Sulla pubblicità dei lavori:
Stefani Stefano, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
Audizione di rappresentanti di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nella Federazione russa:
Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 10 11
Boniver Margherita (PdL) ... 8
Carboni Daniela, Direttrice dell'Ufficio campagne e ricerca della sezione italiana di Amnesty international ... 11
Corsini Paolo (PD) ... 8
Mecacci Matteo (PD) ... 7 8
Porta Fabio (PD) ... 10
Prandini Giuliano, Coordinatore nazionale per la Federazione russa della sezione italiana di Amnesty International ... 3 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15,20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di rappresentanti di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nella Federazione russa.
Come sapete, in una delle ultime sedute svolte, sia la maggioranza che l'opposizione hanno auspicato, nell'ottica dell'approvazione di un accordo italo-russo, lo svolgimento di audizioni di ONG di salvaguardia della democrazia.
Saluto e ringrazio il dottor Giuliano Prandini, coordinatore nazionale per la Federazione russa della sezione italiana di Amnesty International, e la dottoressa Daniela Carboni, direttrice dell'Ufficio campagne e ricerca della sezione italiana di Amnesty International.
Avverto che l'audizione dovrà concludersi entro le 16 per l'inizio delle votazioni in Aula.
Do la parola al dottor Prandini.
GIULIANO PRANDINI, Coordinatore nazionale per la Federazione russa della sezione italiana di Amnesty International. Ringrazio il signor presidente e gli onorevoli deputati per l'opportunità che viene data ad Amnesty International di esprimere le proprie preoccupazioni, per quanto concerne le violazioni dei diritti umani nella Federazione russa.
Amnesty International sta seguendo da anni la situazione in quel Paese. Ha svolto campagne per quanto concerne le violazioni dei diritti umani commesse dal Governo della Federazione russa e, in particolare, ha seguito: i difensori dei diritti umani che sono in pericolo; il conflitto armato, che si è esteso dalla Cecenia alle altre zone del Caucaso del nord; i casi di tortura; le esecuzioni extragiudiziarie, che sono frequenti nella Federazione russa; l'equità dei processi, che non è garantita; e gli attacchi di matrice razzista, che continuano tuttora.
Per quanto riguarda il primo argomento citato, quello dei difensori dei diritti umani, l'organizzazione si è concentrata sull'uccisione di giornalisti e avvocati.
È preoccupante il fatto che gli omicidi di giornalisti e avvocati si siano realizzati in un clima di sostanziale impunità; elemento che incoraggia e sostiene coloro che commettono tali crimini.
Pochi giorni fa, si è verificato il caso di Lev Ponomarev - esponente di primo piano, anzi capo, dell'organizzazione non governativa «Per i diritti umani» -, un uomo di 67 anni, che è stato attaccato, picchiato vicino alla sua casa a Mosca. Lev Ponomarev è un uomo che denuncia da
anni proprio le violazioni dei diritti umani in Russia.
I casi più noti sono quelli di Stanislav Markelov e della giornalista Anastasia Baburova, la cui uccisione è avvenuta recentemente nelle strade di Mosca.
Anastasia Baburova era una giovane giornalista che lavorava per Novaja Gazeta, lo stesso settimanale per cui lavorava la povera Anna Politkovskaja.
Stanislav Markelov era un avvocato molto importante, perché aveva seguito alcuni dei più rilevanti processi nel Paese, che tra l'altro hanno portato all'incriminazione - raramente questo succede - di responsabili di violazioni dei diritti umani.
Ricordiamo anche il caso dell'avvocato Karinna Moskalenko (anche questo è un nome conosciuto) che, tra l'altro, fa parte del gruppo di avvocati che segue il processo a Mikhail Khodorkovskij. È una persona che aiuta i cittadini russi, per quanto concerne gli appelli che loro fanno presso la Corte europea dei diritti umani. Questa persona, in Francia, sostiene di essere stata oggetto di un attentato con il mercurio, che sarebbe stato ritrovato nella sua automobile.
Il caso di Anna Politkovskaja è ben conosciuto. L'ultimo processo si è concluso con un nulla di fatto. In questo caso, Amnesty International fa delle raccomandazioni e chiede che nei contatti con le autorità russe il Governo sollevi il caso di Anna Politkovskaja.
Se la Commissione lo ritiene, potrebbe essere colta l'occasione della prossima missione a Mosca per far presente alle autorità russe che vi è la necessità di una completa e imparziale indagine sull'assassinio di Anna Politkovskaja, che vengano perseguiti i responsabili - compreso chi ordinò l'assassinio -, che le autorità dimostrino un forte impegno a proteggere i giornalisti e i difensori dei diritti umani e che vengano rispettati gli impegni internazionali assunti sulle libertà di espressione e associazione.
L'altro aspetto che vorrei portare alla vostra attenzione è quello del conflitto armato in Cecenia, perché si ritiene che le violazioni siano tutto sommato limitate a quell'area. In effetti, il conflitto armato si è esteso. Gravi violazioni dei diritti umani si sono verificate anche nelle altre Repubbliche autonome del Caucaso del nord, perché vi sono state sparizioni, esecuzioni extragiudiziali e confessioni forzate.
Ho contattato recentemente l'ufficio di Mosca di Amnesty International per avere delle informazioni e anche dei suggerimenti al riguardo. Ebbene, mi hanno detto che l'organizzazione è molto preoccupata per quanto concerne la richiesta, da parte delle autorità russe, di estradare individui che sono stati chiamati in causa, in quanto sospetti di crimini, da persone che sono state torturate per costringerle a confessare e a fare i nomi di persone che avrebbero partecipato ad azioni terroristiche.
L'esempio concreto è quello di Murad Gasaev che si trovava in Spagna e che, attraverso una procedura complessa, è stato estradato. Ora si trova in Russia ed è molto improbabile - questa è un'ulteriore preoccupazione - che possa essere sottoposto ad un processo equo.
Come dicevo, le violazioni dei diritti umani non si verificano soltanto in Cecenia, dove, come sappiamo, Ramzan Kadyrov è diventato presidente a marzo. Le violenze in quest'area, come nelle altre parti del Caucaso, sono dovute anche all'illegalità e agli abusi perpetrati durante le operazioni antiterroristiche che, invece di contribuire ad appianare la situazione, concorrono a perpetuare i contrasti.
È vero che in Cecenia le sparizioni forzate e i rapimenti sono diminuiti, però vi sono delle forme di violazione nuove e più frequenti; tra queste, vi è proprio quella dei processi farsa. Se avremo tempo, in sede di replica, forse potrò fornirvi un esempio in tal senso.
Questa è una delle nostre preoccupazioni. Tuttavia, una settimana fa, lo stesso ufficio di Mosca mi faceva presente che un ulteriore timore che si nutre è quello dell'uccisione di persone all'estero, persone che sono considerate dalla leadership cecena come oppositori. Umar Israjlov, ad esempio, è stato ucciso a Vienna in gennaio. Egli era stato torturato e aveva
presentato appello alla Corte europea dei diritti umani e si ritiene che sia stato ucciso anche per questo motivo.
In effetti, in Cecenia diverse persone sono state minacciate e uccise proprio per essersi appellate alla Corte europea per i diritti umani.
Un dato ancora più recente è quello relativo a Sulim Yamadayev - questa notizia risale a pochi giorni fa - che è stato ucciso a Dubai. Sembra difficile non vedere una motivazione politica dietro a questo assassinio. Suo fratello, l'anno precedente, in settembre, era stato ucciso nel centro di Mosca. Entrambi avevano dei seri contrasti con Ramzan Kadyrov. Insomma, una delle preoccupazioni è proprio quella dell'uccisione all'estero dei nemici del Governo ceceno.
Voglio aggiungere ancora che Amnesty International spera che l'Europa, che i Governi europei chiedano alle autorità russe di indagare a fondo su queste uccisioni, anche su quelle che ho citato, e di cooperare nelle inchieste sulle uccisioni di ceceni di nazionalità russa all'estero.
La crisi si sta estendendo alle altre repubbliche: vengono coinvolte anche le zone del Daghestan, del Kabardino-Balkaria e dell'Inguscezia.
Un tema che non posso non sfiorare è quello della tortura. Non voglio elencare i casi di tortura che vengono attuati. Dirò, però, che nel 2005 le organizzazioni non governative russe documentarono con certificati medici più di cento casi di tortura, in undici delle ottantanove regioni russe, tra le quali non vi erano le repubbliche del Caucaso del nord, dove la tortura è praticata persino maggiormente.
Vi è un altro aspetto interessante. Secondo numerose testimonianze, gli avvocati non possono assistere agli interrogatori delle persone sospettate. In proposito, ricordiamo l'esempio di Irina Kodzaeva nell'Ossezia del nord.
Voglio citare brevemente questo caso, proprio per rendere più concreta l'informazione. Irina Kodzaeva aveva tentato di entrare nella stanza, in cui il suo assistito stava per essere interrogato, uno dei poliziotti le impedì l'accesso, lei cercò ugualmente di entrare e fu sbattuta contro la porta.
Riportò una ferita e sporse denuncia al procuratore, il quale la rifiutò, accettando invece, la denuncia del poliziotto che disse di essere stato impedito nelle sue funzioni.
I parenti non sono informati circa la detenzione dei loro congiunti, le persone sospettate sono torturate dalla polizia o da altri detenuti.
Mi riferisco ad un caso preciso, quello di Rasul Kudaev, che è un ex prigioniero di Guantanamo, nel Kabardino-Balkaria. Nel 2005, viene accusato, assieme ad altre persone, di aver partecipato a degli attentati, viene torturato e costretto ad ammettere quanto gli veniva richiesto. Anche lui ha fatto appello alla Corte europea per i diritti umani.
Alle vittime è negata la visita medica da parte di un medico di loro scelta. Le denunce di tortura sono raramente indagate e i responsabili della tortura sono raramente perseguiti.
Un commento che viene fatto in merito riporta che le forze di polizia sono poco pagate, mal addestrate e che, per poter ottenere delle promozioni, bisogna risolvere quanti più casi possibili. Per raggiungere tale scopo, dunque, si ricorre alle «confessioni».
Le stazioni di polizia costituiscono l'ambiente dove maggiore è il rischio di tortura, sono completamente chiuse all'esterno. Non sono possibili le visite preannunciate e, per questo motivo, Amnesty International chiede alle autorità russe di firmare e ratificare il protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura che consentirebbe quanto invece adesso non è possibile.
Come dicevo, i casi di tortura sono frequenti, benché la Russia abbia ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.
Un altro aspetto da osservare, collegato a questo, riguarda le prigioni che sono sovraffollate. Nella Federazione russa, i detenuti sono circa un milione. Le loro
condizioni di detenzione equivalgono ad un trattamento crudele, inumano e degradante.
Viene riferito che dormono a turno, che metà sono malati, che sono mal nutriti, che le cure mediche e l'igiene sono scarse e che le condizioni dei prigionieri condannati all'ergastolo sono anche peggiori.
Lev Ponomarev, di cui ho riferito precedentemente, denunciò i maltrattamenti subiti dai detenuti e per questo fu aggredito durante una conferenza stampa. Questo avvenne nel giugno del 2008. Era presente insieme al capo del gruppo Helsinki di Mosca e fu attaccato da un gruppo di giovani, i quali gettarono uova contro di lui e l'altro esponente. Sembra che agissero per conto di un parlamentare.
Un altro argomento rilevante è quello delle preoccupazioni in materia di equo processo. Recentemente, Amnesty International ha seguito alcuni processi. Il più importante, a cui abbiamo dedicato maggior attenzione, riguarda Stanislav Dmitrijevskij della società per l'amicizia russo-cecena.
Nel 2006, egli aveva ripubblicato due articoli di indipendentisti ceceni (lo scomparso Maskhadov e il suo inviato Akhmed Zakayev). Per aver ripubblicato questi due articoli, che sostanzialmente chiedevano la pace nella regione caucasica - erano articoli di natura non violenta - quest'uomo, presidente della società citata, fu condannato a due anni di detenzione. La pena fu sospesa ed ebbe quattro anni di libertà vigilata.
Tra l'altro, Anna Politkovskaja - che è stata presente in numerosi di questi processi - venne a Niznij Novgorod, la città dove opera tuttora Stanislav Dmitrijevskij, come testimone in sua difesa.
Si tratta, insomma, di una strategia messa in atto dalle autorità, per colpire l'attività di organizzazioni che lavorano in difesa dei diritti umani e dei cittadini, riuscendo a far uscire dai confini del Paese le loro denunce. Infatti, questa è l'azione che portava avanti questa società, assieme ad interventi umanitari, di aiuto a bambini e invalidi.
Difensori dei diritti umani, avvocati e giornalisti sono minacciati a causa delle loro coraggiose attività di controllo e documentazione sulla situazione dei diritti umani nella regione.
Tanti chiedono che senso abbiano queste campagne e queste attività. Noi rispondiamo che la pubblicità che viene fatta, le campagne che vengono messe in atto incoraggiano queste persone e costituiscono nei loro confronti un'importante forma di protezione.
Uno degli ultimi argomenti che vi vorrei sottoporre è quello del razzismo. Vi sono stati attacchi razzisti violenti, soprattutto nelle grandi città nella federazione russa. Mosca, San Pietroburgo, Niznij Novgorod. È comprensibile, perché in quelle zone sono più presenti stranieri e minoranze etniche.
Vengono attaccati richiedenti asilo, rifugiati, ceceni, nord caucasici - che dall'opinione pubblica spesso sono considerati terroristi, spacciatori di droga - ebrei, rom, musulmani osservanti, studenti e rifugiati africani.
È stato compiuto uno sforzo da parte delle autorità per porre un freno a queste violenze, però le condanne per attacchi razzisti sono state poche e le vittime hanno affermato che i loro tentativi di denunciare alla polizia questo tipo di attacchi, sono stati spesso vani.
Non sappiamo quanti sono gli attacchi, né quante sono state le persone uccise. Tuttavia, secondo una organizzazione non governativa, il centro di informazione statistica SOVA, almeno sessantuno persone sono state uccise nel 2006.
Sono stati riferiti anche attacchi antisemiti e profanazione di cimiteri ebraici.
Dmitri Krajukin è una persona che aveva denunciato queste violenze. Vive ad Orël, nella Russia centrale. La sua è una storia di intimidazione. Ha subito una serie di incidenti per aver denunciato le violenze di cui ho parlato.
Penso che il tempo a disposizione sia poco. Tuttavia, prima della fine del mio intervento vorrei svolgere ancora due considerazioni
che mi preme sottolineare, perché temo che dopo non ci sarà tempo per farlo.
È importante che la Cecenia non scompaia dall'agenda internazionale, perché questo è proprio ciò che si sta verificando.
Si richiede di controllare, di monitorare gli adempimenti previsti dalle sentenze della Corte europea dei diritti umani sui casi ceceni e di fare in modo che il Governo russo non si limiti a ricompensare economicamente le vittime, ma intervenga anche per punire i responsabili.
All'Unione europea si deve chiedere di porre in primo piano la tutela dei diritti umani e l'effettivo adempimento degli obblighi previsti dalle sedute della Corte di Strasburgo sui casi ceceni in tutti i forum e summit a cui partecipi la Federazione russa.
PRESIDENTE. Grazie dottor Prandini. Prima di dare la parola ai colleghi, desidero scusarmi - ho dimenticato di farlo ad inizio seduta - per il ritardo con cui abbiamo dato avvio alla nostra audizione, dovuto ai precedenti impegni cui dovevamo far fronte,
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MATTEO MECACCI. Presidente, intanto, la voglio ringraziare, come tutti i capogruppo, per avere acconsentito a questa richiesta di audizione di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani in Russia che si inserisce, come lei ricordava, nel contesto della ratifica dell'accordo di cooperazione tra le forze di polizia del nostro Paese e quelle della Federazione russa.
Nel mio intervento, mi concentrerò su alcuni aspetti della testimonianza che ci ha fornito Amnesty International e che possono riguardare, anche nel merito, questo trattato.
In particolare, nel trattato si parla della collaborazione tra i due Paesi nella prevenzione, individuazione, risoluzione e repressione di alcuni tipi di reato, tra i quali i reati di terrorismo.
Secondo la mia esperienza, l'interpretazione, sia legislativa che giudiziaria, del reato di terrorismo che viene fatta dalle autorità della Federazione russa è molto diversa da quella che ne danno le nostre istituzioni, specialmente quelle europee.
Nello specifico, nel 2000, ci siamo trovati, all'interno delle Nazioni Unite, come Partito Radicale transnazionale, a dover rispondere ad accuse di sostegno al terrorismo internazionale, in sede di Comitato sulle organizzazioni non governative e poi di Ecosoc delle Nazioni Unite, perché avevamo dato la parola nella Commissione sui diritti umani di Ginevra ad un parlamentare ceceno.
Questa persona, tra l'altro, aveva svolto un ruolo di negoziatore con i russi, nel corso degli anni Novanta, per cercare di trovare una soluzione al conflitto e veniva accusata di terrorismo, semplicemente perché ceceno e rappresentante dell'amministrazione dell'allora presidente Maskhadov.
Vorrei sapere dunque se esistono dei casi, o se si possono avere dei materiali, relativi ad accuse di terrorismo che vengono formalizzate, anche da parte delle autorità della Federazione russa, nei confronti di persone che sono critiche verso il Governo o che portano avanti cause che riguardano situazioni di minoranze religiose o con riferimento alla regione del nord del Caucaso, dove sappiamo che esiste questo conflitto.
Del resto, purtroppo - questo è uno degli effetti della guerra al terrorismo lanciata dall'amministrazione americana dopo l'11 di settembre -, nei Paesi retti da regimi non democratici, l'interpretazione di cosa sia terrorista o meno è molto diversa da quello che viene data nei nostri Paesi.
Pertanto, apprestandoci a ratificare questo tipo di trattato, credo che sarebbe utile valutare come la Federazione russa, sia dal punto di vista legislativo che nella pratica giudiziaria, interpreti tale aspetto. Infatti, potremo ritrovarci a dover rispondere a richieste di collaborazione con l'antiterrorismo, inviate in relazione a persone - magari di nazionalità russa - che
si trovassero a transitare in Italia e che fossero accusate dalle istituzioni di quel Paese di atti di tal genere.
Per il resto, rispetto alle richieste che venivano presentate, anche in merito alla necessità di assumere un impegno più in generale da parte del Governo sul tema dei diritti umani nei confronti della Federazione russa, spero che anche nell'ambito della discussione su questo trattato, si possa trovare il modo per impegnare politicamente il Governo a compiere dei passi che non siano semplicemente formali, ma anche di iniziativa diplomatica e politica con la Federazione russa.
MARGHERITA BONIVER. Volevo esprimere innanzitutto il mio apprezzamento per l'interessantissima relazione che abbiamo appena ascoltato e che ci ha fornito molte più informazioni di quante ognuno di noi può tranquillamente acquisire, attraverso i reportage sulla stampa, relativamente alla situazione dei diritti umani in Russia.
Credo che sia assolutamente necessario che questa Commissione, anche prima di recarsi in Russia, faccia presente all'ambasciatore russo in Italia - e mi auguro che così sia - che la questione dei diritti umani in Russia sarà uno degli argomenti che la nostra delegazione affronterà con i nostri corrispettivi a livello parlamentare.
Ritengo infatti che la questione dei diritti umani dovrebbe essere in cima all'agenda dei colloqui in qualsiasi direzione si muova la Commissione esteri. Quindi, sono assolutamente d'accordo con quanto veniva suggerito, vale a dire che la questione venga affrontata nel modo più formale possibile, partendo evidentemente dal caso simbolo, quello del processo per l'uccisione di Anna Politkovskaja, che ho avuto l'onore di conoscere e che mi è sempre sembrata una persona di straordinario equilibrio, oltre che di incommensurabile coraggio.
Del resto, occuparsi della questione cecena, per una cittadina russa, nel periodo storico prima della cosiddetta normalizzazione, cioè prima che venisse messo a tacere sia il terrorismo ceceno - che certamente è esistito - sia la terrificante repressione che ne è seguita e che, a differenza del collega Mecacci, non faccio assolutamente seguire alle «colpe» americane della lotta al terrorismo, perché...
MATTEO MECACCI. È iniziata ben prima!
MARGHERITA BONIVER. Ho capito male, spero di aver capito male. Certamente, tuttavia, sono stati commessi moltissimi abusi all'insegna della lotta al terrorismo e senza dubbio l'allora Presidente russo Putin non è stato secondo a nessuno, quando ha usato una mano molto pesante per reprimere il terrorismo ceceno.
Detto tutto questo, credo che sarebbe molto utile per questa Commissione mantenere un rapporto costante con le maggiori organizzazioni per la difesa dei diritti umani in Russia (e non soltanto con quelle di grande spessore come Amnesty International).
I temi del rafforzamento della democrazia e del rispetto dei diritti umani, infatti, non dovrebbero essere lasciati soltanto ai dibattiti per certi versi paludati che avvengono all'interno del Consiglio d'Europa, ma sarebbe molto meglio se venissero affrontati all'interno di un Parlamento nelle piene funzioni di poteri come il nostro.
PAOLO CORSINI. Mi associo al ringraziamento che le è stato rivolto dai miei colleghi per la relazione, sintetica per evidenti motivazioni di tempo e di spazio, ma anche molto articolata e densa di informazioni.
Rimpiango il fatto che l'onorevole Guzzanti non faccia più parte di questa Commissione e che oggi non sia con noi, perché, forse più di ogni altro collega, mi pare che egli abbia in più di una occasione sollevato le questioni di cui oggi discutiamo.
Per quanto riguarda la Russia, la Federazione russa in modo particolare, il giornalista Kapuscinski, una sorta di Erodoto dei nostri tempi, ha scritto in Imperium
pagine decisamente straordinarie, volte a documentare i meccanismi di negazione della legalità, di affermazione di standard molto al di sotto di quelli che adottiamo nei Paesi democratici, di democrazia liberale dell'Occidente.
Del resto, credo che, al di là della vasta casistica che lei ha descritto - vicende che riguardano singoli casi, la questione della Cecenia, gli assassinii commessi all'estero, la diffusione delle pratiche della tortura, le condizioni di prigionia che non sono compatibili con il Paese di Cesare Beccaria, evidentemente, o i temi che riguardano il razzismo e i rigurgiti di antisemitismo particolarmente preoccupanti - resta un problema di natura politica di carattere più generale, che investe le responsabilità del nostro Parlamento e del nostro Governo.
Potrei utilizzare un gioco di parole. Non è mio lo scherzetto, ma di Demetrio Volcic, ed è contenuto in un libretto pubblicato recentemente da Laterza e dedicato a «Ras-Putin». Il fatto è che, in ragione di motivazioni che attengono alla cosiddetta Realpolitik, soprattutto in Occidente, la raffigurazione che si dà di Putin, appunto, e delle modalità estremamente sbrigative di gestione del suo Governo, portano ad un atteggiamento che non solo garantisce una sorta di impunità - questo non riguarda soltanto il nostro Paese, ma anche l'Europa, in modo particolare per quel che è avvenuto in Cecenia -, ma rischia anche, nell'accentuazione di una disposizione di tolleranza, di sfociare in una sorta di vera e propria connivenza.
Quindi credo sia stato opportuno da parte nostra sollevare tali questioni. In proposito, voglio ringraziare il presidente della Commissione che è stato molto longanime nel promuovere questa audizione e nell'accettarne la proposta.
Sotto questo profilo sorgono molteplici problemi per quanto attiene alle strategie e alle linee politiche del sistema di relazioni internazionali che il nostro Paese e il nostro Governo adottano nei confronti della questione russa, dentro la quale, a mio avviso, nelle linee che vengono oggi emergendo, agiscono molteplici fattori. Ne segnalerei uno in modo particolare.
Al di là della rievocazione di una lunga tradizione di dispotismo asiatico, dei fattori di continuità con gli inesistenti standard di legalità nella Russia sovietica, delle reviviscenze dei grandi miti slavofili, resta il fatto che la Russia di Putin, dopo il crollo dell'Unione sovietica, non ha affatto dismesso la volontà di inverare il sogno dell'impero, della grande potenza.
Questo, naturalmente, porta ad obliterare e a non assumere quei criteri di legalità che sono propri di una democrazia, quale la pensiamo in Occidente, cioè di un sistema liberal-democratico che si regge su un meccanismo di pesi e contrappesi, sulla valorizzazione degli strumenti di controllo dell'esercizio del potere e sull'affermazione dei diritti delle opposizioni e delle minoranze.
Ho l'impressione, infatti, che, al di là dei singoli casi che possono essere imputati a costumi, tradizioni e modalità di espressione della cosiddetta «società civile», la questione del mancato rispetto dei diritti umani e dei diritti civili in Russia sia soprattutto di natura istituzionale e politica.
Non c'è soltanto la continuazione di una storia di pogrom che risale indietro nei secoli, non c'è soltanto un antisemitismo che fu coltivato e promosso, ad esempio, dai regimi dittatoriali comunisti e stalinisti, non c'è soltanto un costume di intolleranza che investe lo stesso mondo religioso - è noto, ad esempio, che alcuni settori della Chiesa ortodossa russa sono assolutamente intolleranti -, ma si pone un problema politico che investe la natura delle istituzioni e le modalità di esercizio del potere del governo in questo Paese.
Credo che questo sia anche il senso dell'audizione odierna, ossia consentirci di aprire una discussione, una valutazione, un dibattito che coinvolga la maggioranza e la minoranza, in ordine alle strategie di rapporto con un Paese che, anche in occasione della crisi in Georgia, al di là delle evidenti e palesi responsabilità del
Governo georgiano, ha utilizzato maniere estremamente sbrigative e particolarmente repressivo-sanzionatorie.
Concludo il mio intervento, ringraziando il dottor Prandini e auspicando - anche alla luce dell'occasione che ci è data dalla ratifica degli accordi che verranno sottoposti alla Commissione - che questo tema possa venire proiettato sullo sfondo di diritti umani e civili che, soprattutto nella ricorrenza anniversaria, non sono negoziabili, né possono essere negletti nel loro significato universale.
Vorrei chiudere con una osservazione critica nei confronti di Amnesty International, per la quale nutro grande stima e vivo apprezzamento.
Recentemente, ho letto un libro, che per me è stata una vera provocazione, della nostra collega Fiamma Nirenstein, in cui si spiega - credo giustamente - che ciascuno di noi debba sentirsi ebreo e israeliano e in cui si fanno alcune imputazioni ad Amnesty International, in ordine ad un atteggiamento connotato da grande equilibrio.
Ritengo che Amnesty International sia assolutamente imparziale e super partes, non parteggi per nessuna fazione politica, si schieri solo per l'affermazione e la tutela dei diritti umani e civili.
Mi piacerebbe sentire qual è il giudizio in ordine alle vicende che riguardano il rapporto tra Israele e gli hezbollah, la crisi della Striscia di Gaza, il Libano, l'islamizzazione del movimento di Hamas.
Sotto questi profili, infatti, emergono alcuni casi in cui Amnesty International forse non ha manifestato quell'equilibrio che invece le appartiene e del quale le siamo assolutamente riconoscenti.
FABIO PORTA. Sarò brevissimo, perché vorrei che la bella e completa esposizione - per la quale ovviamente anche io volevo ringraziare il dottor Prandini - fosse terminata con una giusta replica.
A questo punto, mi accodo ai miei colleghi, dicendo che la relazione ha purtroppo confermato, e forse anche rafforzato, non solo l'esigenza di questa audizione, ma anche alcune preoccupazioni in merito al rispetto dei diritti umani in Russia.
Quello che ci è stato detto sugli assassinii, i processi, la tortura e anche gli episodi di razzismo mi sembra che lo confermi.
Pertanto, chiederei anche io - come ha fatto la collega Boniver - al presidente della Commissione di preparare adeguatamente la missione di aprile, ponendovi al centro questa tematica e informandone l'ambasciata e i Governi dei rispettivi Paesi.
Infatti, mi sembra che nella stessa maniera in cui questa Commissione ha sempre affrontato la tematica dei diritti umani - penso al dibattito sulla Conferenza di Durban che è stato svolto con una grande sensibilità - si debbano trattare anche questioni legate a un Paese come la Russia, rispetto al quale, come diceva il collega Corsini, per Realpolitik o geopolitica, a volte, si ha un occhio differente che per altre situazioni.
PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
GIULIANO PRANDINI, Coordinatore nazionale per la Federazione russa della sezione italiana di Amnesty International. Ringrazio gli onorevoli deputati che si sono espressi, per quanto concerne la richiesta all'ufficio di presidenza della Commissione di far presenti alcuni degli aspetti qui trattati in sede di contatti a Mosca con le autorità russe nel corso della prossima missione. Questo è veramente un grazie sentito.
Per quanto riguarda le indicazioni dell'onorevole Mecacci, mi riservo di inviare alcuni documenti in merito. Ribadisco semplicemente il caso di Stanislav Dmitrijevskij, che era stato accusato di crimini di odio per aver ripubblicato due articoli dove si chiedeva il ritorno alla pace.
In questo momento, sono entrati in vigore nuove modifiche alla legge per combattere le attività estremiste. Ora viene preso in considerazione non solo l'odio per una determinata razza, religione o etnia, ma anche quello verso gruppi politici, ideologici e sociali.
I difensori dei diritti umani sono preoccupati, perché rilevano come questa legge potrebbe essere invocata per reprimere il dissenso.
Ringrazio tutti gli altri onorevoli che sono intervenuti. Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Corsini, lascerei la parola alla dottoressa Carboni.
DANIELA CARBONI, Direttrice dell'Ufficio campagne e ricerca della sezione italiana di Amnesty International. Il tempo stringe, quindi obiettivamente non abbiamo la possibilità, per gli impegni che vi attendono, di approfondire il tema delle osservazioni di Amnesty International in merito alle violazioni dei diritti umani in Israele e nella striscia di Gaza, in relazione alle ultime vicende accadute.
Ovviamente, la nostra posizione è che le denunce e le raccomandazioni di Amnesty International sono imparziali e relative a ciò che osserviamo, in quanto violazione dei diritti umani.
Forse l'occasione migliore per parlarne potrebbe essere un'altra audizione su questo tema, se la Commissione lo ritenesse opportuno, o degli incontri più informali con l'onorevole Corsini o con l'onorevole Nirenstein. Siamo assolutamente disponibili.
Nel ringraziarvi complessivamente per questa preziosa occasione di confronto e di reciproca informazione, confermo che siamo a disposizione per trattare non solo questo, ma anche altri temi.
Volevo sottolineare che ci sarebbe piaciuto avere un'occasione simile riguardo ad un altro trattato molto importante che è stato ratificato recentemente: l'accordo Italia-Libia.
È stato veramente un peccato, dal punto di vista dei diritti umani, che non ci sia stato il tempo di audire le organizzazioni, e non solo Amnesty, che in Italia si occupano di immigrazione e asilo. Tuttavia, è possibile incontrarsi nuovamente, nei tempi e nei modi che riterrete opportuni, per riflettere sull'attuazione del trattato.
PRESIDENTE. Dottoressa, ringrazio lei e tutti i colleghi.
Proprio da questa discussione emerge la necessità - questa è la mia opinione, però vorrei sentire anche la vostra - di disporre di maggior tempo. Del resto, è impensabile avere tempi tanto stretti per trattare argomenti così importanti.
Personalmente, ritengo rilevanti gli aspetti sollevati, e credo che anche i colleghi siano della stessa opinione. Ad ogni modo, il vostro intervento è stato esaustivo. Vi ringrazio anche avete per aver risposto in modo puntualissimo alle nostre richieste.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.