Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO
Seguito dell'esame del documento conclusivo:
Valducci Mario, Presidente ... 3 9 11
Compagnon Angelo (UdC) ... 3 9
Desiderati Marco (LNP) ... 11
Fiano Emanuele (PD) ... 10
Lovelli Mario (PD) ... 10
Misiti Aurelio Salvatore (Misto) ... 6
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 9
Terranova Giacomo (PdL) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Ricordo che l'esame è stato avviato nella seduta di venerdì 11 dicembre, nella quale ho presentato una proposta di documento conclusivo, ed è proseguito nella seduta di mercoledì 16 dicembre, nella quale sono intervenuti i deputati Monai dell'Italia dei Valori e Nizzi del Popolo della Libertà, proponendo puntuali integrazioni al documento conclusivo, che potranno essere recepite senza difficoltà.
La discussione prosegue nella seduta odierna, nel corso della quale saranno formulate tutte le proposte di modifica o integrazione al documento conclusivo, in modo da pervenire nella settimana prossima o in quella successiva alla votazione dello stesso.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire.
ANGELO COMPAGNON. Molto brevemente, per quanto riguarda il gruppo dell'Unione di Centro, dando atto al presidente e alla Commissione del fatto di aver costruito insieme questo documento con una serie di iniziative, audizioni e visite, ci riserviamo, anche per dare la possibilità al nuovo capogruppo di avere una conoscenza più precisa e una cognizione più dettagliata di questo documento, di avanzare nelle prossime due sedute eventuali proposte di integrazione rispetto a questo documento, sempre rimanendo nei termini da lei indicati.
PRESIDENTE. Il documento conclusivo è stato suddiviso in alcuni grandi paragrafi. Il primo riguarda la necessità di definire un piano nazionale della rete aeroportuale. Questo è un pilastro fondamentale che emerge dai nostri lavori. In questo paragrafo dovremmo indicare le nostre valutazioni su come costruire il piano nazionale degli aeroporti.
Sono già emersi alcuni fattori determinanti. Il primo nasce dal lavoro di ricognizione dell'intero sistema aeroportuale esistente recentemente presentatoci dall'ENAC e dal Ministero. Potremmo quindi integrare il documento con una tabella, che dia conto di alcuni dati relativi ai quarantasette scali commerciali fornendo, oltre evidentemente all'ubicazione, alcune informazioni - non tutte, perché su ognuno di questi ci sono almeno dieci schede -, quali il numero dei passeggeri trasportati, il numero delle piste e tutti gli elementi più qualificanti.
Le considerazioni emerse riguardano l'esigenza di utilizzare le risorse finanziarie
dei cittadini non per aprire nuovi aeroporti, ma per rendere più efficiente e intermodale il sistema aeroportuale esistente, partendo dagli aeroporti che già oggi presentano un numero di passeggeri superiore a 5 milioni. Anche gli altri aeroporti esistenti sono comunque una ricchezza, e sarebbe opportuno dividerli in due tipologie: una che comprenda quelli con numero di passeggeri compreso tra 1 e 5 milioni, per i quali si può definire una norma di tariffazione più flessibile, anche se è necessario renderla compatibile con la fascia aeroportuale con più di 5 milioni di passeggeri, e una che comprenda le strutture che registrano meno di un milione di passeggeri.
La logica che ci vede contrari rispetto all'apertura di nuovi aeroporti non è riferita a eventuali ricollocazioni di aeroporti esistenti. Alcuni aeroporti hanno infatti problematiche ambientali (in primis quello di Ciampino) o di congestione (come, ad esempio, Capodichino). Quando elaboreremo e voteremo il documento conclusivo dovremo sempre considerare che si tratta di una materia per cui la programmazione non può coprire un arco temporale inferiore ai 10-15 anni e tenere conto di queste eventuali rilocalizzazioni.
Un altro aspetto da considerare è quello dell'intermodalità. Sottolineo come il fatto che nel 2001 la materia aeroportuale sia diventata di legislazione concorrente tra Stato e regioni abbia complicato le cose. È però necessario valutare con attenzione studi di fattibilità o di progettazione, anche se non esecutiva, di nuovi scali aeroportuali che comportano importanti stanziamenti, pari a decine di milioni di euro di investimenti.
Mi riferisco alla Sicilia perché so che è in corso il dibattito sulla possibilità di due nuovi aeroporti. La Sicilia ha già sei aeroporti: gli aeroporti di Catania e Palermo, che sono i due principali, quello di Comiso in apertura, ma comunque in concorrenza con tutte le strutture esistenti, quello di Trapani, che ha avuto un forte sviluppo attraverso un investimento fatto da Ryanair nel low cost, quelli di Pantelleria e di Lampedusa.
Sarebbe quindi opportuno valutare con attenzione se investire soldi dei cittadini per effettuare studi per altri due aeroporti dell'isola o piuttosto migliorare l'intermodalità degli aeroporti esistenti con le aree territoriali che li ritengono troppo distanti, considerando i bacini di utenza. È quindi più «facile» realizzare un nuovo aeroporto rispetto a fare un tratto di ferrovia, perché il sedime aeroportuale è più limitato rispetto al sedime di una nuova ferrovia o di una nuova metropolitana. È meno impattante per certi aspetti, ma ritengo che dovremmo dedicare molta attenzione a queste considerazioni.
Vorrei che la Commissione fosse ancora più incisiva di quanto sarà il Governo nel redigere il piano, evitando che l'eccesso di localismo blocchi la possibilità di un vero piano nazionale del sistema aeroportuale italiano, di cui abbiamo bisogno anche a causa delle limitate risorse. Considerando i 130 milioni di passeggeri trasportati oggi e i 230 milioni di passeggeri che secondo le stime verranno trasportati tra dieci anni, dobbiamo potenziare in modo efficace l'attuale sistema aeroportuale, senza disperdere risorse finanziarie.
I due sistemi aeroportuali maggiori - intendendo per sistemi quelli che coinvolgono più aeroporti, quelli di Milano e Roma, insieme al sistema aeroportuale del nord-est e a quello siciliano, rappresentano quasi il 65 per cento dell'intero trasporto passeggeri italiano.
La proposta di documento conclusivo suggerisce anche una ridefinizione dell'ENAC. È opportuno valutare se oggi l'ENAC, che è un ente di diritto pubblico non economico, debba essere trasformato, anche in base al recepimento della direttiva europea, in un altro tipo di istituzione pubblica. Durante l'indagine conoscitiva abbiamo rilevato alcuni fatti. Il primo è che l'ENAC da una parte ha un'attività di vigilanza e di controllo tariffario e dall'altra, essendo anche l'attore che tutela gli interessi patrimoniali dello Stato, perché i sedimi aeroportuali sono demanio pubblico, stipula contratti di programma con
i gestori dei singoli aeroporti per pianificare lo sviluppo e il potenziamento dei singoli aeroporti.
In questa attività si rileva quindi un certo conflitto tra un ruolo quasi di gestore, perché quando firma un contratto di programma con il gestore verifica che il finanziamento e gli investimenti siano fatti a regola d'arte, e quello per cui deve definire le tariffe e occuparsi dell'attività di vigilanza, di controllo, di sicurezza, di qualità del servizio reso nei singoli aeroporti, con tutta l'arretratezza presente in essi.
L'altro punto emerso durante la nostra indagine è che l'Italia presta pochissima attenzione al trasporto aereo privato effettuato con piccoli velivoli. L'Italia ha un numero di immatricolazione di piccoli aerei di gran lunga inferiore a quello degli altri Paesi europei. Francia, Germania, Spagna e Inghilterra hanno infatti un numero maggiore di aerei immatricolati (soprattutto jet, non solamente altri aerei minori). Poiché tutta l'attività viene svolta dall'ENAC, si attribuisce minore importanza a tutto quello che concerne la cosiddetta «aviazione generale», non incrementando quindi un comparto che negli ultimi anni ha registrato e sicuramente registrerà uno sviluppo economico importante.
L'altro capitolo di cui ci siamo occupati è quello dello snellimento di alcune norme. Ricorderete quella dei vigili del fuoco, che secondo la normativa vigente devono essere fisicamente presenti al momento del rifornimento di carburante da parte dell'aeromobile, mentre in tutti gli altri Paesi europei non è necessaria la presenza fisica del mezzo nel sottobordo dell'aereo che viene rifornito. Anche altri snellimenti burocratici sono stati inseriti e compongono il terzo capitolo di queste nostre conclusioni.
Nel documento si affronta anche il tema legato agli slot e agli accordi bilaterali, che servono soprattutto per rendere più libero e quindi più competitivo il nostro sistema aeroportuale. Questo è un altro tema di grande rilevanza.
Un altro strumento per disincentivare la costruzione e gli studi di fattibilità di nuovi aeroporti è anche prevedere un regime diverso da quello che caratterizza gli aeroporti esistenti. Le società di gestione dei quarantasette aeroporti commerciali esistenti non pagano risorse proprie per l'aspetto della sicurezza. La presenza di organismi statali importanti all'interno di un aeroporto quali Polizia di Stato, Guardia di Finanza, dogana è a carico dello Stato, cosa che non avviene in altri Paesi, come abbiamo constatato quando siamo andati in missione a Monaco di Baviera e a Zurigo. Lo Stato carica questi costi sulle società di gestione aeroportuale, perché questo rientra nei costi di gestione. Prevedere che questi costi siano a carico degli eventuali nuovi aeroporti è un modo per disincentivarne la costruzione, cosa che dall'analisi effettuata appare assolutamente pleonastica, a meno che il nuovo aeroporto non sia
completamente finanziato da denari privati, fatto difficile, perché non solo la costruzione dello scalo aeroportuale, ma anche le interconnessioni sono fondamentali e molto onerose.
Abbiamo toccato con mano la carenza delle interconnessioni in tutto il sistema aeroportuale italiano: neppure un aeroporto ha il collegamento con la metropolitana, solo sei aeroporti hanno un collegamento ferroviario e nessuno con l'alta velocità. Questi dati testimoniano quindi l'estrema arretratezza del nostro sistema aeroportuale anche negli scali più importanti e l'esigenza di investire molto per renderli più efficienti e più fruibili da parte dei nostri concittadini.
È emerso infine come nel nostro Paese meno cittadini usino l'aereo rispetto agli altri Paesi europei, fatto che lascia ben sperare in un maggior utilizzo degli aeroporti, quindi in un aumento ulteriore rispetto a quello di cento milioni di passeggeri previsto da qui a dieci anni.
Sarebbe utile allegare al documento conclusivo una tabella per confrontare i sistemi aeroportuali nazionali dei maggiori Paesi europei, quindi Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e Italia, per verificare il
numero di scali aeroportuali commerciali e di passeggeri trasportati nei diversi Paesi. Ritengo che questo possa delinearci il quadro della potenzialità del nostro sistema, che è strettamente connesso allo sviluppo economico del nostro Paese, perché uno dei settori più importanti, il turismo, dipende anche da un'efficiente rete di trasporto aereo. I nostri quarantasette scali commerciali devono quindi essere considerati una risorsa, perché consentono di avvicinare le mete turistiche oggetto di interesse da parte dei cittadini del mondo.
Ritengo che il documento conclusivo possa essere integrato con qualche ulteriore spunto relativamente al sistema aeroportuale calabro-siciliano. Penso ad esempio allo scalo di Reggio Calabria, allo scalo catanese e a uno dei nuovi scali richiesti nella zona di Milazzo e di Messina. Forse, un potenziamento dello scalo di Reggio Calabria, e la previsione di un sistema di collegamenti intermodali con le isole, ricchezza della zona, potrebbe consentire un efficientamento di quel sistema aeroportuale oggi inesistente, perché Reggio Calabria è oggi uno scalo assolutamente sottoutilizzato rispetto alle potenzialità.
Dobbiamo quindi sforzarci di sviluppare un ragionamento che superi l'ambito della singola regione, per dare il nostro contributo all'elaborazione di un Piano nazionale aeroportuale. L'aeroporto di Montichiari e quello di Verona evidenziano l'esigenza di guardare più dall'alto rispetto alla visione locale e regionale, per efficientare al meglio il sistema aeroportuale del nostro Paese.
AURELIO SALVATORE MISITI. Mi sembra che anche grazie alle opportune integrazioni del Presidente Valducci si vada verso un documento completo.
Ci siamo soffermati sostanzialmente sull'efficienza e sui dati quantitativi, che sono due parametri importanti, ma abbiamo trascurato un terzo elemento, che non sappiamo come tradurre in pratica. I tre aeroporti italiani di Venezia, Milano Malpensa e Roma Fiumicino rappresentano tre porte del nostro Paese. Nonostante questo, non solo dal punto di vista logistico dell'organizzazione dei trasporti, ambito nel quale, come rilevato dal Presidente Valducci, non siamo all'altezza di altri, ma anche nell'impatto visivo, a Fiumicino o a Malpensa, con tutti i soldi spesi dallo Stato e non dalla società di gestione, ci si trova di fronte ad aeroporti che hanno un impatto da terzo mondo per chiunque provenga ad esempio da Barcellona o da Madrid.
È necessario quindi indurre chi ne abbia il compito, sia esso lo Stato, la regione o la società aeroportuale, a intervenire. In occasione della missione effettuata a Zurigo, ci siamo imbarcati per raggiungere la città in un terminal inaugurato una decina di anni fa, ma già con la moquette sporca, mentre all'aeroporto di Barcellona ci si chiede se si cammini su uno specchio o su un pavimento. A parte le dimensioni e la modernità dell'infrastruttura, considero necessario che il documento evidenzi questo aspetto; l'aeroporto di Venezia ha già affrontato questo problema ed è una cosa positiva, ma l'impatto è lieve perché la struttura di Venezia ha minore traffico di quelle di Roma Fiumicino e Milano Malpensa, che dovrebbero essere rinnovate attraverso un forte investimento.
La stazione Termini è un ingresso formidabile, mentre l'aeroporto di Fiumicino sembra un aeroporto del terzo mondo. Vorrei quindi individuare il modo di impegnare o di costringere i gestori o chi deve intervenire a rinnovare questi aeroporti.
GIACOMO TERRANOVA. Tornerò rapidamente indietro e poi mi ricollegherò all'intervento dell'onorevole Misiti per esprimere alcune considerazioni sulla condizione degli scali italiani.
Condivido l'esigenza di individuare alcuni princìpi che trovino in ambito statale una linea di condotta da tenere indipendentemente dalle competenze passate in mano alle regioni, che nasce dall'osservazione di come sul territorio si sia troppo lavorato a macchia di leopardo, non consentendo
una razionalizzazione del sistema aeroportuale italiano. Mi permetto una sottolineatura con riferimento a quanto affermato dal presidente sugli scali di nuova, teorica, realizzazione, fermo restando che la Sicilia è tra le regioni più fortemente interessate da questa ipotesi. In un'intervista al nostro presidente pubblicata dal Il Tempo sono emerse riflessioni che anticipavano questo documento.
La Sicilia ha una condizione particolare, per cui il tema dei nuovi scali, in particolare quello di Agrigento, registra una differenza sostanziale rispetto al resto del territorio nazionale, perché la condizione del sistema stradale, autostradale e ferroviario siciliano è quasi da Stato borbonico.
Il sistema stradale e autostradale siciliano non è quindi comparabile con quello presente nelle altre regioni del territorio nazionale, dove scali a 50 chilometri di distanza si combattono soltanto sul piano commerciale, ma di fondo sono adeguatamente serviti da un valido sistema infrastrutturale. Diversa è la condizione siciliana, dove porzioni di territorio che già sono il sud del sud, ossia il sudovest della Sicilia, sono distanti e irraggiungibili rispetto all'aeroporto di Palermo, perché 100 chilometri separano Palermo da Agrigento e c'è una strada statale conosciuta come una delle strade a più alto tasso di incidenti automobilistici, assolutamente difficile da percorrere; giungere da Palermo ad Agrigento attraverso il sistema ferroviario richiede quattro ore.
I sistemi autostradali sono quindi inesistenti, quelli stradali insufficienti, quelli ferroviari antidiluviani. In una simile condizione è facile ragionare sulla creazione di un aeroporto, perché in un'area che ha una aviosuperficie preesistente (non è il caso di Agrigento) con 40-60 milioni di euro si realizza un aeroporto risolvendo il problema.
Non credo che questa sia la strada maestra, perché il sistema deve essere efficientato, ma bisogna anche tenere conto che in particolari condizioni quali quelle descritte, un'autostrada non ci sarà mai, l'obiettivo della messa in sicurezza della strada statale raggiungibile con costi enormi e solo tra molto tempo, e un sistema ferroviario - in una Italia a dieci velocità, e la decima è quella della Sicilia - inesistente, non si potrà mai garantire un sistema di trasporto alternativo ai cittadini di questa regione.
Non demonizziamo quindi l'idea di un nuovo aeroporto, dove questo però sia preceduto da condizioni che rendano impossibile, più costoso e più pesante per l'ambiente l'implementazione o il mantenimento delle forme di trasporto tradizionali, perché tutti sono costretti a viaggiare da Palermo ad Agrigento in macchina. Proporrei dunque questa deroga non in termini di esaltazione e specialità della regione di cui sono comunque espressione, quanto piuttosto come una reale differenza di base esistente e una forse più facile forma di avvicinamento al resto del territorio attraverso la realizzazione di aeroporti. Si tratterebbe poi soltanto di quello di Agrigento, anche se esistono altre richieste. Personalmente avrei avuto maggiori perplessità sullo sviluppo dell'aeroporto di Trapani, perché a Trapani arriva l'autostrada, quindi mi sembrava meno interessante.
Vorrei che, partendo da queste considerazioni, nel documento emergesse questa differenziazione, condivisa anche dall'onorevole Garofalo, siciliano quanto me, perché diverse sono le condizioni del territorio. Collego questa a un'altra affermazione emersa dalla stessa relazione, laddove la Sicilia sarà l'area geografica che, dopo gli aeroporti di Roma e Milano, verrà più interessata da un incremento di traffico aereo di passeggeri. Mentre infatti sulla parte centrale del territorio nazionale, al di là delle scelte da me non condivise di Alitalia, che continua a ritenere la tratta Roma-Milano forse l'unica interessante sul territorio nazionale, nel giro di poco tempo il treno diventerà molto più rapido, conveniente e comodo rispetto all'aereo, ma per quanto riguarda il sud Italia il trasporto aereo è l'unica forma di trasporto possibile.
È quindi necessario prestare attenzione a questa situazione, perché ci sarà una
naturale crescita del traffico passeggeri dalla Sicilia e per la Sicilia. Il sistema attualmente insufficiente trova quindi possibilità di allargamento ad altre ipotesi aeroportuali.
Anche a nome del collega Garofalo, che condivide questa posizione, ribadisco l'esigenza di formulare il documento finale in termini che lascino aperta la possibilità di realizzare nuovi aeroporti laddove lo richiedano particolari condizioni del territorio. Credo che questo sarà contenuto anche nello studio che la One Works sta realizzando per conto del Ministero e dell'ENAC, che fotografa come i sistemi aeroportuali attualmente esistenti siano insufficienti.
Vorrei esprimere una considerazione di natura diversa. Oggi i tanti aeroporti italiani creano imbarazzo anche perché sono stati utilizzati come punti di arrivo in modo spregiudicato dai vettori low cost, che oggi vanno a Forlì, domani a Parma, dopodomani laddove vengano offerte condizioni migliori in termini di sostegno e di co-marketing. Sappiamo come anche Ryanair abbia operato sul territorio nazionale in questi termini e come questo elemento renda ancora più difficile la gestione di un aeroporto sottoposto a diversi atteggiamenti da parte dei vettori.
Considero necessario un sistema che eviti con attenzione che il fenomeno dei low cost in relazione ai sostegni di co-marketing garantiti dai gestori aeroportuali o dalle regioni sia causa di cannibalismo tra un aeroporto e un altro, tra un territorio e un altro. Sappiamo come i gestori siano in contatto con i vettori, come i vettori chiedano condizioni di sostegno e sulla base delle migliori condizioni ottenute si spostino da un aeroporto all'altro. Credo che questo debba essere oggetto di attenzione, valutando il danno prodotto nel potenziamento solo temporaneo di collegamenti con una porzione di territorio che poi può essere spogliata in pochissimo tempo, come ad esempio in Sicilia ove alcuni vettori già aspettano di trovare pieno sfogo sull'aeroporto di Comiso quando in questa fase storica l'aeroporto di Trapani si pone come il più appetibile. Fra qualche anno, quindi, qualora si dovessero ritenere incompatibili sostegni di lungo
periodo, questi passeranno all'aeroporto di Comiso. Credo che questo sia inaccettabile e che un Governo delle regole dovrebbe evitare che si crei una concorrenza tra territori all'interno della stessa regione. Considero necessario inserire in questo documento un richiamo affinché un sistema di regole richiesto dal centro possa operare nei confronti delle periferie.
Mi ricollego alle considerazioni dell'onorevole Misiti. Il fascino che noi tutti subiamo nel recarci all'estero è naturale, ma questa indagine ha anche fatto emergere come il sistema delle tariffe in Italia sia stato per anni bloccato, per favorire quella che allora era la compagnia di bandiera. Tutti gli aeroporti non hanno quindi potuto applicare tariffe corrette, in grado di consentire la remunerazione utile per ammodernare le infrastrutture aeroportuali.
Non potevamo avere quindi aeroporti più moderni perché le condizioni non erano da Paese moderno. La Spagna, citata come elemento di comparazione, possiede caratteristiche diverse, al di là del modo in cui sono stati costruiti gli aeroporti spagnoli, soprattutto per la grande attenzione all'alta velocità e ai sistemi ferroviari e alla libertà nell'applicazione di tariffe che consentono l'ammodernamento degli aeroporti. Credo che finalmente i tempi siano maturi per guardare con attenzione ai contratti di programma e a quanto consentirà ai gestori aeroportuali il fatto di avere un sistema chiaro, come per dieci anni non è avvenuto.
Ci sono state anche false interpretazioni dei concetti di privatizzazione. Ricordiamo che l'unico grande aeroporto italiano privatizzato è quello di Roma, attraverso la privatizzazione della società Aeroporti di Roma, ma ciò è avvenuto con un sistema di regole che bloccava la tariffazione. Alcune competenze non svolte da ENAC riguardanti la vigilanza sugli investimenti da effettuare per impegni contrattualmente assunti hanno prodotto questa arretratezza del sistema. Scardinare
il sistema delle tariffe consentirà ai gestori aeroportuali di realizzare investimenti per l'ammodernamento degli aeroporti. È necessario vigilare affinché un sistema con tariffazione non bloccata, diverso quindi da quello dell'ultimo decennio, abbia un'effettiva risposta in termini di servizi e di ammodernamento delle infrastrutture, e non venga invece destinato a una diversa forma di arricchimento di chi gestisce le società.
Mi sono permesso di ricollegarmi all'intervento del collega, perché questa comparazione con gli altri Paesi risulta oggi imbarazzante per noi italiani, ma non possiamo continuare a guardare con invidia gli altri quando per primi siamo stati responsabili di un rallentamento, se non di un blocco tariffario, che ha reso impossibile qualunque forma di ammodernamento del sistema. Propongo quindi di inserire nella versione finale del documento qualcuna di queste riflessioni, soprattutto quelle che toccano la mia regione.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. Condivido profondamente le considerazioni dell'onorevole Misiti. L'Italia è un Paese turistico, ma, poiché nei giorni scorsi sono arrivato da Cancun, sebbene il Messico non sia tra i Paesi economicamente più evoluti, devo riconoscere che la differenza è evidente. Ritengo che si tratti non di una questione economica, ma dell'esigenza di avere regole precise.
Quando si arriva in un aeroporto, infatti, non c'è mai nessuno che risponde, non c'è il responsabile, sebbene questo rappresenti invece il biglietto da visita per chi viene in Italia, anche con riferimento alle vicende dei prossimi anni, a partire dall'Expo di Milano.
Ritengo che il primo biglietto da visita di un Paese siano gli aeroporti. È un investimento non molto elevato, cui possono contribuire anche gli enti locali.
Condividiamo in buona parte il testo e ci riserviamo di formulare alcune proposte emendative. L'intermodalità dei nostri aeroporti è un problema. Un tema che la Commissione non ha ancora toccato è lo sviluppo dell'altro grande motore dell'Italia, quello portuale, e dell'esigenza di collegare gli aeroporti con lo sviluppo dei nostri porti, i cui margini sono elevatissimi.
Non posso condividere quanto affermato dall'onorevole Terranova relativamente alla Sicilia, perché oggi la viabilità nel nord si fa solo a pedaggio. Sicuramente, la Sicilia manca di viabilità, ma si può fare anche lì a pedaggio. Il testo già individua le tematiche dei tanti aeroporti. Si può fare della Sicilia una Regione a statuto speciale lasciandole piena libertà, ma ritengo si tratti delle solite lagnanze. I soldi ci sono, il Fondo per le aree sottoutilizzate FAS è già stato sviluppato, per cui sarebbe opportuno che la regione gestisse meglio le risorse a sua disposizione e sviluppasse meglio il turismo, che ha grandi potenzialità. Forse la regione Sicilia dovrebbe chiedersi perché così pochi turisti la scelgano come meta, visto che le potenzialità sono di molto superiori. Pertanto, non condividiamo eventuali deroghe a un documento incentrato su tematiche
chiare.
È necessario mettere al primo posto il cittadino, perché gli aeroporti stanno in piedi se ci sono i cittadini utenti e le aziende utenti. Questo è il concetto di base.
ANGELO COMPAGNON. In primo luogo segnalo l'opportunità di integrare la proposta di documento conclusivo sulla base delle considerazioni svolte dal presidente nella seduta odierna.
Alcune sue segnalazioni meritano inoltre un approfondimento. Mi permetta di chiudere, presidente, con l'auspicio che i richiami fatti non proprio in sintonia dai due colleghi della maggioranza possano essere condivisi dall'opposizione al fine di pervenire ad un'approvazione unanime di questo documento.
PRESIDENTE. Ho voluto solo sottolineare alcuni contenuti già inseriti nella proposta di documento, in quanto li considero particolarmente rilevanti. In relazione all'intervento del collega Compagnon
ritengo che l'obiettivo da perseguire sia quello di condividere tutti insieme il documento. Reputo infatti che la nostra responsabilità di Commissione parlamentare debba esprimersi nell'impegno di condividere un documento finale, e di dare eventuali suggerimenti ai fini della predisposizione di qualche provvedimento legislativo.
MARIO LOVELLI. Come gruppo del Partito Democratico ci riserviamo di formulare proposte più articolate, anche se ritengo che l'impostazione generale e la scaletta configurata siano una base utile per giungere all'approvazione di un documento conclusivo condiviso.
Desidero esprimere due osservazioni, che credo necessitino di maggiore approfondimento anche alla luce delle dichiarazioni espresse dai colleghi. La prima riguarda la questione delle infrastrutture aeroportuali e del loro finanziamento, a proposito della quale l'onorevole Misiti e altri lamentavano l'immagine attuale di certi nostri importanti scali aeroportuali.
Oggi, da un punto di vista legislativo siamo in presenza di una norma che ha reso operativo il meccanismo dell'aumento dei diritti aeroportuali. Questo deve essere oggetto di una nostra particolare considerazione, perché la norma rende operativi gli aumenti e i controlli diventano successivi più che preventivi. Tale meccanismo deve essere oggetto di particolare attenzione, anche alla luce dell'esigenza di investimenti sugli scali per quanto riguarda l'immagine e la funzionalità.
Noi che abbiamo dimestichezza con gli aeroporti siamo abituati al fatto che non siano funzionali, quindi superiamo gli ostacoli, ma, mettendoci nell'ottica del passeggero normale, che non va nelle sale vip, che deve fare le code, che non ha corridoi privilegiati, che magari fra tre mesi deve fare anche la radiografia per prendere l'aereo, la questione dei rincari delle tariffe e dei diritti deve diventare un passaggio inderogabilmente collegato agli investimenti sugli aeroporti. Vedremo poi come formulare una proposta specifica, ma per adesso sollevo il problema.
L'altra questione che mi sta particolarmente a cuore è quella degli enti di regolazione, controllo e coordinamento, perché ormai la questione della o delle authority nel campo dei trasporti è sul tappeto e dobbiamo affrontarla in modo organico.
Fra l'altro, so che il Governo ha approvato uno schema di decreto legislativo di riordino dell'ENAC. Lo so perché faccio parte della Commissione bicamerale per la semplificazione e si tratta di un provvedimento su cui deve esprimersi tale Commissione. Segnalo che, per quanto è dato sapere, risulta che sulla base dello schema di decreto, l'incarico di presidente dell'ENAC e del direttore generale diventa senza limiti, mentre l'incarico dei componenti del consiglio di amministrazione ha il limite di due mandati.
Non so se questa norma sia ad personam, o «ad libertatem», ma certamente mi dà questa idea. Sarebbe quindi opportuno valutare quello schema di decreto legislativo nella Commissione di merito, ma deve arrivare nella Commissione bicamerale di cui faccio parte. In ogni caso, la questione dell'autorità di regolazione nel settore dei trasporti è aperta. Le questioni ferroviarie esplose nell'ultima parte dell'anno sono a tutti ben chiare, conosciamo i provvedimenti legislativi approvati nel frattempo e si potrebbe utilizzare l'occasione di questo documento conclusivo per sollevare il problema in modo più articolato e propositivo, possibilmente condiviso. Nel seguito dell'esame, vedremo come articolare meglio le proposte in merito.
EMANUELE FIANO. Non ho avuto modo di leggere compiutamente tutto il documento steso sulla base anche delle decine di audizioni. Ho seguito però l'aspetto della proposta relativo alla programmazione nazionale della rete aeroportuale, che incide sull'interesse generale della crescita del traffico aereo. Vorrei però essere sicuro che la crescita in assoluto e non la sua migliore ripartizione sia l'obiettivo unico, perché per quanto riguarda alcuni aeroporti non si tratta tanto di crescita in assoluto, perché abbiamo
fatto spostare i passeggeri da un nodo del sistema aeroportuale nazionale a un altro, e quindi utilizzerei con attenzione una definizione così apodittica come crescita in assoluto.
Considero molto giusto un intervento sul tema della pianificazione nazionale della rete aeroportuale, che caratterizza in maniera molto forte i lavori di questa Commissione; poiché però si cita il Titolo V della Costituzione e le competenze delegate o concorrenti per quanto riguarda la programmazione, questo mi induce a ritenere complicata una programmazione nazionale sul tema aeroportuale. Sul secondo tema ad esso legato, ovvero sull'intermodalità, il ragionamento sulle infrastrutture di connessione dei nodi aeroportuali alla rete del trasporto nazionale credo che incontri la giusta scelta operata da questo Paese di delegare la funzione di programmazione agli enti locali preposti.
Ponendo una domanda di ordine costruttivo, mi chiedo se facendo una programmazione nazionale sulla questione Malpensa, sulla quale esistono ancora oggi ritardi di connessione infrastrutturale, avremmo risolto i problemi di ritardo degli investimenti locali, a prescindere dal colore politico delle maggioranze esistenti. Credo che questo sia un nodo da sciogliere, perché troverei frustrante proclamare la giusta necessità di una programmazione nazionale, che oltretutto in questo documento punta il dito contro il nodo dei ritardi dell'interconnessione e della connessione intermodale, evidenziando un aspetto sul quale in realtà non possiamo agire. Dovremmo meglio sviluppare questi aspetti. Ci riserviamo ovviamente un giudizio finale.
MARCO DESIDERATI. Condivido le considerazioni espresse dai colleghi. Porrei anche l'attenzione sull'importante evoluzione del trasporto aereo negli ultimi anni. Oggi, costa meno un weekend a Londra in aereo piuttosto che a due giorni in Riviera o al mare.
Gli aeroporti italiani in questo momento sono però fuori da questo mercato. A Fiumicino, si perde una percentuale di bagagli che farebbe rabbrividire tanti Paesi del terzo mondo. L'aeroporto rappresenta la porta di ingresso di un Paese, per cui deve essere bello, accogliente e moderno, ma anche fornire servizi che il viaggiatore deve poter avere. Non so se è possibile farlo in questo documento, ma porrei l'accento anche sulla questione dei servizi. Del resto, oggi un cittadino che debba volare in una capitale europea probabilmente evita di passare per l'aeroporto di Fiumicino, perché la percentuale di smarrimento dei bagagli è molto elevata.
Dovremmo inoltre tentare di introdurre una vera liberalizzazione. Sono rimasto colpito dall'affermazione del responsabile di Meridiana, secondo cui ogni diritto aeroportuale pagato dai suoi utenti viene pagato a Fiumicino per costruire un nuovo terminal, che sarà ad uso esclusivo di CAI-Alitalia. Un altro tema cui porre seria attenzione è la vera liberalizzazione nei nostri aeroporti, la disponibilità di slot e la possibilità che i vettori migliori esercitino nel modo migliore. Solo in questo modo riusciremo ad aumentare il numero dei passeggeri.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvio il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15,05.