Sulla pubblicità dei lavori:
Colombo Furio, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
Audizione di Osvaldo Alfonso Valdés, ex presidente del Partito liberal democratico cubano:
Colombo Furio, Presidente ... 2 4 7 8
Barbi Mario (PD) ... 8
Mecacci Matteo (PD) ... 4 6 8
Valdés Osvaldo Alfonso, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano ... 2 5 7 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal
Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Cosi rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di Osvaldo Alfonso Valdés, ex presidente del Partito liberal democratico cubano.
Sono presenti con lui Lucy Necasova e Antonio Stango. Lei, signor Valdés, è stato qui da noi il 5 dicembre del 2006, quindi vorrà forse illustrarci le differenze tra ciò che ci ha detto allora e ciò che sta accadendo adesso.
Dunque, nel ringraziarla le do la parola.
OSVALDO ALFONSO VALDÉS, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano. In primo luogo, grazie per avermi dato modo di parlarvi. Come diceva bene il presidente, nel 2006 sono venuto per parlarvi di Cuba, e oggi mi trovo qui con lo stesso proposito.
Purtroppo, devo dirvi che i cambiamenti sono stati ben pochi nella direzione che vogliamo, quella cioè di una apertura democratica, con meno repressione e più libertà fondamentali. In questo senso, non c'è stato nessun cambiamento a Cuba. Saprete che abbiamo ormai un nuovo Presidente, il fratello di Fidel Castro, che dopo la malattia di Fidel ha preso il potere a titolo provvisorio, ma di fatto dal 24 febbraio dell'anno scorso è formalmente Presidente della Repubblica.
In un anno e tre mesi di governo, i cambiamenti che ci sono stati nel Paese si possono definire assolutamente cosmetici. Se ne possono citare tre: più che di cambiamenti si tratta di misure prese dal Presidente Raul Castro.
La prima di queste misure è stata l'autorizzazione, per i cubani, a comprare cellulari. Ciò non rappresenta alcun cambiamento, dal momento che il potere d'acquisto del 95 per cento della popolazione non permette loro né di comprare cellulari né di sostenere i costi della telefonia mobile, che a Cuba è carissima. La seconda misura consiste nell'autorizzazione per i cubani ad essere clienti di alberghi. Prima, questo era vietato, il che non depone certo a favore del Governo che abbiamo avuto ed abbiamo tuttora. Infatti, il fatto che un nuovo Governo debba prendere un provvedimento, per permettere ai cittadini di andare in albergo nel loro paese, di certo non definisce in modo positivo il sistema. Inoltre, se è difficile acquistare un cellulare, ancor più difficile è andare a dormire in albergo, visto che il
pernottamento meno caro in un albergo cubano costa 80 dollari, e il salario medio mensile è di 25 dollari.
L'altra possibilità concessa ai cubani è quella di acquistare un computer, possibilità anche questa che resta fuori dalla portata del 99 per cento della popolazione. Per di più, chi lo acquistasse dovrebbe usarlo come una macchina da scrivere, come una banca dati, dal momento che Internet continua ad essere vietato a Cuba. Ecco, dunque, le misure prese dal presidente Raul Castro.
Quanto all'apertura democratica, nulla è stato fatto. Non è stata presa nessuna misura né sul piano giuridico, né su quello costituzionale, né su quello sociale che comportasse una maggiore tolleranza e un maggior rispetto per la libertà di associazione, di riunione ed espressione dei cubani. In questo ambito, non c'è stato nessun cambiamento. Anzi, semmai la repressione è aumentata, per giunta con una nuova modalità: il regime non manda più in galera 75 dissidenti, ma semplicemente la repressione consiste in un fermo in commissariato per tre o quattro giorni, e poi di nuovo in libertà. Questo per evitare la condanna internazionale, ma la repressione continua ad esserci.
Dei 75 arrestati nella «primavera nera» del 2003 - io sono uno di loro - sono ancora in carcere 52 persone. Ho con me un elenco, con le foto e i nomi, di chi è ancora incarcerato. Gran parte di queste persone hanno gravi problemi di salute, e molte di loro hanno più di sessant'anni, con condanne a vent'anni di carcere il che, in pratica, corrisponde ad un ergastolo. Infatti, se a 60 e più anni hai vent'anni da scontare in carcere, con ogni probabilità se non vieni liberato, morirai in galera.
La situazione dei detenuti politici è grave. Gran parte di loro sono in regime di carcere duro, con visite dei familiari ogni tre mesi, dopo aver già trascorso sei anni in galera, il che viola la stessa legge cubana, che afferma che il carcere duro va applicato solo per i primi due anni. In quanto all'apertura economica, per permettere ai cubani di avere una maggiore iniziativa individuale, nulla di simile si è verificato. Al contrario, come in altri settori, abbiamo assistito ad una recrudescenza del controllo statale. Inoltre, Raul Castro ha destituito coloro che erano considerati figure giovani, magari non democratici ma più pragmatici, come il Ministro degli esteri o il Vicepresidente della Repubblica - i quali appartenevano ad una generazione più giovane - collocando al loro posto alti ufficiali delle forze armate. Questo ha trasformato il regime in un regime prettamente militare.
Si può dire che oggi il 90 per cento dei ministri del Governo di Raul Castro sono alti ufficiali delle forze armate, il che fa sì che, di fatto, siamo di fronte ad un Governo militare. Anche settori importanti dell'economia come il commercio estero o gli investimenti esteri sono stati unificati in un unico ministero con a capo un generale. Dunque, questi sono i cambiamenti che ci sono stati a Cuba. Nulla in senso positivo.
Posso dirvi che nel campo dei rapporti internazionali l'opposizione cubana deplora che, ben lungi dal mantenere un atteggiamento più critico o di maggior pressione nei confronti del regime, l'aspettativa di cambiamento abbia fatto sì che i rapporti con il regime si ammorbidissero. Ciò non ha affatto aiutato la democrazia. L'Unione europea, che ha una posizione comune molto chiara - la quale recita che i rapporti dell'Unione con Cuba devono mirare a favorire la democrazia - invece si allontana sempre più da questa posizione e migliora i rapporti con la dittatura, senza ottenere in cambio nessun miglioramento dei diritti umani.
Questa è la situazione deplorevole che l'opposizione cubana denuncia o meglio - denunciare non è la parola adatta, perché la solidarietà non è qualcosa che si esige - con dolore afferma.
Di recente c'è stata una visita a Cuba di Louis Michel. In quell'occasione, ho letto dichiarazioni che non corrispondono a verità: uno dei suoi portavoce ha infatti dichiarato che Louis Michel non si era incontrato con l'opposizione perché nessuno glielo aveva chiesto. Ciò non è vero, perché l'opposizione l'incontro lo ha chiesto,
ma le è stato opposto un rifiuto di incontrare qualsiasi membro dell'opposizione. Ecco qual è la situazione. Se avete domande, sono pronto a rispondere.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MATTEO MECACCI. Io credo che questa audizione sia importante perché la questione della situazione politica a Cuba non ha avuto occasione, né in Commissione né in Aula, dall'inizio di questa legislatura, di avere un momento di approfondimento e di dibattito. Tuttavia, in questo momento particolare, nel corso degli ultimi mesi, si è aperta una discussione su alcuni organi di informazione circa le aspettative nei confronti di quel Paese, in concomitanza con il venir meno della possibilità per Fidel Castro di ricoprire il ruolo di presidente - potremmo dire, di amministratore unico nell'isola caraibica - che ha portato alla sua sostituzione da parte del fratello. Molti hanno parlato della possibilità dell'inserimento di una leadership più pragmatica e più orientata anche al miglioramento dei rapporti sia con gli Stati Uniti sia con l'Unione europea. Da
quello che ci ha detto Osvaldo Valdés, per quanto riguarda il tema che sicuramente ci tocca più da vicino, ovvero il rispetto dei diritti umani, non si riscontrano segnali positivi.
Valdés era uno dei 75 prigionieri della «primavera nera» del 2003. Sappiamo che dei detenuti politici, detenuti di coscienza, che furono arrestati da quel regime, ancora oggi 52 si trovano nelle prigioni cubane. Dunque, da quando Raul Castro è andato al potere non c'è stato nessun segnale di ammorbidimento della repressione nei confronti dell'opposizione.
Mi interessava chiedere a Valdés due chiarimenti. Il primo è se lui abbia riscontrato in alcune dichiarazioni del Presidente Raul Castro, o di altri ministri, la volontà di aprire un terreno negoziale nuovo, ovvero un dialogo politico nuovo con la comunità internazionale, in particolare con gli Stati Uniti e con l'Unione europea. Inoltre, vorrei sapere, sia che questa volontà sia stata espressa oppure no, quali siano, secondo lei, le condizioni che la cosiddetta nuova leadership cubana pone per avviare un dialogo con la comunità internazionale. Infatti, da quello che si riscontra, ci sono state alcune dichiarazioni, in particolare da parte di alcuni Paesi europei, la Spagna ed altri, per cercare di migliorare i rapporti con Cuba, però non mi pare di aver riscontrato che da parte cubana ci sia la stessa volontà di instaurare migliori relazioni politiche e - per così dire - di buon vicinato né
con gli Stati Uniti, né con altri Paesi democratici dell'America latina o dell'Europa.
PRESIDENTE. Vorrei porre una domanda che comprende un aspetto di non completa informazione e che dividerei in due parti. Nella prima noto una differenza tra questa sua testimonianza e ciò che lei ha affermato il 5 dicembre 2006 in questo stesso Comitato. Allora, le sue affermazioni erano di speranza, mentre questa volta sono molto più pessimistiche. Se vuole, potrebbe offrirmi un chiarimento in merito, ma probabilmente esso è già implicito in alcune sue affermazioni di oggi: Raul Castro, che avrebbe potuto cambiare qualcosa, ha finto di cambiare, ma sostanzialmente non lo ha fatto, per giunta con qualche peggioramento.
Per esempio, io credo che sarà molto importante per questa Commissione rendere noto il fatto che la maggior parte dei ministri appartengono alle forze armate, quindi ci troviamo di fronte ad una classica giunta latinoamericana piuttosto che ad un Governo che, in qualche modo, è in evoluzione verso la democrazia. Ebbene, questo rappresenta un aspetto totalmente ignoto ai media italiani sicuramente, non so se anche per gli altri.
La seconda parte della mia domanda è la seguente: la freddezza e l'indifferenza dell'Unione europea riguarda tutti, grosso modo, i Paesi dell'Unione europea, ovvero lei si riferisce alla Commissione europea, e a chi la rappresenta? Avete notato delle differenze? Dunque, chiedo se vogliate suggerirci alcune delle differenze sulle
quali si possa giocare, per trovare uno spazio che consenta di cambiare la situazione.
Infine, un'appendice alle domande precedenti. Le chiedo, signor Valdés, se vuole dirci qualcosa sul cambiamento della presidenza degli Stati Uniti. Infatti, mi piacerebbe sapere se, dal vostro punto di vista, il fatto che adesso il presidente sia Barack Obama si rifletta in qualche modo sulla vita cubana. In particolare, vorrei conoscere i punti di vista, le speranze e le attese della opposizione cubana tuttora clandestina, ancora adesso tenuta ai margini. Grazie.
OSVALDO ALFONSO VALDÉS, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano. In primo luogo, rispondo alla domanda che mi ha rivolto l'onorevole Mecacci. Raul Castro ha rilasciato alcune dichiarazioni in contesto informale, la più significativa in occasione di una visita in Brasile per un vertice dei Paesi sudamericani. In quella circostanza, rispondendo ad un giornalista, ha detto che sarebbero stati disposti a parlare con Obama, ma senza condizioni. In particolare, ha affermato che Cuba avrebbe fatto dei gesti, solo se gli Stati Uniti avessero fatto altrettanto. Ha sostenuto che se le cinque spie - che loro chiamano eroi - condannate negli Stati Uniti fossero state liberate, Cuba avrebbe mandato tutti i prigionieri, con le loro famiglie, negli Stati Uniti. Ecco cosa ha dichiarato Raul Castro in un modo, direi, informale.
Non ci sono state altre dichiarazioni, però c'è da aggiungere un altro elemento. Nonostante Fidel, formalmente, non abbia più nessun incarico ai sensi della Costituzione, la sua intromissione nella politica nazionale perdura, e non solo in ragione dell'arbitrio da sempre tipico di Fidel. Infatti, quando Raul Castro ha formalmente assunto la presidenza del Paese, ha chiesto all'Assemblea Nazionale di accettare che tutti i provvedimenti importanti per lo Stato fossero prima discussi con Fidel Castro. Questo perché Fidel Castro continua ad essere il primo segretario del Partito comunista e la Costituzione a Cuba stabilisce che, al di sopra del Parlamento, del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri, il Partito comunista rappresenta la forza suprema dello Stato. Quindi, Raul Castro dice qualcosa, poi Fidel Castro, in uno degli articoli che fa uscire praticamente ogni giorno sulla stampa, rettifica quello che ha detto Raul, nel caso in cui egli
si sia discostato appena dall'ortodossia di sempre.
Pertanto, non si possono prendere sul serio le affermazioni di Raul Castro circa la disponibilità di Cuba nei confronti degli Stati Uniti. Quale sarebbe il gesto che potrebbero compiere gli Stati Uniti? All'indomani delle dichiarazioni di Raul Castro, Il portavoce del Dipartimento di Stato ha risposto: che gesto dovremmo fare? Gli Stati Uniti non hanno detenuti di coscienza da liberare e non devono cominciare a rispettare le libertà di associazione e di unione. È Cuba che deve farlo. Dunque, quali gesti può chiedere Cuba agli Stati Uniti se la liberazione delle cinque spie significherebbe liberare persone - di cittadinanza nordamericana - condannate per aver commesso reati, mentre i dissidenti sono persone che non hanno commesso alcun reato meritevole di condanna?
Lei, presidente, sostiene che c'è una differenza fra quanto dissi nella mia visita precedente e in quella di oggi. È vero. Tutti avevamo sempre sperato che, una volta allontanato dalla vita politica del Paese Fidel Castro, ci sarebbe stato un cambiamento, non perché pensassimo che Raul Castro fosse un democratico - nessuno crede che lo sia, né lui lo sarà mai - ma per una questione di pragmatismo di fronte alla gravità della situazione economica, sociale e politica del Paese, per cui si sarebbe potuto fare qualche passo avanti. Purtroppo, per due anni Raul Castro è stato al potere a titolo provvisorio, poi da poco più di un anno è formalmente capo del Governo, e questo è stato un periodo di frustrazione, perché non c'è stato nessun segno di cambiamento nel senso di un'apertura.
Quanto all'Unione europea, non tutti i Paesi hanno la stessa politica, dal momento
che ci sono Paesi che hanno un atteggiamento più conforme alla posizione comune, quali la Repubblica Ceca, la Svezia o i Paesi Bassi, e ciò si riscontra nel comportamento delle loro ambasciate all'Avana. Gli altri, invece, hanno preferito non irritare la dittatura e non fare nulla che desse fastidio al regime e quindi, se possibile, inviano funzionari di vario grado all'Avana, i quali finiscono sempre per dichiarare che i rapporti stanno migliorando e si stanno normalizzando.
Ebbene, l'opposizione non chiede all'Unione europea di istituire un embargo come quello degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, ma chiede che ci si attenga alla posizione comune, cosa che non si sta facendo. La posizione comune vorrebbe che il miglioramento dei rapporti con il regime fosse condizionato ad un miglioramento nel campo dei diritti umani. Tuttavia, tale miglioramento non si è verificato, anzi assistiamo ad un peggioramento della situazione. Eppure, assistiamo ad un avvicinamento crescente da parte di molti Paesi europei, singolarmente presi, ma anche da parte della Commissione europea, con visite come quella di Louis Michel, durante le quali si arriva a dire che il passo seguente consisterà in una revisione della posizione comune. Tuttavia, mi chiedo a che scopo tutto ciò, visto che a Cuba non è cambiato assolutamente nulla.
L'opposizione chiede semplicemente che, se si vuole essere solidali con Cuba, ci si attenga alla posizione comune. Se si vogliono avere rapporti che favoriscano la transizione democratica, allora non si dica che si vuole realizzare ciò mentre intanto si disattende e si ignora quanto afferma l'opposizione interna, i cui membri sono gli unici che a Cuba si stanno giocando la vita e la libertà per la democrazia. Semplicemente questa ci sembra incoerenza politica. Ci sono casi estremi di avvicinamento come quello della Spagna, in cui assistiamo a una piena alleanza con il regime, e ne conosciamo i motivi. Infatti, nelle odierne circostanze gli imprenditori spagnoli sono i più privilegiati: per loro investire a Cuba rappresenta un paradiso, hanno molti profitti e investono, assieme al regime, per sfruttare i lavoratori che lavorano nelle loro aziende. Tuttavia, non credo che sia questo il modello da seguire, se si vuole favorire la transizione a Cuba.
Il Governo statunitense ha sostenuto non di voler migliorare i rapporti con il regime senza che quest'ultimo offra nulla in cambio ma, semplicemente, di non voler seguire la stessa politica di confronto del precedente Governo di Bush. Sono stati presi dei provvedimenti. Ad esempio, Bush aveva introdotto restrizioni nel 2003 dopo i nostri arresti, a titolo di rappresaglia nei confronti del regime, limitando il numero di volte che i cubani residenti negli Stati Uniti potevano andare a Cuba. Potevano andarci una volta ogni tre anni, e con limitazioni dell'importo di denaro che potevano portare ai familiari.
Ebbene, il Governo del Presidente Barack Obama ha eliminato queste restrizioni, proprio cercando di fare un gesto distensivo. Un ministro del Governo cubano, minimizzando quel gesto, ha risposto che si tratta di un segno minuscolo e che l'embargo continua a sussistere. Ciò espone in piena luce il fatto che loro non vogliono nessun miglioramento. I loro sono solo discorsi, perché in realtà a loro conviene una politica di confronto, che offre più scuse per continuare a reprimere all'interno. In ogni caso, non credo che il Governo Obama si allineerà con quello che dice il Governo dell'Avana. Certo, realizzerà una politica di maggiore distensione, e questo potrà creare un ambiente di minor tensione anche per la dissidenza interna, dal momento che la giustificazione è sempre che i dissidenti sono schierati con il Governo statunitense. Nonostante ciò, devo dire che, in questo momento, dei passi visibilmente diretti
verso la democratizzazione non si vedono, purtroppo.
MATTEO MECACCI. Le pongo delle ulteriori domande. Lei ha parlato dell'esistenza della posizione comune europea. Le volevo chiedere di esplicitarla il più possibile nei suoi aspetti fondamentali, ovvero in cosa essa debba consistere. Inoltre, le chiedo se ha notizie, ad esempio, del
comportamento delle autorità italiane, anche attraverso l'ambasciata italiana, visto che ha citato il fatto che ci sono alcune ambasciate di Paesi nell'Unione europea che hanno rapporti con dissidenti o membri della società civile cubana. Dunque, chiedo se questo tipo di attività sull'isola rientri nella posizione comune, e quale sia eventualmente - se ne ha notizia - il comportamento dell'ambasciata italiana.
PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una richiesta dal momento che stiamo concludendo; vorremmo poter continuare più a lungo, ma c'è un limite nel senso che, fatalmente, la situazione gira su se stessa a meno che qualcuno di noi abbia il potere di fare qualcosa.
Io cerco di immedesimarmi e immagino che se io fossi in lei, in questo momento, in visita in Italia, avrei probabilmente una cosa specifica da chiedere che l'Italia potrebbe fare. Si dà il caso che i tre deputati oggi presenti siano dell'opposizione, quindi con un rapporto meno agile con il nostro Governo in questo momento. Tuttavia, facciamo parte della Commissione affari esteri che quando è riunita al completo rappresenta tutte le componenti, di maggioranza e minoranza, e può, eventualmente, ottenere dal Governo qualcosa di più. Per di più, abbiamo un Governo di centrodestra, che quindi tipicamente non dovrebbe essere sensibile agli innamoramenti per l'attuale Governo cubano. Dunque, che cosa noi, in nome vostro, dovremmo chiedere sia all'Esecutivo italiano sia ai media italiani perché si comprenda meglio, o si aiuti di più, la situazione cubana in questo momento, dal punto di vista generale della libertà
e dal punto di vista specifico dei diritti dell'opposizione?
OSVALDO ALFONSO VALDÉS, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano. La posizione comune ha i seguenti punti fondamentali. Innanzitutto, le ambasciate all'Avana devono avere contatti regolari con la dissidenza, che rappresenta la fonte più affidabile per conoscere lo stato reale dei diritti umani, dal momento che i contatti ufficiali dicono sempre che va tutto bene. Dunque, questo è un aspetto fondamentale, che negli ultimi tempi è molto diminuito.
L'ambasciata italiana segue la corrente maggioritaria: non irritare il regime, non rendere molto visibili i propri contatti con la dissidenza, ovvero non comportarsi come l'ambasciata ceca, o svedese, od olandese che permettono addirittura ai dissidenti di entrare in ambasciata e di accedere ad Internet. Questo lo fanno l'ambasciata olandese e quella ceca; a volte, ma non sempre, quella svedese. Il profilo dell'ambasciata italiana è un profilo bassissimo. Eppure, nella posizione comune era stabilito che il regime dovesse capire che l'opposizione era tenuta presente nell'impostare la politica per Cuba. Inoltre, la posizione comune prevede altre misure simboliche, come invitare i dissidenti alle celebrazioni delle feste nazionali, come parte della società civile. Ebbene, tutte le ambasciate hanno cessato di attuare questa misura dell'UE.
Soltanto l'ambasciata ceca - neanche più la Svezia - e quella norvegese, che non fa parte dell'Unione europea, continuavano a invitare i dissidenti. Noi vogliamo che le ambasciate si attengano alla posizione comune e che stiano a sentire i dissidenti. Prima, quando ero a Cuba, ogni tre o sei mesi c'era una riunione in cui la presidenza riuniva gli ambasciatori e i primi segretari insieme alle figure che si consideravano più rappresentative dell'opposizione. Quindi, esisteva un contatto diretto, ma negli ultimi anni si è smesso di farlo e vorremmo che, invece, si ricominciasse.
L'Italia che cosa può fare? Per essere realistici, come prima cosa l'opposizione chiede sempre la liberazione dei prigionieri politici, perché si tratta di persone che possono morire in carcere, se non vengono aiutate. Vi ho fatto avere un elenco di 54 su 75 prigionieri che sono ancora in carcere; molti di loro sono già dentro da sei anni, e non tutti, ma molti di loro sono gravemente malati.
Ebbene, quello che si può fare è chiedere formalmente al Governo cubano di liberare questi detenuti politici, o almeno quelli che sono gravemente malati o che
hanno più di sessant'anni (buona parte di loro sono ultrasessantenni). Il regime si irriterà sempre, ma se condizioniamo la politica al fatto di non irritare il regime di Castro non si farà mai nulla, perché loro non accetteranno mai di buon grado che si prenda contatto con la dissidenza. Non ci sono alternative, o si irrita il regime o non si è solidali con la dissidenza. Si deve essere coerenti con la posizione comune, questo chiede la dissidenza.
Vi chiediamo questo e nient'altro. Non chiediamo un embargo, né di rompere i rapporti diplomatici, semplicemente diciamo che se volete essere solidali, dovete esserlo ma con meno discorsi e senza essere ingenui politicamente. Nessuna dittatura si riforma perché le democrazie si avvicinano e stringono buoni rapporti. Le dittature usano i rapporti con le democrazie per legittimarsi, non per riformarsi. E quella cubana non è certo un'eccezione.
MATTEO MECACCI. Vorrei chiedere che l'elenco dei detenuti politici fosse incluso nella pubblicazione degli atti ufficiali dell'indagine conoscitiva, in modo che possiamo trasmetterlo alla Commissione esteri ed, eventualmente, prendere altre iniziative.
PRESIDENTE. Così la presidenza stabilisce.
MARIO BARBI. Io mi scuso perché sono arrivato tardi e ho perso una parte dell'introduzione, cosa che mi tratteneva anche dall'intervenire. Volevo, però, chiedere un'informazione aggiuntiva sul ruolo della Chiesa, o delle Chiese, a Cuba in questo momento.
OSVALDO ALFONSO VALDÉS, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano. In breve, la Chiesa o le Chiese - ci sono anche protestanti a Cuba - sono organizzate in un'istituzione che è il Consiglio delle Chiese, che è docilissimo nei confronti del regime. Due dei suoi più alti dirigenti sono addirittura deputati in Parlamento. La Chiesa cattolica, negli ultimi anni, si è piegata sempre più nei confronti del regime. Se non fosse per certi vescovi che, a titolo personale, hanno mantenuto un atteggiamento deciso, come il vescovo di Santiago de Cuba o quello di Pinar del Río - che sono stati entrambi allontanati dalla diocesi che avevano - oggi tutta la gerarchia cattolica cubana - perché la Chiesa cattolica è gerarchica - non fa nulla, neanche il minimo, che possa irritare il regime, limitandosi alla propria azione ecclesiastica ben lungi da qualsiasi pronunciamento politico che possa dar fastidio al regime. Questa è la situazione.
PRESIDENTE. Signor Valdés, noi le siamo molto grati. Quello che lei ci ha detto e ci ha dato entreranno ufficialmente nel record di questa Commissione. Si intende che lei potrà contare sull'attenzione - e tensione - umana, ma anche politica e istituzionale delle persone che oggi ha incontrato in questa Commissione.
OSVALDO ALFONSO VALDÉS, Ex presidente del Partito liberal democratico cubano. Grazie di avermi ascoltato.
PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,35.