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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto della II Commissione permanente
(Giustizia)
II Commissione

SOMMARIO

Giovedì 30 giugno 2011


COMITATO DEI NOVE:

Disposizioni in materia di riconoscimento figli naturali. Emendamenti C. 2519-3184-3247-3516-4007-4054-A ... 7

SEDE CONSULTIVA:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007. C. 4373 Governo (Parere alla III Commissione) (Esame e conclusione - Parere favorevole) ... 8

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010. C. 4374 Governo (Parere alla III Commissione) (Esame e conclusione - Parere favorevole) ... 8

SEDE REFERENTE:

Disposizioni in materia di opposizione al decreto ingiuntivo. C. 4305 , approvata dalla 2a Commissione del Senato, e C. 3794 Cavallaro (Seguito dell'esame e conclusione) ... 9

Squadre investigative comuni sovranazionali. C. 4262 , approvata dal Senato (Esame e rinvio) ... 9

ATTI DEL GOVERNO:

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Atto n. 373 (Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio) ... 11

Schema di decreto legislativo recante disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione. Atto n. 376 (Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio) ... 15

INTERROGAZIONI:

5-04580 Maggioni: Sulla carenza di organico presso gli uffici del giudice di pace di Mortara e Mede ... 18
ALLEGATO (Testo della risposta) ... 20

AVVERTENZA


II Commissione - Resoconto di giovedì 30 giugno 2011


Pag. 7


COMITATO DEI NOVE

Giovedì 30 giugno 2011.

Disposizioni in materia di riconoscimento figli naturali.
Emendamenti C. 2519-3184-3247-3516-4007-4054-A.

Il Comitato dei nove si è riunito dalle 10.15 alle 10.40.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 30 giugno 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la


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giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.30.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007.
C. 4373 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Jean Leonard TOUADI (PD), relatore, osserva come l'Accordo con la Giordania sulla cooperazione e la mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007, si componga di un Preambolo e di 24 articoli.
Nel Preambolo si evidenzia, tra i vari aspetti e motivi della cooperazione doganale, quello della lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, con un esplicito richiamo alla Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961 e la Convenzione dell'ONU contro il traffico illecito di droghe e sostanze psicotrope del 1988.
Nella relazione illustrativa che correda il disegno di legge, viene precisato che i Governi italiano e giordano si impegnano a fornirsi, attraverso le rispettive Autorità doganali, assistenza e cooperazione reciproca, al fine di assicurare il pieno rispetto della legislazione doganale e di realizzare un'efficace azione di prevenzione, investigazione e repressione delle violazioni a tale normativa, per rendere maggiormente trasparente l'interscambio commerciale tra i due Paesi.
Per quanto concerne gli ambiti di competenza della Commissione giustizia, segnala, in particolare, gli articoli 8, 9 e 10 prevedono particolari forme di cooperazione dirette, tra l'altro, a prevenire il traffico illecito di merci e di beni artistici, il contrabbando, il traffico di stupefacenti.
L'articolo 15 disciplina l'uso e la tutela delle informazioni ricevute nell'ambito dell'assistenza amministrativa prevista dall'Accordo. L'articolo 16 condiziona l'eventuale scambio di dati personali alla circostanza che le Parti contraenti ne garantiscano un livello di protezione giuridica almeno equivalente a quello previsto dalle rispettive legislazioni nazionali. Vengono inoltre indicate le altre misure che debbono essere adottate in materia di tutela dei dati personali.
L'articolo 20 regola le procedure che le Amministrazioni doganali devono seguire per l'attuazione dell'Accordo, e istituisce una Commissione mista italo-giordana che si riunirà quando se ne ravvisi la necessità e su richiesta di una delle Amministrazioni, per seguire l'evoluzione dell'Accordo e per individuare le soluzioni agli eventuali problemi.
Il disegno di legge di ratifica reca un contenuto tipico che non pone problemi di rilievo per questa Commissione.
Propone quindi di esprimere parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010.
C. 4374 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Jean Leonard TOUADI (PD), relatore, rileva come l'Accordo in esame costituisca la seconda modifica dell'Accordo di partenariato che nel nuovo millennio caratterizza


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i rapporti tra l'Unione europea e il vasto gruppo di Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), nei cui confronti tradizionalmente la CE aveva rivolto la maggior parte delle attenzioni in ordine alle problematiche dello sviluppo: si fa qui riferimento all'Accordo di Cotonou del 23 giugno 2000, che già era stato riveduto una prima volta con l'Accordo firmato a Lussemburgo il 25 giugno 2005.
Le modifiche sono numerose e riguardano molteplici disposizioni del testo normativo. L'Accordo in esame opera tutte le modifiche mediante un unico articolo: una delle questioni centrali oggetto della revisione è la valorizzazione della dimensione dell'integrazione regionale, particolarmente sentita nel continente africano, con una crescita progressiva del ruolo dell'Unione africana. Viene tuttavia posta attenzione, più in generale, a tutte le aree di integrazione economica regionale che riguardino Stati ACP, e al ruolo delle relative organizzazioni
Un altro aspetto della revisione consiste nel porre al centro dell'attenzione il rapporto tra sicurezza e sviluppo, nel senso che senza la prevenzione dei conflitti non è immaginabile un'azione duratura di impulso decisivo al decollo economico e sociale dei paesi svantaggiati: tutto ciò è contenuto essenzialmente nelle modifiche agli articoli 11, 72, 72-bis e 73, mediante le quali si evidenzia la centralità della cooperazione dell'Unione europea con gli Stati ACP in situazioni di conflitto e post-conflitto, flessibilizzando le procedure di assistenza umanitaria ad essi rivolte.
Per quanto di competenza della Commissione giustizia, propone quindi di esprimere parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 13.35.

SEDE REFERENTE

Giovedì 30 giugno 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.35.

Disposizioni in materia di opposizione al decreto ingiuntivo.
C. 4305, approvata dalla 2a Commissione del Senato, e C. 3794 Cavallaro.
(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 22 giugno 2011.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che è pervenuto il parere della I Commissione e che oggi si concluderà l'esame del provvedimento, ferma restando la possibilità che successivamente si realizzino i presupposti per un trasferimento dell'esame dello stesso in sede legislativa.

La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Cavallaro, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Giulia BONGIORNO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Squadre investigative comuni sovranazionali.
C. 4262, approvata dal Senato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donatella FERRANTI (PD), relatore, illustra il contenuto del provvedimento, con riserva di approfondire in seguito alcune questioni rilevanti soprattutto sotto il profilo applicativo.


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Osserva quindi come la proposta di legge n. 4262, approvata dal Senato il 6 aprile 2011, preveda l'istituzione di squadre investigative comuni sovranazionali, in attuazione della decisione quadro n. 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002.
Il termine di attuazione della decisione quadro è scaduto il 1o gennaio 2003.
L'Unione Europea aveva già disciplinato le squadre investigative comuni con l'articolo 13 della Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000, relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale.
In base all'articolo 5 della decisione quadro, quest'ultima cessa di avere effetto a partire dall'entrata in vigore in tutti gli Stati membri della Convenzione di Bruxelles del 2000. La Convenzione è entrata in vigore il 23 agosto 2005 nei confronti degli Stati che hanno provveduto alla relativa ratifica; tra tali Paesi non è presente l'Italia.
L'articolo 1 individua l'ambito applicativo della proposta di legge, chiarendo che l'obiettivo del provvedimento è quello di dare attuazione alla decisione quadro n. 2002/465/GAI e di consentire il rispetto degli accordi e le convenzioni internazionali che hanno previsto squadre investigative comuni.
L'articolo 2 disciplina la costituzione delle squadre investigative comuni, sia nel caso in cui questa avvenga su richiesta del procuratore della Repubblica italiano, che nel caso in cui la richiesta provenga dall'autorità di uno Stato estero, individuando i presupposti e le modalità di richiesta.
I presupposti della richiesta di costituzione da parte del procuratore della Repubblica sono i seguenti: vigenza di appositi accordi internazionali; indagini collegate a indagini condotte in altri Stati; esigenza di compiere indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati o di assicurare il loro coordinamento; indagini in relazione a delitti puniti con pena massima non inferiore a 4 anni di reclusione o ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies, e 407, comma 2, lettera a), c.p.p.; indagini relative a fatti che siano previsti come reato dalla legge di ciascuno Stato coinvolto nella costituzione della squadra investigativa.
L'articolo 3 disciplina il contenuto dell'atto costitutivo della squadra investigativa comune, che deve essere sottoscritto dal Procuratore della Repubblica.
L'atto costitutivo individua, tra l'altro, i componenti della squadra investigativa e la durata della stessa, che non può essere superiore a 6 mesi (prorogabili fino ad una anno).
L'articolo 4 delinea le modalità operative della squadra investigativa comune, disponendo in ordine alla sua direzione, allo status dei suoi componenti ed al fondamento normativo della sua azione.
In particolare, ai membri della squadra investigativa comune sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria nei limiti previsti dall'atto costitutivo; ad essi, se autorizzati al porto d'armi nel territorio italiano, si applica l'esimente dell'uso legittimo delle armi. I verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla squadra investigativa nel territorio dello Stato italiano entrano a far parte del fascicolo del dibattimento.
L'articolo 5 prevede che per i danni cagionati dai componenti stranieri della squadra investigativa comune sul territorio italiano è responsabile lo Stato italiano, che può agire in rivalsa nei confronti dello Stato straniero.
L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 30 giugno 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene


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il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.40.

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia.
Atto n. 373.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Angela NAPOLI (FLpTP), relatore, osserva che con lo schema di decreto legislativo in esame è data attuazione a due distinte deleghe contenute nella legge 13 agosto 2010, n. 146, recante il piano straordinario contro le mafie.
La prima delega è contenuta nell'articolo 1 della legge n. 146 e prevede l'emanazione di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Per le misure di prevenzione sono previsti numerosi e specifici principi e criteri di delega, mentre per la normativa di contrasto alla criminalità organizzata è disposta un'attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento. Alla delega è data attuazione con le disposizioni dei libri I, II e IV.
La seconda delega è contenuta nel- l'articolo 2 della medesima legge e prevede l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia, sulla base di una serie di specifici criteri. Ad essa è data attuazione con le disposizioni del libro III.
Lo schema di decreto reca dunque il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ed è composto da 131 articoli, divisi in cinque libri.
Il libro I contiene norme penali (norme già vigenti), ad esclusione di quelle inscindibilmente integrate nel vigente tessuto normativo (ad es. quelle inerenti le misure cautelati per delitti di mafia), le quali rimangono pertanto, nel codice di procedura penale.
Il capo I (articoli 1-4) prevede i delitti, riprendendo le ipotesi previste dalla normativa vigente.
Con riferimento al reato di scambio elettorale politico - mafioso (articolo 2), viene innalzata la pena, prevedendo la reclusione da nove a quattordici anni anziché da sette a dodici anni; viene introdotto un reato specifico di assistenza alla criminalità organizzata (articolo 4), punito allo stesso modo dell'assistenza agli associati di cui all'articolo 418 c.p.
Il capo II (articoli 5 e 6) riguarda le circostanze attenuanti ed aggravanti. L'attenuante della collaborazione con la giustizia è estesa anche alle ipotesi di aiuto concreto all'autorità di polizia o giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi « per la sottrazione di risorse rilevanti» (articolo 6).
Il capo III (articoli 7 e 8) disciplina la confisca penale, mentre il capo IV (articoli 9 e 10) riguarda le indagini.
Il libro II riguarda le misure di prevenzione, personali e patrimoniali, tra le quali la confisca.
La disciplina ha carattere generale e riguarda tutte le misure di prevenzione, non solo quelle volte a contrastare la mafia.
Circa i soggetti ed i presupposti per l'applicabilità delle misure, è unificata la disciplina prevista dalla legge 1423/1956 per le persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità; dalla legge 575/1965 per gli indiziati di appartenere a associazioni di tipo mafioso o di reati per cui è competente la procura distrettuale o del reato di trasferimento fraudolento di valori; dalla legge 152/1975, di contrasto al terrorismo (cd. «Legge Reale»); - dalla legge 401/1989, di contrasto alla violenza legata a manifestazioni sportive.
Con riferimento alla legge 575/1965 si chiarisce la distinzione tra applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Il titolo I concerne le misure di prevenzione personali.


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Il capo I (articoli 11-13) disciplina le misure applicate dal questore. Viene meno l'obbligatorietà del preventivo avviso del questo per l'applicazione delle misure di prevenzione su proposta del questore per le persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità (articolo 13).
Il capo II (articoli 12-25) prevede le misure applicate dall'autorità giudiziaria. Viene disciplinato il procedimento davanti al tribunale, con la previsione di alcune nullità (articolo 17).
Il titolo II riguarda le misure di prevenzione patrimoniali.
Il capo I (articoli 23-26) concerne il procedimento applicativo. Viene introdotta una nuova ipotesi di sequestro d' urgenza, quando nel corso del procedimento emerge l'esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di confisca (articolo 32, comma 2, ultimo periodo). Viene rafforzata la tutela dei terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni sequestrati, che devono essere chiamati dal tribunale nei 30 giorni successivi al sequestro (articolo 33).
Il capo II (articolo 37) disciplina le impugnazioni.
Il capo III (articolo 38) introduce la revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione.
Il capo IV (articoli 39-49) afferma il principio dell'indipendenza dell'azione di prevenzione dall'esercizio dell'azione penale e disciplina i rapporti con il sequestro e la confisca disposti nell'ambito di procedimenti penali.
Il capo V (articoli 41-44) disciplina le misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca. La sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni è sostituita dall'amministrazione giudiziaria dei beni.
Il titolo III disciplina l'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.
Il capo I (articoli 45-49), che riguarda l'amministrazione, definisce puntualmente i compiti dell'amministratore giudiziario.
Il capo II (articoli 50-54) riguarda la gestione dei beni. Viene introdotto il reclamo nei confronti degli atti dell'amministratore giudiziario (articolo 50, comma 4). È inoltre modificata la disciplina del sequestro di azienda e di partecipazione azionarie (articolo 53) e d attagliato il contenuto del rendiconto di gestione (articolo 55).
Il capo III (articoli 50-59) concerne la destinazione dei beni, prevedendo, fra l'altro, la restituzione per equivalente quando i beni sono stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l'interesse pubblico nonché quando il bene sia stato venduto anche prima della confisca definitiva (articolo 56).
Il capo IV (articoli 60-61) introduce una disciplina relativa al regime fiscale dei beni sequestrati o confiscati.
Il titolo IV introduce una nuova disciplina relativa alla tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali.
Il capo I detta le disposizioni generali (articoli 62-66). Vengono stabiliti i principi per la tutela dei creditori e dei comproprietari in buona fede, è previsto l'arresto delle azioni esecutive e sono disciplinati i rapporti pendenti.
Il capo II (articoli 67-72) detta le norme per l'accertamento dei diritti dei terzi, prevedendo un procedimento giudiziario per la verifica dei crediti e per la formazione dello stato passivo, cui segue la liquidazione dei beni da parte dell'amministrazione giudiziario e la redazione del progetto di pagamento dei crediti.
Il capo III (articoli 73-75) disciplina i rapporti tra misure di prevenzione patrimoniali e procedure concorsuali.
Nel titolo V, il capo I (articoli 76-79) regola gli effetti delle misure di prevenzione e il capo II (articolo 80) disciplina la riabilitazione.
Il capo III (articoli 81-86) contiene le disposizioni penali relative ai reati commessi da persona sottoposta a misura di prevenzione e i reati del pubblico ufficiale connessi all'applicazione delle misure.
Il capo IV contiene le disposizioni finali, disciplinando, fra l'altro, il fermo di indiziato di delitto e le intercettazioni telefoniche.
Il libro III reca le disposizioni in materia di documentazione antimafia.


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Il capo I individua i soggetti obbligati ad acquisire la documentazione antimafia prima di concludere accordi o concedere provvedimenti di favore ai privati. Rispetto alla normativa vigente, sono aggiunte le stazioni uniche appaltanti e i contraenti generali; sono invece escluse le attività di lavoro autonomo in forma individuale.
Il capo II chiarisce che con l'espressione «documentazione antimafia» si intendono due distinte attestazioni (articolo 94): la comunicazione antimafia, che consiste nella verifica circa l'applicazione di una misura di prevenzione personale da parte dell'autorità giudiziaria. Infatti, da tale misura - e talvolta dal semplice avvio del procedimento per l'irrogazione della misura - discendono le decadenze ed i divieti previsti dall'articolo 77 del Codice. Tale documentazione ha validità semestrale; l'informazione antimafia, che ha un contenuto più ampio, prevedendo, oltre alla verifica precedente, anche una verifica sulla «sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell'impresa». Questo tipo di documentazione ha validità annuale laddove non siano intervenuti cambiamenti rilevanti nell'assetto dell'impresa.
È ampliato il catalogo dei soggetti nei cui confronti deve essere svolta l'indagine antimafia al fine del rilascio della documentazione (sono aggiunti il direttore tecnico dell'impresa, le associazioni, le imprese costituenti un raggruppamento temporaneo di imprese e i familiari conviventi di tutti i soggetti sui quali deve essere svolta la verifica).
Il capo III disciplina il rilascio delle comunicazioni antimafia.
Il capo IV disciplina le informazioni antimafia, prevedendo che la richiesta debba essere effettuata al momento del- l'aggiudicazione del contratto ovvero 30 giorni prima della stipula del subcontratto. Competente al rilascio è, anche in questo caso, il prefetto.
Il capo V disciplina la Banca dati nazionale della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell'interno, indicando i soggetti abilitati a consultarla e rinviando ad un regolamento la definizione delle modalità di funzionamento.
Il capo VI detta particolari disposizioni sulla documentazione antimafia per gli enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa, che devono, nei 5 anni successivi allo scioglimento, richiedere sempre l'informazione antimafia prima di procedere alla conclusione di qualsiasi contratto o concedere qualsiasi concessione o erogazione.
Nel libro IV vengono raccolte le disposizioni vigenti in tema di Procura Nazionale Antimafia.
Il titolo I (articoli 112-119) riguarda le attività informative e investigative nella lotta alla criminalità organizzata, disciplinando la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) e la Direzione Nazionale Antimafia (DNA)(capo I), il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata e la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) (capo II).
Nel titolo II (articoli120-124) confluisce invece la disciplina dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata.
Evidenzia che lo schema di decreto in esame non procede all'abrogazione espressa delle disposizioni vigenti confluite nel codice, nonostante un criterio di delega in tal senso (l'articolo 1, comma 3, lettera I), legge 136/2010 prevede «l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con il decreto legislativo»).
Ne consegue che nell'ordinamento restano due disposizioni di contenuto identico o comunque sovrapponibile (l'una contenuta nel codice, l'altra nelle leggi attualmente vigenti), con conseguenze negative sul piano della certezza del diritto. E anche se l'analisi tecnico-normativa (ATN) indica un elenco delle disposizioni che sono oggetto di «abrogazione implicita». Ai fini della certezza del diritto e in attuazione della norma di delega, deve essere valutata l'opportunità di abrogare espressamente le disposizioni incompatibili con il codice.
Rileva quindi che le norme vigenti, il cui contenuto viene duplicato dalle disposizioni del Codice, non sono oggetto di


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abrogazione espressa. Solo per le disposizioni relative alla confisca e ai controlli, perquisizioni e sequestri viene prevista la eliminazione, dalla disposizione vigente, del riferimento al delitto di cui all'articolo 416-bis c.p. (articoli 125 e 126 dello schema di decreto legislativo). Inoltre, all'articolo 128 si stabilisce che «alla data di entrata in vigore del presente decreto, i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli artt. 123 e 7 del presente decreto». La disposizione non determina perciò l'abrogazione delle norme del codice penale, ma solo lo «spostamento» del rinvio - che altre disposizioni attualmente effettuano alle norme in questione - alle corrispondenti disposizioni del Codice antimafia. L'assenza della norma abrogativa rende, tra l'altro, di difficile comprensione quanto previsto nell'articolo 131 comma 2 del Codice secondo il quale, fino alla scadenza del termine per l'entrata in vigore del decreto legislativo (termine fissato nei ventiquattro mesi successivi alla pubblicazione del regolamento - o dell'ultimo dei regolamenti - disciplinante le modalità di funzionamento della banca dati unica della documentazione antimafia: articolo 109), «continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo». In mancanza di norma abrogativa, non si comprendono più la ratio del citato articolo 131 comma 2 e la sorte delle norme non abrogate, ma divenute inapplicabili. Sul punto, la relazione non fornisce indicazioni.
Il mantenimento delle norme vigenti, cui si affiancano identiche previsioni del Codice, costituisce una tecnica normativa inedita (pur se nota in dottrina come «iterazione» di norme) di per sé incompatibile con la redazione di testi unici o codici. Quando il legislatore procede alla redazione di testi unici, codici o consimili testi normativi (aventi lo scopo di unificare in un solo testo norme precedentemente sparse in fonti legislative diverse), dispone infatti e contestualmente l'abrogazione delle precedenti norme e anche di quelle il cui contenuto è identico alle nuove. In tal modo, la norma applicabile è - prima e dopo l'entrata in vigore del codice o testo unico - sempre una sola e, dopo l'entrata in vigore del testo legislativo organico, è solo quella in esso contenuta; e ciò anche nel caso, non infrequente, in cui quest'ultima replichi il contenuto della disposizione precedente. Questa volta l'esercizio della delega non sembra invece aver avuto una vera «funzione normativa», quanto piuttosto una funzione di «raccolta» di disposizioni talora casualmente individuate.
Osserva inoltre che il codice non prevede l'abrogazione di una serie di norme che regolano alcuni organismi di contrasto alla mafia che non sono più esistenti. Ritiene che il codice in esame costituisce una occasione per rimettere ordine anche a tale questione.
Con riguardo alle fattispecie penali, il codice prevede la compresenza nell'ordinamento giuridico di due disposizioni incriminatrici assolutamente identiche (ad esempio, l'articolo 416-bis c.p. e l'articolo 1 del Codice antimafia) che puniscono in termini uguali lo stesso fatto e che sono contenute in due testi di pari rango normativo. A seguito di tale singolare fenomeno non è chiaro quale sia la disposizione «prevalente»: infatti non può operare l'articolo 15 del codice penale (perché nessuna norma è «speciale» rispetto all'altra); manca l'abrogazione espressa della norma cronologicamente antecedente (articolo 416-bis c.p.); non è neppure possibile utilizzare il criterio cronologico in quanto la disposizione del Codice antimafia non è diversa dall'articolo 416-bis e quindi non può comportare una tacita abrogazione di quest'ultima. Deve dunque concludersi che entrambe le identiche disposizioni incriminatrici vigono contemporaneamente nell'ordinamento penale.
Nella schema del codice all'esame del Parlamento non si è proceduto alla completa ricognizione della normativa perché interi settori della legislazione di contrasto alla criminalità mafiosa non sono stati presi in considerazione (si pensi, a titolo di


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esempio, alla disciplina dei «collaboratori di giustizia»; alla disciplina penitenziaria; alla utilizzabilità dei servizi centralizzati di polizia giudiziaria; alle perquisizioni di edifici; alle intercettazioni investigative mentre la incongrua «duplicazione» delle fattispecie (non solo penali, ma anche processuali «speciali») e la dispersiva scelta degli interventi hanno impedito l'armonizzazione della normativa rendendone anzi ancora più complessa la ricostruzione.
L'attività processuale del «procuratore nazionale» e gli altri suoi poteri, (consultivi e di proposta) non vengono regolamentari nel Codice antimafia, qui viene invece regolamentata solo la sua collocazione ordinamentale replicando previsioni dell'ordinamento giudiziario, Tali previsioni, peraltro, continuano a «vivere» anche nel loro testo originario che, inoltre, nel codice è parzialmente modificato.
Aggiunge ancora che il Codice all'articolo 2 prevede solo l'aumento della pena di reclusione prevista per il reato di scambio elettorale politico-mafioso, ma non riporta la legge «Lazzati» approvata dal Parlamento e relativa al divieto di campagna elettorale da parte dei pregiudicati o sorvegliati speciali.
Nel concludere tiene a precisare che i rilievi appena espressi sono volti a stimolare il dibattito in Commissione in una ottica del tutto propositiva, essendo finalizzati a scongiurare il rischio di approvare un codice che possa presentare problemi interpretative per coloro che saranno chiamati ad applicarlo. A tale proposito, ritiene che sarebbe opportune acquisire il parere del Comitato per la legislazione sullo schema di decreto legislativo in esame.

Donatella FERRANTI (PD) si associa alle considerazioni appena svolte ritenendo che la Commissione debba esaminare attentamente e con un margine di tempo adeguato lo schema di decreto legislativo in esame al fine di valutare se esso contenga carenze o incongruenze che potrebbero emergere in fase applicativa. A tale proposito ritiene necessario che la Commissione proceda già dalla prossima settimana ad alcune mirate audizioni di operatori nel settore della lotta contro la mafia.

Giulia BONGIORNO, presidente, dopo aver condiviso gli interventi della relatrice e dell'onorevole Ferranti in merito all'esigenza di un esame approfondito del provvedimento, ricorda che la prossima settimana sarà sentito il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, il quale appare sicuramente il soggetto più indicato per fornire alla Commissione indicazioni utili in vista dell'espressione del parere. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.
Atto n. 376.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, dà conto di un documento fatto pervenire dal relatore, onorevole Torrisi, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna.
Osserva quindi come il provvedimento in esame sia stato emanato in attuazione delle previsioni dell'articolo 54 del cd. «collegato competitività» (legge 18 giugno 2009, n. 69) che ha conferito una delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nella giurisdizione ordinaria e sono regolati dalla legislazione speciale.
Lo schema di decreto legislativo in esame, composto da 35 articoli, realizza, quindi, una prima e rilevante riduzione e semplificazione dei numerosi procedimenti civili di cognizione che rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria, riconducendoli ad uno dei tre modelli base previsti dal codice processuale civile: rito ordinario, rito sommario, rito del lavoro.


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Il provvedimento accorpa e riassume in unico testo tutte le disposizioni che disciplinano i procedimenti giudiziari previsti dalle leggi speciali - dando così luogo ad un testo complementare al codice di procedura civile, in sostanziale prosecuzione del libro IV.
Il Capo I dello schema in esame detta le disposizioni generali (articoli 1-4).
L'articolo 1 reca le definizioni dei riti cui sono stati ricondotti i diversi procedimenti speciali, con l'indicazione specifica delle norme codicistiche che prevedono e disciplinano ogni rito.
L'articolo 2 reca le disposizioni comuni ai procedimenti disciplinati dal rito del lavoro.
Il comma 1 individua determinati articoli del codice di procedura civile che non si applicano a tali procedimenti - di cui al capo II del provvedimento in esame -, ove non espressamente richiamati: articolo 413, che detta disposizioni relative al giudice competente e sancisce la nullità delle clausole derogative della competenza territoriale; artt. 415, settimo comma, e 417-bis, relativi alle notifiche alle pubbliche amministrazioni ed alla difesa delle medesime; articolo 417, relativo alla costituzione ed alla difesa personale delle parti; articolo 420-bis, relativo all'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi; articolo 421, terzo comma, che prevede il potere del giudice di disporre l'accesso sul luogo di lavoro e di esaminare sul luogo stesso i testimoni; articolo 425, sulla richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali; artt. 426 e 427, relativi al passaggio, rispettivamente, dal rito ordinario al rito speciale e dal rito speciale al rito ordinario; articolo 429, terzo comma, relativo al risarcimento del maggior danno per la diminuzione di valore del credito del lavoratore; articolo 431, nella parte in cui disciplina la provvisoria esecutività delle sentenze in favore del lavoratore (commi dal primo al quarto) e la sospensione dell'esecuzione da parte dal giudice di appello (comma sesto); si applica invece il quinto comma, relativo alla provvisoria esecutività delle sentenze in favore del datore di lavoro, che è esteso dal comma 3 alle sentenze in favore del lavoratore; articolo 433, relativo al giudice competente per l'appello ed alla proposizione dell'appello con riserva di motivi; articolo 438, secondo comma, relativo all'esecuzione della sentenza di appello con la sola copia del dispositivo; articolo 439, concernente il cambiamento del rito in appello.
L'ordinanza - prevista dall'articolo 423, secondo comma, c.p.c. - con cui il giudice può, in ogni stato del giudizio, disporre il pagamento di una somma a titolo provvisorio, quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova, può essere concessa su istanza di ciascuna parte (comma 2).
La disciplina dell'esecutività della sentenza in favore del datore di lavoro - di cui all'articolo 431, quinto comma, c.p.c. - si applica alle sentenze in favore di ciascuna delle parti (comma 3).
I poteri del giudice di disporre in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova - previsti dall'articolo 421, secondo comma, c.p.c. - non possono essere esercitati al di fuori dei limiti previsti dal codice civile, salvo che sia diversamente disposto (comma 4).
Per quanto non disciplinato dal rito del lavoro, si applicano le disposizioni del rito ordinario di cognizione (comma 5).
L'articolo 3 dello schema di decreto reca le disposizioni comuni ai procedimenti disciplinati dal rito sommario di cognizione.
Il comma 1 prevede l'inapplicabilità nei procedimenti sommari di cui al Capo III delle disposizioni di cui all'articolo 702-ter, secondo e terzo comma, del codice di rito civile. In conformità delle indicazioni di delega (articolo 54, comma 1, lett. b), n. 2, della legge n. 69 del 2009) non sarà possibile, quindi, la conversione del rito da sommario a ordinario.
Ricorda che l'articolo 702-ter c.p.c. stabilisce che se il giudice rileva che la domanda non rientra tra quelle per cui è possibile il rito sommario, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile.


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Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale (secondo comma). Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II (terzo comma).
Il comma 2 prevede, anche in tal caso, l'applicazione della disciplina del rito di cognizione ordinario per quanto non previsto dal rito sommario.
L'articolo 4 disciplina il caso di erronea introduzione di uno dei procedimenti previsti dallo schema di decreto.
In tali ipotesi, il giudice dovrà con ordinanza - entro la prima udienza di comparizione - pronunciare, anche d'ufficio, il mutamento del rito (commi 1 e 2).
Nella specifica ipotesi in cui la controversia avviata rientri tra quelle che il provvedimento in esame sottopone alla disciplina del rito del lavoro, si prevede che il giudice fissi l'udienza di cui all'articolo 420 c.p.c. indicando il termine perentorio per l'integrazione, con memorie e altri documenti, degli atti introduttivi della causa. La disposizione mira ad impedire le preclusioni che, nel rito del lavoro, scattano in un momento anteriore rispetto agli altri riti (comma 3).
Per finalità di chiarezza interpretativa sulle forme della riassunzione del giudizio in caso di mutamento del rito, è stabilito che lo stesso giudice che dichiara la propria incompetenza disponga che la controversia sia riassunta davanti al giudice competente, con il rito prescritto (comma 4).
Il comma 5 dell'articolo 4, stabilisce, infine, che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano secondo le norme del rito applicato prima del suo mutamento.
La finalità della disposizione appare sia quella - come recita la relazione al provvedimento - di «circoscrivere al minimo l'incertezza interpretativa» nonché quella di escludere in maniera univoca l'efficacia retroattiva del provvedimento che dispone il mutamento del rito, con possibile pregiudizio delle facoltà delle parti.
Il capo II disciplina i procedimenti cui si applica il rito del lavoro.
Si tratta dei seguenti (articoli 5-11): procedimento in materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione; procedimento in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada; procedimento di opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti; procedimento in materia di opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di Stato; procedimento in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali; controversie agrarie; procedimento di impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti.
Il Capo III disciplina i procedimenti regolati dal rito sommario di cognizione ovvero (articoli 12-27): procedimento per la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato; procedimento per l'opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia; controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari; controversie in materia di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari; controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione europea; controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale; procedimento per l'opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio; procedimento per le azioni popolari e per le controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali; azioni in materia di eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento europeo; procedimento per l'impugnazione delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo; procedimento per la riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche; procedimento per l'impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai; procedimento di impugnazione delle deliberazioni


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del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti; procedimenti in materia di discriminazione; procedimento di opposizione ai provvedimenti in materia di riabilitazione del debitore protestato; procedimento di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché agli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare.
Il Capo IV del provvedimento disciplina i procedimenti (articoli 28-32) regolati dal rito ordinario di cognizione, ovvero (articoli 28-32): controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso; procedimento in materia di opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici; controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità; controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento; controversie in materia di liquidazione degli usi civici.
Il Capo V reca le numerose modifiche ed abrogazioni delle leggi speciali che si sono rese necessarie per adattarle alla nuova disciplina dei diritti previsti dal decreto in esame (articoli 33-35).
L'articolo 33 prevede numerose novelle ed abrogazioni sulla base del modello già sperimentato in occasione dell'emanazione del Codice del processo amministrativo, attuativo della delega conferita al Governo dall'articolo 14 della stessa legge 69 del 2009. La norma incide sulla normativa speciale eliminando tutte le disposizioni processuali ivi previste, rinviando alla giurisdizione del giudice ordinario ed al relativo rito tramite lo specifico rinvio all'articolo dello schema di decreto in esame.
Ulteriori tipologie di controversie sono, ai sensi dell'articolo 33, regolate dal rito del lavoro, ovvero: controversie in materia di violazioni nelle transazioni relative ai lavori, ai servizi e alle forniture; opposizioni all'ordinanza ingiunzione relative a sanzioni amministrative in materia ambientale.
Sono disciplinate, invece, dal rito sommario di cognizione le opposizioni all'irrogazione di sanzioni amministrative in materia valutaria.
L'articolo 33 detta, infine, le necessarie disposizioni di coordinamento volte a garantire la coerenza e sistematicità del testo di ogni legge speciale oggetto dell'intervento
L'articolo 34 concerne la sola clausola di invarianza finanziaria dell'intervento.
Quanto al regime transitorio, l'articolo 35 stabilisce che la nuova disciplina si applica ai processi avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, (come previsto dall'articolo 11 delle «Preleggi») escludendone esplicitamente, l'applicabilità ai procedimenti in corso a tale data.
A fini di chiarezza interpretativa, è inoltre sancita l'ultrattività delle norme modificate o abrogate dal decreto in esame che, quindi, troveranno applicazione nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.15.

INTERROGAZIONI

Giovedì 30 giugno 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.15.

5-04580 Maggioni: Sulla carenza di organico presso gli uffici del giudice di pace di Mortara e Mede.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato).


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Marco MAGGIONI (LNP), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo per la precisione e la completezza della risposta fornita. Sottolinea come le problematiche illustrate dall'interrogazione in titolo siano particolarmente rilevanti e tali da incidere sull'ordinario funzionamento del servizio giustizia. Ritiene necessaria una più generale riflessione in merito all'opportunità di mantenere uffici giudiziari inefficienti, che rappresentano un costo per la collettività.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il Governo ha comunicato che risponderà la prossima settimana all'interrogazione 5-04895 Bernardini sulla «giurisdizione domestica» della giustizia ammministrativa. Dichiara quindi concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 14.25.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non è sono stati trattati:

SEDE LEGISLATIVA

Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
C. 2364-728-1944-2564-A.

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di visite agli istituti penitenziari.
C. 3722 Bernardini.

INTERROGAZIONI

5-04895 Bernardini: Sulla «giurisdizione domestica» della giustizia amministrativa.

II Commissione - Giovedì 30 giugno 2011


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ALLEGATO

Interrogazione n. 5-04580 Maggioni: Sulla carenza di organico presso gli uffici del giudice di pace di Mortara e Mede.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'interrogazione dell'onorevole Maggioni, riguardante gli Uffici del giudice di pace di Mortara e Mede, si comunica quanto segue.
Con specifico riferimento alle problematiche concernenti, il personale amministrativo, si evidenzia che ogni valutazione in ordine alle specifiche necessità dei singoli uffici giudiziari non può essere formulata senza tener conto dell'attuale assetto complessivo degli organici nazionali, sulla cui recente evoluzione appare opportuno fornire un breve cenno.
Ai di là delle riduzioni già operate nel corso degli ultimi anni in attuazione di specifiche disposizioni legislative (vedasi da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 ottobre 2005 e il relativo provvedimento attuativo decreto ministeriale 8 marzo 2007), in base al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito con legge 6 agosto 2008 n. 133, le amministrazioni dello Stato hanno dovuto procedere, entro il 30 novembre 2008, a «ridimensionare gli assetti organizzativi esistenti, operando la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale in misura non inferiore al 20 e al 15 per cento» nonché a «rideterminare le rispettive dotazioni organiche del personale non dirigenziale» realizzando, tra l'altro, una riduzione non inferiore del 10 per cento della spesa complessiva riferita a queste ultime.
L'Ufficio III Piante Organiche del competente Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, su specifica direttiva del Capo Dipartimento, ha tempestivamente attivato, con nota a firma dell'onorevole Ministro del 6 agosto 2008, successivamente integrata con nota del 6 novembre 2008, la procedura di rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, da realizzare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, proprio al fine di non incorrere nella sanzione prevista dal già citato articolo 74, comma 5.
La proposta di rimodulazione predisposta e trasmessa al Dipartimento per la Funzione Pubblica, pur realizzando l'abbattimento dei costi, previsto dalla citata legge n. 133 del 2008 (tradottosi in una riduzione complessiva del personale pari a circa il 7 per cento della pregressa dotazione), è stata diretta ad assicurare la disponibilità di risorse organiche idonee a consentire la stabilizzazione del personale precario o in posizione di part-time obbligatorio e la sanatoria delle posizioni soprannumerarie esistenti, con la contestuale riduzione delle posizioni economiche apicali (C3 e C2) ove era dato rilevare elevati contingenti di posti vacanti e ciò al fine di non disperdere le risorse professionali già disponibili, in considerazione delle concrete esperienze acquisite dal personale che da tempo opera nell'Amministrazione, il cui apporto risulta indispensabile per garantire l'attuale livello di funzionalità delle strutture giudiziarie.
Allo stesso tempo, nell'ambito della proposta, si è tenuto conto delle modifiche ordinamentali ed organizzative introdotte


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dal decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, proponendo un assetto organico ad esse corrispondente.
In data 15 dicembre 2008 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra citato, che ha recepito integralmente i contenuti della proposta ministeriale, è stato firmato ed è stato successivamente perfezionato per effetto della registrazione alla Corte dei Conti avvenuta il 26 gennaio 2009.
Con il decreto ministeriale 15 gennaio 2009, registrato alla Corte dei Conti il 29 gennaio 2010 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale di questa Amministrazione n. 5, del 15 marzo 2010, si è quindi provveduto ad adeguare le piante organiche dei singoli uffici dell'Amministrazione giudiziaria alla complessiva ridotta disponibilità di risorse, riflettendo la percentuale di riduzione dei contingenti nazionali sulle diverse figure professionali e fasce retributive assegnate in organico alle singole strutture.
All'applicazione del criterio proporzionale, peraltro, considerata la disomogeneità delle riduzioni previste per le singole professionalità e posizioni economiche, sono stati apportati correttivi idonei a sanare le più evidenti incongruenze determinatesi per gli uffici superiori di primo e secondo grado (Corti di appello, Tribunali ed i corrispondenti uffici requirenti), proprio in virtù della articolazione delle rispettive piante organiche, strutturate in modo complesso, con la presenza di figure professionali, tecniche e di elevati contingenti nell'ambito delle posizioni economiche apicali.
Per tali uffici si è quindi provveduto a correggere l'applicazione del criterio proporzionale in funzione del tendenziale raggiungimento di un valore corrispondente alla riduzione complessiva della dotazione nazionale (pari, come detto, al 7 per cento).
Per quanto attiene gli uffici del giudice di pace, anche alla luce dei relativi carichi di lavoro e tenuto conto della necessità di adottare scelte conservative in favore degli uffici gerarchicamente sovraordinati, l'incidenza delle riduzioni disposte risulta, essere più elevata in termini, percentuali, pur concretizzandosi nella soppressione di una sola unità in organico per entrambi le sedi di Mortara e Mede.
Sulla scorta di tali valutazioni, per gli uffici del Giudice di Pace sopraindicati sono state applicate riduzioni, pienamente conformi ai criteri generali seguiti, a livello nazionale, per gli uffici della medesima tipologia.
Oltre ai predetti correttivi di carattere generale, sono state inoltre previste specifiche deroghe in funzione di particolari situazioni di disagio rilevate all'esito dell'indagine condotta in ordine ai fabbisogni delle singole strutture.
Per completezza, infine, si evidenzia che con decreto ministeriale 25 ottobre 2010, registrato alla Corte dei Conti il 22 dicembre 2010 e pubblicato sul, Bollettino Ufficiale n. 4 del 28 febbraio 2011 di questa Amministrazione, si è provveduto a completare il processo di adeguamento dell'organico delle singole strutture giudiziarie al nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri del 14 settembre 2007 e dal contratto collettivo nazionale integrativo del 29 luglio 2010, procedendo alla individuazione dei contingenti numerici destinati, a livello nazionale, ai singoli profili professionali in attuazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 dicembre 2008.
Il provvedimento non ha inciso sulla consistenza degli organici degli uffici, limitandosi a realizzare una puntuale ricognizione ed armonizzazione dei contingenti numerici al nuovo ordinamento professionale.
Per quanto concerne il personale amministrativo presso gli Uffici del Giudice di Pace di Mortara e Mede, gli organici prevedono per ciascun ufficio 3 unità complessive. Nell'ufficio del Giudice di pace di Mortara è presente solo l'ausiliario, in quello di Mede anche l'operatore; in entrambi è scoperta la figura professionale dei cancelliere. Poiché è proprio la mancanza di posizioni di vertice a determinare le maggiori difficoltà, non potendosi procedere alla pubblicazione


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di decreti ingiuntivi e di sentenze e, più in generale, al disbrigo delle pratiche di cancelleria, si evidenzia che, in assenza di altre procedure che consentano di coprire stabilmente i posti vacanti, è possibile sopperire all'assenza di personale tramite istituti temporanei e di immediata efficacia, quali l'applicazione e il comando, ai sensi della legge n. 468 del 1999 articolo 26 comma 4.
Infatti, il Presidente della Corte d'Appello può fronteggiare situazioni di criticità di risorse umane con l'applicazione di dipendenti in ambito distrettuale, secondo le previsioni dell'accordo sulla mobilità interna del 27 marzo 2007 mentre, al Presidente del Tribunale territorialmente competente è consentito, su delega, dal citato articolo 26, comma 4, legge n. 468 del 1999, integrato dalla circolare del 7 settembre 2000 della Direzione Generale del Personale, l'utilizzo, in posizione di comando, di lavoratori comunali che abbiano operato per almeno due anni presso i soppressi Uffici di Conciliazione, previa verifica di ogni altro requisito previsto dalla legge medesima.
Peraltro, come si evince dall'interrogazione in discussione, l'applicazione del cancelliere presso i suddetti uffici è già una soluzione in atto, sebbene sporadica.
In merito alle competenze riservate a ciascun profilo professionale, la circolare del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del 30 novembre 2010, interpretando il nuovo C.C.N.I 29 luglio 2010, ha previsto espressamente, per il cancelliere, lo svolgimento delle stesse mansioni del passato, laddove costituiscano ausilio alle attività del giudice. Tra le ipotesi formulate, a titolo esemplificativo, si contemplano: il rilascio di formule esecutive, la pubblicazione dei provvedimenti del giudice mediante sottoscrizione di avvenuto deposito in cancelleria, il disimpegno di vari incombenti in ambito di procedure fallimentari eccetera.
Quanto alla questione sollevata dall'interrogante, in ordine alle probabili richieste di differenze retributive da parte di dipendenti dediti allo svolgimento di attività che esulano dai propri compiti, si rappresenta che il riconoscimento di, mansioni superiori è possibile solo nell'ipotesi in cui l'incarico sia espletato come attività prevalente e in presenza degli altri requisiti previsti dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dalle circolari emanate in materia.

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