Sulla pubblicità dei lavori:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SUL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE MILITARE DEI RUOLI DELLA TRUPPA A DIECI ANNI DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 215 DEL 2001
Audizione del Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito, Generale di divisione Paolo Gerometta:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 2 5 9 10
Gerometta Paolo, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito ... 2 5 9
Majoli Fabio, Capo ufficio reclutamento, stato e avanzamento dello stato maggiore dell'Esercito ... 10
Recchia Pier Fausto (PD) ... 9
ALLEGATO: Documentazione consegnata dal generale di divisione Paolo Gerometta, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling;
Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul reclutamento del personale militare dei ruoli della truppa a dieci anni dal decreto legislativo n. 215 del 2001, l'audizione del Generale di divisione Paolo Gerometta, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito.
Prima di iniziare i nostri lavori intendo ringraziare per la partecipazione il generale Gerometta, il colonnello Fabio Majoli, capo ufficio reclutamento, stato e avanzamento dello stato maggiore dell'Esercito, e il maresciallo Cosimo Mezzi.
Do, quindi, la parola al Generale Gerometta per la sua relazione.
PAOLO GEROMETTA, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito. Anche a nome della Forza armata e dello stato maggiore dell'Esercito, ringrazio il presidente per l'opportunità di presentare il quadro di situazione relativo al reclutamento nell'Esercito. Porto, altresì, alla Commissione il saluto della Forza armata e dello stato maggiore dell'Esercito.
Tenuto conto che la Commissione ha svolto una serie di audizioni nell'ambito della presente indagine, opterei per soprassedere sullo sviluppo del quadro normativo e sul richiamo delle norme perché penso che siano state già adeguatamente trattate in precedenza. Passerei, quindi, direttamente alla parte principale della relazione, illustrando il quadro di situazione del reclutamento nell'Esercito.
Desidero richiamare solo due aspetti normativi riguardanti i contenuti del cosiddetto «professionale» che ritengo fondamentali. Il primo è quello relativo alle figure costituenti il professionale stesso - il volontario in ferma prefissata annuale (VFP1) e il volontario in ferma prefissata quadriennale (VFP4) - che, a suo tempo, sostituirono le figure del volontario in ferma annuale e del volontario in ferma breve. Il secondo elemento fondamentale, che richiamerò più volte nell'ambito della mia relazione, è il meccanismo - introdotto per legge - del cosiddetto «patentino», cioè la riserva totale fino al 2020 dei posti messi a concorso nelle forze di polizia per i VFP1 in servizio o già in congedo.
Sulla base di questo sintetico quadro e tenuto conto che la professionalizzazione delle Forze armate non può prescindere da un'ampia disponibilità di personale volontario, sia per i graduati che per la truppa, è stata attuata una nuova politica
di reclutamento, che dal 2005 a oggi ha portato ai risultati evidenziati nelle slide e nei documenti consegnati.
In particolare, tali immissioni hanno consentito alla Forza armata di conseguire, nel rispetto delle consistenze annue fissate per legge per il personale di truppa e per il ruolo graduati, i seguenti volumi di forza: 31.922 volontari in servizio permanente, 18.477 volontari in ferma breve e in ferma prolungata di quattro anni, 18.659 volontari in ferma prefissata di un anno, compreso il personale in rafferma, cioè al secondo anno di ferma, per un totale complessivo di 69.058 unità. Tale cifra risulta inferiore di circa 6.800 unità rispetto alle 75.859 pianificate per la realizzazione del sistema professionale.
Ciò è dipeso principalmente da una serie di tagli alle risorse per il professionale che sono intervenuti a partire dalla legge finanziaria del 2009, proseguiti nel 2010, e - in particolare - dal taglio del 40 per cento previsto dall'articolo 584 del codice dell'ordinamento militare.
Nel periodo che va dal 2001 al 2005, le uniche figure ascrivibili a militari professionali erano i volontari in ferma breve triennale (VFB) di seconda generazione. Il volontario in ferma breve di prima generazione, che derivava dalla legge n. 958 del 1986, era un militare di leva che prolungava la ferma da coscritto, ma che dopo il servizio in ferma breve non aveva particolari sbocchi. Il volontario in ferma breve di seconda generazione è, invece, quello reclutato ai sensi della legge n. 332 del 1997 che già iniziava a usufruire di una serie di riserve nelle forze di polizia e godeva, quindi, di uno sviluppo prospettico della propria carriera.
Oltre al ruolo dei VFB, è importante il ruolo dei volontari in servizio permanente (VSP), personale volontario - che permane in servizio fino al sessantesimo anno di età - equiparato all'appuntato delle forze di polizia. I VSP, a tutt'oggi, sono reclutati esclusivamente tra i VFB e tra i VFP4. Per l'alimentazione di questo ruolo non sono, quindi, previste fonti esterne, ma solo interne.
Nell'ambito del processo di professionalizzazione merita un cenno il reclutamento femminile. Il servizio militare volontario femminile si è inserito a pieno titolo in quella che io reputo una fase fondamentale di mutamento storico delle Forze armate, nonché nella professionalizzazione dell'intero strumento militare, con cui è stato concomitante. L'avvio della professionalizzazione ha, infatti, coinciso con l'avvio del servizio militare femminile e ha innescato una serie di interessanti incidenze e interrelazioni.
Tutti i provvedimenti normativi che hanno riguardato il servizio militare femminile sono stati elaborati assumendo quale riferimento guida il principio di pari opportunità e di parità di trattamento tra i sessi. Nello specifico, gli arruolamenti sono stati aperti alle donne seguendo un criterio di gradualità e di progressività. In poche parole, abbiamo proceduto dall'alto verso il basso, partendo dal reclutamento degli ufficiali, e nel loro ambito di specifici ruoli, per poi aprire anno dopo anno a tutti quanti i ruoli, a tutte le categorie e a tutti gli incarichi. Questo ci ha consentito di sviluppare un inserimento armonico del personale femminile nella Forza armata, facendo in modo soprattutto che l'Esercito ricevesse questo personale senza effetti collaterali negativi.
Prima di affrontare il discorso della selezione e del reclutamento, accennerò a due aspetti che ritengo importanti e che recentemente sono stati oggetto di trattazione anche nelle commissioni. Mi riferisco ai limiti di altezza e ai limiti di età. Per quanto riguarda i limiti di altezza, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 411 del 1987 fissa per le forze di polizia, sia a ordinamento civile sia a ordinamento militare, e per le Forze armate un limite diversificato per uomini e donne: un metro e 65 centimetri per gli uomini, un metro e 61 centimetri per le donne.
Ho inteso fare questa precisazione perché tale aspetto è strettamente correlato al cosiddetto «patentino». La possibilità del nostro personale di accedere alle carriere iniziali delle forze di polizia dopo aver
svolto perlomeno il periodo minimo di un anno quale volontario in ferma prefissata deve, infatti, avere come presupposto criteri e limiti uguali tra Forze armate e forze di polizia, altrimenti tale osmosi non si può concretizzare.
I limiti fissati derivano dalla combinazione di valutazioni di ordine operativo, addestrativo e di impiego legate al possesso di specifici standard fisici, adeguati a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, e sono contemperati alle esigenze rappresentate dalla Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. La necessità di prevedere un limite di altezza minimo - e in alcune Forze armate anche un limite massimo, come ad esempio in aeronautica per i piloti, in virtù di problemi di sicurezza in volo - deriva dalla tutela dell'efficienza dello strumento militare ed è legato a ragioni ergonomiche relative all'equipaggiamento, ai mezzi, ai materiali e all'armamento che ogni militare deve utilizzare.
Dal punto di vista delle valutazioni di carattere operativo, il limite per uomini e donne dovrebbe essere unico perché equipaggiamento ed armamento non sono diversificati tra personale femminile e personale maschile. Gli standard fisici, quindi, dovrebbero essere unici. La previsione di due limiti risponde al contemperamento delle esigenze tutelate dalla Commissione pari opportunità, ma non ha un vero e proprio riscontro dal punto di vista operativo perché, come ripeto, equipaggiamenti, materiale e armamento sono gli stessi.
Anche i limiti di età sono in stretta correlazione con il sistema del professionale. Tutti i limiti di età oggi previsti per VFP1 e VFP4 - ma non per i VSP perché, come dicevo prima, si tratta di uno sviluppo interno di carriera attraverso concorso - sono legati all'esigenza di disporre di personale giovane e idoneo a espletare incarichi a elevata connotazione operativa. In secondo luogo, sono legati al bisogno di evitare l'invecchiamento sia della categoria dei VSP, sia delle relative carriere iniziali delle forze di polizia. Si tratta di un altro aspetto di cui tenere conto per un armonico funzionamento di tutto il sistema del professionale.
Per quanto riguarda le procedure di selezione, l'iter concorsuale selettivo in atto dal 2005 a oggi ha subito un continuo processo di miglioramento, anche se le norme non sono cambiate. Da un punto di vista normativo abbiamo avuto un quadro abbastanza stabile, e devo dire che per molti versi è stato un bene. Negli anni, però, soprattutto sulla base delle esperienze e degli ammaestramenti che abbiamo maturato dall'applicazione delle norme, sono stati portati costanti miglioramenti alle prove e ai percorsi di selezione.
Si è cercato prima di tutto di predisporre prove concorsuali selettive che, da una parte, assicurassero uno standard qualitativo di selezione e quindi un output in termini di risorse umane il più vicino possibile ai nostri target e obiettivi e che, dall'altra, garantissero un reclutamento il più snello e meno burocratico possibile. Ciò aiuta moltissimo in termini di risorse finanziare, che oggi sono vitali, ma anche nei confronti del cittadino. Infatti, in tal modo assicuriamo di poter sviluppare tutte le attività richieste in maniera meno dispendiosa anche per le sue tasche.
Le procedure di selezione riguardano sia l'idoneità psico-fisico-attitudinale - la cosiddetta parte sanitaria, anche se l'idoneità attitudinale è diversa da quella psicologica - sia la valutazione dei titoli utili alla futura attività all'interno dello strumento militare. Per i VFP1, ad esempio, prendiamo in esame il possesso di patenti, titoli di studio e abilitazioni che un giovane può ottenere prima di fare domanda nell'Esercito.
Per la partecipazione al concorso di reclutamento nella categoria VFP4, che prelude al transito nel servizio permanente al termine della ferma o della rafferma, oltre ai requisiti psico-fisico-attitudinali e ai titoli, vengono tenuti in considerazione il rendimento in servizio, a cui stiamo dando un peso sempre maggiore, e ulteriori titoli che il volontario può acquisire strada facendo. In particolare, stiamo
aumentando di molto la valenza delle lingue estere conosciute, che nell'impiego odierno sono importantissime e assumono una valenza sempre maggiore, nonché di ricompense, benemerenze e titoli di studio che i giovani ottengono man mano.
Come livello di scolarizzazione, il 60-65 per cento dei VFP1 è personale con diploma di scuola media superiore ed è in aumento anche la percentuale del personale laureato o che sta frequentando l'università. Si tratta di personale che, man mano che passano gli anni di servizio, prosegue gli studi e acquisisce nuovi titoli di cui riteniamo si debba tenere adeguatamente conto.
L'attività selettiva è, quindi, condotta con un crescendo commisurato alle diverse mansioni che il volontario viene a svolgere procedendo nella propria esperienza militare, che lo porterà a concorrere per il transito in servizio permanente avendo consolidato capacità e competenze.
Sinteticamente, l'accesso al ruolo di VFP1 è previsto con una cadenza trimestrale. Abbiamo, quindi, un'immissione scadenzata in quattro blocchi all'anno (questo riguarda l'Esercito, ma i bandi sono ormai interforze). Si può partecipare dall'età di 18 anni fino all'età di 25. Le domande vengono presentate a mano o tramite raccomandata, ma abbiamo già introdotto anche la domanda on-line.
Con il passare del tempo, il numero delle domande on-line aumenta e questo ci sta agevolando moltissimo anche nell'attività burocratica di predisposizione della documentazione, dell'acquisizione di documenti, certificati e via elencando. È un sistema che prenderà sempre più piede e che forse ci consentirà di prevedere che in futuro i giovani - è un sogno che accarezziamo - presentino un unico tipo di domanda per tutti i concorsi. In tal modo potremmo rendere il nostro sistema molto meno burocratico, con effetti positivi sia per l'organizzazione interna sia per il cittadino, a cui per partecipare ai concorsi sarà chiesto il minimo indispensabile.
Per quanto riguarda i VFP1 - poiché per il momento stiamo ancora effettuando reclutamenti abbastanza significativi, nell'ordine delle 12.000 unità all'anno - l'organizzazione dell'Esercito ha previsto di avere sei centri di selezione dislocati sul territorio nazionale. In particolare, ne abbiamo uno a Bologna, uno a Roma, uno a Napoli, uno a Bari, uno a Palermo e uno a Cagliari. Questi sei centri fanno capo al Centro di selezione e reclutamento nazionale dell'Esercito, che si trova a Foligno, dove vengono svolti tutti gli altri concorsi della Forza armata. Il centro di selezione di Foligno dipende dal I Reparto.
Abbiamo così creato un'organizzazione a capo della quale c'è un'unica struttura - quella del I Reparto - che, da una parte, predispone gli studi in materia di reclutamento ed emana le direttive applicative ai centri di selezione e, dall'altra, riceve i feedback dai centri di selezione e aggiorna in tempo reale le proprie procedure. Si è così creato un circuito tale per cui a ogni reclutamento effettuato segue immediatamente il feedback di ritorno, consentendo al I Reparto di poter aggiornare le direttive che è deputato a emanare, in modo da migliorare il sistema stesso.
Siamo riusciti a concentrare le selezioni in due giornate. Per i VFP1, infatti, è in atto un sistema alquanto snello con una selezione iniziale basata soltanto sui titoli e sui requisiti posseduti, che il candidato ci invia come documentazione. Sulla base di questo, compiamo una prima grossa scrematura che consente di portare a visita presso i centri di selezione un numero di persone adeguato a realizzare il tasso di selezione che noi riteniamo ottimale, cioè uno su quattro.
PRESIDENTE. Quindi, rispetto ai 12.000...
PAOLO GEROMETTA, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito. Rispetto ai 12.000 ne portiamo avanti circa 4.000.
Nel documento predisposto vi è un quadro che mostra lo screening della situazione, con le percentuali relative anche ai motivi di inidoneità. Ritengo che possa essere interessante perché abbiamo cercato
di sintetizzare in una serie di allegati il quadro relativo alla selezione per capire dove si fa più selezione e dove, invece, è minore.
Per quanto riguarda il concorso per VFP4, esso è riservato esclusivamente ai VFP1 in servizio da almeno sei mesi e che non abbiano superato l'età di 30 anni. I limiti di età, come detto, servono anche per non rischiare che i VFP1 non possano partecipare ai concorsi per VFP4. Per assicurare a tutti i VFP1 la possibilità di partecipare occorre, dunque, un quadro armonico dei limiti di età.
Il concorso è unico e viene svolto presso il Centro di selezione e reclutamento nazionale di Foligno. È prevista prima di tutto una prova di cultura generale, che serve per eseguire una prima scrematura; poi si effettuano altre valutazioni che vanno dalle prove ginniche, alle visite psico-attitudinali e così via. Tuttavia, teniamo conto anche dei titoli di merito e del rendimento in servizio. È un aspetto che stiamo potenziando perché ci consente effettivamente di portare avanti una selezione sempre più meritocratica.
Quello per VSP è, invece, un concorso interno riservato unicamente ai VFP4. Salvo demeriti, il transito avviene in funzione dei soli titoli posseduti dai VFP4. È un concorso incentrato quasi esclusivamente sul rendimento in servizio. Non ci sono prove o test attitudinali perché tutto è già stato accertato nel passaggio a VFP4. Qui, dunque, si valutano i riscontri della selezione dei VFP4 nel corso dei quattro, sei o otto - a seconda del numero delle rafferme fatte - anni di servizio svolti.
Per quanto riguarda la selezione, vorrei anche sottolineare che, soprattutto con il cosiddetto «professionale 3» introdotto dalla legge n. 226 del 2004, ora confluita nel codice dell'ordinamento militare, si è attuato il processo di interforzizzazione delle procedure di arruolamento dei VFP, per le quali questo costituisce un principio informatore. Stiamo cercando di predisporre test e prove che siano il più possibile similari. Questo renderà possibile un'osmosi tra le Forze armate e darà ai volontari delle diverse Forze la possibilità di partecipare ai vari concorsi. Ritengo che ciò rappresenti un'ulteriore ottimizzazione del sistema. Infatti, per quanto riguarda i VFP4 ormai si è arrivati a bandi di arruolamento unici. Stiamo cercando, quindi, di unificare la parte comune e di prevedere prove specifiche solo per le peculiarità della singola Forza armata. Tutto ciò che può essere
conglobato come parte comune viene inserito nel bando unico.
Un ulteriore fattore di successo della professionalizzazione è il cosiddetto principio dell'auto-alimentazione dei ruoli. Esso consiste in una stretta interconnessione tra le categorie che formano la struttura piramidale della Forza armata che permette alle categorie superiori di essere alimentate in tutto o in parte dal basso, salvaguardando il principio meritocratico e le aspettative di carriera del personale. Ritengo che, insieme al «patentino», questo sia un altro cardine della professionalizzazione. È un fattore molto importante perché ci consente di portare verso le carriere superiori personale che è stato testato non solo da un punto di vista concorsuale, ma anche sul campo, attraverso il rendimento in servizio nelle categorie inferiori.
Al momento, nei VSP, il ruolo sergenti è totalmente alimentato dal basso, cioè dai volontari in ferma prefissata. Nel ruolo marescialli stiamo aumentando sempre di più l'immissione sia dalla truppa, sia dai graduati e dai sergenti. Anche per gli ufficiali, negli anni sono gradualmente aumentate le percentuali previste come riserva di posti per le categorie inferiori. Dosato e sviluppato gradualmente, questo andamento ha consentito di innalzare il livello di meritocrazia e di venire incontro alle aspettative del personale, che risulta da ciò incentivato. Il combinato disposto tra questo elemento e l'elevata scolarizzazione della nostra truppa ci permette di creare una serie di serbatoi di qualità testata anche dal punto di vista pratico.
Passo ora a trattare nello specifico il reclutamento di ogni categoria. Per quanto riguarda VFB e VFP4, se si esaminano i dati analitici riportati nei grafici allegati
alla documentazione presentata, si evince in via generale come la Forza armata abbia potuto contare sempre su un significativo bacino di candidati idonei a garantire un buon livello selettivo.
I dati di reclutamento di VFB e VFP4 palesano, nel periodo 2001-2003, una carenza di copertura dei posti messi a concorso causata da molteplici fattori, tra i quali sono da evidenziare: il basso numero di domande pervenute in rapporto ai posti messi a concorso; l'elevato numero di assenti in tutte le fasi concorsuali e, in particolar modo, alla prova di preselezione culturale, dove si è registrata un'assenza di candidati di circa il 40-50 per cento che ci ha spinto ad apportare una serie di modifiche alle procedure per renderle sempre più snelle e sempre più orientate a favorire i candidati; infine, il notevole numero di candidati risultati non idonei alle prove e, in particolar modo, alle visite mediche.
Il periodo 2004-2007, invece, è stato caratterizzato da un rilevante incremento delle domande pervenute, che ha portato il tasso medio di selezione al livello di uno a otto. Hanno giocato in questo senso gli interventi che abbiamo operato sul piano delle procedure e nel campo mediatico e di promozione dei reclutamenti, ma bisogna anche tenere conto del fatto che in quegli anni ha cominciato a inserirsi la componente femminile, che fino a quel momento non aveva potuto presentare domanda per mancanza della normativa di supporto.
Nel periodo 2008-2010 siamo giunti alla stabilizzazione del rapporto tra domande, posti a concorso e idonei finali, con un tasso medio di selezione intorno al valore - in termini di rapporto - di uno a cinque e che appaga pienamente le esigenze quantitative e qualitative del reclutamento.
Per quanto concerne i dati relativi ai VFP1, dopo un comprensibile picco di domande iniziale, legato anche all'effetto novità, come nel caso del reclutamento femminile, c'è stato un altrettanto fisiologico affievolimento. Ci si è attestati su valori costanti in termini di domande e posti messi a concorso, con un tasso medio di selezione che oggi si aggira intorno all'uno a quattro.
Analizzando nello specifico i risultati della selezione dei quasi 250.000 candidati avviati a selezione dal 2005 al 2010, si riscontra che circa il 20 per cento non si presenta alla prima selezione e un altro 22 per cento circa viene giudicato non idoneo fisicamente. Gli esclusi per mancanza di idoneità attitudinale sono stati meno dello 0,05 per cento. Il personale proveniente dalle regioni del nord Italia è pari a circa il 12-15 per cento.
Volevo porre in evidenza che, per quanto concerne la mancata presentazione alle visite presso i centri di selezione, abbiamo attuato una serie di procedimenti volti a non abbandonare questo personale. Riteniamo, infatti, che, anche se da un punto di vista quantitativo questo 20 per cento potrebbe non essere necessario, dal punto di vista qualitativo potrebbe essere invece utile per innalzare il livello generale. Pertanto, stiamo facendo sì che tutti coloro che presentano domanda possano essere «agganciati» dai centri di selezione con un servizio personalizzato (tramite e-mail, sms e quant'altro) che ricorda ai candidati gli appuntamenti della selezione. È una vera e propria forma di aggancio che ci serve per fare in modo che questo 20 per cento si possa ridurre sempre di più.
Per quanto riguarda, invece, la non idoneità sanitaria, che interessa un'altra parte considerevole dei candidati scartati, il fattore più pesante è il cosiddetto coefficiente psicologico. Il 32,16 per cento dei non idonei è inidoneo per motivi psicologici. Le altre voci sono più o meno similari: incide anche la costituzione fisica, ma il top è raggiunto dalla componente psicologica.
Per quanto riguarda la provenienza regionale, in generale abbiamo notato che è in costante crescita la partecipazione ai concorsi dei giovani del nord Italia. Al di là della situazione sociale ed economica del nostro Paese, questo dato è legato anche al fatto che negli anni abbiamo cercato di portare avanti una politica di
promozione dei reclutamenti, anche attraverso formule diverse, mirata soprattutto alle regioni da cui provenivano meno domande e devo dire che questa politica sta cominciando a premiarci.
Vengo alle considerazioni finali. In base a quanto abbiamo detto finora, appare evidente che il modello professionale ruota intorno a tre perni fondamentali: la dotazione organica, gli obiettivi operativi e la prospettiva futura in Forza armata per i volontari. In particolare, per quanto riguarda la dotazione organica richiesta si è ritenuto che, per giungere nel 2020 al numero di VSP previsti, si dovesse agire con gradualità, al fine di evitare problematiche di invecchiamento dell'intera categoria. Per questo si è creata la figura del VFP4, che costituisce il naturale bacino da cui attingere per reclutare i volontari in servizio permanente.
Allo stesso tempo, il ricorso in quantità e qualità adeguata ai VFP1 è stato massiccio specialmente nei primi anni dopo l'attuazione della pregressa normativa. Ciò è avvenuto, in primo luogo, per garantire costantemente le 112.000 unità complessive annue e per colmare il gap derivante dalla sospensione della leva; in secondo luogo, per consentire la creazione di un congruo bacino di personale da cui selezionare i VFP4 e il personale delle carriere iniziali delle forze di polizia, a ordinamento civile e militare.
Dal punto di vista degli obiettivi operativi, la creazione dei VFP1 ha permesso di disporre di uno strumento direttamente impiegabile anche in operazioni al di fuori del territorio nazionale. Si è raggiunto così l'obiettivo di garantire la corretta alimentazione dei ruoli, evitando il precoce invecchiamento delle categorie dei graduati e dei volontari di truppa, e conseguentemente di ridurre i vincoli del personale all'impiego in operazioni ovvero in incarichi in cui siano richieste elevate prestazioni fisiche.
Le forze operative sono, per questa ragione, costituite da una elevata percentuale di personale giovane. Tenendo presente che le stesse contano circa 58.000 unità e reputando accettabile che il personale più anziano, di età comunque non superiore ai 45 anni, sia destinato a ricoprire incarichi a più elevato contenuto tecnico o per i quali sia sufficiente una minore prestazione fisica, si è calcolato che occorre disporre, per garantire un impiego ottimale delle unità, di almeno 33.800 giovani.
Peraltro, non si può sottacere che il processo di professionalizzazione si è discostato da quanto pianificato a causa del citato taglio delle risorse finanziarie disponibili, del totale blocco del turnover nelle altre pubbliche amministrazioni, che ha ridotto le possibilità di sbocco, e dei reclutamenti a singhiozzo avvenuti nelle forze di polizia. Ciò ha avuto come conseguenza la riduzione della consistenza dei VFP (pari a 6.800 unità) e soprattutto l'invecchiamento della categoria, con il rischio in sede prospettica di venir meno alla policy, fin qui perseguita dalla Forza armata, di transitare in servizio permanente tutto il personale VFP4 meritevole.
È evidente che, in assenza di correttivi che riportino i reclutamenti a quanto pianificato inizialmente, la Forza armata si vedrà costretta a congedare personale VFP4, che onora con sacrificio e, purtroppo, anche con la vita la divisa che porta, anche al termine dell'ultima rafferma, ovvero dopo ben otto anni di servizio. È un rischio reale che, se non riusciremo - in termini finanziari - a riportare i reclutamenti al livello previsto, potremmo essere costretti a mutare in realtà. Sarebbe davvero - uso un termine forte - la morte del sistema professionale e di una Forza armata che abbia nella componente umana, cioè nei volontari, il proprio focus.
Il legislatore ha inoltre previsto, ritenendolo essenziale per il successo dell'intero processo, ulteriori sbocchi lavorativi per la figura del VFP1, garantendo una riserva di posti nei concorsi banditi per l'accesso alle carriere iniziali delle forze di polizia a ordinamento civile e militare e agevolando al tempo stesso l'alimentazione dei ruoli. In questo modo, oltre a venire incontro alle giuste aspettative del personale, si favorisce l'adesione e si ingrandisce
il bacino dei potenziali candidati e si limita la creazione di pericolose sacche di precariato all'interno della nostra Forza armata.
Dall'analisi che abbiamo condotto finora si evince che una revisione dell'attuale modello di reclutamento prima che siano stati raggiunti gli obiettivi del 2020 risulta quanto mai inopportuna. L'abolizione di una delle tre figure di volontariato - in particolare del VFP1, che è la base su cui poggia tutta la piramide del sistema - potrebbe verosimilmente scardinare l'organizzazione dell'Esercito. Ciò per via dell'immissione in poco tempo di un numero elevato di VSP che porterebbe a un invecchiamento della categoria nel medio termine, con negativi risvolti soprattutto operativi; la mancanza di un bacino adeguato di personale per la selezione dei futuri VFP4 e quindi in prospettiva dei VSP; la conseguente necessità di ricorrere a un massiccio reclutamento di VFP4 per sopperire ai numeri necessari nel ruolo; e, stante l'impossibilità di transitare tutti i VFP4 in servizio permanente, la creazione di ampie sacche di personale, che dopo quattro o
più anni di servizio si troverebbe senza la garanzia di uno sbocco e di un prosieguo della propria carriera nell'ambito della Forza armata.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Gerometta per la completezza della relazione svolta e per la documentazione che ha prodotto, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato).
Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PIER FAUSTO RECCHIA. Sarò velocissimo. Nella sua conclusione, infatti, ha già risposto alla domanda che volevo porre a proposito dei tagli. Nonostante i tagli del 2009-2010 da lei ricordati, il modello per ora regge, ma dalle sue conclusione ho capito che se non si troveranno le risorse vi si dovrà metterà mano.
Volevo invece porle una domanda su un argomento che non mi sembra sia stato trattato. Mi riferisco allo squilibrio tra i ruoli. Vorrei sapere se esiste davvero una «gobba» nel grado di maresciallo, ragione per cui tale personale supera quelle che sono le esigenze della Forza armata e se ne avete una proiezione al 2021 per capire, cioè, se con il passare gli anni si potrà risolvere.
Ho, infine, una curiosità in relazione agli arruolamenti in crescita nel nord Italia. Se fosse possibile, vorrei avere il dato numerico.
PRESIDENTE. Do la parola al generale Gerometta per la replica.
PAOLO GEROMETTA, Capo del I Reparto dello stato maggiore dell'Esercito. Per quanto riguarda la nota questione della «gobba» dei marescialli, era già previsto che, rispetto al modello finale dell'Esercito professionale, fino al 2021 il numero dei marescialli sarebbe stato superiore.
Questo numero superiore di marescialli, però, non rappresenta, come a volte mi capita di leggere, personale in esubero. Dobbiamo considerare il sistema professionale come un sistema a vasi comunicanti. In realtà, quel numero superiore di marescialli è bilanciato da un numero inferiore di sergenti rispetto a quello previsto dal modello finale. Man mano che cresce il numero dei sergenti, decresce quello dei marescialli e sale quello dei VSP. Per questo alla fine della mia relazione si sostiene che per mettere mano al sistema bisogna aspettare il 2021. Solo a quella data raggiungeremo il completo equilibrio.
È ovvio che per raggiungere quel completo equilibrio nel modo più corretto e armonico possibile occorre assicurare le risorse finanziarie previste proprio nel provvedimento e per tutti e tre i professionali in combinazione tra loro.
Non è che oggi i marescialli, come mi è capitato di leggere da qualche parte, non abbiano un posto di lavoro. È personale per noi assolutamente necessario, anche perché rientra nei 112.000 uomini che, nell'ambito delle dotazioni organiche complessive, operano ogni giorno in seno alla Forza armata.
FABIO MAJOLI, Capo ufficio reclutamento, stato e avanzamento dello stato maggiore dell'Esercito. Volevo aggiungere che per quanto riguarda la distribuzione geografica delle adesioni, nel 2011 la provenienza dalle regioni del nord Italia era pari al 18,59 per cento.
Rispetto alla media degli anni passati, rappresenta uno scarto di circa due punti percentuali in più.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Gerometta e tutti gli intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10,05.