano, anche quelle di protezione civile).
L'articolo 2, comma 2, lettera ee), della legge n. 42 del 2009 prevede, del resto, tra i criteri direttivi della delega al Governo,
proprio «la riduzione della imposizione fiscale statale in misura corrispondente alla più ampia autonomia di entrata delle regioni e degli enti locali...e corrispondente riduzione delle risorse statali umane e strumentali: la eliminazione dal bilancio dello Stato delle previsioni di spesa relative al finanziamento delle funzioni attribuite a regioni, province e comuni».
Pertanto le recenti disposizioni in materia di Protezione civile, nel disporre che le funzioni di settore debbano essere finanziate dai governi regionali attraverso i propri bilanci, mediante la leva della fiscalità regionale, e, solo in via residuale, attraverso il ricorso al Fondo statale di protezione civile, in quanto finalizzate a garantire la certezza delle risorse occorrenti in situazioni di emergenza (che seppur di portata nazionale per risonanza, in ogni caso interessano una precisa porzione del territorio nazionale, ricadente nel territorio di una o più regioni), appare ragionevole e comunque in linea con le previsioni costituzionali.
Peraltro, l'attivazione della leva fiscale è solo eventuale, in quanto la stessa è necessaria solo qualora le disponibilità di bilancio (che invero - in ossequio in primo luogo ad un principio di prudenza e di buon governo - dovrebbero venire fisiologicamente accantonate nel tempo, a garanzia della copertura degli oneri di possibili emergenze) non risultino sufficienti a garantire la copertura delle spese per fronteggiare la situazione di emergenza.
Occorre inoltre considerare che il reperimento delle risorse finanziarie necessarie a fronteggiare gli eventi calamitosi è scandito dalla norma, come detto, secondo un percorso graduale di iniziative di competenza regionale, che prevede:
a) in primo luogo l'obbligo della regione di reperire all'interno del proprio bilancio le disponibilità per la copertura delle spese conseguenti all'evento emergenziale;
b) qualora il bilancio non rechi tale disponibilità, la possibilità di deliberare aumenti di tributi, sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente;
c) nonché, sia nel caso che gli aumenti deliberati non assicurino comunque il reperimento di tutte le disponibilità occorrenti sia in quello della impossibilità di deliberare gli aumenti giacché gli stessi sono stati già precedentemente deliberati nei limiti massimi consentiti, di elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, fino ad un massimo di cinque centesimi al litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.
Si evince, dunque, che le Regioni, attraverso una serie di iniziative gradualmente assunte, hanno l'onere di fronteggiare con le proprie risorse le funzioni pubbliche in questione, eventualmente - ma non necessariamente - anche attraverso il ricorso ad aumenti di tributi regionali. Nell'ipotesi in cui le predette iniziative risultino insufficienti a garantire la copertura dell'evento emergenziale ovvero degli oneri dallo stesso derivanti, la norma consente comunque il ricorso al Fondo nazionale di protezione civile.
Affinché si possa utilizzare questo Fondo, occorre pur sempre che, prima, risultino effettivamente assunte ed applicate le iniziative di competenza regionale descritte dalla norma; ma ciò non esclude l'intervento solidaristico dello Stato a favore delle regioni, intervento che, torna a ripetersi, dovrà però costituire una «extrema ratio», secondo la logica federalista dell'integrale finanziamento da parte degli enti territoriali delle funzioni pubbliche loro attribuite e del principio della responsabilità finanziaria.
Pertanto, dalla disposizione censurata non emerge, contrariamente a quanto assunto, l'esclusivo coinvolgimento della finanza regionale al ripiano delle spese conseguenti all'emergenza, bensì un concorso di enti di diverso livello: le regioni in primo luogo, in quanto obbligate a finanziare con i propri fondi le funzioni pubbliche
loro attribuite; lo Stato, in via sussidiaria e attraverso un concorso di tipo solidaristico.
Appare inoltre non di poco conto considerare che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione comprende la «protezione civile» (così come del resto «il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario») tra le materie oggetto di legislazione concorrente, con la conseguenza che è riservata comunque alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali della materia. Pertanto anche sotto il delineato profilo, la norma censurata appare costituzionalmente legittima perché rispettosa delle sfere di competenza legislativa.
Alla luce e nel contesto di quanto precede, non si ignori infine che la Regione Basilicata:
a) a quanto consta, dispone di risorse di bilancio utilizzabili per finalità di Protezione civile, dunque anche per concorrere al rimedio dei danni derivanti dall'evento calamitoso ricordato;
b) pur potendolo, non ha attivato le leve fiscali previste dalle più recenti disposizioni introdotte nella legge n. 225 del 1992;
c) in particolare, pur potendolo, non ha attivato la leva fiscale relativa a prodotti petroliferi;
d) gode, per effetto di altre fonti legislative, di un particolare regime giuridico idoneo a consentire alla popolazione titolata all'utilizzo di mezzi di trasporto alimentati da prodotti petroliferi il recupero di quota dell'accisa che grava su tali prodotti;
e) è perfettamente in grado, in altri termini, di assicurare alla popolazione locale sub d) una sostanziale neutralizzazione dell'effetto dell'aumento che deriverebbe dall'attivazione della leva fiscale riferita ai prodotti petroliferi.
Ove dunque si accedesse agli auspici segnalati dall'Onorevole interrogante, si determinerebbe allora, tra l'altro, quanto segue: a fronte del mantenimento a favore della popolazione locale di questo particolare vantaggio fiscale proprio di questa sola Regione, tutto il resto della popolazione nazionale dovrebbe farsi carico, attraverso l'eventuale aumento generalizzato del prelievo fiscale sui prodotti petroliferi per autotrazione, di tutti gli oneri finanziari conseguenti agli eventi alluvionali introduttivamente ricordati.
Modifica della denominazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano (C. 2780 Mario Pepe).
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede alla modifica della denominazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, prevista dallo statuto del medesimo Parco adottato con decreto del Ministro dell'ambiente 22 dicembre 1998 di cui al comunicato del Ministro dell'ambiente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 2 giugno 1999, nonché alla modifica della denominazione dell'Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano istituito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 4 agosto 1995. Le nuove denominazioni disposte ai sensi del presente comma sono, rispettivamente, Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni ed Ente parco nazionale del Cilento,
Vallo di Diano e Alburni.
2. Entro l'anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, gli organi dell'Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano provvedono alle conseguenti modifiche dello statuto e degli altri atti ufficiali del medesimo Ente.