Sulla pubblicità dei lavori:
Rosso Roberto, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEI MERCATI DELLE SEMENTI E DEGLI AGROFARMACI
Audizione dei rappresentanti dell'Associazione italiana sementi (Assosementi):
Rosso Roberto, Presidente ... 3 8
Russo Paolo, Presidente ... 9 10
Delfino Teresio (UdC) ... 8
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 8
Nardi Marco, Segretario dell'Assosementi ... 3 9
ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione italiana sementi (Assosementi) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,35.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione italiana sementi (Assosementi).
Do la parola al dottor Marco Nardi, segretario dell'associazione. Al suo intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati, alle quali il dottor Nardi potrà replicare.
MARCO NARDI, Segretario dell'Assosementi. A nome dell'associazione ringrazio per l'invito a portare il nostro contributo a questa indagine. Abbiamo avuto modo di anticipare questa mattina una memoria che credo sia stata distribuita, e ci scusiamo per l'assenza del presidente, dottor Paolo Marchesini, che è stato trattenuto da impegni aziendali.
Il ruolo dell'Assosementi è innanzitutto quello di rappresentare le aziende associate. A questo riguardo è doveroso spiegare il perché della nuova denominazione «Assosementi», che è stata assunta all'inizio del 2010, a seguito di un'operazione di fusione con altra associazione, anche se la nostra associazione è stata costituita nel lontano 1946 e si pregia di portare avanti un'esperienza associativa sviluppata addirittura in precedenza.
Vorrei ora evidenziare il ruolo svolto dall'attività sementiera nell'ambito della nostra agricoltura, che assicura tre funzioni: la produzione di innovazione, con la ricerca di nuove varietà, la funzione commerciale, con la fornitura delle sementi agli agricoltori, e, infine, il compito legato a queste due attività e che oggi sta assumendo un'importanza sempre maggiore, di garantire l'identità delle produzioni e quindi la loro rintracciabilità.
A questo punto è facile ricollegarsi alla recente legge sull'origine delle materie prime, che è stata approvata in Parlamento. Combinando queste funzioni, è evidente che il panorama che noi individuiamo nel campo sementiero è quanto più vario. Abbiamo aziende votate fondamentalmente alla ricerca, altre specializzate nella moltiplicazione delle sementi, mentre altre esaltano la parte commerciale.
Nel panorama italiano, inoltre, rinveniamo - questo è il panorama delle aziende associate alla nostra associazione - aziende attive in tutte queste funzioni, anche se è opportuno mettere in evidenza che l'aspetto della ricerca vede il nostro Paese svantaggiato rispetto ad altre realtà. Avremo modo di entrare nel merito e di illustrare meglio questo aspetto.
Partendo dal numero delle aziende sementiere, attualmente l'Assosementi ne associa circa 180. Siamo l'associazione più rappresentativa a livello nazionale e siamo strutturati come una federazione. L'attività sementiera coinvolge infatti aree abbastanza diverse fra loro, laddove il settore orticolo ha una sua specificità, il settore del mais ha altre specificità, come quello dei cereali e delle foraggere, inoltre al nostro interno è presente una sezione che riguarda i costitutori. Ciò dimostra la complessità di un'attività, che è difficile ridurre a un singolo, comune denominatore.
Aggiungo qualche ulteriore elemento sui dati economici. Stimiamo che il fatturato delle aziende sementiere a livello nazionale si aggiri sui 600-650 milioni di euro, anche se nelle ultime campagne tale fatturato appare in contrazione in relazione a fatti importanti. Il primo è la contrazione delle superfici coltivate, su cui raramente ci si sofferma, ma che ha un riflesso immediato sull'attività delle aziende sementiere.
Voglio soltanto sottolineare come ad esempio la coltura della barbabietola da zucchero a seguito della riforma dell'Organizzazione comune di mercato (OCM) abbia perso oltre due terzi della superficie: è crollata da circa 240.000 a 60.000 ettari. Un altro settore in sofferenza è quello del mais, su cui nessuno riflette, ma che, secondo le nostre valutazioni, come è confermato anche dall'Istat, dal 2004 ad oggi, dopo il disaccoppiamento degli aiuti, ha perso circa 400-450.000 ettari di superficie, che sono oltre un terzo di quello che era coltivato.
Il grano duro, coltura fondamentale, almeno per il made in Italy e l'immagine della pasta, è anch'esso in sofferenza: ha perso circa 500-600 mila ettari rispetto al massimo toccato nel 2003-2004, quando aveva superato 1 milione 700 mila ettari, mentre oggi le nostre stime ci dicono che, dopo le ultime semine che hanno visto un'ulteriore perdita di superficie, il grano duro non supera 1 milione-1 milione 100 mila ettari di superficie coltivata in Italia.
Vorrei fornirvi qualche indicazione, che poi troverete abbondantemente illustrata nella memoria depositata, sui dati macroeconomici del settore. Ho parlato di un fatturato che si aggira su 600-650 milioni di euro all'anno a livello di aziende sementiere, quindi di vendita all'ingrosso. La stima dell'INEA va abbondantemente oltre, comprendendo il margine della distribuzione, ma soprattutto includendo nel fatturato anche il cosiddetto «reimpiego aziendale», ovvero la granella reimpiegata dall'agricoltore per le proprie colture, che ovviamente non può fare parte del commercio.
Desidero poi dare qualche indicazione sull'equilibrio della bilancia commerciale. L'interscambio con l'estero è strutturalmente deficitario: almeno negli ultimi venti o trenta anni, da quando come associazione abbiamo modo di seguire gli scambi tramite le statistiche Istat, la bilancia commerciale riguardante le sementi dell'Italia sempre è in passivo.
Fornisco due dati molto sintetici: le importazioni di sementi sono sui 250-300 milioni di euro, variano all'interno di questa forbice almeno nelle ultime campagne, mentre le esportazioni solo sui 100-150 milioni di euro, quindi c'è un deficit legato a colture importanti (il mais, le sementi ortive, le sementi foraggere graminacee), mentre di converso, se ci soffermiamo sulle esportazioni, eccelliamo nell'esportazione di sementi di orticole e siamo il Paese leader in Europa nella moltiplicazione, però le esportazioni non riescono a compensare le importazioni nel medesimo settore. Altrettanto dicasi per le sementi di barbabietola da zucchero, nella cui moltiplicazione l'Italia è leader in Europa. L'unico settore nel quale vantiamo un saldo netto è quello del riso: siamo leader in Europa nella produzione, è un mercato importante e quindi l'unico in cui notiamo una bilancia in attivo.
Vorrei però tornare alle funzioni dell'attività sementiera e individuare alcune problematiche di attualità. Ho parlato di ricerca, quindi un ruolo a supporto dell'innovazione di cui non sottolineo l'importanza. Nella memoria troverete alcune
indicazioni frutto di recenti studi, che evidenziano come oggi il progresso produttivo e qualitativo delle produzioni agricole sia in larga parte dovuto all'innovazione genetica.
Questa avrà un ruolo ancora più fondamentale e strategico nel futuro, se diamo per buone le stime della popolazione in forte aumento, il forte cambiamento negli stili alimentari che stanno spingendo la richiesta non più solo di cibo, ma anche di energia, verso produzioni sempre più alte.
È evidente, a questo riguardo, che le superfici coltivabili non possono essere aumentate in modo significativo, che altri mezzi tecnici sono importanti, ma non possono incidere più di tanto, per cui poter avere varietà meglio resistenti ai cambiamenti climatici, ai patogeni oppure meglio performanti, ovvero che consentono di produrre maggior quantità di prodotto o un prodotto con caratteristiche specifiche per una determinata esigenza dell'industria o del consumatore, è effettivamente un aspetto strategico. Non sto a sottolineare in base a quali elementi lo si può desumere, perché penso che l'indagine abbia toccato diverse aree ma ciò consente a me, come rappresentante dell'industria sementiera, di sottolineare questo ruolo fondamentale, in funzione del quale purtroppo il nostro Paese lamenta carenze legate a un ritardo, a un'insufficiente strutturazione, alla mancanza di fondi da investire nella ricerca per poter
competere o diminuire lo svantaggio rispetto ad altre realtà.
Vorrei citare, ora, qualche esempio di problematica pratica che stiamo vivendo nel settore. Nella relazione abbiamo messo in evidenza la disciplina che esiste in campo sementiero, quindi l'obbligo di iscrivere le varietà nel registro e la certificazione. Nell'area della certificazione la recente decisione di sopprimere l'Ente nazionale delle sementi elette (ENSE) inglobandolo nell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti (INRAN), è una scelta che come categoria ci ha lasciato perplessi soprattutto per il timore di avere un ente non più completamente sensibile, attento, sollecito nei riguardi delle esigenze delle aziende sementiere, sottolineando quindi che l'attività di certificazione è un servizio e non è un'attività di ricerca.
Si tratta infatti di un'attività di prestazione di servizi, che deve essere fatta con la debita sollecitudine, altrimenti quando è il momento di seminare l'agricoltore non aspetta.
Vorrei inoltre evidenziare la situazione paradossale che stiamo vivendo in questo momento come associazione e come aziende sementiere, con riferimento al registro nazionale delle varietà. Stiamo infatti lamentando un problema legato al pagamento delle prove per l'iscrizione delle nuove varietà nel registro nazionale, situazione paradossale perché legata essenzialmente a un problema non di mancanza di risorse, perché queste vengono messe a disposizione dalle aziende sementiere (per ogni varietà c'è un tariffario preciso), ma derivante dal fatto che queste risorse vengono versate al Tesoro, che poi non rimette le somme incassate completamente a disposizione delle istituzioni e delle figure che effettuano le prove.
In questi ultimi anni il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, insieme alle regioni, ha provveduto a compensare questa deficienza, ma dalle ultime notizie risulta che questo meccanismo non sarà più attivabile a causa degli ultimi ulteriori tagli adottati a livello di bilanci, per cui in questo momento si rileva una situazione di forte incertezza sulla prosecuzione delle prove e soprattutto sul loro pagamento. Come associazione ci stiamo quindi adoperando affinché si arrivi a sanare questo problema.
Vorrei quindi evidenziare il problema della penuria di risorse rese disponibili in Italia per la ricerca varietale, vegetale, quindi per l'innovazione, che è legata a problematiche di diverso tipo. L'Italia è un Paese piccolo e l'agricoltura, per quanto importante ed estremamente qualificata, non consente di sostenere appieno programmi di ricerca innovativi come oggi sarebbe opportuno fare per restare competitivi.
D'altra parte, abbiamo anche un problema interno, strutturale, perché come aziende sementiere ancora non siamo riusciti a organizzare una raccolta delle royalty, cioè dei diritti sulle varietà impiegate, anche sul seme aziendale, e questo costituisce un'ulteriore penalizzazione per il nostro Paese, laddove, in virtù delle norme comunitarie esistenti, i piccoli agricoltori sono esenti dal pagamento di questo diritto: quindi chi opera in Italia si trova svantaggiato rispetto a chi opera in altri Paesi.
Permettetemi di citare qualche cifra che poi troverete nella relazione scritta. Valutazioni a livello mondiale dicono che ogni ettaro di coltura a mais si trova ad usufruire di circa 30-33 dollari in lavoro di ricerca e di sperimentazione. Ciò significa che a livello mondiale gli investimenti fatti nel settore del mais divisi per la superficie coltivata ammontano a circa 32-33 dollari per ettaro. Per il frumento questa cifra crolla a 3,3 dollari, quindi un decimo, per la semplice ragione che esiste un forte interesse a sviluppare ricerca in un settore rispetto a un altro. Non entro nel merito perché le biotecnologie sicuramente avranno la loro importanza, ma è importante evidenziare che nel mais ogni anno c'è un importante acquisto di seme, perché è un settore dove ci sono soprattutto varietà ibride, per cui l'agricoltore deve ricomprare il seme in quanto non è in grado di gestirlo a livello aziendale, mentre per
quanto riguarda il frumento l'agricoltore salvaguardando la propria produzione può reimpiegarla nell'anno successivo.
Ciò spiega il motivo di questa enorme differenza a livello di investimenti per la ricerca e il perché negli ultimi venti anni le statistiche indichino che l'incremento di produttività realizzato dal mais è nettamente superiore a quello dei frumenti.
Anche soffermandoci soltanto sui frumenti possiamo cogliere alcune differenze fra l'Italia e i Paesi vicini. Alcuni dati indicano che la Francia riesce a destinare alla ricerca nel settore del frumento tenero il doppio delle risorse rapportate ad ettaro rispetto alla media mondiale. La Francia è stata infatti capace di mettere in piedi un meccanismo che ha coinvolto tutti gli agricoltori, cioè l'intera produzione, imponendo alla stregua delle cosiddette «tasse parafiscali del passato», un «contributo volontario» (sebbene sia poi obbligatorio in virtù di accordi interprofessionali), per cui l'intera produzione contribuisce con una percentuale di 0,50 euro per ogni tonnellata. Ciò concorre a formare una somma, che in parte viene ristornata agli agricoltori che hanno acquistato seme certificato per non penalizzarli, mentre l'altra parte viene ripartita fra le aziende sementiere titolari delle varietà impiegate o
destinata a comuni iniziative di ricerca. Da questo semplice meccanismo, in Francia, le aziende ottengono in royalty un valore superiore rispetto a quello costituito dalle royalty che possono essere stimate per il nostro Paese sul seme certificato.
Inoltre, se andate a vedere le statistiche a livello di iscrizione di varietà in Italia, noterete che negli ultimi venti anni c'è stata una costante progressione nell'iscrizione nel registro nazionale e quindi anche di quota detenuta sul mercato di varietà che non sono il frutto della ricerca italiana.
Questo dispiace, se pensiamo che all'inizio del secolo precedente nel settore dei frumenti l'Italia è stata all'avanguardia, basti pensare al lavoro di Strampelli e delle altre istituzioni pubbliche o di ricerca che hanno fornito un contributo molto importante e sono state all'origine dello sviluppo di molte aziende sementiere in Italia.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è quello dell'impatto delle decisioni di politica agricola, in particolare della PAC, sull'attività sementiera. A questo riguardo, penso che il caso più eclatante sia quello del grano duro, di cui ho già sottolineato il ruolo per l'agroalimentare italiano.
Alla fine degli anni ottanta, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, al fine di migliorare la produttività e la qualità del settore, decise di rendere progressivamente obbligatorio l'uso del seme certificato. Con una decisione del Ministro
Diana, nel 1993, si stabilì che nell'arco di tre anni si sarebbe dovuto raggiungere il 100 per cento. In realtà, furono necessari quattro anni, ma dalla metà degli anni Novanta in Italia era obbligatorio dimostrare di aver usato seme certificato per poter percepire l'aiuto assicurato dalla politica agricola comune, il premio riservato alla coltura del grano duro, che allora era una quota abbastanza importante, superiore alle 700-800.000 lire a ettaro.
Questa decisione fu successivamente fatta propria anche dalla comunità europea, che la rese obbligatoria per il grano duro. Questo obbligo è rimasto in vigore per una decina d'anni fino a quando, prima con il disaccoppiamento della riforma Fischler nel 2003 e due anni fa con l'Health check, è stato di deciso di sopprimere qualsiasi aiuto specifico dato al grano duro ed è venuto meno il vincolo di utilizzare seme certificato.
Il nostro Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con la decisione del luglio 2009, ha previsto l'obbligo di usare seme certificato legandolo alla misura agroambientale, ma dopo neanche un anno - nel febbraio 2010 - ha tolto questo vincolo. Come già evidenziato nell'intervento dell'INRAN, attraverso il rappresentante dell'ENSE, nell'audizione dello scorso 26 gennaio, il risultato è che in queste ultime due campagne l'uso di seme certificato è crollato del 50 per cento.
Nella coltura specifica più importante a livello italiano che è il grano duro, che ha bisogno come tutte le altre di innovazione, con il crollo dell'impiego di seme certificato vengono meno le risorse che potranno essere destinate alla ricerca da parte delle aziende italiane. Si può intravedere quindi una perdita di competitività della coltura, problemi a livello degli aspetti qualitativi e quindi il rischio di un deterioramento della filiera di una produzione specifica, importante per il nostro ambiente.
Questo aspetto spinge anche a mettere in evidenza il rischio del diffondersi di illegalità. Se in due campagne il tasso di impiego di seme certificato, che è l'unico seme legale che possa essere comprato e venduto sul mercato, è crollato del 50 per cento, possiamo certo immaginare che tutti abbiano usato o reimpiegato la granella aziendale come seme, ma si può anche temere - non è mio compito sottolinearlo, ma lo ha già fatto il Ministro Galan nella sua recente audizione - che sul mercato si stiano diffondendo illegalità di vario tipo.
Il prodotto che prima veniva certificato e oggi non lo è più viene commercializzato e utilizzato dall'agricoltore senza alcuna garanzia sull'origine del prodotto, sulla sua identità o sulla qualità. Questo problema ci preoccupa molto come categoria perché va a erodere spazi di mercato, che dovrebbe essere a disposizione di aziende che operano in maniera sana, competitiva e nel rispetto delle normative.
Avrei anche altri aspetti da sottolineare ma non so quanto tempo possa avere a disposizione. Penso di avere raffigurato diversi punti focali. L'ultimo tema sottolineato, quello del seme aziendale, è collegato a sua volta al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, tema importante in campo agricolo quando da un lato si vanno a reclamare il rispetto delle DOP, delle IGP e delle denominazioni, ma che obbliga anche gli agricoltori a rispettare a loro volta i diritti di proprietà intellettuale quando parliamo di varietà, di sementi o di ricerca.
Si tratta di una tematica trasversale, che deve essere vista in maniera ambivalente, dove ci sono regole che devono essere rispettate ma dove il nostro Paese è in forte ritardo nella percezione dell'importanza di questo argomento, che non significa, come molti dicono, appropriarsi e brevettare la vita, ma semplicemente rispettare regole condivise a livello internazionale. Laddove queste sono rispettate e applicate si ha effettivamente una difesa dell'innovazione e del progresso nel settore delle colture e dell'agricoltura nel suo complesso.
Non voglio citare esempi, ma a mio giudizio questo è un aspetto di enorme importanza che deve essere condiviso dal mondo agricolo insieme al mondo imprenditoriale
o al mondo sementiero, che noi come associazione cerchiamo di rappresentare.
PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Marco Nardi. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio il dottor Nardi a nome del gruppo della Lega Nord per i documenti e per questo spaccato dell'Assosementi, delle aziende associate e di tutto il mondo sementiero. Assosementi ci ha fornito spunti sulle attività svolte dalle aziende che operano in questo comparto.
L'indagine conoscitiva sulla situazione del mercato delle sementi e degli agrofarmaci è stata avviata da questa Commissione anche per mettere in evidenza l'opinione comune degli agricoltori, secondo cui da parte delle aziende operanti nel comparto dei mezzi tecnici di produzione e quindi in particolare delle sementi, degli agrofarmaci e dei concimi c'è stato un aumento considerevole dei prezzi.
Volevamo dunque verificare come questo impatti sui costi delle aziende agricole e sulla loro attività, complice negli ultimi anni anche il mercato dei cereali che adesso per fortuna si è ripreso, ma che ha risentito anche delle quotazioni piuttosto basse, che rendevano difficile l'acquisto di mezzi tecnici di produzione da parte degli agricoltori.
Abbiamo avviato questa indagine conoscitiva perché ritenevamo che le aziende operanti in questo settore, in particolare degli agrofarmaci, operassero in regime di oligopolio, fatto confermato in Commissione la scorsa settimana anche dal Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà.
Quest'ultimo ha infatti affermato che sul mercato delle sementi e degli agrofarmaci c'è un oligopolio, quindi le nostre preoccupazioni sono più che mai fondate e continuiamo questo dibattito, questo giro di audizioni per avere ulteriori spunti su questo comparto e capire come dare risposte al comparto produttivo.
Rivolgiamo un plauso alle industrie che lavorano in questo settore per gli investimenti in ricerca a beneficio del comparto, ma gli agricoltori hanno l'impressione che la fetta ritagliata dalle industrie operanti nel settore sia troppo grande ed eroda i guadagni delle aziende agricole.
Lei ha affermato che per la ricerca sul mais si investono sulla sperimentazione circa 32 euro a ettaro, ma vorrei sapere se il dato comprenda anche gli organismi geneticamente modificati (OGM), perché nel nostro Paese non è richiesto questo tipo di ricerca e le aziende che lo fanno mirano ad avere qualcosa più degli altri. Nel nostro Paese infatti le richieste di semi di mais OGM non sono molte.
A volte paghiamo costi anche se non ci servirebbe e abbiamo da tutelare le peculiarità del nostro territorio e la forza del nostro made in Italy nel mondo, la cui diffusione garantirà reddito ai nostri agricoltori.
Non per una questione settaria, ma valutando le opportunità per il nostro territorio e per le nostre peculiarità, preferiamo dire «no» agli OGM. Il 70 per cento delle aziende ha una superficie inferiore ai 5 ettari, la superficie media è di 7,6 ettari. Negli Stati Uniti, dove viene utilizzato il mais OGM, la superficie più piccola è pari a 250 ettari circa, mentre in Italia le aziende che superano i 100 ettari rappresentano lo 0,8 per cento. È quindi necessario considerare gli impatti in questi diversi tipi di agricoltura.
A nome del Gruppo della Lega Nord la ringraziamo per questa audizione, che ha arricchito le nostre conoscenze sul comparto sementiero.
TERESIO DELFINO. Mi unisco al ringraziamento dell'onorevole Fogliato per esprimere un apprezzamento sulla documentazione fornita e per fare un'osservazione positiva rispetto al dato illustrato nel documento della buona reputazione di cui gode a livello mondiale la nostra industria sementiera.
Vorrei però partire da questo dato per vedere come la perdita di posizione, attribuibile anche a una minore estensività
dei nostri terreni agricoli, sia dovuta in larga parte a una diminuzione della ricerca. Subendo ovviamente la crisi e avendo la necessità di assicurare varietà nuove rispetto ai produttori, se manca la ricerca si diventa meno attrattivi e competitivi.
Vorrei quindi capire se sia possibile superare la debolezza che lei denuncia della ricerca pubblica italiana e conoscere lo stato dell'integrazione tra pubblico e privato, per arrivare a una ricerca che tuteli il ruolo, la qualità, la professionalità ma anche il forte dato economico che questa filiera rappresenta.
PRESIDENTE. Do ora la parola al segretario dell'Assosementi, Marco Nardi, per la replica.
MARCO NARDI, Segretario dell'Assosementi. Grazie. Provo a rispondere innanzitutto all'onorevole Fogliato, che ha fatto alcune osservazioni pungenti.
È evidente che la ricerca viene pagata dall'utilizzatore finale (Commenti).
In qualsiasi settore il prodotto che funziona viene venduto e si diffonde, e così avviene anche in agricoltura. Questo consente tramite la vendita dei prodotti di andare a finanziare la ricerca e la produzione.
Il dato che riguarda il mais è globale, mondiale, l'ho trovato nelle statistiche e comprende anche la ricerca biotecnologica. Voglio però tranquillizzare: in Italia non c'è ricerca sugli OGM, non c'è ricerca biotecnologica - non sta a me dire se sia corretto o sbagliato -, non c'è sperimentazione e questo secondo me è purtroppo un errore, e non c'è commercializzazione, non c'è domanda, non è ammesso.
Vorrei fare una puntualizzazione sul discorso dell'oligopolio, che nell'audizione precedente del 16 marzo mi sembra il presidente Catricalà abbia richiamato. Vorrei però anche ricordare che il direttore dell'INEA, Alberto Manelli, nell'audizione del 2 febbraio, aveva già ampiamente spiegato, e io faccio mie quelle osservazioni, nel senso che i requisiti per esercitare l'attività sementiera determinano di fatto un oligopolio.
La produzione di sementi ad esempio, attività che non richiederebbe in teoria eccessivi requisiti, ha però bisogno di attrezzature, di un minimo di capitali per fare investimenti e stipulare contratti con gli agricoltori, e di una professionalità che determinano una barriera per chi entra nel mercato. Questo poi diventa selettivo in funzione dei prodotti che si offrono e si affermano.
Sarà comunque il prosieguo dell'indagine a evidenziare se ci siano fenomeni di non correttezza, ma personalmente lo escluderei anche perché vedo che le aziende sementiere sono in sofferenza.
Nel settore del frumento duro, se il mercato crolla del 50 per cento, molte aziende devono chiudere perché non sono più in grado di stare sul mercato. Chiudono le aziende, gli agricoltori non moltiplicano le sementi risultando quindi penalizzati, oltre al problema dell'equilibrio in prospettiva dell'intero settore.
Proverò a rispondere alla domanda dell'onorevole Delfino. La ricerca è fondamentale, e a mio giudizio è quella che oggi caratterizza l'attività sementiera. In certi settori possiamo anche accettare che sia l'agricoltore a moltiplicare il seme oppure a ricorrere alla granella aziendale, ma, se questo agricoltore - meccanismo che la Francia ha attivato in maniera molto intelligente - non contribuisce a finanziare l'innovazione, cioè nuove varietà, a lungo andare si troverà a lavorare con un prodotto che non è più quello richiesto dal mercato, che non è più idoneo, che non resiste alle malattie, che non risponde alle esigenze dell'industria.
Questo è il meccanismo virtuoso, che attraverso il seme certificato o di qualità acquistato e utilizzato ritorna allo stesso agricoltore attraverso il lavoro di ricerca, che devono fare l'industria sementiera o, come sottolineato dall'onorevole Delfino, anche le istituzioni pubbliche.
Ho cercato di evidenziare che purtroppo in Italia le risorse che il sistema nel suo complesso riesce a mettere a disposizione sono molto scarse a livello privato, mentre il settore pubblico nella situazione attuale è sottoposto a tagli continui e quindi penso che la situazione non sia delle migliori.
Nel nostro Paese c'è un evidente deficit a livello di integrazione fra pubblico e privato e ritengo che tutti stiano cercando di superare questo svantaggio, ma è altrettanto evidente che in questo momento la penuria di risorse non consente di essere molto ottimisti in materia.
Penso che la situazione potrà migliorare cercando da un lato di consolidare le risorse dedicate alla ricerca nel nostro Paese e dall'altro di integrarsi nei progetti di ricerca che soprattutto a livello comunitario godono di maggiori risorse, verso i quali molte strutture si stanno indirizzando e che hanno il pregio di vincolare a una partnership pubblica e privata, cosa che in passato non c'era, causando le situazioni di svantaggio che registriamo oggi in Italia. Spero di avere risposto agli interrogativi.
PRESIDENTE. Ringrazio il segretario dell'Assosementi, dottor Marco Nardi, per le utili indicazioni che ha voluto offrire e per la documentazione depositata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,20.
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