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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
9.
Martedì 30 settembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti di Tiscali Italia Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 3 11 12 14
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 12
Crosio Jonny (LNP) ... 11
Mariani Mario, Amministratore delegato di Tiscali Italia Spa ... 13
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 12
Moffa Silvano (PdL) ... 11
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 12
Nizzi Settimo (PdL) ... 11
Rosso Mario, Amministratore delegato e presidente di Tiscali Spa ... 3 11 12 13
Simeoni Giorgio (PdL) ... 11

Audizione di rappresentanti di Telecom Italia Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 14 23 25 26 27
Bernabè Franco, Amministratore delegato di Telecom Italia Spa ... 14 26
Carra Enzo (PD) ... 24
Crosio Jonny (LNP) ... 25
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 23
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 25
Nizzi Settimo (PdL) ... 25
Simeoni Giorgio (PdL) ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 30 settembre 2008



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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 9,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Tiscali Italia Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Tiscali Italia SpA.
Do la parola a Mario Rosso, amministratore delegato e presidente di Tiscali.

MARIO ROSSO, Amministratore delegato e presidente di Tiscali Spa. Grazie, presidente. Procederò subito ad esporre la relazione.
Innanzitutto desidero ringraziare il presidente e l'intera Commissione per aver assunto l'iniziativa di realizzare l'indagine conoscitiva in oggetto. Si tratta infatti di una scelta che, proprio perché realizzata all'inizio della legislatura, dimostra l'attenzione strategica verso il tema dell'evoluzione delle reti e del sistema delle comunicazioni, e di conseguenza dell'impatto che può avere sull'andamento economico, sugli aspetti culturali e sociali e sull'assetto competitivo e concorrenziale del nostro sistema paese.
Le esperienze internazionali più brillanti - e tra queste in particolare quella britannica, dove Tiscali, società profondamente italiana pur avendo lì più del 70 per cento delle sue attività, è tra gli operatori leader nel mercato - insegnano che solo attraverso una piena consapevolezza di tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati, è possibile raggiungere dei risultati apprezzabili in termini di crescita e di evoluzione complessiva del sistema Paese in parallelo con il sistema delle telecomunicazioni.
Si compiono quest'anno dieci anni dall'avvio del processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni e sono stati fatti enormi passi in avanti in termini di servizi resi alla clientela, di performance, di tecnologie, di sviluppo e di prezzi.
La relazione del presidente Calabrò, tenuta nei giorni scorsi di fronte a questa Commissione, ha descritto in modo esaustivo il percorso fatto e ha identificato molto chiaramente le sfide che ci aspettano. Oggi l'evoluzione del mondo delle telecomunicazioni assume un ruolo ancora più importante e delicato, non solo perché questa impatta sulla competitività e sulla produttività del sistema Paese, ma anche perché ci troviamo di fronte ad una sempre maggiore convergenza in atto tra le telecomunicazioni e il mondo dei media tradizionali.
In questo contesto deve essere definita la strategia complessiva dell'Italia con riferimento alla diffusione della banda larga e alla realizzazione delle reti di nuova generazione (NGN). L'avvio di questa indagine


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conoscitiva è sicuramente il segnale di una forte e quanto mai necessaria attenzione da parte del nuovo Parlamento su questi temi e riflette la consapevolezza di trovarsi di fronte a una priorità strategica dell'agenda politica, al pari della realizzazione di altre infrastrutture indispensabili. Così dimostrano i casi di maggiore successo, e tra questi il caso inglese è sicuramente il più citato e il più conosciuto, quello in cui all'iniziale presa di coscienza da parte del Governo e del Parlamento sono seguiti atti normativi, atti di indirizzo e atti di coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti. Questa crediamo sia una delle chiavi fondamentali dell'efficacia dell'azione.
Occorre dunque oggi individuare le priorità nazionali e avere chiari i punti di forza e di debolezza, al fine di definire gli investimenti futuri sulla base di quanto sta accadendo in Italia e nel resto del mondo. Dal nostro punto di vista ci sono due aspetti che ci preme evidenziare: il primo è che esiste la necessità di incrementare la diffusione della banda larga nel Paese sia in termini geografici che di alfabetizzazione della popolazione; il secondo è che la realizzazione delle nuove reti ha senso solo in una logica di convergenza con altri media, con particolare attenzione alla fruizione dei video sulle diverse piattaforme (TV e Internet).
Consentitemi ora di fare una breve sintesi dell'esperienza di Tiscali per fornire un quadro della nostra azienda. Sin dagli inizi, Tiscali si è focalizzata sulle potenzialità offerte dalla rete. Abbiamo iniziato nel 1998 partendo come operatore telefonico locale e Internet service provider, estendendo poi la nostra attività al territorio nazionale e poi internazionale, differenziandoci dai competitors per i nostri servizi innovativi e la nostra visione strategica.
Nel marzo 1999 siamo stati i primi a lanciare un servizio di accesso a Internet gratuito, la famosa «freelosophy», dando una nuova e significativa spinta alla crescita del mercato e affermandoci come indiscusso first mover. Grazie alle nostre offerte innovative, all'affidabilità del nostro network e alla flessibilità di un'organizzazione giovane, abbiamo superato i monopoli esistenti, contribuendo in modo decisivo a modificare le regole del mercato. Oggi, dopo dieci anni di attività, ci distinguiamo come operatore indipendente di telecomunicazioni, offrendo sia in Italia che nel Regno Unito, servizi integrati di dati e voce (cosiddetto double play) e di dati, voce e IPTV (triple play). A breve arricchiremo la nostra offerta, integrando i nostri servizi dati di rete fissa con i servizi di telefonia mobile (quadruple play).
Tutto questo è possibile grazie ad un'infrastruttura di rete fisica sul territorio nazionale, progettata e realizzata direttamente su tecnologia IP che può contare su circa novemila chilometri di fibra di lunga distanza, ottocento chilometri di cavi sottomarini e circa tremila chilometri di fibra nelle aree metropolitane (MAN) che collegano i siti in accesso disaggregato (unbundling) che al 30 giugno 2008 assicura la copertura di circa il 55 per cento delle linee ed è pari a circa 1.150 siti.
Inoltre, la nostra rete internazionale rappresenta un caso di eccellenza a livello europeo, tanto che anche il New York Times ha recentemente inserito Tiscali tra i tre principali protagonisti della gestione del traffico Internet a livello mondiale insieme ai maggiori operatori americani e asiatici. Il New York Times cita T-net, che è la nostra società che gestisce il traffico internazionale, come quella che ha avuto più impatto sulla redistribuzione dei traffici mondiali tra l'Occidente e i nuovi Paesi.
Tiscali oggi in Italia è anche uno dei portali maggiormente visitati dagli utenti, con un'audience intorno a otto milioni di visitatori unici mensili e dotato di una propria testata giornalistica online. L'occupazione diretta è di circa 900 unità con un indotto di alcune migliaia di unità presenti in molte parti del territorio nazionale.
Nel corso del 2007 il fatturato del gruppo Tiscali è stato pari a 911 milioni di euro con un margine lordo (EBITDA) di 161,4 milioni di euro. Per il 2008 prevediamo


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di chiudere con un fatturato di superiore ad un miliardo di euro e con un EBITDA atteso di circa 220 milioni di Euro.
Relativamente allo scenario attuale e alle possibili prospettive future, assistiamo ad alcuni fenomeni che meritano di essere evidenziati per poi essere collegati fra loro per ricostruire il quadro di riferimento. Per la prima volta si affaccia sul mercato dei consumi e della fruizione dei contenuti la generazione che viene definita dei digital native, soggetti cioè che fin da bambini hanno convissuto con le nuove tecnologie: sempre connessi (always on), abituati al gioco online, all'utilizzo del telefoni cellulari, instant messaging, sms, social networking, persone che vivono e costruiscono relazioni, operano e producono attraverso la connessione continua con la rete. La generazione dei giovani adulti (25-40 anni) ha una propensione crescente all'interattività e ad Internet, ai videogiochi, all'uso di dispositivi multimediali portatili e mobili.
Si assiste in parallelo ad un forte invecchiamento del pubblico della TV generalista, quindi la nuova generazione dei digital natives sta entrando rapidamente nel mercato pur essendo attualmente ancora un segmento inferiore al grande segmento del pubblico della TV generalista.
Esiste un'elevata correlazione tra la domanda di televisione avanzata e la diffusione di Internet e dei collegamenti veloci (banda larga, ADSL, reti di nuova generazione). La IPTV rappresenta la forma più evoluta di TV digitale e può funzionare come driver efficace per la diffusione della banda larga e larghissima. La IPTV è una nuova formula moderna, funzionale, orientata al cliente, flessibile nel modo di fruizione dei tradizionali contenuti della televisione, resa possibile con la diffusione della banda larghissima.
Secondo Cisco nel 2012 il consumo di contenuti video via Internet nelle sue diverse forme (peer to peer, video su tv, video su pc, video on demand commerciali, IPTV) rappresenterà l'87 per cento del traffico totale, con un traffico complessivo che sarà quattro volte superiore a quello attuale. Quindi, nel 2012 solo il video sarà il triplo rispetto all'intero traffico attuale.
I servizi e le applicazioni responsabili della generazione del traffico fanno capo a operatori diversi da quelli che realizzano le reti (Google, YouTube, Skype, Ebay, Facebook etc.), che tendono a realizzare nuove forme di monopolio a livello mondiale. Forse il collega Mariani potrà aggiungere qualcosa in proposito. Gli operatori che gestiscono le reti oggi non hanno benefici economici dalla crescita del traffico, mentre devono ampliare la capacità delle proprie reti. Quindi, mentre questi grandi soggetti scaricano quantità enormi di contenuti sulle reti, noi dobbiamo investire per adattare le reti alla distribuzione di contenuti gratuiti. Esiste dunque una contraddizione fra chi fruisce dell'investimento e chi ne sostiene l'onere. Qualcosa non funziona.
Le nuove piattaforme distributive rappresentano per i broadcaster tradizionali un'opportunità di valorizzazione del proprio patrimonio di contenuti, delle produzioni innovative e degli archivi, in quanto la fruizione diventa sempre più indipendente dal tempo e dal palinsesto. Esiste una quantità di contenuti disponibili virtualmente negli archivi, che attualmente non sono fruibili perché la fruizione mediante le piattaforme tradizionali è rigida, in quanto decisa dal broadcaster e non dal fruitore. Si tratta di «archivi morti» che solo con iniziative specifiche costose vengono resi attivi e fruibili con le nuove piattaforme e le nuove modalità di fruizione, acquistando quindi valore.
In questo contesto e con queste contraddizioni noi crediamo che sia necessario individuare nuovi modelli di business nei quali tutti gli operatori (carriers e broadcasters) contribuiscano in termini economici in funzione del traffico sviluppato sulle reti. Siamo convinti che la convergenza tra media e Tlc possa essere il fattore di svolta per la diffusione della banda larga nel Paese: la disponibilità di servizi è condizione preliminare per la realizzazione delle reti di nuova generazione. Prima i servizi, poi la rete.


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Consentitemi una breve sintesi della nostra posizione sugli andamenti dell'industria e i principali nodi dell'attuale assetto regolamentare del mercato delle comunicazioni elettroniche e la sua compatibilità con l'evoluzione tecnologica, in particolare per l'incentivazione alla creazione di reti a banda larga fissa e mobile anche in relazione all'evoluzione del quadro normativo europeo. Il mercato delle comunicazioni elettroniche ha raggiunto la sua prima fase di maturazione. Tuttavia, in Italia soltanto una ristretta minoranza della popolazione ha accesso ad Internet. A giugno 2008 sono oltre 8,7 milioni le famiglie che dispongono di un collegamento a banda larga (37 per cento del totale). Di queste, l'80 per cento ha scelto una modalità di tariffazione flat, fenomeno che indica un'inversione di tendenza rispetto al passato, quando una parte rilevante degli accessi erano tariffati a consumo. A giugno 2008, l'Osservatorio sulla banda larga rileva però che oltre 14 milioni di famiglie italiane non dispongono di una connessione a banda larga e, di queste, oltre 11 milioni di house holder non possiedono un personal computer.
Il grado di penetrazione dei personal computer connessi ad Internet nei nuclei familiari italiani costituisce un fattore decisivo per il decollo dei nuovi servizi, tralasciando quanto ciò significa in termini di inclusione, di costruzione di una cultura sociale e di integrazione; rispetto ad altri Paesi, l'Italia presenta vincoli strutturali non indifferenti come sistema Paese dovuti, tra le altre cose, anche al veloce invecchiamento della popolazione rispetto alla media europea, il che comporta la fuoriuscita di un ampio segmento di popolazione dal target di fruizione del personal computer e della banda larga.
A fronte di una crescente richiesta di banda complessiva e di miglioramento della performance generale si registra una scarsa propensione da parte degli utenti a riconoscere un valore/prezzo aggiuntivo per tale servizio; non esiste ad oggi, a nostro parere, una reale domanda di banda larghissima né una propensione significativa a pagare differenziali di prezzo per servizi che vadano oltre i 10 mega attualmente disponibili. Non ci sono i servizi, non c'è la domanda, non c'è la propensione a pagare il servizio,
L'attuale andamento del mercato, unito alle condizioni generali dell'economia e dei consumi a livello nazionale e mondiale, rappresentano una fortissima criticità per lo sviluppo futuro del sistema delle telecomunicazioni. In questo contesto si rende necessario sfruttare al meglio le opportunità tecnologiche offerte da diverse forme di convergenza (fisso-mobile, media-Internet) che dovrebbero consentire, se supportate da un quadro di regole certo e corretto, a tutti gli operatori di ampliare il portafoglio dei servizi offerti per soddisfare ulteriormente le esigenze presenti e future dei propri utenti e contemporaneamente sfruttare potenziali aree di crescita dei ricavi e della marginalità economica.
Nello specifico, Tiscali è andata gradualmente ampliando la propria offerta; partendo dalla semplice connessione ADSL, siamo passati alle offerte ADSL e voce (double play) alle quali può essere aggiunta l'offerta Tiscali.tv (triple play), lanciata lo scorso maggio e che sarà progressivamente disponibile su tutte le aree del territorio nazionale coperte dalla nostra rete proprietaria. È inoltre in corso di rilascio l'offerta sul mobile che sarà disponibile al pubblico nel corso dei prossimi mesi.
In entrambi i settori della convergenza vale la pena soffermarsi su alcune valutazioni. Con riferimento alla TV, il «laboratorio» Tiscali sulla IPTV dimostra che la disponibilità di nuove funzionalità (un'interfaccia intuitiva, la possibilità di rivedere i programmi trasmessi nelle ultime 48 ore, la creazione delle playlist, il video on demand) modifica significativamente i comportamenti di fruizione e di consumo degli utenti. La fruizione non lineare, on demand, da parte dei nostri utenti occupa tra il 30 e il 50 per cento del tempo di utilizzo della piattaforma. Questo identifica una modalità di fruizione attiva ed interattiva completamente diversa dal fruitore che sul divano sorbisce passivamente i contenuti proposti dal broadcaster. Questo


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evidenzia la presenza di una forte domanda di interattività e di evoluzione del tradizionale mondo televisivo/broadcast.
La diffusione di una nuova piattaforma richiede: condizioni di accesso alla rete di Telecom Italia eque e non discriminatorie, come vedremo in seguito, e investimenti significativi, che possono essere realizzati solo in presenza di un'offerta di servizi e contenuti adeguata ed in linea con la domanda di mercato. Diventa dunque essenziale creare un quadro normativo che favorisca la diffusione dei contenuti su tutte le piattaforme, anche attraverso la previsione di misure asimmetriche per le piattaforme emergenti: contratto di servizio Rai con condizioni eque per l'accesso e la distribuzione degli archivi, oltre a condizioni pro-competitive nella gestione delle finestre temporali per i diritti in modo da favorire lo sviluppo della replay tv per tutti le piattaforme TV; offerte all'ingrosso regolate per tutti i maggiori player (SKY, Mediaset) che garantisca l'accesso ai contenuti per le piattaforme emergenti; favorire lo sviluppo di piattaforme «aperte» nelle quali l'accesso ai contenuti sia slegato dal provider che fornisce il servizio di accesso a banda larga; sostenere la diffusione di apparati abilitanti (decoder ibridi che integrano la fruizione dei canali del digitale terrestre con le funzionalità dell'ADSL) in linea con il piano di switch-off del digitale terrestre, dando contemporaneamente la possibilità di soddisfare la domanda crescente di interazione delle nuove generazioni.
Con riferimento al mercato mobile l'attuale offerta degli operatori, non essendo regolamentata ma lasciata alla negoziazione commerciale, di fatto non consente di competere con le offerte degli operatori mobili oggi operanti. Tiscali ritiene che siano necessarie condizioni tecniche ed operative che permettano agli operatori virtuali di beneficiare della stessa varietà e flessibilità di formulazione dell'offerta degli operatori mobili infrastrutturati, anche in assenza di un'offerta standard di riferimento controllata dal regolatore.
Infatti, per poter aumentare la concorrenza sul mercato della telefonia mobile anche da parte degli operatori che oggi offrono solo servizi di telefonia fissa, riteniamo siano necessarie condizioni economiche che prevedano prezzi per i servizi di accesso alle reti orientati ai costi e che permettano agli operatori che si affacciano ora al mercato della telefonia mobile di concorrere effettivamente con le offerte commerciali degli operatori mobili infrastrutturati.
Per quanto riguarda il quadro regolamentare e gli impegni di Telecom Italia, faccio alcune osservazioni. Il mercato delle comunicazioni di rete fissa ha vissuto negli anni più recenti alcuni fenomeni rilevanti: da un lato, l'oggettiva difficoltà per un nuovo operatore di affacciarsi su un mercato articolato e nel quale l'incumbent aveva - ed ha - una posizione dominante ha prodotto una forte selezione dei player, riservando la possibilità di competere solo a coloro che sono stati in grado di raggiungere una significativa dimensione sul mercato ed un'adeguata presenza infrastrutturale; da un altro lato, l'emergere negli anni più recenti di prodotti e servizi prima inesistenti (in particolare tutto quanto legato ai servizi Internet ed alla banda larga) che rappresentano ormai una voce rilevante in termini di ricavi e soprattutto di margini anche per gli operatori dominanti nei diversi mercati nazionali.
In questo contesto la competizione è andata spostandosi da una situazione di pura replica dell'offerta di Telecom Italia a situazioni in cui, grazie soprattutto agli sforzi fatti in termini di investimenti infrastrutturali seguiti alle opportunità prodotte dall'evoluzione del quadro regolamentare (sostanzialmente riconducibili all'unbundling del local loop) è stato possibile realizzare prodotti e servizi con caratteristiche proprie e differenziate rispetto a tale offerta di riferimento, in grado così di trasferire sull'utente finale notevoli benefici in termini di prezzo dei servizi e di qualità e quantità dei medesimi.


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Tuttavia, in questo contesto è indispensabile ricordare come ad oggi, dopo quasi 10 anni dall'avvio della liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni di telefonia fissa, Telecom Italia detenga una posizione di assoluta dominanza con circa il 70 per cento del totale della spesa degli utenti sia nel mercato residenziale che nel mercato affari e la quasi totalità degli operatori alternativi di rete fissa non abbia raggiunto un livello di equilibrio economico e ancor meno una concreta e persistente profittabilità delle proprie attività operative.
Si tratta di un aspetto cruciale da tenere presente nell'affrontare il tema dell'evoluzione futura del sistema perché, come mostra l'esperienza di altri Paesi europei più avanzati, solo operatori alternativi finanziariamente stabili possono, nel medio periodo, continuare ad innescare ed alimentare il circolo virtuoso legato alla realizzazione di nuove infrastrutture attraverso le quali distribuire nuovi servizi innovativi. C'è quindi bisogno di capacità di investimento, di equilibrio economico, di regolamentazione della competizione e questo è particolarmente significativo per Tiscali che non fa parte di grandi gruppi internazionali, né ha accesso a finanziamenti di investitori cinesi, egiziani o spagnoli, a differenza dei suoi concorrenti. Si tratta di una società puramente italiana che ha quindi necessità di un accesso al finanziamento autonomo e indipendente in quanto, oltre alla competizione e allo sviluppo, anche l'indipendenza è un valore.
Sul piano regolamentare, in presenza di un corpo di norme complessivamente adeguato ed in linea con le migliori esperienze internazionali, permangono tuttavia due fattori critici che devono essere evidenziati: la difficoltà a garantire un'efficace implementazione del quadro regolamentare con un'azione di vigilanza e sanzioni associate; la necessità, in prospettiva futura, di tenere conto dell'evoluzione tecnologica, con particolare riferimento alla convergenza tra fisso e mobile che rischiano di creare nuove forme di concentrazione (in particolare la convergenza tra rete fissa e rete mobile e l'accesso alle reti mobili da parte degli operatori non infrastrutturati).
Come la stessa Agcom ha rilevato in diverse occasioni, i rimedi - pur talvolta efficaci a livello di singolo mercato - non riescono ad affrontare in modo effettivo e pieno, ed entro un orizzonte temporale accettabile, il limite concorrenziale di sistema, ossia il collo di bottiglia rappresentato dalla rete di accesso dell'operatore dominante che è ancora totalmente verticalmente integrato.
Agcom ha proprio per questo avviato lo scorso anno una consultazione per verificare se l'ipotesi di una separazione funzionale della rete potesse risolvere questo fallimento di mercato rilevato. Nei mercati di rete fissa si è infatti in presenza di un'asimmetria permanente, sostanzialmente non rimovibile, derivante proprio dalla legacy in capo all'operatore storico del monopolio di tutti i servizi di telecomunicazione. Tiscali ritiene che la separazione almeno funzionale della rete sia l'unico strumento atto a realizzare, sia per le divisioni commerciali di Telecom che per gli operatori concorrenti, la parità nell'accesso ai segmenti di rete e ai sistemi necessari per fornire i servizi alla clientela finale.
È necessario migliorare il contesto regolamentare di un mercato dove la presenza storica di Telecom Italia non appare superabile con i rimedi finora introdotti da Agcom. È la stessa conclusione a cui è giunta l'autorità di regolamentazione britannica (Ofcom) avviando il processo per la separazione funzionale di British Telecom alla quale la nostra società inglese ha partecipato attivamente ed ha portato alla separazione della rete di British Telecom in una divisione denominata OpenReach. In questa logica Tiscali non può che dare una valutazione negativa degli «impegni» che Telecom Italia ha recentemente proposto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Essi infatti: non rispettano il set minimo di impegni individuato da Agcom nella delibera 208/07/CONS che ha aperto l'attuale fase di consultazione; non introducono misure regolamentari innovative,


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anzi risultano, in alcuni punti, limitare le disposizioni delle delibere già oggi vigenti; non garantiscono un'effettiva separazione funzionale e misure atte a realizzare l'equità dell'accesso alle funzionalità di rete; non introducono obbligazioni in relazione all'accesso alla rete di nuova generazione, in grado di tutelare gli investimenti degli OLO ed evitare ogni rischio di ri-monopolizzazione da parte di Telecom Italia; inoltre, vanificano l'efficacia dell'organo di vigilanza (previsto nell'esperienza inglese e auspicato da Agcom) del quale non garantiscono l'indipendenza necessaria da Telecom Italia e i cui compiti e poteri non appaiono assolutamente idonei a garantire un controllo incisivo sull'effettivo rispetto degli impegni.
Passiamo ora ad analizzare i modelli di investimento in relazione al ruolo rivestito dal settore pubblico. Innanzitutto, va considerato che l'attuale modello regolamentare basato sull'unbundling ha consentito in questi anni agli operatori alternativi di realizzare offerte in termini di prezzo e di qualità del servizio competitive e spesso avanzate rispetto all'offerta di Telecom Italia. L'unbundling infatti consente agli operatori alternativi un pieno controllo delle performance e della qualità del servizio e dunque consente di differenziare il proprio prodotto sul mercato.
Il principio dell'indipendenza della qualità del servizio deve essere mantenuto fermo anche nell'evoluzione verso le reti di nuova generazione ed è essenziale che questa consapevolezza sia chiara per evitare che il grande progetto di dotare il Paese di una rete di nuova generazione si traduca in una limitazione della qualità dei servizi offerti e quindi del livello di concorrenza, il che significa di conseguenza minori opportunità per gli utenti finali.
Considerando poi gli investimenti da destinare alla rete di nuova generazione, essi rappresentano sicuramente una grossa criticità. Si tratta di investimenti ingenti ed è impossibile sostenere una competizione infrastrutturale fra gli operatori. Come ha confermato di recente lo studio di WIK, commissionato da ECTA - una delle più importanti associazioni di operatori europei - la costruzione di una rete a banda larga di nuova generazione che copra gli interi confini nazionali non è un'attività profittevole in nessuno dei Paesi presi in esame, inclusa ovviamente l'Italia. L'unica possibilità è «l'espansione con fondi o sussidi pubblici» nelle aree che garantiscano minori introiti e dunque poco appetibili per gli operatori. La porzione maggiore degli investimenti è peraltro quella destinata alla realizzazione di cavidotti e opere civili: sono dunque necessarie soluzioni di condivisione tra tutti gli operatori e un ruolo attivo da parte del settore pubblico.
In questo contesto riteniamo che la strada intrapresa dal Governo e dal Parlamento vada nella direzione giusta: il coordinamento degli interventi e la razionalizzazione delle attività tra Governo centrale e amministrazioni locali; il sostegno finanziario alla realizzazione delle nuove infrastrutture; la semplificazione delle procedure per la realizzazione delle opere civili, in linea con quanto già proposto da Agcom.
Di fronte alla complessità di questa sfida l'ipotesi, già avanzata da più parti nel corso di questa indagine, della separazione societaria dell'attuale rete di Telecom Italia e la realizzazione in capo ad un unico soggetto della rete di nuova generazione, deve essere tenuta nella massima attenzione. Tale soluzione infatti, potrebbe rappresentare un'importante modalità di finanziamento dell'infrastruttura e allo stesso tempo garantire, se accompagnata da appropriate misure regolamentari, la parità di accesso da parte di tutti gli operatori alla rete.
Il terzo punto che intendo analizzare è il ruolo che potrà giocare lo sviluppo di reti di nuova generazione in relazione al problema del cosiddetto digital divide. Nella classifica europea della diffusione del broadband, l'Italia occupa oggi la ventunesima posizione, con 15,9 utenze attive su 100 abitanti e un tasso di penetrazione che nello scorso anno è cresciuto del 2,73 per cento a fronte di una media OCSE pari al 3,75 per cento. Telecom Italia


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prevede di raggiungere - entro il 2016 - il 65 per cento delle case degli italiani con la fibra ottica. Da questo dato si evince che numerose aree, non solo quelle a fallimento di mercato, saranno senza banda larghissima. Se tutto ciò avvenisse secondo queste logiche e senza alcun tipo di intervento da parte dello Stato, si verrebbe a creare un nuovo tipo di digital divide, quello di seconda generazione, senza nemmeno aver risolto completamente il primo.
Tiscali vede dunque con favore la recente iniziativa del Governo, vòlta alla creazione di una task force per la banda larga con il compito di eliminare il divario esistente tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea e di impedire la creazione di nuove forme di digital divide all'interno del nostro Paese.
Volendo adottare un approccio di sistema, è ipotizzabile considerare tre percorsi evolutivi: l'ampliamento della disponibilità dei servizi a banda larga fino a coprire l'intero territorio nazionale, eventualmente, ove indispensabile, anche attraverso l'utilizzo di diverse tecnologie al fine di coprire il cosiddetto digital divide di prima generazione; l'upgrade ed il mantenimento evolutivo della rete in rame esistente in funzione di un suo utilizzo continuato nel tempo e tale da garantire per un periodo congruo la possibilità di fornire servizi con diversi livelli di infrastrutturazione; la progettazione e realizzazione di una nuova rete ad alta capacità e prestazioni che deve rappresentare, in un Paese nel quale non esistono infrastrutture alternative, il sistema nervoso sul quale si articola lo sviluppo futuro della nazione.
In questo contesto la possibilità di accedere a servizi broadband (in via quasi esclusiva attraverso la rete esistente con tecnologia ADSL e ADSL2 ) rappresenta al momento la vera discriminante in termini di accesso ai servizi avanzati per gli utenti. In particolare sarebbe opportuno incentivare tutti gli operatori (gli OLO e Telecom Italia) ad incrementare la loro presenza nelle aree non raggiunte dalla larga banda (oggi limitata a poco più di 1.000 stadi di linea a fronte dei circa 10.000 presenti sull'intero territorio nazionale, con una copertura del 50-60 per cento della popolazione) favorendo anche la diffusione di soluzioni tecnologiche già esistenti (MiniDSLAM).
Con queste tecnologie si può in definitiva sostenere che l'obiettivo di far arrivare la larga banda a tutti i cittadini italiani in tempi rapidi con tecnologia ADSL o ADSL2 attraverso le infrastrutture e le tecnologie già disponibili sia una priorità strategica raggiungibile e che è necessario anteporla temporalmente alla progettazione ed al rilascio di reti di nuova generazione basate su tecnologie ancora più evolute.
Utilizzerò questi ultimi minuti per le conclusioni. Tutte le istituzioni del nostro Paese avranno un ruolo fondamentale nel garantire che tale contesto venga creato. Noi crediamo che, come è avvenuto in altri Paesi, anche in Italia sia necessaria un'azione istituzionale forte del Parlamento che ispiri e affianchi l'azione governativa e regolamentare. Ad esempio, il Parlamento britannico è quello che ha agito da iniziale fattore propulsivo, a fianco del Governo, del processo di separazione funzionale della rete di British Telecom: la separazione della rete è stato ritenuto lo strumento principe per aumentare la penetrazione della banda larga nella nazione. Le istituzioni devono oggi identificare, nel rispetto della devolution, un meccanismo che incentivi gli investimenti e verificare che il regime regolamentare assicuri certezza agli investitori.
In conclusione, la nostra società ritiene che vi siano tre condizioni alla diffusione della banda larga: prima condizione è superare il digital divide «culturale» (presenza dei personal computer nelle famiglie, nelle imprese, nella pubblica amministrazione, programmi di alfabetizzazione informatica); seconda condizione è favorire la convergenza tra TV e Internet (Web Tv e IPTV) quale driver fondamentale anche per la realizzazione delle reti di nuova generazione, realizzando un quadro normativo che favorisca la diffusione dei contenuti e dei programmi su tutte le piattaforme e sostenendo la diffusione di apparati abilitanti (decoder integrati con


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l'ADSL) in linea con quanto si sta facendo per lo switch-off del digitale terrestre; terza e ultima condizione è realizzare una reale separazione funzionale della rete di Telecom Italia: come strumento di implementazione dell'attuale quadro regolamentare che è stato finora ampiamente disatteso; quale effettiva garanzia della parità di accesso alle infrastrutture per tutti gli operatori, inclusa Telecom Italia; quale unica possibilità di implementare velocemente, ma sotto un preciso controllo del regolatore, le reti di nuova generazione nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Rosso per l'ampia ed esaustiva relazione.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni.

JONNY CROSIO. Vorrei avere solo un chiarimento. Forse mi è sfuggito, ma vorrei conoscere la vostra posizione rispetto al tipo di società che dovrà gestire eventualmente le NGN, qualora ci fosse un progetto industriale puntuale e condiviso.

MARIO ROSSO, Amministratore delegato e presidente di Tiscali Spa. Sono possibili diverse soluzioni, tuttavia preferiremmo una società terza. Una significativa partecipazione pubblica insieme a quella dei maggiori operatori in grado di erogare investimenti proporzionali alla loro forza rappresenta infatti l'opzione prioritaria, perché ci sembra garantire nel tempo la possibilità di esprimere capacità di investimento e di ripartire gli oneri e le responsabilità di investimento su tutti i soggetti interessati.

SETTIMO NIZZI. Ringrazio per la bellissima relazione. Come gran parte delle altre società di telefonia, anche voi ritenete opportuno servirsi di nuovi mezzi tecnologici per utilizzare le infrastrutture esistenti, piuttosto che andare direttamente sulle NGN. Vorrei chiederle quindi con quali metodologie intendiate utilizzare e sfruttare le strutture esistenti, anche alla luce di quanto sostenuto in merito alla facile usura del rame, alle difficoltà di trasporto, alla differenza sul mercato tra quanto viene venduto all'utente (7, 10 e 20 mega) e quanto si misura effettivamente sul computer (2,5 o 3 mega). Per chi acquista la differenza tra quanto affermato e quanto riscontrato in pratica è drammatica.
Vorrei infine sapere quali interventi siano stati realizzati dal Governo e dal Parlamento inglese per sostenere l'innovazione e la separazione delle reti di British Telecom per imprimere maggiore impulso al mercato.

GIORGIO SIMEONI. Ho ascoltato una relazione chiara, precisa e puntuale, da cui sono emerse alcune positività, ma anche numerose criticità. Ho infatti avvertito da parte di Tiscali - probabilmente in sintonia con altri operatori - una sorta di appello al Parlamento per un intervento legislativo, a fronte di una situazione chiara visto che l'Agcom ha individuato le problematiche. Tuttavia, non sono state suggerite soluzioni ed allora si chiede in proposito l'intervento parlamentare. Emerge infatti come oggi Telecom rappresenti una sorta di freno a uno sviluppo che potrebbe realizzarsi, se intervenissimo a livello legislativo.
Voi nei fatti proponete il modello britannico, su cui chiedete l'intervento del Parlamento. Personalmente, non ho però ben compreso cosa comporti la divisione come nel modello suddetto.

SILVANO MOFFA. Ringrazio anche io per la relazione molto ampia, che offre spunti di lavoro interessanti per la Commissione.
La mia domanda si ricollega a quelle poste dai colleghi. Nella sua relazione traspare chiaramente una sofferenza oggettiva, dovuta alla presenza pressoché monopolistica di Telecom e alla mancanza di una separazione di reti che, come l'Autorità ha rilevato, costituirebbe il punto di sblocco per aprire una fase di vera competizione e di effettiva liberalizzazione del mercato.
In un passaggio della sua relazione, lei riprende il modello britannico e sottolinea


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la necessità di interventi anche pubblici. Nell'ambito del quadro normativo e regolamentare, è più facile auspicare una nuova opzione parlamentare legislativa, che consenta l'effettiva liberalizzazione del mercato. Se però il riferimento è di ordine economico-finanziario, potrebbe sorgere qualche incongruenza con le posizioni europee, quindi con i blocchi europei. Vorrei dunque sapere se ritenga che un quadro normativo aggiornato sia in grado di sbloccare tale situazione di criticità o invece prefiguri anche interventi di altro tipo, e in questo caso come sarebbe possibile armonizzarli con le condizioni europee, che sotto questo profilo sono molto restrittive.

AURELIO SALVATORE MISITI. Anch'io apprezzo la relazione dell'amministratore delegato di Tiscali. Condivido le domande poste dai colleghi, ma vorrei conoscere il vostro giudizio sull'efficacia dell'organo di vigilanza, giacché affermate che gli impegni di Telecom non rispettano gli indirizzi.
Vorrei sapere dunque come proponiate di intervenire affinché l'organo di vigilanza non dipenda da Telecom e cosa sia opportuno cambiare, da parte nostra o del Governo, affinché Telecom non influenzi l'organo di vigilanza. Sembra infatti che questo non riesca a garantire la necessaria indipendenza da Telecom Italia e che i suoi poteri e compiti non siano «assolutamente idonei a garantire un controllo incisivo sull'effettivo rispetto degli impegni».

PRESIDENTE. Raccomando ai colleghi che hanno chiesto di intervenire la sintesi, in quanto «incombe» l'audizione del rappresentante di Telecom Italia.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Sarò molto veloce e porrò solo alcune domande. La relazione presentata è stata molto chiara ed esaustiva. Per quanto riguarda Tiscali come azienda italiana, da mesi sulla stampa sono riportate diverse voci circa l'eventuale cessione della proprietà, per cui vorrei avere qualche notizia circa «l'italianità» di Tiscali.
Il Governo ha definito un importante piano di sviluppo di 800 milioni di euro. Tale sviluppo riguarderà non solo la parte pubblica, ma anche gli operatori privati. In proposito, Tiscali ha accantonato somme nei propri piani di investimento. Vorrei quindi conoscere le intenzioni dell'azienda, giacché enti pubblici e privati devono contribuire a risolvere insieme le difficoltà del mercato italiano in questo settore. Vorrei sapere quindi se nel vostro piano di investimento abbiate già risorse disponibili per intervenire insieme allo Stato.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Vorrei ringraziare il rappresentante di Tiscali per la relazione estremamente interessante. Mi ha colpito la sua frase: «l'indipendenza è un valore». Provenendo dal mondo dei contenuti, mi chiedo perché nessuno focalizzi l'attenzione sull'indipendenza dei contenuti italiani. Poiché voi siete un vettore di contenuti, vorrei sapere quale riteniate possa essere il futuro dei contenuti italiani in merito alle nuove strade della comunicazione. Oggi vi lamentate del «convitato di pietra», Telecom, che siamo estremamente curiosi di audire, giacché nessun operatore ne ha parlato positivamente. Questo «collo di bottiglia» ha comunque ostacolato molto lo sviluppo. Il problema del rispetto delle quote e dei produttori indipendenti di contenuti italiani, che rappresentano l'identità culturale italiana, riguarda sia RAI che Mediaset.

PRESIDENTE. Do la parola per la replica al dottor Rosso, cui chiedo la massima sintesi.

MARIO ROSSO, Amministratore delegato e presidente di Tiscali Spa. Cercherò di essere molto sintetico. Si sono mescolate due tematiche: le reti di nuova generazione e il superamento del digital divide.
La nostra posizione sulle reti di nuova generazione è molto chiara, giacché oggi non esistono una domanda di servizi, la disponibilità a pagare, né una capacità in grado di finanziare gli enormi investimenti


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richiesti. L'eventuale richiesta al pubblico di investire riguarda la rete di nuova generazione, che consideriamo una priorità di secondo livello e non di primo. Il pubblico non deve quindi preoccuparsi, perché il problema prioritario è rappresentato non dall'investimento, che si colloca in una fase 2 (tra tre o cinque anni), ma dalla separazione funzionale e possibilmente societaria della rete di Telecom.
Si tratta di un intervento legislativo che obblighi Telecom a scorporare la rete e a costituirla in società separata, perché così funziona Openreach. Ho lavorato anche in Telecom e so come funzionano le società. Se non viene separata societariamente, non funziona, perché si tratta di un apparato che vive integrato da decine di anni e le cui strutture sono interconnesse. Non potrà mai esistere quindi una simmetria di rapporto tra le divisioni commerciali di Telecom e la rete invece verificabile tra gli OLO e la rete. È quindi necessario un intervento legislativo con le debite garanzie per interessi, debiti e soci. Nel Regno unito è stato fatto ed è stato molto positivo, coinvolgendo tutti gli OLO. BT ha perso quote di mercato, che oggi sta però riguadagnando, essendo la divisione commerciale, che contiene al suo interno altre attività, mentre Openreach, che è una società orientata al profitto, vende servizi ed è diventata efficiente, perché deve misurarsi con gli utenti. Oggi, invece, non abbiamo alcuna garanzia che la rete Telecom sia efficiente. Non lo è.
Prima di dare la parola al dottor Mariani per gli aspetti più tecnici, aggiungo solamente che anche per quanto riguarda l'Agcom vi sono due diversi livelli di discorso. Nella gestione attuale, l'Agcom ha operato benissimo in termini di diagnosi, di identificazione delle criticità e di definizione della normativa e della regolamentazione, ma ha un problema di intervento nella tempestività della sanzione, nella sua efficacia e nel controllo successivo. Agcom emette quindi tardi la sanzione, quando gli operatori minori hanno già subìto danni, ed è inadeguata. Telecom ha avanzato una proposta, secondo cui il sistema di controllo è ad appannaggio di un comitato di cinque persone, di cui tre della Telecom, che prende decisioni a maggioranza semplice.

MARIO MARIANI, Amministratore delegato di Tiscali Italia Spa. Grazie alla tecnologia ADSL2 , le reti in rame possono arrivare a 24 mega. La velocità dipende però da un insieme di fattori, primi fra i quali la distanza tra la centrale e la casa dell'utente e la qualità della linea. La rete in rame deve essere gestita, aggiornata e tenuta in efficienza, elementi fondamentali per migliorare la qualità del servizio fornito all'utente finale. È quindi necessario continuare a investire sulla rete in rame che copre tutto il Paese.
La separazione della rete, che comprende la vecchia rete ed eventualmente quella nuova, sicuramente aiuta a gestire meglio questi processi e a migliorare la qualità dei servizi, considerando che Internet rimane sempre un servizio di tipo best effort, perché la banda trasferita a casa dell'utente dipende necessariamente dal fornitore del servizio di accesso. Un servizio di video di un server americano passa infatti sulla rete, una parte della quale non è di competenza di chi ha venduto l'abbonamento.
Per quanto riguarda il futuro dei contenuti italiani, le nuove TV interattive, in cui viene esaltata la crescente esigenza degli utenti e soprattutto dei digital native di fruire dei contenuti on demand, aiutano il mondo delle produzioni indipendenti e, nel nostro caso, di quelle italiane. Internet e l'IPTV permettono infatti agli utenti di vedere quello che vogliono quando vogliono, per cui le produzioni di nicchia,che non possono trovare spazio nei palinsesti dei broadcaster, possono avere successo in un'ottica on demand, in cui il costo di distribuzione dei contenuti di nicchia è minimo.

MARIO ROSSO, Amministratore delegato e presidente di Tiscali Spa. Chiedo ancora un minuto perché non abbiamo risposto alle domande circa l'italianità e gli investimenti dell'azienda. Tiscali deve guardare al futuro in modo estremamente


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cauto, perché in questo momento il sistema economico e finanziario è estremamente vulnerabile e fragile. Tiscali ha già investito tanto e per il futuro è necessario valutare in modo estremamente cauto i ritorni sull'investimento. Oggi, il sistema della protezione e della competitività non ha garantito il ritorno dei nostri enormi investimenti. Tiscali non è un operatore virtuale, ma ha una rete di 9 mila chilometri, strutture e una sede in Sardegna, in cui c'è un potenziale di know-how frutto di investimenti. Valuteremo la possibilità di ulteriori investimenti quando ci saranno garanzie di continuità e di sviluppo. Abbiamo bisogno di convergenza su un interesse comune: sviluppare Tiscali.
Questo è anche il tema dell'italianità. Tiscali oggi è l'unica azienda totalmente italiana, che possiede anche una società all'estero. Per questo, però, è sempre più difficile competere. È necessario individuare sistemi di convergenza, di alleanze, di sharing degli investimenti, di integrazione e specialmente di apertura alla competizione da parte di Telecom, che deve garantire gli spazi necessari, laddove indipendenza, competitività e pluralità sono l'essenza dello sviluppo della competizione, di cui beneficia l'utente finale. Questo è il problema.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Rosso e i suoi collaboratori, dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,30, riprende alle 10,35.

Audizione di rappresentanti di Telecom Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Telecom Italia.
Do la parola a Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia Spa.

FRANCO BERNABÈ, Amministratore delegato di Telecom Italia Spa. Onorevole presidente, onorevoli deputati, desidero innanzitutto ringraziarvi per avere consentito a Telecom Italia di partecipare all'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche. Un sistema, come già ricordato da molti dei relatori che mi hanno preceduto in questa sede, che rappresenta un motore dello sviluppo economico e sociale del Paese e che si trova oggi, in Italia come in tutti i Paesi occidentali, alla vigilia di una transizione tecnologica epocale.
Il nostro Paese si avvicina a questa fase di profonda evoluzione potendo già oggi usufruire di un'infrastruttura di rete di eccellenza, per ciò che riguarda sia le comunicazioni di rete fissa che mobile.
A partire dalla fine degli anni Novanta, con l'esplosione dell'uso di Internet, la rete di accesso fissa di Telecom Italia, basata sul «rame», si è sviluppata attraverso l'introduzione di diverse generazioni di tecnologie ADSL/SDSL (Asymmetrical/Symmetrical Digital Subscriber Line), che hanno consentito velocità di comunicazione via via crescenti. In pochi anni, si è passati dalle prime offerte a 640 Kbit/s, alle recenti offerte a 20 Mbit/s, con la conseguente esplosione del consumo di banda e di nuove generazioni di servizi basati sempre più su immagini, video, multimedialità ed applicazioni interattive. Parallelamente, a partire dai primi anni 2000, si è assistito ad un'analoga evoluzione nelle reti di accesso mobile, grazie alle nuove tecnologie di terza generazione che consentono di fornire connessioni fino a circa 7 Mbit/s.
I collegamenti a banda larga, oggi disponibili, consentono una capacità di comunicazione fino a 200 volte quella necessaria alla comunicazione vocale. La voce diventa, quindi, un servizio «accessorio» dal punto di vista dell'occupazione della banda. La velocità dell'accesso fisso e mobile, unito alla diffusione dello standard IP (Internet Protocol) in tutte le reti, hanno reso possibile la crescita dei nuovi servizi basati sui paradigmi di Internet.


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Tra questi voglio segnalare, in particolare: il trasferimento di file peer to peer, che oggi rappresenta più del 60 per cento dell'intero traffico di rete e che sta mettendo in discussione tutti i consolidati business mode basati sul diritto d'autore; la distribuzione dei contenuti digitali, che crea nuove prospettive per i media tradizionali come stampa, radio e televisione.
Anche nel mondo delle aziende la banda larga ha reso possibili radicali trasformazioni dei processi di business, capaci di elevare l'efficienza e la produttività e l'introduzione di nuovi modelli di relazione con il mercato. Possiamo ricordare a questo proposito: nuove architetture dei sistemi comunicativi ed applicativi d'impresa basati su Intranet ed Extranet e sull'integrazione di voce e dati; nuove forme di condivisione in rete di risorse informatiche e di software; transazioni commerciali basate sui portali, sull' e-commerce e sul web, che permettono di ampliare a costi assai limitati la gamma dei servizi offerti ad una clientela potenzialmente planetaria (quello che con felice espressione viene oggi identificato come la «gestione della coda lunga»).
È importante ricordare che per entrambe le tecnologie di accesso a banda larga (fissa e mobile), lo sviluppo territoriale registrato in questi anni dalla rete di Telecom Italia è stato veloce e confrontabile con quello dei Paesi europei più avanzati. Infatti, la diffusione degli accessi ADSL, al 2008, coprirà il 96 per cento delle linee della rete fissa di Telecom Italia, superando il 98 per cento nel prossimo triennio.
Con riferimento, poi, all'accesso mobile, le tecnologie UMTS/HSDPA copriranno, a fine 2008, l'80 per cento delle linee mobili. Queste coperture miglioreranno ancora e, nei prossimi tre anni, potremo arrivare alla soglia dell'85 per cento.
Per lo sviluppo della propria infrastruttura a banda larga Telecom Italia ha, finora, sostenuto investimenti dell'ordine di circa 4 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di euro per l'accesso fisso ADSL ed 1 miliardo di euro per l'accesso mobile UMTS.
Il risultato di questo impegno è di particolare rilievo ed ha consentito al nostro Paese di disporre di una delle più moderne architetture di rete a banda larga esistenti, di sicuro unica dal punto di vista dell'approccio convergente fisso-mobile utilizzato.
Nell'accesso broadband fisso le performance sono rese particolarmente efficaci dalla struttura della nostra rete di accesso nella quale la lunghezza media dei «doppini di rame», pari a 1,5 chilometri, è sostanzialmente inferiore a tutte le principali reti in rame esistenti in Europa e negli USA e consente di ottenere velocità delle connessioni XDSL particolarmente elevate e stabili.
Di particolare rilievo, inoltre, è la piattaforma «full IP» ove i dati vengono trasportati dagli apparati di accesso verso il Backbone tramite le «Metropolitan Area Network», nelle quali vengono integrati i collegamenti che interessano anche le Stazioni Radio Base dell'architettura di accesso 3G mobile.
La caratteristica fondamentale della rete di Telecom Italia è proprio quella di far convergere su un'unica piattaforma le reti di accesso fissa e mobile. Questa peculiarità è particolarmente importante proprio in questi anni di forte incremento del traffico dati, cresciuto del 90 per cento all'anno sull'accesso a banda larga fisso e del 300 per cento all'anno su quello mobile.
Alla luce di questo ingente sforzo sul piano tecnologico e di investimenti, è opportuno esaminare quali sono stati i risultati sul versante della penetrazione e dell'effettivo uso degli accessi a banda larga. Come documentato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito dell'ultima relazione annuale, a fine 2007 il numero di utilizzatori di banda larga su rete fissa era prossimo agli 11 milioni. Sulla rete mobile ci sono oltre 20 milioni di apparecchi UMTS e poco più di 5 milioni e mezzo di utilizzatori di servizi a banda larga da apparecchi mobili (cellulare, PDA e PC), con un tasso di crescita dell'80-90 per cento annuo. Quindi, mentre nel caso della telefonia mobile siamo ai


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vertici delle classifiche internazionali, nel caso della banda larga su rete fissa siamo più indietro degli altri grandi Paesi dell'Unione europea.
Nonostante i livelli di eccellenza raggiunti dalla prima generazione di reti a banda larga, a fronte di una «copertura» di Telecom Italia che, a fine 2007, risultava pari al 94 per cento delle linee (circa 22 milioni), la capacità utilizzata risultava di poco superiore alla metà degli utenti potenziali (circa 10,5 milioni). Questo dato indica in modo chiaro ed eloquente come le aziende e le famiglie italiane utilizzino la banda larga in misura minore rispetto al resto d'Europa. In particolare, anche considerando l'indicatore comunemente utilizzato dalla Commissione europea e dall'OCSE - costituito dal rapporto tra linee a banda larga fisse (ADSL, fibra, cavo, satellite) e popolazione del Paese - al 30 marzo 2008 l'Italia si collocava al terzultimo posto nella UE (a 15), con un livello di penetrazione nell'ordine del 18 per cento, largamente inferiore sia alla media europea (24 per cento), sia a Paesi di dimensione e sviluppo paragonabili al nostro, quali Regno Unito (27 per cento), Francia (26 per cento) e Germania (25 per cento). Una peculiarità tutta italiana, che influenza profondamente il dato della penetrazione della banda larga, è senza dubbio la scarsa propensione all'uso dell'informatica che è riscontrabile nella modesta diffusione dei personal computer nelle famiglie e nella contenuta spesa di information technology da parte delle aziende. In entrambe le aree registriamo indicatori tra i più bassi d'Europa.
Secondo una rilevazione Eurostat del 2007 la penetrazione delle diverse tipologie di computer (PC, laptop e palmari) tra le famiglie italiane è pari al 53 per cento, rispetto ad una media dell'UE (a 15) del 68 per cento; la spesa media per information technology in Italia è inferiore alla media UE (a 15) in misura pari al 40 per cento circa. Per tentare di normalizzare l'effetto «alfabetizzazione informatica», è possibile ricorrere ad un indice che rapporta il totale delle linee a banda larga al totale della popolazione informatizzata. In questo caso l'Italia salirebbe al quarto posto nell'UE (a 15), con il 39 per cento di utilizzo rispetto ad una media del 34 per cento. Tutto ciò conferma come la scarsa diffusione di computer sia attualmente l'aspetto più critico nella crescita dell'utilizzo della banda larga nel nostro Paese.
I dati fin qui esposti indicano che, attualmente, non sussiste in Italia alcun ritardo tecnologico sotto il profilo delle infrastrutture di rete a banda larga, bensì un'evidente insufficienza nello sviluppo della domanda che, come vedremo nel seguito, richiede adeguati interventi di sostegno pubblico all'educazione e allo sviluppo informatico.
Dopo aver chiarito le principali cause strutturali della modesta diffusione dell'utilizzo della banda larga in Italia, è opportuno ora soffermarci sul fenomeno del cosiddetto digital divide che caratterizza quelle aree geografiche i cui abitanti non possono accedere ai servizi Internet con un collegamento a banda larga e di conseguenza alle opportunità di sviluppo economico ricordate in precedenza e ad applicazioni di rilevanza sociale quali la telemedicina, la formazione a distanza, la sicurezza e la videosorveglianza.
La rete fissa di Telecom Italia collega circa 22 milioni di linee in rame a circa 10.400 centrali locali. Per abilitare alla banda larga l'area servita da ognuna di queste è necessario collegare la centrale al Backbone con cavi in fibra ottica o con un sistema radio ad elevata capacità, nonché installarvi un sistema ADSL. A fine 2007 erano circa 7 mila le centrali locali dotate di tali infrastrutture che, come già ricordato, consentivano di coprire il 94 per cento della popolazione telefonica. Il completamento del cosiddetto «piano di copertura a banda larga» di Telecom Italia passa, quindi, attraverso la predisposizioni delle rimanenti 3.400 centrali locali. Queste centrali, tutte di piccola dimensione e con una media di sole 500-600 linee, rappresentano, strutturalmente, aree geografiche di cosiddetto «fallimento del mercato», nelle quali gli operatori privati non


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hanno alcuna convenienza ad investire, in quanto non si è in presenza di una domanda «solvibile».
Per risolvere il problema del digital divide sono, quindi, necessari interventi congiunti «pubblico-privato». In tal senso, le modalità di intervento finora seguite sono state essenzialmente due, entrambe pienamente in linea con le norme europee in materia di concorrenza: la prima modalità è caratterizzata da un approccio «centrale» che vede la presenza di Infratel con il ruolo di soggetto pubblico che realizza infrastrutture di rete a larga banda, organiche ed integrate sul territorio nazionale, con l'obiettivo di eliminare il digital divide nelle aree sottosviluppate del Paese; la seconda modalità è caratterizzata da un approccio «locale», basato sulle regioni che promuovono progetti per l'eliminazione del digital divide attraverso forme di finanziamento imperniate sul cosiddetto «modello scozzese» delle gare pubbliche.
Noi riteniamo che, a prescindere dalla modalità seguita, un maggiore coordinamento tra le iniziative del Governo centrale e degli enti locali sarebbe in grado di migliorare drasticamente la tempestività e l'efficacia degli interventi. Finalizzando opportunamente le risorse e non disperdendole in iniziative ridondanti, sarebbe possibile, in soli quattro anni, risolvere completamente il problema del digital divide, con un investimento complessivo dell'ordine di 1 miliardo di euro, da finanziarsi con una quota prevalente attraverso un intervento pubblico.
Dopo aver descritto lo sviluppo della prima generazione di reti a banda larga (denominate NGN1) ed i possibili interventi per l'eliminazione del digital divide, passiamo adesso a trattare l'argomento centrale dell'indagine conoscitiva e cioè lo sviluppo della seconda generazione di reti a banda larga (denominate NGN2). La rete di Telecom Italia, come già detto, è in grado di sostenere lo sviluppo attuale dei servizi a banda larga fissa e mobile e risulta adeguata rispetto alla correnti esigenze del mercato. Tuttavia, già emergono in diverse parti nel mondo nuove famiglie di servizi e nuovi modelli di business che richiedono maggiore velocità di trasmissione e prestazioni di rete avanzate. Solo per citare alcuni esempi, ricordiamo: i servizi televisivi interattivi ad alta definizione, le applicazioni di tipo web 2.0, gaming & distance learnig, video comunicazione e telepresenza.
Contemporaneamente il mercato dell'elettronica di consumo e dei sistemi per la clientela business sta rendendo disponibili apparati in grado di offrire la fruizione simultanea di più servizi da un medesimo luogo.
Tutte queste opportunità di nuovi servizi richiedono una rete di telecomunicazione in grado di gestire connessioni permanenti con quantità di banda significativamente superiori a quelle oggi possibili e con livelli di servizio differenziabili in ragione della domanda. Per costruire reti di telecomunicazioni con queste potenzialità è necessario introdurre nuove tecnologie e sviluppare infrastrutture in fibra ottica nelle parti di rete più prossime alla clientela, con nuove e più efficienti modalità di gestione delle infrastrutture, delle piattaforme e dei servizi end to end.
Sulla base di tale visione, Telecom Italia, al pari degli altri grandi operatori internazionali, ha deciso di avviare una nuova fase di sviluppo e trasformazione della rete, secondo le seguenti direttrici: il completamento dell'attuale piattaforma di rete a banda larga, in fase di sviluppo da alcuni anni e già descritta nella prima parte dell'intervento, in grado di fornire collegamenti sul territorio nazionale fino a 20 Mbit/s sulle linee fisse e fino a 14 Mbit/s sui cellulari; l'avvio dello sviluppo della nuova piattaforma di rete ultrabroadband convergente, in grado di consentire velocità fino a 100 Mbit/s, grazie all'espansione delle reti in fibra e delle nuove tecnologie wireless di quarta generazione, nei principali 1.120 comuni italiani nell'arco di dieci anni.
Il progetto di Telecom Italia, secondo la sua attuale pianificazione, si sviluppa nell'arco del decennio 2007-2016 e prevede investimenti complessivi pari a circa 10,4 miliardi di euro, di cui 4,6 miliardi per il


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completamento della piattaforma di prima generazione e 5,8 miliardi per la piattaforma di seconda generazione.
Gli investimenti pianificati per la piattaforma di seconda generazione sono necessari per: consentire la trasformazione in linee ultrabroadband di 13 milioni di linee di Telecom Italia, corrispondenti al 64 per cento del totale; garantire una copertura mobile a larghissima banda, all'incirca alla stessa percentuale di popolazione, usando l'architettura di quarta generazione mobile; sviluppare i Centri Servizi per le applicazioni IT.
Nel triennio 2008-2010, relativo all'attuale piano industriale, gli investimenti previsti per la piattaforma di seconda generazione, sono pari a circa 800 milioni di euro. L'impatto industriale del progetto è notevole, in quanto coinvolge le più importanti 2.200 centrali di Telecom Italia (sul totale di 10 mila 400), per un totale di 13 milioni di linee. La rete di Telecom Italia sta, quindi, evolvendo in una vasta parte del territorio nazionale verso la seconda generazione, in un quadro normativo di riferimento in fase ancora di definizione e che richiede, dunque, come si vedrà nel seguito, adeguati interventi a livello sia legislativo che regolamentare.
Il piano di Telecom Italia per lo sviluppo della seconda generazione di reti a banda larga si colloca in un contesto internazionale, ampiamente illustrato dai relatori che mi hanno preceduto, nel quale i Paesi economicamente più avanzati hanno già avviato iniziative simili, con l'adozione di politiche di intervento non uniformi, in quanto influenzate dal differente ruolo svolto dalle istituzioni governative, dal differente grado di sviluppo di infrastrutture alternative e dal differente quadro regolamentare.
In estrema sintesi, lo sviluppo più accelerato delle NGN si riscontra oggi in Asia, dove i governi di Paesi quali Giappone, Corea, Singapore, Hong Kong hanno adottato un approccio fortemente dirigista, caratterizzato da un rilevante intervento pubblico a favore del finanziamento degli investimenti nelle NGN.
Nel caso degli Stati Uniti, invece, lo sviluppo delle NGN è stato, da un lato, supportato da motivazioni esclusivamente competitive, dovute alla necessità di operatori come Verizon ed AT&T di rispondere alla pressione competitiva delle reti via cavo, e, dall'altro, favorito da un quadro regolamentare che ha garantito agli operatori adeguati ritorni sugli investimenti, grazie alla possibilità di offrire l'accesso alle NGN a condizioni tecniche ed economiche non regolamentate ex ante.
Infine, nell'Unione europea si assiste ad una realtà estremamente variegata di interventi istituzionali, di contesto competitivo e di quadro regolamentare, con i principali operatori storici che hanno già avviato piani di sviluppo delle NGN, in un contesto di mercato che vede in molte aree territoriali la presenza di operatori via cavo.
In Italia, l'intervento pubblico dovrebbe essere, in primo luogo, mirato al sostegno della domanda, assumendo come obiettivo irrinunciabile l'eliminazione del gap che penalizza, come già sottolineato, il nostro Paese sul versante della domanda dei servizi ICT. A questo proposito è opportuno investire più e meglio del passato nella diffusione della cultura e dell'uso dell' informatica da parte di famiglie ed imprese, ma è ancora più urgente procedere con incisività e decisione alla modernizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione centrale e locale. Trasferire rapidamente e completamente in rete le relazioni di cittadini ed imprese con la PA è possibile e può dare luogo ad uno slancio notevole alla diffusione dei nuovi servizi e della nuova cultura.
La Commissione europea ha fornito, in tal senso, un'indicazione chiara prevedendo, nel piano e-government, la completa informatizzazione della pubblica amministrazione entro il 2010. Un'ulteriore e più immediata area di intervento riguarda la semplificazione dei percorsi autorizzativi per la realizzazione delle reti. La diffusione della banda larga, in Italia, è stata fino ad oggi rallentata dalla complessità dell'iter amministrativo necessario per il rilascio dei titoli abilitativi per la


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realizzazione di reti ed impianti in fibra ottica sul suolo pubblico e sulla proprietà dei privati, oltre che dai rilevanti costi delle opere civili necessarie per la posa della fibra ottica.
Su questi problemi, il Governo ed il Parlamento sono di recente intervenuti con l'adozione di una misura legislativa particolarmente efficace in materia di sviluppo della banda larga, collocata nell'ambito dell'articolo 2 del decreto-legge n. 112 del 2008. Sempre nell'ottica di promozione dello sviluppo della banda larga, il Governo ha recentemente previsto, nell'ambito del disegno di legge per lo sviluppo economico (AC 1441-bis), lo stanziamento di 800 milioni di euro per la realizzazione di interventi infrastrutturali nelle aree sottosviluppate.
Gli interventi pubblici appena illustrati ci pongono, come ricordato nell'intervento, in questa sede, del sottosegretario onorevole Romani, all'avanguardia in Europa, recependo col modello della public private partnership i princìpi finanziari più evoluti in materia di sostegno degli investimenti infrastrutturali del settore.
La realizzazione delle NGN potrà essere ulteriormente accelerata attraverso il ricorso a finanziamenti pubblici a fondo perduto, sulla base di contratti di programma e, specie nelle aree meno sviluppate del Paese, mediante l'impiego di fondi comunitari integrativi dei finanziamenti già previsti dalle citate iniziative legislative.
Sarebbe, a questo punto, auspicabile e coerente con quanto sin qui messo in campo un ulteriore intervento, da parte del Governo e del Parlamento, che collochi la realizzazione delle nuove reti ultrabroadband e lo sviluppo delle nuove generazioni di servizi nell'ambito delle linee strategiche del Piano «Industria 2015» per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro.
Le decisioni di investimento sulle NGN saranno prese in un contesto di mercato in rapida evoluzione tecnologica, in condizioni di incertezza sulla domanda e sul valore dei nuovi servizi offerti ai consumatori e, quindi, sul ritorno degli stessi investimenti. Tale incertezza deriva, peraltro, dalla circostanza che gli ingenti investimenti già realizzati per la prima generazione di reti a banda larga non hanno ancora raggiunto completamente i risultati attesi in termini di redditività, in considerazione del ricordato deficit dal lato della domanda. Si è in presenza di uno scenario completamente diverso da quello che ha caratterizzato l'avvio del processo di liberalizzazione. Infatti, dal 1998 in avanti, il graduale sviluppo della concorrenza sul mercato si basò sull'applicazione del modello regolamentare ONP (Open Network Provision), finalizzato ad aprire ai concorrenti l'accesso ad una rete già esistente, costruita negli anni, in regime di concessione esclusiva, dall'operatore incumbent e che non poteva essere duplicata in modo efficiente dai concorrenti.
Oggi, a dieci anni dalla liberalizzazione, ci troviamo a dibattere sulle modalità di accesso ad una rete che, di fatto, ancora non esiste e, per di più, in uno scenario di mercato che vede la presenza di una molteplicità di operatori, potenzialmente in grado di realizzare proprie infrastrutture ultrabroadband. Pertanto, se fino ad oggi l'Autorità di regolamentazione si è occupata di regolamentare l'esistente, da ora in poi, a questo compito già gravoso si aggiunge quello di individuare regole che promuovano il futuro, mantenendo l'apertura dei mercati ed i livelli di competizione, ma anche e, soprattutto, favorendo l'avvio di un nuovo ciclo di investimenti. Ciò richiede, necessariamente, una diversa strategia regolamentare.
Per il raggiungimento di questo obiettivo, vitale per il sistema Paese, è necessario definire un «New Deal» che coinvolga tutti i soggetti interessati (operatori, istituzioni governative ed autorità di regolamentazione), finalizzato alla definizione di un piano di interventi pubblici ed un quadro di regole europee e nazionali che garantiscano, da un lato, adeguati incentivi agli investimenti privati e, dall'altro, la crescita di una competizione sostenibile. Nel caso dell'Italia, grazie alla rinnovata sensibilità del Governo e del Parlamento sul tema, agli interventi pubblici già definiti


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ed al nuovo contesto regolamentare in via di definizione, ci sono le premesse per un «New Deal» in grado di promuovere la crescita e lo sviluppo del settore.
In questa prospettiva, appaiono di grande rilievo le decisioni che la Commissione europea e l'Autorità assumeranno nel definire, rispettivamente, i princìpi di riferimento e le regole di dettaglio da applicare ai servizi di accesso che saranno oggetto di intervento regolamentare nello scenario NGN. Si tratta, infatti, da un lato, di assicurare un adeguato ritorno economico sugli ingenti investimenti necessari per lo sviluppo delle NGN e, dall'altro, di preservare un ambiente competitivo, in quanto lo sviluppo delle nuove tecnologie di rete non deve certo comportare limitazioni o, addirittura, la fine della concorrenza, come talora paventato.
Occorre, quindi, individuare un difficile, ma possibile, equilibrio tra obiettivi rilevanti che potrebbero essere in conflitto tra loro.
In primo luogo, va evidenziato che la semplice trasposizione alle nuove reti, in grandissima parte ancora da realizzare, dell'attuale regolamentazione dell'accesso alle reti legacy (in rame) degli operatori storici (ad esempio prezzi dei servizi orientati al costo con una remunerazione del capitale che non apprezza adeguatamente il livello di rischio) avrebbe un effetto di drastico disincentivo agli investimenti.
Come ricordato nell'intervento, in questa sede, del presidente Catricalà, affinché il mercato possa dare efficacemente i propri frutti è necessario che il sistema regolatorio garantisca e premi le scelte d'avanguardia di quelle imprese private che accettano il rischio di sviluppare una tecnologia, di cui attualmente sono sicuri soltanto i costi, ma non i ritorni. Da questo punto di vista, la recente bozza di raccomandazione della Commissione europea sui princìpi regolamentari per l'accesso alle reti NGN, attualmente sottoposta a consultazione pubblica, ha il merito di delineare un primo schema di intervento regolamentare al fine di armonizzare i diversi approcci adottati negli Stati membri.
Innanzitutto, la Commissione europea riconosce che il nuovo scenario tecnologico richiede adeguati ritorni, ovvero l'applicazione di un cosiddetto risk premium sui nuovi investimenti infrastrutturali caratterizzati da un elevato livello di rischio imprenditoriale, legato all'incertezza della domanda. Si registra, poi, la consapevolezza di intervenire solo sui mercati dell'accesso wholesale, lasciando, di fatto, prefigurare un assetto deregolamentato per i mercati retail dei nuovi servizi ultrabroadband. Viene, inoltre, riconosciuta l'esigenza di individuare i necessari interventi regolamentari mediante il ricorso ad analisi del quadro competitivo, attuale e prospettico, condotte a livello geografico. In tal modo, è recepito il principio in base al quale le regole più idonee per lo sviluppo della seconda generazione delle reti a banda larga possono essere differenziate sul territorio, in funzione del grado di sviluppo economico ed infrastrutturale e della densità della domanda residenziale e business.
Un esempio per tutti: le stesse regole non possono essere applicate a realtà fortemente disomogenee quali, da un lato, il distretto metropolitano di Milano, in cui sono presenti una pluralità di infrastrutture di accesso e la stessa Telecom Italia ha acquistato fibra da altri operatori (ad esempio Metroweb) e, dall'altro, le aree urbane a minor tasso di sviluppo e concentrazione di imprese.
II principio di condivisione delle infrastrutture dove posare i cavi in fibra ottica può certamente contribuire a ridurre i costi di sviluppo delle nuove reti da parte dei concorrenti. Si tratta, peraltro, di una forma di accesso che Telecom Italia già fornisce agli altri operatori, sin dal 2002, sulla base di un'offerta commerciale, non soggetta a regolamentazione, che ha fatto sì che il principale concorrente di Telecom Italia nelle infrastrutture di accesso potesse sviluppare, in tempi rapidi, la propria rete in fibra ottica, utilizzando oltre 2 mila chilometri dei suoi cavidotti disponibili


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in oltre la metà delle 5 mila aree di accesso ottiche della rete Telecom Italia.
In tale prospettiva, è necessario sottolineare il recente accordo industriale tra Telecom Italia e Fastweb per la condivisione di infrastrutture necessarie per la realizzazione delle reti a banda larga, secondo un modello di collaborazione aperto a tutti gli operatori interessati. Questo esempio di collaborazione tra operatori evidenzia come un eventuale intervento dell'Autorità, in merito alla condivisione di specifiche infrastrutture passive, si giustificherebbe solo in mancanza di accordi commerciali tra le parti interessate, ovvero in assenza di un corretto e autonomo funzionamento del mercato. Tale posizione appare ancor più giustificata con riferimento alle infrastrutture passive di nuova realizzazione, per le quali non è applicabile un approccio regolamentare tipico delle infrastrutture che rappresentano bottleneck.
Ci troviamo, dunque, solo all'inizio della scrittura delle nuove regole per lo sviluppo delle NGN e siamo fiduciosi che la bozza della raccomandazione della Commissione, nella sua versione definitiva, potrà dare un importante contributo. Siamo, infatti, confidenti che il nuovo assetto regolamentare delle NGN «premierà» lo sviluppo, la creazione prospettica di valore e, soprattutto, la strategicità ed i benefici complessivi per il sistema Paese derivanti dalle nuove autostrade informatiche.
Spetterà poi alle autorità nazionali di regolamentazione, e nel caso dell'Italia, ad Agcom, implementare efficacemente i principi regolamentari definiti a livello europeo, nell'ambito delle analisi di mercato che saranno completate nel corso del 2009 e che tracceranno il quadro regolamentare di riferimento per gli anni successivi, prevedibilmente fino alla fine del 2011.
In Italia, la discussione sulla regolamentazione delle NGN è stata peraltro condizionata e, in un certo modo, rallentata dall'acceso dibattito sulla separazione della rete di accesso di Telecom Italia.
Negli ultimi mesi, con la creazione della funzione Open Access e con la successiva presentazione degli impegni all'Autorità, Telecom Italia ha compiuto un importante passo in avanti al fine di garantire un contesto più competitivo, anche nell'ottica della transizione verso le reti NGN. È appena il caso di ricordare, anche in questa sede, che uno dei punti cardine della nostra strategia è rappresentato da Open Access che ha il compito di gestire e sviluppare in modo autonomo, separato e trasparente tutta la rete d'accesso di Telecom Italia.
Con Open Access intendiamo migliorare la qualità dei servizi offerti, attraverso un nuovo modello organizzativo, centrato sul cliente finale, e definire un nuovo modo di operare sul mercato wholesale, attraverso una maggiore apertura della rete, un miglioramento della trasparenza e della qualità nell'offerta dei servizi regolamentati.
In questo quadro di evoluzione delle linee strategiche di Telecom Italia, nella direzione di una sempre maggiore attenzione alle esigenze dei clienti wholesale e retail e di un confrontò più costruttivo con l'Autorità, si colloca la nostra decisione di presentare una proposta di «impegni», oggetto di una consultazione pubblica appena conclusa. Gli «impegni» sono stati articolati in modo da risultare idonei al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo proconcorrenziale dei mercati più volte richiamati dall'Autorità, in quanto assicurano un'effettiva parità di trattamento tra le funzioni commerciali di Telecom Italia e gli altri operatori, nella fornitura dei servizi di accesso all'ingrosso, grazie ad una più efficace separazione tra le attività di gestione tecnica della rete di accesso e le altre funzioni dell'azienda.
Non va dimenticato che l'attuale assetto regolamentare nazionale, in cui si collocano gli impegni, rimane ancora uno dei più avanzati nel panorama europeo, sin dal 2002, anno di adozione della delibera n. 152 con la quale l'Autorità, introducendo le vigenti misure di separazione amministrativa ed organizzativa, ha promosso


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la parità di trattamento interna-esterna e l'obbligo di replicabilità per le offerte retail di Telecom Italia.
Si deve peraltro rilevare che, grazie alle vigenti regole, il nostro Paese ha raggiunto uno sviluppo dell'unbundling che pone l'Italia, ai vertici della graduatoria dell'Unione europea (circa 3,5 milioni di linee attive in unbundling al 30 giugno 2008, pari a circa il 16 per cento del totale degli accessi di rete fissa). La stessa Commissione europea, nell'ambito del XIII Rapporto, ha evidenziato i risultati positivi, in termini di apertura del mercato dell'accesso, resi possibili dalle vigenti regole di parità di trattamento interna-esterna, tra le attività retail e quelle wholesale di Telecom Italia.
Siamo comunque convinti che, con l'auspicata approvazione degli impegni da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il vigente modello regolamentare diventerà ancora più efficace ed efficiente e sarà completamente in linea con gli auspici più volte espressi dalla stessa Autorità. L'attuazione degli «impegni» garantirà, indistintamente a tutti gli operatori e a Telecom Italia stessa, la fornitura dei servizi di accesso all'ingrosso, in cui Telecom Italia detiene una posizione di significativo potere di mercato, negli stessi tempi, alle medesime condizioni e attraverso procedure uniformi. Di conseguenza, gli «impegni» determineranno il superamento dei «rischi competitivi», tradizionalmente associati dall'Autorità all'integrazione verticale di Telecom Italia, nonché l'aumento del grado di concorrenzialità nei mercati retail.
Mi preme a questo punto sottolineare i punti fondamentali sullo sviluppo delle nuove piattaforme di rete a banda larga e trarre alcune conclusioni.
Negli ultimi dieci anni il quadro regolamentare italiano ha senza dubbio contribuito ad un'effettiva ed efficace apertura del mercato alla concorrenza sia per i servizi di rete fissa che per quelli di rete mobile, garantendo ai consumatori benefici tangibili in termini di riduzione dei prezzi, maggiore qualità e più ampia scelta dei servizi.
L'intervento regolamentare ha così sostenuto una vigorosa crescita del settore che, a sua volta, si è riflessa positivamente sullo sviluppo dell'economia nazionale. Tuttavia, nonostante in questo lasso temporale si sia assistito ad una crescente concorrenza sui servizi, non si è riscontrato un altrettanto soddisfacente grado di sviluppo delle infrastrutture di accesso alternative alla rete fissa di Telecom Italia. A parte alcune centinaia di migliaia di linee in fibra ottica realizzate direttamente da operatori alternativi, tutte le reti sono basate su strutture di accesso di Telecom Italia. È questa una realtà incontrovertibile su cui occorre riflettere con la massima attenzione.
La rete di prima generazione a banda larga di Telecom Italia e la sua evoluzione verso la seconda generazione rappresentano, quindi, un asset fondamentale, insostituibile per la competitività e lo sviluppo del Paese.
Telecom Italia è ben consapevole della rilevante responsabilità che grava su di essa nel mantenere e sviluppare i livelli di eccellenza già raggiunti nella fornitura delle infrastrutture di rete e dei servizi, ma deve tener conto che lo sviluppo degli investimenti nelle nuove reti avviene in un contesto di mercato caratterizzato da un pesante deficit della domanda di servizi a banda larga, che rende più elevati i rischi imprenditoriali associati a questo progetto.
L'adozione di adeguate misure regolamentari mirate ad incentivare gli investimenti, unitamente agli interventi pubblici di sostegno sia della domanda che dell'offerta, rappresentano pertanto, specialmente nel nostro Paese, condizioni necessarie per la definizione di un «New Deal» in grado di innescare un circolo virtuoso.
Lo stesso presidente Calabrò, in questa sede, ha d'altra parte sottolineato come gli investimenti nelle reti di nuova generazione richiedano non solo un progredito livello concorrenziale, ma anche un'adeguata remunerazione degli ingenti investimenti occorrenti per far evolvere la rete di accesso. In questo contesto, Telecom Italia è pronta ad assumere un ruolo primario per una crescita del sistema delle telecomunicazioni


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che consenta di mantenere il nostro Paese all'avanguardia in questo settore.
Riteniamo dunque fondamentale il contributo che emergerà dall'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione, le cui conclusioni certamente segneranno un passaggio chiave per assicurare una corretta ed efficace transizione alle nuove reti del sistema italiano delle comunicazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Bernabè.
Do la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni, ricordando che alle 11,30 avranno inizio i lavori in Assemblea.

AURELIO SALVATORE MISITI. Non posso che ringraziare e compiacermi con l'amministratore delegato di Telecom Italia per l'ampia e chiara esposizione della situazione attuale. Ci troviamo in una fase che tutti, a partire dai presidenti Calabrò e Catricalà nonché dal sottosegretario Romani, considerano caratterizzata dal tentativo di modernizzare le infrastrutture attraverso la trasformazione o l'adeguamento dell'attuale rete fissa.
Il monopolio da cui deriva l'attuale status di Telecom Italia nel nostro Paese tende a trasformarsi in una situazione di maggiore concorrenza. Questo avviene non solo nella rete di telecomunicazioni, ma anche in altri tipi di rete. Il Regno unito è più avanti di noi, perché partito da una generale condizione favorevole - la linea della Thatcher si è fatta sentire in questo settore, come anche in quelli idrico e ferroviario -, ha impostato tutto sulla separazione delle attività di gestione dalla rete di cui si dispone.
Comprendo le fratture, gli intrecci e i legami derivanti da un monopolio di attività e di rete, che impediscono di realizzare rapidamente tale separazione. L'amministratore delegato di Telecom dichiara che si sta provvedendo a una separazione funzionale. Non si tratta però di una netta separazione tra una società che gestisce la rete e un'altra che dovrebbe stare sul mercato alla pari con gli altri.
Al di là delle difficoltà di questa separazione, vorrei conoscere le ragioni di carattere economico-finanziario che impediscono la netta separazione tra queste due funzioni. Si pensa che la separazione porti ad una conseguente, drastica riduzione dell'attività di gestione, dovuta all'esigenza di affrontare un mercato più libero? Si teme un calo dei profitti? Non è possibile che, una volta affrontato il rischio, vi siano maggiori possibilità di business nel tempo? Vorrei sapere quali ragioni provochino le resistenze nel caso di Telecom Italia, come anche in quello delle Ferrovie dello Stato e in altri. A questo proposito, vorrei chiedere delucidazioni all'amministratore delegato, che ha svolto una relazione molto chiara e utile.

GIORGIO SIMEONI. Signor presidente, intanto le confermo l'apprezzamento per aver avviato un'indagine conoscitiva avente per oggetto un argomento così strategico per il futuro del nostro Paese, tanto più per quanto riguarda l'assetto e le prospettive delle nuove reti nel sistema delle comunicazioni.
Questa mattina ho seguito con grande attenzione la relazione del rappresentante di Tiscali, che ho ritenuto precisa e puntuale, come anche la relazione dell'amministratore delegato di Telecom. Ho rilevato quindi la predisposizione di Tiscali a un'iniziativa di tipo legislativo, mentre da parte di Telecom vi è la proposta di affiancamento finanziario a una legislazione ritenuta sufficiente.
Non mi permetto assolutamente di dire che ogni audito in Commissione «se la canta e se la suona», cosa che peraltro considero legittima (in realtà ormai l'ho detto!). Il ruolo della Commissione non è semplice. Ad esempio, è stato affermato che non aver seguito il modello britannico sulla separazione delle reti abbia portato Telecom a frenare lo sviluppo, mentre invece Telecom sostiene che la regolamentazione delle NGN sia stata rallentata dal dibattito sulla separazione delle reti di


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accesso a Telecom. Si tratta quindi di posizioni del tutto diverse, una delle quali chiama in causa il legislatore.
L'argomento deve essere approfondito, ma si avverte un certo malessere da parte di operatori estranei a Telecom. Intendiamo soffermarci su questo, senza mai dimenticare la storia del nostro Paese, perché chi dimentica il passato rischia di non avere futuro. Mi annovero tra coloro che ritengono fondamentale l'audizione odierna di Telecom, laddove è interesse del Governo accompagnare le iniziative di questa azienda.
Questa mattina è stato illustrato un serio ed impegnativo programma di investimenti da parte di Telecom, che riguarda il triennio 2008-2010. Probabilmente, verificare gli investimenti effettuati da Telecom negli ultimi cinque anni sarebbe utile anche per comprendere come atteggiarsi in futuro. Vorrei quindi chiedere maggiori delucidazioni, perché il legislatore deve comprendere come impostare l'intervento per andare avanti, altrimenti possono sorgere maggiori problemi.
Telecom è l'azienda su cui convergono maggiori attenzioni, perché svolge un ruolo leader, sebbene divisa in molti settori. Avverto, colleghi, che in questi giorni c'è un dibattito aperto tra noi, anche rispetto a La 7 e alla questione dei 25 esuberi. Poiché si richiede anche un grande investimento da parte del Governo, sarebbe opportuno ragionare su Telecom, i cui investimenti sono sempre stati rilevanti, e sul fatto che La7 abbia ancora ragione di esistere, giacché i suoi 25 esuberi potrebbero essere paragonati a 20 mila esuberi di Telecom (posso sbagliare, non sono un tecnico).
Ribadiamo la totale disponibilità ad affiancare le iniziative di un'azienda così importante in un settore in cui ogni giorno emergono numerose differenziazioni, sebbene la sfida nelle telecomunicazioni debba essere affrontata insieme.

ENZO CARRA. Ovviamente mi associo ai ringraziamenti, perché per la nostra Commissione questa audizione ha un peso molto significativo.
Mi ricollego all'ultima riflessione del collega Simeoni sui 25 esuberi di Telecom. Si tratta di provvedimenti preoccupanti, così come quello relativo ai 5 mila di Telecom. La situazione non è piacevole. Vorrei chiedere al dottor Bernabè se sia al corrente di come la questione di La7, per come è stata gestita in passato da Telecom, abbia rappresentato un vulnus nell'intero sistema dell'emittenza. A mio giudizio, l'arrendevolezza di Telecom durante la discussione della legge Gasparri ha costituito un arretramento, anche dal punto di vista costituzionale, impedendo a una società telefonica di entrare a pieno titolo nel campo dell'emittenza televisiva. Credo dunque che la successiva gestione, probabilmente pessima, di La7 trovi qualche giustificazione in relazione alla legge Gasparri. Su questo, a suo tempo avemmo l'impressione di un'arrendevolezza sospetta da parte di Telecom.
Aggiungo alcune considerazioni relative alla sua relazione. Lei cita un'evidente insufficienza nello sviluppo della domanda, ma noi saremmo interessati a sapere cosa si faccia dal punto di vista dell'offerta. La sua è l'ultima di una serie di audizioni, nel corso delle quali abbiamo ascoltato ricette molto contrastanti con quella proposta da Telecom. Poiché i competitori accusano il monopolista di rallentare la diffusione della banda larga e di frenare sulla strategicità del fisso, considero opportuno avere qualche precisazione da parte sua.
Emerge inoltre un costante richiamo all'intervento pubblico, oltre a quello legislativo. Si rileva una forte e dignitosa assunzione di responsabilità, a testimonianza dell'orgoglio da parte dell'operatore, quando il dottor Bernabè afferma che «tutte le reti sono basate su strutture di accesso di Telecom, che è ben consapevole della rilevante responsabilità che grava su di essa». In termini trasparenti e senza partecipare a pettegolezzi finanziari ed economici, le chiedo quale sia la situazione di Telecom per quanto riguarda il suo controllo. Ritengo infatti che questo abbia qualche riflesso. Non credo che si tratti di una sorta di «sindrome Alitalia»,


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ma comunque vorremmo essere messi al corrente della vostra attuale situazione interna, proprio alla luce dei dati che lei ha rivendicato con forza in questa sede.

PRESIDENTE. Raccomando la sintesi, perché dovremo chiudere nel giro di cinque minuti.

JONNY CROSIO. Cercherò di essere brevissimo e altrettanto chiaro. Dalle audizioni precedenti è emerso come vari fattori ostacolino lo sviluppo delle reti. Uno di questi è l'assenza di un puntuale progetto industriale dell'operatore dominante per lo sviluppo delle NGN. Vorrei sapere se possa fornirci maggiori informazioni in proposito e quale sarebbe la posizione rispetto al tipo di società che dovrà gestire queste NGN.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Mi dispiace per il poco tempo a disposizione, perché attendevo da tempo l'incontro con Telecom.
La nostra posizione è abbastanza netta. Sappiamo che il Governo intende potenziare la banda larga in tutto il territorio nazionale e dare risposte ai cittadini. Riteniamo non più procrastinabile la posizione dominante di Telecom, concordando quindi con quanti hanno sottolineato l'esigenza di prevedere un forte intervento legislativo, che separi in maniera certa le reti di Telecom.
Per quanto riguarda i dati citati nella relazione, sul territorio non si avverte la copertura del 96 per cento di ADSL. Come cittadino e come sindaco, infatti, da anni rappresento le continue lamentele dei cittadini e di numerosi amministratori, privi di punti di riferimento e di risposte da Telecom, che denunciano la mancanza di soldi e di interventi di linea venendo a chiedere a noi sindaci di fare gli interventi. Alcune centrali, anche nel mio territorio, non danno più i numeri di telefonia fissa. Nella zona di Verona in molti distretti manca l'ADSL e ci si sta attrezzando con operatori diversi. In ogni caso, l'opinione che il cittadino ha di Telecom è pessima.
Ritengo dunque necessario a questo punto effettuare un salto di qualità. È compito della maggioranza dare un segnale, perché il mercato è stato bloccato dalla posizione dominante di Telecom. Questa scelta non è più procrastinabile e dobbiamo assumerci le responsabilità, perché tutti vogliamo garantire servizi alle aziende e ai cittadini dal nord al sud d'Italia.

SETTIMO NIZZI. Vorrei porre due brevissime domande. Innanzitutto, vorrei conoscere esattamente la compagine sociale di Telecom e sapere a chi appartengano le azioni. In secondo luogo, vorrei sapere se intendiate realmente giungere alla separazione tra la gestione del sistema telefonico e quello delle reti e in quali tempi.
Dal punto di vista tecnico, mi associo alle considerazioni dell'onorevole Montagnoli. Anche io ho infatti ricoperto per dieci anni la carica di sindaco in una piccola realtà nel nord-est della Sardegna, ad Olbia, zona industriale con 500 aziende attive. È una vergogna che Telecom non abbia provveduto a portare l'ADSL in quelle aree. Le nostre aziende non possono svilupparsi, né partecipare per quel poco che è loro possibile al prodotto interno lordo regionale e nazionale.
Vorrei inoltre evidenziare lo stato di abbandono delle infrastrutture aeree. Vengono realizzate nuove strade e i pali della Telecom rimangono in mezzo alla città, perché nessuno risponde, nessuno sa cosa fare e come spostare un cavo. Spendiamo milioni di euro come cittadini sardi ed italiani, mentre la Telecom non sposta un cavo. Per sollecitare Telecom, siamo arrivati all'abbattimento forzato dei pali, azione di cui siamo dispiaciuti.
Personalmente ho un abbonamento Tim, ma da quando ho provato a cambiare gestore non posso più vedere il numero di telefono di chi mi chiama. Anche questo aspetto è importante per gli utenti. Il numero di molti uffici pubblici, che ad esempio hanno Wind, non può essere letto dal telefono che abbiamo in dotazione. Abbiamo inoltre sottoscritto un contratto per 7 o 20 mega, mentre concretamente si


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raggiungono 2,7-3 mega. Anche questo non è giusto.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Bernabè per la replica.

FRANCO BERNABÈ, Amministratore delegato di Telecom Italia Spa. Partirei dagli ultimi due interventi, che mi sembrano particolarmente critici e sui quali ho fatto una riflessione critica e autocritica appena entrato in Telecom Italia, avviando immediatamente un processo di riorganizzazione dell'attività dedicata al controllo e incentivando fortemente il miglioramento sul piano della qualità.
Soprattutto a livello locale, le proteste sono legittime e da noi recepite. Con i miei dirigenti abbiamo assunto l'impegno di dedicare la massima attenzione al superamento delle carenze della distribuzione dell'ADSL sul territorio nazionale. Ho descritto i nostri piani, sui quali s'incentrerà la nostra attenzione. Nei prossimi anni prevediamo di spendere ancora molti miliardi di euro per il completamento della rete. Purtroppo, in alcune aree del territorio la rete ha difficoltà a portare una banda sufficiente. Su questo tema tuttavia stiamo intervenendo.
Questo deve essere anche messo a confronto con gli interventi degli operatori alternativi, perché ci si lamenta di Telecom Italia, ma tutti avrebbero la possibilità di intervenire e di fare investimenti. Posso riconoscere che all'inizio di questi dieci anni di liberalizzazione l'atteggiamento da parte di Telecom Italia e del sistema non fosse aperto alla concorrenza, tuttavia negli ultimi anni si è verificata una forte apertura. Questa apertura, che oggi consente a qualsiasi nostro competitor di entrare nelle nostre centrali ed effettuare investimenti sulla banda larga, non ha portato all'ampliamento delle nostre reti di telecomunicazione, con poche eccezioni che purtroppo riguardano esclusivamente alcuni dei mercati più ricchi d'Italia. A Milano sono tutti interessati a entrare con investimenti alternativi, a Olbia e in provincia di Verona invece non ci sono competitor così desiderosi di entrare. Tuttavia, la responsabilità di tale situazione e la richiesta di interventi si concentrano nei confronti di Telecom Italia. Noi ne prendiamo atto con il doveroso impegno che sentiamo nei confronti del Paese per migliorare la nostra presenza. Vi posso assicurare che siamo tutti fortemente impegnati.
Vorrei passare brevemente all'intervento dell'onorevole Misiti, in cui si affermava l'esigenza di modernizzare la rete fissa. In proposito, ribadisco che la nostra rete è una delle più moderne d'Europa. Esiste un problema di diffusione territoriale, di cui sentiamo fortemente la responsabilità, ma certamente non dobbiamo modernizzare tecnologicamente e architettonicamente la nostra rete.
È stato citato più volte l'esempio del Regno unito affermando che quel Paese è andato avanti. Non è detto però che sia andato avanti nella direzione giusta, perché si può avanzare e finire nel burrone. Quando si va avanti, è necessario svolgere una serie di considerazioni circa la destinazione finale. Nel caso delle ferrovie, l'andare avanti da parte dell'Inghilterra ha portato al fallimento. Nel caso della liberalizzazione dei mercati finanziari, tale processo sta determinando una crisi del sistema senza precedenti dal 1929. Ogni tanto, quindi, gioverebbe un minimo di orgoglio patriottico. Nel dopoguerra l'Italia ha fatto cose molto importanti, come l'onorevole Carra sa bene. Oggi Telecom Italia è un'azienda privata. Il sistema delle partecipazioni statali è stato smantellato a partire dal 1992, ma ha dotato l'Italia di infrastrutture tra le più moderne in Europa. Ogni tanto, anziché guardare al Regno unito, guardiamo alla nostra storia recente e meno recente, dalla quale abbiamo molto da imparare e sulla quale occorrerebbe riflettere. Forse, se non fossero stati smantellati alcune istituzioni e alcuni istituti, anche in campo finanziario, oggi non si assisterebbe a quanto sta accadendo.
Per quanto riguarda la separazione della rete, altro tema emerso in questa sede, sottolineo come oggi Telecom Italia, per una serie di circostanze che conoscete


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meglio di me, abbia, secondo i dati della relazione semestrale, 43 miliardi di debito lordo, 37 miliardi di debito netto e quasi 30 miliardi di bond sul mercato. Ha quindi la costante necessità di rifinanziare questo livello di debito. Quelli che ci hanno garantito e sottoscritto questo debito hanno come garanzia le infrastrutture e gli investimenti, che Telecom Italia ha realizzato in passato. Ogni operazione che comporti una modifica della struttura di Telecom Italia deve essere verificata con coloro che hanno prestato i soldi all'azienda.
Il Parlamento è sovrano e può legiferare, dopodiché Telecom Italia avrebbe difficoltà a finanziarsi e gli investimenti non si farebbero più. È dunque necessario bilanciare tutto questo, alla luce di considerazioni di ragionevolezza e di prudenza.
Quanto sta avvenendo in questi giorni sul mercato suggerisce un profondo rispetto della prudenza. Forse, negli ultimi anni tanti «Soloni», che insegnavano a tutti come comportarsi, hanno affrontato con leggerezza i temi dell'economia. Personalmente ritengo che per una grande realtà come quella di Telecom Italia la prudenza, la saggezza nella gestione e soprattutto il rispetto degli interessi di tutti sia essenziale per garantire il successo.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Bernabè, perché la sua relazione è stata molto aperta, priva di preclusioni rispetto al futuro delle reti. Ha rimarcato l'importanza e la strategicità di questa infrastruttura per lo sviluppo dell'Italia. Ha anche riconosciuto il valore del lavoro che svolgeremo in Commissione nel corso di questa indagine conoscitiva, nella speranza di dare un contributo attraverso un'azione coordinata di tutte le istituzioni, anche rispetto a certi momenti di difficoltà dello stesso operatore dominante, in una situazione economico-finanziaria di grande allarme non solo in America, ma anche in Europa.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,40.

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