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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto delle Commissioni riunite
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) e II (Giustizia)
Commissioni Riunite I e II

SOMMARIO

Giovedì 7 luglio 2011


SEDE REFERENTE:

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. C. 4434 Governo, approvato dal Senato (Esame e rinvio - abbinamento delle proposte di legge C. 3380 e C. 4382 ) ... 3

Commissioni Riunite I e II - Resoconto di giovedì 7 luglio 2011


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SEDE REFERENTE

Giovedì 7 luglio 2011. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Andrea Augello.

La seduta comincia alle 14.20.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio - abbinamento delle proposte di legge C. 3380 e C. 4382).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, comunica che risultano assegnate alle Commissioni riunite I e II le proposte di legge C. 3380 Di Pietro ed altri «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, nonché disposizioni in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alle cariche di deputato, di senatore e di membro del Parlamento europeo e disposizioni concernenti le cause ostative all'assunzione di incarichi di governo» e C. 4382 Giovanelli ed altri «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione nonché per la funzionalità e la razionalizzazione delle spese della pubblica amministrazione e delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche».
Sulla base di quanto convenuto nella seduta dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite I e II di giovedì 30 giugno, ne propone il loro abbinamento al disegno di legge C. 4434 del Governo.

Le Commissioni concordano.

Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, ricorda che il disegno di legge che le Commissioni si accingono ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Questo provvedimento risulta da stralci effettuati dal Senato sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.
In particolare, dal testo originario sono stati stralciati gli articoli 7 (relativo ai


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controlli negli enti locali e confluito nell'atto Senato 2156-bis), 8 (recante modifiche agli articoli 234, 236 e 239 del testo unico sugli enti locali e confluito nell'atto Senato 2156-ter) e 9 (recante delega in materia di fallimento politico e modifica all'articolo 247 del testo unico sugli enti locali confluito nell'atto Senato 2156-quater).
Per la parte di competenza della I Commissione, si soffermerà sugli articoli 1, 2, 3, 6 e 8, illustrandone il contenuto.
Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida), nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi, specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.
A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'esame al Senato, individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - Civit di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009. È così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.
Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.
Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali. Il Dipartimento svolge le sue funzioni «anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.
L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza - che ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 150 del 2009 è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata attraverso pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.
In tema di pubblicazione su siti istituzionali, occorre ricordare alcune disposizioni già vigenti: l'articolo 6, comma 2, lettera b), del decreto legge 70 del 2011 (già esaminato dalla Camera e trasmesso al Senato) che già prevede che, entro novanta giorni dall'entrata in vigore, le pubbliche amministrazioni pubblichino sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte che rientra nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza, tranne che in caso di atti o documenti la cui presentazione in allegato alla domanda sia prevista da norme di legge, regolamento o da (altri) atti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale; l'articolo 54 del decreto legislativo 82 del 2005, Codice dell'amministrazione digitale (Cad), che prevede il contenuto obbligatorio dei siti delle pubbliche amministrazioni, nonché l'articolo 57 del medesimo Cad che già


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stabilisce l'obbligo di rendere disponibile per via telematica l'elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti; l'articolo 3-bis della legge n. 241 del 1990 che prevede che, per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.
L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciò è, altresì, valutato ai sensi dell'articolo 21 decreto legislativo 165 del 2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
L'articolo 3 modifica l'articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi, l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati; i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione. Sono nulli i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione ed è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.
L'articolo 6 contiene una clausola di adeguamento alle disposizioni degli articoli da 1 a 5 per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.
L'articolo 8 reca una delega, con termine annuale, che autorizza il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare -


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in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, come si evince, oltre che dalla rubrica dell'articolo, dal contenuto del comma 2 recante i principi e i criteri direttivi della delega - l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale, nonché il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo proprie degli enti locali.
L'incandidabilità, che ha natura temporanea, riguarda le elezioni politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, ma non quelle europee. Il divieto riguarda le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000); presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
L'oggetto della delega non si esaurisce nel comma 1, perché disposizioni relative all'oggetto si rinvengono anche nei commi che definiscono i principi e criteri direttivi. Così sono previste anche fattispecie di divieto all'assunzione di cariche, ai sensi della lettera g) del comma 2, ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1, quali quelle riguardanti assessori e consiglieri comunali e provinciali, presidente e componenti dei consigli circoscrizionali; poi, ai sensi della lettera f) del comma 2, si prevede che le cause di incandidabilità previste per deputati e senatori si applichino anche con riferimento alle cariche di governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari). Vi è anche il divieto di assunzione di cariche di governo degli enti locali, quali presidente di provincia; sindaco; assessore provinciale e comunale. Invece il divieto non sembrerebbe riguardare il presidente della circoscrizione, né i membri della (laddove istituita) giunta circoscrizionale (la lettera g) del comma 2 si riferisce a presidente e componente del consiglio circoscrizionale).
La finalità del testo unico è individuata nel riordino e nell'armonizzazione della normativa vigente, nonché nel coordinamento delle norme sull'incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo. Sembra quindi trattarsi di un testo unico meramente compilativo, ma i dettagliati principi e criteri direttivi di cui al comma 2 prevedono l'adozione di disposizioni fortemente innovative del quadro normativo vigente (in particolare, le lettere da a) a f) che introducono l'incandidabilità di deputati e senatori).
L'incandidabilità parlamentare dovrebbe essere inquadrata nella normativa ordinaria vigente, che prevede solo cause di ineleggibilità e di incompatibilità alla carica di deputato e senatore, nonché due cause di incandidabilità introdotte con legge ordinaria: si tratta di quella derivante dall'obbligo di residenza per la presentazione della candidatura nella circoscrizione Estero e di quella, prevista, in via transitoria, per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia per assicurare le cosiddette «quote rosa». Tuttavia, alla base di entrambi questi istituti vi sono precise disposizioni che sembrerebbero assicurarne la «copertura» costituzionale: l'articolo 56 e l'articolo 57 della Costituzione che prevedono l'elezione di 12 deputati e di 6 senatori nella circoscrizione Estero, l'articolo 48 della Costituzione che affida alla legge la definizione di stabilire le modalità per assicurare l'effettività del diritto di voto all'estero e l'articolo 51 della Costituzione, modificato nel 2003, che stabilisce la promozione, con appositi provvedimenti, delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.
Dalla Costituzione (articoli 56 e 58) si ricava che non sono candidabili coloro che non sono nella condizione di elettore e non hanno raggiunto l'età anagrafica consentita; inoltre, dall'articolo 48 della Costituzione, risultano cause di incandidabilità il possesso della (sola) cittadinanza straniera o l'apolidia e l'essere stato


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escluso dall'elettorato attivo per incapacità civile, condanna penale irrevocabile e indegnità morale.
In ogni caso, la lettera a) del comma 2, fatte salve le norme penalistiche relative all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, dispone la non candidabilità (temporanea) alla carica di deputato o senatore di coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale. La lettera b) prevede l'incandidabilità per coloro che sono stati condannati in via definitiva, con una pena di almeno 2 anni, per i delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I del codice penale; si tratta dei delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, concussione, corruzione ecc.. Questa lettera prevede poi la facoltà di congiungere, in sede di attuazione della delega, ai fini dell'incandidabilità, le condanne per delitti contro la p.a. ad «altri delitti» con massimo edittale superiore a tre anni. Tuttavia non sembra chiaro il criterio che dovrebbe ispirare l'intervento normativo da realizzare. Infatti, la suddetta facoltà non è circoscritta da alcuna indicazione, essendo formulata con la locuzione generica «se del caso»; inoltre, non risulta se la condanna per altri delitti debba essere aggiuntiva o alternativa rispetto a quella per i delitti in precedenza indicati dalla stessa lettera.
La lettera d) stabilisce che l'incandidabilità operi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 codice di procedura penale (patteggiamento), manon è prevista analoga disposizione per il divieto di assunzione di cariche di cui al comma 1 e al comma 2 lettera g).
La lettera f) prevede che le cause di incandidabilità a deputato e senatore si applicano anche all'assunzione delle cariche di Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari) alle medesime condizioni.Dal momento che i membri del Governo possono essere scelti non solo tra i membri delle Camere, il testo potrebbe essere riformulato facendo riferimento, anziché alle condizioni di incandidabilità, al divieto di ricoprire cariche di governo, anche in analogia alla definizione utilizzata nel comma 1 e nella rubrica dell'articolo.
La lettera g) prevede che il testo unico operi una completa ricognizione delle disposizioni vigenti in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché in materia di divieto a ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore provinciale e comunale, consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000) e presidente e componente degli organi delle comunità montane. La lettera h) prevede la possibilità di introdurre ulteriori ipotesi di incandidabilità ma il criterio di delega si limita ad evocare le condanne derivanti da delitti di grave allarme sociale lasciando indeterminata, e quindi alla scelta del legislatore delegato, l'individuazione di tali delitti.
Occorre dire poi che, a differenza dell'incandidabilità parlamentare, l'ordinamento vigente (articolo 58 del testo unico degli enti locali decreto legislativo 267 del 2000) già prevede alcune cause ostative alla candidatura negli enti locali derivanti da condanna definitiva.
Per le incandidabilità regionali la lettera i) affida al legislatore delegato l'individuazione, in caso di sentenze definitive di condanna, di ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli «organi politici di vertice delle regioni» (presumibilmente organi esecutivi).
Generali criteri di delega sono contenuti nella lettera l) che prevede l'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con quelle recate dal testo unico e nella lettera m) che prevede l'ipotesi di incandidabilità sopravvenuta, in caso di


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condanna definitiva per delitti non colposi che sopraggiunga in un momento successivo alla candidatura (in caso di cariche elettive) o all'affidamento della carica (in caso di cariche non elettive). Il principio di delega prevede che in questi casi si proceda alla sospensione o alla decadenza di diritto dalla carica, senza specificare quando applica l'una o l'altre delle due fattispecie, anche se sembrerebbe plausibile l'applicazione della sospensione in caso di cariche elettive e della decadenza per le cariche non elettive (di governo). In ogni caso, la sospensione dei parlamentari andrebbe letta alla luce dell'articolo 66 della Costituzione che prevede la competenza delle Camere per il giudizio, oltre che dei titoli di ammissione dei suoi componenti, sia delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.
In base al comma 3 lo schema di testo unico è trasmesso alle Camere che esprimono il parere attraverso le competenti commissioni per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni e, decorso tale termine, il testo unico può essere comunque emanato anche in assenza dei pareri.

Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, per quanto concerne le disposizioni più specificamente riconducibili agli ambiti di competenza della Commissione giustizia, si segnalano gli articoli 4, 5, 7 e 9.
L'articolo 4 - introdotto nel corso dell'esame al Senato - mira a tutelare il pubblico dipendente che - fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione - denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (comma 1).
L'espressione «condotte illecite» appare riferibile sia a reati che ad illeciti disciplinari.
Viene, infatti, disposto che il segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie avente effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata.
Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia (il riferimento è ai pubblici dipendenti che rivestono anche la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) è fatto divieto alla Pubblica Amministrazione di rivelare l'identità del segnalante - in assenza del consenso di quest'ultimo - fino alla contestazione dell'illecito disciplinare (comma 2).
Si segnala che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, ed attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato è ora all'esame della Commissione esteri della Camera (atto Camera 3737).
L'articolo 5, introdotto dal Senato, individua una serie di attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso.
L'elenco delle attività può essere modificato con decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze), previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
È inoltre prevista una clausola di invarianza finanziaria.
La disposizione è finalizzata all'«applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso».
Il riferimento è alle cosiddette white list, introdotte dall'articolo 4, comma 13, del Decreto legge n. 70 del 2011 (cosiddetto decreto-sviluppo), in corso di conversione, ovvero l'elenco, presso le prefetture, di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture per i subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici.
Va segnalata, peraltro, l'opportunità di coordinare la disposizione in questione con l'articolo 101, comma 8, del cosiddetto Codice antimafia, schema di decreto legislativo


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attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera per il parere.
L'articolo 7 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante novella dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.
In particolare, il comma 1 prevede due nuovi commi 1-sexies e 1-septies all'articolo 1 della legge 20 del 1994.
Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine della amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Con la seconda novella, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 legge 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di probabile attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute.
Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice, può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte di conti.
L'articolo 9 novella il titolo II del codice penale, relativo ai delitti contro la pubblica amministrazione.
In particolare, le lettere da a) ad h) aumentano le pene attualmente previste dal codice penale per una serie di delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, malversazione a danno dello Stato, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, corruzione per un atto d'ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari).
L'innalzamento da tre a quattro anni di reclusione del minimo edittale previsto per il reato di peculato (articolo 314 c.p.) rende più difficile l'applicazione dell'articolo 317-bis (Pene accessorie), laddove prevede, per i reati di peculato e concussione, l'applicazione dell'interdizione temporanea, anziché perpetua, dai pubblici uffici quando per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni.
La lettera i) introduce, a chiusura del capo relativo ai delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., una nuova circostanza aggravante (articolo 335-ter, codice penale), ad effetto comune riferita a chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale.
Tale nuova circostanza inasprisce le pene per delitti previsti nel Capo I: in caso «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione»; se i fatti sono commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea. La nuova circostanza aggravante non si applica invece agli incaricati di pubblico servizio.
Le lettere l) ed m) intervengono sulla disciplina dei delitti dei privati contro la PA per innalzare la pena attualmente prevista per le fattispecie di astensione dagli incanti e di frode nelle pubbliche forniture.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

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