Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO
Esame del documento conclusivo:
Valducci Mario, Presidente ... 3
ALLEGATO: Proposta di documento conclusivo ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'esame del documento conclusivo.
Avverto che è pervenuta da ACI Europe (Airports Council International) una nota contenente le valutazioni sui temi affrontati nell'indagine conoscitiva. ACI Europe ha contestualmente inviato anche il proprio rapporto sullo stato del trasporto aereo in relazione agli effetti della crisi economica e finanziaria mondiale. Il rapporto rappresenta un aggiornamento al mese di novembre 2009, della versione precedente pubblicata nel mese di marzo 2009. La documentazione fornita da ACI Europe, analogamente al documento trasmesso da IATA (International Air Transport Association), sarà inserita negli atti dell'indagine.
La proposta di documento conclusivo che presento nella seduta odierna (vedi allegato) reca, rispetto ad una precedente versione inviata informalmente ai membri della Commissione, un paragrafo introduttivo, che dà conto delle audizioni svolte dalla Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva. Ci sono inoltre due integrazioni volte in particolare a dar conto delle disposizioni in materia di diritti aeroportuali da ultimo inserite nel testo del disegno di legge finanziaria per il 2010 e dello studio preparatorio del piano nazionale sulla rete aeroportuale che è stato illustrato alla Commissione nel corso dell'ultima audizione tenutasi nell'ambito dell'indagine conoscitiva.
Auspico che sulla proposta di documento conclusivo possa svolgersi un ampio dibattito, il quale permetta alla Commissione di definire sinteticamente, in un paragrafo finale, gli interventi che si ritiene opportuno adottare per favorire lo sviluppo dei nostri aeroporti, la loro accessibilità mediante collegamenti intermodali e il miglioramento del livello dei servizi in essi offerti.
Nessun deputato chiedendo di intervenire, rinvio il seguito dell'esame del documento conclusivo ad altra seduta.
La seduta termina alle 14,20.
ALLEGATO
Introduzione - L'ambito e le finalità dell'indagine.
Un sistema aeroportuale diffuso, ma debole e scarsamente idoneo a fronteggiare le potenzialità di crescita del traffico aereo.
Evitare una proliferazione di aeroporti costosa, insostenibile e dannosa al Paese.
Recuperare la capacità di una programmazione nazionale della rete aeroportuale.
Gli investimenti per l'intermodalità.
Gli investimenti per le infrastrutture aeroportuali e il loro finanziamento.
L'ampliamento della capacità di traffico aereo: slot e accordi bilaterali.
La qualità dei servizi negli aeroporti.
Gli enti di regolazione, controllo e coordinamento.
Le prospettive: il Cielo unico europeo.
Introduzione - L'ambito e le finalità dell'indagine.
Gli aeroporti rappresentano un fattore decisivo di sviluppo economico e sociale di un Paese. Il costante sviluppo del traffico aereo che si è avuto nell'ultimo decennio e la rilevante crescita attesa per i prossimi anni esercitano pressioni sempre più intense volte da un lato all'ampliamento e alla riorganizzazione degli aeroporti esistenti e dall'altro alla realizzazione di nuovi. L'evoluzione della struttura degli aeroporti è determinata inoltre dall'esigenza di garantire livelli di sicurezza sempre più elevati, sia in termini di safety che di security.
L'attenzione per le questioni attinenti in modo specifico agli aeroporti deve collocarsi all'interno di una riconsiderazione complessiva della politica nazionale del trasporto aereo. Infatti, in conseguenza
alla progressiva liberalizzazione del traffico aereo che si è realizzata in attuazione della normativa comunitaria, il settore nel nostro Paese si è sviluppato per effetto di spinte autonome, che, per quanto concerne gli aeroporti, hanno provocato una proliferazione del numero degli scali, avvenuta in assenza di una programmazione nazionale capace di individuare una strategia coerente di sviluppo. Ciò ha portato, per un verso, all'utilizzo di ingenti risorse pubbliche per la realizzazione e la gestione di aeroporti con volumi di traffico ridotti e, dall'altro, per effetto della concorrenza tra gli scali, alla difficoltà di sviluppare aeroporti su cui concentrare i voli a medio e lungo raggio.
A livello istituzionale, il sistema aeroportuale nazionale ha inoltre risentito della sovrapposizione delle competenze che si è determinata per effetto dell'articolo 117 della Costituzione, a norma della quale gli aeroporti civili sono una delle materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni.
La IX Commissione ha ritenuto di procedere ad una indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, con l'obiettivo che tale attività conoscitiva permetta di individuare le criticità del sistema e di definire adeguate linee di intervento, anche a livello legislativo.
L'indagine è stata deliberata il 12 febbraio 2009 e si è conclusa il 30 novembre 2009.
Nel corso delle 41 audizioni svoltesi nei mesi da febbraio a novembre sono stati ascoltati i soggetti istituzionali competenti, le società di gestione aeroportuale, compagnie aeree italiane e straniere, le parti sociali, le associazioni rappresentative del settore e i centri di studio e di ricerca operanti sulla materia. Sono stati acquisiti altresì contributi scritti inviati da altri soggetti, tra i quali i contributi di IATA (International Air Transport Association) e di ACI-Europe (Airports Council International).
Le audizioni hanno consentito di fornire alla Commissione un quadro completo delle questioni che interessano l'evoluzione e lo sviluppo del sistema aeroportuale, nonché un panorama ampio e articolato delle valutazioni e delle proposte che ciascun soggetto ha inteso rappresentare.
Sono state in particolare esaminati ed approfonditi l'attuale assetto normativo del settore e la sua coerenza rispetto alle prospettive di sviluppo del sistema e alla crescita attesa del traffico aereo, l'assetto istituzionale degli enti coinvolti, il ruolo del settore pubblico, i livelli di sicurezza garantiti, i modelli che caratterizzano le società di gestione aeroportuale, le relazioni tra queste ultime e le compagnie aeree, le modalità di assegnazione degli slot, i livelli e la qualità dei servizi aeroportuali e la dotazione infrastrutturale interna e di collegamento degli aeroporti.
Sono state altresì effettuate due missioni negli aeroporti di Zurigo e Monaco di Baviera, in ragione dei riconoscimenti internazionali ottenuti per l'efficienza e la qualità dei servizi, durante le quali la Commissione, attraverso una delegazione, ha potuto acquisire direttamente elementi informativi sulla gestione aeroportuale e sulle relazioni dei due aeroporti con il territorio.
Un sistema aeroportuale diffuso, ma debole e scarsamente idoneo a fronteggiare le potenzialità di crescita del traffico aereo.
Il sistema aeroportuale italiano (1) è costituito da circa 100 aeroporti, di cui 47 registrano traffico commerciale con voli di linea. Sulla base dei dati relativi al 2008, i primi 20 aeroporti coprono il 94,76 per cento del traffico di passeggeri. Ancora più significativo è il fatto che soltanto 7 aeroporti hanno un volume di traffico superiore a 5 milioni di passeggeri l'anno e i primi 8 aeroporti (i 7 a rilevanza comunitaria e Ciampino) coprono, sempre sulla base dei dati riferiti al 2008, circa il 70 per cento del traffico passeggeri del Paese.
Al tempo stesso, l'Italia, pur avendo una dimensione economica paragonabile a quella di Germania, Francia e Gran Bretagna, non ha aeroporti di dimensioni analoghe a quelle degli aeroporti di Londra-Heathrow, o di Parigi-Charles de Gaulle o di Francoforte/Meno, e neppure a quelle dell'aeroporto di Madrid-Barajas o di Amsterdam-Schiphol.
Non si tratta peraltro soltanto di un problema di singoli aeroporti. Sono i dati complessivi sul traffico aereo in Italia a non consentire valutazioni positive. L'entità del traffico aereo che interessa l'Italia, misurata sul numero di passeggeri (133 milioni di passeggeri nel 2008), risulta, infatti, notevolmente inferiore non soltanto a quella del Regno Unito, ma anche di Germania, Spagna e Francia. È stato altresì segnalato nell'indagine conoscitiva che la propensione al volo, misurata sulla base del numero di voli effettuati in un anno per abitante, è in Italia notevolmente inferiore alla media europea.
Questi dati non dipendono soltanto, né forse principalmente, dagli aeroporti. Sicuramente le travagliate vicende che, a partire dalla liberalizzazione del mercato del traffico aereo comunitario, hanno
segnato la storia della compagnia aerea di riferimento nazionale, già compagnia di bandiera, hanno avuto un'incidenza rilevante. Occorre tuttavia considerare che, nell'ambito di un sistema economico sempre più caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati, la rete aeroportuale riveste un ruolo fondamentale rispetto alle capacità di sviluppo del traffico aereo e, attraverso di esso, dell'economia del Paese nel suo complesso.
Di fronte ad un ruolo tanto importante, dall'indagine conoscitiva è emerso che il sistema degli aeroporti italiani, pur essendo un sistema assai diffuso, è nel complesso un sistema in difficoltà. Questa condizione di difficoltà dipende in parte da carenze e inadeguatezze già rilevabili, come la scarsa accessibilità intermodale, che è da correlarsi all'insufficienza dei collegamenti con la rete ferroviaria e stradale, e un livello di servizi in molti casi insoddisfacente. Il motivo di maggiore preoccupazione, tuttavia, non si riferisce tanto alla situazione attuale, ma a quella che si determinerà nei prossimi anni. Il sistema aeroportuale italiano, nello stato in cui si trova oggi, non pare, infatti, in grado di sostenere adeguatamente le future potenzialità di sviluppo del traffico aereo.
Da questo punto di vista, l'indice relativamente basso di propensione al volo può essere considerato anche in un'ottica positiva, in quanto implica una potenzialità di crescita maggiore che in altri Paesi. Più in generale, superata la crisi economica, di cui ancora si sentono gli effetti, le previsioni sull'evoluzione del traffico aereo nel medio e lungo periodo illustrate nel corso dell'indagine conoscitiva sono concordi nel prospettare un ulteriore, rilevantissimo incremento. Sono state elaborate proiezioni per cui in Italia si passerà da 133 milioni di passeggeri nel 2008 a circa 230 milioni nel 2020, o, secondo altre stime, nel 2025, comunque in un arco di tempo inferiore a venti anni. Sono numeri impressionanti.
Bisogna fare in modo che le attendibili previsioni di crescita del traffico aereo non vadano a scontrarsi con l'insufficiente capacità infrastrutturale ed operativa degli aeroporti italiani, con la conseguenza di limitare il traffico aereo che riguarda l'Italia rispetto a quelle che potrebbero essere le possibilità di espansione. Come è stato detto nell'indagine conoscitiva, bisogna evitare che la limitata capacità aeroportuale diventi «il collo di bottiglia» del traffico aereo. Questo, in fin dei conti, è il punto fondamentale, perché l'incremento del traffico aereo che può essere intercettato dall'Italia rappresenta un fattore essenziale rispetto alle potenzialità di sviluppo dell'economia italiana, tanto più se si considera la straordinaria vocazione turistica del nostro Paese.
Non si può non rilevare che il timore che si pervenga in un arco di tempo relativamente breve ad una situazione di grave inadeguatezza delle capacità aeroportuali non riguarda soltanto l'Italia, ma l'intera Europa. In una comunicazione del gennaio 2007 (2) la
Commissione europea, riprendendo i risultati di uno studio congiunto della Conferenza europea dell'aviazione civile e di Eurocontrol, ha segnalato con allarme il «crescente divario tra le capacità aeroportuali e la domanda di servizi aerei» e il rischio di una «crisi della capacità aeroportuale», che, in assenza di interventi di potenziamento, condurrà entro il 2025 ad una congestione del sistema del traffico aereo.
Per l'Italia questi motivi di preoccupazione risultano ancora più forti. Come mostrano i dati sopra brevemente richiamati, il nostro Paese ha numerosi scali aperti al traffico commerciale, ma, anche nel caso di quelli maggiori, si tratta di infrastrutture aeroportuali di dimensioni limitate, in proporzione alle dimensioni dell'economia italiana e al numero di abitanti del Paese, per non parlare della rilevanza e delle ulteriori potenzialità di sviluppo del settore turistico. Per questo l'Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di aeroporti più grandi, più efficienti e meglio connessi, attraverso collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e stradale, al territorio e al bacino di traffico di riferimento.
Evitare una proliferazione di aeroporti costosa, insostenibile e dannosa al Paese.
Le caratteristiche geografiche dell'Italia e le sue tradizioni storiche (il forte senso di individualità dei singoli territori) sono sicuramente una delle cause che hanno determinato la diffusione di numerosi aeroporti con volumi di traffico commerciale limitati e, sotto il profilo economico, difficilmente sostenibili. È sicuramente vero che un sistema aeroportuale diffuso, che, per un verso, permette l'accessibilità al traffico aereo da un numero significativo di luoghi e, per l'altro, consente di raggiungere facilmente molti centri importanti del Paese, rappresenta, in particolare per l'Italia, un elemento di sostegno alle economie locali e di promozione dei flussi turistici. Occorre tuttavia evitare che un sistema aeroportuale diffuso si trasformi in un sistema aeroportuale parcellizzato e assistito, per non accentuare quegli aspetti di debolezza che esso già manifesta.
La preoccupazione nasce dal fatto che si assiste a molteplici iniziative volte alla costruzione di nuovi aeroporti per i quali è difficile immaginare un bacino di utenza adeguato. La preoccupazione, dunque, non si riferisce alle ipotesi o ai progetti di aeroporti che dovrebbero sostituire aeroporti di dimensioni rilevanti, che per specifiche ragioni di collocazione e di urbanizzazione del territorio circostante non possono ulteriormente svilupparsi (come Ciampino o, in prospettiva, Capodichino). Riguarda piuttosto le ipotesi, le proposte, anche i progetti di costruire nuovi aeroporti che dovrebbero servire centri urbani medio-piccoli e che andrebbero a collocarsi in prossimità di aeroporti già esistenti, il più delle volte caratterizzati, anche questi ultimi, da un traffico non rilevante, a stento sufficiente a garantire la sostenibilità economica della gestione.
La realizzazione di nuovi aeroporti in aree già sufficientemente servite determina almeno due conseguenze negative assai gravi. In primo luogo, uno spreco di risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate in modo più proficuo. Si tratta, in particolare, delle ingenti
risorse necessarie alla costruzione di un aeroporto, vale a dire le risorse che i soggetti pubblici che promuovono il nuovo aeroporto (in misura rilevante, regioni e enti locali), anche ricorrendo a finanziamenti statali e comunitari, destinano alla realizzazione delle infrastrutture. Si tratta, inoltre, delle risorse necessarie, in una fase successiva, alla gestione dell'aeroporto: una infrastruttura aeroportuale senza un bacino di utenza adeguato avrà infatti difficoltà a sviluppare entrate sufficienti a far fronte ai rilevanti costi che la gestione comporta, per cui saranno i soggetti pubblici promotori della costruzione dell'aeroporto a dover ripianare le prevedibili perdite. Ciò è tanto più vero se, come accade spesso in Italia, regioni, enti locali o altri soggetti pubblici risultano essere tra gli azionisti di riferimento della società di gestione.
Bisogna inoltre tener conto che, come rilevato nell'indagine conoscitiva, l'attività di un aeroporto non comporta soltanto costi che sono iscritti nel conto economico delle società di gestione, ma anche prestazioni di servizi che ricadono sulla collettività nel suo complesso, in quanto sostenuti dallo Stato o dagli enti locali. Basti pensare ai servizi di controllo del traffico aereo, all'attività delle forze dell'ordine che presidiano l'aeroporto e del personale dedicato ai controlli di sicurezza o al funzionamento della dogana, oppure, per quanto riguarda i comuni, all'esigenza di impiegare un numero rilevante di vigili urbani per i servizi relativi alle infrastrutture di accesso. Si tratta di un insieme di servizi che rappresentano costi fissi a carico della collettività, che non hanno giustificazione se l'aeroporto non ha volumi di traffico adeguati, a meno che non si tratti di scali la cui attività risponde alle esigenze di
servizio pubblico connesse ad effettive difficoltà di accesso del territorio interessato (è, principalmente, il caso delle isole minori).
Oltre al profilo dell'impiego corretto delle risorse pubbliche, vi è una seconda conseguenza altrettanto negativa. I nuovi aeroporti rischiano di generare fenomeni deleteri di concorrenza, che vanno a discapito degli aeroporti vicini esistenti, pregiudicando anche la possibilità per questi ultimi di svilupparsi e raggiungere una dimensione significativa ed economicamente sostenibile. In questo modo il danno è duplice.
Dall'indagine conoscitiva è emerso con evidenza, infatti, che, in parallelo al processo di liberalizzazione del traffico aereo, anche l'aeroporto ha assunto una nuova configurazione, trasformandosi in una impresa, interessata ad acquisire, in concorrenza con le imprese analoghe, il maggior numero di clienti, che, nel caso dell'aeroporto, sono di due tipologie: le compagnie aeree e i passeggeri. L'apertura di nuovi voli e, attraverso di essi, la crescita del numero di passeggeri sono l'obiettivo di chi gestisce, in un'ottica imprenditoriale, l'aeroporto. Ne sono prova gli accordi promozionali che aeroporti di medie e anche piccole dimensioni hanno stipulato con alcune compagnie aeree, prevalentemente low cost, al fine di incrementare il proprio volume di traffico.
Occorre pertanto evitare che le ingenti risorse pubbliche che, direttamente o indirettamente, sono coinvolte nella realizzazione di un aeroporto siano destinate a strutture che non soltanto non sono in grado di garantire la propria sostenibilità sotto il profilo economico,
ma, anche, rischiano di compromettere le prospettive di crescita per altri aeroporti già operanti nella medesima area geografica, con l'effetto complessivo di ridurre, piuttosto che incrementare, le capacità di assorbimento del traffico aereo del Paese.
Proprio in relazione alla natura imprenditoriale dell'attività di gestione di un aeroporto - anche nel caso, assai frequente, in cui la maggioranza del capitale azionario sia detenuta da enti pubblici -, occorre che ogni decisione in merito alla realizzazione di nuovi aeroporti si fondi su una valutazione accurata e attendibile della capacità dell'aeroporto di assicurare la propria sostenibilità economica, attraendo volumi di traffico adeguati. Nell'ambito di questa valutazione, bisognerebbe tener conto anche dei servizi, che, pur essendo destinati specificamente all'aeroporto, ricadono, per quanto riguarda i loro costi, sulla collettività. Senza modificare i rapporti relativi alle concessioni già in essere, si potrebbe prevedere che, nel caso di nuovi aeroporti che non rientrano in una programmazione condivisa tra Stato e regione interessata, i costi di questi servizi, appropriatamente determinati, siano posti a carico del soggetto che
andrà a gestire il nuovo aeroporto, in modo da disincentivare l'apertura di scali che non registreranno volumi di traffico tali da giustificare gli oneri connessi alla realizzazione e al funzionamento dell'aeroporto stesso.
Recuperare la capacità di una programmazione nazionale della rete aeroportuale.
L'interesse generale alla crescita del traffico aereo in Italia induce a individuare come obiettivo prioritario quello di utilizzare le risorse disponibili non per creare nuovi aeroporti - assecondando una proliferazione degli aeroporti costosa, insostenibile sotto il profilo economico e gestionale e dannosa per il sistema nel suo complesso - ma per ammodernare, ampliare e potenziare, in modo mirato, gli aeroporti che esistono.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario, in primo luogo, ritrovare la capacità di elaborare una programmazione dello sviluppo della rete aeroportuale che risponda a finalità, interessi ed equilibri di carattere generale. Non è facile elaborare un simile documento programmatico. Non si tratta, infatti, di aggiornare un documento già esistente, dal momento che documenti programmatici di ampia portata nel settore dei trasporti o, in modo specifico, del trasporto aereo, risalgono a parecchi anni fa e risultano palesemente superati. Ancora maggiore è la difficoltà che deriva dalla frammentazione delle competenze a livello istituzionale. La competenza concorrente sugli aeroporti civili attribuita alle regioni dal nuovo titolo V della Costituzione, sia pure alla luce delle precisazioni introdotte dall'interpretazione della Corte costituzionale, rende più complessa l'elaborazione di una programmazione a livello
nazionale, mentre rischia di indebolire la resistenza alle pressioni «campanilistiche» che provengono dai singoli territori all'interno di ciascuna regione per avere il proprio aeroporto.
Merita pertanto apprezzamento l'iniziativa assunta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il supporto dell'ENAC, per
pervenire alla definizione di un nuovo piano aeroportuale nazionale. Il piano nazionale dovrebbe in primo luogo fornire gli elementi di informazione e di valutazione che evidenzino, da un lato, le esigenze di potenziamento degli aeroporti esistenti e, dall'altro, permettano di verificare la fondatezza delle proposte di realizzazione di nuovi aeroporti. A questo scopo il piano si baserà su uno studio dettagliato e analitico, presentato alla Commissione nel corso dell'indagine, impostato con riferimento ad aree sovraregionali. Lo studio ha preso in considerazione 47 complessi aeroportuali aperti al traffico civile, di cui sono state rilevate e analizzate le caratteristiche di capacità e funzionalità, i livelli di servizio, nonché la consistenza e le prestazioni di strutture e infrastrutture sia dal «lato aria» che dal «lato terra». L'accessibilità, i livelli di intermodalità e, in generale, i collegamenti
con il territorio, già sussistenti ovvero di cui è prevista la realizzazione, per la quale sono stati predisposti piani e progetti a breve e medio termine, sono stati altresì oggetto dell'analisi fino ad ora condotta.
Il piano, avvalendosi dei risultati dello studio preparatorio, potrebbe pertanto offrire alle regioni, nel rispetto della ripartizione di competenze tra Stato e regioni sancita dalla Costituzione, e della disciplina dell'esercizio delle stessa, dettata dal codice della navigazione, come rivisto, nella parte aeronautica, dal decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, e successive modifiche, gli elementi conoscitivi necessari per assumere le decisioni di propria competenza. Ogni scelta in ordine alla realizzazione e all'ubicazione di nuovi aeroporti dovrebbe infatti basarsi su una analisi approfondita e attendibile delle dimensioni del traffico aereo e del numero di passeggeri che l'aeroporto potrà attrarre, tenendo conto, da un lato, dei collegamenti con le reti di trasporto ferroviarie e stradali, e dall'altro, delle strutture aeroportuali già esistenti. Considerazioni di questo tipo non possono che riferirsi di norma a territori più estesi rispetto a
quello di una singola regione; in altre parole, devono essere elaborate in relazione ad aree di dimensioni sovraregionali e dovrebbero comunque essere inserite in un'ottica di programmazione nazionale.
In una prospettiva che interessa l'intero Paese dovrebbero essere individuati, nell'ambito del piano, gli aeroporti che hanno un numero di passeggeri annui superiore a 5 milioni, o che, sulla base di prospettive di crescita affidabili e definite nel tempo, possono collocarsi stabilmente al di sopra di tale soglia (indicativamente si potrebbero considerare anche gli aeroporti il cui volume di traffico si discosta da tale soglia nella misura del 10 per cento). La soglia di 5 milioni di passeggeri annui corrisponde al limite stabilito per l'applicazione della direttiva comunitaria in materia di diritti aeroportuali e individua pertanto gli aeroporti di rilevanza comunitaria. In tale nozione potrebbe essere assorbita anche la nozione di aeroporti e sistemi aeroportuali di interesse nazionale, prevista dal codice della navigazione (articolo 698). In sostanza, intorno alla soglia dei 5 milioni di passeggeri annui, si individuerebbero gli aeroporti che andrebbero a costituire il
complesso delle strutture di maggior rilievo per il sistema aeroportuale del Paese.
Se la normativa comunitaria stabilisce una soglia per definire gli aeroporti di maggiori dimensioni, nell'ambito del piano dovrebbe
essere individuata anche una soglia al di sotto della quale si individuerebbero gli aeroporti di minori dimensioni. Tale soglia non dovrebbe essere inferiore a 1 milione di passeggeri annui e permetterebbe di individuare gli aeroporti che, almeno a titolo di indicazione programmatica, dovrebbero essere esclusi dal traffico commerciale, con l'eliminazione dei notevoli costi a carico della finanza pubblica che quest'ultimo comporta, salvo che si tratti di aeroporti la cui attività risponde ad esigenze essenziali di collegamento del territorio interessato, che non possono essere validamente soddisfatte in altro modo (come evidentemente accade, ad esempio, per i territori insulari).
In ogni caso non si intende lasciare inutilizzate strutture già esistenti. Si potrebbero valutare in quali casi sussistano o si possano realizzare adeguate infrastrutture di collegamento che permetterebbero di sviluppare una significativa attività di trasporto aereo di merci.
Un numero significativo di strutture potrebbe altresì essere specializzate per le esigenze dell'aviazione generale (ivi compreso il traffico dell'aviazione di affari e ultraleggero), che, come è stato sottolineato nel corso dell'indagine, incontra nel nostro Paese difficoltà che ne limitano fortemente le possibilità di espansione, anche in relazione alle restrizioni all'accesso agli aeroporti aperti al traffico commerciale, anche quando si tratti di scali di medie o piccole dimensioni. Le medesime strutture potrebbero inoltre essere impiegate per favorire lo sviluppo del settore dell'elicotteristica.
Per quanto concerne la fascia degli aeroporti di dimensione intermedia (con un numero di passeggeri annui compreso tra 1 e 5 milioni o che, in un'ottica di programmazione, possono collocarsi in tale fascia in tempi attendibilmente prevedibili), si tratta di aeroporti che non ricadono nella normativa comunitaria. Si potrebbe pertanto prospettare, per tali aeroporti, una liberalizzazione del sistema di tariffazione, sia pure controllata e idonea a garantire il rispetto dei princìpi generali stabiliti dalla disciplina comunitaria. Al tempo stesso, il mantenimento e lo sviluppo di queste strutture dovrebbe essere definito sulla base di criteri rigorosi di sostenibilità economica e di effettiva capacità di attrazione e assorbimento del traffico aereo, escludendo interventi economici pubblici a sostegno della gestione ordinaria.
In relazione a questi criteri, si può prospettare, per gli aeroporti di dimensione intermedia, ove siano presenti le opportune condizioni, anche lo sviluppo di scali modello low cost, vale a dire di aeroporti pensati come strutture di flusso, dove il passeggero rimane il minor tempo possibile e dove al passeggero stesso e alla compagnia aerea sono prestati soltanto i servizi essenziali. Ciò permetterebbe un forte contenimento dei costi per gli investimenti, e, attraverso una riduzione degli oneri a carico delle compagnie aeree, la possibilità di offrire prezzi più vantaggiosi per i passeggeri, con l'effetto di incentivare la propensione al volo e l'incremento dei volumi del traffico aereo.
È chiaro che un intervento di programmazione non può limitarsi a dare conto della situazione esistente e a classificare gli aeroporti esistenti in fasce relative ai volumi di traffico. Il piano dovrebbe individuare i casi, comunque di numero limitato, per i quali esigenze relative al complessivo sviluppo del trasporto aereo nel Paese o alle
difficoltà di collegamento di determinate e rilevanti aree territoriali portassero a ritenere necessario lo sviluppo di aeroporti di dimensioni significative. Compito specifico del piano sarebbe, in questa ipotesi, individuare le strutture che rispondono a tali esigenze e sono suscettibili di ampliamento, definendo gli interventi di potenziamento infrastrutturale necessari per assicurare che gli aeroporti in questione raggiungano le dimensioni di traffico programmate. L'individuazione degli aeroporti da sviluppare comporterebbe del resto la contestuale individuazione degli aeroporti collocati nella medesima area o, comunque, a distanza limitata, che potrebbero essere esclusi dal traffico commerciale e riconvertiti ad altre finalità.
Gli investimenti per l'intermodalità.
Se non bisogna costruire aeroporti inutili, è necessario invece rafforzare gli aeroporti che esistono. L'individuazione degli aeroporti che si configurano o dovrebbero configurarsi come aeroporti di rilevanza comunitaria deve associarsi alla volontà di concentrare su di essi l'impegno, anche finanziario, per assicurarne la necessaria dotazione infrastrutturale.
Il rafforzamento degli aeroporti, vale a dire l'ampliamento della capacità dell'aeroporto di gestire traffico aereo in decollo o in atterraggio, è innanzitutto una questione di implementazione di capacità infrastrutturali ed operative. In particolare, le infrastrutture da cui dipende la capacità dell'aeroporto sono di due tipi. Da un lato le infrastrutture che sono parte dell'aeroporto stesso, quali i terminal, le piste, i parcheggi. Dall'altro, le infrastrutture di collegamento e integrazione dell'aeroporto con le altre reti di trasporto: con le reti di trasporto ferroviario, metropolitano, stradale e autostradale.
Il secondo aspetto risulta già adesso particolarmente preoccupante. In quasi tutte le audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva è stato infatti sottolineato come i collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e con la rete stradale e autostradale costituiscono per gli aeroporti italiani una vera e propria emergenza. Basta un dato per dare efficacemente un'idea delle carenze della situazione attuale: soltanto sei aeroporti hanno collegamenti con la rete ferroviaria e nessun aeroporto ha collegamenti con la rete ferroviaria ad alta velocità; se si considerano gli studi e i progetti in corso soltanto due aeroporti potranno essere collegati con la rete ad alta velocità.
Simili dati discendono in primo luogo dal fatto che in Italia si è registrata una pressoché completa assenza di coordinamento tra la programmazione delle infrastrutture relative alle reti di trasporto, specialmente di trasporto ferroviario, e la costruzione o l'ampliamento di aeroporti.
Nello sviluppo della rete aeroportuale nazionale non si è quindi tenuto conto in nessun modo che i collegamenti con gli altri sistemi di trasporto, in particolare i sistemi di trasporto pubblici, assumono una rilevanza essenziale per i passeggeri che utilizzano l'aeroporto, per l'incidenza positiva che l'attività dell'aeroporto può avere sul territorio in cui si situa e per le stesse potenzialità di sviluppo dell'aeroporto. Per tutti i flussi di traffico diversi da quello dei
passeggeri in transito, è evidente che la difficoltà di accesso derivante dalla carenza e inadeguatezza dei collegamenti all'aeroporto con la rete ferroviaria e stradale rappresenta un grave ostacolo all'utilizzo dell'aeroporto da parte di un numero di utenti corrispondente alle potenzialità dell'area di attrazione. La stessa area di attrazione si definisce sulla base dei collegamenti intermodali di cui l'aeroporto dispone o che potranno essere realizzati in tempi prevedibili.
Sia in relazione alle potenzialità di crescita degli aeroporti, sia in relazione ad una considerazione adeguata dei problemi della mobilità, occorre, a differenza di quanto è avvenuto finora, una visione unitaria della programmazione dei trasporti (delle persone e delle merci), nella quale le connessioni intermodali siano l'elemento che assicura la coerenza e l'efficacia delle strategie individuate. Se si considera il medesimo problema dal punto di vista degli aeroporti, occorre pensare ciascuno scalo come una infrastruttura di trasporto strategica all'interno di un sistema di trasporti integrato. In altre parole, qualunque decisione in ordine alla collocazione, realizzazione o potenziamento di un aeroporto dovrebbe essere preceduta da una valutazione dei collegamenti con la rete ferroviaria e stradale che sono già presenti o che devono essere realizzati per garantire la funzionalità dell'aeroporto, in modo che i tempi di programmazione dei
lavori relativi all'aeroporto e quelli dei lavori relativi alle connessioni intermodali risultino coordinati.
Anche sotto questo aspetto il piano nazionale della rete aeroportuale può essere lo strumento per stabilire le condizioni di base di un raccordo tra programmazione aeroportuale e programmazione delle infrastrutture di trasporto. Il piano dovrebbe innanzitutto offrire una ricognizione delle infrastrutture intermodali esistenti e di quelle di cui è prevista la realizzazione entro termini temporali definiti. Dal confronto tra la situazione attuale dei collegamenti intermodali e le prospettive di sviluppo della rete aeroportuale dovrebbero quindi emergere quali sono gli ulteriori interventi di integrazione di questi aeroporti rispetto alla rete ferroviaria, metropolitana e stradale, essenziali per permettere l'espansione degli aeroporti stessi, in particolare di quelli di maggiori dimensioni e rilevanza. L'idoneità del piano ad individuare gli aeroporti che, in una prospettiva di sistema, dovrebbero assumere un ruolo principale, consentirebbe la definizione di
un ordine di priorità riguardo alla realizzazione delle infrastrutture di collegamento e all'impiego delle risorse ad esse destinate.
In questo modo il piano individuerebbe gli elementi necessari per coordinare le prospettive di sviluppo del sistema aeroportuale con la programmazione in materia di infrastrutture di trasporto. A livello centrale, l'unificazione in un unico dicastero della competenza su infrastrutture e trasporti rende più agevole un simile raccordo. È, peraltro, necessaria una intensa attività di confronto e di cooperazione con le singole regioni, per assicurare che il raccordo con la pianificazione aeroportuale sussista, in termini coerenti, sia a livello di programmazione delle opere pubbliche statale, sia a livello di programmazione regionale.
Occorre inoltre che le ipotesi di potenziamento dei singoli aeroporti siano esaminate dalla società di gestione dell'aeroporto insieme con i responsabili, a livello nazionale, regionale e locale, della politica dei
trasporti e con i gestori della rete ferroviaria e di quella stradale e autostradale. In considerazione dei tempi di realizzazione dei collegamenti infrastrutturali, un'attività condivisa di pianificazione, che coinvolga tutti i soggetti responsabili delle scelte politiche e della realizzazione e gestione delle infrastrutture di trasporto, deve essere avviata con largo anticipo, tenendo conto di quelle che sono le prospettive di crescita dell'aeroporto nel medio periodo. Altrimenti vi è il rischio che, come già si è sperimentato, le difficoltà di accesso agli aeroporti italiani diventino un ostacolo pressoché insuperabile alle loro possibilità di sviluppo.
Gli investimenti per le infrastrutture aeroportuali e il loro finanziamento.
L'altro aspetto in relazione al quale nel corso dell'indagine è stata esaminata la questione delle infrastrutture riguarda le infrastrutture aeroportuali in senso stretto. Sotto questo profilo negli aeroporti italiani non si sono registrate finora situazioni di grave crisi dovute a carenza di capacità. È in prospettiva, in rapporto al prevedibile incremento del traffico aereo, che si registrerà in un arco di tempo relativamente limitato, che si impone l'esigenza di un potenziamento delle infrastrutture aeroportuali, in particolare negli aeroporti di maggiore rilevanza. In un'ottica di proiezione verso il futuro occorre inoltre tener conto che l'ampliamento delle infrastrutture aeroportuali richiede aree in cui questo potenziamento possa essere realizzato e, allo stato attuale, come è stato segnalato nel corso dell'indagine, i principali aeroporti non hanno, all'interno del sedime aeroportuale, spazi disponibili, per cui dovrebbero
acquisire aree esterne.
La costruzione o l'ampliamento delle infrastrutture aeroportuali è compito delle società, che, in regime di concessione, gestiscono i singoli aeroporti. Nel contratto di programma è stato individuato lo strumento giuridico che, in relazione al rapporto di concessione, dovrebbe raccordare il sistema tariffario con gli impegni della società concessionaria alla realizzazione degli investimenti necessari. Dall'indagine conoscitiva è emerso un duplice problema: da un lato il reperimento delle risorse necessarie per il finanziamento degli investimenti; dall'altro, l'eccessiva lunghezza delle procedure previste per la definizione e l'approvazione dei contratti di programma.
Per quanto riguarda il primo punto, l'indagine ha mostrato una netta contrapposizione di valutazioni tra le società di gestione degli aeroporti e i vettori in merito alle tariffe (o, più precisamente, diritti) aeroportuali. Le società di gestione hanno sottolineato che una politica del trasporto aereo che per molti anni in Italia è stata definita con riferimento agli interessi di quella che era la compagnia di bandiera ha indotto a mantenere inalterate le tariffe aeroportuali, escludendo anche il recupero dell'inflazione. La conseguenza di questa impostazione è stata che le tariffe aeroportuali si collocano in Italia ai livelli più bassi in ambito europeo e non permettono alle società di gestione di disporre delle risorse finanziarie per effettuare i necessari investimenti.
Le società di gestione hanno altresì evidenziato il protrarsi nel tempo dei procedimenti relativi ai contratti di programma. Il rilievo
trova conferma nel fatto che soltanto per due contratti di programma (quelli per gli aeroporti di Napoli e di Pisa) si è concluso, di recente, il complesso iter di approvazione, con la registrazione dei provvedimenti da parte della Corte dei conti. Per gli aeroporti di maggiori dimensioni la difficoltà di pervenire alla conclusione dei contratti di programma si è rivelata tale da indurre il legislatore all'introduzione di una disciplina derogatoria. Con l'esplicita finalità di incentivare l'adeguamento delle dotazioni infrastrutturali, è stata infatti prevista, con il comma 34-bis dell'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. una procedura semplificata di approvazione dei contratti di programma per gli aeroporti con traffico superiore a dieci milioni di passeggeri annui (di fatto, Roma Fiumicino e Milano Malpensa), in modo da stabilire sistemi
di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi.
Da ultimo, nel disegno di legge finanziaria per il 2010, in corso di esame in seconda lettura presso la Camera dei deputati, sono state inserite disposizioni (commi 190 e 191 dell'articolo 2) che autorizzano, a decorrere dal 2010, nelle more della stipula dei contratti di programma, un'anticipazione tariffaria dei diritti aeroportuali per l'imbarco di passeggeri nel limite massimo di 3 euro per passeggero. L'anticipazione è vincolata all'effettuazione in autofinanziamento di nuovi investimenti infrastrutturali urgenti ed è subordinata alla presentazione all'ENAC da parte delle società concessionarie di un piano di sviluppo e ammodernamento aeroportuale, con l'elenco delle opere ritenute urgenti e indifferibili, nonché del relativo cronoprogramma. I piani di sviluppo devono essere validati dall'ENAC. Successivamente, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo
parere del CIPE, è determinata dal 2010 la misura dell'anticipazione tariffaria, in correlazione ai piani di sviluppo validati. Le entrate derivanti dall'anticipazione tariffaria sono accantonate in un apposito fondo vincolato del bilancio delle società e possono essere svincolate a fronte dell'effettiva realizzazione degli investimenti e sulla base di stati di avanzamento dei lavori convalidati dall'ENAC. Le somme che rimangono accantonate possono essere utilizzate dalla società concessionaria a condizione che, nel termine di sei mesi dalla validazione, questa depositi tutta la documentazione necessaria alla stipula del contratto di programma e, entro un anno dal deposito della documentazione, si pervenga alla stipula.
I vettori, per parte loro, hanno segnalato che una valutazione appropriata dovrebbe prendere in considerazione il complesso degli introiti delle società di gestione, che negli anni sono notevolmente aumentati. Occorrerebbe anche valutare il livello dei servizi offerti ai vettori, in quanto utenti dell'aeroporto, che per gli aeroporti italiani è spesso giudicato insoddisfacente. Più in generale, secondo i vettori, è necessario che il sistema di determinazione delle tariffe aeroportuali permetta di commisurarle in modo certo e trasparente ai costi sostenuti dalla società di gestione per la prestazione dei servizi, anche al fine di evitare che l'incremento delle tariffe sia determinato da iniziative, come la realizzazione di infrastrutture o operazioni promozionali, che favoriscono singoli vettori ovvero dipenda da inefficienze
della società di gestione stessa. La certezza del quadro delle regole e il confronto trasparente con i costi sostenuti richiede altresì l'intervento di una autorità di regolazione e di controllo che operi con autonomia di giudizio e sia dotata di poteri di intervento efficaci. I vettori hanno infine sottolineato l'esigenza di essere coinvolti nella programmazione degli investimenti negli aeroporti, in modo che si possa tener conto anche delle loro valutazioni nell'individuazione degli investimenti che dovranno essere effettuati, per assicurare che la programmazione degli stessi corrisponda ad effettive esigenze di traffico aereo.
La questione della disciplina delle tariffe aeroportuali e quella, ad essa connessa, del finanziamento degli aeroporti richiedono di essere affrontate a livello legislativo. L'intervento legislativo è reso necessario, in primo luogo, dalla recente approvazione della direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali, che dovrà essere recepita nell'ordinamento degli Stati membri entro il termine del 15 marzo 2011. I soggetti che, nel corso dell'indagine, hanno richiamato la direttiva, ne hanno concordemente auspicato un tempestivo recepimento e, in questo senso, è positivo che essa sia stata inserita nel disegno di legge comunitaria 2009, approvato dalla Camera e attualmente all'esame del Senato (A.S. 1781), tra le direttive che il Governo è delegato a recepire con decreto legislativo. Sullo schema del decreto legislativo di recepimento è previsto il parere delle competenti
Commissioni parlamentari.
La direttiva non contiene disposizioni di dettaglio, ma fissa princìpi comuni volti a garantire una uniformità di fondo della disciplina che si applica nei singoli Stati membri per la determinazione dei diritti aeroportuali. In conformità con quanto già stabilito dal Consiglio ICAO (Consiglio dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale), i diritti aeroportuali sono definiti come i prelievi riscossi dal gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell'aeroporto, vale a dire dai vettori, per recuperare i costi derivanti dalla messa a disposizione delle infrastrutture e dei servizi dell'aeroporto (3).
L'ambito di applicazione della direttiva è fissato con riferimento agli aeroporti che hanno un volume di traffico annuale superiore alla soglia minima di 5 milioni di movimenti di passeggeri. La soglia dei 5 milioni di passeggeri annui diventa pertanto, come detto, il limite rispetto al quale un aeroporto assume rilevanza comunitaria. Per la fissazione dei diritti in tali aeroporti la direttiva 2009/12/CE pone alcuni princìpi di notevole rilevanza: il principio di non discriminazione, per evitare trattamenti di favore nei confronti di alcuni vettori; il principio di trasparenza; il principio di consultazione tra gestore e utenti dell'aeroporto. Il principio di consultazione si applica sia con riferimento alla determinazione delle tariffe sia con riferimento alle nuove infrastrutture. La direttiva prevede una procedura obbligatoria di consultazione periodica tra il gestore aeroportuale e i vettori o le loro associazioni sull'ammontare dei diritti aeroportuali.
Prevede altresì l'obbligo per il gestore aeroportuale di sottoporre ai vettori ogni proposta di modifica del sistema o dell'ammontare dei diritti aeroportuali al più tardi quattro mesi prima della sua entrata in vigore, motivando le ragioni della proposta e acquisendo l'avviso dei vettori. Nel caso in cui sussista disaccordo su una decisione relativa ai diritti aeroportuali assunta dal gestore, la direttiva introduce la possibilità per le parti di ricorrere a un'autorità di vigilanza indipendente, che dovrà essere individuata a livello nazionale da ciascun Stato membro. L'autorità si pronuncerà valutando le motivazioni dell'intervento sui diritti aeroportuali, con riferimento, in primo luogo, come è presumibile, all'aderenza ai costi sostenuti dal gestore per le infrastrutture e per i servizi offerti. La procedura del ricorso all'autorità di vigilanza indipendente può non essere applicata, nel caso in
cui i diritti aeroportuali o il loro ammontare massimo siano determinati dall'autorità indipendente stessa.
Anche per quanto riguarda le infrastrutture, la direttiva prevede una consultazione tra gestore aeroportuale e vettori prima che siano approvati piani relativi a nuovi progetti di infrastruttura, riconoscendo in tal modo a livello normativo un'esigenza che è stata evidenziata in più occasioni dai vettori nel corso dell'indagine conoscitiva. La direttiva, infine, interviene anche in merito ai servizi, prevedendo che, in relazione al livello effettivo dei diritti aeroportuali riscossi, il gestore dell'aeroporto e i vettori possano concludere un accordo sul livello qualitativo dei servizi prestati dall'aeroporto. Differenziazioni qualitative o quantitative dei servizi, anche riferite a parti specifiche dell'aeroporto, possono essere correlate a una differenziazione dell'ammontare dei diritti aeroportuali. In ogni caso l'accesso ai servizi di livello superiore deve essere regolato sulla base di criteri trasparenti e non discriminatori.
I princìpi contenuti nella direttiva hanno una tale rilevanza da rendere auspicabile che il recepimento abbia luogo attraverso una revisione organica della normativa nazionale in materia di diritti aeroportuali. Gli interventi adottati nel frattempo, in attuazione della disciplina derogatoria di cui al comma 34-bis sopra richiamato ovvero della disciplina inserita nel disegno di legge finanziaria per il 2010 e l'aumento dei diritti aeroportuali disposto mediante gli atti amministrativi conseguenti a tali disposizioni di legge, dovrebbero avere carattere transitorio, con una efficacia delimitata sotto il profilo temporale. Le modalità di determinazione dell'incremento delle tariffe dovrebbero comunque non essere in contrasto con i princìpi della direttiva e dovrebbero risultare strettamente correlate all'impegno da
parte dei gestori alla realizzazione di necessari investimenti e alla verifica che tale impegno sia mantenuto, come l'articolata disciplina inserita nel disegno di legge finanziaria appare volta ad assicurare. Soltanto l'esigenza di avviare in tempi brevi investimenti necessari a potenziare le più rilevanti strutture aeroportuali del Paese può giustificare l'adozione di misure di carattere derogatorio o eccezionale come quelle indicate.
Tali interventi in ogni caso dovrebbero essere successivamente assorbiti in una disciplina di carattere generale da definire in relazione al recepimento della direttiva, nell'ambito della quale i criteri di trasparenza, non-discriminazione, aderenza ai costi e consultazione tra gestori e vettori trovino effettiva applicazione e il ruolo riconosciuto all'autorità indipendente abbia modo di esplicarsi. Nell'ambito di tale disciplina si dovrebbe altresì procedere ad una semplificazione delle procedure di approvazione dei contratti di programma, che riduca notevolmente i tempi per la loro entrata in vigore.
Contestualmente al recepimento della direttiva dovrebbero altresì essere fissate alcune regole generali per quanto riguarda i diritti aeroportuali negli aeroporti con un volume di traffico inferiore a quello di rilevanza comunitaria, e, in particolare, a quello degli aeroporti con un traffico inferiore a 5 milioni di passeggeri annui. Per tali aeroporti, entro un quadro generale ridotto a regole essenziali, sarebbe opportuna una significativa liberalizzazione, che, in un mercato aperto, come quello del traffico aereo comunitario, permetta alle strutture più efficienti e meglio gestite di affermarsi e svilupparsi.
L'intervento normativo in materia di diritti aeroportuali potrebbe altresì associarsi ad una riconsiderazione della disciplina relativa al complesso delle voci di tasse e diritti che si applicano ai voli, al fine di prospettare una semplificazione e di fissare una base omogenea valida per tutti gli aeroporti. Una specifica riflessione dovrebbe essere dedicata all'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili, sia per valutare le possibilità di una riduzione dell'importo, sia per riconsiderare le finalità alle quali il gettito di tale tassa è destinato, che dovrebbero privilegiare i comuni in cui è situato il sedime aeroportuale e, per un arco di tempo comunque predeterminato, il fondo per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo.
In ogni caso la realizzazione di importanti investimenti richiede certezza di regole e capacità di pianificazione a medio termine. Sotto questo profilo, potrebbe essere opportuno individuare appositi strumenti di programmazione che le società di gestione aeroportuale sarebbero tenute ad adottare e aggiornare regolarmente, recuperando ed eventualmente rivedendo la disciplina dettata in materia di Piani di sviluppo aeroportuale (4), che rappresentano l'unico strumento di
previsione, pianificazione strategica a breve, medio e lungo termine e di programmazione degli interventi di sviluppo aeroportuale, contemplato dalla normativa vigente. Si tratterebbe infatti di assicurare la predisposizione e l'attuazione di strumenti che, analogamente a quanto disposto per il Piano di sviluppo aeroportuale, risultino idonei a definire, per ciascun aeroporto, i futuri scenari di sviluppo del traffico dello scalo, i fabbisogni infrastrutturali necessari a rispondere alla crescita del traffico, l'assetto degli interventi previsti - sia di carattere urbanistico che edilizio -, le compatibilità con il contesto territoriale ed i vincoli ambientali ed aeronautici, il rapporto con la programmazione statale e comunitaria nel settore dei trasporti, il programma di attuazione degli interventi nel tempo, le risorse economiche necessarie per la loro esecuzione e le fonti di finanziamento.
L'ampliamento della capacità di traffico aereo: slot e accordi bilaterali.
Il tema della capacità degli aeroporti è emerso nell'indagine conoscitiva non soltanto in relazione all'esigenza di realizzare gli opportuni investimenti, ma anche alla questione, assai complessa e delicata, dell'assegnazione delle bande orarie (slot) nei cosiddetti aeroporti coordinati. L'assegnazione delle bande orarie è regolata dalla normativa comunitaria ed è effettuata da Assoclearance (Associazione italiana gestione clearance e slots), associazione fra gestori di aeroporto e vettori aerei, con personalità giuridica. Nell'attribuzione degli slot si applica il principio del grandfather rights, per cui le compagnie aeree mantengono gli slot che in passato sono stati ad esse assegnati, a condizione che li utilizzino effettivamente. La previsione adottata a livello comunitario con cui, per fronteggiare il pesante impatto che la crisi economica e finanziaria mondiale ha determinato sul traffico aereo, si
è stabilito che ai vettori fosse riconosciuto il diritto di usufruire, per la stagione estiva di traffico 2010 delle bande orarie ad essi assegnate, indipendentemente dall'utilizzo delle stesse (5), è stata giudicata nel corso dell'indagine conoscitiva un intervento giustificabile esclusivamente in base alle condizioni di emergenza create dalla crisi medesima. È stato infatti osservato che una simile misura, se ne fosse prevista l'applicazione per periodi che si protraessero oltre la durata della crisi, avrebbe l'effetto di limitare fortemente lo sviluppo del traffico aereo e l'attività degli aeroporti.
Per quanto concerne la situazione attualmente esistente in Italia, si registra una saturazione degli slot a Linate e, limitatamente agli orari di punta, a Fiumicino. Sia per far fronte a queste condizioni, specifiche, ma assai rilevanti, sia per individuare modalità più appropriate di assegnazione degli slot, nel corso dell'indagine conoscitiva è stato in più occasioni avanzato l'invito a prospettare la
possibilità per le compagnie aeree di commercializzare gli slot ad esse assegnati (un mercato secondario degli slot successivo alla loro assegnazione).
L'ipotesi è di grande interesse, in quanto, per un verso, renderebbe più dinamico l'utilizzo degli slot in relazione al loro valore commerciale (la compagnia aerea che disponesse di slot non utilizzati sarebbe incentivata a cederli e quella che li acquistasse a pagamento sarebbe incentivata a utilizzarli pienamente) e, per l'altro, permetterebbe alle compagnie aeree di iscrivere nel proprio bilancio una voce di attivo, non difficile da liquidare. A livello comunitario si è delineato un orientamento favorevole, che richiede peraltro di essere tradotto in una precisa regolamentazione giuridica, tenuto conto che la materia è disciplinata da fonti comunitarie. In ogni caso, si dovrebbero valutare le ricadute che la possibilità di una commercializzazione degli slot assegnati determinerebbe su criteri e modalità della stessa assegnazione iniziale e sulla disciplina delle conseguenze del mancato utilizzo di uno
slot.
Sempre in relazione alla capacità di traffico aereo, che si traduce in una maggiore attività per gli aeroporti, nell'indagine conoscitiva è stata evidenziata l'opportunità di una maggiore apertura dei diritti di volo relativi ad accordi bilaterali con Paesi extracomunitari. Tale apertura, che potrebbe essere ottenuta rivedendo gli accordi per passare dal regime di monodesignazione a quello di multidesignazione e per eliminare le restrizioni all'accesso in alcune parti del Paese, avrebbe l'effetto di accrescere l'accessibilità diretta intercontinentale, che, anche a causa delle difficoltà attraversate dalla compagnia di riferimento nazionale, risulta per l'Italia assai limitata e penalizzante. Per questo deve essere valutata con favore la disposizione prevista dal comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che incarica il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri, di promuovere la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi a operare sulle rotte nazionali, internazionali e intercontinentali, e il numero delle frequenze e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte e che, nelle more del perfezionamento dei nuovi accordi bilaterali o della modifica di quelli vigenti, prevede l'obbligo (non più la facoltà) per l'ENAC di rilasciare ai vettori che facciano richiesta di operare su scali italiani autorizzazioni temporanee di almeno 18 mesi, vale a dire autorizzazioni che si estendono per un periodo di tempo apprezzabile, tale ad indurre il vettore ad assumere il rischio imprenditoriale di aprire una nuova destinazione intercontinentale. Occorre che tale disposizione riceva piena attuazione,
in conformità, del resto, con la volontà manifestata da ENAC nel corso della stessa indagine conoscitiva.
La qualità dei servizi negli aeroporti.
Ogni aeroporto è di per se stesso un sistema, che può essere considerato da numerosi punti di vista. Nelle audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva la più ampia attenzione è stata riservata ai seguenti profili: i collegamenti intermodali, le infrastrutture
aeroportuali, l'assegnazione degli slot e il livello dei servizi offerti ai vettori e ai passeggeri. Anche il tema dei servizi, come si è segnalato, è affrontato nella direttiva sui diritti aeroportuali, che lo considera nell'ottica dei rapporti tra gestore aeroportuale e vettori. I servizi, tuttavia, chiamano in causa, oltre che i vettori, l'altro utente dell'aeroporto, che sono i passeggeri.
Come sottolineato con particolare evidenza dalle associazioni dei consumatori, in numerose situazioni la qualità dei servizi negli aeroporti italiani non può ritenersi soddisfacente. Hanno avuto ampia eco, anche di recente, ritardi e disservizi che si sono registrati, in particolare negli aeroporti di maggiori dimensioni. Si tratta di episodi gravi e allarmanti, sia per i disagi subiti dai passeggeri (cittadini italiani o persone venute in Italia), sia per l'immagine negativa che ne deriva al Paese, sia infine per il fatto che un livello di servizi particolarmente scadente finisce per avere incidenza sulla stessa volontà dei passeggeri e delle compagnie aeree di utilizzare l'aeroporto in questione.
Ciascun volo, nell'aeroporto, implica un complesso di attività che sono svolte da soggetti diversi. Come è emerso dall'indagine, il primo fattore che può contribuire ad una migliore qualità dei servizi è rappresentato dall'integrazione tra i diversi operatori: il gestore aeroportuale, le compagnie aeree, il soggetto che fornisce i servizi di navigazione aerea, le società che prestano i servizi di assistenza a terra (handling), gli operatori della sicurezza, i gestori dei rifornimenti di carburante, i gestori del catering. All'interno dell'aeroporto soggetti diversi si trovano a fornire servizi che si succedono l'uno all'altro, in modo che il compimento dell'uno è condizione per la prestazione dell'altro. La gestione di tali servizi sarebbe notevolmente facilitata se i diversi operatori disponessero di sistemi informatici integrati. Ciò permetterebbe, per ciascun movimento (decollo o atterraggio), di
visualizzare le diverse fasi operative che ad esso sono connesse, in modo da poter individuare in tempo reale in quali momenti si presentano difficoltà o si creano ritardi.
L'integrazione operativa e informatica tra i diversi soggetti che prestano servizi nell'aeroporto dovrebbe associarsi, almeno come pratica raccomandabile, all'individuazione, per ciascun aeroporto, di un organismo (una sorta di cabina di regia) in cui gli operatori (o i principali tra di essi) si riuniscono e si confrontano con periodicità ravvicinata, in modo da esaminare quali sono le attività dell'aeroporto in cui emergono problemi e assumere gli impegni necessari per superarli.
In una sede di confronto collaborativo potrebbero altresì essere definite le modalità di collocazione logistica e di organizzazione delle singole attività, che ne facilitino lo svolgimento e ne ottimizzino i tempi.
Il tema della qualità e dei costi dei servizi può quindi essere affrontato in ampia misura con soluzioni gestionali da adottare nei singoli aeroporti. Esistono tuttavia condizioni generali sulle quali sarebbe auspicabile intervenire anche a livello normativo. Sono infatti vigenti disposizioni, sulle quali sarebbe opportuno un intervento a fini di semplificazione di obblighi e adempimenti, o di adeguamento della
normativa all'effettivo modo di operare degli aeroporti o di garanzia di una parità di condizioni per tutti i soggetti che svolgono le medesime attività.
Questa situazione è particolarmente evidente nel settore dell'handling. È stato osservato che la liberalizzazione dell'handling ha determinato una contrazione dei margini di profitto e una riduzione dei costi. Le difficoltà che si sono presentate nel corso di questo processo hanno peraltro avuto risvolti negativi sulla qualità dei servizi offerti ai vettori e ai passeggeri. Ciò è dipeso, per un verso, da condotte di vero e proprio dumping che hanno accompagnato la liberalizzazione e, per l'altro, dai ritardi con cui si è pervenuti alla separazione tra i soggetti gestori degli aeroporti e i prestatori di servizi di assistenza a terra.
L'elevata intensità di manodopera del settore rende particolarmente rilevanti le questioni attinenti ai rapporti di lavoro. Le clausole sociali previste dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999 (6), che nella versione iniziale del decreto imponevano il passaggio del personale dal precedente gestore del servizio al soggetto subentrante, in proporzione alla quota di traffico o di attività acquisita da quest'ultimo, si sono tradotte in condizioni di forte disparità tra gli operatori. Queste clausole sono state successivamente più volte riviste e ne è stato limitato l'impatto. Ancora oggi, tuttavia, il settore presenta situazioni di distorsione della concorrenza, dovute, in particolare, all'applicazione di contratti collettivi diversi. In considerazione dell'elevata intensità di manodopera del settore e delle caratteristiche particolari dei servizi da esso forniti, sarebbe opportuna la definizione di un
contratto collettivo di lavoro specifico, che si applicasse a tutti i soggetti che forniscono servizi di assistenza a terra. Ciò sarebbe sufficiente, tra l'altro, per creare un quadro generale di regole comuni tra gli operatori. Contestualmente è necessario che l'ENAC svolga una rigorosa attività di controllo del rispetto delle regole.
In un contesto di parità di condizioni e di certezza delle regole assicurata da un'attività di rigoroso controllo potrebbe essere ulteriormente incentivata la concorrenza, sia promuovendo ulteriormente la separazione tra gestori aeroportuali e prestatori di servizi di assistenza a terra, sia abbassando il limite (attualmente fissato in 2 milioni di passeggeri o 50 mila tonnellate di merci) al di sopra del quale sussiste l'obbligo, per l'aeroporto, di avere almeno due soggetti prestatori dei servizi di assistenza. La garanzia di effettive condizioni di concorrenza dovrebbe comunque associarsi alla possibilità per la società di gestione di fissare, in relazione alle dimensioni dell'aeroporto, un numero massimo di soggetti che prestano le medesime categorie di servizi.
D'altra parte, sia i gestori aeroportuali, sia gli imprenditori che prestano i servizi di assistenza a terra hanno lamentato i pesanti effetti finanziari che sugli uni e sugli altri si determinano nel caso di fallimento di compagnie aeree. I crediti nei confronti delle compagnie, divenuti inesigibili, possono creare per entrambe le categorie situazioni finanziarie difficili da gestire. Le associazioni dei consumatori hanno osservato che disagi e danni si ripercuotono anche sui passeggeri, che hanno acquistato biglietti della compagnia che poi ha sospeso l'attività. Anche in questo caso tutti coloro che hanno evidenziato il problema, hanno auspicato una più forte ed efficace attività di controllo da parte dell'ENAC. Si è infatti osservato che, poiché il possesso dei necessari requisiti finanziari costituisce condizione per il rilascio e il mantenimento della licenza di esercizio per il vettore, la sospensione dell'attività dovrebbe
intervenire già nel momento in cui per una compagnia aerea si registrassero fenomeni rilevanti di mancata regolarizzazione delle esposizioni debitorie, prima di pervenire alla richiesta di fallimento.
Al tempo stesso, in particolare per fronteggiare gli effetti negativi del dissesto delle compagnie aeree, sarebbe opportuno prevedere apposite forme di tutela, tra cui in particolare sarebbe opportuna l'istituzione di un fondo di garanzia, in analogia con quanto già previsto nel caso di fallimento delle agenzie di viaggio.
Le varie questioni relative alle attività e ai servizi svolti all'interno degli aeroporti affrontate nel corso dell'indagine conoscitiva hanno evidenziato l'opportunità di interventi mirati sulla normativa che regola tali attività e servizi a fini di semplificazione degli adempimenti, di promozione della concorrenza, di riduzione dei costi, di garanzia del buon funzionamento delle attività e di protezione degli utenti finali, i passeggeri.
Gli obiettivi di semplificazione degli adempimenti e riduzione dei costi sono stati sottolineati in relazione non soltanto al traffico commerciale, ma anche alle difficoltà di sviluppo in Italia dell'aviazione generale. Come già segnalato con riferimento alla pianificazione della rete aeroportuale, l'aviazione generale e di affari ha in Italia dimensioni notevolmente inferiori a quelle degli altri Paesi europei, quali Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, come dimostra il numero ridotto di aerei leggeri e ultraleggeri registrati. Le cause di questa situazione possono ricondursi, oltre che alle difficoltà poste all'accesso dell'aviazione generale agli aeroporti aperti al traffico commerciale, sia pure di dimensioni medio-piccole, e a forti limitazioni connesse alla regolamentazione dello spazio aereo in Italia, anche ad una normativa che richiede prestazioni e adempimenti complessi e comporta pesanti costi anche per aeroporti con un traffico ridotto,
ovvero impone restrizioni non motivate, come quelle relative al rifornimento di carburante. La crescita dell'aviazione civile, che sarebbe favorita dalla semplificazione di queste regole, avrebbe ricadute positive sia sotto il profilo economico, in termini di crescita dei comparti produttivi e di servizio ad essa connessi, e di impulso al turismo, sia sotto altri profili, in considerazione della rilevanza che l'aviazione generale assume per le attività di formazione dei piloti e, più in generale, di promozione di una cultura aeronautica diffusa.
In particolare è stato evidenziato che la normativa vigente prevede l'obbligo dell'istituzione di un servizio antincendio aeroportuale presso ogni aeroporto, indipendentemente dal tipo di aeroporto e dal volume di traffico. Il servizio antincendio è espletato, negli aeroporti maggiori,
dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed è affidato, negli aeroporti minori, ai privati, che lo devono organizzare a proprie spese, sostenendo i costi dell'addestramento del personale necessario e della sua presenza sul sedime aeroportuale. In caso di mancanza del servizio antincendio, infatti, l'aeroporto è costretto a chiudere al traffico. Sarebbe opportuno pertanto un intervento normativo che, analogamente a quanto avviene in altri Paesi, limitasse l'obbligo del presidio del servizio antincendio esclusivamente agli aeroporti nei quali ha luogo traffico commerciale o che sono utilizzati da aeromobili di dimensioni superiori ad un determinato limite.
Simili interventi di semplificazione potrebbero interessare anche le regole relative al traffico commerciale. In particolare è stato segnalato che l'Italia è uno dei pochi Paesi in cui, in caso di rifornimento di carburante con passeggeri a bordo (come avviene normalmente) deve essere richiesto il servizio di assistenza antincendio al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che deve provvedervi con un proprio mezzo. Prima dell'arrivo del mezzo, il rifornimento non può in alcun caso iniziare. È evidente come questo obbligo prolunghi i tempi delle operazioni di decollo, con l'effetto di ridurre la capacità operativa dell'aeroporto nel suo complesso, e si traduca in un incremento dei costi per le compagnie aeree, che a loro volta trasferiscono tali costi sul prezzo dei biglietti. Sarebbe opportuno valutare se le modalità con cui oggi avviene il rifornimento di carburante e i rischi effettivi ad esso connessi siano tali da giustificare il
mantenimento dell'obbligo di presenza del mezzo antincendio alle singole operazioni di rifornimento o se piuttosto la previsione di un servizio antincendio per gli aeroporti con traffico commerciale non possa essere sufficiente.
In generale, pertanto, dall'indagine conoscitiva è emersa l'esigenza di ripensare la normativa che interessa gli aeroporti, per definire in modo tempestivo una serie di interventi, anche di carattere specifico, rivolti alle finalità di semplificazione e di contenimento dei costi per gli operatori. L'orientamento verso tali finalità, infatti, dovrebbe permettere di promuovere la competitività del sistema nel suo complesso e, in definitiva, di recare effettivi vantaggi agli utenti finali del sistema stesso, vale a dire ai passeggeri.
Anche sotto questo profilo, peraltro, assume notevole rilevanza la questione degli investimenti da parte delle società di gestione. Gli investimenti necessari per l'adozione di nuove tecnologie disponibili e la contestuale riorganizzazione delle modalità di espletamento dei servizi potrebbero permettere di conseguire, oltre ad una riduzione dei costi connessi allo svolgimento dei servizi interessati, anche un miglioramento della qualità e un contenimento dei tempi, nonché un incremento dei livelli di sicurezza.
Gli enti di regolazione, controllo e coordinamento.
Il tema dell'indagine conoscitiva, relativo al sistema aeroportuale del Paese, ha reso inevitabile una considerazione più ampia del settore del traffico aereo, che tenesse conto delle condizioni di contesto in cui gli aeroporti si trovano ad operare. Una di queste condizioni è senza dubbio costituita dal complesso di enti che, assolvendo funzioni di carattere pubblico, governano il settore del traffico aereo civile in Italia, tra i quali un ruolo di particolare rilevanza spetta all'ENAC
(Ente nazionale per l'aviazione civile), ente pubblico non economico, che rappresenta, ai sensi di quanto previsto dal codice della navigazione, «l'autorità unica di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile» (articolo 687 del codice della navigazione) e all'ENAV (Ente nazionale assistenza al volo), la società per azioni, interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e vigilata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che, sempre in base alle previsioni del codice della navigazione, fornisce i servizi della navigazione aerea. Un ambito di intervento specificamente definito è quello dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), che ha il compito di rilevare i casi di incidenti, svolgere inchieste con finalità di prevenzione (non di accertamento di responsabilità) e adottare raccomandazioni nei confronti dei soggetti interessati.
All'Agenzia spaziale italiana (ASI), posta sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, fa capo l'attività di ricerca nel settore spaziale. L'Aero Club d'Italia (AeCI), infine, è l'ente di diritto pubblico che riunisce le associazioni ed enti che operano nel settore dell'aviazione generale (aerei leggeri e ultraleggeri) e si interessano allo sviluppo dell'aviazione nei suoi aspetti turistico-promozionali, didattici, culturali, sportivi, di utilità sociale e civile.
Si tratta, come si vede, di un complesso di enti e organismi articolato. Il problema che con maggiore insistenza è stato segnalato nel corso dell'indagine riguarda il ruolo dell'ENAC. Sia in relazione ai rapporti tra società di gestione degli aeroporti e compagnie aeree, sia in relazione alla qualità dei servizi per i passeggeri, sono stati infatti auspicati interventi più incisivi dell'ente. È stato tuttavia sottolineato che lo svolgimento dei propri compiti da parte dell'ENAC risulta, nella situazione attuale, ostacolato da inadeguatezze del quadro giuridico e carenza delle risorse necessarie, in primo luogo le risorse umane.
Sotto il profilo giuridico, dovrebbero essere semplificate le procedure di controllo che fanno seguito agli atti di cui l'ENAC predispone l'istruttoria e definisce i contenuti. I poteri di indirizzo e di vigilanza da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dovrebbero pertanto esercitarsi in relazione all'impostazione complessiva dell'attività dell'ente, piuttosto che estendersi al controllo dei singoli atti adottati nell'esercizio ordinario dei compiti attribuiti all'ente stesso. Come rilevato con riferimento alla questione dei diritti aeroportuali, l'intervento di semplificazione dovrebbe essere attuato, in particolare, per quanto riguarda il procedimento relativo alla stipula del contratto di programma, anche al fine di ridurne i tempi.
L'attribuzione all'ENAC delle funzioni relative alla definizione e al controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e di trasporto aereo dovrebbe associarsi al riconoscimento di efficaci poteri sanzionatori, principalmente di carattere pecuniario, graduabili in proporzione alle infrazioni o ai disservizi riscontrati. Il potere dell'ENAC di comminare sanzioni pecuniarie dovrebbe essere previsto, oltre ai casi già contemplati dalla normativa vigente, nei confronti dei gestori aeroportuali, dei prestatori dei servizi di assistenza al trasporto aereo e al volo, delle imprese di costruzione, dei vettori aerei e delle
imprese di manutenzione aeronautica, delle imprese di lavoro aereo e delle scuole di volo, con riferimento anche agli obblighi derivanti dalla normativa adottata dall'ENAC medesimo.
Nell'indagine conoscitiva, infine, è stata evidenziata l'insufficienza, nell'organico effettivo dell'ENAC, dei dipendenti riconducibili ad alcune figure professionali specifiche e la difficoltà di superare tali carenze a causa dei limiti previsti per le assunzioni da parte di enti e organismi pubblici. Al riguardo occorrerebbe un intervento normativo che tenga conto della specificità, sotto il profilo tecnico, delle funzioni che l'ENAC è chiamato a svolgere e, di conseguenza, assicuri un'adeguata presenza delle professionalità necessarie. Contestualmente appare necessario che l'ente sviluppi, con le risorse a disposizione, percorsi formativi del personale che permettano di utilizzare al meglio le risorse attualmente disponibili.
Le misure relative ai poteri dell'ente e alle norme di reclutamento rispondono a esigenze specifiche di un miglior funzionamento dell'ENAC e risultano ancor più necessarie in prospettiva dell'ampliamento delle funzioni dell'ente connesso alla previsione della direttiva 2009/12/CE, sopra richiamata, di un'autorità di vigilanza in materia di diritti aeroportuali. Proprio l'ampliamento delle competenze dell'ENAC potrebbe peraltro rendere opportuno un intervento di più ampio respiro, volto a rivedere la forma giuridica dell'ente e il suo ordinamento. Già il decreto legislativo n. 250 del 1997, di istituzione dell'ENAC, prefigurava la sua trasformazione in ente pubblico economico entro il 31 luglio 1999 (7). La trasformazione non ha avuto luogo, né sono state adottate iniziative per pervenire a tale risultato. Nell'ambito di un intervento normativo concernente il settore del trasporto aereo, sarebbe opportuno considerare di
nuovo la questione, in modo da dare all'ENAC, in relazione ai compiti di certificazione, regolazione, vigilanza e controllo, una forma giuridica e un ordinamento idonei a permettere di svolgere i suddetti compiti con maggiore autonomia, rapidità ed incisività di intervento rispetto a quanto permettano i vincoli connessi alla forma giuridica attuale di ente pubblico non economico. Rispetto a simili obiettivi potrebbe essere presa in considerazione la trasformazione dell'ENAC in Agenzia con forma giuridica di ente pubblico economico, analogamente a quanto previsto, ad esempio, nel caso dell'Agenzia del demanio. Un intervento volto a realizzare una trasformazione di questa portata comporterebbe naturalmente una revisione di ampia parte dei profili concernenti l'ordinamento dell'ente, con particolare riferimento agli organi, ai rapporti con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al regime dei controlli.
Nell'ambito di un intervento di riordino complessivo dell'ENAC si potrebbe altresì valutare l'opportunità, in relazione alle problematiche e alle difficoltà dell'aviazione generale emerse nel corso dell'indagine, di trasferire ad Aero Club d'Italia, interamente o parzialmente, le funzioni relative alla materia esercitate dall'ENAC.
Per quanto concerne ENAV S.p.A., la società ha realizzato negli anni più recenti significativi miglioramenti in termini di efficienza della gestione e superamento della conflittualità, che, in passato, aveva recato grave pregiudizio alla continuità dei servizi resi, per cui, anche in virtù di questi risultati, il controllo del traffico aereo e, più in generale, la fornitura dei servizi della navigazione aerea, nella situazione attuale, si caratterizza, nell'ambito del sistema dell'aviazione civile nazionale, per la qualità e l'affidabilità del servizio. In un'ottica di superamento della frammentazione del sistema, si potrebbe auspicare, tramite ENAV, un più stretto raccordo delle funzioni concernenti la programmazione dei voli e delle relative bande orarie, nonché un'azione di coordinamento, in ambito aeroportuale, delle attività svolte dai molteplici soggetti in esso operanti. In questo modo
si promuoverebbe una gestione tecnico-operativa integrata con le società aeroportuali e le compagnie aeree, che permetterebbe il conseguimento di effettivi miglioramenti nello svolgimento dei diversi processi, con concreti benefici per i passeggeri e, in ultima istanza, una più adeguata attuazione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla mobilità.
Le prospettive: il Cielo unico europeo.
Pur non rappresentando un tema specifico dell'indagine conoscitiva, è stata più volte in essa segnalata la rilevanza degli effetti che, rispetto al sistema di gestione e controllo del traffico aereo, si esplicheranno in rapporto all'attuazione del complesso della normativa comunitaria indicata comunemente con l'espressione «Cielo unico europeo». La realizzazione di blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), alla quale l'Italia partecipa con l'iniziativa Blue Med, volta a creare un blocco funzionale di spazio aereo nel bacino del Mediterraneo e coordinata da ENAV, e il programma SESAR, finalizzato alla realizzazione di una infrastruttura tecnologica di nuova generazione per la gestione del traffico aereo, sono rivolte ad una integrazione, al di là dei confini nazionali, della gestione stessa del traffico aereo.
I tempi previsti per la realizzazione di queste profonde innovazioni sono rapidi, dal momento che per il 2012 è fissato il termine per l'implementazione dei blocchi funzionali di spazio aereo ed entro il 2014 è previsto il completamento della fase di sviluppo del nuovo sistema di gestione del traffico aereo (air traffic management, ATM). Sotto il profilo della strumentazione tecnologica, lo sviluppo dei sistemi di navigazione satellitare porterà ad una crescente integrazione del comparto aereo con quello spaziale, per cui sarà necessario valutare le loro strategie di sviluppo in modo strettamente correlato, favorendo la cooperazione e le sinergie che possono determinarsi tra gli attori pubblici e privati operanti in ciascuno dei due settori, arrivando ad individuare, anche a livello normativo, un comparto aerospaziale che possa garantire maggiori sinergie tra l'ENAC, l'ASI e l'ENAV. Sotto il profilo dei risultati, il programma di
integrazione dei sistemi di gestione e controllo del traffico aereo definito a livello comunitario si pone ambiziosi obiettivi in termini di ampliamento della capacità di traffico nel cielo europeo, incremento della sicurezza, riduzione dei costi e contenimento dell'impatto ambientale dei voli.
Gli effetti del programma avranno un forte impatto anche sugli aeroporti, in quanto centri di smistamento del traffico aereo. Non è casuale che un paragrafo della Comunicazione della Commissione europea, che ha accompagnato le proposte di atti normativi comprese nel cosiddetto secondo pacchetto «Cielo unico europeo», riprendendo le questioni già evidenziate nella citata comunicazione del gennaio 2007, sia dedicato all'esigenza di accrescere la capacità aeroportuale, dal momento che, per assicurare l'efficienza complessiva del sistema del trasporto aereo, la capacità degli aeroporti deve mantenersi in linea con la capacità del sistema di gestione del traffico aereo. È un ulteriore motivo che rende necessario e urgente il potenziamento del sistema aeroportuale del Paese. Gli aeroporti italiani devono infatti presentarsi adeguatamente preparati ad affrontare la sfida del Cielo unico europeo.
(1) Nel titolo dell'indagine e nel documento conclusivo si parla di sistema aeroportuale italiano per accentuare l'esigenza di una considerazione complessiva («di sistema», appunto) dello sviluppo degli aeroporti del Paese. Il termine «sistema» è quindi usato in modo non tecnico, in un'accezione chiaramente diversa da quella introdotta dalla normativa comunitaria e successivamente riprodotta nell'ordinamento nazionale, per cui si definisce «sistema aeroportuale» (reg. (CEE) n. 2408/92 del Consiglio del 23 luglio 1992) «un raggruppamento di due o più aeroporti che servono la stessa città, o lo stesso agglomerato urbano». Tale definizione non è peraltro riprodotta nel reg. (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, che ha abrogato i regolamenti (CEE) n. 2407/92, (CEE) n. 2408/92 e (CEE) n. 2409/92, e che fa riferimento
piuttosto ad aeroporti che servono la stessa città o la stessa conurbazione. La direttiva n. 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, impiega l'espressione «rete aeroportuale» per definire «un gruppo di aeroporti, debitamente designato come tale da uno Stato membro, gestiti dallo stesso gestore aeroportuale».
Questi dati sono sufficienti di per se stessi a evidenziare un primo elemento essenziale: l'Italia, nella situazione attuale, si trova ad avere un numero elevato, forse eccessivo, di aeroporti aperti al traffico commerciale.
(2) Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni «Un piano d'azione per migliorare le capacità, l'efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa» (COM(2006) 819 definitivo).
(3) I diritti aeroportuali devono dunque essere distinti dalle imposte, vale a dire dai prelievi, destinati all'erario o alle amministrazioni locali, che sono determinati a prescindere dai costi relativi alle infrastrutture e servizi aeroportuali. In generale, peraltro, l'articolo 39-bis del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ha stabilito che non hanno natura tributaria non soltanto la tassa d'imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea, i diritti aeroportuali propriamente detti (diritto di approdo e di partenza, diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto, diritto per l'imbarco passeggeri), il corrispettivo per il servizio di controllo di sicurezza sul passeggero e sul bagaglio a mano e quello per il controllo di sicurezza sui bagagli da stiva, ma anche l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili.
(4) I Piani di sviluppo aeroportuale sono stati previsti dall'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351.
(5) Regolamento (CE) n. 545/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 95/93 relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità.
(6) Il decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE, che ha previsto il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.
(7) Comma 3 dell'articolo 1 del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250.