Sulla pubblicità dei lavori:
Russo Paolo, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO
Audizione del sindaco di Rosarno, avvocato Elisabetta Tripodi:
Russo Paolo, Presidente ... 3 4 7 8 9 11 12
Dima Giovanni (PdL) ... 7
Delfino Teresio (UdC) ... 10
Fiorio Massimo (PD) ... 10
Lo Moro Doris (PD) ... 8 9
Tripodi Elisabetta, Sindaco di Rosarno ... 3 4 11 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di
Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15,25.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione del sindaco di Rosarno, avvocato Elisabetta Tripodi.
Do la parola al sindaco di Rosarno, ringraziandolo per aver prontamente accolto l'invito.
ELISABETTA TRIPODI, Sindaco di Rosarno. Ringrazio il presidente e tutti i deputati della Commissione presenti, anche per l'invito rivoltomi per ascoltare la situazione del mio paese soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura.
La produzione agricola nel nostro territorio - la Calabria ha quasi 40 mila ettari di produzione agrumaria - è prevalentemente destinata agli agrumi. Nella piana di Rosarno si producono arance di scarsa qualità, non adatte alla commercializzazione: per lo più si coltiva una varietà denominata biondo comune. Questo tipo di agrume viene destinato quasi esclusivamente all'industria della trasformazione per i succhi concentrati, ma non per quelli bevibili freschi. In Italia la percentuali di tali succhi concentrati per le bevande è pari a circa il 12 per cento, mentre in altri paesi essa è ancora più bassa.
Quest'anno, a Rosarno, la crisi agricola nel settore agrumario ha raggiunto livelli inimmaginabili. Il prezzo delle arance è crollato a circa 7 centesimi al chilo e l'agricoltore non raccoglie più le arance. Infatti, nel giro di un decennio si è passati da 1500 lire al chilo a questi prezzi irrisori che non consentono né di sostenere i costi per la coltivazione del prodotto, né quelli affinché il prodotto venga raccolto. Alle spalle di questa crisi che - nella stagione 2010-2011 - ha raggiunto così alti livelli, vi è anche la trasformazione del sistema di aiuto europeo. Infatti, mentre prima esso si basava sulla quantità di prodotto, adesso si basa sull'ettaro e gli aiuti - a un prezzo molto basso, meno di mille euro a ettaro - vengono dati direttamente all'agricoltore che si è adagiato già da quest'anno e preferisce non raccogliere il prodotto. Una delle cause della rivolta dell'anno scorso -
credo che tutti conosciate Rosarno per via dell'effetto mediatico avuto dalla rivolta degli immigrati - è proprio riconducibile alla crisi dell'agricoltura. Tale rivolta, infatti, è stata dovuta a una serie di eventi concomitanti. Innanzitutto, per quanto riguarda la presenza sul territorio, ricordo che Rosarno, secondo un rapporto di medici senza frontiere,
dopo Napoli e Foggia è il comune che presenta il più alto tasso di immigrazione in proporzione alla densità di popolazione. Rosarno è un comune di 15 mila abitanti. L'anno scorso ha registrato l'arrivo di circa 2000-2500 immigrati africani. In più, da circa vent'anni, vi è una presenza di un'immigrazione stanziale che proviene dai paesi dell'Europa dell'Est. Si tratta, per lo più, di donne integrate nel tessuto sociale. Allo stesso tempo, sono presenti a Rosarno anche immigrati provenienti dall'India e dalla Cina.
A Rosarno, in agricoltura, l'irregolarità è legata alla presenza dei lavoratori stagionali africani con forti tensioni sociali e con una presenza sul territorio che l'anno scorso aveva raggiunto livelli inimmaginabili. L'assenza di condizioni dignitose di vita di queste persone e il lavoro nero, vennero fuori allorché esplose la protesta. Essa fu dovuta al notevole abbassamento della richiesta di lavoro, a sua volta dovuto al fatto che non era più conveniente raccogliere il prodotto, e al continuo aumento invece della presenza di lavoratori stagionali. Essi non erano clandestini. Erano forniti di permesso di soggiorno, ma avendo perso il lavoro nelle fabbriche del nord-est, si erano riversati in Calabria, nella piana di Rosarno soprattutto, in cerca di una possibile lavoro. Sono sindaco da appena tre mesi - il comune, durante i fatti, era stato sciolto per mafia ed era gestito da una commissione straordinaria - e nonostante tutto quest'anno, alla
stagione degli agrumi, i migranti sono tornati. Non vi sono stati scontri con la popolazione; vi è stata tolleranza reciproca, però paradossalmente le condizioni di queste persone sono peggiorate. Infatti, è vero che non ci sono più i ghetti, ma è anche vero che rispetto alla loro presenza sul territorio non ci sono condizioni alternative. Abbiamo attrezzato, quindi, in gran fretta, con l'aiuto della Protezione civile, un campo provvisorio che sarà destinato a chiudere nel mese di aprile. Dunque, i migranti presenti con il permesso di soggiorno sono stati alloggiati nei container utilizzati dalla Protezione civile in occasione dei terremoti e dispongono di acqua calda per le docce e di tutti i comfort. Quindi il rapporto con la popolazione e le condizioni di vita dei migranti sono migliorati anche se, ovviamente, il comune da solo non può farcela ad affrontare una situazione che per numeri ed entità
non è sicuramente affrontabile.
Tuttavia, quello che mi preme sottolineare è che la stessa magistratura ha dato atto della mancanza di una regia da parte della criminalità organizzata all'interno dei fatti di Rosarno. Vi sono stati dei soggetti legati agli ambienti criminali durante i fatti e la rappresaglia nei confronti dei neri, ma non c'è stata una regia occulta o comunque un interesse della criminalità a far scoppiare quella rivolta. Sarebbe stato quasi controproducente. Quello che è venuto dopo, ossia il controllo del territorio, i controlli in agricoltura, avrebbe quasi arrecato danno a questa situazione.
PRESIDENTE. Mi perdoni se la interrompo, sindaco, ma sono costretto a sospendere la seduta per l'inizio di votazioni in Assemblea.
La seduta, sospesa alle 15,30, è ripresa alle 16,05.
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.
Do nuovamente la parola all'avvocato Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno.
ELISABETTA TRIPODI, Sindaco di Rosarno. Stavo parlando delle caratteristiche della produzione agrumaria del mio paese e della crisi dell'agricoltura, dovuta al crollo del prezzo delle arance che quest'anno ha raggiunto i minimi storici, 7 centesimi al chilo. Gli agricoltori non hanno più raccolto il prodotto perché non è conveniente e non riescono nemmeno a sostenere i costi. Si sono limitati, perciò, ad accettare il minimo della compensazione europea, che viene attribuita per ettaro. In realtà, si tratta di un reddito molto basso - circa 800 euro a ettaro - perché è suddiviso su tutta la superficie agrumaria d'Italia, compresa quella della
Sicilia, che ha delle caratteristiche di agricoltura profondamente diverse, con tipi di arance richieste dal mercato.
Peraltro, la crisi dell'agricoltura si intreccia con il tema, che pure avete affrontato nella vostra indagine, del lavoro nero, dell'uso dell'immigrazione in agricoltura, e con i fenomeni di sfruttamento della manodopera che si sono verificati nel corso di questi ultimi anni e che hanno riguardato soprattutto l'immigrazione, in special modo quella africana.
Credo che vi debba essere un sistema della manodopera diverso da quello attuale. Una delle caratteristiche del nostro territorio è l'estensione fondiaria molto piccola; non abbiamo latifondo, bensì un'estensione terriera che, in alcuni casi, raggiunge un ettaro e mezzo, massimo due. Ciò significa che per raccogliere il prodotto, impiegando cinque operai, possono servire 15-20 giorni di lavoro e mettere in regola la manodopera, con i costi attuali, diventa sempre più difficile. A questo proposito, si era molto parlato dell'utilizzo dei voucher in agricoltura, ma questo sistema non è decollato. Infatti, è stato utilizzato pochissimo perché incontra dei limiti legislativi. Vi è poi anche il problema dell'elevato costo: poiché un voucher costa 10 euro, sette ore costerebbero quindi 70 euro, che andrebbero a incidere per più del 50 per cento - dati i prezzi attuali - sui ricavi
dell'agricoltore.
Inoltre, la nostra è un'agricoltura vecchia, che non si è modernizzata e quindi non riesce a reggere la sfida con i mercati. Occorrerebbe, perciò, riconvertire il mercato agricolo e le varietà colturali, ovvero sostituire quelle non pregiate con altre che potrebbero trovare sbocco sul mercato e, quindi, essere adatte alla commercializzazione piuttosto che alla trasformazione industriale. Infatti, non solo le nostre arance non sono acquistate dall'industria per la trasformazione, ma il succo concentrato calabrese non regge più il confronto con quello brasiliano. L'apertura dei mercati e la sfida della globalizzazione hanno fatto sì che le nostre arance non fossero più appetibili per la loro vocazione naturale - quella dell'industria - perché i costi sono elevati. Bisognerebbe dare, pertanto, un sostegno al mancato reddito degli agricoltori per incentivarli a rinnovare gli agrumeti; infatti, un agrumeto, se deve essere
estirpato e nuovamente ripiantato, impiega sette-otto anni per essere di nuovo produttivo e generare reddito.
Sarebbero necessarie, quindi, misure di sostegno al mancato reddito, anche per invitare l'agricoltore a sviluppare attività di nicchia, indirizzate ad esempio verso l'arancia biologica, che riesce a essere esportata. A questo proposito, c'è stato anche un gemellaggio e le arance di Rosarno sono state vendute da alcuni gruppi solidali a Budrio, in provincia di Bologna. Si tratta, però, di arance coltivate nel rispetto dei dettami dell'agricoltura biologica e senza il ricorso alla manodopera in nero. Si certifica, infatti, che la manodopera impiegata nella raccolta è in regola dal punto vista previdenziale.
Su questo tema, con la Commissione regionale per l'emersione del lavoro nero, la Prefettura di Reggio Calabria e le istituzioni presenti sul territorio (le direzioni provinciali dell'INPS, dell'INAIL e le confederazioni degli agricoltori) si sta tentando di giungere verso luglio - il tavolo è partito il 10 marzo scorso - a un patto per l'emersione del lavoro nero che riguardi principalmente i lavoratori immigrati extracomunitari (della peculiarità e della cospicua presenza a Rosarno di questa immigrazione ne ho già parlato) e che sfrutti le risorse del PON Sicurezza.
Nello stesso tempo, vi sono una serie di proposte da indirizzare al Piano di sviluppo regionale (PSR), che terminerà nel 2013, per aiutare gli agricoltori. Ad esempio si potrebbero prevedere forme di sostegno alla ristrutturazione dei fabbricati agricoli, in maniera che la manodopera immigrata impiegata, poiché il problema fondamentale della nostra zona è l'alloggio, trovi una collocazione dignitosa e umana e non si ripetano più i fenomeni dell'anno scorso, dovuti, secondo me, a una molteplicità di concause, quali un elevato numero di immigrati come non si era mai verificato, una crisi profonda dell'agricoltura e alcune tensioni sociali.
Del resto, un tessuto economico come il nostro, proprio perché basato sull'agricoltura, è diventato sempre più debole; c'è una fortissima domanda di lavoro che, a causa della vocazione della piana solamente agricola, non trova sbocco in altre realtà e questo sta comportando notevoli problemi dal punto di vista sociale.
Quest'anno la convivenza con l'immigrazione è andata molto meglio, anche perché è stato allestito - subito dopo la mia elezione, avvenuta il 13 dicembre - grazie all'aiuto della regione Calabria, un campo provvisorio di accoglienza che terminerà ad aprile. Certo, esso ha un numero di posti limitato, potendo accogliere solo 80 persone rispetto alle 600 circa presenti al momento sul nostro territorio. D'altra parte, queste 600 presenze sono meno di un quarto rispetto alle cifre dell'anno scorso, quando raggiungevamo circa le 2.000.
Per di più, quest'anno tali persone hanno lavorato pochissimo - uno o due giorni alla settimana - ma si accontentano comunque di rimanere da noi per le temperature meno rigide (la stagione degli agrumi va da ottobre a marzo). Esse preferiscono svernare e poi partire verso aprile per seguire il corso dell'agricoltura. Infatti, ora si stanno spostando verso la Puglia, Napoli oppure la Sicilia, dove ci sono altri tipi di raccolta, per poi tornare nuovamente a ottobre.
Tornando alle risorse, in seguito ai fatti dello scorso anno abbiamo ricevuto circa 1 milione e 800 mila euro dal Ministero dell'interno, che saranno utilizzati per la costruzione di un centro d'accoglienza permanente - in questi giorni è in corso la gara d'appalto - che avrà 150 posti letto e sorgerà su un bene confiscato alla mafia; questo anche per lanciare un segnale alla popolazione, unendo i due problemi principali del nostro territorio.
È notizia della settimana scorsa che, nell'ambito dei piani di sviluppo urbano finanziati dalla regione Calabria, verranno destinati altri 2 milioni e mezzo di euro alla città di Rosarno per l'accoglienza e per la costruzione di strutture abitative a favore delle categorie svantaggiate.
Tuttavia, la ferita dell'anno scorso è ancora aperta. L'aspetto che sta emergendo e che mi ha sorpreso - c'è un'indagine della magistratura sugli eventi dell'anno scorso che ha portato all'arresto di 31 persone per lo sfruttamento della manodopera e truffa agli enti previdenziali - è che tra gli stessi lavoratori extracomunitari vi erano i caporali. In pratica, il caporalato nasceva tra le loro etnie (vi è una divisione per etnie all'interno delle comunità africane); i caporali prendevano 3 euro da ciascun lavoratore extracomunitario su una paga di 25 euro. Quando l'anno scorso si è tentato di alzare questo prezzo da 3 a 5 euro, a causa di un eccesso di offerta di braccia, sono cominciate le prime tensioni tra loro, culminate, anche per le condizioni di vita che conducevano e per la reazione dei rosarnesi, in quei fatti che tutti conoscete e che il comune sta affrontando, con l'aiuto della popolazione e di associazioni di
volontariato molto attive sul territorio.
Resta il fatto che questo problema lo viviamo da vent'anni e, certamente, non è nato l'anno scorso. Lo scorso anno vi è stata prestata attenzione, mentre prima si preferiva far finta che il problema non esistesse sia perché il fenomeno era transeunte, sia perché faceva comodo un po' a tutti. Oggi, i controlli in agricoltura sono stati molto intensificati e ci sono sanzioni molto pesanti. Ciò ha fatto sì che parte dell'immigrazione sia stata sostituita da una nuova immigrazione, quella bulgara e rumena. Infatti questi, essendo lavoratori neocomunitari, riescono più facilmente a mettersi in regola con i documenti e quindi possono essere regolarizzati e assunti dal datore di lavoro.
Ad ogni modo, credo che, se non si affronterà il problema fondamentale della crisi del nostro mercato, questo fenomeno non si correggerà. Infatti, non abbiamo solo difficoltà relative alla non apprezzabilità del nostro prodotto in termini di varietà, ma anche e soprattutto di distanza dei luoghi distributivi e di mancanza di una filiera commerciale e di un aiuto all'inserimento nella distribuzione. Con una simile crisi, che sembra ormai irreversibile,
si rischia la fine dell'agricoltura, a cui si sta assistendo in maniera quasi impotente. Insomma, c'è molta rassegnazione.
Ritengo che la difficoltà maggiore sia la mancanza di vere cooperative tra gli agricoltori; questo perché nei vent'anni precedenti gli aiuti europei conferiti alla nostra regione e, soprattutto, alla nostra piana, sono andati sprecati a causa dei diffusi meccanismi truffaldini che alteravano la quantità di prodotto trasformato, falsando, in tal modo, il mercato. Quando l'aiuto europeo si è modificato, ovvero quando la compensazione non ha più riguardato la quantità prodotta, bensì l'ettaro, è crollato anche il prezzo.
In questo contesto, l'agricoltore, abituato all'assistenzialismo, si è trovato improvvisamente a fare i conti con un mercato che non tira più, dove non c'è più una domanda.
PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIOVANNI DIMA. Chiedo scusa soprattutto al sindaco, che ha avuto l'amabilità di aspettarci, se sarò costretto a lasciare in anticipo la seduta. Intanto, vorrei sottolineare la capacità del sindaco di rappresentare il contesto sociale della sua città. Ho apprezzato, poi, il suo aver evidenziato, in premessa alla questione del lavoro nero in agricoltura, la condizione strutturale di questo settore nel suo comune.
A questo proposito, mi permetto di ricordare alla Commissione che il problema del comparto agricolo, o meglio agrumicolo, della piana di Rosarno è antico ed è legato al fatto che tale area, soprattutto quella di antica tradizione agrumicola, non ha saputo cogliere, a causa di diverse dinamiche, le opportunità offerte dalla regione Calabria e soprattutto dai fondi della Comunità europea. Del resto, nel comparto agrumicolo della regione, l'impianto produttivo della piana di Rosarno è quello più antico, ragione per cui si producono varietà ormai non più appetibili per il mercato. Inoltre, il sistema produttivo non è più competitivo e lo scenario produttivo è in ritardo rispetto anche al resto della Calabria. Infatti, in confronto al settore agrumicolo della piana di Lamezia Terme, di Sibari o di alcune aree del crotonese, il ritardo maggiore si registra proprio nella piana di Rosarno.
Come ha ricordato il sindaco, la produzione tipica di quel territorio è il vecchio biondo comune che, rispetto allo scenario mediterraneo, non è più competitiva. Allora se è vero, com'è vero, che il prodotto è venduto a 7 centesimi - 14 lire circa, per capirci - è chiaro che il contesto del territorio non può non produrre le tensioni sociali di cui parliamo diffusamente da un anno a questa parte.
Questo non significa che gli altri territori della Calabria vivano di ricchezza assoluta su questo versante. Tuttavia, per esempio, le colture delle aree della piana di Sibari, votate ai clementineti piuttosto che agli aranceti, riescono a collocarsi meglio sul mercato perché il prodotto è ancora competitivo.
Ciò detto, va ricordata la vicenda dei riflessi sociali per cui Rosarno è arrivata alla ribalta nazionale. Su questo, credo che il sindaco abbia fatto bene a ricordare gli interventi di questi ultimi mesi o addirittura giorni: la filiera del PON Sicurezza che il Ministero dell'interno ha a disposizione per misure come l'accoglienza, l'intervento della regione Calabria e così via. Insomma, il sindaco ha ricordato quello che le istituzioni possono fare. Tuttavia, oggi, attraverso la sua testimonianza, abbiamo ribadito la criticità complessiva del lavoro nero.
Mi spiego meglio: al di là dell'episodio di Rosarno e della specificità delle caratteristiche produttive agrumicole di quel territorio, il problema del lavoro nero si inserisce dentro un contesto più articolato e diversificato da zona a zona. Non è che il problema altrove non esista; forse la manodopera sarà più «dignitosamente» pagata, ma sempre di lavoro nero si tratta. Peraltro, in agricoltura, questo fenomeno
non è legato solo agli extracomunitari, ma anche ai neocomunitari e agli stessi italiani.
D'altronde, emerge in modo abbastanza evidente che meno competitiva è l'agricoltura e più si tende a speculare sui costi di produzione e della raccolta, soprattutto nell'ambito di una produzione agricola del cosiddetto «fresco», che deve essere raccolta nel periodo di maturazione e poi diretta, nei casi migliori, alla grande distribuzione oppure - come diceva il sindaco - all'industria del succo, utilizzando quindi, un sistema ancora più articolato.
Nel rinnovare il mio dispiacere per dover lasciare la seduta senza attendere gli interventi degli altri colleghi e la replica del sindaco, credo che, alla fine di questo ciclo di audizioni, si possa fare una sintesi della documentazione raccolta per cercare di tradurla in termini di iniziativa parlamentare, cogliendo i vari segmenti del ragionamento. Infatti, in questo ambito, si intrecciano aspetti prettamente produttivi, quindi agricoli, ma anche aspetti che riguardano la politica sociale, che forse questo Governo dovrebbe trattare con maggiore attenzione.
PRESIDENTE. È ovviamente condivisibile la prospettiva in merito al lavoro di questa Commissione. L'indagine conoscitiva si concluderà con una relazione che dovrà tener conto degli aspetti di competenza di questa Commissione, senza sottacere gli altri e senza sconfinare in competenze e responsabilità di altre Commissioni.
DORIS LO MORO. Sono qui in sostituzione dell'onorevole Nicodemo Oliverio, che sta vivendo un momento positivo per la sua famiglia perché proprio oggi si laurea sua figlia. Del resto, solo un simile evento poteva tenerlo lontano da questa Commissione in un momento così importante e qualificato come l'audizione del sindaco di Rosarno.
Vorrei evidenziare che questa audizione ha una caratteristica particolare, a causa di diverse circostanze, e non solo per la qualità del nostro interlocutore. Ciò che è successo a Rosarno consente all'attuale sindaco, in carica da appena tre mesi, di parlare di questi problemi con assoluta onestà, senza nessun retropensiero. D'altra parte, i problemi di Rosarno sono sotto gli occhi di tutti e questa può essere proprio l'occasione per tutti noi per complimentarsi con il sindaco per aver accettato una scommessa così difficile. Gli eventi del 7 gennaio dell'anno scorso sono stati sotto i riflettori nazionali e la situazione che si è creata a Rosarno - lo ripeto - è molto difficile e l'aver accettato questo testimone dimostra che siamo davanti a una donna molto coraggiosa. Del resto, anche le parole dell'onorevole Dima ne hanno riconosciuto la qualità dell'intervento, perciò non mi dilungo.
Parlavo di assoluta onestà perché i problemi che ha enunciato il sindaco sono in parte problemi di Rosarno e della piana, e in parte problemi calabresi in senso più ampio. Sono d'accordo con il collega Dima quando afferma che anche in agricoltura la situazione della Calabria è a macchia di leopardo; infatti, vi sono altre zone della regione che hanno sfruttato di più - non voglio adesso cercare di interrogarci sul perché - le occasioni finanziarie.
Condivido, quindi, l'intervento dell'onorevole Dima, ma vorrei precisare che se Rosarno non è né Corigliano, né la piana di Lamezia Terme, anche in quelle zone, comunque, esistono tanti problemi, il lavoro nero e gli immigrati. È bene chiarire questo punto, altrimenti sembra che siano problemi esclusivi di Rosarno, mentre non è così. In Calabria - e non solo in Calabria, anche se stiamo adesso parlando di essa - gli immigrati ci sono e sappiamo che il problema è scoppiato a Rosarno per via delle le condizioni disumane di vita in cui erano tenuti i lavoratori. Si tratta, però, di un fenomeno molto diffuso che esula forse dall'esame di questa Commissione, interessata soprattutto agli aspetti legati all'agricoltura; tuttavia, en passant, vorrei evidenziare che sarebbe un errore madornale localizzare su Rosarno gli interventi specifici, i controlli, le agevolazioni e tutti gli strumenti che possono
essere messi in campo per lavorare per l'emersione del lavoro nero perché, in tal modo, faremmo un torto all'intera Calabria.
Consideriamo, quindi, Rosarno come caso specifico ed emblematico dove tutto si amplifica, ma non come caso unico, perché non è così; a Sibari, come a Lamezia Terme e in altre zone della Calabria il lavoro nero è presente in modo massiccio e mancano i controlli, che probabilmente in questo momento sono più presenti a Rosarno che altrove, perché questa città è sulla ribalta nazionale. Peraltro, il discorso vale sia per i controlli sia per le agevolazioni - parlando in positivo - finalizzate all'emersione, che dovrebbero esserci dappertutto.
Dal punto di vista di questa Commissione, c'è un aspetto che vorrei sottoporre alla vostra attenzione. Anzi, mi scuso, presidente, se non posso sostituire la competenza dell'onorevole Oliverio; lo sto sostituendo, ma faccio parte di un'altra Commissione, e non vi sfuggirà che non parlo in maniera appropriata come voi. Mi scuso per questo, presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Lo Moro, lei è fin troppo competente e garbata.
DORIS LO MORO. Una specificità che sottolineerei come un valore per capire come andare avanti è il fatto che la piana di Gioia Tauro è caratterizzata da un'agricoltura tradizionale, quindi non competitiva (infatti, l'arancia bionda non è competitiva in alcun mercato). Ecco, dobbiamo riflettere su questo perché, siccome il reimpianto richiede tempi di produzione lunghi prima di poter ottenere nuovi ricavi, bisogna capire come affrontare questo tema. Del resto, è comunque un valore che la piana continui ad essere caratterizzata da questa produzione, sia pure non competitiva.
Nella sua relazione il sindaco ha sottolineato l'importanza del sostegno per il mantenimento delle colture - cosa che oggi si fa in maniera minimale, principalmente da parte dell'Europa - senza il quale non staremmo nemmeno a parlare di questi impianti perché saremmo all'abbandono totale. Altri aspetti riguardano il sostegno all'agricoltura biologica, i maggiori controlli, la ristrutturazione degli alloggi; tutti elementi evidenziati nella relazione del sindaco con estrema onestà, anche chiarendo quali sono i provvedimenti in corso.
Credo, però, che a livello nazionale questa Commissione possa contribuire a compiere un salto di qualità con provvedimenti che so essere già all'attenzione della Commissione stessa, come quello della tutela dell'arancia. Il biondo - mi scuserete se non mi esprimo con competenza - non sarà un elemento di qualità dal punto di vista della commercializzazione del prodotto, ma, se si tratta di produrre succo, la questione potrebbe essere diversa, almeno nell'immediato. Questo, però, non avviene nella piana di Gioia Tauro. Credo, invece, che tutelare il prodotto e costringere anche l'Europa a farlo, in modo che non possa essere sostituito da un surrogato, possa essere indirettamente una risposta a questo problema.
Per il resto, credo che la relazione del sindaco debba essere attentamente esaminata dai componenti della Commissione e che, quindi, nel prosieguo ci sarà una valutazione più ponderata e anche più competente. Intanto, mi complimento con il presidente della Commissione e con i singoli componenti per questo tipo di audizioni. Infatti, riflettevo sul fatto che in Assemblea, in un question time, io e un altro collega calabrese abbiamo affrontato questi problemi sotto il profilo del controllo che, all'epoca, era stato ridotto anziché accentuato. Ecco, credo che la conoscenza dei problemi, sia pure in sede di una Commissione specifica, pur senza andare sul territorio, attraverso queste audizioni che aiutano a ricostruire ciò che avviene sul territorio, sia di estrema qualità. Quindi, mi sembra che sia importante la testimonianza acquisita, come pure considero positivo il metodo di questa Commissione - evidentemente consolidato da
tempo - a cui sento di dover esprimere un plauso.
MASSIMO FIORIO. Innanzitutto, do il benvenuto al sindaco, a cui vorrei chiedere alcuni brevi e puntuali chiarimenti. Nella prima parte, se ho capito bene, lei ha detto che, paradossalmente, le condizioni sono peggiorate. Le chiedo, quindi, se può riassumermi le sue considerazioni.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti con le forze dell'ordine e quindi con la prefettura, vorrei sapere, da allora, che tipo di relazione si è instaurata.
Il terzo elemento concerne i proprietari. Lei ha parlato dell'atomizzazione fondiaria caratteristica di quelle parti e della difficoltà di accedere alla manodopera in un certo modo. Poi ha parlato anche dell'inefficacia del meccanismo dei voucher in agricoltura, a causa della compressione del prezzo del prodotto che non consente di utilizzare tale strumento che in altre parti del Paese ha dato sollievo rispetto ad altri criteri, nemmeno per raccolte brevi, come quelle di dieci-quindici giorni.
Mi incuriosiva, inoltre, anche rispetto alla domanda posta dall'onorevole Dima, il fatto che vi sono altre aree più evolute per il tipo di prodotto e per le attività che vi si svolgono. Ecco, vorrei capire perché non si è riusciti ad attivare - come è accaduto in altre aree, che si sono rese più competitive da questo punto di vista - gli strumenti della regione (come il PSR) e di altri istituti. Vorrei conoscere, pertanto, le ragioni strutturali, e capire se riguarda il tipo di proprietà, se le organizzazioni dei produttori (Coldiretti e via dicendo) hanno diffuso le giuste informazioni e se l'ente pubblico può supportare quello che i produttori stessi non riescono a fare.
Insomma, quali sono gli elementi strutturali per innescare un processo virtuoso o, comunque, di miglioramento di cui quelle zone, rispetto ad altre, hanno bisogno?
TERESIO DELFINO. Apprezzo la disponibilità del sindaco, che ringrazio. Lo scorso anno sono stato a Rosarno con il Comitato Schengen e ho potuto conoscere la complessità della situazione e constatare con gli occhi la realtà. Ho appreso dal suo intervento che la situazione risulta particolarmente grave e difficile. Ad ogni modo, rispetto alla sua illustrazione vorrei svolgere delle brevissime osservazioni.
Lei ha affermato che il contributo PAC di 1.000 euro circa all'ettaro scoraggia ancor di più una qualificazione, un utilizzo, una riconversione di questa produzione. Poi ha aggiunto che la presenza degli immigrati è un fenomeno oramai consolidato perché, non avendo in questi tempi di crisi altra opportunità, alla fine queste persone si adeguano e, quindi, tornano ciclicamente ogni anno, girando tra le produzioni che offrono qualche possibilità di lavoro. Nel contempo, ha ricordato che c'è stato un sostegno del Governo al fine di realizzare alcune strutture di accoglienza. Tuttavia, la sua relazione mi fa sorgere - al di là dell'impegno, che riconosco - alcune domande.
La prima è se esiste qualche prospettiva, ovvero se c'è un disegno della regione - anche per le sue competenze nel settore agricolo - o degli enti locali, constatato che per questa produzione vi è un mercato con molta concorrenza, non essendo clementine. Peraltro, si raccontava prima che in Cina ci sono degli agrumeti straordinari. A parte ciò, mi domando quale prospettiva ha questa produzione in questo territorio se non si lega - visto che noi stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva sull'agroalimentare - a un progetto di utilizzo di questo prodotto.
In un altro intervento si diceva di far emergere la sua specificità; comunque, bisogna ragionare in termini di trasformazione agroalimentare, perché la produzione e la commercializzazione non danno possibilità di guadagno. Allora, questa è la prima domanda che porremo, magari anche con un'iniziativa specifica nel settore dell'agrumicoltura.
L'altra domanda - per certi versi anticipata dall'onorevole Fiorio - riguarda la questione della legalità. A tale proposito, devo dire che fui negativamente impressionato dalla scarsa concezione statuale mostrata dagli organi dello Stato che da noi furono convocati in audizione a porte chiuse. Infatti, in quell'occasione constatammo
che c'era una valutazione non del tutto omogenea rispetto al ruolo e, anche, alle provocazioni che personalmente avevo avanzato, sostenendo l'inconcepibilità di quei comportamenti. Vorrei dunque sapere se anche sotto questo profilo - al di là delle scarse risorse, che, specialmente in tempo di crisi, rappresentano una motivazione imprescindibile, anche se relativamente semplice rispetto all'affermazione delle ragioni della legalità e della statualità - lei ci può dare qualche motivo di speranza affermando l'emergenza di una nuova coscienza da questa tragedia. O stiamo come prima e peggio di prima, come mi pare di aver capito dalla prima parte della sua relazione?
PRESIDENTE. Do la parola al sindaco di Rosarno per la replica.
ELISABETTA TRIPODI, Sindaco di Rosarno. Ho detto quella frase, ovvero che paradossalmente quest'anno è peggio di prima, perché dopo il grande clamore mediatico suscitato dai fatti del gennaio dell'anno scorso e dopo i fiumi di parole, quando sono stata eletta - il 13 dicembre, a stagione degli agrumi già iniziata - gli africani erano tornati e stavano peggio di prima.
I due ghetti della vergogna erano stati distrutti, ma queste persone non sapevano dove andare. Ciò è dovuto anche a una loro abitudine mentale: esse, per un fatto di costume - provengono per lo più da Ghana, Burkina Faso, Mali, Congo e Costa d'Avorio, e appartengono a quasi tutte le etnie centrafricane - si raccolgono in comunità e stanno tra di loro. Pertanto, quest'anno hanno occupato dei casolari di campagna abbandonati, ancora più lontani dai centri abitati, anche fuori dal territorio di Rosarno.
Quando siamo arrivati abbiamo trovato, dunque, questa gente che stava peggio di prima. Non c'era niente, al di là delle promesse; i soldi sono arrivati, ma il centro deve essere ancora realizzato e non avrà tempi brevi. Infatti, va in appalto oggi e ci vorranno 24 mesi per la costruzione; oltretutto potrà ospitare cento persone, dunque non risolverà il problema dell'accoglienza. Il programma SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), attuato dal Ministro dell'interno, è destinato a poche unità di persone. Si tratta di un progetto che in alcune realtà della Calabria, come Riace e Caulonia, ha avuto un buon impatto, anche ai fini della rivalutazione dei piccoli borghi. Comunque, i commissari straordinari che gestivano il comune non hanno partecipato e ciò ha reso impossibile per i prossimi due anni accedere a questi fondi, quindi alla possibilità di ristrutturare case e di adottare una
forma di accoglienza che si coniughi anche con l'integrazione.
Pertanto, ci siamo attrezzati nell'emergenza. Mi sono trovata davanti a una scelta, relativa alla delimitazione di un'area, effettuata dalla commissione straordinaria di concerto con la prefettura e con la regione Calabria e con un intervento di protezione civile. Quindi, con le poche risorse che avevamo - circa 35.000 euro - e un'impresa locale che ha offerto la propria manodopera gratis, per ulteriori 15.000 euro circa, siamo riusciti ad allestire un campo provvisorio con container, in cui vivono 80 persone. Ciò nonostante, è un campo provvisorio perché la protezione civile agisce solo nell'emergenza, per cui il prossimo 20 aprile verrà smantellato e a settembre mi ritroverò nella stessa situazione di dover affrontare l'accoglienza senza una programmazione di lungo periodo.
D'altronde, i 2 milioni e mezzo di euro che verranno destinati a Rosarno per la costruzione di alloggi - l'ho scoperto proprio in questi giorni - richiederanno i tempi burocratici necessari, ovvero due o tre stagioni. Il numero di presenze è, però, talmente elevato che da soli si fa difficoltà a gestirle, anche se abbiamo un rapporto stretto con le forze dell'ordine e con la prefettura, e ci sono diversi tavoli aperti in cui Rosarno è messa al centro di qualunque iniziativa sia per quanto riguarda il lavoro nero sia la crisi dell'agricoltura.
Mi è stato chiesto perché la nostra piana non è come le altre. La risposta è che ci sono dei ritardi storici, ma anche
delle particolari condizioni climatiche. Si è tentata negli anni Settanta una prima riconversione del biondo comune, ma sono state fatte delle scelte sbagliate poiché sono state introdotte alcune varietà tipiche dell'agricoltura siciliana, come il moro e il tarocco, cioè l'arancia rossa, che sono consigliabili per i succhi bevibili e non per il succo concentrato. Inoltre, per le caratteristiche climatiche della nostra zona, che presenta frequenti gelate, tali varietà non riuscivano a raggiungere una maturazione sufficiente. A metà anni Ottanta, la regione Calabria ha tentato una riconversione in pescheti, ma nemmeno i pescheti andavano bene perché gelavano. Anche in quel caso i finanziamenti sono stati male utilizzati, perché probabilmente non c'era competenza nelle aziende regionali.
Riguardo al futuro, non saprei qual è la prospettiva. Probabilmente il nuovo assessore regionale all'agricoltura dovrà tentare qualcosa, anche perché questo tipo di politica agricola finirà nel 2013.
Riguardo alla compensazione a ettaro, questa ha fatto sì che ormai l'agricoltore prende quei pochissimi soldi e, non riuscendo nemmeno con quelli a coltivare il terreno, vive alla giornata. Pertanto, io non vedo una prospettiva di lungo periodo, al momento, sul territorio. Anche nei vari cambiamenti politici a livello regionale, la nostra piana è sempre stata la cenerentola, anche perché non ha mai avuto una rappresentanza politica che abbia saputo dirottare le risorse in maniera oculata e nello stesso tempo corretta. Moltissimi fondi europei sono stati sprecati nel meccanismo truffaldino delle «arance di carta», che poi ha portato alla situazione attuale.
PRESIDENTE. Immagino che i colleghi mi consentiranno di assumere un'iniziativa, come Commissione, per cercare di rimediare a questa assenza di azioni e di attenzione in modo particolare sulla piana. Credo sia utile la riflessione che abbiamo fatto oggi con lei, sindaco, non soltanto per la specificità della vicenda Rosarno, ma anche per aprire uno squarcio sulle criticità dell'agricoltura in Calabria. Forse sarà utile audire anche l'assessore regionale e confrontarci con lui per cercare di comprendere, anche attraverso il PSR e gli strumenti e le risorse che ancora esistono, come poter meglio tutelare e valorizzare queste opportunità.
ELISABETTA TRIPODI, Sindaco di Rosarno. A tale proposito, se vi sarà l'audizione dell'assessore regionale, occorre rilevare che è stata fissata, con legge regionale, in 5 ettari la misura relativa all'unità minima colturale, cosa che non consente di aiutare gli agricoltori. Infatti, nel nostro territorio questa misura non va bene perché aiuterebbe solo alcuni. Non so, però, se ci sono dei vincoli europei su questo.
PRESIDENTE. In questo modo, sindaco, apriamo un'altra vicenda. Peraltro, è ovvio che introdurre delle misure è un elemento che consente di aggregare.
Ringrazio il sindaco per la sua cortesia e anche per la sua competenza.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,45.