Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA SICUREZZA SISMICA IN ITALIA
Audizione di rappresentanti del Gruppo Assicurazioni Generali:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2 13 23
Margiotta Salvatore, Presidente ... 14 15 31
Balbinòt Sergio, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali ... 3 14 23 29 30
Benamati Gianluca (PD) ... 19
Fluvi Alberto (PD) ... 21 30
Mariani Raffaella (PD) ... 13 14 30
Stradella Franco (Misto) ... 17 30
Urlini Franco, Responsabile dell'Area tecnico-assicurativa vita e non vita del Gruppo Assicurazioni Generali ... 28 31
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal
Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, l'audizione di rappresentanti del Gruppo Assicurazioni Generali.
Sono presenti Sergio Balbinòt, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali, Franco Urlini, responsabile dell'Area tecnico-assicurativa del segmento vita e non vita del Gruppo Assicurazioni Generali, l'avvocato Mina Maisto, responsabile dei rapporti istituzionali e delle relazioni esterne, il dottor Francesco Crudo, dell'area rapporti istituzionali e relazioni esterne, e la dottoressa Manuela Vecchiè dell'ufficio stampa.
Ringraziandolo per la sua presenza, do subito la parola al dottor Balbinòt.
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Buongiorno a tutti. Il tema della copertura assicurativa per danni dovuti a catastrofi naturali presenta forti profili di criticità. In primo luogo, il settore pubblico, anche in un'ottica di riduzione della già elevata pressione fiscale, non può e non intende far gravare i costi dovuti alla ricostruzione delle aree colpite da calamità naturali sulla collettività attraverso, ad esempio, l'aumento delle accise o l'introduzione ex post di una nuova tassa ad hoc.
In passato, infatti, l'intervento pubblico è stato spesso seguito dall'imposizione di oneri fiscali o parafiscali, a carico di tutti i cittadini, che non sono stati poi eliminati una volta terminato l'intervento straordinario o la ricostruzione. A titolo di esempio, è utile ricordare che sul prezzo di un litro di carburante gravano ancora i seguenti aumenti delle accise: 10 lire per il disastro del Vajont, 10 lire per l'alluvione di Firenze, 10 lire per il terremoto del Belice, 99 lire per il terremoto del Friuli e 75 lire per il terremoto in Irpinia. È pertanto evidente che l'intervento straordinario dello Stato abbia finora comportato costi per il singolo.
Dal punto di vista del mercato, ipotizzando la creazione di un sistema di assicurazione su base volontaria, l'ostacolo principale risiede nel fatto che il settore assicurativo, da solo, non sarebbe economicamente in grado, in mancanza di opportuni meccanismi operativi, di sostenere i costi necessari per assicurare tutto il patrimonio abitativo italiano.
Al fine di individuare una possibile soluzione si è ritenuto utile operare un confronto con quanto avviene in alcune delle principali realtà europee e non.
In Francia il regime assicurativo è semi obbligatorio. I privati che stipulano una polizza incendio devono obbligatoriamente sottoscrivere una clausola di garanzia contro le catastrofi naturali. Il governo francese per supportare le compagnie di assicurazione private nel garantire questo tipo di rischio ha istituito una società di riassicurazione di natura pubblica, denominata CCR - Caisse Centrale de Réassurance (Cassa di riassicurazione pubblica).
Lo Stato svolge pertanto un ruolo di riassicuratore di ultima istanza. Ovvero, per il tramite di CCR, offre al mercato protezione riassicurativa illimitata sia nella forma proporzionale che in quella non proporzionale per i più rilevanti rischi da catastrofe naturale, con la sola eccezione della tempesta che, invece, trova riassicurazione sui mercati commerciali.
Anche in Spagna il regime assicurativo è semi obbligatorio. Come in Francia, in caso di stipula di una polizza incendio, il privato deve obbligatoriamente sottoscrivere una clausola di garanzia contro le catastrofi naturali. Il flusso dei premi incassati per fornire la garanzia finanzia il Consorcio de compensación de seguros, un ente statale con proprio stato giuridico che gestisce questo rischio in base alle leggi in vigore nel settore privato: deve cioè mantenere, ad esempio, adeguate riserve tecniche, oltre a un margine di solvibilità.
Le compagnie di assicurazione del mercato, in questo caso, distribuiscono la copertura assicurativa, amministrano i contratti assicurativi, ma non sono esposte ad alcun rischio così come non detengono la gestione liquidativa dei sinistri collegati alla catastrofe naturale. Lo Stato funge, quindi, da riassicuratore di ultima istanza in caso di insufficienza dei mezzi finanziari del Consorzio.
Negli Stati Uniti, per quanto riguarda il solo rischio alluvione, a livello federale il National Flood Insurance Program
rappresenta un programma che si basa sulla disponibilità di coperture assicurative sottoscrivibili su base volontaria per i proprietari e i locatari di immobili residenziali e commerciali, a patto che siano ubicati in contee o città aderenti al medesimo programma.
In questo caso il presupposto dell'adesione al National Flood Insurance Program da parte dell'ente locale è che il medesimo si impegni ad adottare appropriate misure di prevenzione e riduzione del rischio di inondazione in rapporto alla propria esposizione. Di conseguenza, il tasso di premio, che ha una base tecnico-attuariale, può beneficiare di sconti e riduzioni in ragione di quanto attuato dall'ente locale.
Le compagnie di assicurazioni private possono, attraverso il meccanismo WYO (Write Your Own), offrire i servizi di commercializzazione e gestione delle polizze e di liquidazione dei sinistri, ma il mercato non sopporta alcun rischio, venendo esso interamente compensato da parte del fondo federale, così come non interviene nella definizione delle tariffe, anch'esse fissate dal programma federale. Nel caso in cui i premi risultassero insufficienti, lo Stato interverrebbe per garantire la solvibilità del fondo.
Per quanto riguarda il terremoto nello Stato della California, il regime assicurativo è semi obbligatorio. In caso di stipula di una polizza sull'abitazione, il privato deve obbligatoriamente sottoscrivere una clausola di garanzia contro il terremoto. Il fondo CEA (California Earthquake Authority), fondo tra assicuratori ad adesione volontaria, distribuisce le garanzie, anche direttamente, e gestisce, attraverso un meccanismo di pool, i sinistri collegati al terremoto delle compagnie aderenti. Lo Stato dalla California non interviene per garantire la solvibilità del fondo.
Anche per quanto riguarda l'uragano nello Stato della Florida il regime assicurativo è semi obbligatorio. Per sopperire alla scarsa capacità di offerta e calmierare i prezzi ai cittadini, lo Stato si è dotato di una compagnia di assicurazione e di un fondo che opera come riassicuratore obbligatorio. Le tariffe sono differenziate per tipologia di rischio e caratteristica della copertura.
Per quanto riguarda la Germania e la Gran Bretagna, questi due Paesi rappresentano gli unici esempi tra quelli che abbiamo preso in esame di modelli assicurativi su base volontaria senza previsione di un ruolo dello Stato come riassicuratore, gestore di un fondo ad hoc o finanziatore del sistema. Le compagnie di assicurazione trasferiscono parte dei rischi assunti al mercato riassicurativo privato.
Con particolare riferimento alla Germania, va comunque notato che, nonostante l'assenza di un obbligo di legge, esiste un diverso approccio culturale alla protezione contro i rischi di ogni genere, che ha consentito un'ampia diffusione delle garanzie assicurative. In Germania inoltre, Paese tendenzialmente più esposto alla frequenza che alla severità, il mercato assicurativo privato ha potuto garantire la copertura dei rischi catastrofali senza richiedere l'intervento dello Stato a differenza di quanto avvenuto in Francia.
Anche in Italia le calamità naturali verificatesi negli ultimi anni, in primis i sismi dell'Aquila e dell'Emilia e l'inondazione di Genova, stanno favorendo un cambio di mentalità che ha portato a una maggiore consapevolezza della necessità di proteggersi dalle conseguenze di questi eventi. Tuttavia, questa nuova percezione deve ancora rafforzarsi e radicarsi a livello collettivo anche attraverso efficaci campagne di informazione. L'attuale congiuntura economica, inoltre, rappresenta un ostacolo al ricorso all'assicurazione.
Prendendo in considerazione il solo rischio sismico sotto il profilo tecnico, le difficoltà maggiori derivano dalla possibilità di stimare correttamente il fabbisogno derivante da eventi caratterizzati da frequenze di avvenimento relativamente basse, ma, viceversa, da severità potenzialmente molto elevate. Queste condizioni impediscono di utilizzare le usuali tecniche statistico-attuariali e hanno reso necessario ricorrere a strumenti più moderni costituiti da sofisticati modelli di simulazione, che utilizzano complessi scenari basati su dati geologici, tecnico-costruttivi ed empirici, elaborati con tecnologie stocastiche.
In un recente studio di ANIA e del broker Guy Carpeneter, utilizzando tali tecniche, è stato calcolato che, ipotizzando una copertura assicurativa contro il rischio terremoto operante sull'intero patrimonio abitativo italiano, che è valutato in 3.900 miliardi di euro, il danno medio annuo atteso è pari a 2,6 miliardi di euro, da cui deriva un tasso puro di premio di circa 0,67 per mille, cioè 67 euro ogni 100.000 euro di somma assicurata.
Per la piena comprensione di tale tasso va tenuto presente che: i valori presi a base del calcolo dell'esposizione rappresentano il costo di ricostruzione delle abitazioni e non il loro valore commerciale; i valori non comprendono i contenuti delle abitazioni; viene ipotizzata la copertura dell'intero patrimonio abitativo esistente, evitando quindi ogni distorsione derivante dall'antiselezione del rischio, fenomeno per il quale la domanda di assicurazione proviene dalle sole aree più esposte al rischio; l'eventuale risarcimento non comprende alcuna franchigia o scoperto a carico dell'assicurato; tale valore rappresenta il tasso puro, che non considera alcun fattore di costo ulteriore quale, ad esempio, quello distributivo, liquidativo e di remunerazione del capitale di rischio -
quest'ultimo deriva dalla necessità di disporre, da subito, da parte di chi sopporta il rischio, di fondi sufficienti per essere solvibile in caso di accadimenti che determinino un danno maggiore di quello medio annuo.
In termini di capacità assicurativa, considerati i valori in gioco, il ricorso al mercato riassicurativo è fattore imprescindibile nell'ipotizzare un qualunque meccanismo di copertura dei rischi catastrofali, sia esso su base volontaria, semi obbligatoria od obbligatoria. Lo studio sopraccitato ha stimato che il danno atteso sul patrimonio abitativo italiano, con un periodo di ritorno di duecento anni, è pari a circa 34,1 miliardi di euro.
Ipotizzando uno schema semi obbligatorio, quindi con obbligo gravante solo su chi si assicura contro il rischio incendio, l'attuale penetrazione assicurativa di questa garanzia viene stimata in circa il 44 per cento rispetto al totale delle abitazioni. In tale caso, la capacità che il mercato deve garantire è dell'ordine di 15 miliardi di euro di esposizione, che, pur potendo trovare una risposta economicamente sostenibile nell'ambito del settore assicurativo e riassicurativo privato, non può prescindere dall'intervento dello Stato come riassicuratore di ultima istanza, ispirandosi agli schemi già presenti in altri Paesi europei.
Per il Gruppo Generali, in ragione della sua quota di mercato in tale segmento (circa il 30 per cento), si tratta di reperire una capacità dell'ordine di 5 miliardi di euro, pari a più del doppio di quanto attualmente noi acquistiamo e di quanto di fatto ci garantisce il portafoglio costituito dai rischi delle imprese e delle amministrazioni pubbliche.
Anche in assenza di uno schema previsto dal legislatore, il Gruppo Generali è in grado di offrire una copertura per questi rischi ricorrendo al mercato riassicurativo e considerando
una serie di fattori che garantiscano, però, la sostenibilità per un soggetto privato operante sul mercato non obbligatorio. In particolare vanno osservati alcuni fattori.
Il primo è la differenziazione dei tassi e del controllo dei cumuli. Per evitare l'effetto distorsivo dovuto alla possibile antiselezione del rischio, cioè il fatto che la domanda di tali garanzie si concentri solo nelle aree notoriamente più esposte, i tassi dovranno essere differenziati, soprattutto in funzione dell'ubicazione del rischio e della tipologia costruttiva, in modo da garantire un equilibrio tecnico tra esposizione al rischio e premi. Oltre a ciò, sempre con il medesimo scopo, andrebbero previste delle soglie di concentrazione di rischio che non possano comunque essere superate.
Un altro aspetto è quello dell'applicabilità di franchigie e degli scoperti. Per mitigare il rischio e contenere i costi assicurativi va prevista in ogni caso una forma di compartecipazione al sinistro da parte dell'assicurato che limiti il risarcimento dei danni che effettivamente costituiscono un onere da lui non sopportabile.
Sotto il profilo tecnico, un elemento importante per la valutazione dell'assicurabilità del rischio è la rispondenza alle norme tecniche in vigore al momento della costruzione, specialmente per i fabbricati più recenti. In linea teorica, viceversa, abusivismo non significa automaticamente mancato rispetto di tali regole, ma in ogni caso può costituire un elemento di difficoltà nella liquidazione in caso di sinistro.
Nel caso di acquisto di una polizza assicurativa, l'affidamento della liquidazione alle tradizionali strutture delle compagnie rappresenta un elemento di grande discontinuità rispetto all'intervento e al ruolo sin qui rappresentato dallo
Stato e può costituire un virtuoso cambiamento nel processo di ricostruzione sia sotto il profilo della tempestività che sotto quello della certezza degli importi.
Nel corso del 2012 le compagnie italiane e Gruppo Generali hanno iniziato a commercializzare la garanzia terremoto nel settore delle abitazioni, venduta non separatamente dal prodotto incendio. Tale offerta non ha avuto lanci o promozioni particolari, dato anche il suo carattere sperimentale, e al momento non rappresenta un incremento significativo dell'esposizione del Gruppo, tuttora costituita nella quasi totalità da rischi delle imprese industriali e delle amministrazioni pubbliche, a conferma della scarsa propensione all'acquisto da parte dei cittadini.
Una volta consolidate le rilevazioni al 31 dicembre, è previsto un aggiornamento tecnico commerciale per un affinamento dell'offerta e della sua diffusione. Tali indicazioni sono indispensabili anche al fine di decidere se intraprendere una più decisa azione commerciale dal 2013, che comporterà inevitabilmente una crescita delle esposizioni e un corrispondente costo delle assicurazioni.
Una delle soluzioni su cui si potrebbe lavorare al fine di incoraggiare la diffusione delle coperture è quella di prevedere incentivi fiscali per i cittadini che si assicurano volontariamente o semi volontariamente contro le catastrofi. In questo quadro, il primo intervento da operare appare senz'altro quello di ridurre la misura dell'imposta di assicurazione gravante sui premi versati per le coperture catastrofali.
Oggi, infatti, l'aliquota dell'imposta premi su tali coperture è fissata al 22,25 per cento, la massima prevista dalla legge. Occorrerebbe una significativa riduzione coerente con il particolare interesse pubblico alla diffusione di questo tipo di assicurazione. In quest'ottica si potrebbe, ad esempio,
portare l'aliquota allo stesso livello di quello dell'assicurazione della responsabilità civile da circolazione di veicoli, fissata al 12,5 per cento.
Non va peraltro dimenticato che, laddove il legislatore ha ritenuto determinate coperture particolarmente meritevoli di tutela, sono state fissate aliquote ancora più basse. Si pensi, ad esempio, all'aliquota dello 0,05 per cento per la copertura «navigazione/corpi di navi» immatricolate in Italia.
A integrazione della proposta sopra descritta, si potrebbe anche pensare di affiancare alla riduzione dell'imposta sui premi interventi più significativi, consentendo la deducibilità o la detraibilità del premio pagato ai fini dell'IRPEF. Quest'ultimo potrebbe, quindi, essere considerato deducibile dal reddito imponibile, riducendo pertanto l'imposta lorda, ovvero detraibile direttamente dalla suddetta imposta.
Nel caso dell'onere deducibile, l'agevolazione fiscale favorirebbe maggiormente i soggetti che possiedono redditi più alti. Nel caso dell'onere detraibile, essendo la misura della detrazione stabilita in una percentuale del premio, ne trarrebbero maggior beneficio i possessori di redditi più bassi.
Infine, in via alternativa a quella sopra prospettata, si potrebbe anche ipotizzare il riconoscimento al sottoscrittore di un credito d'imposta a fronte dell'onere sostenuto. In questo modo anche i contribuenti che non potrebbero avvantaggiarsi di una detrazione, perché non presentano alcuna imposta lorda assorbendo le ritenute subite alla fonte tutto il loro debito d'imposta, come nel caso di chi possiede solo redditi da lavoro dipendente, o di una deduzione, perché per ipotesi sostengono già rilevanti oneri deducibili, si vedrebbero riconosciuto un credito riportabile negli anni successivi o recuperabile mediante un'istanza di rimborso.
È inoltre da sottolineare come, allo stato attuale, è molto probabile che i cittadini economicamente in grado di assicurarsi decidano di farlo esclusivamente sulla base della tipologia e del livello di rischio attribuiti all'area in cui risiedono. Il territorio sarebbe quindi caratterizzato da una distribuzione disomogenea delle coperture e non sarebbero pertanto garantite le condizioni di equilibrio economico su cui si fonda un sistema mutualistico come quello assicurativo.
Per queste ragioni, analogamente a quanto avviene in Francia, Spagna e Stati Uniti, si ritiene auspicabile che lo Stato presti almeno una garanzia riassicurativa di ultima istanza, proprio al fine di ampliare la capacità del mercato privato.
In conclusione il Gruppo Generali, che rappresenta il principale player sul mercato italiano e il terzo nel contesto europeo, alla luce di quanto sin qui rappresentato, auspica, anzitutto, che nell'eventuale predisposizione di strumenti legislativi e regolamentari per la disciplina del rischio catastrofale in Italia, con particolare riguardo a quello sismico, si attuino meccanismi atti a evitare l'antiselezione del rischio attraverso la maggiore diffusione possibile della copertura. Tale diffusione, ferme le differenziazioni di premio in base all'ubicazione o all'esposizione al rischio, dovrebbero basarsi su meccanismi obbligatori o semi obbligatori.
In secondo luogo raccomandiamo di prevedere, in conseguenza, interventi fiscali che rendano economicamente conveniente per il consumatore la sottoscrizione di tali garanzie, secondo quanto sopra indicato:
In terzo luogo, si consiglia di configurare l'intervento dello Stato come risk carrier di ultima istanza, ispirandosi agli schemi già presenti in Paesi europei a noi vicini, per consentire al mercato di sostenere il verificarsi di eventi estremi, che per
la loro copertura renderebbero molto difficile e costoso il ricorso al mercato dei capitali privati.
Concludo, quindi, ringraziandovi per aver chiamato la nostra compagnia a rappresentare questo tema.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Balbinòt e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.
RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio i nostri ospiti per la loro presenza. Abbiamo più volte discusso di questo argomento e, almeno all'interno del gruppo del Partito Democratico, senza pregiudizi ideologici, facendo riferimento all'esperienza degli eventi calamitosi che abbiamo vissuto in questi anni e per i quali lei richiamava le quote di maggiori accise che ancora stiamo pagando.
Ci siamo sempre chiesti, anche per l'infittirsi dei sismi e delle alluvioni, quali avrebbero potuto essere i criteri per introdurre un aiuto da parte del soggetto privato che non costituisse, però, un disimpegno per lo Stato, in modo da non lasciare solo il cittadino di fronte alla contrattazione con i colossi assicurativi, che hanno capacità di impresa e necessitano di fare profitto. La ringrazio quindi, anche per averci fornito un'analisi dei sistemi degli altri Paesi europei che ci conforta nel fatto di constatare che lo Stato è, almeno in parte, impegnato e che c'è la possibilità di trovare delle forme di collaborazione fra Stato e mercato.
Questa Commissione, che affronta gli aspetti più tecnici della materia, si è spesso soffermata sulla disomogeneità del nostro Paese sia sul piano del rischio sia su quello della vulnerabilità del patrimonio edilizio. Ci siamo chiesti, ad esempio, che tutela avrebbe il cittadino che necessitasse di assicurarsi se non fosse stata elaborata la microzonazione
sismica, la classificazione esatta del territorio e quindi non fosse stata determinata la vulnerabilità del suo fabbricato.
Come si sa, del resto, il patrimonio edilizio del nostro Paese è antico e, mentre in alcune regioni è classificato e organizzato a seconda delle zone di rischio, in altre non esiste una classificazione del rischio sismico e di altre tipologie. Per questo, le chiedo: laddove lo Stato o la regione non abbiano predisposto la classificazione sismica, non abbiano definito la microzonazione e non abbiano stabilito il livello di rischio rispetto alla normativa nazionale, come effettuerebbe il gruppo assicurativo la determinazione dei premi assicurativi?
Il rischio è che, anche se il cittadino non avrebbe colpe, credo che sarebbe collocato ai livelli più alti dell'antiselezione del rischio.
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Vorrei solo precisare che usiamo modelli stocastici che prescindono dalle classificazioni da lei menzionate.
RAFFAELLA MARIANI. È quello che volevo sapere. Da quanto dice, dunque, il fatto che in Emilia-Romagna, ad esempio, alcuni fabbricati non rispondessero alla nuova normativa tecnica sulle costruzioni non farebbe differenza.
SALVATORE MARGIOTTA. L'eventuale regolamentazione dello Stato dovrebbe concorrere però, insieme ai vostri parametri ...
RAFFAELLA MARIANI. Sapere questo ci serve affinché lo Stato e comunque chi ha la responsabilità di fare prevenzione o di applicare la normativa tecnica per la messa in sicurezza dei fabbricati e delle infrastrutture abbiano il quadro completo
delle questioni. In ogni caso, a mio avviso non dovrebbe essere indifferente per un'assicurazione sapere che in un territorio le normative sono state rispettate e in un altro si fa finta che non ci siano perché non sarebbe giusto che i cittadini si trovino in posizioni diverse, ma non per loro colpa.
La seconda domanda che vorrei porre riguarda l'antiselezione del rischio. Vorrei sapere in dettaglio quali sono i parametri che l'assicurazione considera. Infine, sono d'accordo che, laddove non sia possibile dare una copertura complessiva del rischio assicurativo attraverso un fondo finanziato con risorse pubbliche, come negli altri Paesi, l'incentivazione fiscale potrebbe essere una buona soluzione. Anche questo tipo di misura, però, comporta una spesa per lo Stato e su questo vorrei sapere se siete in grado di definire almeno l'ordine di grandezza di tale spesa.
SALVATORE MARGIOTTA. Condivido le riflessioni fatte dal capogruppo Mariani e proverò ad approfondire un paio di aspetti. Prima di tutto, però, vorrei ringraziare gli auditi per essere qui presenti e penso che sia stata un'ottima idea avere un incontro con le assicurazioni nell'ambito della nostra indagine conoscitiva.
Il tema dell'assicurazione contro il rischio sismico inizia a diventare centrale anche nel dibattito scientifico e finalmente lo si affronta, come diceva la collega Mariani, al di fuori di approcci ideologici che poco aiutavano a venire a capo di una questione che, come abbiamo appurato dalla vostra franca, quasi spietata, relazione, è prettamente di tipo economico. È di soldi che parliamo!
Sono contento della vostra presenza perché a giugno alla Camera (e a luglio, in via definitiva, al Senato) abbiamo approvato la legge di riforma della Protezione civile (conversione in legge del decreto-legge n. 59 del 2012). Essendo
relatore su quel provvedimento, ho dato il mio contributo e non è stato a cuor leggero che ho concorso a stralciare, peraltro con un voto all'unanimità, l'articolo che prevedeva l'assicurazione dal rischio sismico. Mi sono chiesto a lungo, anche successivamente, se avessimo fatto bene, come legislatori e come partiti, ad adottare quella decisione. Dopo aver ascoltato la vostra relazione, mi convinco che è stata la scelta giusta.
In quel caso, si prevedeva, infatti, un'assicurazione di tipo volontario, ma se ho ben capito quel che avete detto, Generali Spa primo player in Italia e terzo in Europa, sostiene che un'assicurazione volontaria non produrrebbe effetti positivi perché non sarebbe recepita nel migliore dei modi dal mercato assicurativo. Diverso sarebbe il caso di un'assicurazione obbligatoria. Nella legge di riforma della Protezione civile, inoltre, si faceva riferimento a un regolamento attuativo, da adottare successivamente, lasciando troppe ambiguità sul tema. Proprio le problematicità da voi evidenziate dimostrano, tuttavia, che quelle scelte attuative non potevano essere demandate a un regolamento. Una buona legge sull'argomento, infatti, dovrebbe essere costruita di concerto con il vostro mondo, pur senza essere proni nei riguardi dei vostri interessi. Ad esempio, il fatto di valutare il rischio nelle diverse parti del Paese sulla base di modelli stocastici
è il vostro punto di vista, il punto di vista di un privato. Ma se lo Stato decidesse di provvedere a una legge, è ovvio che i parametri di intervento sarebbero decisi dal Governo e dal Paese, anche al di là dei vostri ragionamenti.
Più nello specifico, mi incuriosisce sapere se la posizione delle Generali è comune all'intero mondo assicurativo. Ma anche se non lo fosse, nel prendere atto che siete il gruppo principale e che quindi il vostro punto di vista è molto
importante, vi chiedo come ritenete debba essere scritta - ormai nella prossima legislatura - questa legge, che a mio parere è inevitabile? Con questa indagine conoscitiva stiamo approfondendo l'argomento e, in virtù dei non pochi eventi calamitosi che si verificano in Italia, credo che ormai non si possa prescindere dall'idea di arrivare all'introduzione per via legislativa di una copertura assicurativa per danni dovuti a catastrofi naturali.
Fermo restando che noi come Commissione, e il PD in particolare, riteniamo imprescindibile che a questo si arrivi con il contributo e attraverso il ruolo dello Stato, credo sia ormai acquisito che l'intervento dello Stato non può e non potrà mai più essere esaustivo negli anni a venire. Il tema è pertanto centrale e vorrei che nella replica puntualizzaste se il discrimine tra volontarietà e obbligo della copertura assicurativa è per voi essenziale e se ritenete che si possa proseguire su questa strada per giungere a un provvedimento legislativo che sia positivo per i cittadini e contemporaneamente trovi rispondenza nel mercato.
Se, infatti, la rispondenza del mercato non c'è, trattandosi di business, anche la migliore legge non produce risultati.
FRANCO STRADELLA. Vi ringrazio per le informazioni e per l'analisi così approfondita che ci avete fornito. Il tema è importante e nasce dalle considerazione sulla sismicità, ma dovrebbe essere allargato a tutti gli eventi calamitosi. Ritengo cioè opportuno che questo ragionamento, originato dai sismi che hanno colpito alcune aree del Paese, non sia dissociato dalla necessità di avere una copertura o una tutela assicurativa anche nel caso di calamità naturali di altro genere, come le alluvioni, che fortunatamente sono meno gravi, ma anche assai più frequenti.
Il problema riguarda l'obbligatorietà dell'assicurazione perché questo ha un riflesso sulle tariffe e sul trattamento degli immobili o dei danni eventualmente non assicurati. Con l'obbligo assicurativo, infatti, quando lo Stato interviene nella riparazione o nel risarcimento dei danni provocati dalle calamità naturali, chi si è assicurato finisce per pagare due volte, una come cittadino per il costo degli interventi di solidarietà e una per avere dovuto adempiere alla legge che preveda l'obbligo di assicurarsi.
Agli esempi citati, posso aggiungere il prelievo del due per mille sui conti correnti bancari per l'alluvione del 1994 in Piemonte che, secondo le informazioni ottenute a suo tempo con un'interrogazione parlamentare, produce un gettito di 800 milioni di euro l'anno ormai dispersi nel marasma della finanza pubblica, anche se alcune problematiche relative all'alluvione non sono ancora state risolte.
Io sono sempre stato diffidente nei riguardi delle clausole contrattuali scritte in piccolo, anche di quelle che si trovano sul retro delle polizze assicurative, e spesso se le si legge non si firma più. In tal senso, ad esempio, vorrei sapere più in dettaglio cosa intendete dire quando affermate che per mitigare il rischio e contenere i costi assicurativi va prevista una forma di compartecipazione al sinistro da parte dell'assicurato che limiti il risarcimento dei danni che effettivamente costituiscono un onere per lui non sopportabile. Non mi pare, infatti, possibile legare la copertura dell'assicurazione alla capacità dell'assicurato di autorisarcirsi.
Condivido, infine, la richiesta del collega Margiotta di avere da voi qualche suggerimento sulla stesura di un provvedimento di legge che sia il più vicino possibile, tanto alle esigenze di equilibrio economico delle compagnie di assicurazione, quanto alla necessità di garantire un risarcimento quanto più completo
possibile del danno reale subito. Penso, infatti, che, anche se si tratta di una questione sulla quale ritornerà chi sarà qui nel 2013, sarebbe utile fissare già oggi qualche paletto a beneficio dei nostri successori.
GIANLUCA BENAMATI. Ringrazio i nostri ospiti per la relazione svolta. Vorrei che mi fossero chiarite alcune questioni puntuali.
Là ove parlate di modelli stocastici, vorrei condensare quanto diceva il collega Margiotta in una semplice considerazione. Questo Paese una Carta del rischio sismico ce l'ha. Può essere più o meno attendibile, ma è il documento su cui si basa la pianificazione territoriale. In questa Commissione, nell'ambito di questa indagine conoscitiva, stiamo anche valutando quale grado di attendibilità essa abbia rispetto a metodi di calcolo del rischio sismico che per alcuni aspetti sembrano più affidabili o, almeno, combinabili per una migliore valutazione del rischio stesso.
Il punto è dunque che un'eventuale assicurazione dal rischio sismico non può essere basata su valutazioni di merito da parte della singola compagnia, bensì deve basarsi sulla normativa e sugli strumenti che regolano il comportamento generale.
Sotto questo profilo, vi chiedo: il vostro punto di vista e le vostre osservazioni di merito si basano sulla valutazione del rischio sismico effettuata oggi nel Paese sulla base degli strumenti esistenti? In questo caso, ritenete che tale valutazione debba essere perfezionata - la collega Mariani parlava di successivi approfondimenti tramite la microzonazione e analisi locali - per l'eventuale realizzazione di una significativa copertura assicurativa territoriale? Oppure intendete altro?
Quanto allo stralcio della previsione normativa contenuta nel testo originale del decreto-legge n. 59 del 2012, a cui faceva riferimento il collega Margiotta, faccio presente che essa teneva conto sia degli effetti di un'eventuale assicurazione volontaria sia del valore economico assicurato. Sono pienamente consapevole che la risposta migliore per le compagnie assicurative è senz'altro quella di rendere obbligatoria l'assicurazione perché ciò tende a limitare i premi per gli assicurati. E tuttavia, se invece fosse privilegiata la volontarietà, pensate che la questione del rapporto fra chi è assicurato e chi non lo è, su cui si è soffermato il collega Stradella, potrebbe, per esempio, essere affrontata basandosi su franchigie di indennizzo? Avete, inoltre, valutato come si possa rendere attrattiva un'eventuale assicurazione volontaria (per il non assicurato, ad esempio, potrebbe essere prevista una franchigia più
ampia)?
Con riferimento, infine, all'illustrazione dei diversi modelli nazionali che ci avete presentato, vorrei un chiarimento su un punto che è rimasto non del tutto chiarito. Voi avete detto, in sintesi, che in alcuni Paesi lo Stato è garante di ultima istanza, in altri Paesi non ha alcun ruolo e in altri ancora ha un ruolo intermedio. Penso che il ruolo di garanzia dello Stato sia quello che più tutela le compagnie, ma io vorrei sapere qual è, dal punto di vista di Generali e del sistema assicurativo italiano nel suo complesso, il limite di presenza dello Stato al di sotto del quale il sistema non riuscirebbe a promuovere efficacemente un'operazione importante come quella dell'introduzione per via legislativa di una copertura assicurativa per danni dovuti a catastrofi naturali?
Da ultimo, voi avete parlato di un premio assicurativo di 67 euro ogni 100.000 euro di capitale assicurato, al netto di una serie di oneri; altri auditi hanno indicato una cifra di circa 100
euro ogni 100.000 euro di capitale assicurato. Complessivamente, tuttavia, voi confermate che questa vostra stima è credibile?
ALBERTO FLUVI. Sarò breve perché ho avuto modo di affrontare il tema e condivido molte delle considerazioni da voi espresse. Credo che il problema principale sia di carattere culturale perché nel nostro Paese si dà per scontato che alcuni interventi competano allo Stato. Questo riguarda i servizi sociali, ma anche la copertura dai rischi catastrofali e via dicendo.
Oggi, tuttavia, a causa delle difficoltà della finanza pubblica, il tema non è più affrontabile direttamente dallo Stato e si cerca di coinvolgere i cittadini attraverso la previdenza integrativa o attraverso proposte come quelle illustrate oggi sulla copertura assicurativa dei rischi catastrofali. Il punto sul quale dovremmo concentrarci, dunque, è come passare da un intervento completamente pubblico, al di là dei limiti e dei ritardi, a una compartecipazione del singolo cittadino.
Pur non avendo certezze granitiche, io sono un assertore di tale soluzione, tanto è vero che una delle pochissime proposte di legge sulla copertura dei rischi catastrofali depositate alla Camera porta la mia firma. Il problema tuttavia è complesso e, a mio avviso, non si risolve spostandolo semplicemente sul sistema assicurativo. Voglio dire con questo, ad esempio, che all'interrogativo se il sistema assicurativo sia o meno in grado di coprire rischi di tale natura, io credo che oggi forse si possa rispondere affermativamente, a condizione, però, di considerare che il sistema assicurativo e riassicurativo non è più solo nazionale, ma europeo, e che come tale potrebbe farsi carico di coprire per lo meno i rischi medi.
Credo, inoltre, che sia necessario mettere a fuoco pochi temi fondamentali sui quali ragionare per poi procedere,
magari nella prossima legislatura, alla stesura di un progetto di legge. In ogni caso, dobbiamo uscire da un confronto ideologico e il primo punto da chiarire è che l'assicurazione sulla casa non è un'ulteriore tassa. Se la viviamo così non ne usciamo. Quel che dobbiamo riconoscere, ad esempio, è che un'impresa assicura il capannone perché considera la copertura non una tassa, ma piuttosto un investimento. È se è vero che non abbiamo accumulato esperienze significative sul comparto residenziale, possiamo certo dire che è un fatto oggettivo che gran parte degli impianti produttivi è assicurata.
Colgo, anzi, l'occasione per chiedere agli auditi se il terremoto dell'Emilia, che ha colpito in particolare gli impianti produttivi e i capannoni, ha già prodotto risultati significativi in termini di ricostruzione degli immobili danneggiati basata non sull'intervento pubblico ma sull'efficienza dell'intervento di liquidazione del danno da parte delle assicurazioni (se l'evento dell'Emilia è troppo ravvicinato, possiamo prendere come riferimento il terremoto dell'Aquila).
I temi, a mio avviso, sono dunque l'obbligatorietà (o la semi-obbligatorietà) e la mutualità. Se non risolviamo questi nodi, credo sia difficile poter proseguire. Senza mutualità, in alcuni territori le tariffe sarebbero infatti eccessivamente alte con il risultato paradossale di una corsa ad assicurare abitazioni che si trovano in zone non a rischio sismico (dove i premi assicurativi sarebbero più bassi), anziché quelle situate nelle zone sismiche dove la copertura assicurativa sarebbe davvero necessaria, (ma i premi sarebbero molto alti).
Forse una soluzione potrebbe consistere nel legare mutualità e obbligatorietà a piani di risanamento da attuare sul territorio, fermo restando che una tariffa assicurativa intorno ai 100 euro per 100.000 euro di capitale assicurato è di molto inferiore a quella dell'RCA sui veicoli.
Credo cioè che dovremmo legare la mutualità a piani di riassetto idrogeologico e di intervento antisismico. Attraverso misure di questa natura sarebbe infatti possibile stimolare l'intervento pubblico per la messa in sicurezza del territorio, degli edifici e via dicendo. Ritengo che legando la necessaria mutualità e l'obbligo assicurativo a interventi di riassetto idrogeologico e antisismici potremmo anche superare la difficoltà culturale a cui facevo riferimento all'inizio. Non sarà un percorso facile, a mio avviso, ma sarebbe forse più semplice superare la barriera ideologica che da sempre caratterizza i dibattiti sul tema e vede nell'assicurazione una tassa sulla casa e sulla proprietà.
Forse sarebbe un'occasione anche per il sistema assicurativo. Su questa scia, credo che nei prossimi anni si potrebbe aprire un ampio spazio di intervento nel welfare, con la long term care o la previdenza integrativa, oltre che negli ambiti di cui stiamo discutendo, ovviamente in stretta collaborazione con l'intervento pubblico.
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e do la parola ai rappresentanti del Gruppo Assicurazioni Generali per la replica.
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Grazie. Anzitutto, dico che il nostro Gruppo è sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti e richieste o ricerche.
Dico, inoltre, che non è che a noi non ci piace l'assicurazione volontaria. È che ci basiamo sui dati relativi ai danni che
le Assicurazioni Generali hanno pagato in occasione dei due recenti terremoti. Le abitazioni civili rappresentano meno del 3 per cento dei sinistri che abbiamo risarcito. Oggi come oggi, dunque, le persone tendono a non assicurarsi perché culturalmente, come avete detto anche voi, si aspettano un intervento automatico dello Stato. La penetrazione assicurativa, quindi, in questo momento è molto bassa in questo settore.
Se vogliamo fare qualcosa, dunque, dobbiamo necessariamente passare alla obbligatorietà o semi obbligatorietà. È ovvio che l'obbligatorietà sarebbe il meglio perché a quel punto la mutualità sarebbe davvero totale. Dobbiamo però stare attenti ai numeri perché il parametro dei 67 euro per 100.000 euro di capitale assicurato emerge da uno studio condotto sull'intero patrimonio abitativo italiano, supponendo che tutti i proprietari dei 27 milioni di case abbiano la polizza. Con un sinistro atteso di 2,6 miliardi di euro, il risultato è 67 per mille, a cui vanno aggiunti però i costi commerciali, di amministrazione e del capitale.
Vorrei spendere due parole sul costo del capitale. Il discorso è economico, ma deve essere chiaro anche per chi non è un tecnico assicurativo. Calcolare in base al costo medio significa stimare la spesa media derivante dai sinistri. Secondo quello studio, in media ogni anno il sinistro equivarrebbe a 2,6 miliardi. Su dieci anni, però, la stessa media potrebbe essere data da un sinistro di 20 miliardi il primo anno e nessun sinistro nei successivi nove.
Come assicuratore devo tenere in considerazione tutte le eventualità perché ho bisogno di un margine di solvibilità in grado di far fronte a qualsiasi problema. Devo, quindi, avere a disposizione i 15 miliardi complessivamente stimati fin dal primo anno, ma il capitale così immobilizzato ha un costo, il costo del capitale appunto, che è un costo economicamente
importante. Certo, con la diversificazione dei rischi tale costo si riduce, ma è sempre un costo da tenere presente accanto alle valutazioni più commerciali legate all'offerta del prodotto.
Quella stima di 67 euro faceva dunque riferimento a un'obbligatorietà totale dell'assicurazione degli edifici per danni dovuti a catastrofi naturali. Parlando invece di semi-obbligatorietà, il grado di penetrazione, almeno nella nostra esperienza, potrebbe essere intorno al 40-44 per cento. Dico questo basandomi sul fatto che chi oggi possiede una casa nel 40-44 per cento dei casi stipula anche una polizza incendio (teniamo inoltre presente che in questo caso l'ammontare di rischio a cui andiamo incontro si riduce perché a non assicurarsi è la metà dei proprietari).
Comunque sia, la semi-obbligatorietà dovrebbe dare almeno la sicurezza che chi ha una polizza incendio abbia automaticamente anche una polizza terremoto o catastrofale. Credo che questo sia necessario, indispensabile, per scongiurare la trappola dell'antiselezione del rischio, vale a dire il fatto che chi vive in zona sismica, che essa sia definita da noi o dallo Stato non importa, avrà un premio molto elevato, mentre chi abita in una zona non sismica pagherà molto meno o, addirittura, non si assicurerà affatto. Questo, dunque, è un concetto che dobbiamo avere ben chiaro.
Altro punto fondamentale è la necessità di un intervento dello Stato. Lo Stato francese, ad esempio, ha deciso di intervenire in maniera forte perché in Francia vige la semi-obbligatorietà e questo significa che chiunque ha una polizza incendio automaticamente ha anche una copertura catastrofale (tranne per il rischio da tempesta) e che le compagnie di assicurazione hanno la possibilità di riassicurarsi con la CCR, una compagni di riassicurazione al cento per cento posseduta dallo Stato, di modo che queste anziché sul mercato riassicurativi,
vanno direttamente dallo Stato che agisce per il tramite di una compagnia di riassicurazione pubblica. Non voglio entrare nei tecnicismi, ma l'intervento dello Stato francese è molto forte, basti pensare che gestisce questa compagnia come una vera compagnia, non fa solo questa attività ma svolge molte attività di riassicurazione per diversificare il rischio.
Ovviamente lo Stato francese partecipa anche alla definizione del livello dei premi assicurativi perché si assume buona parte del rischio. Io penso che nell'ottica italiana sia più logico avere un mercato assicurativo e un mercato riassicurativo a cui aggiungere l'intervento dello Stato come riassicuratore di ultima istanza. In questo caso è più difficile che lo Stato possa intervenire sulle tariffe perché c'è un mercato riassicurativo che è internazionale e che ha le proprie regole per definire i prezzi. Certamente la mutualità può aiutare. Io ritengo, però, che un assetto basato su un mercato assicurativo, un mercato riassicurativo e lo Stato come riassicuratore di ultima istanza possa essere una soluzione da studiare per l'Italia.
Considerando, inoltre, i livelli di capacità, abbiamo calcolato il valore complessivo del patrimonio abitativo in 3.900 miliardi, ma sappiamo benissimo che non può arrivare un terremoto dalla Sicilia al Trentino-Alto Adige che abbatta tutto quanto. Abbiamo dunque delle fasce di rischio.
Consideriamo dunque una fascia di rischio e teniamo conto della lunghezza del periodo di ritorno (che è proporzionale all'intensità del terremoto perché più il periodo è lungo più è forte l'intensità). A nostro avviso, considerata una fascia dove siano concentrati rischi importanti e considerato un periodo di ritorno di duecento anni, che rappresenta un terremoto molto forte, si potrebbe determinare una necessità assicurativa pari a circa 34 miliardi di euro. Con la semi-obbligatorietà,
data la percentuale del 44 per cento di case assicurate, di questo ammontare copriremmo la metà, cioè circa 15 miliardi. Tuttavia, parliamo solo delle abitazioni e quindi dovremmo aggiungere tutti gli immobili ad uso produttivo, gli edifici pubblici e le infrastrutture, per un totale di circa 20-25 miliardi.
Non credo che oggi il mercato assicurativo e riassicurativo in Italia da soli possano mettere assieme 25 miliardi. Possiamo arrivare a 15 o 16, ma, se facciamo le cose per bene, il mercato riassicurativo internazionale potrebbe accettare di coprire il rischio italiano per compensare i forti rischi associati al Giappone, a San Francisco e ad altri posti. Io vedrei quindi lo Stato come un layer ultimo, in eccesso, che interviene solo come estrema ratio. In ogni caso non sarebbe come in Francia dove l'intervento statale è invece sempre attuale.
Anche questa del resto è una possibilità. La CCR francese, infatti, è gestita economicamente molto bene. È una compagnia di assicurazioni che compie il suo mestiere di riassicuratore professionale e anche noi la utilizziamo.
Per quanto riguarda gli incentivi, credo che sia un tema legato a quello dell'antiselezione. Più persone si riesce a far assicurare, più entra in gioco la mutualità. Però, anche in un regime di semi-mutualità, io tenderei ugualmente a differenziare, almeno in parte, chi ha investito in attività di prevenzione da chi non ha investito, così come differenzierei tra chi abita in territorio fortemente sismico e chi no, benché questo verrebbe ammortizzato molto dalla leva della mutualità.
Suggerisco quindi di usare la mutualità per rendere più omogeneo il quadro, mantenendo però comunque all'interno del sistema una segmentazione del mercato per incentivare ad assicurarsi chi ne ha più bisogno. In questo senso, si potrebbe prevedere che per chi dovrebbe pagare di più perché vive in
zona sismica l'incentivo fiscale potrebbe essere più alto. È solo un'idea, ma concettualmente sono soluzioni su cui si può lavorare.
Per quanto riguarda il dubbio sollevato dall'onorevole Stradella, vorrei dire che la franchigia non è intesa come aiuto a favore dei meno ricchi o dei più ricchi. Si tratta, invece, di un elemento tecnico che dobbiamo tenere presente nella definizione del premio assicurativo. Tecnicamente, infatti, noi vediamo che buona parte del premio serve a coprire la frequenza del rischio non la sua entità. Noi invece dovremmo riuscire a fare in modo che il premio copra non i sinistri minori ma più frequenti, bensì quelli che possono originare una grande difficoltà. Per fare questo una franchigia di 1.000 o 2.000 euro fa sì che il premio possa coprire l'evento di intensità anziché l'evento di frequenza.
FRANCO URLINI, Responsabile dell'Area tecnico-assicurativa vita e non vita del Gruppo Assicurazioni Generali. Per quanto riguarda i modelli stocastici, c'è assoluta convergenza tra lo sviluppo delle attività scientifiche, normative e assicurative e noi non prescindiamo da tutto questo. Il nostro modello stocastico è fortemente basato sulle valutazioni del mondo scientifico e degli istituti che in Italia si occupano della materia. In particolare, la mappa di pericolosità sismica è un elemento di data-entry per i nostri modelli.
Usiamo modelli di questo tipo perché, per proiettare i danni che si possono verificare sul nostro territorio, abbiamo la necessità di conoscere quattro grandezze: magnitudo, profondità, epicentro e frequenza dell'evento sismico. Trattiamo inoltre il tema della frequenza attraverso due canali. Il primo è quello della storia. Non ci improvvisiamo sismologi, ma
utilizziamo rilevazioni che vanno indietro addirittura di mille anni e per noi sono grandi fonti di esperienza relativamente all'evento.
Accanto a questo, nei nostri modelli dobbiamo anche alimentare gli eventi che non sono accaduti, ma che potrebbero accadere. Associamo, quindi, alle conoscenze scientifiche in materia di terremoti, tecniche attuariali previsionali di un evento non ancora verificatosi, ma che potrebbe presentarsi in ragione della tipologia del territorio.
Questi sono soltanto dati di ingresso per un modello che poi valuta in maniera molto trasparente, in relazione alla distribuzione del portafoglio, dei clienti e dei cittadini, i danni per i diversi tipi di evento che ipotizziamo possano verificarsi.
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che una visione di questo genere non dovrebbe limitarsi ai terremoti. In Italia, ad esempio, è molto forte anche il rischio idrogeologico e, da questo punto di vista, è molto interessante il modello dei francesi che hanno escluso la copertura assicurativa solo per le tempeste (ma tengono dentro, ad esempio, il rischio alluvioni), ma perché le tempeste sono di intensità relativamente bassa ed è più facile che il mercato assicurativo trovi da solo le soluzioni del caso.
Dal punto di vista culturale, sono perfettamente d'accordo con quanto è stato detto. Se la legge decidesse per la semi-obbligatorietà, e dunque che chiunque stipuli una polizza incendio automaticamente si assicurerebbe contro il terremoto e altre calamità naturali, a quel punto il cittadino non potrebbe aspettarsi dallo Stato lo stesso intervento che in passato. Si tratterebbe di un cambiamento culturale molto importante. In un momento così difficile ci rendiamo conto anche noi che potrebbe essere considerata come un'ulteriore
tassa, ma è anche vero quel che è stato detto riguardo al fatto che l'industriale non ritiene di pagare una tassa sul terremoto, quando assicura il proprio capannone, ma fa un'attività di prevenzione di un rischio.
FRANCO STRADELLA. Per il terremoto sì. Per le altre calamità il discorso è un po' diverso.
ALBERTO FLUVI. Siccome nel settore industriale si è accumulata una certa esperienza di danno da terremoto o da alluvione, tanto che il numero di capannoni assicurati credo sia vicino al cento per cento, vorrei chiedere quali sono i tempi di liquidazione del danno e di ripristino da parte delle compagnie di assicurazione nei casi di terremoto; ad esempio qual è la situazione in Emilia-Romagna?
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Nella grande impresa la copertura è molto penetrata e dopo i fatti dell'Emilia anche la piccola azienda inizia a chiedere lo stesso tipo di copertura. Per quanto riguarda gli interventi, la principale difficoltà riscontrata dai liquidatori è quella di effettuare la perizia quando non è possibile accedere ai siti colpiti dal sisma.
RAFFAELLA MARIANI. E quali sono i tempi di liquidazione dei danni, mediamente?
SERGIO BALBINÒT, Group Chief Insurance Officer del Gruppo Assicurazioni Generali. Tra pubblico e privato il vantaggio è che i tempi di intervento dei privati sono abbastanza rapidi. Di solito noi liquidiamo velocemente. Prima riusciamo a definire la gravità del sinistro sul posto, prima possiamo definire le nostre riserve e così via. Il problema sorge quando ci viene bloccato l'accesso. Senza vedere, infatti, non è possibile né stimare né pagare.
FRANCO URLINI, Responsabile dell'Area tecnico-assicurativa vita e non vita del Gruppo Assicurazioni Generali. Questo problema è stato particolarmente rilevante nel caso del terremoto dell'Aquila, trattandosi di un centro storico che è stato chiuso. Diverso il caso dell'Emilia, dove l'accesso alla rete peritale è stato più facile e più veloce. Non dobbiamo però confondere il tempo della liquidazione con il tempo che impiega il danneggiato ad accettare la nostra offerta.
Questo prescinde dall'efficienza del nostro sistema assicurativo.
PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,30.