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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
19.
Martedì 15 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Narducci Franco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DELLE NAZIONI UNITE

Audizione del direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco, Olav Sejm:

Narducci Franco, Presidente ... 3 8 9 11
Barbi Mario (PD) ... 8
Mecacci Matteo (PD) ... 9
Sejm Olav, Direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco ... 3 9

Audizione di rappresentanti della Coalizione italiana per la Campagna globale per l'educazione:

Narducci Franco, Presidente ... 11 18 21 22
Avenati Elena, Coordinatrice della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione ... 11
Barbi Mario (PD) ... 18
Bena Farida, Coordinatrice del gruppoPolicy della Coalizione Italiana della Campagna globale per l'educazione ... 13 21
Invernizzi Daniela, Rappresentante dell'Associazione di Cooperazione rurale in Africa e America Latina ... 16 21
Mecacci Matteo (PD) ... 19
Petrini Marco, Presidente dell'Associazione Movimento e Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 15 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 12,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco, Olav Sejm.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, l'audizione del direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco, Olav Sejm, esponente di punta della più prestigiosa agenzia internazionale preposta all'attuazione del secondo Obiettivo del Millennio relativo all'educazione primaria universale.
Nel salutare il direttore Sejm per la sua disponibilità, gli do immediatamente la parola affinché possa presentare la sua relazione.

OLAV SEJM, Direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco. Grazie, signor presidente, per aver invitato l'UNESCO a partecipare a questa importantissima audizione.
Credo che per l'UNESCO l'Italia sia uno dei partner principali. Apprezziamo moltissimo il vostro forte sostegno e il partenariato esistente con l'Italia nel settore della cultura e dell'educazione.
Come sappiamo, l'Obiettivo di sviluppo del Millennio numero 2 riguarda l'educazione di base. Credo che non sia necessario cercare di spiegare perché l'educazione e l'istruzione siano così importanti per lo sviluppo. Sappiamo dalla storia che nessun Paese è mai salito per la scala dello sviluppo umano senza un costante investimento destinato all'educazione. Si tratta di un diritto umano fondamentale; è un motore per lo sviluppo personale sociale ed economico ed è una base per la costruzione di società più inclusive.
Crediamo che l'educazione sia fondamentale per lo sviluppo perché contribuisce alla crescita economica, riduce la povertà, migliora la salute, la nutrizione, il reddito e i mezzi di sostentamento, promuove la cittadinanza e la partecipazione democratica, crea scelte ed opportunità. Inoltre, essa è un motore importante per conseguire tutti gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Eppure, in vista del vertice preparatorio sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio, a New York, il prossimo settembre, abbiamo ancora numerose sfide da affrontare per poter rendere l'educazione uno dei punti all'ordine del giorno. Ciò è dovuto parzialmente al fatto che


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l'educazione si sta comportando bene come obiettivo rispetto agli altri, soprattutto se si guardano gli indicatori, tra i quali il rapporto di iscrizione alla classe prima delle elementari e il completamento del ciclo di studi della scuola primaria e il tasso di alfabetizzazione. Ma come UNESCO riteniamo che gli indicatori dell'Obiettivo 2 non siano sufficienti a spiegare davvero la condizione dell'educazione. Direi che, nonostante le cifre, abbiamo visto alcuni segnali allarmanti per cui l'educazione non avrebbe una performance così buona come avremmo sperato.
Se si guardano le cifre globali, vediamo che a partire dal 2000 ci sono stati numerosi progressi: 42 milioni di bambini in più iscritti alla scuola primaria; il numero di bambini che hanno abbandonato la scuola è calato di 33 milioni; in particolare, nell'Asia meridionale e occidentale abbiamo visto un notevole aumento dei tassi di iscrizione alla scuola primaria, cosa che purtroppo non accade nell'Africa subsahariana, dove stiamo cercando di fare ulteriori progressi.
Questo significa che dal 1999 al 2007 c'è stato un calo da 105 a 72 milioni di bambini che hanno abbandonato la scuola. Se proseguiamo con l'attuale tasso di investimenti e di sostegno, ci saranno ancora 56 milioni di bambini che avranno abbandonato la scuola nel 2015. È chiaro però che non saremo in grado di raggiungere l'Obiettivo 2 nel 2015.
La distribuzione del successo è stata alquanto disomogenea. Alcuni Paesi hanno fatto progressi enormi, mentre altri sono più indietro. Vediamo anche che vi sono venti Paesi in cui, a partire dal 2000, la situazione è peggiorata.
Contemporaneamente, per quanto concerne gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, l'UNESCO, insieme ad altre quattro agenzie del sistema delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il l'UNICEF, lo UNDP, l'UNFPA, ha convocato una Conferenza dal titolo Education for All, a Dakar in Senegal, dove sono state rivolte importanti raccomandazioni alla comunità internazionale, chiedendo di andare al di là degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, investendo nei sei obiettivi EFA. Abbiamo visto progressi concreti nell'iscrizione alla scuola primaria e nella parità di genere e se si guarda allo sviluppo nella prima infanzia, all'acquisizione dell'alfabetizzazione e alla qualità in particolare, non abbiamo visto gli stessi progressi che abbiamo ravvisato nell'aumento del tasso di iscrizione.
Crediamo che questo sia un motivo per sollevare in particolare la questione della qualità; questo è un elemento molto importante per un numero sempre crescente di paesi, in particolare per l'Africa, laddove ci si è concentrati sull'obiettivo di iscrivere il maggior numero possibile di bambini a scuola. Questo ha avuto un impatto negativo sulla qualità dei risultati dell'apprendimento; direi che ciò è dovuto in larga parte al fatto che non vi è stato un numero sufficiente di insegnanti per i nuovi iscritti a scuola.
Vorrei anche dire che per quanto riguarda l'alfabetizzazione, trovo piuttosto deplorevole che nel 2010 un quinto della popolazione adulta in tutto il mondo sia ancora analfabeta. Credo che questo sia davvero un altro elemento da considerare.
Al momento sembra prevalere la sensazione che l'educazione sia stata in generale un po' dimenticata; ma credo che ora abbiamo problemi con la comunità dei donatori: i donatori, soprattutto, non rendono prioritaria l'educazione nell'assistenza allo sviluppo. Ma se si parla con i Paesi del sud del mondo, l'educazione sembra essere in cima all'agenda nazionale di quasi tutti i Paesi, così come accade in Italia, dove credo che l'educazione di qualità sia prioritaria nell'agenda politica. Per noi è un po' strano il fatto che non siamo in grado di diffondere questo interesse nell'educazione a livello mondiale con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Abbiamo lavorato a stretto contatto con il G77, la Cina e il movimento dei non-allineati in vista del vertice degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio che avrà luogo a settembre, ed essi hanno mantenuto l'educazione tra le priorità delle rispettive agende nazionali.


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Riteniamo che la qualità dell'educazione e i risultati dell'apprendimento sia fondamentale e l'UNESCO vorrebbe accentuare l'importanza di questi elementi nel futuro, sul modo in cui sosteniamo i Paesi affinché essi possano creare i propri sistemi di istruzione e valutare in modo più moderno e adeguato ai tempi anche la qualità dei risultati dell'apprendimento. Speriamo davvero, nei prossimi cinque anni, di poter accelerare i progressi anche in questo settore.
Quel che vediamo è che finora siamo riusciti a inserire nel sistema scolastico i bambini, fornendo sistemi scolastici più regolari e sedi scolastiche, ma se guardiamo davvero ciò che tiene ancora lontani da scuola i bambini difficili da raggiungere, vediamo che l'emarginazione è uno dei problemi chiave in molti Paesi poveri. Se non ci adoperiamo per raggiungere i gruppi più difficili da raggiungere, i più emarginati, non saremo in grado di raggiungere l'Obiettivo 2.
Perché in molti Paesi abbiamo riscontrato enormi disparità, diseguaglianze e varie forme combinate di esclusione, che sono spesso nascoste. Le disparità all'interno dei Paesi sono spesso più evidenti che non oltre i confini nazionali. Crediamo che ci siano varie spiegazioni per questa emarginazione. L'elemento critico è la povertà, che è il motore principale dell'emarginazione, ma esistono naturalmente gruppi vulnerabili, come i bambini della manodopera minorile. Ci sono gruppi svantaggiati come le minoranze etniche e linguistiche tra le persone autoctone, ma credo che anche la collocazione geografica e i mezzi di sostentamento siano altri elementi fondamentali.
L'Italia - posso dirlo con piacere - è stato uno degli attori più importanti, sul piano internazionale per ridurre le disabilità; credo che tra i donatori l'Italia abbia davvero avuto un ruolo di primo piano per quanto riguarda le disabilità e lo sviluppo. Ma anche l'HIV-AIDS è uno degli elementi che stanno emergendo in modo forte quale causa che impedisce ai bambini di andare a scuola.
La nostra preoccupazione è quella degli aiuti per l'educazione. Abbiamo visto, tra il 2000 e il 2005, un considerevole aumento degli aiuti, ma a partire dal 2005 il livello degli aiuti ormai stagna, soprattutto per l'educazione di base.
Nel 2008 abbiamo anche visto un calo negli aiuti per l'educazione di base, fino a 2,7 miliardi, quindi vi sono motivi di grande preoccupazione. Abbiamo quello che definiamo Global monitoring report, uno strumento che permette di monitorare i progressi raggiunti nel settore di Education For All, che tiene conto anche del comportamento dei donatori in relazione agli aiuti.
È stato calcolato che, se dobbiamo raggiungere l'Obiettivo 2 entro il 2015, c'è una carenza di aiuti di 11 miliardi di dollari l'anno. Si tratta di un enorme ammanco, un divario enorme da colmare.
Quel che preoccupa è anche l'impatto della crisi finanziaria ed economica. L'UNESCO ha monitorato questo processo negli ultimi due anni. Quel che abbiamo visto, nella maggior parte dei Paesi, è che i Governi hanno cercato davvero di attrarre e proteggere gli investimenti in settori sociali quali sanità e istruzione. Ma purtroppo, quando si scende di livello, le famiglie più povere sono colpite dalla crisi, semplicemente perché non hanno i mezzi per mandare i figli a scuola, quindi la povertà si configura quale elemento principale che impedisce l'accesso dei bambini alla scuola. Tutto diventerebbe davvero grave, se la recessione economica dovesse continuare.
Sicuramente, tutti voi sapete che il corpus di fondi più consistente è quello nazionale. Credo che nella maggior parte dei Paesi, una quota dal 10 al 15 per cento del bilancio nazionale è devoluta agli aiuti. Quindi se la crescita economica in questi Paesi rallenta, è ovvio che anche i bilanci stanzieranno minori investimenti per l'istruzione, soprattutto per quei Paesi che dipendono fortemente dalle esportazioni e dalle rimesse, per i quali ci saranno conseguenze molto gravi.
Abbiamo cercato di incentivare gli investimenti sull'educazione visti come un


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modo che poteva aiutare a uscire dalla crisi. Credo che alcuni Paesi in via di sviluppo e in Paesi a reddito medio capiscono che nei periodi di transizione e adeguamento, è importante investire nelle proprie risorse umane, proprio per uscire dalla crisi prima che in altri modi. Purtroppo, questa sembra essere un'opzione solo per alcuni Paesi più ricchi o con redditi medi, mentre i Paesi poveri hanno minori possibilità finanziarie per affrontare la situazione.
Cosa dovremo fare, quindi, per accelerare e aumentare il sostegno all'educazione entro il 2015? Ritengo che dobbiamo dimostrare un forte impegno per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e speriamo che al vertice di settembre riusciremo a formulare una forte raccomandazione in merito.
Credo che molte aspettative riguardino il G8 e il G20, e la possibilità che questi due consessi avranno di mantenere le proprie promesse. Lo scorso anno, durante la presidenza italiana del G8, abbiamo avuto il piacere di parlare con il Ministro degli Affari Esteri e credo che egli si sia comportato molto bene nell'includere l'educazione nella dichiarazione per il vertice.
Tuttavia, non sono stati raggiunti molti risultati da parte dei Paesi del G8 sula base di questa dichiarazione. Ancora una volta vorrei ringraziare l'Italia per il sostegno dato lo scorso anno affinché l'educazione fosse inserita nell'agenda del G8.
A mio avviso, la questione non riguarda soltanto un aumento dei fondi, ma un loro migliore utilizzo, il che può essere fatto con una migliore governance e una maggiore efficienza. Non dovremmo dimenticare mai questi aspetti, soprattutto in tempi di crisi.
Sapete sicuramente cos'è la Fast-Track Initiative, cioè un'iniziativa dei donatori di tutto il mondo per sostenere l'educazione di base. Questa iniziativa, che è ancora in corso, richiede un'ampia valutazione dei risultati raggiunti finora e raccomanda numerose riforme tuttora in corso di attuazione, ma è necessaria una sua riformulazione se vogliamo mantenere questa spinta. Ci stiamo occupando anche della possibilità di elaborare nuovi meccanismi di finanziamento più innovativi.
Credo che se paragoniamo l'istruzione alla salute, non abbiamo accordato all'innovazione e ai finanziamenti nel settore dell'istruzione la stessa attenzione che abbiamo accordato loro nel settore sanitario. Abbiamo cercato di velocizzare il modo in cui trovare nuovi approcci più innovativi che possano mobilitare ulteriori finanziamenti.
Dal punto di vista dell'UNESCO, stiamo cercando di valutare come possiamo rivitalizzare il programma Education For All, cosicché i nostri Stati membri del sud possano avere quell'approccio olistico all'educazione che essi chiedono con forza, così da includere tutti i livelli dell'educazione, dal livello pre-scolastico fino all'istruzione universitaria e alla formazione professionale tecnica.
Per molti Paesi del Sud al momento la grande sfida consiste nell'avere un buon equilibrio tra i vari livelli di istruzione, all'interno di un sistema scolastico in cui tutti i livelli sono interconnessi, quindi occorre a livello politico capire come creare un sistema più bilanciato.
Occorre davvero rafforzare i sistemi di educazione. Francamente, ponendo, con varie modalità, rinnovata attenzione alla pianificazione e ai programmi settoriali nella nostra campagna Education For All, ritengo che abbiamo conseguito numerosi successi nella creazione di sistemi in molti Paesi. Anche rispetto al settore della sanità, credo che quello dell'educazione abbia raggiunto, sotto svariati punti di vista, risultati migliori in termini di creazione di sistemi. Soprattutto in periodi di ristrettezze e di controlli sui bilanci, credo che le problematiche di efficienza e migliore governance siano fondamentali per un uso più oculato dei fondi. È anche importante istituire meccanismi di maggiore trasparenza e responsabilità. È essenziale - lo dico considerando in particolar modo la sede in cui ci troviamo oggi - coinvolgere ugualmente in questo processo il Parlamento e i rappresentanti eletti.


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Ancor oggi, in molti Paesi, la pianificazione e il bilancio sono ancora molto isolati dai processi politici nazionali. Ritengo occorra davvero chiamare in causa il Parlamento, in quanto detentore del potere decisionale, in merito alla destinazione dei fondi. Al momento c'è molta attenzione attorno alla società civile, tuttavia credo che escludendo i Parlamenti, il processo politico verrebbe privato della legittimità necessaria per approvare il bilancio.
La capacity building è un altro strumento estremamente importante, e come abbiamo imparato negli ultimi dieci anni, credo non esistano facili soluzioni per edificare le istituzioni. Occorre davvero concedere tempo ai ministri perché costruiscano gli strumenti nazionali e le istituzioni nazionali per pianificare e attuare i programmi.
Come ho detto, dobbiamo realmente concentrarci sull'uguaglianza e sulle possibili soluzioni per coinvolgere i bambini più emarginati e meno privilegiati. Credo che, dal punto di vista dei donatori, vorremmo concentrarci maggiormente sulle modalità attraverso le quali possiamo rendere più strategici ed efficienti gli aiuti per rimuovere le barriere nazionali che impediscono i progressi. Non ci sono, infatti, ostacoli solo agli aiuti ma anche alla mobilitazione di risorse a livello nazionale. Credo che ci sia un'enorme potenzialità per poter aumentare all'interno dei paesi stessi la mobilitazione delle risorse.
Se potessimo elaborare delle modalità per essere più avveduti nelle nostre iniziative per sostenere i Paesi, consentendo loro di semplificare i loro sistemi e convogliare più risorse a livello nazionale, offriremmo un contributo molto rilevante. Ritengo che l'educazione sia un processo di formazione della nazione a lungo termine ed è importante mobilitare le risorse per poter conseguire questo obiettivo. Credo che sia anche necessario inserire innovazione e nuovi processi, in particolare, per poter offrire ai bambini una seconda possibilità per reinserirsi nel sistema scolastico se lo hanno abbandonato. Come voi tutti sapete, soprattutto i Paesi colpiti da conflitti sono gravemente penalizzati dall'incapacità di fornire sedi scolastiche ai bambini. Quindi, come società civile, dobbiamo occuparci soprattutto di questo aspetto.
Ritengo che la società civile, ma anche le organizzazioni religiose stiano già svolgendo un lavoro eccellente in molti Paesi colpiti da conflitti. Abbiamo capito che non esiste una soluzione facile da attuare, ma negli ultimi anni è emersa l'importanza del ruolo svolto dagli insegnanti: se non avremo un corpo docente qualificato non saremo in grado di fornire un apprendimento di qualità. Esiste un'enorme carenza di insegnanti in tutto il mondo. Secondo le nostre stime, abbiamo bisogno di circa 2 milioni di nuovi insegnanti soltanto per compiere progressi nel raggiungimento dell'Obiettivo 2 entro il 2015. La questione non riguarda solo i salari e la formazione, è lo status degli insegnanti all'interno della società che conta. Quando ero più giovane gli insegnanti erano considerati in qualche modo il pilastro della società, godevano di uno status molto elevato.
È una questione comune a tutto il mondo capire come innalzare ulteriormente lo status della professione dell'insegnante. Riteniamo sia necessario promuovere anche approcci multisettoriali all'istruzione, obiettivo raggiungibile con un maggior numero di interventi congiunti da parte dei servizi sanitari e dei servizi dell'istruzione. Esistono iniziative interessanti in questo momento. In particolare, il World Food Programme si sta impegnando in cooperazione con la Banca Mondiale nei cosiddetti programmi di School Feeding, che consentono di fornire pasti ai bambini nelle strutture scolastiche. Tali programmi si sono rivelati molto efficaci da un punto di vista nutrizionale, anche semplicemente per tenere i bambini a scuola. Dobbiamo attivarci anche nello scambio di risorse, tecnologie e conoscenze tra i Paesi in via di sviluppo. Credo possano compiere passi in avanti rilevanti tramite la condivisione delle loro esperienze. Per questo sono molto importanti la cooperazione sud-sud e la cooperazione


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triangolare. Questi sono gli argomenti di cui volevo parlare. Vi ringrazio tutti della vostra attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Sejm per la sua chiara esposizione.
Il nostro Parlamento è tra i pochissimi che ha istituito nel seno della Commissione affari esteri un Comitato ad hoc per lo sviluppo degli Obiettivi del Millennio, che si riunisce e lavora moltissimo. Quindi, vorrei assicurarle che l'impegno, dal punto di vista parlamentare, su questi temi è forte e intenso, ma anche bipartisan tra maggioranza e opposizione.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Grazie al direttore Sejm per averci illustrato la situazione e per i dati forniti. Questa è un'occasione per uno scambio diretto di informazioni e di opinioni, anche con qualche tratto di informalità nonostante la sede formalissima in cui ci muoviamo.
In questa Commissione - lo diceva il Presidente - abbiamo effettivamente dedicato molto impegno e molto tempo a seguire, nelle sue varie articolazioni, l'iniziativa delle Nazioni Unite per gli Obiettivi del Millennio. Abbiamo avuto occasione di vedere, raccogliere e trattare una grande quantità di dati - lei oggi ce ne ha forniti sulla questione specifica dell'istruzione - e in ogni campo abbiamo riscontrato l'insufficienza del lavoro svolto, delle risorse finanziarie a disposizione e altre ancora.
Il nostro è un Paese che fa meno di quanto promesso, o meglio, mette a disposizione meno risorse di quante ne abbia promesse. Questo accade nonostante l'impegno del Parlamento, che purtroppo non è onnipotente. Certamente, infatti, è bene che le cose passino per il Parlamento, ma anche quando si riesce a individuare i punti deboli, non si hanno sempre le risposte.
Esiste, quindi, un problema di risorse, che tocca tutti, in varia misura, e forse servirebbero ulteriori idee su come farvi fronte. Non so se lei ha suggerimenti in questo senso. Si parla di tassare le transazioni finanziarie internazionali. Se ne parla, per esempio, in molti settori, come l'Unione europea o il G20. Ci si rende conto, quindi, che occorrono strumenti innovativi anche di tipo finanziario, ma questo non significa che le risorse finanziarie impiegate ora lo siano in modo efficiente e ideale. Quindi, è proprio su questo che vorrei chiederle qualche opinione in più: le risorse vengono impiegate in modo efficiente? È soddisfatto di come vengono impiegate? Inoltre, esiste, funziona e lei si ritiene soddisfatto del coordinamento tra la dimensione internazionale (multilaterale) - l'UNESCO in questo caso - e i singoli Paesi donatori (dimensione bilaterale)? Si può fare meglio? Che cosa si può fare meglio?
Lei ci ha fornito, inoltre, dati differenziati sull'andamento delle iniziative per l'istruzione nel mondo - parliamo dei Paesi svantaggiati, naturalmente, a vario titolo - e ci ha dipinto un quadro con diverse tonalità di grigio. Non tutto, quindi, è uguale; spesso si usa definire questi progressi o questi mancati progressi per aree regionali. Ad esempio, lei ci parla dell'Asia sud-occidentale - se ricordo bene - come di una regione in cui i progressi sono maggiori; ci parla dell'Africa subsahariana come della regione in cui, invece, questi progressi non si riscontrano; ci parla di iscrizioni a scuola che, in generale, aumentano, ma esistono anche Paesi in cui queste stesse diminuiscono.
Ora, le regioni - non voglio metterla in imbarazzo - non coinvolgono nessun Paese e nessuna responsabilità specifica. Ad esempio, l'Africa subsahariana è grande. Ragionando in positivo, esistono zone in cui sono stati realizzati progetti che funzionano e che possono essere un modello o viceversa? Dico questo anche in riferimento alla questione delle responsabilità che i governi devono assumersi nell'assicurare che vi siano progressi in questo campo.
Mi fermerei qui, ma naturalmente si potrebbe scendere in molti dettagli. Tuttavia, già su questo forse lei può aiutarci.


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MATTEO MECACCI. Anch'io ringrazio il direttore per la sua esposizione qui oggi. Nell'associarmi anche alla considerazione fatta dal collega Barbi sull'importanza del lavoro svolto dall'UNESCO con il coordinamento e anche il supporto delle organizzazioni internazionali, oltre che dei governi bilaterali, vorrei porle due questioni.
La prima questione è di tipo metodologico: ritengo che sarebbe opportuno, quando si forniscono le cifre sulla diminuzione del numero di bambini che sono usciti dalla impossibilità di frequentare le scuole di educazione primaria, sarebbe importante anche indicare in parallelo i dati demografici nelle rispettive regioni e nei rispettivi Paesi. Infatti, l'aumento del numero di bambini che adesso hanno la possibilità di andare a scuola corrisponde anche a un aumento della popolazione, probabilmente, in molti di questi Paesi, trattandosi di Paesi in via di sviluppo. Dico questo, quindi, semplicemente per sottolineare che in realtà il progresso fatto è addirittura superiore a quello esposto in termini percentuali.
L'altra questione si collega a quello che diceva in conclusione il collega Barbi: nella presentazione si parla di circa venti Paesi in cui non si è avuto un progresso effettivo, ma una regressione rispetto alla percentuale di bambini che hanno possibilità di frequentare le scuole di educazione primaria. Ora - l'osservazione non ha nessun intento polemico da parte nostra - credo sarebbe utile identificare questi Paesi per capire a cosa è legato il regresso, se a problemi nella governance, a cambi di governo, a rivoluzioni, a particolari situazioni di carestia e povertà, e quindi come si possa evitare che accada in altri Paesi quello che è accaduto in questi. Ritengo, quindi, che ci sarebbe utile, oltre ad avere un'indicazione di carattere generale, anche spiegare in concreto quali sono i casi in cui appunto - come diceva il collega Barbi - queste politiche hanno funzionato in positivo, e quali quelli in cui hanno fallito.
Sarebbe utile, allo stesso tempo, comprendere quali sono i fattori in gioco e se sono legati a un deficit anche da parte nostra e della comunità dei donatori, oppure se - immagino possa essere ancora più probabile - ci siano anche dei fattori locali che influenzano questa evoluzione purtroppo negativa.

PRESIDENTE. Prego il direttore Sejm di replicare o di dare delle risposte, per quanto possibile, ai colleghi che sono intervenuti.

OLAV SEJM, Direttore dell'Education for All international Coordination Team dell'Unesco. Grazie per le vostre eccellenti e pertinenti domande. Cercherò di rispondere nel miglior modo possibile. Si tratta di questioni davvero complesse e importanti. Non credo di avere in mano la soluzione, né tanto meno tutte le risposte.
Per quanto riguarda i finanziamenti, non sono certamente soddisfatto della situazione, ma, d'altra parte, credo che al momento stiano succedendo alcune cose positive per quanto attiene la ricerca di possibili finanziamenti innovativi. Esiste il Leading Group on Innovative Financing, una vasta partnership a livello bilaterale e tra varie agenzie, che per ora ha operato principalmente nel settore della sanità. Un anno e mezzo fa, questa istituzione ha deciso la creazione di una task force sul finanziamento innovativo per l'educazione. Proprio giovedì ci riuniremo all'interno di questa task force per cercare di mettere a punto, partendo dall'esempio del settore sanitario, nuovi ulteriori finanziamenti.
Al momento, le iniziative nel settore della sanità e quelle nel campo dell'educazione sono oggetto di numerosi raffronti. Ritengo però che la situazione nel settore della sanità sia molto diversa. In primis, negli ultimi 10 anni è emerso l'HIV-AIDS, quasi un'emergenza a livello sociale. Credo che quasi la metà dei finanziamenti aggiuntivi per la sanità siano stati destinati all'HIV-AIDS. Inoltre, abbiamo visto che molti di questi finanziamenti innovativi sono stati guidati dalle aziende farmaceutiche e alcuni gruppi di interesse speciale. Nel settore dell'educazione non è emersa la stessa esigenza di


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esplorare realmente modalità nuove ed emergenti per mobilitare fondi, in quanto è più accettata l'idea che l'educazione, almeno quella di base, sia una responsabilità dello Stato, mentre nel settore della sanità operano molti più soggetti privati. Questa credo sia una prima diversità.
Un'altra discrepanza riguarda la problematica della documentazione dei risultati: ritengo sia una nota dolente nel settore dell'educazione, in quanto è molto più difficile documentare il fatto sia stato garantito a un bambino l'accesso a 5, 6 o 7 anni di scuola con buoni risultati dal punto di vista dell'apprendimento, piuttosto che certificare, per esempio, il fatto che abbia ricevuto vaccinazioni o medicinali.
Ritengo che una delle ragioni per le quali il settore della sanità ha riscosso un successo così ampio nella mobilitazione di risorse aggiuntive è che opera prioritariamente in un quadro in cui emergono risultati diretti, nel quale è davvero possibile documentare che gli investimenti conducono a risultati concreti. Credo che uno dei motivi dietro la riuscita di questo settore, che riesce ad attrarre filantropi e fondazioni, sia la sua capacità di documentare concretamente i risultati conseguiti: ritengo infatti che a tutti piaccia vedere l'esito positivo dei propri investimenti. È proprio questo un aspetto che stiamo cercando di migliorare nel quadro della Fast-track Initiative (FTI), vale a dire rafforzare il monitoraggio e le valutazioni in merito ai risultati conseguiti nell'attuazione dei programmi. Nutro fondate speranze che possiamo promuovere più efficacemente il settore dell'istruzione.
Forse ho fornito un quadro troppo fosco della situazione dell'educazione. Nell'ambito degli Obiettivi di sviluppo del Millennio si parla dell'educazione come di una storia di successo ed è per quello che si è comportata meglio rispetto alla maggior parte degli altri settori.
Mi è stata anche rivolta una domanda a proposito dei rapporti con i donatori e del coordinamento. Ritengo che al momento esistano enormi potenzialità per migliorarne l'architettura degli aiuti in toto. Abbiamo le cinque agenzie delle Nazioni Unite che ho citato prima, abbiamo lavorato a stretto contatto con l'UNICEF, con la Banca Mondiale, meno con l'UNDP e l'UNFPA, ma credo che globalmente ci sia una grande armonia tra noi.
In relazione ai donatori bilaterali, credo che ci si sia concentrati principalmente sulla Fast-track Initiative, in quanto agenzia di coordinamento, e anche sull'iniziativa dell'educazione.
Ciò risulta un po' strano perché se consideriamo l'ammontare complessivo dei finanziamenti per l'istruzione di base, a livello globale notiamo che la quantità di finanziamenti che arriva attraverso la Fast-track Initiative è molto piccola rispetto al totale, ma nella dimensione bilaterale ha un ruolo, peraltro prezioso, di coordinamento dei donatori.
Ma credo che dobbiamo davvero esaminare le modalità con cui le agenzie globali possano sostenere meglio le attività condotte sia dai donatori a livello Paese, sia dai Governi nazionali.
Per quello che riguarda le Nazioni Unite, ci si è concentrati molto sul coordinamento a livello nazionale e credo che a questo livello siano stati realizzati enormi progressi in molti Paesi. Ma penso anche che il collegamento tra i livelli globale e nazionale non sia stato valutato nel modo giusto per consentire che il livello globale potesse essere più strategico per sostenere quello a livello nazionale. Come ho detto, stiamo lavorando a stretto contatto con l'UNICEF e la Banca Mondiale per cercare di migliorare la nostra efficienza nel sostenere le attività nazionali.
Ritengo che abbiamo molte storie di successo anche in Africa. Quel che sta emergendo è che le questioni importanti sono una forte responsabilizzazione nazionale e la volontà politica dei Capi di Governo. In generale, vediamo molti Ministri dell'Istruzione fortemente impegnati che lavorano sodo e fanno del loro meglio per mobilitare le risorse nazionali. Se, tuttavia, non hanno il sostegno dei loro Capi di Stato e, soprattutto, dei loro Ministri


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delle Finanze, e non riescono ad avere il sostegno per costruire sistemi di istruzione forti, che possano aiutare nella pianificazione e nell'attuazione dei programmi, allora è molto difficile fare progressi.
Ma credo che comunque abbiamo un certo numero di storie di successo, ad esempio la Tanzania ha raggiunto buoni risultati, l'Etiopia ha registrato enormi progressi nell'iscrizione dei bambini a scuola, proprio per superare situazioni difficili; anche il Senegal ha investito moltissimo e il Presidente si è impegnato molto a vantaggio dell'educazione.
Credo che, come ho già detto, molto dipenda proprio dal senso di responsabilità dei singoli Paesi e dagli impegni assunti a livello nazionale. Direi anche che responsabilità nazionale significa avere governi davvero forti in grado di coordinare i donatori. Non abbiamo visto enormi progressi, o quelli che ci aspettavamo dopo la Dichiarazione di Parigi sul coordinamento degli aiuti, per il coordinamento e l'armonizzazione dei donatori. Come è emerso chiaramente dalle valutazioni che abbiamo effettuato sulla FTI, nonostante le belle dichiarazioni retoriche, non è stato fatto granché da parte dei donatori i quali, soprattutto, non hanno cambiato molto i loro comportamenti. Dobbiamo, quindi, agire in questo senso.
Credo che la questione della popolazione sia molto importante. Le cifre non indicano tutti i progressi compiuti. Credo che questo non sia visto come una possibile spiegazione per cui in Africa ci si muove più lentamente rispetto ad altre regioni, poiché vi si registra un picco di crescita demografica molto elevato che attualmente non si rileva nelle altre regioni. Questo è uno dei principali elementi che ne rallentano i progressi e di cui si deve tener conto nella pianificazione e nei finanziamenti.
Per quanto riguarda i venti Paesi che sono più indietro, quasi tutti rientrano nella categoria degli almost failed states, nei quali si registrano situazioni di conflitto o alti tassi di corruzione. La responsabilità non è, quindi, dei donatori, ma della situazione politica interna a questi Paesi.

PRESIDENTE. La ringrazio molto e le rivolgo tanti auguri per il suo lavoro e per il successo di questi importanti Obiettivi che stanno a cuore, evidentemente, a tutti noi. Grazie anche ai suoi colleghi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Coalizione italiana per la Campagna globale per l'educazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, l'audizione di rappresentanti della Coalizione italiana per la Campagna globale per l'educazione, ai quali do il benvenuto.
Sono presenti la dottoressa Elena Avenati, responsabile dell'advocacy internazionale per Save the Children Italia, nel ruolo di coordinatrice della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione; Farida Bena, responsabile dell'Ufficio campagne Oxfam International e Ucodep, nel ruolo di coordinatrice del gruppo Policy della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione; Marco Petrini, presidente dell'Associazione MAGIS (Movimento e azione dei Gesuiti italiani per lo sviluppo), che presenterà il tema della parità di genere nell'accesso all'istruzione; Daniela Invernizzi, rappresentante dell'associazione ACRA (Associazione di Cooperazione rurale in Africa e America latina); Wendy Carrel e Vittoria Pugliese, di Save the Children, in veste di osservatrici.
Nel ringraziarvi veramente di cuore per questa audizione e per la disponibilità, do subito la parola alla dottoressa Elena Avenati.

ELENA AVENATI, Coordinatrice della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione. Presidente Narducci, la ringrazio per questa sua introduzione e


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per l'opportunità di essere auditi nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo nel Millennio delle Nazioni Unite. Ringrazio, inoltre, tutti i presenti per aver scelto di ascoltare le nostre posizioni in un momento che sappiamo essere particolarmente intenso per l'attività del Parlamento italiano, ma allo stesso tempo auspichiamo essere un momento fecondo per approfondire l'attività posta in essere dal Governo italiano per il raggiungimento degli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio a ormai tre mesi dal summit di New York, che si svolgerà dal 19 al 23 settembre. Inoltre il mese di giugno è per noi particolarmente significativo perché è anche il mese dei Mondiali di calcio in Sudafrica, un'occasione storica per puntare i riflettori sui 72 milioni di bambini e bambine che ancora non hanno accesso all'istruzione.
Sebbene molti di voi ci conoscano, vorrei procedere innanzitutto con una breve presentazione della coalizione che rappresento a beneficio di quanti invece ancora non la conoscessero.
La Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione è nata nel 2008 per iniziativa di un gruppo di cinque organizzazioni che aderiscono alla campagna a livello internazionale e sono presenti in Italia: ActionAid, Mani Tese, Ucodep, partner italiano di Oxfam International, la Federazione Lavoratori della Conoscenza della CGIL e Save the children, quest'ultima con un ruolo di coordinamento della coalizione.
Nel corso del 2009 hanno aderito altre undici organizzazioni e associazioni italiane con forti competenze sul tema educazione: ACRA, ARCS, Children in Crisis, CISL scuola, CISV, Intervita, MAGIS, PRODOCS, Sightsavers International Italia, Terre des Hommes e VIS.
La nostra è una delle oltre cento coalizioni nazionali che compongono la Campagna Globale per l'Educazione, nata nel 1999 come un movimento composto da associazioni della società civile, educatori, insegnanti, ONG e sindacati desiderosi e capaci di mobilitare idee e risorse e fare pressione sulla comunità internazionale e sui Governi affinché vengano rispettati gli impegni presi per il raggiungimento dei sei obiettivi dell'Education for All.
L'obiettivo principale della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione è quello di far crescere l'attenzione sul tema dell'educazione nell'opinione pubblica italiana e aumentare la pressione sul Governo italiano per ottenere un maggiore impegno per l'Education for All - Fast-track Initiative, il principale meccanismo di finanziamento all'istruzione.
Nel 2009 abbiamo seguito da vicino i lavori della Presidenza italiana del G8 e quelli della co-presidenza italiana, insieme alla Danimarca, del meccanismo dell'Education for All - Fast-track Initiative e abbiamo prestato molta attenzione a tutti gli impegni presi in queste sedi.
La dichiarazione finale del vertice G8 de L'Aquila aveva confermato lo stanziamento di 50 miliardi in più entro il 2010 e l'impegno sia a raggiungere gli obiettivi dell'Education for All sia a stanziare il miliardo e 200 milioni di dollari previsti per la Fast-track Initiative.
A queste dichiarazioni l'Italia ha fatto seguito con uno stanziamento che possiamo definire esiguo e sicuramente insufficiente. Inoltre, la Presidenza italiana si era fatta carico di produrre un rapporto di metà percorso sull'Education for All - Fast-track Initiative per verificare il funzionamento del meccanismo a sette anni dalla sua fondazione, e rendere quindi lo strumento accountable.
I criteri di misurazione utilizzati non hanno, però, permesso un'analisi realistica dell'effettivo gap finanziario dell'educazione globale. Noi crediamo che il Governo italiano, a livello nazionale e internazionale, abbia grande responsabilità rispetto agli obiettivi prefissati e debba impegnarsi a onorarli. Uno dei nostri compiti è quello di proseguire, quindi, le attività di monitoraggio, pressione e sensibilizzazione perché ciò possa avvenire.
In questo quadro si inseriscono le nostre attività di mobilitazione sociale, che si concentrano, in particolare, in una settimana di azione globale, la cosiddetta


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«Global Action Week», ad aprile di ogni anno e in contemporanea in tutti i Paesi del nord e del sud del mondo, dove esistono gruppi e coalizioni che promuovono il diritto all'istruzione per tutti.
Nel 2010 abbiamo promosso la Global Action Week focalizzandoci sul tema del finanziamento all'istruzione e abbiamo deciso di sostenere l'iniziativa globale «1 Goal: Education for All, per raccogliere firme in tutta Italia per sostenere l'educazione globale.
Abbiamo organizzato nel 15 aprile in Campidoglio a Roma una conferenza stampa, coinvolgendo rappresentanti del Ministero degli affari esteri, del Parlamento, accogliendo anche l'intervento dell'onorevole Pianetta e quello dell'onorevole Sarubbi, delle istituzioni locali e dello sport, con il supporto della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
Questa è stata l'occasione anche per presentare un documento di policy, «Educazione per Tutti: una partita da vincere», che raccoglie analisi e testimonianze della Coalizione Italiana su come l'Italia e la comunità internazionale possono trasformare gli aiuti all'educazione globale in un successo di squadra.
Grazie all'appoggio di testimonial di alto profilo, come Sua Maestà la Regina Rania di Giordania, il sostegno della FIFA e di molti celebri calciatori, tra i quali Angelo Peruzzi e Alessandro Del Piero in Italia, 1 Goal mira a raccogliere 30 milioni di firme nel mondo per dare massimo risalto a una richiesta fondamentale: trasformare gli obiettivi dell'Education for All in realtà. Le firme dei nostri sostenitori sono ad oggi oltre 8 milioni, ma il campionato, come sappiamo, è appena cominciato.
Nel terminare il mio intervento, vi ringrazio per l'attenzione e passo la parola ai miei colleghi di Coalizione. Abbiamo scelto di approfondire tre diverse questioni per meglio spiegare la complessità del tema dell'accesso all'istruzione per tutti e, al tempo stesso, per illustrare la ricchezza delle esperienze delle ONG italiane, esperienze che contribuiscono a raggiungere il secondo Obiettivo di sviluppo del Millennio.
Interverrà per prima Farida Bena, responsabile ufficio campagna Oxfam International e Ucodep, nel suo ruolo di responsabile del gruppo policy della Coalizione che si focalizzerà sul tema della finanza per l'istruzione. Seguirà l'intervento di Marco Petrini, presidente dell'Associazione MAGIS e, infine, interverrà Daniele Invernizzi, responsabile educazione dell'associazione ACRA.

FARIDA BENA, Coordinatrice del gruppo Policy della Coalizione italiana della Campagna Globale per l'Educazione. Come ha detto la mia collega Elena Avenati, il focus del mio intervento sarà su quello che è stato anche il focus del nostro dossier di posizionamento politico «Educazione per Tutti: una partita da vincere», che abbiamo presentato in conferenza stampa durante scorso 15 aprile.
Noi abbiamo poche grandi raccomandazioni da fare, punti che riguardano in particolare le risorse per l'istruzione. Come anticipato da Elena Avenati, il meccanismo di finanziamento globale dell'istruzione che, a oggi, ha dimostrato di essere più efficace in assoluto, anche se necessita di profonde riforme, è l'Education for All - Fast-track Iniziative, l'iniziativa accelerata di finanziamento all'istruzione, che ha suscitato un certo interesse da parte dell'Italia e, di conseguenza, anche degli stanziamenti, i quali però purtroppo a oggi risultano assolutamente inadeguati ai fabbisogni della Fast-track Iniziative e dei finanziamenti per l'educazione globale.
A partire dal 2007 l'Italia ha concretamente stanziato circa 3 milioni di euro l'anno, con un'impennata nel 2009 - l'anno del G8 - con un aumento fino a 10 milioni di euro, stanziati a fine 2008. È notizia delle ultime ore che il Governo italiano ha stanziato, tramite il Ministero degli affari esteri, un contributo di 3 milioni di euro per il 2010. Quindi, siamo sostanzialmente ritornati al punto di partenza. Siamo contenti che l'Italia non


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dimentichi di dare un contributo a questa iniziativa, ma stiamo parlando di spiccioli, se ricordiamo che la Fast-track Iniziative ha una lacuna annuale di 1,2 miliardi di dollari: capite bene che 3 milioni di euro, pur essendo il contributo di un solo Paese, sono assolutamente inadeguati, considerata anche la caratura dell'economia del nostro Paese.
La prima raccomandazione vuole essere, quindi, quella di integrare il contributo italiano di 3 milioni di euro fino a raggiungere almeno quello del 2009 di 10 milioni di euro, per confermare anche una tendenza in ascesa che possa venire incontro alle esigenze dell'educazione globale.
Ricordiamo anche che l'Italia, nel gruppo dei Paesi OCSE che fanno parte del Comitato per l'aiuto allo sviluppo, è in assoluto il fanalino di coda per quanto riguarda gli aiuti all'educazione. Siamo al ventiduesimo posto su 22 Paesi. L'Italia stanzia un terzo soltanto della media dei Paesi G7 in aiuti all'educazione, quindi siamo molto al di sotto della media.
In secondo luogo, esiste una differenza abissale tra quello che l'Italia dice e quello che l'Italia fa. Abbiamo bisogno di maggiore coerenza. Ad esempio, analizzando le linee guida sulla lotta alla povertà approvate dal Ministero degli affari esteri, attraverso la Direzione Generale per la Cooperazione allo sviluppo, nel triennio 2010/2012, noteremo che l'istituzione figura chiaramente come una delle aree di intervento prioritaria. Peccato, però, che a guardare le cifre, all'istruzione va appena il 2 per cento di tutto l'Aiuto Pubblico allo sviluppo italiano, il cosiddetto APS. Chiediamo, dunque, almeno di allineare alle parole i fatti. Se l'istruzione figura davvero come un'area prioritaria, non è pensabile allocarci soltanto il 2 per cento di tutto l'APS.
Inoltre, mancanza di coerenza si riscontra anche nell'investire dove ci sarebbe maggiore bisogno. Tra i primi dieci beneficiari dell'APS italiano per l'istruzione, nel quadriennio 2005/2008, vi sono Paesi come l'Albania, la Cina, la Serbia che sicuramente hanno delle lacune a livello di accesso universale all'istruzione, ma forse sono meno prioritarie di Paesi come, per esempio, quelli dell'Africa subsahariana. Quindi, anche da questo punto di vista, ci sarebbe bisogno di una maggiore coerenza e di investire dove effettivamente i bisogni dell'istruzione e dell'accesso all'educazione sono maggiori.
La terza e ultima raccomandazione riguarda il fatto che l'Italia in generale è in grave ritardo nell'azione a favore del raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, incluso l'obiettivo sull'istruzione primaria universale per cui siamo qui oggi. Da tempo chiediamo qualcosa che ci è stata anche promessa in varie sedi da politici e funzionari del Governo: in particolare, un piano di riallineamento che consenta all'Italia di raggiungere entro il 2015 l'allocazione, attraverso aumenti annuali graduali, dello 0,7 per cento del PIL in aiuto pubblico allo sviluppo.
Ripeto che si tratta di operazioni che ci sono state promesse, anche in sede pubblica, dallo stesso Presidente del Consiglio e che noi aspettiamo. Siamo pronti anche a collaborare a livello tecnico per prevedere delle tappe intermedie che ci consentano di raggiungere lo 0,7 per cento entro il 2015.
Come parlamentari, vi chiediamo di aiutarci a sostenere questa causa, facendo pressione sul Ministero dell'economia perché il piano di riallineamento venga incluso a livello operativo nel prossimo documento di pianificazione economico-finanziaria.
Nell'ultimo era già stato inserito in un allegato, ma non vi era una spiegazione delle modalità operative per raggiungere l'obiettivo. Inoltre, quando arriverà il momento di discutere la legge finanziaria 2011, bisognerà davvero ribadire questa richiesta e ricordare che alle parole devono seguire i fatti.

MARCO PETRINI, Presidente dell'Associazione Movimento e Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo. Il mio intervento verterà sul terzo Obiettivo di sviluppo del


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Millennio, che riguarda l'eliminazione della disparità di genere nell'ambito dell'educazione primaria e secondaria.
Mancano cinque anni al 2015, il primo traguardo fissato per il raggiungimento dei risultati individuati, però, come è stato appena ricordato, gli stati stanno mancando la sfida, mettendo a repentaglio gli sforzi che internazionalmente si stanno compiendo per raggiungere questi obiettivi.
Se la crisi economica internazionale offre ragioni di difficoltà allo stanziamento delle necessarie risorse, bisogna però rilevare che gli otto Obiettivi non figurano tra le priorità delle politiche dei Paesi che avevano assunto l'impegno di cooperare per sconfiggere le diverse forme di povertà che colpiscono molta parte della popolazione mondiale.
La lotta alla povertà e la promozione dello sviluppo integrale di tutti gli uomini devono costituire un impegno morale e civile di tutte le componenti della società, privati, imprese e istituzioni.
L'Italia ha un'importante tradizione di solidarietà e il sostegno di molti consente a numerose organizzazioni di cooperazione internazionale, come quelle qui rappresentate, di realizzare interventi significativi in diversi Paesi del mondo. Tuttavia, tali sentimenti e impegni non trovano sufficiente riscontro nel livello istituzionale, fondamentale, non solo per l'approntamento delle necessarie risorse economiche, come è stato appunto detto, ma anche per l'incidenza che i Governi e i Parlamenti possono avere nelle politiche internazionale degli Stati.
Nella Conferenza di Dakar del 2000, ben 180 Stati concordarono i sei obiettivi, gli «education for all goals», finalizzati a rendere l'istruzione e l'educazione universalmente accessibili. Tuttavia, l'emarginazione derivante dalla povertà rappresenta ancora un importante ostacolo all'educazione.
Troppo spesso alle dichiarazioni di principio non seguono azioni concrete e coerenza delle politiche. Milioni di bambine, di bambini e di giovani si trovano esclusi dal ciclo formativo per una serie di fattori politici, sociali, economici e culturali. Le bambine e le ragazze sono doppiamente emarginate in quanto vittime di discriminazioni di genere.
Basti pensare che nel mondo 75 milioni di bambini non vanno a scuola e oltre il 60 per cento sono bambine. Nonostante la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione della donna, sancita dalle Nazioni Unite nel lontano 1979 e in vigore in Italia dal 1985, nonostante la Conferenza di Pechino del 1995 e i successivi incontri internazionali su questo tema, nei quali è stato ribadito che la discriminazione contro le donne intralcia la crescita del benessere, della società e della famiglia e rende più difficile un pieno dispiegarsi delle potenzialità delle donne per il bene del proprio Paese e dell'umanità, ebbene il livello di istruzione femminile continua ancora a essere inferiore rispetto a quello maschile, specialmente nella scuola secondaria.
Una bambina istruita sarà una donna consapevole e capace di migliorare il futuro proprio e quello dei propri figli. Per questo, uno dei passi fondamentali per eliminare la disparità di genere è implementare la scolarizzazione delle bambine e delle donne.
Il MAGIS, la fondazione di cooperazione e solidarietà internazionale, che ho l'onore di presiedere, da più di venti anni dedica particolare attenzione all'istruzione e alla formazione femminile, traducendo il sostegno di moltissimi privati, e anche di enti e istituzioni, in interventi capaci di promuovere l'autosviluppo dei popoli.
L'attenzione e il sostegno alla parità di genere si concretizza fra l'altro attraverso adozione a distanza e borse di studio, iniziative che fra i primissimi in Italia abbiamo promosso e che consente la frequenza scolastica a migliaia di bambine e di bambini in molti Paesi, nel rispetto delle realtà e tradizioni locali. Il sostegno a studentesse provenienti da famiglie povere di aree periferiche, per esempio, di Salvador da Bahia in Brasile, è solo uno dei tanti modi di rispondere all'estremo degrado delle condizioni socio-sanitarie che si trovano in diverse parti del mondo.


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È in Africa, tuttavia, che si concentra lo sforzo maggiore. Ad esempio, in Burkina Faso offriamo alle giovani ragazze dei quartieri periferici della capitale Ouagadougou istruzione di base e professionale.
L'indipendenza economica ha ricadute positive aumentando il potere decisionale delle donne all'interno della famiglia e nel contesto sociale e questo stimola altre donne a unirsi in cooperativa e a promuovere nuove iniziative di sviluppo economico.
La testimonianza di impegno nella frequenza scolastica di giovani in situazioni di grandi difficoltà incoraggia a promuovere il raggiungimento della parità di accesso a tutti i livelli di istruzione e a provvedere alla realizzazione delle strutture necessarie. Questo può essere assai utilmente portato alla conoscenza della nostra opinione pubblica.
Porto come esempio il fatto che, nell'ambito degli interventi a seguito dello tsunami nel sud-est asiatico, abbiamo promosso con la nostra Fondazione in Sri Lanka una art competition, cui hanno partecipato soprattutto bambine delle varie etnie locali in spirito di unità e di superamento del trauma vissuto.
L'esposizione, denominata «L'onda e la speranza», è stata inaugurata proprio qui al Palazzo Montecitorio e ha portato in tutta Italia i disegni di questi bambini e bambine e, con essi, la conoscenza più diretta di un popolo e la testimonianza di un rapporto di solidarietà. Crediamo, infatti, che il rapporto fra persone sia un punto centrale del tema.
L'importanza di impegni che non si limitino a risposte alle emergenze è testimoniato, inoltre, dai programmi in favore di vedove con figli minorenni che stiamo ora realizzando nello Sri Lanka, promuovendo la costituzione di associazioni di donne per favorire l'autonomia economica, sociale e culturale in una logica di superamento e di accompagnamento post emergenza altrettanto importante.
In conclusione, siamo convinti, come Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione, che lo sviluppo completo di un Paese e il benessere del mondo stesso esigono la partecipazione totale delle donne in condizioni di parità con l'uomo in tutti i campi. Occorre ribadire l'importanza del contributo delle donne al benessere della famiglia e al progresso della società, che finora non è stato pienamente riconosciuto, e al tempo stesso adottare misure atte a realizzare tutto ciò attraverso nuove risorse per la lotta contro la povertà. Da una parte, occorre che Paesi in via di sviluppo definiscano e mettano in opera, sia all'interno dei piani educativi nazionali sia nelle loro strategie più generali, misure e investimenti volti a favorire l'accesso all'istruzione delle bambine e delle ragazze; dall'altra parte, i Paesi donatori, compresa l'Italia, possono fare molto per migliorare la prospettiva di genere dell'Aiuto Pubblico allo sviluppo dedicando al settore dell'istruzione più risorse.
Il Governo italiano in varie occasioni ha ribadito l'importanza di assicurare l'eguaglianza di genere nell'accesso all'istruzione. Occorre, però, andare oltre le dichiarazioni e porre in essere azioni concrete per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio in sinergia con tutte le forze della società italiana.

DANIELA INVERNIZZI, Rappresentante dell'Associazione di Cooperazione rurale in Africa e America Latina. Riprendo un punto fondamentale, il problema degli aiuti all'educazione e alcune proposte di riforma rispetto alla Fast-track Initiative. Non si tratta soltanto, infatti, per migliorare la qualità dell'intervento, di lavorare sull'aumento dei fondi, fatto indispensabile, ma parallelamente sulla qualità dell'intervento stesso. L'esperienza della Fast-track Initiative, quindi, è stata sicuramente positiva per molti aspetti perché ha consentito la scolarizzazione di circa 40 milioni di bambini e bambine ed è stata istituita nel 2002. Questo è un dato sicuramente positivo, ma può essere molto migliorato.
L'ottica sarebbe quella della trasformazione in un fondo globale per l'educazione, proposta peraltro ripresa anche dal Presidente degli Stati Uniti Obama. Questa è


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un'idea estremamente importante: un fondo globale per l'educazione con le risorse adeguate e che possa incidere globalmente sulla qualità dell'istruzione a partire anche da tutte le situazioni che vedono vivere i bambini in stato di emergenza o di post emergenza. Tali situazioni non vanno estrapolate o considerate separatamente, ma vanno comprese in questo fondo con degli interventi appropriati.
Vorrei riportare brevemente alcuni dati: 215 milioni di bambini, secondo il rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro pubblicato meno di un mese fa, lavorano; di questi, 115 milioni subiscono gravissime forme di sfruttamento; i dati sulla scolarizzazione sono già stati citati. Se l'intervento non migliorerà quantitativamente e qualitativamente, i dati riportati nel rapporto UNESCO 2010 ci dicono che a questo ritmo nel 2015 ci saranno ancora più di 50 milioni di bambini che non frequenteranno alcun tipo di scuola. Quindi, l'obiettivo della scuola primaria universale per tutti rimane prioritario accanto, però, anche agli altri Obiettivi del Millennio.
Nel rapporto UNESCO, oltre a quello sulla scuola primaria, abbiamo anche un dato che riguarda 71 milioni di adolescenti che non frequentano alcun tipo di scuola, che non possono continuare alcun tipo di percorso educativo.
Accanto a questi, abbiamo 51 milioni di bambini che non vengono registrati alla nascita e quindi non esistono, 145 milioni di bambini che sono orfani o semiorfani per una pluralità di cause, che vanno dalle guerre ai disastri ambientali, alle pandemie come l'AIDS, e oltre 1 milione e 200 mila bambini, in base a una stima sicuramente per difetto, coinvolti in varie forme di traffico.
Riteniamo, dunque, che un fondo per l'educazione debba trovare delle soluzioni per coinvolgere questi bambini in processi educativi. Di recente sono stata a lavorare ad Haiti a seguito del terremoto e ancora più recentemente su progetti educativi in Ciad, un Paese estremamente povero.
L'educazione in questi contesti di disastri ambientali o di emergenze causate dalla guerra sta diventando una priorità assoluta, in quanto attraverso l'educazione abbiamo la possibilità di riportare, in tempi brevi, condizioni di vita normali in situazioni di emergenza e post-emergenza e, inoltre, di garantire un maggior livello di protezione dei bambini. Parlo di una protezione di tipo qualificato, poiché i bambini non devono essere «posteggiati». Ad esempio, le scuole nei campi profughi del centro-Africa - i profughi sono a migliaia in Ciad - sono anche luogo di protezione, educazione e ritorno alla normalità.
Questi sono obiettivi che vanno compresi all'interno di un discorso che riguarda l'educazione per tutti.
Sottolineo un ultimo aspetto: è necessario che i Governi dei Paesi in via di sviluppo abbiano la possibilità di costruire piani pluriennali che riguardino l'istruzione nel loro territorio, a partire dalla primaria ma non solo, avendo meno vincoli di tipo economico da parte della Banca Mondiale, vincoli che spesso costituiscono una sorta di barriera insormontabile.
Questo è un altro aspetto da approfondire, nel senso che il supporto ai Governi dei Paesi in via di sviluppo va dato proprio a livello di fondi e di costruzione di questi piani pluriennali, a partire dal dato essenziale della formazione degli insegnanti. Per garantire un processo di educazione per tutti, mancano all'appello circa 10 milioni di insegnanti formati; questa diventa una priorità, altrimenti risulta demagogico parlare di educazione qualificata.
Su questo mi collego agli articoli 28 e 29 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia. Il primo sostiene che è un diritto umano un'educazione primaria gratuita e obbligatoria; l'articolo 29, spesso sottovalutato, sostiene che l'educazione deve essere di qualità, cioè non deve essere un'educazione qualsiasi. È chiaro che la creazione di un fondo globale per l'educazione dovrebbe prendere in considerazione e approfondire tutti questi aspetti, a partire da una maggiore autonomia dei Governi.


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Ricordo, in conclusione, che la Convenzione internazionale è il documento delle Nazioni Unite più ratificato al mondo e che tutti i Paesi di cui stiamo parlando, in via di sviluppo, l'hanno ratificata, il che comporta che, così come in Italia esso è in vigore come legge (la n. 176 del 1971), altrettanto avviene in tutti questi Paesi, ad esclusione di due soli al mondo. Questo significa che i piani pluriennali possono essere costruiti sulla base di un forte scenario comune e condiviso.

PRESIDENTE. Grazie a lei. Vorrei aggiungere, come ho avuto modo di fare già durante l'audizione del direttore Sejm, che la Commissione affari esteri della Camera dei deputati si è dotata di un Comitato per gli Obiettivi del Millennio: un esempio non molto ricorrente nei Parlamenti di tutto il mondo. C'è un impegno veramente notevole da parte nostra, soprattutto dei colleghi che compongono il Comitato, in modo bipartisan, per stimolare il Governo a mantenere gli impegni che sono stati assunti.
Noi continueremo in questa azione, nonostante la crisi finanziaria globale di cui ha parlato anche il direttore Sejm. È evidente che su questi obiettivi nell'azione del Governo italiano ci deve essere una maggiore coerenza. Noi faremo sicuramente la nostra parte, come parlamentari, in questa Commissione e anche nelle altre sedi.
Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Ringrazio i nostri ospiti per quanto ci hanno detto, peraltro in larga parte sovrapponibile a quello che ci ha detto il direttore Olav Sejm prima di loro, ma per certi aspetti in maniera più puntuale relativamente al ruolo italiano in questa complessa vicenda che riguarda la strategia internazionale di perseguimento degli Obiettivi del Millennio e il loro raggiungimento entro il 2015.
Man mano che ci avviciniamo a quella data, bilanci intermedi cominciano a diventare urgenti e ci forniscono indicazioni su che cosa è stato fatto, quali sono i punti deboli, cosa resta da fare e quali sono le difficoltà maggiori. Il campo è talmente sterminato e gli stimoli che vengono dai vostri interventi sono talmente numerosi che sarebbe presuntuoso pensare di poter entrare nel dettaglio: non ne abbiamo né tempo, né modo, però vorrei provare a esprimere qualche osservazione.
La Commissione affari esteri è impegnata nella sua interezza, in particolare attraverso il Comitato che ricordava poco fa il presidente, in modo continuativo e intenso nel monitoraggio, nell'approfondimento e nell'elaborazione delle questioni che riguardano la strategia internazionale degli Obiettivi del Millennio. Quindi, anche se oggi non siamo in molti, possiamo ritenere di rappresentare un gruppo e una sensibilità ben più numerosa, estesa alla Commissione e anche all'intero Parlamento, che di queste questioni ha discusso anche in assemblea plenaria in più di un'occasione.
Da parte nostra, c'è un certo compiacimento nel riscontrare quale ricchezza e varietà di interventi vi sia da parte della società italiana, nelle sue varie forme e articolazioni, in questa direzione e come questo impegno sia convergente con la sensibilità che in Parlamento si incontra.
Ciò detto, i problemi sono davvero tanti, a partire da quello delle risorse. In proposito, voi avete toccato punti sui quali anche noi ci soffermiamo e sui quali anche noi incontriamo difficoltà: lo dico perché questa è un'occasione anche per scambiarsi in modo diretto qualche esperienza, ancorché in ruoli distinti socialmente e istituzionalmente.
Effettivamente conoscere in modo preciso e dettagliato quale sia l'impegno finanziario del nostro Paese nei vari fondi multilaterali, che sia quello per l'educazione o il fondo globale per la lotta alle pandemie eccetera, è cosa assai complicata. Siccome qui parliamo in pubblico - questa nostra riunione è accessibile a chiunque voglia informarsi ed ascoltare - vorrei cogliere l'occasione per dire che questa insufficiente trasparenza da parte del Governo italiano nel rendere pubblici,


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accessibili e univoci gli impegni che ha assunto e che ha mantenuto, nelle modalità, nei tempi e nelle quantità, è un deficit che non c'è nessuna ragione di mantenere.
Dunque, constato una convergenza completa tra le vostre osservazioni e le questioni di fronte alle quali ci troviamo e per le quali ci impegniamo. Se facciamo qualcosa, anche se è poco, diciamolo; e se promettiamo qualcosa, manteniamolo. Purtroppo, adesso non è così, eppure potrebbe esserlo.
Per quanto concerne i piani di riallineamento, io sarei già contento - sono un deputato dell'opposizione, ma non è questo il punto - se il Governo in tutta onestà ci dicesse che l'obiettivo dello 0,7 per cento da parte del nostro Paese non è realisticamente raggiungibile entro il 2015. Lo considererei un fatto di onestà politica verso il Paese e anche verso la comunità internazionale. Considererei altrettanto importante che contestualmente il Governo ci dicesse quale percentuale è raggiungibile, visto che al momento siamo allo circa allo 0,14 e sicuramente il piano di riallineamento va affrontato con la serietà che la questione richiede. Purtroppo, devo dire che anche su questo registriamo insufficienze che andrebbero affrontate con onestà e chiarezza.
Questi sono i punti più sostanziali che derivano dalle vostre osservazioni. Tantissime altre cose in realtà si potrebbero dire, sulle quali però non vorrei soffermarmi più di tanto. Certamente, se noi abbiamo un elenco di Paesi beneficiari in cui è compresa la Cina, ci troviamo in una situazione quantomeno di ritardo, cioè una persistenza nei comportamenti attuali di realtà che hanno determinato quei comportamenti e che nel frattempo sono radicalmente cambiate. I comportamenti, dunque, andrebbero aggiustati rispetto alle realtà, perché magari sono nati in una situazione che li giustificava, ma ormai andrebbero rivisti.
Molti degli elementi che avete introdotto, come a proposito dei campi profughi o di Haiti, mi sembrano accompagnati da un ottimismo, che non so se e fino a che punto sono in grado di condividere. Infatti, mi paiono interventi di emergenza necessari ed indispensabili, ma interventi tampone, in questo caso. Vorrei capire un po' meglio le categorie in cui si possono suddividere gli interventi nel campo dell'istruzione: alcuni sono legati all'emergenza, però sono anche destinati a essere superati dal ritorno alla normalità, anche se sappiamo che a volte queste situazioni durano pure decenni; magari, però, ci sarà il superamento dell'emergenza, come nel caso del terremoto ad Haiti o dello tsunami nello Sri Lanka, mentre nella programmazione degli interventi con i piani pluriennali si può misurare e capire il rapporto che c'è tra il risultato di lungo periodo e l'autosufficienza.
Ecco, sull'autosufficienza, ossia sul rapporto tra gli obiettivi che indichiamo e perseguiamo e il risultato, che è tale se produce appunto un'autosufficienza, mi farebbe piacere ascoltare qualche considerazione.
Infine, ritengo che il dato dei 10 milioni di insegnanti non sia riferito soltanto ai 50 milioni di bambini, che immaginiamo non raggiungeranno l'insegnamento elementare da qui al 2015 se saranno mantenuti gli investimenti che attualmente sono previsti. È una stima che si basa su un paniere di bisogni e di domande più ampio. Pertanto, mi farebbe piacere se si potesse essere più precisi su questo.

MATTEO MECACCI. Farò qualche breve considerazione, cercando di cogliere questa occasione di dialogo con queste organizzazioni, che conosciamo bene per il lavoro che svolgono e che apprezziamo da tempo, proprio per riflettere su cosa si possa fare e per cercare di dare risposte a un quadro oggettivamente molto difficile, sia per voi, sia per chi in Parlamento cerca di rispondere a un'esigenza. Tale esigenza, peraltro, non nasce da interessi particolaristici, ma parte da un'analisi della situazione dei Paesi in via di sviluppo che è condivisa a livello globale e che vede ogni anno le Nazioni Unite ribadire questi impegni.
In particolare, i leader del G8 ad ogni summit dichiarano che questa è la priorità,


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ma sappiamo che, in realtà, non si riesce a fare quanto ci si propone. Questo, però - non prendetela come una posizione di parte - corrisponde a un trend, che riguarda l'Italia, come anche altri Paesi.
Noi sappiamo che nel nostro Paese la questione degli aiuti allo sviluppo non nasce negli ultimi due anni. Essa risale agli anni Ottanta, quando l'Italia assunse a un certo punto anche un ruolo di guida nella campagna contro la fame nel mondo. Nel corso degli anni Novanta c'è stata una graduale riduzione degli aiuti allo sviluppo, che ha riguardato tutti i Governi. Lo dico per non dare l'idea che il mio intervento voglia ricondurre le responsabilità solo sull'attuale Governo.
In questa legislatura, però, il modo in cui questa questione è stata trattata e i tagli che hanno colpito la Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo, spesso all'insaputa dello stesso ministro o del sottosegretario competente, per decisione del Ministro dell'economia, corrispondono a un dato politico e anche culturale del nostro Paese.
Infatti, in questi due anni, parallelamente a questo tipo di interventi, molto più forti rispetto al passato, in termini di riduzioni quantitative dell'aiuto allo sviluppo, si sono attuate una serie di politiche nel campo dell'immigrazione e della sicurezza che fanno da complemento a un'impostazione politico-culturale che chiude le frontiere del nostro Paese all'immigrazione o, comunque, pone dei vincoli fortissimi anche alla possibilità di richieste di asilo politico e quant'altro. Questo contraddice in qualche modo, anche da un punto di vista teorico, quella che dovrebbe essere l'impostazione logica in base alla quale si riduce la possibilità di arrivi nel nostro Paese cercando di investire di più nei Paesi di origine, in modo che chi ha bisogno possa restare a casa propria. Come sappiamo, l'emigrazione non è certamente una scelta facile per chi cambia cultura e Paese.
Se però questi due elementi oggettivamente esistono e avanzano parallelamente, credo che la risposta, innanzitutto da parte del Parlamento - sebbene sappiamo che purtroppo questo tipo di attività si è realizzata con molte difficoltà - ma anche a livello di organizzazioni non governative, debba fare un salto di qualità, nel chiedere appunto una rimessa in discussione di questi elementi.
Non lo dico per insegnare il mestiere a qualcuno, perché chi lavora in questi Paesi conosce le priorità e i problemi. È evidente che non si possono portare avanti iniziative improvvisate. Abbiamo visto, a livello internazionale, che gruppi legati al cantante Bono degli U2 hanno realizzato una sorta di videogioco che propone di cacciare Berlusconi dal G8 perché non ha rispettato gli impegni. Ebbene, questa iniziativa è stata presa all'estero, mentre nel nostro Paese si è più timidi e si hanno maggiori difficoltà a fare lo stesso tipo di considerazioni, che possono essere provocatorie, ma comunque mettono in discussione un modo di intendere la politica che non è più tollerabile da un punto di vista della decenza istituzionale.
Come giustamente diceva il collega Barbi, ci dicano che questo non è un obiettivo raggiungibile e che l'Italia ritiene di non poterlo perseguire: a quel punto, ci sarebbe un'onestà istituzionale e una moralità politica nell'affrontare questa questione che consentirebbe forse anche di trovare dei punti di accordo.
Non ho una soluzione da proporre, ma sicuramente questo è il lavoro che cerchiamo di fare, anche grazie alla grande pazienza del presidente del Comitato, Pianetta, che indubbiamente ha un peso personale maggiore nel cercare di convincere i propri colleghi di maggioranza a portare avanti alcune iniziative.
Anche in vista dell'appuntamento di settembre, una presa di posizione del mondo delle associazioni che lavorano sul terreno e conoscono i problemi, oltre che delle forze politiche che hanno mostrato attenzione per questo aspetto, può costituire un momento in cui chiedere al Governo del nostro Paese di chiarire una volta per tutte cosa si può o non si può realizzare. Diversamente, infatti, si alimenterebbero


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aspettative e conseguenti frustrazioni che non fanno bene a nessuno.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica, sebbene mi rendo conto che sulle questioni politiche non possano che dare ragione ai colleghi intervenuti.

DANIELA INVERNIZZI, Rappresentante dell'Associazione di Cooperazione rurale in Africa e America Latina. Risponderò solo a un punto che ritengo fondamentale, quello relativo alla funzione dell'educazione in situazioni di emergenza e di post- emergenza.
È chiaro che in condizioni di «normalità» è più facile - o meno difficile - redigere piani nazionali e programmare un intervento integrato sull'educazione. Tuttavia, una linea di tendenza che ritengo estremamente importante e che molte ONG hanno assunto negli ultimi anni è proprio quella di considerare l'educazione uno strumento fondamentale da mettere in pratica prima possibile in situazioni di emergenza.
Per fare un esempio concreto, ad Haiti è chiaro che non è possibile una ricostruzione in tempi brevi dopo un disastro di quelle proporzioni; allora, le ONG che intervengono su quel territorio, insieme ai cluster organizzati con il Governo haitiano, hanno lavorato per costruire in tempi brevissimi scuole provvisorie, asili provvisori, centri ricreativi provvisori, in cui bambini e ragazzi hanno potuto, anche se letteralmente in mezzo alle macerie, riprendere un percorso di studi.
Questo è fondamentale, e non soltanto per la protezione: è chiaro che in situazioni di emergenza post-disastro di guerra o naturale aumentano tutti i rischi, ad esempio, dei vari tipi di sfruttamento e di traffico di bambini. Le strutture provvisorie, questi spazi amici dei bambini, hanno avuto un valore enorme in queste situazioni, come in alcune situazioni africane. Esse sono nate anche con la cooperazione dei vari Governi. Ad esempio, molti degli spazi allestiti ad Haiti in zone colpite dal terremoto sono stati realizzati in collaborazione con la Protezione civile italiana che ha lasciato le tende.
In situazioni, invece, di post-emergenza, bisogna stabilizzare il più possibile queste strutture, in previsione della ricostruzione. Questo è fondamentale, perché l'educazione è uno strumento che permette ai bambini e alle loro famiglie di affrontare l'emergenza in modi più appropriati. Questa è una linea di tendenza degli ultimi anni, che prima non esisteva; infatti, in situazioni di emergenza ci si occupava di altro, mentre oggi si pensa subito a spazi strutturati a misura di bambino.
Un'impostazione di questo tipo, che io ho visto ad Haiti e nei campi profughi in Ciad, e che altri colleghi hanno visto in occasione dello tsunami, ha avuto un valore enorme, anche rispetto alla protezione.

FARIDA BENA, Coordinatrice del gruppo Policy della Coalizione italiana della Campagna globale per l'educazione. Vorrei replicare a quanto ci diceva in particolare l'onorevole Mecacci riguardo al ruolo della società civile.
Noi, anche all'interno di altre coalizioni, riteniamo di aver fatto già molto per far sentire la nostra voce, ad esempio sulla necessità di un piano di riallineamento e sull'opportunità di sapere chiaramente come stanno le cose.
Tanto per dare un'idea, abbiamo scritto e riscritto al Ministro Frattini, al Ministro Tremonti, al Presidente del Consiglio Berlusconi, nonché al ministro Belloni della Direzione per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli esteri.
A questo punto vorremmo sapere che cosa possono fare la Commissione affari esteri e il Comitato permanente sugli Obiettivi del Millennio, fermo restando il nostro ruolo di pungolo costante? Ci sembra di capire che l'allocazione delle risorse da parte del Ministero dell'economia e la sua collaborazione con il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del consiglio per definire questo piano di rientro sia


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determinante e costituisca l'anello mancante. Mi piacerebbe dunque sapere, anche a nome della coalizione che rappresentiamo, che cosa potete fare anche voi, perché noi sicuramente continueremo per questa strada.

PRESIDENTE. Cosa potremo fare noi in modo bipartisan posso dirglielo: cercheremo di utilizzare tutti gli strumenti regolamentari del Parlamento per far valere le ragioni della cooperazione, come abbiamo fatto in ogni finanziaria. Possiamo garantire che lo faremo, maggioranza e opposizione, anche in questa manovra e nella prossima finanziaria.
Ringrazio gli auditi per questa audizione molto importante, che dichiaro conclusa.

La seduta termina alle 13,55.

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