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Resoconti delle Giunte e Commissioni

Resoconto della VI Commissione permanente
(Finanze)
VI Commissione

SOMMARIO

Mercoledì 21 settembre 2011


AUDIZIONI INFORMALI:

Audizione del professor Enrico Giovannini, Presidente del gruppo di lavoro «Economia non osservata», istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge C. 4566 , recante «Delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale» ... 76

SEDE CONSULTIVA:

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. C. 4434 Governo, approvato dal Senato, e abb. (Parere alle Commissioni riunite I e II) (Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio) ... 76

Sui lavori della Commissione ... 84

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI


VI Commissione - Resoconto di mercoledì 21 settembre 2011


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AUDIZIONI INFORMALI

Mercoledì 21 settembre 2011.

Audizione del professor Enrico Giovannini, Presidente del gruppo di lavoro «Economia non osservata», istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge C. 4566, recante «Delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale».

L'audizione informale è stata svolta dalle 14.10 alle 15.40.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 21 settembre 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 15.40.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato, e abb.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, il disegno di legge C. 4434, approvato dal Senato, recante disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, adottato come testo


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base dalle Commissioni di merito, cui sono state abbinate le proposte di legge C. 3380 Di Pietro, C. 3850 Ferranti, C. 4382 Giovanelli, C. 4501 Torrisi e C. 4516 Garavini.
Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge C. 4344, l'articolo 1 individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto al fenomeno corruttivo nella pubblica amministrazione, nonché le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità.
In particolare, il comma 1 individua le norme giuridiche internazionali a fondamento dell'intervento legislativo nell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida), nonché negli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999.
Il comma 2 individua quale Autorità nazionale anticorruzione la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) istituita dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009, che si sostituirebbe pertanto in tale ruolo al Dipartimento della funzione pubblica.
Ai sensi del medesimo comma 2 alla Commissione è affidato il compito di:
a) collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;
b) approvare il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica;
c) esercitare la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni.
d) riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.

Per svolgere i compiti indicati dal comma 2 il comma 3 attribuisce alla Commissione poteri ispettivi, che le consentono di richiedere notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, nonché ordinare la rimozione di comportamenti o atti.
Il comma 4 disciplina invece funzioni normative, esecutive e di coordinamento che rimangono attribuite al Dipartimento della funzione pubblica, il quale le svolge anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Tali funzioni riguardano:
il coordinamento nell'attuazione delle strategie di contrasto alla corruzione (lettera a);
la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali (lettera c);
la promozione e definizione di norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, secondo gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali (lettera d);
il supporto alle pubbliche amministrazioni, attraverso la definizione di modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata (lettera d).

Il comma 5 prevede che le pubbliche amministrazioni centrali valutino il livello di esposizione al rischio corruzione dei rispettivi uffici, definendo gli interventi organizzativi per presidiare il rischio medesimo e le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo la rotazione dei dirigenti e dei funzionari in tali settori.
L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi.


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Il comma 1 ribadisce, attraverso il richiamo al decreto legislativo n. 150 del 2009, che la trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, richiamando in tal modo l'attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia.
La trasparenza è assicurata attraverso la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.
I criteri che devono essere seguiti nella pubblicazione sono la facile accessibilità e la completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.
Il comma 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali appena richiamati con particolare riferimento ai procedimenti di:
a) autorizzazione o concessione;
b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal Codice degli appalti (decreto legislativo n. 163 del 2006);
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera.

Il comma 3 impone alle pubbliche amministrazioni, con riferimento a tutti i procedimenti amministrativi, di provvedere al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali, anche al fine di evidenziare e risolvere eventuali anomalie.
Il comma 4 stabilisce che le pubbliche amministrazioni debbano rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.
Il comma 5 stabilisce che le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
Il comma 6 demanda ad uno o più decreti interministeriali, da adottare sentita la Conferenza unificata Stato-regioni - Stato-città ed autonomie locali, l'individuazione delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 4 e 5 dell'articolo, ferme restando le disposizioni in materia di pubblicità previste dal Codice degli appalti.
Il comma 7 stabilisce che la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate dal regolamento di cui sopra, costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009, e rappresenta dunque, presupposto per intentare la cosiddetta class action della pubblica amministrazione.
La disposizione specifica inoltre che la predetta omissione è anche valutata ai fini della responsabilità dirigenziale, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e che eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
L'articolo 3, comma 1, reca una serie di modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale disciplina le incompatibilità, nonché il cumulo di impieghi e di incarichi da parte dei dipendenti pubblici.


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In particolare, la lettera a) inserisce un nuovo periodo nel comma 7 dell'articolo 53, il quale attualmente prevede che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti se non previamente conferiti o autorizzati dall'amministrazione di appartenenza (per i professori universitari a tempo pieno, la norma rinvia agli statuti o ai regolamenti degli atenei circa i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione), che, in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni, tale conferimento costituisce infrazione disciplinare e che il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
In tale ambito la disposizione che si propone di aggiungere prevede che, ai fini dell'autorizzazione a svolgere tali incarichi, l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse.
La lettera b) sostituisce il comma 11 del predetto articolo 53, prevedendo che i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6 dell'articolo 53 (ai sensi del citato comma 6 per incarico retribuito si intendono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso, fatta esclusione per i compensi derivanti da: collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; partecipazione a convegni e seminari; incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o fuori ruolo; incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; attività di formazione rivolta ai dipendenti della P.A.).
La disposizione attualmente vigente stabilisce invece che i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per tali incarichi sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente entro il 30 aprile di ciascun anno.
La lettera c) modifica il comma 12 dell'articolo 53, prevedendo che le amministrazioni pubbliche le quali conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti, comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto.
La disposizione attualmente vigente stabilisce invece che, entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche le quali conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. Inoltre la disposizione stabilisce che tale elenco deve essere accompagnato da una relazione contenente l'indicazione delle norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa.
Allo stesso modo, entro il 30 giugno di ciascun anno, anche le amministrazioni che, nell'anno precedente, non abbiano conferito o autorizzato incarichi ai propri


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dipendenti devono presentare dichiarazione di non aver conferito o autorizzato incarichi.
La lettera d) introduce nel corpo del citato articolo 53 un nuovo comma 16-ter, il quale dispone alcune limitazioni per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 (si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, le Agenzie fiscali e il CONI).
In forza della nuova previsione tali soggetti non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Inoltre, a titolo sanzionatorio, si dispone la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal nuovo comma, e si vieta ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.
Il comma 2 esclude l'applicazione delle previsioni contenute al secondo periodo del comma 16-ter appena illustrato (relativo alla nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione delle nuove limitazioni previste per i dipendenti pubblici) ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 4 intende tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro.
A tal fine il comma 1 dispone che il dipendente segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro, per motivi direttamente o indirettamente collegati alla denuncia presentata.
Il comma 2 prevede inoltre che, fatti salvi gli obblighi legali di denuncia (gravante sui pubblici dipendenti i quali rivestono anche la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) è fatto divieto alla P.A. di rivelare l'identità del segnalante, in assenza del consenso di quest'ultimo, fino alla contestazione dell'illecito disciplinare.
L'articolo 5 individua, al comma 1, una serie di attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso.
Le attività individuate direttamente dalla norma sono le seguenti:
a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;
b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto;
h) autotrasporti conto terzi;
i) guardianìa dei cantieri.

Ai sensi dei commi 2 e 3 l'elenco delle attività può essere modificato con decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti


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e dell'economia e delle finanze), previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
Le previsioni dell'articolo hanno lo scopo di applicare le norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso. Tali elenchi (cosiddette white list), sono state introdotte dall'articolo 4, comma 13, del decreto- legge n. 70 del 2011 (cosiddetto decreto-sviluppo), il quale prevede che, per incrementare l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l'elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.
L'articolo 6 contiene una clausola di adeguamento alle disposizioni degli articoli da 1 a 5 per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali, le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali, facendo salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e con le relative norme di attuazione in materia.
L'articolo 7 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, novellando l'articolo 1 della legge n. 20 del 1994, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.
In particolare, il comma 1 inserisce due nuovi commi 1-sexies e 1-septies nell'articolo 1 della predetta legge n. 20.
Il nuovo comma 1-sexies introduce una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della P.A., disponendo che, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine dell'amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore o di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Il nuovo comma 1-septies prevede invece che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine, nell'ipotesi di probabile attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale, su richiesta del procuratore regionale, il Presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio è tenuto a concedere sempre il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute.
L'articolo 8 conferisce una delega legislativa al Governo per l'adozione di un testo unico che disciplini, in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale, nonché il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo presso gli enti locali.
Il comma 1 definisce l'oggetto della delega, individuato nell'adozione di un testo unico in materia di incandidabilità a cariche elettive e di divieto di assunzione di alcune cariche elettive e di Governo, e stabilisce in un anno il termine di esercizio della stessa.
In particolare l'incandidabilità, che ha natura temporanea, riguarda le elezioni politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, mentre il divieto riguarda le cariche di:
presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi;
presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni;
consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di comuni e province;
presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il comma 2 contiene i principi e criteri direttivi della delega.


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In particolare, la lettera a) dispone la non candidabilità temporanea alla carica di deputato o senatore di coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale (si tratta dei delitti di associazione di tipo mafioso, riduzione o mantenimento in schiavitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, sequestro di persona, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, nonché dei delitti di terrorismo).
La disposizione prevede che l'incandidabilità sia temporanea, ma fa salve le norme penalistiche relative all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La lettera b) prevede l'incandidabilità per coloro che sono stati condannati in via definitiva, con una pena di almeno 2 anni, per i delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I del codice penale (delitti contro la pubblica amministrazione quali peculato, malversazione, concussione, corruzione); la disposizione prevede, inoltre, l'incandidabilità per «altri delitti» per i quali la legge stabilisca una pena detentiva superiore, nel massimo, a 3 anni.
La lettera c) prevede la determinazione di un termine per la durata dell'incandidabilità.
La lettera d) stabilisce che l'incandidabilità operi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta (cosiddetto patteggiamento), ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.
La lettera e) individua tra le finalità del testo unico il coordinamento delle norme sull'incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo.
La lettera f) prevede che le cause di incandidabilità a deputato e senatore si applicano anche all'assunzione delle cariche di Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, ministri, viceministri e sottosegretari) alle medesime condizioni.
La lettera g) prevede una completa ricognizione delle disposizioni vigenti in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché di divieto a ricoprire le seguenti cariche:
presidente della provincia;
sindaco;
assessore provinciale e comunale;
consigliere provinciale e comunale;
presidente e componente del consiglio circoscrizionale;
presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi;
presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni;
consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di comuni e province;
presidente e componente degli organi delle comunità montane.

La lettera h) contempla la possibilità di introdurre ulteriori ipotesi di incandidabilità, in coerenza con quanto previsto per le incandidabilità dei parlamentari e per le incandidabilità alle elezioni regionali, nel caso di condanne derivanti da delitti di grave allarme sociale.
La lettera i) affida inoltre al legislatore delegato il compito di individuare, in presenza di sentenze definitive di condanna, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli «organi politici di vertice delle regioni».
La disposizione fa salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali.
La lettera l) prevede l'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con quelle recate dal testo unico.
La lettera m) disciplina l'ipotesi di incandidabilità sopravvenuta, ossia il caso


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in cui la condanna definitiva per delitti non colposi che causa l'incandidabilità o all'interdizione sopraggiunga in un momento successivo alla candidatura (in caso di cariche elettive) o all'affidamento della carica (in caso di cariche non elettive). Il principio di delega prevede che in questi casi si procede alla sospensione o alla decadenza di diritto dalla carica.
Il comma 3 disciplina il procedimento relativo al parere parlamentare sugli schemi di decreto legislativo emanati in forza della delega conferita dall'articolo.
L'articolo 9 novella il titolo II del codice penale, relativo ai delitti contro la pubblica amministrazione.
In particolare, le lettere da a) ad h) del comma 1 aumentano le pene attualmente previste dal codice penale per una serie di delitti contro la pubblica amministrazione.
In particolare:
per il peculato si passa da una pena compresa tra tre e dieci anni ad una compresa tra quattro e dieci anni;
per il peculato mediante profitto dell'errore altrui si passa da una pena compresa tra sei mesi e tre anni ad una compresa tra uno e quattro anni;
per la malversazione a danno dello Stato si passa da una pena compresa tra sei mesi e quattro anni ad una compresa tra uno e cinque anni;
per l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato si passa da una pena compresa tra sei mesi e tre anni ad una compresa tra uno e quattro anni;
per la corruzione per un atto d'ufficio si passa da una pena fino ad un anno ad una fino ad un anno e sei mesi;
per la corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio si passa da una pena compresa tra due e cinque anni ad una compresa tra tre e sei anni;
per la corruzione in atti giudiziari si passa da una pena compresa tra tre e otto anni ad una compresa tra quattro e otto anni.

La lettera i) introduce, a chiusura del capo del codice penale relativo ai delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. ed attraverso l'inserimento di un nuovo articolo 335-ter, una nuova circostanza aggravante ad effetto comune, riferita a chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale (ma non agli incaricati di pubblico servizio).
Tale nuova circostanza inasprisce le pene per delitti previsti nel Capo I, in caso di «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione» e quando i fatti sono commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea.
Le lettere l) ed m) intervengono invece sulla disciplina dei delitti dei privati contro la P.A., innalzando (rispettivamente da sei mesi ad un anno e da una pena compresa tra uno e cinque anni ad una compresa tra due e sei anni) la pena attualmente prevista per le fattispecie di astensione dagli incanti e di frode nelle pubbliche forniture.
L'articolo 10 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che le attività previste dal disegno di legge sono svolte dalle competenti amministrazioni utilizzando unicamente le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Rileva come il testo trasmesso dal Senato non presenti disposizioni rientranti nei profili di competenza della Commissione Finanze. Segnala, peraltro, come le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia non abbiano ancora concluso l'esame degli emendamenti, e come dunque occorrerà verificare ulteriormente il contenuto del testo alla luce delle modifiche che saranno eventualmente apportate in quella sede.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad una seduta da convocare nel corso della prossima settimana il seguito dell'esame del provvedimento.


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Sui lavori della Commissione.

Marco CAUSI (PD) stigmatizza la perdurante assenza di rappresentanti del Governo alle sedute dedicate alle audizioni svolte dalla Commissione nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge n. 4566, recante delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale.
Ritiene che tale atteggiamento, oltre a rappresentare un grave segno di disinteresse per i lavori della Commissione, costituisca una palese testimonianza della scarsa fiducia nutrita dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze circa le concrete prospettive di realizzazione dell'intervento legislativo, soprattutto ove si consideri che, in precedenti occasioni, il Governo ha, invece, costantemente assicurato la sua partecipazione ai lavori parlamentari concernenti altri provvedimenti di legge delega, quale quello in materia di federalismo fiscale.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 21 settembre 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 15.55.

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