Sulla pubblicità dei lavori:
Colombo Furio, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
Audizione di Emmanuel Raison, coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia (OIDHACO):
Colombo Furio, Presidente ... 2 6 7 8
Farina Renato (PdL) ... 6
Mariani Carla, Rappresentante della Rete italiana di Solidarietà Colombia Vive! ... 2
Pardo Ruben Dario, Rappresentante della Rete italiana di Solidarietà Colombia Vive! ... 3 7
Raison Emmanuel, Coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia ... 4 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 13.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di Emmanuel Raison, coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia (OIDHACO), rete internazionale di organismi non governativi, riconosciuta come il principale interlocutore europeo sulle problematiche dei diritti umani in Colombia.
Nella seduta del 2 ottobre 2008, il Comitato ha già avuto modo di audire i rappresentanti della rete italiana di solidarietà con le comunità colombiane Colombia Vive!, gli stessi che oggi hanno voluto accompagnare Emmanuel Raison, in occasione della presentazione della campagna internazionale «Colombia, difensori dei diritti umani sotto minaccia».
Saluto quindi e ringrazio per la loro rinnovata disponibilità Andrea Proietti, Carla Mariani e Ruben Dario Pardo.
Do la parola a Carla Mariani, rappresentante della Rete italiana di solidarietà con le comunità colombiane Colombia Vive!.
CARLA MARIANI, Rappresentante della Rete italiana di Solidarietà Colombia Vive!. Se il presidente lo ritiene opportuno, vorrei portare il saluto della rete italiana di solidarietà e spiegare perché abbiamo sentito la necessità di promuovere e presentare davanti a questa Commissione la campagna internazionale «Defendemos los defensores de los derechos humanos».
Ci siamo infatti resi conto dell'importanza di difendere non solo i diritti umani, ma anche i difensori dei diritti umani, specialmente in un Paese come la Colombia, dove purtroppo da oltre cinquanta anni è in atto un conflitto sociale e politico armato tra i più violenti al mondo e tuttora esistente, nonostante non venga riconosciuto dal Governo colombiano.
Il Governo colombiano definisce infatti questi scontri attività di contrasto al terrorismo, attività di controguerriglia. In realtà, da decadi questa attività cerca di coinvolgere la popolazione civile nel conflitto. Uno dei modi per coinvolgerla, da ultimo, è chiedere agli studenti dell'università di Medellin di organizzarsi come estudiantes informantes. È poi possibile posizionare posti di polizia all'interno di alcune comunità, che quindi diventano obiettivi militari, perché in Colombia vige la logica, condivisa in primis dal Governo, secondo cui chi non è con me è contro di me. In questo momento, quindi, si assiste a un peggiorare della situazione, soprattutto
nei confronti di chi esercita questa funzione sociale di difensore dei diritti umani.
Ultimamente, anche grazie all'indefesso lavoro di alcuni difensori dei diritti umani, è venuta alla luce una strategia del Dipartimento amministrativo di sicurezza del Governo (DAS), che dipende direttamente dal Presidente della Repubblica di Colombia, Alvaro Uribe, che prevedeva intercettazioni illegali di difensori dei diritti umani, ma anche di sindacalisti, avvocati, giudici, così come di semplici volontari o di organizzazioni non governative, per seguire ogni passo di queste persone e ottenere elementi su cui montare false accuse da presentare all'opinione pubblica, cercando di screditarli e facendoli quasi sempre apparire come fiancheggiatori della guerriglia.
Questo è successo anche ad alcuni difensori dei diritti umani che abbiamo il piacere di aver accompagnato in questi dieci anni nei processi di costruzione di pace in Colombia, come padre Javier Giraldo Moreno, che lo stesso presidente della vostro Comitato avrà avuto modo di conoscere e apprezzare. Nei giorni scorsi, sui muri di Bogotà sono apparse minacce di morte indirizzate a lui e ad alcuni membri della commissione interecclesiale Justicia y Paz, che difende i diritti umani. Lo stesso Luis Eduardo Guerra, leader della comunità che la rete accompagna ormai da dieci anni, nel 2005 è stato ucciso con altre sette persone perché difendeva i diritti umani.
In questa situazione, abbiamo cercato sempre di mantenere vivo e costante un collegamento con altre realtà europee, che si occupavano della difesa dei diritti umani in Colombia, e abbiamo accolto con grande soddisfazione l'invito rivoltoci da OIDHACO di aderire a questa campagna, che promuove il rispetto del diritto di difendere i diritti umani.
Oggi, siamo qui per presentare Emmanuel Raison dell'Ufficio internazionale per i diritti umani Acción Colombia. Ci sembrava quindi opportuna la presenza di un rappresentante di quella parte di società civile colombiana che sta lavorando per la difesa dei diritti umani, Ruben Dario Pardo Santa Maria, che è uno dei fondatori della rete, oggi ritornato in Colombia per la sua attività di docente presso l'Università di Armenia, dove ha la cattedra di Trabajo social.
RUBEN DARIO PARDO, Rappresentante della Rete italiana di Solidarietà Colombia Vive!. Grazie per averci ricevuti. Parlerò per cinque minuti, per poi lasciare spazio a Emmanuel Raison.
Mi limiterò a evidenziare come un difensore dei diritti umani di entrambi i sessi sia una persona che si impegna nel difendere le grandi conquiste dell'umanità. In questo la storia italiana ha dato un grande apporto, perché si impegna a difendere i diritti culturali, sociali, politici e civili dell'intera umanità, quello che oggi è noto come «la civiltà». Una di queste conquiste è la costruzione dello Stato sociale di diritto, felice creazione europea diffusasi in tutto il mondo.
Il difensore dei diritti umani si batte per legittimare e rafforzare lo Stato sociale di diritto. Il paradosso è che lo Stato, in questo caso lo Stato colombiano, si adopera per perseguire, stigmatizzare e uccidere i difensori dei diritti umani, che lavorano affinché lo Stato sociale di diritto sia consolidato e migliorato. Purtroppo, in Colombia numerosi difensori dei diritti umani sono vittime di assassini o di imprigionamenti illegali con false testimonianze, o di minacce alle loro famiglie, mogli e figli, di montature che portano a demonizzarli. Di tutto questo sicuramente ci parlerà ulteriormente Emmanuel.
Desidero richiamare l'attenzione di questo Comitato sull'importanza di ricevere l'appoggio dell'Italia nella difesa dei diritti umani in Colombia per due motivi fondamentali: per la gravità della situazione di crisi umanitaria che il Paese sta vivendo e anche perché, nonostante i nostri problemi, ovvero i cinquanta anni di guerra, come diceva Carla Mariani, i «falsi positivi», le persecuzioni ad opera dello Stato o di gruppi illegali, la guerriglia, i paramilitari, i trafficanti di droga, la Colombia è uno dei Paesi con il maggior
numero di organizzazioni per la difesa dei diritti umani al mondo.
Nonostante il buio, ci sono migliaia di uomini e donne che tutti i giorni si impegnano e mettono a repentaglio la propria vita per difendere i diritti umani. Ci sono le comunità di pace ossia gruppi di persone che resistono alla guerra e allo sfollamento forzoso con la non violenza: non reagiscono con la violenza, ma rimangono fermamente sul territorio e continuano a denunciare le violazioni perpetrate dalla guerriglia, dai paramilitari, dall'esercito. Ci sono associazioni di donne, come le madri della Candelaria di Medellin, che sono la versione colombiana delle madri di Plaza de Mayo argentine, che ogni settimana si recano alla chiesa della Candelaria con cartelli per reclamare il ritorno degli scomparsi, e quando vengono a sapere che da qualche parte esiste una fossa comune, vanno a scavare con pale e picconi in cerca dei resti degli scomparsi, cosa molto coraggiosa considerato che generalmente le fosse comuni si trovano in territori ostili, dominati dai vari gruppi
che partecipano al conflitto armato colombiano.
Ci sono poi organizzazioni urbane dei diritti umani, come il collettivo di avvocati José Alvear Restrepo, duramente perseguitato e minacciato, e un'infinità di gruppi, grandi e piccoli, alcuni più qualificati sul piano della preparazione universitaria, altri formati da contadini, da indigeni, da afrocolombiani, che cercano di tutelare la vita e la dignità delle persone.
Vorremmo chiedere al Governo italiano di riconoscere che in Colombia è in corso un conflitto armato. Questo è importante, perché, se il Governo colombiano non riconosce l'esistenza di un conflitto armato, non si possono applicare le norme internazionali che regolano i conflitti armati. È quindi fondamentale che Paesi come l'Italia riconoscano l'esistenza del conflitto armato in Colombia, per poter prendere decisioni come quella di non vendere armi al Paese e di applicare la legislazione internazionale in materia.
EMMANUEL RAISON, Coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia. Signor presidente, ringrazio lei e tutti i membri del Comitato. Mi scuso di non poter parlare in italiano, anche se mi piacerebbe, ma parlerò spagnolo. Anche io ringrazio la rete italiana di solidarietà per aver organizzato questa riunione.
L'organizzazione che rappresento è una rete europea che da quindici anni lavora per i diritti umani in Colombia. Sono più di trenta le organizzazioni e le ONG attive per lo sviluppo, per i diritti umani, anche appartenenti all'ambito della Chiesa, che si sono attivate perché constatano la gravità della situazione colombiana.
Terrei a precisare che il Governo colombiano offre sistematicamente un volto gradevole e positivo della situazione nel Paese. Sappiamo per esempio, che il numero degli omicidi legati alla criminalità comune negli ultimi anni è diminuito nel Paese a seguito della politica di sicurezza, ma, come ha detto la mia collega Carla Mariani, questa ha avuto molti effetti perversi, che in altri campi hanno fatto peggiorare la situazione dei diritti umani. In Colombia, ad esempio, si continuano a uccidere molti sindacalisti. L'anno scorso sono stati più di 40 e l'anno prima 49, il che corrisponde a più del 60 per cento di tutti i sindacalisti uccisi nel mondo intero. In Colombia, quindi, ogni anno vengono uccisi più sindacalisti che in tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme.
La situazione già menzionata del Dipartimento amministrativo per la sicurezza e il modo in cui esso ha perseguitato difensori dei diritti umani, magistrati della Corte Suprema, giornalisti, politici di opposizione è molto grave e va contro i princìpi di qualsiasi Stato di diritto. Inoltre si è rivolto anche contro organizzazioni internazionali come l'ONU e la Commissione interamericana dei diritti umani. Anche in territorio europeo, sappiamo che c'è una Operazione Europa, rivelata dalla stampa poche settimane fa, che prende a bersaglio dell'azione illegale del DAS la Commissione dei diritti umani del Parlamento europeo. Sappiamo che la nostra
organizzazione OIDHACO e molti dei nostri membri sono stati spiati e perseguitati e spesso le loro attività in Europa sono state sabotate da agenti dei servizi segreti colombiani. Riteniamo che questo sia inammissibile e che tutte le autorità europee debbano pronunciarsi per stigmatizzare queste azioni.
Un altro grave episodio si è verificato ultimamente. Anche se negli ultimi anni il numero di stragi operate da gruppi paramilitari è diminuito, questi massacri ci sono ancora, e soprattutto è molto cresciuto il numero delle uccisioni commesse dall'esercito. In Colombia, si parla dei «falsi positivi» che, per il relatore dei diritti umani dell'ONU che se ne è occupato, sono semplicemente esecuzioni extragiudiziali, crimini premeditati contro civili, perpetrati con finalità economiche. In questo modo sono stati uccisi giovani civili disarmati, tentando di farli passare per guerriglieri morti in combattimento.
Secondo la Procura colombiana, questi casi ammonterebbero ad almeno 2.000 negli ultimi anni, un numero enorme, molto superiore alle cifre dei massacri operati dai gruppi della guerriglia o dai paramilitari, i quali commettono comunque violenze inaccettabili. Tuttavia dobbiamo essere consapevoli del fatto che negli ultimi anni, le più gravi violazioni dei diritti umani sono state compiute da forze interne allo Stato, e ciò è molto preoccupante.
La campagna dei difensori è nata nel settembre del 2009. È stata presentata prima in Colombia, poi a Washington e in diverse capitali europee, a cominciare da Bruxelles, Londra, Dublino, Madrid, Berlino. Ieri, abbiamo fatto una presentazione pubblica qui a Roma.
Vogliamo che questa campagna si sviluppi, perché in ogni Paese ci deve essere un movimento di solidarietà a tutela dell'importante azione di difesa dei diritti umani in Colombia. Tutte le realtà che vi ho illustrato sono diventate note a livello internazionale solo grazie all'opera dei difensori sul territorio, che rischiano la loro vita e fanno questo grande sforzo. In queste realtà c'è bisogno della società e delle istituzioni italiane come quella che voi rappresentate qui oggi.
A tal riguardo, vi rivolgo quindi una richiesta concreta. Sapete che tra due settimane si svolgerà una consultazione elettorale per eleggere un nuovo presidente, che entrerà in carica ad agosto. Vi chiederei, se possibile, che questo Comitato indirizzi una lettera al nuovo presidente colombiano, quando ad agosto sarà insediato, per esprimere la sua preoccupazione per la situazione dei difensori ed esortarlo ad attuare le raccomandazioni elaborate dalla nostra campagna su tutti i temi che rendono difficile la vita dei difensori dei diritti umani in Colombia.
Questa è una prima richiesta. Permettetemi inoltre di accennare a una questione molto attuale nei rapporti tra UE e Colombia, che riguarda l'accordo commerciale che è stato negoziato e sta per essere firmato nei prossimi giorni. Noi siamo favorevoli, perché riteniamo che gli scambi commerciali tra i popoli possano dare buoni frutti. Se però non si negozia bene e non si impostano correttamente gli scambi, possono emergere anche risultati negativi. Nel caso colombiano, purtroppo, nonostante questa situazione dei diritti umani che tanto preoccupa noi, preoccupa l'ONU e la stessa Unione europea, i negoziatori non hanno colto l'occasione per fare pressioni sul Governo colombiano affinché si adoperi maggiormente per migliorare la situazione sul terreno. Si è trattato in un'ottica meramente commerciale, tralasciando questi aspetti e il momento di opportunità offerto dalla trattativa per ottenere cambiamenti. Molti interessi
economici ma anche politici del Governo colombiano entrano in gioco con questo Trattato, che sarà per il Governo come un avallo alla situazione politica e dei diritti umani nel Paese.
Vorrei ricordare, quindi, che il Trattato di libero scambio tra Stati Uniti e Colombia non è stato ratificato dal Congresso nordamericano proprio a causa della situazione dei diritti umani, delle uccisioni dei sindacalisti. Il Governo colombiano sta aspettando il benestare dell'Unione europea
per mostrarlo a Washington a alla comunità internazionale e dimostrare che la situazione in Colombia non è poi così grave. Siamo quindi critici nei confronti di questo Trattato e pensiamo di essere ancora in tempo per lanciare un messaggio chiaro prima che sia firmato e ratificato. A livello italiano, dovrà intervenire sia il Governo che deve dare il suo assenso, sia poi il Parlamento, che dovrà ratificarlo, perché si tratta di un accordo misto, che comporta la ratifica in tutti gli Stati membri dell'UE.
Inoltre vorrei aggiungere che questo Trattato non rispetta il principio di precauzione che l'UE dovrebbe seguire, e non è stato fatto nessuno studio di impatto per capire se il Trattato avrebbe inciso sulla situazione dei diritti umani e del conflitto armato. Desidero citare come esempio la situazione degli sfollati interni in Colombia, che sono più di 4 milioni negli ultimi anni, più di 2 milioni negli otto anni del Governo Uribe. Secondo le stime, nell'abbandonare le loro terre, questi sfollati hanno lasciato 5-6 milioni di ettari (c'è chi sostiene 10 milioni), che sono oggi nelle mani di chi li ha scacciati, soprattutto di gruppi paramilitari, di trafficanti di droga o prestanome di tali gruppi.
Le vittime vogliono recuperare le loro terre, tornare a casa propria e avere una vita decorosa, ma il Trattato di libero scambio non prevede nessuna clausola per impedire che queste terre possano essere parte degli affari con le imprese europee. Questo è gravissimo anche per la sicurezza giuridica delle imprese europee, perché non si è fatto ricorso al principio di precauzione.
Questo è solo un esempio, ma poi ci sono le colture illegali di coca, la partecipazione dei contadini che potrebbero essere danneggiati economicamente dal Trattato se di esso beneficiassero i gruppi illegali, il settore lattiero-caseario e altri, dove ci saranno gravi conseguenze economiche. In Colombia, i danni economici si possono facilmente tradurre in un incremento della violenza. Chiediamo pertanto che questo Comitato si rivolga al Governo italiano per sollecitare maggiori garanzie per i diritti umani prima del benestare europeo e uno studio serio dell'impatto del Trattato negli ambiti citati. Questo non è stato fatto finora, ma è meglio tardi che mai, possibilmente prima dell'approvazione del Trattato. Ritengo che un Comitato dei diritti umani come la vostra potrebbe e dovrebbe lavorare su questo, e vorrei conoscere la vostra opinione su questa eventualità. Molte grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio Emmanuel Raison per la sua testimonianza che è stata molto utile per completare le notizie che Colombia Vive! aveva portato alla nostra attenzione nella precedente audizione.
Il Comitato permanente sui diritti umani, che in termini anglosassoni si definirebbe un subcommittee, è costituito all'interno della Commissione esteri del Parlamento italiano. Come in ogni organo parlamentare, c'è una maggioranza, c'è una minoranza, c'è un rapporto con il Governo che varia a seconda delle parti che lo rappresentano.
Certamente noi intendiamo essere la vostra voce e fare in modo che quello che ci avete detto non venga perduto, non rimanga inerte e ignoto ai nostri colleghi della Commissione esteri e al Governo, in modo da stimolare una partecipazione dell'opinione pubblica italiana ai problemi, alla vita, alle tensioni e ai rischi che la Colombia e i colombiani stanno vivendo. Voi siete i protagonisti di un Paese che per tanti versi ci assomiglia molto: ognuno di noi trovandosi in Colombia non si sentiva lontano come in altri Paesi del mondo.
Avete però il terribile problema, che vi distingue da tutti gli altri Paesi dell'America latina, della guerriglia senza fine, di questo decennale militantismo armato. Per coloro che come voi si battono per i diritti umani, intendiamo essere il punto di riferimento in Italia e, se è possibile, in Europa.
Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
RENATO FARINA. Signor presidente, ringrazio i nostri ospiti per la loro testimonianza.
Nel luglio 1986 sono stato in Colombia durante la visita di Giovanni Paolo II, in cui girammo con lui praticamente tutte le località della Colombia. Ascoltando le vostre testimonianze sembra che non sia cambiato nulla o la situazione sia addirittura peggiorata. Ricordo le testimonianze delle atrocità, specialmente quando a Popayan un signore testimoniò al Papa i soprusi che aveva subìto anche dalle autorità ecclesiastiche perché non le riferisse al Santo Padre.
Credo che il nostro compito sia difendere i difensori dei diritti umani. Anche all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, dove sono delegato dal Parlamento italiano, sono state approvate varie mozioni in difesa dei difensori dei diritti umani. Sarebbe opportuno approntare qualcosa di serio da presentare prima in Commissione e poi in Aula a favore dei difensori dei diritti umani, che soffrono nel Caucaso e ovunque si contrappongano agli oppressori.
Mi permetto di fare un'osservazione di genere più politico. Mi impressiona che nei testi che ho potuto leggere non sia nominato il ruolo svolto in questa lotta dal Venezuela di Chávez, che, probabilmente attraverso il finanziamento delle formazioni militari, alimenta uno stato di tensione che fa sì che il conflitto in Colombia, che non va negato - concordo sull'esigenza di una presa d'atto di questo -, abbia anche una dimensione più larga.
Vorrei sapere se abbiate rapporti con difensori dei diritti umani in Venezuela e se esista una fraternità tra voi. So che in Venezuela esistono queste organizzazioni, e sono in contatto in Italia con alcuni che sono stati espulsi dal Governo venezuelano e privati dei diritti e delle proprietà. Mi informano ripetutamente di come ai confini con il Venezuela e all'interno della Colombia agiscano uomini che lavorano per Chávez; mentre non trovo traccia di questo nei vostri documenti.
PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
RUBEN DARIO PARDO, Rappresentante della Rete italiana di Solidarietà Colombia Vive!. Non è una questione semplice quella dei conflitti tra Colombia e Venezuela, Colombia ed Ecuador e in genere Colombia e i Paesi sudamericani. Sicuramente l'accettazione di basi militari degli Stati Uniti in territorio colombiano ha dato adito a molta diffidenza da parte di tutti i Paesi sudamericani. Chávez ha una particolare maniera di esprimersi, ma questo non significa che l'Argentina, il Brasile, l'Uruguay o il Paraguay non sentano lesa la loro sovranità dal fatto che le basi militari statunitensi in Colombia sono state installate con il pretesto di combattere il narcotraffico e il terrorismo della guerriglia.
La storia degli interventi militari statunitensi in America latina fornisce elementi sufficienti perché tutti i Paesi abbiano riserve. La frontiera tra Colombia e Venezuela è molto lunga e negli ultimi anni sono emerse grosse difficoltà. È sempre stata una frontiera attraversata dal contrabbando, ma negli ultimi anni la situazione è stata aggravata dall'azione di gruppi illegali sia della guerriglia colombiana, sia paramilitari.
Anche se il Governo colombiano accusa il Venezuela di favorire la guerriglia o almeno, da un punto di vista politico, di non condannare l'azione delle FARC - per esempio - il Governo venezuelano, a sua volta, accusa la Colombia di introdurre forze paramilitari in Venezuela per destabilizzare il Governo venezuelano.
Ritengo che la situazione si sia complicata in seguito alla scoperta di giacimenti di minerali preziosi lungo la frontiera. Personalmente, non ho contatti con organizzazioni venezuelane, ma so che vi sono contatti tra organizzazioni colombiane e venezuelane.
Quanto ai diritti umani, la situazione dipende dagli interessi in gioco. Alcuni venezuelani non fautori di Chávez sottolineano i provvedimenti di esproprio da lui adottati quando ad esempio ha chiuso dei giornali, mentre altri prendono le difese di Chávez. In proposito non sono molto informato, anche perché in questo momento per noi la priorità è rappresentata dal fatto che il Governo colombiano, che dovrebbe
tutelare la vita, la proprietà, l'onore dei colombiani, almeno non uccida i difensori dei diritti umani, così come anche le guerriglie che attentano ai diritti umani nel nostro Paese. Non abbiamo però approfondito questo fenomeno della frontiera.
Forse l'azione delle guerriglie è diminuita e adesso sono un po' più deboli, anche se secondo l'ultimo rapporto della Commissione internazionale della Croce Rossa si sarebbero riorganizzate. L'ipotetico o reale appoggio che il governo di Hugo Chávez può fornire alle guerriglie, però, non ha un peso rilevante in rapporto alle violazioni dei diritti umani in Colombia.
Sinceramente, questo appare un elemento marginale se lo rapportiamo alle persecuzioni del Dipartimento di sicurezza (DAS), che è un'istituzione di intelligence dello Stato colombiano che fa capo direttamente al Presidente della Repubblica, se mettiamo sul piatto della bilancia anche i più di 2.000 casi di «falsi positivi», omicidi mascherati di contadini uccisi dall'esercito e presentati come guerriglieri morti in combattimento, o ancora se consideriamo le intercettazioni illegali a carico non solo dell'opposizione politica, ma anche dei massimi tribunali. È molto grave che in uno Stato di diritto uno dei poteri, l'Esecutivo, spii i giudici della Repubblica. È estremamente grave.
EMMANUEL RAISON, Coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia. OIDHACO non lavora sul Venezuela, quindi ho informazioni non di prima, ma di seconda mano. Non si può paragonare la situazione dei difensori dei diritti umani nei due Paesi, perché in Venezuela, per quanto ne so, non vengono uccisi come in Colombia.
So però che anche lì la situazione è difficile: ci sono state restrizioni e ho ascoltato testimonianze secondo le quali il Governo venezuelano ha intralciato il libero operato dei difensori dei diritti umani. Non abbiamo rapporti diretti, ma ho avuto contatti episodici con organizzazioni come PROVEA o con i Gesuiti attivi in Venezuela, e anche con Human Rights Watch, che ha vissuto una situazione simile anche in Venezuela, perché quando hanno fatto un rapporto su quel Paese il loro portavoce è stato espulso. In Colombia non è stato espulso, ma è stato aspramente criticato da parte del Presidente della Repubblica, Uribe.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri auditi per la loro testimonianza e per aver allargato il quadro della situazione. Vi prego di sentirvi in contatto con noi per tutte le situazioni in cui vi sembra utile e importante farci sapere, anche indipendentemente dall'occasione di vederci, e a nostra volta noi cercheremo di restare in contatto con voi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13,40.