Sulla pubblicità dei lavori:
Russo Paolo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO
Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL Agroalimentare:
Russo Paolo, Presidente ... 2 3 10 11 12
Brandolini Sandro (PD) ... 10 12
Fiatti Davide, Funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL ... 9 12
Gottardo Isidoro (PdL) ... 11
Mattei Paolo, Segretario della federazione nazionale della UGL Agroalimentare ... 6
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 5 11
Papiccio Pasquale, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL ... 3 5
Scatà Fabrizio, Segretario nazionale della FAI-CISL ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL Agroalimentare.
Sono presenti Fabrizio Scatà, segretario nazionale della FAI-CISL, Davide Fiatti, funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL, Pasquale Papiccio, coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL, e Paolo Mattei, segretario della federazione nazionale della UGL Agroalimentare.
Prima di dare la parola ai nostri ospiti, vorrei ricordare che con l'audizione delle organizzazioni sindacali diamo concretamente inizio all'indagine conoscitiva che oggi ci appare di estrema attualità, alla luce delle recenti notizie relative a gravi forme di sfruttamento del lavoro dei braccianti agricoli, che richiamano alla memoria i gravissimi fatti di Rosarno e ancor prima quelli di Castel Volturno.
Come indicato nel programma, la nostra indagine ha preso le mosse proprio dai fatti dai quali emergeva il grave disagio sociale connesso alla diffusione di forme di irregolarità nel mercato del lavoro agricolo, che coinvolgono principalmente, ma non esclusivamente, lavoratori stranieri.
Quei fatti hanno sollecitato la Commissione agricoltura a una riflessione più ampia sulla situazione del sistema agroalimentare italiano che, soprattutto in una situazione di crisi economica e finanziaria, mostra elementi di fragilità, che lo rendono particolarmente esposto a preoccupanti fenomeni di illegalità, che rischiano di alterare pesantemente il normale funzionamento dei mercati, con serie conseguenze per i lavoratori, per le imprese, per i consumatori e, più in generale, per la sicurezza e la qualità delle produzioni nazionali e per le potenzialità di sviluppo di un settore strategico dell'economia.
L'indagine conoscitiva che abbiamo deciso di avviare ha lo scopo di analizzare in profondità la natura e l'entità dei fenomeni di illegalità che interessano il sistema agroalimentare, per verificare i settori nei quali essi si manifestano, le ragioni che sembrano rendere il sistema stesso particolarmente esposto a tali fenomeni, le distorsioni che essi provocano nel funzionamento dei mercati, i rischi che ne derivano sotto tutti i profili e per tutte le categorie di soggetti interessati, gli strumenti di carattere legislativo e amministrativo
che è possibile mettere a punto per contrastarli efficacemente e per garantire il corretto e libero svolgimento delle attività produttive.
Nell'ambito di tale indagine, la Commissione si è inoltre proposta di dedicare speciale attenzione all'analisi della presenza e delle modalità di azione delle organizzazioni criminali.
Do la parola ai nostri ospiti.
PASQUALE PAPICCIO, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL. Signor presidente, vorrei preliminarmente informare la Commissione che la FAI-FLAI-UILA, la Confagricoltura, la Coldiretti e la CIA, in materia di lavoro nero e di emersione, e di conseguenza di caporalato, hanno stipulato negli ultimi cinque anni ben due avvisi comuni: uno nel 2004 e uno nel 2007.
Essendo stati informati alcune ore fa di questa audizione da parte dei nostri segretari generali, che si scusano per non aver potuto partecipare, non abbiamo portato questa documentazione con noi, ma potremo eventualmente trasmettervela nei prossimi giorni. Poco più di un mese fa, la FAI, la FLAI e la UILA hanno svolto proprio a Rosarno un'iniziativa, un Attivo nazionale di quadri e delegati, compresi i delegati stranieri, che ha avuto un suo documento conclusivo, che potremo inviare alla Commissione nei prossimi giorni.
Mi limito, perciò, a informarvi in sintesi delle iniziative e delle proposte che la FAI-FLAI-UILA ha concordato. Vorrei però premettere che il caporalato di cui stiamo parlando non è retaggio di un'agricoltura arretrata, il caporale di oggi non è colui che faceva il mercato delle braccia nelle piazze nell'immediato dopoguerra: è il frutto dello sviluppo moderno della nostra agricoltura, ovvero del modo in cui l'agricoltura italiana è andata sviluppandosi a partire dagli anni settanta.
Si tratta di uno sviluppo di carattere intensivo, concentrato sostanzialmente nelle pianure, spesso a seguito dell'avanzamento dei processi irrigui. Questo tipo di sviluppo ha comportato carenza di manodopera a livello locale nei periodi dei grandi lavori stagionali, di solito nella raccolta. Il collocamento pubblico a quei tempi era organizzato su base comunale, c'era bisogno di manodopera che venisse da altri territori, in particolare dalle zone interne, e in questa situazione è nata la figura del «caporale pullmanista», vale a dire di colui che reclutava la manodopera nelle zone interne e con propri mezzi la trasportava nelle pianure.
Le condizioni dei lavoratori erano molto simili a quelle di oggi: una paga che a stento arrivava alla metà di quella stabilita dalla contrattazione collettiva, orari di lavoro dalle 10 alle 12 ore al giorno più due o tre ore di viaggio sui mezzi di trasporto del caporale e dichiarazione di giornate ai fini previdenziali in numero sufficiente ad ottenere le prestazioni, con evasione contributiva. Questo fenomeno riguardava sostanzialmente manodopera italiana, in gran parte costituita da donne e giovani.
A partire dagli anni Novanta, la manodopera italiana è stata gradualmente sostituita da manodopera straniera. C'è ancora manodopera italiana coinvolta nel fenomeno del caporalato in alcuni territori, nei quali il caporale si è trasformato spesso in cooperativa o falsa cooperativa, e l'amministratore delegato della cooperativa è di solito una persona anziana, ultraottantenne, nullatenente.
PRESIDENTE. Quindi non è una cooperativa.
PASQUALE PAPICCIO, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL No, una falsa cooperativa, anche se la forma giuridica è quella di una cooperativa. La durata della cooperativa di solito è di un anno, dopodiché si scioglie e viene ricostituita sotto un altro nome. Spesso, i lavoratori utilizzati non conoscono nemmeno il nome dell'azienda in cui vanno a lavorare, che cambiano di giorno in giorno.
Queste cooperative, sciogliendosi, non pagano i contributi, e di solito dopo due o tre anni l'INPS effettua controlli, che si
concludono con il disconoscimento dei rapporti di lavoro che ci sono stati, in quanto i lavoratori spesso non sono neppure nelle condizioni di indicare il nome dell'azienda presso cui hanno lavorato.
Sono questi i lavoratori agricoli che nelle statistiche rientrano nel numero dei cosiddetti «falsi braccianti» di cui si diletta spesso l'INPS. Con questo non voglio negare che esistano rapporti fittizi in agricoltura. Il caporale organizza il mercato della previdenza, e quindi, in particolare nell'ultimo periodo, in sostituzione dei lavoratori stranieri che sono in gran parte clandestini e quindi non possono emergere, vengono dichiarate le giornate per persone che pagano per ottenerle e che non c'entrano nulla con l'agricoltura, e questi sono i veri «falsi braccianti».
Oggi, nella nostra legislazione, non esiste un reato di caporalato. Noi ci troviamo di fronte a un reato particolare di sfruttamento di manodopera e, in alcuni casi, di riduzione in schiavitù. Sollecitiamo il Parlamento affinché una legge definisca il reato di caporalato, che è compiuto in solido da due soggetti, caporale e imprenditore, e deve essere penalmente perseguito, così come devono essere confiscati, come avviene in questi giorni a Rosarno, gli strumenti utilizzati per compierlo, ovvero i mezzi di trasporto e i terreni.
Noi abbiamo avuto questa esperienza come sindacato. Negli ultimi cinquanta anni abbiamo tentato di tutto e di più per combattere il caporalato, ma abbiamo fallito, perché il caporalato è innanzitutto una questione di civiltà, che il sindacato da solo non è in grado di affrontare. Il caporale non è una persona sconosciuta, clandestina: di solito è un personaggio conosciuto da tutti, stimato, una persona che conta nel Comune in cui risiede. I suoi pullman passano ogni giorno per strade statali e autostrade, sotto gli occhi di tutti. Tutti lo conoscono, eppure nessuno interviene. È una questione di civiltà, che quindi, deve essere affrontata dal sindacato, ma anche dai partiti politici, dalle istituzioni di concerto per riuscire a estirparlo.
Passo al secondo punto relativo ai controlli, alle azioni di contrasto da parte della pubblica amministrazione. I controlli a cui noi assistiamo sono tardivi, perché spesso avvengono a distanza di anni dal momento in cui c'è stata la prestazione lavorativa. Riteniamo che la repressione debba essere accompagnata da un'iniziativa che punti alla prevenzione.
La pubblica amministrazione possiede una quantità enorme di dati che riguardano le aziende agricole: sarebbe necessario a monte un controllo incrociato di questi dati tra l'agenzia che eroga contributi comunitari, agenzia delle entrate, Camere di commercio, enti che erogano il gasolio agevolato, INPS, INAIL per individuare quelle aziende che, in rapporto al volume di affari, denunciano un numero di giornate di occupazione basso oppure troppo alto, in modo da individuare l'eventuale mercato che avviene ai fini previdenziali. Nonostante la legge n. 81 del 2007 lo preveda, tutto questo non è sinora avvenuto.
Esistono diverse decine di migliaia di lavoratori stranieri che lavorano in agricoltura e su tutto il territorio nazionale, a seconda della maturazione delle diverse culture, ormai da anni e in modo irregolare. Questi costituiscono l'acqua in cui nuota il caporalato. Bisogna prosciugare l'acqua. Consideriamo indispensabile un provvedimento legislativo che consenta a questi lavoratori di regolarizzarsi, altrimenti ogni iniziativa contro il caporalato sarà destinata a esaurirsi e il caporalato continuerà ad esistere.
Se oggi un datore di lavoro onesto vuole assumere un lavoratore, non sa a chi rivolgersi. Se un lavoratore vuole lavorare in agricoltura, non sa a chi rivolgersi. Non esiste cioè un organismo né per le aziende, né per i lavoratori, che effettui l'iniziativa di incrocio tra domanda e offerta. Funziona il tam-tam. In questa situazione, la figura più utile è il caporale, che incrocia.
Fin dal 2004, abbiamo proposto al Governo la costituzione di organismi territoriali trilaterali, costituiti dalle organizzazioni sindacali, dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dalle istituzioni, che
possano fare una politica attiva del lavoro, incrociando domanda e offerta, e gestire il mercato del lavoro. Non abbiamo mai avuto una risposta. Siamo consapevoli che la questione oggi riguarda soprattutto le regioni, ma riteniamo che possa essere un problema da affrontare in Conferenza Stato-regioni, in modo da avere una direttiva unica sul piano nazionale.
Il servizio per l'impiego, che ha sostituito il vecchio servizio pubblico del collocamento, non funziona affatto sulle questioni agricole. Non esiste un centro per l'impiego dove siano censiti i lavoratori che vogliono lavorare in agricoltura o dove siano disponibili i fabbisogni di manodopera denunciati da parte delle aziende.
Ai fini dell'emersione e della lotta al caporalato, riteniamo possa essere utile definire un cosiddetto «percorso di premialità» per le aziende che escono dal sommerso. Questo percorso potrebbe avvenire attraverso l'istituzione di una premialità dal punto di vista fiscale o contributivo per quelle aziende che si rapportano con gli organismi trilaterali di cui ho parlato, ai fini di soddisfare i propri fabbisogni di manodopera.
Il Parlamento si troverà alla fine di giugno di fronte alla scadenza delle agevolazioni contributive per le zone montane e svantaggiate. Come constaterete anche negli avvisi comuni che vi manderemo, abbiamo più volte sollecitato una riforma della contribuzione in agricoltura, che non sia basata solo sulla collocazione territoriale delle aziende, ma sia legata alla quantità e alla qualità di occupazione utilizzata. Anche qui non siamo mai stati ascoltati. Questa scadenza potrebbe essere l'occasione per introdurre un concetto come quello che ho appena esposto, magari senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
L'ultima questione, che il nostro Paese si trova ricorrentemente ad affrontare, riguarda le crisi di mercato più o meno temporanee, che avvengono ogni anno. Mi riferisco a Rosarno. La manodopera impiegata in quel territorio, in particolare straniera, ha percepito un salario tra i 20 e i 25 euro. Le arance bionde coltivate in quel territorio erano in vendita a 50 centesimi al chilogrammo.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Di meno.
PASQUALE PAPICCIO, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL. Uso il prezzo massimo. Un bravo bracciante arriva a raccogliere in una giornata 100 chilogrammi di arance, il cui valore è 50 euro, esattamente la paga stabilita dal contratto. Un'azienda che voglia rispettare il contratto lascia le arance sull'albero. Quel prezzo deriva dal fatto che al porto di Gioia Tauro arrivano navi provenienti dal Brasile cariche di arance bionde brasiliane o di succhi d'arancia brasiliani a prezzi molto bassi, che l'agricoltura della Piana di Gioia Tauro non è in grado di sostenere.
Potrei continuare con gli esempi. In autunno potrà succedere con l'uva in Puglia, in altre occasioni succede con altre produzioni. Esistono produzioni di qualità dell'agricoltura italiana che con la libera circolazione delle merci vengono ricorrentemente messe in crisi da prodotti esteri a prezzi molto inferiori.
Finora le aziende hanno affrontato questo problema comprimendo al massimo il costo del lavoro, e quindi il salario dei lavoratori. Quell'azienda di Gioia Tauro non può rispettare il salario. Dovremmo trovare qualche rimedio diverso. Considero opportuno garantire la possibilità di un sostegno della collettività, anche temporaneo, affinché quei lavoratori abbiano quantomeno il salario contrattuale.
Tali prodotti, anziché restare sugli alberi, potrebbero essere destinati a pubblica utilità: alle mense, alle scuole, agli ospedali. In questo modo, si sosterrebbe un'agricoltura che comunque deve essere trasformata, perché l'arancia bionda non sarà più competitiva. L'azienda dovrà essere aiutata a riconvertire la sua produzione con piani straordinari o normali, i cosiddetti Piani di sviluppo rurale della Regione, ma nel frattempo, per evitare di sprecare prodotti di qualità, potrebbero essere utilizzati per scopi sociali.
PAOLO MATTEI, Segretario della federazione nazionale della UGL Agroalimentare. Desidero innanzitutto ringraziare il Presidente per averci dato questa importante opportunità, soprattutto nel momento attuale. Condividendo le considerazioni del collega Papiccio, vogliamo portare un contributo che poi lasceremo a questa Commissione.
L'attuale momento storico ci fa vivere un comparto agroalimentare sempre più in crisi. Si è infatti evidenziata con maggiore insistenza la grande sofferenza delle nostre imprese agricole a causa del fenomeno della competitività, dell'esigenza di contenere i costi, della globalizzazione. Ciò ha reso vano anche il sacrificio nell'impresa agricola. Un tempo, infatti, l'impresa agricola si sosteneva anche con un impiego oltre misura dell'orario di lavoro. Oggi, non è più sufficiente, e, oltre a quello del caporalato, si sono evidenziati fenomeni quali l'usura, il racket, l'utilizzo di terreni per lo smaltimento di rifiuti tossici. Lei, presidente, proviene da un territorio martoriato da questi fenomeni, che minano le produzioni e quindi la qualità.
I vari Governi che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi hanno sempre visto questi macroproblemi, sui quali sono sempre intervenuti con piccole toppe, che però spesso sono peggio del buco e non risolvono il problema. In seguito ai controlli, soprattutto al sud, ma anche al nord, non con grandi differenze, l'INPS ha rilevato molte irregolarità nel comparto. Oggi, sentiamo questo problema del caporalato, perché i fatti di questi giorni hanno maggiormente motivato le coscienze a concentrarsi su questo fenomeno.
Consideriamo necessario intervenire nei confronti della tratta degli esseri umani, fenomeno non esclusivamente del comparto agricolo, ma più generale, riguardante ad esempio il settore dell'edilizia. È necessario comprendere anche come si sviluppi. Quando un apparato produttivo richiede e utilizza in grande misura lavoro irregolare e tende sempre più ad attrarre un'immigrazione irregolare, tale sistema innesca un meccanismo che non tende a raggiungere elevati livelli industriali di competitività attraverso una modernizzazione produttiva, bensì supplisce a questo deficit con un'azione verso il basso, togliendo parte dei salari e soprattutto riducendo le condizioni di sicurezza a chi lavora.
Bisogna ribadire con chiarezza che dietro ogni lavoratore in nero c'è un datore di lavoro, e che dietro ogni caporale che gestisce il mercato delle braccia c'è un imprenditore che si rifiuta - e possiamo trovare tutte le giustificazioni - di assumere una manodopera regolare, anche con norme ultraflessibili come quelle che regolano l'agricoltura. All'inizio di aprile, il ministro Sacconi ha anticipato la sua intenzione di attivare centinaia di ispettori del lavoro INAIL e INPS ed altri funzionari pubblici, per effettuare maggiori controlli, soprattutto al sud.
Plaudiamo a un'iniziativa tendente a promuovere maggiori controlli, ma esprimiamo anche forte preoccupazione per tutti quegli immigrati che potrebbero essere i primi a finire sotto osservazione e magari a diventare oggetto di provvedimenti di espulsione. Siamo infatti convinti che l'espulsione di questi lavoratori non risolva il problema, bensì amplifichi le conseguenze in negativo, aumentando il numero dei lavoratori meglio ricattabili e favorendo complicità e silenzi.
Dobbiamo pertanto dare l'opportunità a questi immigrati di regolarizzarsi, e trovare metodi per fornire anche agli immigrati già in possesso di regolare permesso di soggiorno gli strumenti normativi e assistenziali normalmente applicati ai nostri braccianti.
Siamo convinti che nel nostro ordinamento giuridico ci siano i mezzi, perché partiamo dal presupposto che, come rilevato da Pasquale Papiccio, questa moltitudine di immigrati irregolari spesso senza permesso di soggiorno, che gravitano nelle varie zone nei momenti di massima di produzione, abbiano già trovato occupazione - e ci sono istituti che meglio di noi hanno studiato il fenomeno - da nord a Sud, arrivando anche in Toscana, per vari mesi l'anno, perché sono sempre gli stessi, quindi hanno un'occupazione.
I controlli sono tardivi e non si rintraccia l'azienda, mentre oggi esistono strumenti a cui possiamo dare attuazione. Ci riferiamo in particolare all'ampliamento della norma dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, norma umanitaria concepita innanzitutto per le vittime dello sfruttamento della prostituzione. Questa ha dato apprezzabili risultati, avendo già introdotto nel nostro sistema il principio secondo cui è possibile accordare un permesso di soggiorno per protezione sociale. Mi chiedo, dunque, quale norma potrebbe meglio proteggere soggetti che lavorano per molti mesi l'anno. Credo che questa potrebbe essere una ipotesi.
Oggi, si parla sempre di certificazione di prodotto. Credo che quello sia anche un mezzo per controllare chi utilizza manodopera irregolare, perché verificando da dove provenga il prodotto si può ricostruire il percorso a ritroso, per capire quale manodopera sia stata utilizzata da quel produttore. Dovrà quindi dimostrarlo, in qualche modo.
Credo che oggi si possano avere gli strumenti, ma anche che questo Parlamento debba dimostrare più coraggio nei confronti di questa tratta di esseri umani.
FABRIZIO SCATÀ, Segretario nazionale della FAI-CISL. Signor presidente, intanto mi corre l'obbligo, il dovere, ma anche il piacere, di plaudire all'iniziativa della Commissione in relazione all'indagine conoscitiva avviata sul problema del mercato del lavoro agricolo e sulle questioni ad esso connesso.
In questi anni, così come evidenziato dal collega Papiccio, che ha illustrato le fattispecie unitarie in termini di iniziative e di proposte da parte del sindacato, FAI, FLAI e UILA nella loro azione unitaria hanno promosso numerose iniziative a tutela della legalità e del lavoro regolare. Siamo stati impegnati giorno dopo giorno anche con una certa visibilità, con momenti importanti a livello nazionale e regionale.
Invieremo alla Commissione gli avvisi comuni del 2004 e del 2007, nonché quello del 2009, nei quali tra le parti sociali agricole si è convenuto su un percorso concordato.
Sarebbe quindi opportuno tramutare quanto prima sul piano legislativo i contenuti di questi atti, che sono avvisi comuni tra le parti.
Noi crediamo che il problema complessivo che tanto coinvolge il mercato del lavoro, in questo caso nel settore agroalimentare e agricolo, come concetto generale, non possa essere visto solo come un elemento di natura repressiva, se non per tutte le vicende che riguardano reati come il caporalato. Per quanto riguarda la stessa immigrazione, infatti, si deve tenere presente che non solo per le aree del Mezzogiorno d'Italia, ma anche per tutte le altre aree del Paese, questi fattori sono importanti (parliamo dei lavoratori regolari). Il popolo italiano è stato un popolo migrante a causa di problemi vissuti sul piano economico e sociale in precedenti stagioni.
Per quanto riguarda la vicenda specifica del caporalato, riteniamo opportuno evitare che ci sia questo continuo sfruttamento dell'essere umano. Di questo infatti si tratta: prima ancora delle questioni di ordine contrattuale, legislativo, giuridico, al centro c'è la persona con i suoi valori, con i suoi diritti e con i suoi doveri, che merita l'attenzione delle parti sociali, ma anche della parte politica e istituzionale.
Questi lavoratori, oltre allo sfruttamento di natura contrattuale, per la coercizione sui mezzi di trasporto e le condizioni di natura ambientale di limitata sicurezza del lavoro e igiene, vivono in condizioni di assoluta precarietà, per cui è opportuno focalizzare alcuni aspetti. Anche come federazione ribadisco che nell'ordinamento giuridico italiano manca il reato di caporalato. Deve quindi essere sancito che si tratta di un reato, che un essere umano non può sfruttare un altro essere umano, che una persona non può sfruttare la situazione non ottimale di chi è in cerca di lavoro e vorrebbe essere un elemento produttivo regolare.
Appare opportuna anche la relativa confisca dei mezzi del reato, che per molti
può essere ben poca cosa. Anche se non contenuto nei nostri documenti, che riguardano gli avvisi comuni sottoscritti tra le parti sociali agricole, nel parlare di premialità in relazione al tanto richiamato dumping sociale, che riguarda sia le aziende che i lavoratori, le aziende e i caporali individuati, oltre che essere perseguiti sul piano civile e penale, dovranno vedersi vietare l'accesso. Dobbiamo individuare un deterrente per cui sia loro impossibile accedere a quei finanziamenti di natura regionale, nazionale, europea. L'Europa ci richiama ad avere un comportamento etico anche per quanto riguarda il mondo del lavoro e il mondo dell'impresa, laddove c'è il rispetto contrattuale, il rispetto della persona, delle normative vigenti.
La stessa cosa vale per quanto riguarda le agevolazioni, l'impegno del Parlamento a giugno concernente le zone montane e svantaggiate e qualunque impresa operi un illegale sfruttamento di lavoratori. Rosarno è l'ultimo caso, come Castel Volturno e prima ancora Foggia. Questi lavoratori in ogni caso si spostano. Ora ci sarà la raccolta delle patate a Cassibile, poi saranno probabilmente in Campania per la raccolta del pomodoro.
È necessario intervenire quanto prima. Mi auguro che nella sua autorevolezza, nella capacità di sintesi, questo Parlamento, con il supporto della Commissione, possa quanto prima definire in termini normativi le proposte oggi avanzate. È altrettanto opportuno il rafforzamento delle ispezioni da parte non solo degli enti preposti, ma anche delle forze di polizia, perché a volte è sufficiente camminare nelle strade provinciali, in alcune parti del Paese, per elogiare il lavoro importante e lodevole da loro compiuto.
Sono stati richiamati i controlli preventivi e la stessa regolarizzazione degli attuali clandestini. In una situazione di stagnazione e di non definizione degli aspetti legislativi, anche questo può prestare il fianco all'illegalità e alla criminalità organizzata, che in alcune aree del Paese può avere interessi socioeconomici importanti rispetto all'intero settore non solo agricolo ma agroalimentare.
Per quanto riguarda le Commissioni tripartite, abbiamo avviato un confronto, che è però fermo a un solo incontro. Mi auguro che la Commissione nei confronti del Ministero di competenza individui come agevolare un percorso di confronto più serrato, affinché si definisca tra le parti un percorso da proporre al Parlamento quanto prima.
Per quanto riguarda l'avviso comune sottoscritto nel 2009, attendiamo un secondo incontro. Abbiamo formulato alcune richieste e ci auguriamo di incontrarci quanto prima con il Ministero di competenza, perché nei compiti delle Commissioni tripartite vi era anche quell'originale visione della gestione del mercato del lavoro. In passato, con la legge n. 83 del 1970, che in alcune parti è stata abrogata, eravamo dentro le commissioni di collocamento per gestire il mercato del lavoro, e questo, indubbiamente, veniva gestito in una condizione diversa.
Dal 1968, data dei fatti di Avola, sono trascorsi quarantadue anni, ma siamo ancora qua. C'è bisogno di un intervento rispetto alle proposte delle parti sociali, che sia finalizzato in ambito istituzionale e che venga fatto quanto prima.
Le Commissione tripartite devono occuparsi delle politiche attive del lavoro da fare anche in raccordo e in sinergia con i Comuni, che sono parte integrante del territorio, ma anche della politica formativa del lavoro legata anche ai soggetti immigrati. È infatti opportuna una cultura legata alle questioni che riguardano l'attività formativa per le persone nel mercato del lavoro agricolo.
Pur rendendomi conto che non è all'ordine del giorno di questa Commissione, vorrei aggiungere una considerazione. Si dibatte molto sui temi del mercato del lavoro e delle tipologie della flessibilità. Il sindacato non è stato mai contrario alla flessibilità, ma riteniamo che il voucher in agricoltura sia un elemento di destrutturazione delle tutele assistenziali e previdenziali dei lavoratori.
Prescindendo anche dal tema specifico odierno, il mercato del lavoro agricolo deve essere affrontato a trecentosessanta gradi. Il voucher non aiuta il mercato del lavoro agricolo, non perché siamo contro la flessibilità, anzi credo che le parti sociali abbiano fatto tanto su temi riguardanti la flessibilità, ma perché riteniamo che i settori siano diversi. In quello del lavoro agricolo non è possibile fare in modo che questo sia un elemento di emersione, perché, secondo i dati INPS, nella campagna sperimentale del 2008 sono stati venduti solamente 596.000 buoni in tutta Italia.
Certamente, ci sono aspetti che hanno riguardato un lavoro che non ha tutele previdenziali e assistenziali, sapendo che chi lavora con questo strumento non accede alle prestazioni che l'INPS eroga ai lavoratori agricoli. Un'attività lavorativa deve essere anche legata a prestazioni di sostegno al reddito e alle questioni derivanti dalle normative in vigore. Ci auguriamo di poter fornire un contributo fattivo alla Commissione, che possa a suo tempo essere sintetizzato e votato come elemento di nuovi tessuti normativi.
Per quanto riguarda le aziende le cui responsabilità siano accertate, andrebbero ridiscussi anche i benefici derivanti dalla legge n. 102 del 1994 per la copertura dei rischi assicurativi per quanto riguarda i danni provocati in agricoltura da avversità climatiche. Dobbiamo scegliere di interagire in un mercato del lavoro dove anche la concessione di finanziamenti pubblici sia destinata alle aziende che rispettano il principio di eticità, il rispetto della natura contrattuale sottoscritta tra le parti, il rispetto della persona umana.
Credo che questo sia insito nel nostro modo di essere, di pensare e di vivere, e mi auguro che quanto prima si possa arrivare a un frutto legislativo in grado di dirimere alcuni aspetti che purtroppo riguardano l'attuale mercato del lavoro agricolo.
DAVIDE FIATTI, Funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL. Signor presidente, ringrazio lei e tutta la Commissione. Cogliamo positivamente la creazione di questa Commissione d'indagine conoscitiva, augurandoci che non riguardi semplicemente i fatti di Rosarno perché, come rilevato dai colleghi, ci sono gli esempi di Rosarno, di San Nicola Varco e di Cassibile, dove ci sarà la raccolta delle patate. Il problema dell'illegalità nel mercato del lavoro agricolo non è soltanto meridionale, sebbene nel Meridione, a causa del territorio e della struttura sociale, la questione assuma aspetti esplosivi.
Faremo pervenire alla Commissione per le vie brevi tutte le proposte e le posizioni unitarie che CGIL, CISL e UIL del settore hanno assunto da molto tempo. In quel documento sono riassunte tutte le possibili soluzioni per far tenere questo mercato del lavoro, che è strutturalmente anomalo. Insieme a FAI e UILA ci stiamo confrontando con le controparti per rinnovare il contratto nazionale degli operai agricoli, che sono circa 800 mila lavoratori.
Si tratta di un mercato del lavoro in cui ci sono soprattutto tempi determinati, ovvero stagionalità, e una certa mobilità geografica, anche se minore rispetto a quella di una volta. L'illegalità del mercato del lavoro non riguarda soltanto i lavoratori non italiani. È ovvio che per quanto riguarda i lavoratori non italiani, all'illegalità del lavoro si accompagnano anche l'illegalità giuridica e situazioni sociali di sopravvivenza.
L'illegalità del lavoro abbinata a un'illegalità giuridica sulla presenza del lavoratore nel Paese estero porta allo schiavismo, ovvero all'impossibilità sostanziale per i lavoratori di potersi ribellare o rivolgere alle autorità. Talvolta, questo avviene con i lavoratori italiani, laddove, a fronte di situazioni territoriali in cui la disoccupazione è alta, si accetta qualsiasi tipo di lavoro. Ritengo che la situazione dell'illegalità nel mondo del lavoro sia diventata esplosiva dal punto di vista sociale, dei rapporti con i territori, conseguentemente al suo maggiore incidere su lavoratori privi di tutela giuridica, di diritto
di esistere in questo territorio. Questo provoca problemi alle imprese, anche a quelle virtuose.
Ieri, presso il CNEL, la FAI, la FLAI e la UILA hanno avuto un incontro con il Sindacato europeo che segue il settore agricolo, perché stiamo iniziando a fare una ricerca sulla mobilità geografica nel lavoro agricolo a livello europeo. Rispetto ai meccanismi burocratici e giuridici per la regolarizzazione dei lavoratori, una rappresentanza datoriale spiegava come a Verona debba essere effettuata la raccolta delle fragole, ma per reclutare e regolarizzare i lavoratori sono necessari 60 giorni, durante i quali le fragole diventano marce. La struttura e il ciclo produttivo del mercato del lavoro agricolo pongono alcuni problemi: leggi che potrebbero essere logiche, anche se spesso comunque non lo sono, per alcuni settori, in quello agricolo non funzionano.
La direttiva europea n. 52 del giugno 2009 dovrebbe essere accolta, perché prevede in forme minime come perseguire i datori di lavoro e il caporalato. Al mondo del lavoro agricolo nuoce infine il fatto che periodicamente FAI, FLAI e UILA debbano cercare di evitare di corsa che vengano tolti gli elenchi anagrafici comunali in agricoltura.
Nella struttura produttiva del mondo agricolo i lavoratori non hanno, a differenza di altre filiere produttive, il riconoscimento giuridico dell'esistenza in quanto lavoratori di un'azienda, perché possono lavorare in più aziende. Quello rappresenta quindi l'unico strumento che permette al lavoratore di avere un riconoscimento giuridico dal punto di vista delle prestazioni.
Le proposte e gli elaborati redatti dalla FAI, dalla FLAI e dalla UILA in questi anni verranno consegnati alla Commissione e spero che questa indagine conoscitiva produca risultati in Parlamento, giacché sul tema la sensibilità dovrebbe essere trasversale tra tutte le forze politiche, al fine di individuare soluzioni per colpire questa illegalità nel mondo del lavoro, che per il tipo di struttura produttiva, per il tipo di manodopera colpita, assume una valenza di vero schiavismo.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
SANDRO BRANDOLINI. Vorrei rapidamente esprimere alcune considerazioni e porre alcune domande. Anche a nome del Gruppo del Partito democratico, che ha voluto fortemente questa indagine, desidero ringraziare gli auditi perché hanno offerto proposte, che poi invieranno anche attraverso la documentazione, che ci consentono un'ampia riflessione sul fenomeno, che, come evidenziato anche da Davide Fiatti, è non solo meridionale, ma nazionale, anche se con aspetti diversi.
Ritengo che la natura del lavoro agricolo prettamente stagionale, legato alle fasi di raccolta possa essere affrontato solamente con strumenti di carattere nazionale e non strumenti di carattere articolato, anche perché si articola nel corso dell'anno seguendo le stagioni e le produzioni, per cui gli stessi lavoratori - in gran parte in nero - girano tutto il Paese.
C'è bisogno di stabilità. Il decreto sui flussi, sugli stagionali è stato pubblicato la settimana scorsa, per evitare che in piena attività con tutte le procedure si rischi di non avere il permesso della assunzione, soprattutto quando le primizie sono già pronte.
Da questo punto di vista, siamo concordi nel ritenere che, come avevamo già chiesto in occasioni precedenti, sia necessario garantire una stabilità anche al lavoro stagionale. Non ha senso avere permessi annuali: si potrebbe arrivare a permessi almeno triennali. Provengo dall'Emilia-Romagna e constato una certa continuità, per cui spesso ogni anno tornano gli stessi lavoratori. Si potrebbe quindi arrivare, anche per il lavoratore stagionale, a un permesso pluriennale. Ovviamente, quando viene attivato deve dare la garanzia dell'occupazione, condizione per poter garantire quella continuità e stabilità.
Possiamo affrontare il fenomeno solo dandoci una strategia degli strumenti nazionali.
A livello locale, bisogna fare delle cose, ma ritengo che non sia possibile affrontare la questione senza una regia degli strumenti di carattere nazionale.
Non c'è solo un intervento ispettivo fondamentale. Non abito al Sud, ma, poiché questi pullman non sono fantasmi, un controllo più stringente e continuo potrebbe comunque aiutare non a risolvere, ma a far emergere questo fenomeno, e quindi a intervenire. È chiaro che, se ammettiamo in questo Paese - e ahimè l'ammettiamo - l'intermediazione della manodopera, è anche difficile combattere il caporalato, e non a caso siamo arrivati alla depenalizzazione.
Forse, in alcune situazioni c'è bisogno di una legge di emergenza. Di fronte a certi fenomeni, quindi, anche certe pratiche comunemente ammesse devono essere superate, come è avvenuto per altre legislazioni, per non rischiare di non risolvere il problema.
Ritengo che i voucher, per come sono stati applicati, abbiano aggravato la situazione. Noi li abbiamo introdotti, quindi non siamo contrari, anzi l'amico Fiorio si è battuto per i «voucher di vendemmia» (inizialmente erano solo per le vendemmie). Mi sembra però che lo strumento del voucher oggi legalizzi il lavoro nero, e vorrei conoscere la vostra opinione in merito. È quindi necessario lavorare perché lo strumento abbia una evoluzione in grado di consentire l'emersione e la regolarizzazione del lavoro e non invece la legalizzazione del lavoro nero.
PRESIDENTE. Come sapete, sono stati dati i venti minuti di preavviso dell'inizio delle votazioni in Assemblea, quindi vi chiederei di limitarvi solo alla domanda, in modo tale da consentire una brevissima replica.
ISIDORO GOTTARDO. Mi scuso per non aver potuto ascoltare la prima parte, perché ero impegnato in altra Commissione.
Questa vicenda dei voucher e le considerazioni che ho sentito mi spingono a invitare a una riflessione più attenta rispetto a come è fatta l'Italia, ai diversi livelli, alla dimensione delle imprese. Nella mia regione, il Friuli-Venezia Giulia, avevamo il problema dei permessi transfrontalieri dei lavoratori sloveni, anch'essi extracomunitari, prima che la Slovenia aderisse all'Unione europea. Il problema della flessibilità della piccola e media impresa da noi è vitale e fondamentale per il settore vitivinicolo e per tante altre aziende. Non c'è solo la vendemmia, ci sono anche la potatura e una serie di altri lavori che si devono fare, e la questione dei voucher ha creato soddisfazione anche nelle imprese.
Credo quindi che l'approccio debba essere complessivo, senza parlare di favorire il lavoro nero rispetto a imprese che non sono in grado di offrire lavoro. Da noi gli elicotteri dei Carabinieri agivano d'intesa con l'ispettorato del lavoro, accerchiavano i vigneti, identificavano gli eventuali lavoratori extracomunitari provenienti dalla Slovenia, e persino un prete fu trovato mentre stava vendemmiando senza essere in regola con i permessi.
Ritengo che l'approccio debba essere molto più legato alla realtà delle diverse regioni, delle diverse culture e delle diverse strutture dell'azienda, perché, in base alla nostra esperienza agricola, esprimiamo un giudizio molto positivo sul voucher.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei intervenire sull'ordine dei lavori. Credo che le vostre considerazioni diano uno spaccato molto interessante di quanto avviene oggi in Italia in agricoltura. Nel ringraziarvi per quello che avete detto, ma soprattutto per quello che fate in alcuni territori, laddove molti sindacalisti subiscono ogni giorno attentati perché non si sottraggono al dovere di dire la verità, vorrei chiedere al presidente e a voi una disponibilità ad aggiornarci in altra occasione, in modo da riprendere con maggiore attenzione questa parte nell'interesse di tutti.
PRESIDENTE. Credo che sia interesse comune poter compiere una riflessione, rivolgere domande e anche ascoltare con attenzione le risposte che rappresentano lo spaccato reale della vicenda che stiamo affrontando. È utile rivederci, ma vorrei tentare di fissare subito una data: giovedì prossimo, per esempio, alla stessa ora...
DAVIDE FIATTI, Funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL. Purtroppo, da mercoledì a venerdì c'è il Congresso nazionale CGIL e tutto il gruppo dirigente...
PRESIDENTE. Programmiamo un'altra data utile.
SANDRO BRANDOLINI. Intanto, chiediamo la cortesia di mandarci il materiale relativo al tema in oggetto.
PRESIDENTE. Considero comunque necessario continuare l'approfondimento. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.