Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PASSEGGERI E MERCI
Audizione di rappresentanti di ASSTRA:
Valducci Mario, Presidente ... 3 6 8 11
Biasotti Sandro (PdL) ... 8
Desiderati Marco (LNP) ... 7 11
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 7
Mereu Antonio (UdC) ... 8
Panettoni Marcello, Presidente di ASSTRA ... 3 7 8 11
ALLEGATO: Documento depositato dai rappresentanti di ASSTRA ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, l'audizione di rappresentanti di Associazione trasporti (ASSTRA).
Do la parola al professor Marcello Panettoni, presidente di ASSTRA, per lo svolgimento della relazione.
MARCELLO PANETTONI, Presidente di ASSTRA. Signor presidente, grazie per l'opportunità che la Commissione e lei personalmente avete voluto consentire a noi, come associazione, di rappresentare in questa sede parlamentare le aspirazioni e gli interessi legittimi che le nostre aziende associate in ASSTRA per nostro tramite trasmettono alla Commissione stessa nel corso di questa indagine conoscitiva.
Consegniamo alla presidenza un documento che nelle prime pagine tende a mettere in evidenza che cosa sia il mondo del trasporto ferroviario prevalentemente passeggeri e in parte merci che ASSTRA rappresenta.
Presidente, lei è lombardo e sa che nella sua terra al nostro livello esiste una grande azienda nel nord di Milano, ma altre aziende, forse non altrettanto significative, ma comunque di notevole importanza, sono presenti anche in altre regioni.
Complessivamente si tratta di trenta aziende di trasporto ferroviario locale, con un'infrastruttura ferroviaria di circa 3.655 chilometri, una parte cospicua della quale ha lo stesso scartamento delle reti nazionali e, quindi, anche opportunità di interoperabilità con la rete nazionale di FS SpA.
Se dovessi fornire, accanto ad alcune altre brevi note, alcuni numeri su che cosa trasportiamo, rimanendo al comparto generale del trasporto pubblico locale, citerei il fatto che, come forse i parlamentari sanno, le nostre aziende, gomma e ferro, movimentano quotidianamente circa 15 milioni di passeggeri. Per fornire un dato di riferimento che non sempre si conosce adeguatamente e per svolgere un confronto con Trenitalia, secondo le indagini ISTAT, Trenitalia movimenta ogni giorno 1,5 milioni di passeggeri.
Se rimaniamo, invece, al confronto tra ferrovie locali, rispetto a Trenitalia, nell'insieme del trasporto nazionale e regionale, Trenitalia movimenta circa 1,5 milioni di passeggeri, mentre le ferrovie locali, che quasi esclusivamente, se non esclusivamente, svolgono trasporto ferroviario locale, trasportano un po' più di un terzo di tali passeggeri, circa 600.000 passeggeri al giorno.
Fornisco questi numeri per far conoscere a voi tutti la nostra realtà. Non so quanti di voi conoscano questo mondo,
per la verità molto frantumato, ma che, messo insieme, rappresenta numeri significativi. Essere circa un terzo del gestore nazionale non è precisamente un'entità trascurabile sul piano dei numeri e delle persone che quotidianamente trasportiamo.
Le reti ferroviarie hanno a livello locale circa il 60 per cento dello stesso scartamento di RFI, mentre il 40 per cento è a scartamento ridotto. Esiste anche un collegamento diretto con le normative che disciplinano tali reti. È evidente che in un caso, quello delle reti a scartamento ridotto, esse dipendono da un ufficio del ministero, mentre nell'altro caso, maggioritario, hanno una dipendenza in fieri sempre più legata all'organismo di vigilanza.
Tale questione ha una sua importanza, signor presidente e signori parlamentari, anche per quanto riguarda le normative sulla sicurezza. La sicurezza non è un patrimonio semplicemente del gestore nazionale, ma è un patrimonio che dovrebbe essere equamente trasferito anche a coloro che in maniera non marginale, anche se minoritaria, effettuano trasporto regionale ferroviario.
Purtroppo a oggi non è andata così. È vero che siamo una realtà «minore», ma non vorremmo essere figli di un dio minore, Presidente Valducci. Non vorremmo vederci trattati dal Parlamento, dal Governo e dalle regioni come soggetti che hanno formalmente gli stessi obblighi del gestore nazionale, ma, per quanto riguarda i sistemi di sicurezza, non godono delle stesse opportunità che al gestore nazionale sono garantite da finanziamenti diretti dallo Stato.
Ciò non accade per quanto riguarda la sicurezza relativa alle ferrovie locali, né per la rete non interoperabile, né per quella interoperabile. Si tratta di una difficoltà enorme, sul piano del merito circa la sicurezza dei nostri passeggeri e sul piano dell'operatività per la difficoltà delle nostre aziende di avere a bordo dei propri mezzi e del materiale circolante tutti i sistemi di sicurezza che, invece, sono consentiti al gestore nazionale in virtù dei finanziamenti nazionali stessi. Su questo argomento tornerò ancora per un'altra questione, che riguarda il materiale rotabile e che è ancora di maggiori dimensioni.
Per brevità e per non sottrarre tempo, del documento depositato non illustro le parti legate al primo, secondo e terzo pacchetto ferroviario, che sono materia quotidiana del vostro lavoro. Mi sembra del tutto inutile ricordare a voi i contenuti di tali pacchetti.
Semplicemente inserirei, dal nostro punto di vista, un richiamo su alcuni profili del primo, secondo e terzo pacchetto ferroviario, che, a nostro avviso, non sono stati compiutamente recepiti dalle normative nazionali e che avrebbero bisogno, sempre secondo il nostro parere, di una rivisitazione.
Una prima questione è legata al decreto legislativo n. 188 del 2003. Voi sapete meglio di me come il recepimento della normativa europea da parte del legislatore nazionale sia molto vicino alle intenzioni del legislatore europeo, ma non del tutto sovrapponibile. Nella direttiva è previsto l'obbligo di garantire l'indipendenza sul piano giuridico, organizzativo e decisionale dell'ente gestore della rete o dell'azienda che gestisce la rete.
Nel nostro contesto nazionale noi sappiamo che tale dettato non è stato pienamente assolto. È vero, c'è un'indipendenza, all'interno di FS, dell'azienda RFI dall'azienda Trenitalia, ma voi capite bene che, essendo parte dello stesso gruppo, RFI mantiene un occhio di riguardo nei confronti del gestore Trenitalia.
Mi rendo conto che adeguarsi alle normative europee a questo riguardo e spaccare il monolito FS, il cui lungo percorso comincia con la direttiva n. 440 agli inizi degli anni Novanta, è un percorso lungo e difficile, però è un richiamo che rivolgo alla Commissione parlamentare per sottolineare come, se si vuole davvero favorire l'indipendenza del gestore o dei gestori in vista di una possibile e auspicata liberalizzazione dei servizi rispetto alla gestione della rete, bisogna compiere anche quest'ultimo
passaggio. Credo che dal punto di vista sia normativo, sia societario, esso dovrebbe essere attuato.
Nel percorso cui ho fatto riferimento, il processo di progressiva liberalizzazione di tutto il trasporto ferroviario, il nostro Parlamento e il nostro Governo ci hanno abituato ad alcuni stop and go e, talvolta, a un ritorno indietro non di piccolo significato.
La legge n. 99 del 2009 - apparentemente in sintonia con il Regolamento della Commissione europea n. 1370 del 2007 - di fatto elimina l'obbligo della gara e consente alle regioni, incentivandole a questo riguardo, di prorogare l'affidamento diretto allo stesso gestore FS dei servizi di trasporto regionale con la formula sei più sei, ossia con un contratto di sei anni, rinnovabile per altri sei. Non solo lo scrive in termini astratti, ma, con successivo provvedimento, dispone in maniera piuttosto singolare - consentitemi di ribadirlo - che è possibile da parte delle regioni prorogare il servizio e avere finanziamenti in merito per circa 480 milioni nel triennio 2009-2010-2011, a condizione che tali risorse siano esclusivamente destinate al trasporto ferroviario regionale, aggiungerei «svolto da FS», introducendo, a mio avviso, una distorsione che va oltre i princìpi delle leggi europee di parità di trattamento degli stessi gestori. Non
emerge, secondo me, semplicemente un vantaggio del ferro rispetto alla gomma, rispetto alla quale questione in termini astratti sarei del tutto favorevole, ma si introduce un vantaggio sia normativo, sia finanziario per il solo gestore nazionale, dimenticando che una parte cospicua dei passeggeri che viaggiano in treno utilizza le reti regionali.
Sottolineo questo punto, che ho segnalato a suo tempo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza però ottenere ascolto. Lo risottopongo ora a voi, come vedete, perché, a mio avviso, si tratta di un'infrazione del principio di uguaglianza in rapporto alle leggi comunitarie, nonché alle nostre stesse leggi.
Una distorsione in parte analoga compare nel provvedimento dei 425 milioni di tribolata gestione disposti per l'anno 2009 e destinati all'acquisto di materiale rotabile. Anche in questo caso si erano riservate queste risorse esclusivamente al gruppo FS, anche se poi, in virtù del decreto sul contenimento della spesa dell'estate scorsa e dei successivi provvedimenti di stabilizzazione finanziaria, si è introdotto un principio, nella normativa approvata dal Parlamento, per cui una parte di queste risorse o tutte possono essere utilizzate da FS non semplicemente per rinnovare il materiale rotabile, così come era previsto all'inizio, ma anche per la gestione dei servizi su base regionale.
Torno a sottolineare non semplicemente l'evoluzione normativa, che in astratto per noi è quanto meno discutibile, ma il fatto che si sia effettuata una riserva a esclusivo vantaggio di FS, trascurando il fatto che le ferrovie locali che gestiscono lo stesso tipo di servizio non abbiano potuto beneficiare a oggi di provvedimenti legislativi analoghi.
È all'esame del Governo e del Parlamento l'ultimo tratto di ciò che sta accadendo nel settore del trasporto pubblico locale. Voi sapete bene che il 16 dicembre un accordo Stato-regioni, dopo un primo provvedimento del novembre scorso - che aveva restituito a FS, in sede di riparto di fondi dell'articolo 9 della legge n. 422, 425 milioni rispetto agli originali 1.180 milioni che erano stati tagliati con il provvedimento della manovra economica di questa estate - avrebbe dovuto consolidare l'utilizzo dei 425 milioni di cui parlavamo prima per materiale rotabile da destinare anche all'esercizio, cui se ne aggiungevano altri 75 e ulteriori 400 milioni, da destinare al trasporto pubblico locale su gomma e su ferrovie locali, quello che noi rappresentiamo, per mitigare i tagli che si erano al tempo prodotti.
Noi sottolineiamo anche in queste aule come - l'ho vissuto in prima persona, presidente, in Veneto - tali questioni partono in un modo e corrono il rischio di arrivare in un altro. Per esempio, nella regione in cui lavoro oggi, il Veneto, ma lo considero solo un esempio perché è sicuramente accaduto o sta accadendo anche
in altre regioni, in virtù del fatto che era stato già sottoscritto con FS dalla rispettiva regione il contratto dei sei anni più sei, si era garantito con i fondi a disposizione tutto il trasporto regionale gestito da FS e si era scaricata esclusivamente sul trasporto locale gestito dalle nostre aziende, sia di gomma, sia di ferro, la mancanza di risorse delle regioni.
Dopodiché, la voragine è stata parzialmente riempita con il supposto arrivo della quota parte di questi 400 milioni. Il risultato è che non esiste più una voragine, ma comunque un taglio consistente, che varia dallo zero di alcune regioni a tagli medi intorno al 7-8-10 per cento, fino a punte del 20 per cento in Campania o in Molise.
Le difficoltà legate alle risorse finanziarie carenti si sono scaricate prevalentemente e di nuovo sul nostro settore, per quanto riguarda sia la parte ferro, sia la parte gomma. Viste le normative, non so quale intervento sia possibile compiere nei confronti di coloro che amministrano a livello regionale le risorse, ma in questa sede mi compete e ho l'obbligo di rappresentare, per chiarezza di prospettive, tutto ciò che ci viene a mancare.
Passo quindi al settore delle merci. Noi abbiamo sottolineato nell'ultima pagina del documento come per le merci, così come per il trasporto passeggeri, si avverta la necessità, accanto alle questioni di carattere finanziario a cui ho fatto riferimento, anche di aggiornare o di completare la normativa esistente. La prima necessità è la garanzia dell'accesso equo all'infrastruttura, seguita dalle questioni che sottolineavo prima rispetto alla gestione e ai poteri dell'organismo di vigilanza, la ridefinizione dei servizi che il gestore dei servizi dell'infrastruttura deve erogare agli operatori, cioè l'officina, l'energia, la manovra. È evidente che senza queste garanzie nessun operatore può replicare in ogni singola sede e in ogni singolo scalo tutte queste funzioni, che sono ineliminabili per poter gestire il trasporto merci. Si aggiungono poi altri aspetti richiamati nel documento.
Abbiamo cercato di rappresentare alla sua Commissione e a lei personalmente, presidente, l'insieme delle questioni che noi riteniamo debbano essere tenute in considerazione dal Governo e dal Parlamento per ciò che compete a queste sedi istituzionali e poi alle regioni, se si vuole dare un contributo, che noi riteniamo indispensabile, per favorire, per un verso, i processi di progressiva liberalizzazione, sia del comparto passeggeri, sia del comparto merci, e, per l'altro, una più corretta definizione dei poteri degli organismi terzi che hanno il compito di vigilare su tutto il processo e della loro piena indipendenza.
Ho già avuto modo in altre occasioni di sottolineare che, ferma restando l'autorità del Parlamento e del Governo, si avverte la necessità di scegliere lo strumento più opportuno. Noi riteniamo che occorra un'authority, anche incardinata in una di quelle esistenti, come l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, o in un altro organismo che disciplini l'intero settore a partire dal sistema tariffario, sottraendo i comuni dall'onore e dall'onere, molto più onere che onore, come voi ben sapete, di occuparsene.
Per inciso, non è un caso che le tariffe di trasporto pubblico locale aumentino in quasi tutta Italia, eccetto che in due o tre città che sono sotto elezioni, ovvero Milano, Torino e Napoli. Nulla si muove perché le elezioni sono vicine, ma il costo della vita cresce ovunque e le difficoltà di bilancio delle nostre aziende sono enormi.
Chiediamo un'authority che abbia il compito di vigilare sia su questi aspetti, sia sull'intero processo di progressiva liberalizzazione che tutto il settore del trasporto pubblico locale dovrebbe conoscere, secondo la formula della concorrenza per il mercato, che è tipica del decreto legislativo n. 422 e dello stesso impianto normativo del Regolamento n. 1370 che la Commissione europea ha approvato circa un anno fa. Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Panettoni. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
VINCENZO GAROFALO. Ringrazio anch'io il professor Panettoni, che abbiamo già avuto il piacere di ascoltare in occasione di uno dei confronti che si sono tenuti in Commissione alcuni mesi fa. Lei ci conferma alcuni concetti che noi abbiamo ormai ascoltato da diversi protagonisti dello scenario del trasporto merci e passeggeri nel nostro Paese e che, di fatto, sottolineano la necessità di agire in una maniera più determinata nella direzione della liberalizzazione.
Ho visto che lei ha voluto sottolineare particolarmente il passaggio della legge n. 99 del 1999, con il quale, a suo avviso, si è compiuto un passo indietro.
MARCELLO PANETTONI, Presidente di ASSTRA. A nostro avviso sì, onorevole.
VINCENZO GAROFALO. Seguo il suo ragionamento. Come ho affermato in altre occasioni, spesso noi pensiamo di dover fare un ping pong tra la liberalizzazione e la tutela di un patrimonio italiano, che sono le aziende di Stato, aziende il cui azionista è lo Stato e che garantiscono determinati servizi al Paese, in modo più o meno adeguato.
Condivido diverse sue considerazioni e, peraltro, lei mi sollecita alcune riflessioni. Le porrei alcune domande soltanto sulla parte della sua relazione relativa alle attività esclusivamente di carattere regionale, quindi non interoperabili con la rete nazionale, anche in relazione alle analogie con il resto d'Europa.
Come lei sa bene, ormai ci muoviamo senza dubbio in un chiaro contesto, che è quello europeo, all'interno del quale però forse noi siamo in alcuni momenti più solerti, mentre altri sono più furbi. Vorrei anche una sua riflessione sull'intero contesto europeo.
Svolgo però una considerazione: quando si è trattato di offrire a gara i servizi universali regionali, noi abbiamo vissuto le esperienze di alcune regioni - prendo quella del Piemonte, che è abbastanza nota a tutti - per cui alla fine la gara non si è chiusa con un gestore diverso da Trenitalia, perché nessuno si è presentato alla gara per la gestione dei sei più sei anni di servizi di trasporto regionale. Anche su questo tema tentiamo ogni tanto di compiere passi in avanti, ma all'interno del Paese esistono forse accordi per i quali tutto ciò non riesce a determinare la concorrenzialità necessaria. Anche su questo punto mi piacerebbe ascoltare le sue opinioni.
Ciò vale anche per il trasporto pubblico locale, visto che lei rappresenta questo enorme mondo, frazionato, ma che muove milioni di persone al giorno. Anche in relazione a ciò mi interesserebbe un accenno rispetto alle liberalizzazioni, che in Italia sono avvenute a macchia di leopardo e che probabilmente non hanno determinato un comparto forte in questo ambito, al punto che in alcune aree del Paese funzionano e in altre viviamo l'eterno problema delle difficoltà finanziarie di queste aziende.
MARCO DESIDERATI. Anch'io vi ringrazio per la vostra presenza e per la vostra relazione. Sono due le questioni interessanti che spesso emergono in Commissione, anche relativamente ad altri settori.
Una è se e come lo Stato debba tutelare il servizio universale, cioè se sul trasporto pubblico locale si debba garantire un dato livello di servizio. Noi l'abbiamo appena affrontato nel settore postale e abbiamo stabilito che gli operatori privati contribuiscono in parte ai costi del servizio universale, che viene sostenuto da Poste italiane. Mi interessava sapere se su questo tema avete un'idea, al di là del fatto che lo debba effettuare FS piuttosto che qualcun altro. Se e come si può sostenere per la nazione questo tipo di servizio?
La seconda è una domanda che vi rivolgo e alla quale non so se avete la risposta. Sarei, però, interessato a questo tema. Per quanto riguarda il trasporto delle merci su ferro - su cui abbiamo visto che in Italia siamo decisamente carenti e anche che siamo in calo costante, il che comporta alcuni costi sociali, perché sappiamo che il trasporto su gomma costa e inquina di più e presenta livelli di incidentalità
maggiori, ragion per cui comporta un costo per la nazione diverso rispetto al trasporto su ferro - una questione che emerge sempre è la difficoltà dichiarata dagli operatori privati in relazione ai PIR che ogni anno vengono approvati. Ogni anno vengono chiusi alcuni scali che, guarda caso, sembrano quasi scelti in modo scientifico per mettere in difficoltà qualcuno.
Mi è stato riferito anche, però, che, in relazione proprio agli scali merci, oggi in Italia ne abbiamo un numero aperto consistentemente maggiore rispetto alle altre principali realtà europee. Mi piacerebbe capire se è vero e se avete anche la disponibilità dei numeri per capire se FS, avendo ereditato un grande carrozzone, sta tentando di sanare un po' il bilancio e se lo sta facendo a spese degli italiani oppure no.
ANTONIO MEREU. Ringrazio il professore per la relazione che ci ha presentato. Volevo riallacciarmi a quanto affermava poco fa il collega Garofalo. Mi rendo conto che una privatizzazione perfetta non può non partire dal fatto che ci sia un organo che sia nelle condizioni migliori per poter operare, però mi chiedo anche se la liberalizzazione perfetta contribuisca poi effettivamente a migliorare le condizioni del Paese.
Per esempio, senza citare nomi, per l'elettrificazione noi in Italia abbiamo spinto più di qualunque altra nazione e il risultato è che, se oggi andiamo a cercare di portare l'elettrificazione da alcune parti d'Italia, farlo costa un occhio della testa, mentre prima l'avremmo portata sicuramente.
Da una parte, possiamo affermare che abbiamo sicuramente il sistema più liberalizzato del mondo, ma, dall'altra, ci sono questioni deficitarie e difficilmente recuperabili.
Non sono un grande esperto, però vorrei capire da voi e mi piacerebbe conoscere qualche elemento di interesse particolare. Dove trovate più difficoltà? Non vorrei che liberalizzare fosse una gara dove c'è già il trasporto, mentre noi parliamo di strutture che oggi non esistono e che non supportano determinate regioni che sono in difficoltà. È in tale ambito che noi vorremmo che ci fosse la liberalizzazione più spinta. Vorrei, quindi, conoscere più dettagliatamente le motivazioni che l'impediscono. Non possiamo legarle solo al fatto che FS sia finanziata o agevolata. Vorrei entrare un po' più nel particolare.
SANDRO BIASOTTI. Ringrazio anch'io il professore per la dettagliata analisi e soprattutto per le proposte finali, che mi sembrano molto interessanti.
Sollevo solo una questione, perché il resto è molto chiaro. Mi sembra che lei abbia nel mirino, e giustamente, la direttiva del Presidente del Consiglio del 7 luglio 2009. Voi e anche altre società che abbiamo audito contestate la forzatura compiuta da parte di FS, però FS sostiene - fra pochi giorni avremo un'audizione con l'amministratore delegato - che, trattandosi di un suo patrimonio, non vede per quale motivo gli scali non identificati come indispensabili da questa direttiva non possano essere utilizzati a fini speculativi. Comunque non ha alcuna difficoltà a metterli a disposizione di chi li volesse affittare. Dove vedete voi la soluzione al problema? Quale potrebbe essere per voi la soluzione per incrementare il trasporto privato, come mi sembra sia nell'interesse di tutti?
PRESIDENTE. Do la parola al presidente Panettoni per la replica.
MARCELLO PANETTONI, Presidente di ASSTRA. Ringrazio i parlamentari per le questioni che mi hanno posto. Non so se sarò in grado di fornire risposte soddisfacenti, però ci proverò.
Sul tema della liberalizzazione, le associazioni non emanano le leggi, ma le applicano e, quindi, non spetta a noi decidere se si debba liberalizzare l'affidamento del servizio di trasporto pubblico oppure no. Noi dobbiamo semplicemente cercare di rappresentare i problemi e le difficoltà reali, nonché gli obiettivi conseguibili con tale processo.
Per il trasporto ferroviario, così come per ciò che è accaduto in circa il 30-35 per cento delle aziende della gomma del territorio italiano, che hanno fatto le gare, il decreto legislativo n. 422 sotto questo aspetto ha dato risultati tiepidi per molte ragioni.
La prima è che un mercato per essere appetibile deve essere contendibile. È evidente che qualunque azienda, che abbia un azionariato pubblico o privato, partecipa a gare fuori dal territorio di riferimento solo se la gara che viene bandita ha un presupposto di profittabilità.
Se volete, vi posso raccontare un piccolo episodio personale. Al tempo ero presidente dell'azienda della mia città - sono originario di Perugia, anche se adesso lavoro a Venezia - e si bandì una gara a Roma. Io, che guidavo l'APM di Perugia, insieme ad altri piccoli operatori romani costituimmo una ATI, un'associazione temporanea di imprese, e partecipammo alla gara, perché a nostro giudizio essa era effettivamente contendibile. Esisteva, cioè, un'attesa di profittabilità e, quindi, partecipammo noi, insieme a quella che al tempo era la società di Bergamo, la SAB di Pesenti, nonché l'azienda di Bologna. Parteciparono, dunque, alcune aziende, grandi o medie, come la mia. Vincemmo noi e, in effetti, l'analisi che avevamo svolto si è rivelata ex post corretta: c'erano alcuni margini di profittabilità.
Quando abbiamo dovuto fare la gara su Perugia, da presidente dell'azienda ho riunito i miei azionisti, che erano due - non si è trattato di un grande sforzo - ossia il comune e la provincia, e ho osservato che, con quello che mettevamo sul piatto, il rischio che nei prossimi anni l'azienda dovesse partecipare a una gara rimettendoci quattrini era molto concreto. Chiesi quindi loro di impormi in assemblea di partecipare, altrimenti non avrei presentato l'offerta. L'imposizione a partecipare alla gara era dovuta non già al fatto che si pensava che avremmo guadagnato dalla gestione, ma perché il danno di non partecipare alla gara e la distruzione del valore patrimoniale operativo dell'azienda sarebbe stato di gran lunga superiore a quello che altrimenti avremmo realizzato, se non si fossero determinate alcune condizioni nel presentare l'offerta stessa. Non so se sono stato chiaro nel racconto dell'episodio.
Perché nel 95 per cento dei casi delle gare sul trasporto pubblico locale l'azienda che già gestiva, l'incumbent, ha rivinto la gara? Fondamentalmente per questa ragione. L'altra probabilmente è perché molto spesso la coincidenza di regolatore e di azionista porta comprensibilmente a cercare di difendere la propria azienda.
Credo, però, che la ragione fondamentale fosse proprio la prima, tanto che in Lombardia, dove agivano aziende private, di fronte alle prime gare bandite per la regione, non parteciparono neanche loro, perché ritenevano del tutto impossibile attendersi un profitto dall'attività del trasporto pubblico locale.
Voi sapete che addirittura esistono alcune sentenze della Corte di giustizia europea, quali la Altmark, che, in merito alle modalità di affidamento, accettano perfino l'affidamento cosiddetto in house e, a differenza di come l'abbiamo disciplinato in Italia, anche nei confronti dei soggetti privati. All'interno dei quattro principi fondamentali che individuano, uno è un ragionevole margine di profitto da parte dell'azienda che gestisce il servizio, altrimenti non si capisce perché si faccia impresa. Tanto valeva rimanere alle municipalizzate.
Si tratta, quindi, di un processo difficile. Se devo esprimere un'opinione, sono convinto che un corretto modo di competere sia non il fine, ma uno strumento di regolazione dell'efficienza e dell'economicità di gestione del servizio. L'ho affermato in tante altre sedi e non c'è ragione per cui non lo riferisca nella sede più propria, quella nella quale si approvano le leggi.
Sono senz'altro favorevole ai meccanismi di competizione regolata così come disegnati dal decreto legislativo n. 422, con tutte le integrazioni che nel tempo essa ha subìto, però partendo dalla necessità di capire quale sia la corrispondenza tra le risorse messe a disposizione, in termini di risorse pubbliche sommate ai
proventi da tariffe, e l'indicizzazione delle une e delle altre nel corso del contratto e del tempo. Voi sapete meglio di me che nel diritto privato non esiste contratto che sia valido, senza l'adeguamento al tasso di inflazione. Non si capisce perché noi, che paghiamo sul mercato privato, quando parliamo di entrate - le due entrate dell'azienda di trasporto sono le compensazioni per obblighi di servizi da parte delle istituzioni pubbliche e il sistema tariffario - non possiamo necessariamente pensare anche all'indicizzazione di queste due voci sostanziali di entrata, che coprono il 97-98 della media delle entrate delle aziende italiane. Ciò vale a mostrare quanto sia complesso il meccanismo della liberalizzazione e quali siano i due presupposti fondamentali perché esso possa riuscire.
Tornando più da vicino ad alcune domande che mi sono state poste in rapporto al servizio ferroviario, sul servizio universale sono convintissimo che bisogna tutelarlo, anche nella versione in cui l'ingegner Moretti lo declina per quanto riguarda il trasporto nazionale, non per quello regionale. Svolgo un'affermazione che non compete alle questioni che mi riguardano direttamente, ma, visto che mi è stata chiesta un'opinione, ho alcune ragioni di contrasto e di differenza di opinioni con l'ingegner Moretti nella sua funzione, ma credo che la questione sia reale e che occorra garantire tale servizio.
Avendo avuto alcune esperienze, come alcuni parlamentari sanno, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, so bene che un conto è gestire un trasporto con un collegamento nazionale sulle linee di forza - la più banale che viene in mente a tutti è la Milano-Roma - mentre un altro è gestire la Roma-Perugia, per tornare a una realtà che conosco. Si tratta comunque di un collegamento nazionale, ma non ha gli stessi presupposti di redditività della Roma-Milano. Sono convinto che il Parlamento a questo riguardo debba avere una cautela e un'attenzione.
Quando parliamo del PIR, ci sono alcune osservazioni che si intrecciano con le considerazioni che abbiamo avuto modo di esplicare in alcuni dibattiti pubblici anche con l'ingegner Moretti. Di nuovo, parlando di ciò che mi compete ed esprimendo un'opinione su alcune considerazioni espresse dall'ingegner Moretti, affermo che è una realtà che la rete dei cosiddetti scali merci in Italia sia troppo frantumata e diffusa. Quando l'ingegner Moretti sostiene ciò, credo che la sua osservazione abbia un fondamento e che la rete vada comunque razionalizzata.
Occorrerebbe, però, da parte dell'organismo regolatore una particolare attenzione a far sì che anche gli scali che non sono redditizi nella scala di una grande azienda nazionale come quella di FS possano essere messe a disposizione di operatori privati, locali o a rete - vedrà poi l'operatore privato come meglio organizzarsi - perché è possibile, come accade sempre nel mondo dell'impresa, che una gestione meno rigida e più snella possa consentire economie di gestione per cui anche uno scalo che per Trenitalia è improduttivo possa risultare gestibile con vantaggio da un altro operatore. Non so se riesco a spiegare bene il concetto.
Non smentisco in alcun modo la riflessione di Moretti rispetto all'eccessiva frantumazione o dispersione degli scali merci, però probabilmente tale lavoro dovrebbe essere svolto affidandosi in parte ai regolatori e in parte al mercato. Non vedo altra strada.
Noi vorremmo che nel PIR, sia nell'edizione appena emanata, sia in quella nuova, si accolgano almeno alcune proposte che favoriscano l'ingresso di nuovi operatori, piuttosto che assistere a una, a nostro avviso, eccessiva chiusura, che, invece, a oggi noi lamentiamo per le aziende che noi rappresentiamo. Sappiamo che una lamentela analoga è rappresentata a questa Commissione o nei dibattiti pubblici anche da altri operatori che non sono associati ad ASSTRA e che non sono FS.
Noi abbiamo mosso all'autorità competente alcune osservazioni, come associazione, da recepire in sede di PIR. Dobbiamo rilevare che solo molto parzialmente le nostre osservazioni, che tendono
a creare più spazi per altri soggetti operatori, sono state accolte. Credo che questo tema sia nell'interesse del Paese.
È vero, come sappiamo, che la quantità di movimentazione delle merci via ferrovia nel nostro Paese sta complessivamente diminuendo. La riduzione è molto forte, come probabilmente vi riferirà l'ingegner Moretti, da parte del settore cargo di FS, mentre i piccoli operatori privati hanno avuto un leggero incremento, che non compensa la perdita di FS, ma comunque esiste.
Nell'interesse complessivo del Paese e senza danno dell'uno sull'altro, se si attenuano un poco le maglie e si agevolano altri ingressi nel mondo del cargo, delle merci, senza produrre danno a FS, il cui settore cargo perde un sacco di quattrini, si potrebbe consentire ad altri operatori di svolgere in termini imprenditoriali e con vantaggio un servizio che si può rivelare positivo anche per l'economia complessiva del Paese.
Mi sembra che queste fossero le domande fondamentali che i parlamentari mi avevano rivolto.
MARCO DESIDERATI. Qual è il numero degli scali?
MARCELLO PANETTONI, Presidente di ASSTRA. Francamente non glielo so dire, anche perché, per poter svolgere un'indagine a tale livello, occorrerebbe confrontarsi con l'ingegner Moretti, per capire qual è la rete fondamentale che lui ritiene tale e qual è la parte che, invece, non ritiene essenziale per quella scala di dimensione dei problemi e poi su quella lavorare per trovare un giusto punto di incontro e di equilibrio.
PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti di ASSTRA per la loro presenza e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14,50.
1. I DATI E LE DIMENSIONI DEL SETTORE
ASSTRA, Associazione Trasporti, è l'Associazione datoriale nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale, pubbliche e private, che operano in Italia.
Il settore del trasporto ferroviario rappresentato da ASSTRA si compone di 30 aziende ripartite omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Con un'estensione complessiva della infrastruttura ferroviaria di circa 3655 km, come può evincersi dalla tabella sotto riportata, il sistema delle così dette ferrovie secondarie assolve un importante ruolo in ambito nazionale.
È altresì importante sottolineare che ben 2238 KM dei complessivi 3655 KM di linee ferroviarie secondarie si sviluppano nelle Regioni dell'Italia Meridionale e Insulare.
Il 61% dell'estensione complessiva della rete ferroviaria secondaria si sviluppa quindi nell'Italia Meridionale e in tale contesto è significativo che in Puglia, Basilicata e Sardegna. La rete secondaria rappresenta ben il 63% delle intera infrastruttura ferroviaria secondaria.
Tabella 1: Imprese ferroviarie regionali: estensione della rete | ||||
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Totale Italia | 1335 | 2320 | 3655 | 37 |
Italia Settentrionale |
544 | 498 | 1042 | 52 |
Italia Centrale | 223 | 152 | 375 | 59 |
Italia Meridionale e Insulare |
568 | 1670 | 2238 | 25 |
La dotazione di materiale rotabile di tutte le imprese ferroviarie regionali è riportata nella sottostante tabella.
Tale consistenza riferita al periodo 1990-2008, evidenzia un andamento tendenzialmente stazionario in ordine al numero dei rotabili in dotazione.
Tabella 2: Materiale rotabile anno 2008 | |||
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Locomotive a vapore | 5 | 10 | 15 |
Locomotive elettriche | 47 | 2 | 49 |
Locomotive Diesel | 140 | 32 | 172 |
Elettromotrici, Elettrotreni | 386 | 193 | 579 |
Automotrici | 243 | 131 | 374 |
Carrozze per viaggiatori | 478 | 102 | 580 |
Bagagliai e postali | 3 | 1 | 4 |
Carri merci | 307 | 97 | 404 |
Il numero complessivo di passeggeri trasportati che ammonta a circa 211 milioni di passeggeri/anno, la quantità di merci trasportate pari a circa 2 milioni di tonnellate/anno dimostrano che le imprese ferroviarie regionali assicurano un servizio di trasporto di assoluta rilevanza nel contesto nazionale generando, inoltre, un livello occupazionale pari ad una forza lavorativa media di circa 12.500 dipendenti.
Le reti ferroviarie regionali sono caratterizzate, però, da una bassa standardizzazione.
Esse sono infatti suddivise in ferrovie a scartamento ordinario, ferrovie a scartamento ridotto e a scartamento metrico nonché, in funzione delle caratteristiche di trazione, in trazione Elettrica e Diesel.
Tabella 3: Imprese ferroviarie regionali: estensione della rete anno 2008 | |||
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Scartamento ordinario | 994 | 1197 | 2192 |
Binario semplice | 669 | 1194 | 1863 |
Binario doppio | 285 | 3 | 288 |
Binario quadruplo | 40 | 0 | 40 |
Scartamento ridotto | 340 | 1123 | 1463 |
Binario semplice | 203 | 1120 | 1323 |
Binario doppio | 137 | 3 | 140 |
Binario quadruplo | 0 | 0 | 0 |
Totale | 1335 | 2320 | 3655 |
Atteso che, ovviamente, le ferrovie a scartamento ridotto e metrico non possono fisicamente essere interconnesse con la rete ferroviaria Nazionale le problematiche di interconnessione e di interoperabilità riguardano, quindi, le sole ferrovie a scartamento ordinario il cui sviluppo complessivo della rete è pari a 2192 Km.
Da questa distinzione deriva che anche la normativa che disciplina le due tipologie di linee ferroviarie è destinata a differenziarsi e per altro l'iter di modifica della normativa è già in corso. Le reti regionali non interconnesse all'infrastruttura nazionale, le c.d. reti isolate, sono disciplinate, infatti, dal RD 1447/1912 e dal decreto del Presidente della Repubblica 753/1980 e, quindi, per gli adempimenti in materia di sicurezza e regolarità dell'esercizio ferroviario rispondono al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e per esso alle USTIF competenti per territorio. L'accesso e la gestione dell'infrastruttura regionale, invece, analogamente a quanto avviene per l'infrastruttura nazionale, sono disciplinati dal D.Lgs. 8 luglio 2003, n.188, dal DM 18 marzo 2008, n. 81/T che impone l'attrezzaggio dell'infrastruttura regionale, entro marzo 2011, con adeguati sistemi di protezione della marcia del treno compatibili con i sistemi
adottati da RFI e atti a garantire la sicurezza dell'esercizio ferroviario. Le reti ferroviarie interconnesse, una volta ultimato il richiamato attrezzaggio dell'infrastruttura regionale, passeranno sotto la competenza dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie restando pertanto sino a quel momento sotto il controllo delle USTIF territoriali. Appare evidente che a fini del passaggio del controllo in materia di sicurezza delle ferrovie interconnesse dalle USTIF alla ANSF si renderà necessaria una rivisitazione del decreto del Presidente della Repubblica 753/1980 e, comunque, un coordinamento tra Ministero dei Trasporti, Ministero dell'Interno, ANSF e le associazioni di categoria al fine di evitare sovrapposizioni normative e/o di competenze.
Nella convinzione che la sicurezza sia un elemento prioritario auspichiamo che il legislatore preveda in un prossimo futuro che anche le reti ferroviarie c.d. isolate, che in alcuni casi registrano livelli di traffico molto elevati, debbano essere attrezzate con sistemi di protezione della marcia del treno che tengano conto delle peculiari caratteristiche di ciascuna rete in ordine, in particolare, all'intensità e alla tipologia di traffico esercite.
2. LA POLITICA COMUNITARIA E IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Il trasporto ferroviario, passeggeri e merci, rappresenta un punto chiave nell'Agenda dell'Unione Europea la cui strategia, come è noto, è fortemente orientata al raggiungimento di un equilibrio modale a favore del trasporto su ferro e si sviluppa intorno ad alcuni pilastri quali la piena liberalizzazione, nazionale e comunitaria, e la creazione di grandi progetti di sviluppo delle infrastrutture ferroviarie.
Il sistema del trasporto, infatti, costituisce un elemento fondamentale per la competitività nazionale e comunitaria e, affinché esso possa essere gestito in modo efficiente e competitivo, occorre coniugare l'economicità, la redditività e la natura sociale del trasporto
secondo standard minimi di qualità di un servizio che dovrebbe garantire, sempre e comunque, la piena soddisfazione degli utenti/clienti.
Negli ultimi 20 anni la strategia comunitaria si è tradotta in una serie di direttive tese a liberalizzare progressivamente il comparto. La Direttiva 440/91, ponendosi l'obiettivo di arrestare il declino dei sistemi nazionali, reso evidente sia dalla continua riduzione delle quote di mercato del trasporto ferroviario, sia dal crescente ricorso a trasferimenti pubblici per coprire i disavanzi delle imprese di trasporto, ha avviato il processo prevedendo, tra l'altro, la separazione societaria tra il gestore dell'infrastruttura nazionale e l'impresa ferroviaria nazionale. Il primo pacchetto ferroviario, con le Direttive n. 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE, ha dato ulteriore impulso al processo di liberalizzazione agevolando ulteriormente l'accesso delle imprese all'infrastruttura ferroviaria e consentendo al gestore dell'infrastruttura di immettere sul mercato la capacità di infrastruttura disponibile al fine di utilizzarla in modo ottimale, migliorando il
livello di affidabilità del servizio e riducendo, al tempo stesso, i costi che gravano sulla collettività.
In nuovo assetto del trasporto ferroviario ha successivamente imposto al legislatore comunitario la ridefinizione della normativa in materia di sicurezza, attraverso una nuova ripartizione delle competenze tra il gestore dell'infrastruttura e le imprese ferroviarie che si è concretizzata con l'emanazione del c.d. secondo pacchetto ferroviario che ha previsto, in particolare, l'istituzione di un'Agenzia europea per la Sicurezza Ferroviaria e di un'analoga Agenzia nazionale.
L'ultimo atto del processo comunitario è rappresentato dal c.d. terzo pacchetto ferroviario con cui si è tentato di dare maggiore impulso all'apertura del mercato passeggeri, si è istituita la licenza comunitaria dei macchinisti e il regolamento che disciplina i diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale.
Sotto la spinta delle indicazioni comunitarie, di vincoli di bilancio pubblico sempre più stringenti e delle innovazioni tecnologiche, anche in Italia, come nel resto d'Europa, sono state messe in discussione le tradizionali politiche di gestione dei cosiddetti servizi pubblici, ivi inclusi il settore del trasporto.
Il processo di riforma, peraltro ancora in corso, mira a disegnare nuovi mercati concorrenziali dove una molteplicità di soggetti si confronta nell'offerta di quei servizi tradizionalmente gestiti da imprese pubbliche in regime di monopolio legale.
In via preliminare si vuole però evidenziare come la normativa italiana in materia di trasporti in generale (non solo per quelli ferroviari) non segua uno schema ordinato gerarchicamente come quella comunitaria appena analizzata. Se a livello europeo è infatti possibile individuare i principi di fondo ai quali si ispira la politica della concorrenza e la politica comune dei trasporti, nulla di analogo è rintracciabile nella normativa nazionale che, in assenza di un disegno legislativo programmatico e di lungo termine, si compone principalmente di documenti di recepimento di quanto disposto in
sede comunitaria e di una costellazione di interventi di natura urgente o straordinaria volti a sanare i disequilibri e le perturbazioni che di volta in volta si sono manifestate nel settore dei trasporti.
Gli interventi legislativi in materia si sono rivolti principalmente alla razionalizzazione del settore e alla riorganizzazione del principale operatore pubblico costituito dal Gruppo Ferrovie dello Stato
L'intera materia è stata infine ridisegnata dal Dlgs n. 188/2003, che nel dare attuazione alle direttive 200/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE, costituisce oggi il testo unico della normativa vigente in materia di trasporti ferroviari.
Tale decreto ha ribadito e rafforzato i due principi cardine della liberalizzazione: l'autonomia tra le imprese che gestiscono l'infrastruttura ferroviaria e quelle che svolgono l'attività di trasporto ed il diritto per queste ultime di accedere all'infrastruttura ferroviaria a condizioni non discriminatorie. Il provvedimento ha esteso la liberalizzazione anche ai trasporti nazionali prevedendo esplicitamente (articolo 16) che le imprese ferroviarie possono accedere, a condizioni di reciprocità, all'intera rete ferroviaria per l'espletamento anche di servizi di trasporto passeggeri e merci.
Con l'emanazione di tale decreto, l'Italia è stata tra i primi Paesi in Europa ad introdurre norme a garanzia della libera concorrenza tra imprese ferroviarie, unitamente a norme anticipatrici della nuova normativa comunitaria che era ancora in fase di preparazione che hanno consentito a nuovi operatori, in ambito passeggeri e merci, di accedere al mercato italiano
Il decreto, tuttavia, non è perfettamente allineato alla disciplina comunitaria come dimostra, ad esempio, una differenza formale di non poca importanza tra l'articolo 11 del DLgs 188/2003, ai sensi del quale «il gestore dell'infrastruttura ferroviaria è soggetto autonomo ed indipendente sul piano giuridico, organizzativo o decisionale dalle imprese operanti nel settore dei trasporti», e il dettato comunitario della Direttiva 14/CE/2001, che sottolinea in più parti «la necessità di garantire l'indipendenza sul piano giuridico, organizzativo e decisionale» del gestore dell'infrastruttura dalle imprese ferroviarie. La ratio della norma comunitaria è che il gestore dell'infrastruttura e l'impresa di trasporto ferroviario devono essere, sotto il profilo sostanziale, effettivamente separate affinché non vi sia commistione tra le rispettive attività.
Il trasporto ferroviario passeggeri, tuttavia, non è disciplinato esclusivamente dalla normativa brevemente illustrata ma va coordinato con la disciplina dei servizi pubblici locali e, quindi, con il D.Lgs 422/97 ed il Regolamento Comunitario n. 1370/2007 e proprio dall'analisi dell'intera normativa che governa il settore emerge l'ambiguità del legislatore che da un lato aveva auspicato la liberalizzazione del trasporto pubblico locale prevedendo già nel 2007 l'obbligo di aggiudicare i servizi con gara e dall'altro le continue proroghe dei termini per l'indizione delle gare e la possibilità di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia prevista dal Regolamento comunitario.
A livello nazionale, infatti, dopo una serie di proroghe del periodo transitorio durante il quale era consentito mantenere gli affidamenti diretti si è giunti, con la legge n. 99/2009, in attuazione della
possibilità fornita dal richiamato Regolamento n. 1370/2007, all'eliminazione dell'obbligo di gara e parallelamente, le previsioni contenute nella Legge 33/2009 hanno consentito l'allungamento della durata degli affidi diretti (sei anni rinnovabili per altri sei) e l'erogazione di specifiche risorse statali alle Regioni che, per il triennio 2009-2011, avessero stipulato un contratto di servizio con Trenitalia
Si ritiene doveroso osservare che questa mutevolezza e ambiguità del quadro normativo ha determinato il sostanziale fallimento di apertura del mercato del trasporto pubblico locale ferroviario.
3. LE CRITICITÀ DEL TRASPORTO FERROVIARIO E LA QUESTIONE DEI TAGLI AL TPL
Al fine di definire le criticità del settore si ritiene opportuno premettere che il trasporto ferroviario è caratterizzato dalla presenza di una rete che collega le varie destinazioni e sulla quale possono spostarsi più imprese ferroviarie.
La gestione dell'infrastruttura deve garantire il mantenimento in efficienza della rete, il suo sviluppo, la sua gestione in «sicurezza» attività queste che spesso richiedono importanti investimenti che un operatore privato non è in grado di affrontare.
L'attività di trasporto ferroviario, invece, si presta ad una gestione da parte di molteplici imprese ferroviarie che utilizzano l'infrastruttura ed i servizi da questa erogati per garantire la sicurezza, la qualità e l'efficienza del trasporto.
Un quadro regolamentare coerente e stabile, come illustrato nel paragrafo precedente, è essenziale per garantire che la liberalizzazione promossa dalle direttive comunitarie e dal legislatore nazionale possa realizzarsi e portare quei risultati auspicati in termini di efficienza e qualità del servizio e di sviluppo industriale del settore.
Ciò premesso risulta opportuno evidenziare che si registrano delle criticità specifiche del settore ed altre caratteristiche del comparto passeggeri e merci.
La principale criticità è legata all'accesso all'infrastruttura ferroviaria in generale e al Prospetto Informativo della Rete in particolare. Il documento, come è noto, illustra le regole che disciplina l'accesso all'infrastruttura ferroviaria nazionale e i servizi erogati dal gestore dell'infrastruttura nazionale, RFI S.p.A.
Appare doverosa evidenziare che nel corso degli ultimi anni il PIR non è stato il risultato di una effettiva concertazione ma è stato presentato da RFI pochi giorni prima della sua entrata in vigore con l'ovvio risultato di ridurre al minimo i tempi per la presentazione di eventuali osservazioni da parte degli operatori e per le relative osservazioni e prescrizioni da parte dell'Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari.
La recente edizione del PIR 2010, che ha avuto una particolare eco sugli organi di stampa, aveva previsto l'introduzione di norme molto impattanti sulle imprese ferroviarie che sono state parzialmente eliminate dall'Ufficio di Regolazione o posticipate nell'applicazione o confermate.
Il settore del trasporto ferroviario merci, in particolare, registra un'apertura del mercato e l'ingresso di nuovi operatori che, tuttavia,
non superano nell'insieme il 10% dei treni/km effettuati. In termini di volumi l'intero comparto registra, inoltre, una forte riduzione del traffico a favore di altre modalità di trasporto e in particolare della gomma. Il cargo ferroviario dimostra, tuttavia, di avere potenzialità per rilanciare il settore ed una vitalità delle imprese diverse dal monopolista che può rappresentare una delle leve su cui agire per riattivare il comparto che presenta elevati margini di crescita per tutti gli operatori.
In questo contesto, tuttavia, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 luglio 2009 ha rappresentato una pesante battuta d'arresto al processo di liberalizzazione e rilancio del settore.
La Direttiva in oggetto, infatti, ha ridotto il numero degli scali merci pubblici da 240 a 71 ed ha contestualmente stabilito che RFI potesse trasferire la proprietà degli scali residui al altre società del gruppo FS e, quindi, anche a Trenitalia S.p.A. Le aziende del Gruppo non sono tenute a mantenere la destinazione d'uso o a garantirne l'accesso a tutti gli operatori. Questo provvedimento, che sembrerebbe trovare una prima attuazione già nel PIR edizione 2010, offre a Trenitalia enormi vantaggi concorrenziali e mina gravemente il processo di liberalizzazione del cargo ferroviario.
Nel trasporto ferroviario regionale e locale, invece, sussiste una forte commistione tra concorrenza e servizi universali per cui, nel caso di queste tipologie di servizio, è possibile ipotizzare esclusivamente un'apertura del mercato attraverso l'introduzione di una concorrenza per il mercato. Questo principio si scontra, tuttavia, con alcune difficoltà quali la disponibilità del materiale rotabile, la possibilità di avvalersi di impianti di manutenzione e deposito, la possibilità delle imprese di non essere vincolate da contratti lavoro dell'incumbent e con una normativa che consente l'affidamento diretto che finiscono per rendere difficile l'apertura di questo mercato.
In questo contesto si è inserito, inoltre, il maxiemendamento alla Legge di stabilità 2011, approvato il 16 novembre u.s., che ha introdotto un articolo relativo al trasporto pubblico regionale ferroviario.
L'articolo dà applicazione all'articolo 25 del decreto-legge 185/2008 che aveva istituito un fondo di 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 per la stipula di nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia S.p.A. e un ulteriore fondo per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stati di 425 milioni di euro per l'anno 2009 destinati all'acquisto di materiale per il trasporto regionale e locale.
Eravamo rimasti sorpresi nell'apprendere che, nonostante quanto già segnalato in occasione dell'emanazione della richiamata disposizione e in considerazione dell'impatto devastante dei tagli operati dalla manovra finanziaria 2011 per l'intero comparto del trasporto, le risorse individuate sarebbero state destinate esclusivamente al Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A.
Attualmente, però, lo scenario è significativamente mutato. Infatti, a seguito del lavoro svolto da tutti i diversi attori del trasporto pubblico locale sono stati siglati, nel corso degli ultimi mesi, alcuni
accordi tra il Governo e le Regioni che hanno permesso di ridurre significativamente l'ammontare dei tagli inizialmente previsti per tutte quante le modalità trasporto.
In primis, nella seduta dell'11 novembre 2010 la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha approvato all'unanimità la ripartizione dei tagli delle risorse previsti dal succitato articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010 ( convertito nella legge 122/2010), ripartizione che, per quanto attiene le risorse ex articolo 9 del D.lgs 422/97(servizi regionali di Trenitalia spa), riduce il taglio delle risorse destinate al trasporto pubblico a livello nazionale per l'anno 2011 di 372 milioni di Euro.
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Poi, all'articolo 1, comma 6, della Legge n.220/2010 (Legge di stabilità 2011) è stata introdotta da parte del Governo la previsione di 425 milioni di Euro per l'anno 2011 sempre a parziale integrazione della riduzione delle risorse ex articolo 9 del D.lgs 422/97(servizi regionali di Trenitalia spa).
Da ultimo con l'accordo Governo-Regioni del 16 dicembre 2010 il Governo si è impegnato ad assicurare:
oltre ai 425 milioni di Euro già previsti dall'articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2011 ulteriori 75 milioni per il 2011 per un totale complessivo di 500 milioni di Euro; tali risorse sono chiaramente destinate a compensare i tagli dei servizi regionali di Trenitalia S.p.A;
400 milioni di Euro derivanti da una quota delle risorse aggiuntive per il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione previste dall'articolo 1, comma 29, della Legge di stabilità 2011; tale importo, contrariamente a quello di cui al punto precedente, è destinato alle esigenze del comparto del trasporto pubblico locale riferito esclusivamente al nostro settore. Pertanto, i predetti 400 milioni di Euro reintegrano interamente il taglio di 148 milioni di Euro in relazione all'IVA sui contratti di servizio e riducono in misura pari a 252 milioni di Euro gli eventuali tagli che le Regioni sono in procinto di apportare in seguito alla riduzione del Fondo comune;
l'esclusione di tali risorse dal vincolo del Patto di stabilità interno per l'anno 2011;
la fiscalizzazione dei trasferimenti relativi al TPL su ferro a partire dall'anno 2012 come inizialmente previsto dalla L.244/2007 (articolo 1, comma 302, poi abrogato da citato DL 78/2010).
In ogni caso non vi è ancora stata, se non parzialmente e con esclusivo riferimento all'alleggerimento del Patto di stabilità interno delle Regioni, la trasposizione normativa dell'Accordo del 16 dicembre 2010. Pertanto, ad oggi le risorse aggiuntive in argomento, le quali sono indispensabili per ridurre l'entità dei tagli, non sono state ancora sbloccate.
L'auspicio, in attesa che il Governo tenga fede agli impegni assunti, è che le Regioni, a seguito della mutata situazione, rivedano
le politiche di bilancio che, nello scenario finanziario antecedente all'accordo, hanno portato a prefigurare tagli ai capitoli di finanziamento regionale 2011 dei servizi di TPL ed una riduzione del livelli di servizio erogato, con ricadute drammatiche per la qualità di vita dei cittadini e dei livelli occupazionali.
Occorre anzi, per non vanificare lo sforzo compiuto, che le Regioni non distolgano dal settore le risorse aggiuntive rinvenienti dalla compartecipazione all'accisa sul gasolio per autotrazione introdotta dalla finanziaria del 2008 (legge 244/07) e destinata in maniera diretta ed esclusiva ad assicurare il finanziamento strutturale del trasporto pubblico regionale e locale.
Si ritiene opportuno evidenziare, inoltre, che il DM 18 marzo 2008, n. 81/T ha imposto ai gestori dell'infrastruttura regionale di attrezzare le linee ferroviarie regionali interconnesse con l'infrastruttura nazionale, ed il materiale rotabile che vi circola, con adeguati sistemi di protezione della marcia del treno entro marzo 2011. Nell'esprimere vivo apprezzamento per la Direttiva in oggetto, che ha riconosciuto la necessità di garantire la sicurezza su tutta l'infrastruttura ferroviaria, si ritiene opportuno evidenziare che le reti ferroviarie c.d. isolate non rientrano nell'ambito di applicazione per cui si è nel paradosso per cui vi sono linee per cui sono prescritti determinati standard di sicurezza ed altre reti, su cui in alcuni casi si registrano livelli di traffico elevatissimi, per cui non sono ritenuti necessari e che lo Stato non ha provveduto ad erogare, a differenza di quanto è avvenuto per l'attrezzaggio dell'infrastruttura regionale, le
necessarie risorse per attuare la direttiva.
LE PROPOSTE PER LA RISOLUZIONE DELLE CRITICITÀ
In conclusione emerge che il mercato del trasporto ferroviario è in una situazione di ambiguità regolatoria poiché non è stato individuato un modello da realizzare per cui da un lato si è data formale attuazione al diritto comunitario aprendo il mercato ma non si sono recepiti totalmente i principi comunitari per cui è stata aperta una procedura d'infrazione nella quale si contesta, tra l'altro, l'indipendenza e i poteri attribuiti all'organismo di regolazione e, dall'altro, dopo una prima apertura del mercato del trasporto pubblico locale si è registrata una sostanziale chiusura del mercato.
In questo contesto si ritiene che sia prioritario individuare un organismo regolatore indipendente dotato di idonei poteri tesi a reprimere e sanzionare ma , soprattutto, disciplinare la materia.
Si ritiene, inoltre, che sia essenziale che il fondo istituito dall'articolo 25 della Legge Finanziaria sia reso accessibile a tutte le imprese che svolgono servizi di trasporto ferroviario coperti da contratti di servizio al fine di rendere evidente l'imparzialità dello Stato ed evitare di dare applicazione ad una norma che presenta caratteri di illegittimità.
Al fine di rilanciare il comparto merci, infine, si ritiene che sia necessario attivare una specifica strategia per il comparto che preveda l'adozione di misure urgenti e concrete quali:
la garanzia di accesso equo all'infrastruttura, agli scali merci e ai raccordi da attuarsi anche attraverso una piena indipendenza del
gestore dell'infrastruttura nazionale, nel suo ruolo di concessionario pubblico della rete. In aperto contrasto con questa politica è la Direttiva del Presidente del Consiglio 7 luglio 2009 che, nell'individuare i punti di accesso alla rete, senza una concertazione con il settore, non ha tenuto conto delle reali esigenze degli operatori;
la ridefinizione dei servizi che il gestore dell'infrastruttura deve erogare agli operatori (officine, energia, manovra,...);
ridefinizione del contratto di servizio per l'erogazione dei servizi universali merci, tra cui il trasporto a traffico diffuso, secondo criteri di trasparenza e concorrenzialità;
l'individuazione di specifiche misure di sostegno al comparto quali, ad esempio, incentivi al trasporto ferroviario merci e agevolazioni fiscali per l'acquisto di materiale rotabile;
la costituzione di un tavolo di analisi e concertazione del settore, presso la Direzione Generale per il trasporto ferroviario del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, cui intervengano le istituzioni, l'ANSF, il gestore dell'infrastruttura nazionale e le associazioni di categoria.