Sulla pubblicità dei lavori:
Consiglio Nunziante, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA
Audizione di rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome:
Consiglio Nunziante, Presidente ... 2 6 7 10 12
Donini Monica, Coordinatrice della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislativedelle regioni e delle province autonome ... 3 7 10
Gozi Sandro (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 10,20.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione di rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.
L'audizione odierna presenta una particolare importanza in quanto «apre», nel più ampio contesto dell'indagine, uno dei principali filoni di analisi: l'adeguatezza dell'attuale quadro normativo rispetto all'esigenza di garantire la partecipazione delle regioni, sia a livello di giunte che di assemblee, alla formazione e alla attuazione delle decisioni e delle politiche dell'UE.
Il rafforzamento del ruolo delle regioni ha costituito - voglio sottolinearlo - uno degli elementi di novità più significativi della legge Stucchi, che ha introdotto un apposito complesso di strumenti e procedure.
Nell'ambito della nostra indagine vorremmo anzitutto verificare il grado e le modalità di attuazione di questi strumenti da parte delle regioni, e in particolare delle assemblee regionali, anche con riferimento alla collaborazione con i competenti organi statali.
In secondo luogo, intendiamo acquisire elementi utili a valutare se il quadro normativo vigente risulta conforme al nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione e se ed in quale misura è necessario coordinare la legge Stucchi con la legge La Loggia, che reca anch'essa disposizioni in merito al ruolo delle regioni nella formazione delle decisioni europee.
In terzo luogo, sarebbe utile verificare la possibilità di rafforzare la cooperazione tra le Camere e le assemblee regionali, in particolare per quanto attiene all'informazione sulle rispettive attività di fase ascendente e discendente.
Da ultimo, vorremmo avviare una riflessione sulle modalità di applicazione dell'articolo 6 del Protocollo sulla sussidiarietà allegato al Trattato di Lisbona, che prevede la possibilità per i Parlamenti nazionali di consultare le assemblee regionali nell'ambito della procedura di allerta precoce. Laddove il Trattato entrasse in vigore andrebbero definiti presupposti e procedure per tale consultazione.
Vi prego pertanto di fornirci valutazioni e proposte puntuali di cui terremo sicuramente conto in vista di un'eventuale revisione della legge Stucchi e del regolamento della Camera.
Prima di dare la parola alla presidente Donini, vorrei sottolineare che le assemblee e i consigli regionali hanno già dimostrato notevoli potenzialità in relazione alla fase di formazione delle politiche e della normativa dell'UE.
Cito, quale «migliore pratica» la risoluzione adottata nello scorso ottobre proprio dal consiglio regionale dell'Emilia Romagna sulla proposta di direttiva relativa all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
Stiamo esaminando anche noi in queste settimane la stessa proposta e abbiamo apprezzato l'articolazione e l'approfondimento del lavoro da voi svolto.
Do la parola alla presidente Donini per lo svolgimento della relazione.
MONICA DONINI, Coordinatrice della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. Vi ringrazio dell'opportunità di dare anche noi un contributo a questa occasione di approfondimento di un tema per noi importante, perché rappresenta una delle innovazioni di cui il quadro istituzionale italiano ha bisogno, in rapporto con le istituzioni europee.
Lei, presidente, si riferiva - citandola come buona pratica - all'ultima partecipazione di alcuni consigli regionali, in questo caso dell'Emilia-Romagna (è la terza volta, nel nostro caso), al test sulla sussidiarietà in merito a questi provvedimenti di politiche sanitarie.
Questa è stata davvero un'occasione per raccordarsi. È la terza occasione in cui, attraverso il network sulla sussidiarietà, il sistema dei consigli regionali italiani partecipa su sollecitazione del Comitato delle regioni. Questa terza volta, dunque, più che un esperimento a valore accademico, peraltro importante, per testare la capacità del sistema di stare dentro a determinate procedure, scandite con tempistiche e con modalità molto rigorose, in questo terzo incontro vi è il raccordo con il Parlamento.
Anche per noi è di notevole interesse seguire fino alla fine la procedura, per capire una volta per tutte, attraverso un'esperienza concreta, in che modo coordinarsi come sistema dei parlamenti regionali e nazionali.
Sulla base delle sollecitazioni che lei ha dato - voglio essere concreta, quindi dare qualche risposta pratica - noi consegneremo oggi un dossier che contiene una serie di informazioni. Una prima parte riguarda lo stato dell'arte e, quindi, la condizione in cui versano i consigli sulla base delle leggi, dei regolamenti e delle indicazioni statutarie sul tema della partecipazione alla normativa comunitaria, sia in fase ascendente sia in fase discendente. Tutte le informazioni saranno contenute in questo dossier, che è a disposizione per qualunque tipo di approfondimento.
Sul tema specifico, noi insistiamo nel considerare importante il rafforzamento della partecipazione in fase ascendente, in quanto rappresenta la vera novità. Noi riteniamo che ci siano le condizioni perché anche le assemblee legislative regionali possano dare un contributo, a partire dal protocollo sulla sussidiarietà e quindi dal parere sulla sussidiarietà e sulla proporzionalità, alle procedure per le varie osservazioni in fase ascendente.
Questa necessità è sentita nel sistema dei consigli regionali, anche alla luce degli effetti che può produrre una comunicazione più corretta del ruolo dell'Europa. Si è compreso, infatti, che il modo per fondare un'idea più concreta di nuovo europeismo è proprio quello di dimostrare la capacità di partecipare e di condizionare, dal primo momento, i contenuti delle norme comunitarie, anche per evitare, se non altro, di incorrere nella sgradevolezza delle procedure di infrazione.
Avere un ruolo limitato esclusivamente a tutto ciò che riguarda la parte discendente, e quindi attuativa, è limitante e alcune volte produce una tensione a livello locale.
I consigli regionali a potestà legislativa rappresentano i parlamenti più prossimi ai cittadini e sono anche i soggetti che, per certi versi, subiscono maggiormente gli effetti di una norma non comprensibile e che dunque non viene riconosciuta come occasione di progresso per una comunità locale.
L'impegno, dunque, è quello di partecipare a una norma fin dal momento della sua elaborazione, quindi in fase ascendente.
A questo scopo, noi ci siamo permessi di fare qualche osservazione concreta e di produrre qualche proposta che veda coinvolte le regioni: oltre che gli esecutivi, anche i consigli e le assemblee legislative. Una parte di questo documento, quindi, contiene un elenco di possibili proposte.
Una delle proposte riguarda il tentativo di selezionare al meglio i flussi informativi e di rafforzare il livello di informazione tra tutti i soggetti coinvolti in questo scambio. Abbiamo bisogno, quindi, di avere a monte qualcuno o qualcosa che, con autorevolezza, selezioni dalla massa dei flussi informativi le materie che sono di interesse concreto per il sistema delle regioni e sulle quali le varie regioni possono esprimere il proprio parere e formulare osservazioni, proprio perché tali materie riguardano competenze specifiche (le tante competenze legate ai vari commi dell'articolo 117 della Costituzione).
È vero - lei, presidente, ne parlava nella sua relazione - che dal 2001, con la modifica del Titolo V della Costituzione, le regioni hanno assunto potestà legislativa in forma concorrente o in forma esclusiva (nel caso dell'articolo 117 in forma concorrente) su moltissime materie rispetto alla condizione precedente la riforma costituzionale. Di conseguenza, con i loro statuti regionali e con i regolamenti dei consigli regionali, esse hanno assunto precise condizioni procedurali e la capacità di intervenire su moltissime materie.
Peraltro, avendo assunto un ruolo di legislatori, c'è una maggiore consapevolezza del livello di incidenza delle norme comunitarie sulla legislazione regionale, e questo determina anche una maggiore attenzione. Come dicevo prima, tutti i consigli regionali, infatti, hanno istituito commissioni che si occupano di Europa oppure hanno attribuito alla commissione affari istituzionali questa competenza.
L'importanza di avere un raccordo tra esecutivi e assemblee all'interno di ogni dimensione regionale e di avere un raccordo, nel caso dei consigli regionali, con il Parlamento nazionale, è effettivamente descritta e affermata in molti luoghi.
Uno degli aspetti fondamentali è quello di poter disporre di un'informazione tempestiva e selezionata adeguatamente e di stabilire questo raccordo che consenta lo cambio dei flussi informativi necessari.
Per quanto riguarda gli interventi di modifica della legge n. 11, è chiaro che gli aspetti che a noi interessano sono quelli relativi alla fase ascendente, che riguardano, cioè, la possibilità di intervenire in questa fase. Il primo punto, quindi, è quello dell'estensione da venti a trenta giorni del termine di invio e non sto neppure a spiegarne le ragioni, che considero assodate.
Vorremmo, inoltre, a questo proposito che anche la Conferenza delle assemblee legislative regionali e delle province autonome fosse inserita tra i soggetti che il Ministro per le politiche comunitarie è tenuto ad informare tempestivamente circa le proposte nell'ambito delle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, così come prevede l'articolo 5, comma 9, della legge n. 11.
Tale inserimento appare coerente con la disciplina contenuta nei precedenti commi dell'articolo 5, che coinvolgono anche la Conferenza delle assemblee legislative regionali nel circuito informativo della fase ascendente. Tengo a precisare che consideriamo la legge n. 11 assolutamente importante, perché - e lo dico non solo per una questione nominalistica o di orgoglio, ma perché dà il senso della consapevolezza della complessità del sistema - è una delle prime leggi (risale al 2005, successivamente all'attuazione del Titolo V)
che distingue e chiama in causa, attraverso la Conferenza dei consigli regionali, anche il livello dei legislativi regionali, e non solo il livello degli esecutivi, nella necessità di considerarli dei soggetti in grado di esprimere i pareri.
Questo accade, però, in una complessità - rimasta al momento non risolta - rappresentata dal rischio del doppio livello di pareri che possono arrivare alle istituzioni nazionali. Se non si crea, a livello di sistema regionale, un rafforzamento della relazione tra esecutivi e legislativi, è evidente che si corre il rischio assurdo che da una singola realtà regionale giungano due diversi pareri, uno espresso dall'esecutivo, attraverso il percorso della Conferenza delle regioni e Stato-regioni, e uno espresso dal legislativo, attraverso la relazione con il Parlamento.
Si sta cercando di tamponare a monte questo effetto negativo, attraverso le leggi di procedura o le norme in regolamento che ogni singola realtà sta cercando di definire e di attuare grazie all'autonomia di ogni regione.
Tuttavia, visto che la Conferenza nazionale si assume il compito di coordinare l'attività dei singoli consigli regionali, noi riteniamo che sia fondamentale considerare quella della nostra Conferenza una soggettività importante.
Per quel che riguarda l'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005, vorremmo considerare la previsione di idonee pubblicità dei decreti ministeriali con cui lo Stato può agire nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazione del diritto comunitario, nonché delle relative fasi preparatorie, al fine di poter attivare in sede regionale gli opportuni strumenti di controllo, risalendo alle cause delle infrazioni per le quali lo Stato italiano è stato condannato.
Vorremmo attivare, insomma, un meccanismo che ci renda attivi, a partire dalla costruzione di una rete di controllo sul territorio. Peraltro, il tema del controllo e della valutazione degli effetti delle politiche pubbliche è uno dei temi sui quali i consigli regionali stanno rafforzando, o tentando di rafforzare, il proprio ruolo in maniera attiva e anche pragmatica. Intendo dire che abbiamo dei progetti, i quali sono diventati ormai prassi consolidata in molte realtà regionali, che ci consentono di trovare gli indicatori più corretti per valutare gli effetti delle politiche pubbliche.
Sul tema della norma europea c'è, in più, l'incentivo di evitare l'attivazione di procedure di infrazione - così come appunto viene indicato dall'articolo 16-bis - e quindi la possibilità di sfruttare questa cultura, che a livello regionale si sta diffondendo sempre di più, per prevenire o essere attivi nei meccanismi di controllo.
Abbiamo, poi, alcune richieste più pratiche. Una riguarda la possibilità per la Conferenza delle assemblee legislative regionali di partecipare al tavolo del CIACE, così come indicato dall'articolo 2, comma 2, e al Comitato tecnico integrato (comma 4 dello stesso articolo 2).
Chiediamo, inoltre, l'inserimento della stessa Conferenza tra i soggetti cui il Governo invia, entro il 31 gennaio di ogni anno, la relazione annuale di cui all'articolo 15, comma 1. Possono sembrare piccole richieste, ma sono invece importanti, dal momento che noi cerchiamo di consolidare la nostra rete di relazioni fornendo, in tempi rapidi e certi, tutta l'informazione possibile, evitando una serie di passaggi diretti che allungherebbero i tempi e probabilmente disperderebbero la filiera di coerenza del flusso informativo, impedendo alle singole realtà regionali di selezionare, tra l'informazione che viene fornita, quella più efficace ad attivare le procedure, sia per i pareri sulla sussidiarietà, sia per le eventuali osservazioni. Siamo, quindi, convinti che la nostra Conferenza possa svolgere davvero questo ruolo di servizio rispetto al sistema.
Non ho altro da aggiungere se non l'augurio - perché ci rispettiamo reciprocamente nella nostra autonomia - che vengano rapidamente attivate le proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, per gli aspetti che, appunto, riguardano noi e voi insieme. A questo proposito, voglio solo informarvi - comunque, è tutto nel dossier - che dal 28 giugno 2007, in
seguito alla sottoscrizione di un protocollo d'intesa con Camera e Senato, si è dato vita a un Comitato paritetico, costituito da tre deputati, tre senatori e tre presidenti di consigli regionali della nostra Conferenza.
Tra i colleghi parlamentari presenti ci sono i presidenti delle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato. Ogni Camera ha dato il proprio contributo, così come la Conferenza, definendo la delegazione. Insieme lavoriamo per stabilire un tavolo permanente di confronto e di scambio di informazione, che ha una serie di priorità all'ordine del giorno, senza sostituire niente e nessuno, perché si tratta semplicemente di un luogo che serve a diffondere informazione, a scambiarci delle riflessioni ed eventualmente a condividere qualche iniziativa comune, da rivolgere principalmente all'esterno. Tuttavia, a quel tavolo si discuterà, o saremo informati, dell'evoluzione della discussione in merito alle modifiche dei regolamenti parlamentari nel loro complesso.
Sappiamo che, da questo punto di vista, la sollecitazione è intensa e siamo interessati a fare in modo che i regolamenti si adeguino ai contenuti delle modifiche costituzionali.
Mi rendo conto di essere stata un po' dispersiva. Se qualcuno ha qualche domanda da porre siamo disponibili a rispondere e possiamo approfittare dell'occasione per soddisfare eventualmente qualche curiosità sul funzionamento della nostra organizzazione.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
SANDRO GOZI. Innanzitutto vi ringrazio molto della vostra presenza. Ritengo questo incontro uno dei più importanti nell'ambito della nostra indagine conoscitiva, in vista di un adattamento della legge n. 11 del 2005.
La prima domanda è relativa alla partecipazione delle regioni alla fase ascendente in Consiglio dei ministri dell'Unione europea. Al riguardo, mi sembra che alcuni aspetti siano ancora da definire. Vorrei capire come, dal vostro punto di vista, dovrebbe essere organizzata la rappresentanza. È chiaro che c'è ancora una questione aperta tra la legge La Loggia e la legge Stucchi-Buttiglione. Ci sono esempi di altri Paesi - comunità linguistiche del Belgio, comunità autonome della Spagna, la Scozia, che in materia di pesca partecipa direttamente al Consiglio dei ministri - che fanno riferimento a vari modelli, ma mi sembra che per l'Italia occorra inventare un modello apposito. Vorrei capire come tale modello, dal vostro punto di vista, potrebbe essere sviluppato.
Questa, a mio avviso, è una delle questioni chiave che si collega anche al ruolo di coordinamento del CIACE e al rapporto tra amministrazioni regionali e amministrazioni nazionali.
In secondo luogo, ascoltando la presidente Donini è emersa chiaramente l'esistenza di un problema di controllo parlamentare, nelle questioni comunitarie, a tre livelli: per il Parlamento europeo (sebbene in parte questo problema sia risolto), per i Parlamenti nazionali e per le assemblee legislative regionali. Il problema è quello del rapporto con gli esecutivi, nel senso che si tratta di evitare che la materia comunitaria - materia legislativa - venga legiferata dagli esecutivi.
A mio parere, sarebbe interessante capire come questo problema possa essere risolto, non solo in orizzontale, ossia nei rapporti tra le assemblee legislative e le giunte, ma anche in verticale, ossia organizzando rapporti più forti tra assemblee regionali, Parlamento nazionale e Parlamento europeo. Devo dire che il Parlamento europeo mostra degli atteggiamenti - tanto più evidenti se lo si osserva da Roma - particolarmente corporativi, mentre sarebbe necessario rafforzare il ruolo di controllo parlamentare, sapendo che ormai questo si sviluppa almeno attorno a tre livelli: livello regionale, livello nazionale e livello europeo. Chiedo, dunque, se avete già qualche opinione al riguardo o se, comunque, pensate di riflettere su questo aspetto.
Vorrei sapere, inoltre, come valutate le sessioni comunitarie regionali e le leggi
comunitarie regionali e se ritenete che questo strumento meriterebbe di essere diffuso in tutte le regioni e province autonome.
Un altro punto molto importante della relazione della presidente Donini riguarda la questione della valutazione di impatto. Anche su questo aspetto, signor presidente, credo che dovremmo riflettere, perché le regioni sono spesso meglio collocate di noi per valutare l'impatto sulle piccole e medie imprese delle proposte comunitarie. Sarebbe interessante vedere se, nella revisione della legge n. 11 del 2005, si preveda la possibilità di stabilire dei meccanismi di raccordo tra assemblee regionali e assemblee nazionali, proprio sulla valutazione di impatto ex ante di alcune proposte.
Credo che questo ci permetterebbe di compiere grossi passi in avanti nel ruolo di controllo parlamentare sugli esecutivi (uso il plurale poiché mi riferisco a giunte, Governo e via elencando).
La presidente Donini ha ricordato l'esistenza di un Comitato paritetico composto da tre deputati, tre senatori e tre membri della Conferenza. Trovo ottocentesco che il Comitato paritetico non contempli la presenza di un membro almeno di una delle due Commissioni per le politiche comunitarie - della Camera o del Senato - e preveda, invece, la presenza di costituzionalisti che, sebbene ormai travolti dagli eventi della realtà politica europea, continuano ad avere dei feudi di protezione (e questo mi sembra uno dei feudi). Considerato che noi vogliamo smantellare questi feudi, credo che questo sia un punto che dovremmo sottolineare. Non si capisce, insomma, perché non sia contemplata la presenza, ad esempio, del presidente, di un vice presidente o comunque di un delegato di una delle due Commissioni.
L'ultimo punto è relativo alla questione delle procedure di infrazione: vorrei sapere come vengono gestite, dal vostro punto di vista, come potrebbero essere gestite e quali contatti siano necessari, soprattutto col CIACE, rispetto all'attività regionale, per prevenire o rimediare celermente alle procedure di infrazione. In generale, al di là delle infrazioni, come valutate il vostro rapporto con il CIACE? Vogliamo sapere se siete soddisfatti e, in caso negativo, perchè non lo siete.
PRESIDENTE. La presidente Donini ha sottolineato l'importanza dei flussi informativi per il rafforzamento delle funzioni dei consigli regionali in materia europea.
Condivido questa osservazione, anche alla luce dell'esperienza dei Parlamenti nazionali, ma vorrei chiedere se i consigli regionali stanno progettando una rete per lo scambio di informazioni sulle rispettive attività europee, sul modello dell'IPEX, sia a livello nazionale che dell'Unione europea.
Alcuni consigli regionali, tra cui proprio quello dell'Emilia-Romagna - oggi, presidente, sono contento di farle i miei complimenti - hanno creato meccanismi per la valutazione dello stato di conformità dell'ordinamento regionale a quello comunitario. Potrebbe spiegare come funzionano? Questi meccanismi saranno poi estesi anche ad altri consigli regionali? Quali sono i rapporti tra la vostra Conferenza e il Comitato delle regioni?
Dalla lettura della relazione ricavo l'impressione che i rapporti siano concentrati soprattutto sulla sussidiarietà. Non sarebbe il caso di intervenire, piuttosto, sul merito delle questioni? Una eccessiva enfasi sulla sussidiarietà potrebbe, infatti, distogliere le assemblee regionali dalle reali priorità politiche delle scelte decisionali europee.
Do la parola alla presidente Donini per la replica.
MONICA DONINI, Coordinatrice della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. Direi che è stata messa molta carne a cuocere. Sono contenta, perché questo dimostra che queste riunioni non sono udienze pro forma, ma sono figlie della volontà di comprenderci reciprocamente e fanno onore a chi sta svolgendo seriamente, in questo momento, questo lavoro. Secondo me, è giusto divulgare all'esterno - ai fini di un riconoscimento
vero, non di casta - l'intensità del lavoro che si svolge e le ragioni che sono alla base di quel lavoro. Sono dunque disponibile per eventuali altre occasioni di scambio.
Sono qui in rappresentanza della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. È chiaro che l'Emilia-Romagna, che è la realtà regionale nella quale io opero, ha avuto un ruolo nell'elaborazione complessiva svolta dalla Conferenza. Sul tema specifico delle procedure, dirò eventualmente qualcosa di specifico sull'Emilia-Romagna, per introdurre un approfondimento dei contenuti più generali.
Per quanto riguarda il rapporto con il CIACE, il punto è che noi non siamo tra i soggetti coinvolti nell'attività del Comitato. A questo riguardo, una delle richieste che avanziamo, proprio per migliorare la qualità del rapporto ed essere più efficienti e più efficaci, è che un rappresentante della nostra Conferenza - noi qui indichiamo il coordinatore, che oltretutto, in base al nostro statuto, cambia ogni trenta mesi, oppure un suo delegato - sieda al tavolo del CIACE, proprio perché riteniamo, onorevole Gozi, come anche lei sostiene, che quello sia un luogo da monitorare, un'occasione alla quale partecipare con un certo protagonismo.
Per quel che riguarda la fase ascendente attraverso la nostra eventuale partecipazione ai Consigli dei ministri, la ritengo impropria. Lo dico chiaramente, in modo da smentire ogni idea, all'esterno, relativa a una polemica tra esecutivi e legislativi. Sono convinta che ne veniamo fuori se si stabilisce pragmaticamente qual è il ruolo di ognuno. Ognuno ha un ruolo esclusivo e particolare.
Non voglio attivare o portare avanti meccanismi competitivi tra esecutivi e legislativi. Questi meccanismi, nel caso del sistema delle regioni, per la precedente legislatura regionale (la VII, per quello che riguarda le regioni ordinarie) sono stati utili a comprendere il potenziale dei legislativi rispetto agli esecutivi, ma se esasperati, a livello di competizione per lo stesso spazio, non producono nulla di buono, se non la confusione del sistema.
Credo che il rapporto con il Consiglio dei ministri spetti agli esecutivi e che i legislativi possano avere lo stesso un ruolo fondamentale, migliorando il raccordo tra le istituzioni parlamentari, nazionali ed europee, attraverso procedure o meccanismi che insieme testeremo per scoprire qual è il modello italiano più efficace, che implementerà il sistema europeo attraverso l'aggiunta di un nostro modello originale. Riteniamo che il controllo parlamentare sia fondamentale, anche quando si tratta di procedure europee.
Quanto alle ragioni per le quali tale controllo è fondamentale, ritengo che sia inutile ripeterle fra noi che siamo rappresentanti di legislativi; tuttavia, esso può servire a dare un contenuto maggiore di democraticità in un sistema che rischia di essere, da questo punto di vista, non particolarmente forte.
Il tema del controllo di sussidiarietà può sembrare residuale. Il presidente prima diceva che si sta insistendo molto su questo aspetto, sapendo che rischia di essere un esercizio di ordine tecnico, più che rappresentare la capacità, dal punto di vista politico, di intervenire sulle materie.
Credo che sia fondamentale avere la consapevolezza del chi fa che cosa. È importante valutare prima se un'idea che viene in un'istituzione europea rispetta e rende efficiente e, di conseguenza, anche efficace ed attuabile, la norma che si costruirà in seguito; soprattutto, dobbiamo valutare se, oltre al rispetto della sussidiarietà, è presente il tema della proporzionalità, che ci consente di fare le valutazioni di impatto ex ante, come diceva l'onorevole Gozi. Non è un aspetto così banale e non è una procedura esclusivamente e squisitamente tecnica. Lo diventa attraverso le prove che in questo momento stiamo realizzando, che cadono dall'alto, avulse da una procedura standardizzata, che diventa un modo di lavorare, ma secondo me può consentirci di acquisire una competenza che migliora anche la capacità di incidere dal punto di vista politico.
È chiaro che vogliamo anche agire nello spazio politico, quindi non ci interessa
solo l'espressione dei pareri sulla sussidiarietà e, lo ripeto, sulla proporzionalità, che pure sono un aspetto importante per le valutazioni ex ante ed ex post, ma la capacità di esprimere un parere.
Da questo punto di vista, le regioni, agendo con creatività, stanno attivando una produzione di regole, norme e procedure contenute in leggi e regolamenti: in leggi comunitarie, con scadenza annuale, e in leggi procedurali di carattere stabile.
Noi abbiamo un sistema di banca dati e di informazioni attraverso il quale possiamo anche fare una comparazione oggettiva dei risultati, ma è ancora presto per valutare il modello più efficace nel sistema.
In Emilia-Romagna, io sono tra quanti hanno insistito moltissimo per inserire nel regolamento dell'assemblea legislativa una norma - l'articolo 38 - che tiene insieme fase ascendente e fase discendente. È attiva una procedura in base alla quale, dal momento in cui la giunta approva, come è sua competenza, il programma annuale dell'attività della regione Emilia-Romagna, sulla base del programma annuale delle istituzioni europee, si attiva un percorso in commissione nell'ambito del quale si selezionano in anticipo le materie sulle quali l'assemblea legislativa - insieme all'esecutivo, in questo caso - esprime i pareri.
La speranza è che in un futuro si possano individuare, attraverso una programmazione attenta, anno per anno, le materie sulle quali si interviene, quelle sulle quali si esprimono i pareri di sussidiarietà, di proporzionalità e anche le osservazioni, nel merito, con un ruolo - ecco perchè è importante la questione di tempi - delle commissioni consiliari.
Non sempre l'aula è adeguata, in termini di tempistica, per utilizzare questo strumento; di conseguenza occorre valorizzare di più il ruolo delle commissioni, creando un sistema in cui esecutivo e legislativo, ciascuno con il proprio ruolo, comunichino tra loro, si scambino informazioni e, alla fine, l'Emilia-Romagna esprima un'opinione e una posizione.
In altre realtà sono state attivate modalità diverse. Lo ripeto, è un po' presto per dire qual è il meccanismo migliore o più efficace. A noi interessa fare le comparazioni sulla base dell'attività concreta. C'è molta elaborazione, molta discussione accademica e, purtroppo, ancora poca attività concreta. Da qualche parte bisognerà cominciare.
Una modalità da utilizzare proprio per la partenza è quella dell'IPEX regionale. Come Conferenza nazionale noi l'abbiamo indicata tra i nostri obiettivi. Mi riferisco ad un IPEX dei parlamenti regionali, come esiste quello per i Parlamenti nazionali. A questo proposito, devo dire che noi partecipiamo all'attività di un'associazione europea (CALRE) che raccoglie tutti i parlamenti regionali a potestà legislativa degli otto Paesi europei che hanno regionalismo, attraverso il quale, con il decentramento, è attribuita la potestà legislativa attuativa della normativa europea. Mi riferisco ai parlamenti della Spagna, Germania, Austria, Belgio, Scozia, Irlanda e Galles: in totale, 76 Parlamenti regionali partecipano a questa associazione.
Ci interessa il meccanismo dell'IPEX perché ci è sembrato un modello che si può traslare e trasferire; un modello non particolarmente originale, ma su questo stiamo ragionando. È chiaro che la collaborazione con il Parlamento nazionale è per noi fondamentale.
Prima ho fatto riferimento al Comitato paritetico - lo dico assumendomene la responsabilità - perché non voglio che ci siano dei luoghi avulsi dal lavoro concreto, sul campo, sui temi più innovativi, quelli attraverso i quali forse si può dare di nuovo slancio al sistema. Nel Comitato paritetico è prevista la partecipazione anche di tre parlamentari europei, italiani, indicati dal Parlamento europeo. Tale integrazione non è mai stata fatta (vi ricordo che il Comitato è recente).
Ultimamente, visto che in questa legislatura nazionale è appena ripartita l'attività del Comitato, si sta facendo strada la proposta di allargarlo nella sua composizione, in modo tale che si possa occupare di attività fondamentali del Parlamento. Il Comitato può essere fondamentalmente un luogo di conoscenza e di scambio di cortesie
tra i vari legislativi del Paese, oppure, come invece vorremmo, un luogo di sperimentazione, di scambio di conoscenza maggiore, con approfondimenti.
Ogni ramo del Parlamento attiva al proprio interno i meccanismi di raccordo dell'attività di questo Comitato, ma, visto che ne faccio parte, tengo ad informare della sua esistenza proprio per creare - eventualmente dal basso e ad ogni livello - quelle sollecitazioni perché il Comitato tenga conto dei livelli di elaborazione che si sviluppano.
In conclusione, noi avanziamo una proposta di emendamento per quello che riguarda la legge n. 11 del 2005 e suggeriamo l'aggiunta di un articolo 6-bis, dopo l'articolo 6, nella logica della volontà delle assemblee legislative di partecipare, senza insidiare il ruolo degli esecutivi. Chiediamo che si introduca un meccanismo per la nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni che faccia riferimento anche a un ruolo delle assemblee legislative regionali.
Si propone una formulazione in modo tale che, per quel che riguarda il sistema delle regioni, i 14 titolari e gli 8 supplenti nel Comitato delle regioni siano designati così da garantire un'adeguata rappresentanza sia alle giunte sia alle assemblee legislative regionali. Uno dei problemi che abbiamo deriva dal fatto che, per quel che attiene l'Italia, dagli anni Novanta in poi si sono compiute numerose scelte nella direzione di rafforzare il ruolo degli esecutivi, rinviando a una fase successiva l'individuazione di meccanismi perequativi, che però non si è mai riusciti a concretizzare. Gli esecutivi sono effettivamente ovunque.
Riteniamo che nel Comitato delle regioni si debba introdurre un meccanismo di perequazione del ruolo degli esecutivi, prevedendo anche una rappresentanza delle assemblee legislative. Nel caso italiano, in base alle prerogative offerte dalla legge n. 11, c'è un ruolo che viene dichiarato per quel che riguarda i consigli regionali, allora servono anche raccordi più concreti. Questo è un aspetto che abbiamo indicato come emendamento della legge n. 11.
PRESIDENTE. Non abbiamo fatto cenno, se non ho inteso male, alla riserva di esame regionale. Potrebbe essere molto interessante capire in che modo la legge Stucchi possa essere modificata sotto quell'aspetto.
Personalmente ritengo che la riserva possa essere attivata non dalla Conferenza Stato-regioni ma dalla Conferenza delle assemblee regionali. La riserva di esame è un istituto tipicamente parlamentare. Lei ha giustamente richiamato l'esigenza di rispettare i ruoli dei legislativi e degli esecutivi. In questo caso, credo che la prevalenza spetterebbe ai legislativi, quindi ai consigli regionali. Vorrei sapere cosa ne pensa.
MONICA DONINI, Coordinatrice della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. Come dicevo prima, rischiamo di creare delle inutili sovrapposizioni e delle competizioni con i livelli regionali. Noi non siamo in Conferenza unificata o Stato-regioni e preferiamo che si attivino dei meccanismi in cui ogni legislativo si rapporta con il proprio esecutivo. Dunque, l'intesa si costruisce dal basso.
Le assemblee legislative, secondo me, sono in grado di fare questo, poiché si stanno predisponendo per operare il controllo nei confronti anche dei loro esecutivi e per stimolarne in qualche modo l'azione.
Non riteniamo che la riserva debba essere estesa a noi come Conferenza, come soggetti che si aggiungono a quelli rappresentati in Conferenza unificata o in Conferenza Stato-regioni. Peraltro, un'eventuale ipotesi di questo tipo produrrebbe una tale reazione di ostilità - diciamocelo, perché così è - che passeremmo non so quanto tempo (non riesco a quantificarlo, ma ci siamo già passati) a risolvere il problema del chi fa cosa.
Non ci interessa più di tanto quel tipo di cimento, poiché, lo ripeto, lo abbiamo già sperimentato. Piuttosto, volendo utilizzare ciò che le norme già prevedono, anche negli ambiti trasversali e variegati di cui si sta occupando questa Commissione, credo che sia il caso di iniziare a definire un ruolo per la famosa bicamerale per gli affari regionali, in merito alla quale in ogni luogo ricordiamo la necessità che sia integrata, sulla base delle indicazioni della legge costituzionale n. 3 del 2001. Valutate anche voi se quello non possa diventare uno spazio di consultazione preventiva, visto che è un luogo di raccordo tra i livelli parlamentari, nazionali e regionali, di scambio e di raccordo.
Non voglio approfondire questo tema perché ne discutiamo ogni volta. Non lo facciamo per una richiesta sindacale; non si tratta di una battaglia corporativa, ma della volontà di dare un contributo affinché la Costituzione e, nello specifico, il Titolo V si attuino nella loro interezza.
La bicamerale per gli affari regionali prevede una integrazione che stiamo discutendo da anni, con una serie di proposte che sono state avanzate nel corso del tempo. Questo può essere un elemento che rafforza ulteriormente il raccordo già previsto e che non ingolfa o non si sovrappone ad un altro livello di discussione.
A noi interessa essere in rapporto stabile, formale con il Parlamento e non insidiare o pretendere lo spazio dei nostri esecutivi. Penso che questo valga anche per voi, per certi versi. A noi interessa essere dove siete voi ed esercitare il controllo parlamentare, così come il tema del controllo va inteso. Non si tratta semplicemente di tenere a bada i nostri rispettivi esecutivi (voi il Governo e noi le giunte regionali), ma di essere in grado di intervenire facendo valutazioni di impatto ex ante ed ex post e, dopo aver fatto una buona valutazione ex ante, dare un corretto indirizzo, voi al Governo e noi ai nostri esecutivi, anche per le materie relative alle procedure e alle norme comunitarie, ritenendo che d'Europa ci sia più che mai bisogno.
Credo - permettetemi una nota politica - che non dovremmo farci limitare troppo dall'attuale condizione in cui versano le procedure legate al trattato di Lisbona. A mio avviso, ci sono gli spazi per agire, senza un eccesso di attendismo. Questo è il momento in cui chi può fare qualcosa, dal nostro punto di vista, deve farlo, perché ci sono le condizioni per poterlo fare e anche per dare un segnale positivo.
Spero che le prossime elezioni europee siano partecipate, perché dobbiamo rilanciare un'idea pratica e concreta di Europa, grazie anche a un positivo sfruttamento del ruolo dei consigli regionali che, come dicevo prima, sono i luoghi a potestà legislativa più prossimi ai cittadini. Probabilmente si può anche recuperare un maggiore impegno sul processo di integrazione europea, a partire dal senso comune dei cittadini delle nostre comunità locali. Dobbiamo imparare, però, a far conoscere meglio l'Europa e non solo a farla subire. Sono parole banali, ma le utilizzo per lanciare un messaggio concreto.
Ci sono, dunque, le condizioni per andare avanti. Abbiamo sperimentato alcune prassi, ci stiamo organizzando come sistema e vogliamo collaborare con voi. Troviamo, quindi, le strade, formali e informali, per attivare questo raccordo e questa collaborazione, evitando di usare malamente il nostro tempo conducendo battaglie - ahimé - di retroguardia e sovente muscolari nei confronti degli esecutivi. C'è un modo di gestire il potere (anche questo lo è) diverso, alternativo e integrativo rispetto al potere diretto, esercitato dagli esecutivi. Forse in tutti gli ambiti, nel nostro sistema Paese, dobbiamo ricominciare a esercitare questo potere, come parlamenti e come assemblee elettive.
In questo l'Europa ci aiuta, perché è l'ambito di frontiera più nuovo e più innovativo. Se impariamo a farlo bene in ambito europeo, forse può servirci per ripensare ad alcuni modi di lavorare an
che nel nostro Paese. Trovo assolutamente interessante questo stimolo. Se siete in questa Commissione, evidentemente siete determinati su questo aspetto.
Vi chiedo scusa per essermi dilungata.
PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Donini per la sua gentilezza e chiarezza, oltre che per aver dato a questa Commissione la possibilità di ascoltarla nonostante qualche piccolo problema di salute.
Avremo sicuramente modo di approfondire qualche tema nel momento in cui, in sede di revisione della legge Stucchi, ci troveremo nella condizione di interagire.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11,20.