Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE
Audizione di rappresentanti di Infratel Italia:
Valducci Mario, Presidente ... 3 7 10
Tudini Domenico, Presidente di Infratel Italia ... 3 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Infratel Italia.
Do la parola al dottor Domenico Tudini, presidente di Infratel Italia.
DOMENICO TUDINI, Presidente di Infratel Italia. Onorevole presidente, onorevoli commissari, vi ringrazio a nome personale e del consiglio di amministrazione che qui rappresento, per l'opportunità che mi viene offerta di poter esprimere il parere di Infratel su una materia così delicata e fondamentale per la nostra azienda, in una sede così importante.
Il mio breve intervento riguarderà, dopo una sintetica presentazione di Infratel, fondamentalmente i risultati conseguiti, nell'ambito del Programma ministeriale larga banda dal primo intervento attuativo per il Mezzogiorno in corso di avanzato completamento, il secondo intervento attuativo rivolto alle regioni del centro-nord in fase di pianificazione ed avvio, e le fonti finanziarie attribuite fino ad oggi dall'amministrazione centrale al programma in parola.
Infratel è la società di scopo costituita, in data 23 dicembre 2003, sulla base di una convenzione stipulata tra il Ministero delle comunicazioni e Invitalia (all'epoca denominata Sviluppo Italia), al fine di procedere all'attuazione del Programma banda larga nel Mezzogiorno e, successivamente, in tutte le aree sottoutilizzate del Paese, per limitare, ridurre ed in prospettiva eliminare il divario digitale esistente attraverso la realizzazione e l'integrazione di reti abilitanti alla banda larga, da rendere disponibili agli operatori provider e player del comparto delle telecomunicazioni ed alla pubblica amministrazione. La società è controllata al 100 per cento da Invitalia e pertanto è interamente pubblica.
Ad integrazione ed aggiornamento delle disposizioni della citata convenzione, in data 22 dicembre 2005 è stato sottoscritto da Infratel e dal Ministero delle comunicazioni uno specifico accordo di programma, finalizzato alla completa regolamentazione delle attività di realizzazione del potenziamento della rete infrastrutturale pubblica per la larga banda in tutte le aree sottoutilizzate del Paese.
Quale attuatore del Programma per lo sviluppo della larga banda in tutte le aree sottoutilizzate del Paese, ai sensi della legge n. 80 del 2005, Infratel procede dunque in esecuzione, principalmente, attraverso: la realizzazione e l'integrazione
di tutte le tipologie di rete necessarie per dotare le aree marginali e sottoutilizzate del territorio nazionale di un'infrastruttura organica ed evoluta, allo scopo di consentire la completa abilitazione tecnologica dei territori e di abbattere il divario digitale esistente nel Paese; la creazione di infrastrutture complementari a quelle già esistenti sul territorio, contemperandone l'integrazione nei propri piani infrastrutturali, in modo tale da evitare eventuali duplicazioni di investimenti; l'impiego di tecnologie moderne ed affidabili, al fine di soddisfare i principi di neutralità tecnologica che debbono caratterizzare le infrastrutture pubbliche; la messa a disposizione delle infrastrutture realizzate ed integrate a tutti i soggetti interessati, fra cui la pubblica amministrazione, secondo principi e criteri di equità e di non discriminazione; modalità di collaborazione e partenariato con enti e soggetti locali, ai fini di una
più incisiva azione nelle aree oggetto d'intervento.
Quindi la nostra azione, come detto, è volta a limitare, ridurre ed in prospettiva eliminare il digital divide che caratterizza quelle aree geografiche i cui abitanti non possono accedere ad Internet con un collegamento a larga banda. Queste aree, nella quasi totalità sono servite da centrali di collegamento di piccole dimensioni in termini di linee collegate e vengono definite comunemente «a fallimento di mercato», nel senso che gli operatori privati non hanno convenienza ad investire a causa di una mancata remunerazione degli investimenti dovuta ad una domanda troppo sottile.
In queste aree è quindi indispensabile, per risolvere il problema in tempi ragionevoli, un deciso intervento pubblico volto alla creazione di quelle infrastrutture abilitanti al rilegamento in fibra ottica delle centrali, mediante l'intervento di un soggetto che realizzi le infrastrutture integrandole con la rete esistente e che le metta poi a disposizione di tutti gli operatori, a condizioni eque e non discriminatorie.
Per quanto riguarda il primo intervento attuativo, con la delibera CIPE n. 83 del 2003 il Governo ha stanziato 150 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni a larga banda nelle otto regioni del centro-sud (Abruzzo, Molise, Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna).
La principale causa del digital divide è la mancanza del rilegamento ottico tra la centrale telefonica e il resto del backbone ottico degli operatori. Da una nostra analisi sullo stato del backhauling, ossia della connessione ottica a larga banda, delle centrali telefoniche risulta che circa il 40 per cento di esse non sono dotate di collegamenti ottici.
In realtà il numero totale delle centrali di telecomunicazione nel Paese è pari a circa 10.400; di queste 6.200 sono collegate in fibra, di cui 5.950 sono dotate anche di un apparato DSLAM e 50, nonostante siano rilegate in fibra, sono dotate di un apparato miniDSLAM. La popolazione servita dal primo blocco di centrali, con apparato DSLAM, è, secondo una nostra stima, pari a circa 51,4 milioni di abitanti; le altre 50 centrali, sempre legate in fibra, con miniDSLAM coprono circa 100 mila abitanti. In ultimo ci sono 200 centrali che, alla data del 31 dicembre 2007, risultavano collegate in fibra ma erano sprovviste di un apparato DSLAM, e quindi non erano abilitate alla larga banda, nonostante fossero rilegate in fibra.
Viceversa, esistono 4.200 centrali il cui collegamento è ancora in rame, e che quindi non consentono un accesso ADSL. Di queste centrali, 100 sono dotate di un apparato miniDSLAM e quindi è ipotizzabile che a breve sarà realizzato un backhauling da parte degli operatori privati; 1.800, pari a circa 1 milione 500 mila abitanti, sono equipaggiate con un apparato miniDSLAM, cioè riescono a dare un servizio di accesso ad Internet di limitata capacità, con una velocità massima per utente di 640 kilobit al secondo, e 2.300 centrali - secondo i dati aggiornati al 30 settembre 2008 - sono centrali backhauling con la backbone in rame, che non sono dotate di un apparato DSLAM. All'interno
di queste 2.300 centrali, quasi 200 sono state rilegate in fibra dalla nostra società.
Per una parte di queste centrali, quelle per cui la Telecom ha fornito il miniDSLAM, il rischio è che si arrivi velocemente ad una saturazione. Non solo c'è una limitazione per quanto riguarda la velocità d'accesso, ma c'è anche la possibilità che l'apparato vada a saturazione, man mano che crescono gli utenti che fanno domanda e poi si abbonano al servizio.
Quindi l'intervento di Infratel è oggi mirato alle aree non servite da nessuna tecnologia ADSL, ossia circa 2.300 comuni, nei quali realizziamo collegamenti di backhauling in fibra e anche wireless. In prospettiva, una volta completato questo lavoro, è ipotizzabile anche un intervento di Infratel nelle aree oggi servite da miniDSLAM, che, nel frattempo, con l'aumentare dei clienti, avranno cominciato a saturarsi.
Infratel ha avviato le proprie attività nel corso del 2005. Con un bando di gara europeo ha aggiudicato i lavori per la posa di fibra ottica nelle otto regioni del Mezzogiorno, per un ammontare di circa 120 milioni di euro. Il programma prevede la posa di cavi in fibra ottica per il rilegamento di circa 250 aree comunali, ossia di circa 290 centrali, tutte aree centrali in situazione di digital divide infrastrutturale. Si tratta di aree nella cui centrale telefonica sono attestati i cavi di accesso in rame, dove quindi manca la connessione ottica a larga banda, e non può essere predisposta per la fornitura del servizio ADSL. Le aree di centrali interessate sono 285, interessano un milione di cittadini residenti nelle otto regioni del Mezzogiorno e rappresentano quasi il 30 per cento del totale delle centrali in deficit infrastrutturale nelle otto regioni suddette.
Mediante accordi con gli operatori è prevista inoltre la cessione di alcune coppie dei cavi ottici posati da Infratel mediante una locazione pluriennale, il cosiddetto IRU (Indivisibile right of use), della durata 15 anni e la successiva abilitazione del territorio ai servizi a larga banda.
Ad oggi, il primo intervento attuativo è in fase di completamento: abbiamo posato 1.600 chilometri di nuovi portanti in fibra, che contribuiscono alla realizzazione dell'80 per cento del programma e sono già state collegate 200 aree di centrale e in gran parte di queste risultano già disponibili i servizi ADSL da parte dell'operatore. Questo primo intervento attuativo si completerà entro il 1o trimestre del 2009. In alcune regioni (in particolare la Sardegna, il Molise, la Basilicata e la Puglia) prevediamo di completare i lavori già entro l'anno in corso.
Il secondo intervento attuativo è invece rivolto alle aree del centro-nord. Tra la fine del 2007 e il primo trimestre del 2008, l'ex Ministero delle comunicazioni, col supporto di Infratel, ha svolto numerose attività specifiche, volte al coordinamento e alla definizione degli indirizzi generali d'attuazione del Programma banda larga sul territorio nazionale, sempre ai sensi della legge n. 80 del 2005, in evoluzione rispetto alle fasi d'attuazione già in corso. Si è aperto un tavolo di collaborazione con le amministrazioni regionali e nel periodo novembre 2007-aprile 2008 il Ministero delle comunicazioni ha siglato cinque accordi di partenariato, con le regioni Emilia-Romagna, Liguria, Lazio, Marche e Umbria per il potenziamento delle dotazioni infrastrutturali per la banda larga sui territori regionali, con la duplice finalità di abbattere il digital divide e di potenziare l'infrastruttura dedicata al servizio della pubblica
amministrazione locale.
Nell'ambito delle predette iniziative Infratel è stata individuata come soggetto attuatore degli interventi ai sensi della legge citata, in alcuni casi direttamente e in altri in interazione con società regionali, rivestendo peraltro il ruolo di stazione appaltante degli investimenti previsti, a seguito della forte esperienza maturata al riguardo e delle oggettive e ampie sinergie perseguibili.
Il decreto-legge n. 93 del maggio 2008, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, ha definanziato questo programma per 50
milioni di euro per l'avvio delle attività del 2008 relative alle regioni del centro-nord.
Attualmente il Ministero dello sviluppo economico, attraverso il sottosegretario Romani, sta avviando una rapida consultazione con tutte le regioni interessate, al fine di identificare le nuove modalità di intervento che prevedono sia un forte coinvolgimento sotto l'aspetto finanziario da parte degli enti locali sia una funzione di coordinamento da parte del Governo centrale, intervento che sarà attuato direttamente da Infratel sfruttandone la capacità tecnica e operativa.
Un'ultima notazione riguardo alle fonti finanziarie. Le fonti finanziarie attribuite dall'amministrazione centrale al Programma banda larga, in relazione all'ammontare effettivamente utilizzabile per l'assunzione di impegni di carattere giuridicamente vincolante, derivano dalle leggi finanziarie del 2005, 2006, 2007 e 2008, come modificate dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, di conversione del citato decreto-legge n. 93 del 2008.
Le fonti finanziare per l'attuazione dell'iniziativa, dunque, inizialmente pari a circa 226 milioni di euro, a seguito del definanziamento operato dalla predetta legge sulle attribuzioni relative al 2008, risultano, alla data attuale, pari a circa 176 milioni di euro.
È da sottolineare, peraltro, che per l'attuazione del Programma banda larga sono state attribuite risorse finanziarie, in termini programmatici, anche da alcune delibere CIPE, per l'ammontare complessivo di ulteriori 175 milioni di euro.
Tali risorse, senza dubbio, assumono una rilevanza fondamentale per l'evoluzione strutturata e lo sviluppo degli interventi della società Infratel al fine di proseguire nel suo programma di rilegamento delle 2.600 comunità che ad oggi risultano ancora isolate dai network degli operatori e che, senza i servizi a larga banda, rischiano di rimanere isolate dallo sviluppo economico e sociale dal resto del Paese.
Abbiamo preparato uno schema abbastanza sintetico su una misurazione del digital divide in Italia al 31 dicembre 2007, di cui darò velocemente conto. Il digital divide è legato all'indisponibilità dell'infrastruttura a banda larga e deriva da una serie di fattori. In primis, la struttura orografica del territorio e la bassa densità di popolazione che caratterizza le zone rurali e marginali del Paese richiedono investimenti ingenti di carattere strutturale per la realizzazione di reti di telecomunicazioni abilitanti alla banda larga, sia in termini di diffusione, sia in termini di idoneità per l'erogazione di servizi evoluti e innovativi. Inoltre, il fatto stesso che le predette aree presentino uno sviluppo economico ridotto, rispetto alle altre aree del Paese, influisce pesantemente sulla scelta di investire in infrastrutture abilitanti alla banda larga da parte degli operatori di telecomunicazioni; è qui
evidente, infatti, che la mancanza di una massa critica di utenti, anche nel medio-lungo periodo, non garantisce la remunerazione degli investimenti che il mercato ordinariamente richiede.
Quanto detto comporta una forte disuguaglianza nella disponibilità di infrastrutture e servizi a banda larga nelle diverse aree territoriali italiane, sia nel Mezzogiorno sia nel centro-nord del Paese, in maniera importante anche nell'ambito delle stesse regioni.
Il fatto che ancor oggi, sull'intero territorio nazionale, circa 4 mila centrali di commutazione dell'operatore Telecom Italia - per note ragioni storiche proprietario della rete tradizionale di accesso in rame, che costituisce il «sistema nervoso» delle reti di telecomunicazione italiane - siano prive di connettività in fibra ottica, risulta un fattore determinante di divario digitale.
Alla data del 31 dicembre 2007, infatti, il divario digitale di carattere infrastrutturale nel nostro Paese si stima essere un fenomeno che riguarda strutturalmente circa 2.600 comuni (ossia 2.300 centrali) su 8.101 comuni complessivi, relativi ad aree in cui non si prevede, né nel medio né nel lungo periodo, lo sviluppo di condizioni di mercato sufficienti per rendere economicamente conveniente l'intervento degli operatori privati (cosiddette aree a «fallimento di mercato»). Ne consegue
l'esclusione dall'abilitazione alla banda larga per circa 4 milioni di cittadini, pari approssimativamente al 7 per cento della popolazione. Una conferma indiretta di questo dato è data anche dalla stima che è stata fatta delle linee telefoniche complessive collegate con la fibra ottica, che Telecom dichiara essere pari al 94 per cento; se con un'approssimazione minima immaginiamo che la popolazione possa più o meno coincidere con le linee, ovviamente troviamo una conferma indiretta di questa misurazione.
In particolare, alla data del 31 dicembre 2007, in aree del Mezzogiorno caratterizzate dal divario digitale infrastrutturale, a causa dell'assenza di connessione in fibra ottica delle centrali di commutazione Telecom Italia, si trovano circa 900 comuni, con una popolazione residente pari a circa 1,6 milioni di cittadini. Preciso che nelle nostre elaborazioni abbiamo considerato in digital divide un'area di centrale - e conseguentemente la popolazione del comune servito da quell'area di centrale - se la copertura della popolazione con linee in fibra ottica non risultava maggiore del 95 per cento della popolazione residente. È chiaro quindi che, a seconda della percentuale di copertura della popolazione residente che si stabilisce, si può considerare o meno una centrale in digital divide.
La situazione riepilogativa del divario digitale in Italia, alla data del 31 dicembre 2007, mostra sinteticamente i seguenti aggregati: per quanto riguarda il Mezzogiorno ci sono 1.639 comuni, che costituiscono il 64 per cento del totale dei comuni e che corrispondono al 92 per cento della popolazione (pari a 19.024.114 abitanti) che non sono in digital divide e quindi è chiaro che questo fenomeno riguarda sostanzialmente tutte le aree rurali e le aree scarsamente abitate. Viceversa ci sono in digital divide 918 comuni, che sono il 33 per cento dei comuni complessivi, ma che hanno l'8 per cento della popolazione, pari a 1.595.915 abitanti.
Per quanto riguarda invece il centro-nord 1.896 comuni, pari al 70 per cento dei comuni e corrispondenti a 33.887.429 abitanti, pari al 93 per cento della popolazione, non sono in digital divide, cioè hanno un rilegamento ed un'abilitazione alla banda larga. Nella medesima area sono in digital divide ben 1.648 comuni, che costituiscono il 30 per cento dei comuni complessivi, che corrispondono a 2.611.219 abitanti, pari al 7 per cento della popolazione.
A questo va aggiunto che, stando al monitoraggio sullo stato del digital divide, risultano ulteriori 2 mila comuni in cui risulta disponibile il servizio ADSL, però con una limitata capacità; si tratta di quei comuni cui fanno riferimento quelle 1.800 aree di centrale equipaggiate con un apparato miniDSLAM che, come abbiamo detto, ha una limitata capacità di trasporto sulla rete, pari a 640 kilobit al secondo. Il servizio per queste aree di centrale è fornito dalla Telecom Italia sulle centrali non collegate in fibra, mediante apparati collegati con portanti in rame a bassa capacità.
In queste aree dove il digital divide infrastrutturale non è stato ancora risolto, il servizio è assai limitato rispetto alle attuali disponibilità del servizio ADSL a 7 megabyte. Inoltre risulta limitato il numero massimo di utenti collegabili in ADSL e alcune di queste aree, circa l'8 per cento ad oggi nella nostra stima, risultano già sature, causando a loro volta un altro caso di digital divide, in quanto alcuni cittadini possono avere il servizio mentre altri, pur vivendo nella stessa comunità, sono impossibilitati a farlo.
Si ritiene che in queste aree sia necessario pianificare un importante investimento infrastrutturale mediante i cavi ottici, al fine di dotare tutta la comunità dei servizi a larga banda effettivamente disponibili per tutti cittadini.
PRESIDENTE. Approfitto della sua presenza per fare alcune domande. La prima è di natura tecnica: immagino che la vostra rete sia complementare in qualche modo alla rete Telecom, e che quindi si vada ad appoggiare su di essa; la vostra fibra ottica, che riguarda evidentemente i 2.600 comuni che lei qui ricordava, siti sia nelle regioni del nord che del centro-sud,
è una rete in fibra ottica che arriva direttamente nelle abitazioni delle famiglie o no?
La seconda domanda è questa: dalla vostra relazione emerge che a breve tempo la vostra società avrà terminato la sua attività; riguardo alla vostra continuità aziendale, anche parlando con il Governo, c'è un piano di più lungo respiro, oppure il piano che vi riguarda è legato a questo tipo di attività, dopo di che occorre una decisione dell'Esecutivo?
Un'altra domanda. Visto che in qualche modo operate, anche se non da tanto tempo, sulla rete italiana di telecomunicazioni, la qualità del rame e della rete Telecom, che sicuramente raggiunge, anche attraverso l'ADSL, un vastissimo numero di famiglie italiane - una percentuale stimata compresa tra l'84 e il 90 per cento, quindi una fetta molto ampia - può sostenere capacità di lavoro molto più alte di quelle impiegate fino ad oggi, oppure, nel momento in cui l'utenza e i servizi aumentano sulla rete attuale, si possono verificare disfunzioni? Da Telecom Italia abbiamo appreso che queste disfunzioni ci saranno sicuramente in almeno un terzo della rete, poiché ha una capacità molto limitata di trasporto di megabit, mentre sui rimanenti due terzi c'è una buona potenzialità, non sfruttata completamente, un po' come succede anche a noi quotidianamente con telefonini e computer, che utilizziamo ben al di sotto delle loro
effettive potenzialità.
Infine, a proposito del lavoro di censimento molto preciso che avete fatto sul digital divide, volevo chiedere se era stato fatto un confronto attento con gli operatori, perché al di là dei parametri oggettivi per la definizione del digital divide, come la ruralità e la densità abitativa, c'è anche l'opinione degli operatori su quello che ritengono effettivamente essere un mercato a fallimento, perché magari anche in un'area rurale ci può essere un grande stabilimento che di fatto da solo potrebbe assorbire e compensare quel fallimento di mercato. Quindi la domanda è: questo tipo di confronto anche commerciale è stato fatto, e quindi l'analisi relativa a questi 2.600 comuni è un'analisi condivisa con il mercato, oppure è un'analisi vostra, fatta nei modi in cui avete ricordato nella vostra relazione?
DOMENICO TUDINI, Presidente di Infratel Italia. Signor presidente, in relazione alla fibra, la nostra attività è quella di fare un rilegamento tra la backbone e l'area di centrale; noi facciamo questo collegamento con alta capacità, cioè mettiamo 48 coppie, e lo portiamo nell'area comunale, nel senso che non rileghiamo la centrale di Telecom, ma lo portiamo in area comunale, cosa che consente a tutti gli operatori di collegarsi da quel punto fino ad arrivare alla famiglia, alla casa, al building, all'attività commerciale o industriale. Questo perché il nostro approccio è di fatto quello di colmare una lacuna, ossia il gap infrastrutturale che impedisce agli operatori, comunque a più di un soggetto, di erogare un servizio ad alta capacità alle famiglie. Quindi, come abbiamo detto, la nostra rete è
complementare a quella esistente, perché la nostra società crea i collegamenti mancanti, ossia fa dei «rammendi» di rete dove la backbone non è passata o non è collegata con aree di centrale, e quindi opera laddove ci sono delle aree in cui la popolazione è esclusa dall'accesso.
Quanto alla fibra, abbiamo operato un intervento che traguarda 15 o 20 anni, nel senso che ad oggi la richiesta di servizi ad alta capacità, anche da parte della popolazione, è inferiore a quella che immaginiamo possa esserci nei prossimi anni. A questo punto dobbiamo fare un'analisi più complessa, perché stiamo monitorando la crescita di utilizzo e di saturazione e, in particolare, possiamo affermare che oggi il traffico dei dati o anche il traffico audio assorbe una minima parte della capacità della rete. Al momento attuale lo sviluppo che sta caratterizzando la rete, e che ne assorbe la maggior parte della capacità, è dato da video e dal peer to peer. Più sarà diffuso via Internet il traffico di contenuti video e il peer to peer, che oggi sta crescendo anche in virtù dei social network che si stanno affacciando sul mercato, più il collegamento in fibra
potrà
essere via via utilizzato da uno o da più operatori.
Quindi, per quanto riguarda la nostra fibra, noi mettiamo a disposizione degli operatori un punto di collegamento in un'area comunale, o, meglio, in un punto preciso dell'area comunale. Da lì, ovviamente, la pubblica amministrazione ha il suo punto di collegamento per i suoi servizi e da lì ogni operatore può collegarsi con la propria area di centrale e con i suoi apparati.
Riguardo alla continuità aziendale, ovviamente, questa è legata alla disponibilità di fonti di finanziamento su questo programma. Molto sinteticamente oggi possiamo stimare, anche vedendo il traguardo e il completamento del primo intervento attuativo che, con 120-130 euro per abitante abbiamo realizzato 2 mila chilometri di rete. Quindi, dal punto di vista dell'efficienza e dell'efficacia dell'intervento, sicuramente possiamo fornire degli elementi utili al Governo per decidere che è conveniente utilizzare questo modello, almeno finché ci sarà un così elevato numero di aree in digital divide.
Quindi la nostra società da una parte sta completando il primo intervento; dall'altra - proprio per il fatto che il lavoro è iniziato nella precedente legislatura e si sta portando avanti in questa - sta immaginando una serie di accordi con le regioni, che ne prevedano una coinvolgimento anche in termini finanziari, proprio per sopperire all'insufficienza di fondi rispetto al numero delle aree comunali in digital divide. Nel caso di cofinanziamento del programma, il programma è concordato con la regione. Come dicevamo, abbiamo già predisposto i piani territoriali per le regioni con le quali abbiamo firmato la convenzione, ossia Emilia-Romagna, Liguria, Lazio, Marche, Umbria. Inoltre abbiamo predisposto i piani territoriali, compreso anche il bando di gara, relativi alle otto regioni del Mezzogiorno, rispetto alle quali noi siamo già pronti ad operare. Nel caso in cui dovessero essere confermati i fondi ancora disponibili e quelli
che si possono abilitare al programma, cioè quei 175 milioni delle delibere CIPE che sono stanziati a tal fine, noi possiamo immaginare che negli anni 2009, 2010 ed entro il primo trimestre del 2011, attuando questo programma, gran parte delle aree centrali in digital divide potrà essere legato con un collegamento in fibra.
Per concludere sulla continuità aziendale, dunque, stiamo lavorando in questo momento sia con le regioni che con il Governo, per andare velocemente verso un secondo intervento attuativo.
Per quanto riguarda la qualità della rete in rame, la Telecom ha collocato sulla rete degli apparati miniDSLAM, ossia apparati che collegano la centrale e la backbone con il rame, in ragione delle caratteristiche della rete stessa: la prima è che il nostro local loop, cioè la distanza che c'è tra le centrali telefoniche e l'utente, è bassa, pari di media ad un chilometro e mezzo (ma su questo Telecom può essere più precisa); in ogni caso la soluzione adottata da Telecom, quando ci sono abitazioni che superano i 3 chilometri dalla centrale, non è efficace. Il local loop italiano, cioè l'ultimo miglio, è corto, e questo in qualche modo facilita di fatto il compito in termini di portanza.
Ovviamente le aree che più soffrono sono quelle con maggiore carica antropica, che non sono le aree delle grandi città, ma sono quelle delle medie città, dove non c'è una struttura full IP, cioè non c'è una metropolitan area network o magari, se c'è, non è così strutturata come normalmente dovrebbe essere per consentire il traffico in caso di elevato carico di domanda. Quindi il problema, in prospettiva, sarà di utilizzo della rete legato a comportamenti, a stili di vita, ad abitudini, all'offerta commerciale che la stampa e la televisione potranno fare; tenuto conto che in Italia non c'è un'alternativa al cavo, chi vorrà decidere in futuro di fare l'IP TV o di fare la web TV o di dare servizi e-commerce, o anche servizi innovativi utilizzando il canale Internet, metterà in difficoltà questa rete che più rapidamente
potrà saturarsi.
Quindi se parliamo dell'oggi guardando avanti per una prospettiva di breve periodo, cioè per i prossimi due o tre anni, possiamo prevedere una criticità su una
parte della rete. In prospettiva, in un orizzonte che va dai tre ai cinque anni, il fatto di non avere un rilegamento e una portante in fibra al posto di quella in rame tra l'area centrale e la backbone, senza parlare ancora alle reti di nuova generazione, potrebbe essere un problema. Siamo in una fase non ancora di sviluppo, ma tale da consentire pari accesso a tutti ai servizi Internet.
Per quanto riguarda infine l'ultima domanda, relativa alle stime condivise dal mercato, noi ci siamo confrontati con gli operatori, fondamentalmente con la Telecom, e siamo partiti dal database fatto dall'Osservatorio Banda Larga, elaborato dalla società Between. Partendo da quel database, abbiamo attivato un confronto con gli operatori, e particolarmente con Telecom, dal quale è scaturita una sostanziale condivisione di quelle che, in termini prospettici, sono le aree di intervento. Il nostro intervento è stato calibrato su quelle aree dove la Telecom ci aveva assicurato che non avrebbe fatto investimenti; in altri termini, era inutile fare un rilegamento in fibra in un'area comunale dove era già previsto un intervento da parte degli operatori privati, per cui sono state scelte le aree che venivano confermate, anche nei prossimi due o tre anni, essere aree a «fallimento di mercato». D'altro canto avere una copertura
del 94 per cento della popolazione per un operatore privato può essere un risultato significativo dal punto di vista commerciale, per un operatore pubblico sicuramente non lo è, considerato il carattere universale del servizio.
Abbiamo lavorato insieme agli operatori, e quindi anche alla Telecom, e abbiamo individuato, all'interno dei nostri piani territoriali, quelle aree cosiddette in «digital divide strutturale», ossia aree in cui permanentemente immaginiamo che, senza un intervento nostro, in collaborazione con il Governo o con le regioni, ovvero senza altri interventi incentivati, sarà difficile che da solo il mercato possa fare questi investimenti.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente di Infratel Italia, Domenico Tudini, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.