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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
1.
Mercoledì 27 ottobre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PASSEGGERI E MERCI

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà:

Valducci Mario, Presidente ... 3 6 14 18
Catricalà Antonio, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 15 16 18
Desiderati Marco (LNP) ... 14 18
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 8 9
Lovelli Mario (PD) ... 9 10
Meta Michele Pompeo (PD) ... 12
Monai Carlo (IdV) ... 12
Torazzi Alberto (LNP) ... 11
Velo Silvia (PD) ... 6 8 16

ALLEGATO: Documento depositato dal presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 27 ottobre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, l'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà.
Do la parola al professor Catricalà, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e formulare talune osservazioni.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Onorevole presidente e onorevoli deputati, a nome dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, vi ringrazio per averci offerto l'opportunità di esprimere qualche considerazione di nostra competenza, nell'ambito di questa importante indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario dei passeggeri e delle merci.
Abbiamo preparato un documento, che consegno alla presidenza della Commissione, che cercherò di riassumere chiarendo alcuni aspetti, e restando in ogni caso a disposizione per eventuali domande.
Sono presenti con me oggi a questa audizione il dottor Angelo Lalli e il dottor Massimo Ferrero che appartengono alla struttura, e la dottoressa Goggiamani, capo ufficio stampa.
Vorrei distinguere in due fasi la parte iniziale del mio discorso: la prima riguarderà la rete e la seconda il servizio ferroviario.
In una logica antitrust un po' più evoluta di quanto si immagini, ci sono due ragioni di efficienza che possono giustificare la circostanza che la rete ferroviaria nazionale sia gestita sostanzialmente da un solo operatore. Il primo motivo riguarda il fatto che, essendo tale rete un monopolio naturale, sussistono problemi sia di coordinamento dei singoli passaggi sulla rete, sia di sicurezza, che impongono sostanzialmente la scelta di avere un unico gestore. La seconda ragione risiede nel fatto che, per mantenere e sviluppare la rete, c'è bisogno di notevoli investimenti. In questo ambito, è giustificato anche un intervento dello Stato per la costruzione, l'ampliamento e la manutenzione di un'infrastruttura che, come questa, è di interesse generale.
Invece, per quanto riguarda il servizio, il trasporto di merci e passeggeri si presta con tranquillità alla gestione pluralistica. In questo campo, quindi, c'è ampio spazio per la concorrenza. Tuttavia, nell'ambito del trasporto dei passeggeri ci sono margini che consentono sussidi pubblici. Tali margini sono giustificati dal fatto che bisogna garantire un servizio universale e,


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nell'ambito di esso, standard di qualità accettabili, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale.
Pertanto, concludendo questa fase iniziale della mia relazione, possiamo affermare che nel settore ferroviario è necessaria la coesistenza tra l'intervento pubblico, sia diretto sia indiretto, e il mercato, ossia la concorrenza. Tale coesistenza non è facile e sarebbe attuabile - anche se fino ad ora abbiamo visto che non è stato facile attuarla - se fossero ben chiari e distinti i ruoli.
Da diversi anni, anche prima della mia presidenza, l'Antitrust ha sempre richiesto di definire al meglio, con l'intervento del Parlamento, le distinzioni tra i ruoli, per evitare conflitti di funzioni.
Quindi, occorrerebbe separare il ruolo del regolatore da quello del proprietario, e il ruolo del proprietario della rete da quello della gestione della rete stessa. Infatti, la liberalizzazione e lo sviluppo della «fabbrica ferroviaria» dipendono anche dalla forza di un regolatore.
Oggi un regolatore esiste, ma non è forte perché non è indipendente e quindi perde necessariamente di incisività e di credibilità, dal momento che ad esso viene a mancare l'indipendenza che invece dovrebbe essere tipica di un regolatore.
D'altra parte, il servizio universale - altro aspetto che preoccupa molto l'Autorità antitrust - non è ben definito come dovrebbe. Esso, infatti, dovrebbe essere definito sia nei confini territoriali sia in quelli di qualità, e retribuito con una contabilità completamente separata.
Si potrà obiettare che sembra non esserci alcuna liberalizzazione e quindi le leggi che sono state fatte non sono servite a nulla. Non è così. Le leggi ci sono e vanno bene, ma il problema è che si tratta di una liberalizzazione, sia per il trasporto merci che per il trasporto passeggeri, soltanto teorica, perché entrambi questi settori devono aprirsi al mercato. A questo proposito, possiamo esaminare nello specifico questi due ambiti.
Il settore merci è al più alto livello di liberalizzazione. Già nel 2001 sono entrate in questo settore altre imprese oltre al monopolista, ossia Ferrovie Nord Milano, Deutsche Bahn e la svizzera SBB Cargo. Oggi, le aziende autorizzate al trasporto merci in Italia sono 27, ma tutti i newcomers non superano insieme il 10 per cento di treni/km; i più grandi arrivano in tutto al 3 per cento. Quindi, c'è ancora molto spazio di mercato per la concorrenza, ma non si riesce effettivamente a conquistarlo perché esistono due limiti: la pressione concorrenziale dell'autotrasporto, beneficiato da sussidi pubblici, e la stessa disciplina comunitaria.
Proprio oggi c'era un articolo sulla testata giornalistica il Fatto Quotidiano dal titolo: «Sempre meno concorrenza, gli scali merci vanno a Trenitalia». Effettivamente, la direttiva sembra autorizzare comportamenti strategici dell'operatore incumbent, quando, come nel nostro caso, esso è sostanzialmente integrato. La società RFI Spa è separata ormai completamente da Trenitalia dal punto di vista societario e di governance - e su questo non abbiamo rilievi da fare - ma entrambe appartengono al gruppo Ferrovie dello Stato Spa e sono quindi sottoposte al totale controllo del Ministero dell'economia e delle finanze.
La direttiva del 7 luglio 2009 attuata con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze - quindi del proprietario della rete - individua quali sono le infrastrutture funzionali che devono restare ad RFI Spa.
Tuttavia, tali strutture - e di questo parla l'articolo che ho citato prima - sono rappresentate solamente da 71 impianti; tutti gli altri possono quindi essere trasferiti ad altre società del settore ferroviario.
I concorrenti di Trenitalia si sono lamentati molto degli svantaggi concorrenziali, che derivano dal fatto che essi hanno dovuto ricollocare le proprie attività di logistica a seguito del passaggio di questi impianti, che sono sostanzialmente scali, da RFI Spa alla società Trenitalia Spa o ad altre società del gruppo FS Spa.
L'Autorità antitrust può intervenire quando si verifica un abuso su una essential


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facility. In altri termini, quando un incumbent ha una essential facility e non concede l'utilizzazione di quest'ultima anche al concorrente, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può applicare l'articolo 102 del Trattato UE e attivare una pratica di abuso di posizione dominante. In questo caso, però, non tutti gli impianti possono essere definiti essential facility, dal momento che molti di essi sono chiaramente duplicabili, mentre l'essential facility vera e propria non è duplicabile. In questo caso potremmo considerare essential facility i binari e poche altre cose. Ebbene, la soluzione che l'Autorità antitrust propone - abbiamo fatto qualcosa, ma con una certa indecisione - è quella di creare un regolatore veramente indipendente, che possa cioè chiarire esattamente quali sono gli impianti il cui uso deve essere condiviso con i competitor e a quali costi, condizioni di trasparenza e criteri. In altre parole, il regolatore dovrebbe comportarsi come un regolatore a tutti gli effetti.
L'ambiguità della regolazione del settore merci si amplifica quando passiamo al settore passeggeri. Infatti, sia nel campo regionale sia in quello locale, sussiste una forte commistione tra concorrenza e servizio universale. In particolare, il servizio universale è giustificato dalla necessità di garantire, a prezzi accessibili e con frequenze accettabili - quindi con scadenze temporali ravvicinate - alcune tratte non redditizie e che quindi devono essere coperte, dal momento che con la semplice concorrenza e il mercato libero non ci sarebbe per gli operatori una convenienza a prestare il servizio. Tuttavia, se si provvedesse a definire con chiarezza in cosa consiste il servizio universale, potremmo ottenere un'apertura del mercato, non certamente attraverso più soggetti che svolgono questo servizio, ma attraverso una concorrenza per il mercato. Mi riferisco a gare che consentano all'impresa più efficiente di svolgere questo servizio, minimizzando i costi e naturalmente mantenendo un livello accettabile di qualità e di frequenza.
Come dicevo, in teoria questo è quello che dovrebbe avvenire, ma nella pratica ci sono alcune difficoltà: la disponibilità del materiale rotabile, che non tutti hanno, e la possibilità di avvalersi di impianti di manutenzione e di deposito, la possibilità delle imprese ferroviarie di non essere vincolate ai contratti di lavoro dell'incumbent, e la mancanza di conoscenza delle specifiche tecniche necessarie per operare nella sede da parte dei newcomers, che molto spesso non è compensata da un atteggiamento collaborativo da parte di Ferrovie dello Stato Spa, che si dimostra restia a fornire questi documenti ai suoi concorrenti.
Secondo l'Autorità antitrust le gare potrebbero essere strutturate in modo tale da consentire a chi entra per la prima volta nel mercato, regionale e nazionale, di avere una propria carta da giocare. Tuttavia, esse dovrebbero essere bandite per tempo, con 24-30 mesi di anticipo rispetto all'inizio dell'attività, in modo da consentirne l'avvio più facilmente. Quindi, tra l'aggiudicazione della gara e l'inizio delle attività dovrebbero decorrere diversi mesi o più probabilmente due o tre anni, perché in tal modo i newcomers potrebbero tranquillamente affittare o acquistare il materiale rotabile. Inoltre, si potrebbe anche studiare il modo per impedire all'incumbent di opporre una serie di rifiuti di accesso alle infrastrutture, come oggi molto spesso accade, da quanto ci risulta dalle denunce che riceviamo.
Noi abbiamo fatto una segnalazione, ma non c'è stato alcun seguito. La legge n. 99 del 2009 ha eliminato l'obbligo di gara e la legge n. 33 del 2009 ha allungato gli affidamenti diretti, che sono diventati di sei anni, rinnovabili per altri sei.
Tra l'altro, è stata approvata una disposizione che ha sussidiato le regioni per il triennio 2009-2011, ma solo quelle che stipulano il contratto con Trenitalia. Chiaramente, si tratta di contenere le tariffe, di consentire la manutenzione e l'acquisto di nuovo materiale rotabile - parliamo di 480 milioni di euro, non è una cifra molto consistente - però la conseguenza è stata che praticamente quasi tutte le regioni alla


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fine hanno firmato i contratti con Trenitalia. Nello specifico, nel 2008 lo hanno fatto una regione e una provincia autonoma, alle quali si aggiungono nel 2009 tredici regioni e l'altra provincia autonoma. Quindi, tutto quanto si poteva è stato affidato senza gara e interamente all'incumbent.
Non è così negli altri Paesi, perché ad esempio in Germania i nuovi entranti hanno il 20 per cento del mercato in treni/km con massicce sovvenzioni pubbliche, che però diminuiscono costantemente laddove il servizio è affidato ad una gara.
Vediamo com'è la situazione nella lunga percorrenza, perché anche qui manca la distinzione tra servizio di interesse pubblico e servizio in concorrenza. C'è il rischio di un'utilizzazione del sussidio, che è presente per il servizio di pubblico, anche nel mercato concorrenziale. Noi non abbiamo contezza di quello che succede, perché tutto rientra in una contabilità non chiarissima, ma se ciò accadesse sarebbe molto grave, specie in questo periodo in cui comincia la sfida sulle tratte ad alta velocità.
In passato la società ferroviaria NTV ha denunciato ostacoli di accesso alle infrastrutture. Noi abbiamo aperto un'istruttoria, la quale non si è chiusa con l'accertamento della responsabilità di Ferrovie dello Stato, perché quest'ultima ha offerto impegni che sono risultati soddisfacenti al market test. Quindi, abbiamo chiuso l'istruttoria senza accertare alcuna responsabilità e accettando questi impegni, la cui ottemperanza ora stiamo monitorando.
Per i fatti più recenti - di cui invece leggiamo sui giornali - non abbiamo avuto denunce scritte, ma solo lamentele orali, tra l'altro ricambiate da lamentele anche da parte dell'incumbent nei confronti dei newcomers. Resta il fatto che in Italia il volume dei passeggeri trasportati è aumentato solamente del 2-3 per cento tra il 2003 e 2008, mentre negli altri Stati è aumentato in misura maggiore: in Germania del 14 per cento, nel Regno Unito del 28 per cento, in Svezia del 24,7 per cento e perfino in Francia - dove non c'è affatto concorrenza - è aumentato del 18,5 per cento.
In conclusione, riteniamo che l'ambiguità regolatoria chiuda il mercato e impedisca un serio sviluppo di questo settore e che negli ultimi dieci anni ci sia stata solo una formale applicazione del diritto comunitario, mancando in realtà un regolatore indipendente.
Su questo argomento, nei mesi scorsi abbiamo scritto una segnalazione in cui sosteniamo che il Governo potrebbe decidere, con il parere del Parlamento, o semplicemente potrebbe farlo il Parlamento, di affidare la regolazione indipendente, non solo per il trasporto ferroviario ma per il settore del trasporto in generale, ad un soggetto già esistente. Abbiamo anche paventato l'idea che questo soggetto possa essere rappresentato dall'Autorità antitrust, ma potrebbe trattarsi anche di un'altra autorità di regolazione.
Qualora si decidesse di affidare questo settore ad un'autorità di regolazione, essa dovrebbe occuparsene con una sezione separata, effettuando la liberalizzazione laddove ci siano monopoli naturali (binari, autostrade e aeroporti).
Una volta realizzato questo processo di liberalizzazione, la sezione si potrebbe chiudere e il tutto potrebbe tornare normalmente agli uffici che se ne occupavano prima, dal momento che c'è molto spazio per il mercato. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

SILVIA VELO. Vorrei porre alcune domande. La materia è complessa e delicatissima. Qui ne abbiamo discusso tante volte, soprattutto purtroppo in occasione delle manovre economiche, che hanno portato alla riduzione delle risorse per il settore, in particolare per quanto riguarda il trasporto regionale, ma anche il trasporto universale.
Da una parte, siamo di fronte a un settore in cui l'obiettivo primario del legislatore


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è quello della tutela del cittadino. Si tratta di 15 milioni di passeggeri al giorno, quindi occorre creare le condizioni per garantire il servizio più efficiente ai costi più bassi possibili. D'altro canto, è anche vero che il soggetto gestore è un'azienda di proprietà collettiva, che sta affrontando percorsi importanti di riorganizzazione, in funzione delle norme sulla concorrenza, e di rientro rispetto ai carichi di perdite pregresse. Quindi, siamo in presenza di un bene comunque pubblico, che continua ad operare e che lo fa, una volta definita la liberalizzazione, non a partire da zero, ma con sulle spalle il fardello di debiti che gli derivano dalle vecchie gestioni e in parte da investimenti sulla rete.
Quindi - lo dico con buon senso, sperando di uscire dalle contrapposizioni ideologiche - da un certo punto di vista, per il pubblico il maggiore interesse è rappresentato dalla libera concorrenza, ma da un altro punto di vista per il pubblico è difficile aprire all'utilizzo di una infrastruttura che è costata alla collettività, nella realizzazione e nella gestione, oneri gravosissimi che ancora pesano su uno dei soggetti operanti.
La nostra impostazione dovrebbe tener conto di questa «dicotomia», quindi sarebbe importante intrecciare il quadro nazionale, caratterizzato da una fase di transizione, con questo dato. Pertanto, quando si parla di separazione dei bilanci e dei conti, forse occorrerebbe anche tenere conto di questo, affinché il soggetto pubblico non sia più monopolista, ma nemmeno sia messo in condizioni di svantaggio rispetto ad ipotetici concorrenti, perché resta comunque un soggetto pubblico.
C'è poi la questione del quadro europeo. Su questo vorrei il giudizio del presidente Catricalà e alcuni chiarimenti. Vorrei sapere qual è il quadro comunitario, dal momento che si legge continuamente che l'amministratore delegato di FS Spa, l'ingegner Moretti - che è venuto in audizione di fronte a questa Commissione diverse volte - lamenta la scarsità di reciprocità dei nostri Paesi competitori, in particolare Francia e Germania.
Egli ha segnalato questi aspetti non solo nelle interviste ma anche in audizioni ufficiali, riportando dei dati e sostenendo che nel mercato francese non si riesce ad entrare e in Germania ci si riesce, ma molto difficilmente. Soprattutto, si sostiene che le ferrovie francesi e tedesche operino in condizioni di contribuzione pubblica molto più elevata rispetto alla nostra azienda, riuscendo a realizzare degli utili, derivanti da un contributo pubblico, che permettono loro di venire in Lombardia ed acquisire fette di mercato sul nostro territorio.
Ebbene, vorrei sapere se questa realtà corrisponde al vero e, se lo è, quali sono le nostre possibilità di intervenire sul quadro comunitario, dal momento che questo ci permetterebbe di provare a far quadrare il cerchio, ovvero aprire alla concorrenza per andare incontro ai cittadini, ma allo stesso tempo non danneggiare un bene pubblico, che è interesse dello Stato e della collettività garantire. Dunque, vorrei dei chiarimenti sui temi del quadro comunitario e della reciprocità.
Un altro argomento, che forse non è proprio in tema, ma riguarda sempre il settore, è quello delle polemiche sulle gare, sui ricorsi al TAR, sull'acquisizione di materiale rotabile e così via. Noi sappiamo che in Francia non si vendono treni italiani e che le ferrovie francesi non bandiscono gare, mentre noi si. Insomma, il tema della reciprocità riguarda: il contributo pubblico, il libero accesso alle reti nei Paesi nostri vicini e anche le regole con cui le imprese acquisiscono il loro materiale all'interno del proprio Paese.
In ultimo, il modo con cui è stata recepita la direttiva comunitaria sul trasporto merci e l'obbligo di garantire l'accesso ai servizi a condizioni eque e non discriminatorie - come lei sostiene nella sua relazione - cosa vuol dire in termini di costi?
Mi chiedo, altresì, se il recepimento della direttiva comunitaria sia avvenuto allo stesso modo in Italia e negli altri


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Paesi. Infatti, anche su questo tema, mi pare che - non qui, ma al Senato - l'ingegner Moretti avesse denunciato come l'obbligo di garantire i servizi rappresenti per l'azienda italiana un costo più elevato, rispetto alle aziende degli altri Paesi.
Ebbene, vorrei capire qual è il quadro comunitario e, se ci sono storture, come lei pensa che si possa intervenire. Il punto di riferimento non può essere che quello continentale, dal momento che è l'Europa a darci le regole su cui operare, per quanto riguarda sia le merci, sia i passeggeri.
In relazione al trasporto ferroviario passeggeri, c'è poi la questione delle ultime discussioni, note anche a chi non segue questo settore.
Vorrei capire se un nuovo operatore privato ha l'autonomia di decidere quale linea servire. Infatti, è chiaro che è stata scelta la linea più redditizia, forse quella in cui c'era meno bisogno, dal momento che il servizio sulla tratta Roma-Milano anche se passibile di miglioramento, è comunque un servizio a grande frequenza, di grande qualità e molto efficiente.
Dunque, vorrei sapere se è l'operatore privato a decidere dove andare, se lo Stato gli può chiedere qualcosa in cambio e se nella fattispecie è stato fatto. In tal caso, lei ritiene che questa richiesta sia stata adeguata all'offerta? Da profana, penso infatti che gli operatori privati abbiano pur sempre a disposizione la rete, le stazioni ferroviarie e tutti i servizi che la collettività del nostro Paese ha pagato, e che in parte pesano ancora sul bilancio dell'azienda di Stato.
Quindi, la materia è complessa. Io personalmente credo che l'apertura del mercato sia un grande vantaggio per i cittadini e per l'utenza e debba essere perseguito, ma credo anche che questo obiettivo si possa raggiungere meglio con la chiarezza, l'equità e garantendo l'interesse pubblico a tutto tondo. In caso contrario, si finisce solo per discutere e ognuno tira la corda dalla propria parte, mentre tutto rimane immodificato.

VINCENZO GAROFALO. Ringrazio il professor Catricalà per essere venuto ad aprire il ciclo di audizioni, che abbiamo ritenuto necessario avviare, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei trasporti ferroviari di passeggeri e merci.
Il 15 giugno, quando ha presentato la relazione al Parlamento, lei aveva già sostenuto la necessità di un'autorità di regolazione indipendente per tutto il sistema dei trasporti. Oggi, lei ci consegna una relazione molto chiara e sintetica, di cui la ringrazio, anche perché spesso ci vengono consegnate relazioni molto voluminose i cui contenuti si potrebbero sintetizzare in un numero assai limitato di pagine, come lei ha fatto in questo caso.
Sebbene io stimi moltissimo i miei colleghi del Partito democratico, con i quali ormai da oltre due anni ci confrontiamo su questi temi, la penso in maniera completamente opposta rispetto a loro su alcuni argomenti. Lei, professor Catricalà, ci ha consegnato una relazione nella quale sottolinea in maniera evidente che dove c'è concorrenza c'è riequilibrio modale, sviluppo del servizio e soprattutto si spende meno. Questo è un dato di fatto.

SILVIA VELO. Io ho detto la stessa cosa. Non credo di essermi spiegata male...

VINCENZO GAROFALO. Allora, ho capito male. Ieri ci siamo confrontati sulla manovra finanziaria. In queste occasioni le Commissioni, pur non avendo portafoglio, cercano di prevedere nuove spese, aggiungendo ulteriori risorse a quelle previste dal Governo. Ebbene è attraverso questo mestiere di aggiungere risorse che il nostro Paese è arrivato ad avere il debito che ben conosciamo. Un tale debito ci sarebbe stato comunque gradito, se in cambio avessimo servizi efficienti, tali da farci affermare ad esempio che i nostri treni sono i migliori d'Europa.
Spesso io cito l'esempio del treno che a mio giudizio è il più semplice da rendere efficiente, ovvero il cosiddetto Leonardo Express, che serve l'aeroporto di Fiumicino partendo dalla stazione Termini. Ogni tanto faccio delle foto, ma non le consegno


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mai. Ebbene sfido i vertici delle Ferrovie, che vengono qui in audizione, a dimostrare il contrario di quello che dico. Si tratta, infatti, di un servizio sicuramente non in perdita, perché sempre affollatissimo, molto caro ma - perdonatemi l'espressione - schifoso.
È una questione di volontà, si potrebbe agire se lo si volesse. Bisogna agire soprattutto in ragione del fatto che la concorrenza fa bene. Lo abbiamo visto nel settore del trasporto aereo, seppure - come lei giustamente sostiene - negli aeroporti non ci sia una liberalizzazione vera, come in altri settori. Nonostante ciò, quando nel trasporto aereo c'era un unico operatore, esso versava in condizioni disastrose: non guadagnava, forse sperperava del denaro e non erano contenti neppure i dipendenti.

MARIO LOVELLI. Ce n'erano due, che sono diventati uno...

VINCENZO GAROFALO. Inizialmente, ce n'era uno solo. Io mi riferisco a quando avevamo entrambi meno anni; c'era soltanto Alitalia e le tariffe erano quelle e basta. Successivamente, sono nati gli altri operatori.

MARIO LOVELLI. Prima delle operazioni che hanno interessato la compagnia aerea Alitalia, ce n'erano due.

VINCENZO GAROFALO. Oggi in Italia, a prescindere dal problema degli aeroporti, è possibile spendere meno, rispetto ad anni fa, con un servizio migliore. Allora, io penso che il confronto in Parlamento, a cominciare da quello all'interno delle Commissioni, debba avvenire intorno ad una nuova visione. Non credo che si possa più procedere se l'amministratore delegato delle Ferrovie - persona stimabile e sicuramente il migliore amministratore da lungo tempo a questa parte - sostiene che non è in grado di offrire servizi di maggiore qualità senza ulteriori risorse da parte dello Stato. Questo non è accettabile, anche considerando quello che avviene negli altri Paesi.
Tra l'altro, nella relazione c'è anche il dato relativo alla Francia che, per quanto chiusa alla concorrenza, non riduce ma anzi aumenta il trasporto ferroviario nazionale.
Ebbene, un riequilibrio modale si può ottenere migliorando il servizio ferroviario, che tuttavia non può certo subire la concorrenza sleale dovuta al sostegno dato all'autotrasporto, come lei ha affermato all'inizio. Tuttavia, occorre fare attenzione anche su questo aspetto, perché se noi oggi non sostenessimo l'autotrasporto, professor Catricalà, probabilmente bloccheremmo il Paese, come è già successo.
Siamo di fronte a due sistemi di trasporto che in qualche modo ci costringono a fare scelte obbligate, ma noi dobbiamo andare verso la scelta migliore per il Paese, a prescindere dal fatto che il risultato non sarà subito evidente. Di questo mi rendo perfettamente conto.
Dunque, il riequilibrio modale si può ottenere solo attraverso un intervento vero di liberalizzazione. Spesso ci viene detto che le liberalizzazioni in Italia rappresentano un problema, perché accedono al mercato anche imprese straniere e le aziende italiane perdono personale, diminuisce l'occupazione e così via.
Ebbene, anche in questo momento nel meridione perdiamo occupati. In questo momento c'è una perdita di mille posti di lavoro, senza tuttavia che ci sia un concorrente, anzi senza che si voglia fare entrare nel mercato ferroviario delle merci, che è liberalizzato, aziende italiane private che lo vorrebbero. Non so se siano stati già presentati da parte di alcune aziende ferroviarie rilievi all'Antitrust rispetto all'azione che la holding Ferrovie, ossia FS Cargo e tutte le aziende del gruppo, mette in campo, ma non si danno a quelle aziende gli strumenti possibili per potersi sviluppare, anche se assorbirebbero personale, consentirebbero di ridurre i costi in termini di contributi dello Stato all'azienda pubblica, contribuirebbero a far avere meno veicoli sulle strade, con aumento della sicurezza, e renderebbero più competitivo il trasporto delle merci.


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Che questa attività - su questo ci dovremo confrontare, sia perché c'è una proposta di legge del collega Lovelli sia perché c'è una sensibilità di questa Commissione nella direzione di affrontare il tema di un'autorità indipendente - possa essere in capo a una delle autorità già presenti, ad esempio Antitrust, o se sia necessario crearne un'altra, è da stabilire. Tuttavia, lei ci ha già dato la chiave di lettura delle gare: è ovvio che se si bandisce una gara dove già si prevede che l'azienda abbia le carrozze ferroviarie o i treni, chi fa un investimento di questa misura, con il rischio di una gara? È giusto fare una gara con una scadenza a ventiquattro o trenta mesi, che di fatto è ciò che è possibile oggi. È vero che nel 2009 abbiamo dato non solo le risorse finanziarie necessarie al gruppo Ferrovie dello Stato, ma abbiamo anche chiesto che si facessero investimenti e abbiamo allungato la durata dei contratti di servizio portandola a sei anni, rinnovabili di altri sei, perché ci viene sempre detto che senza una durata congrua del contratto di servizio non si assume il rischio di fare investimenti. In Francia e in Germania, invece, come abbiamo appreso, i treni vengono acquistati dallo Stato e dati in uso. Noi abbiamo fornito uno strumento che prevede per le aziende un tempo sufficientemente lungo per intervenire, come giustamente diceva lei.
Quanto al costo delle infrastrutture, noi cittadini italiani abbiamo pagato questa grande infrastruttura e ora che dovremmo fare? Qui non si tratta di regalarla a qualcuno, ma di farla fruttare. Questa è la vera scommessa. Questa infrastruttura è come la rete autostradale e, come per tutte le infrastrutture vitali, si tratta di farla fruttare.
Auspico che l'operatore NTV, che entrerà in esercizio indiscutibilmente, che ha avuto la forza di sostenere i suoi investimenti, avendo scelto la tratta più ricca, debba pagare un canone più alto. Se le fermate di quella tratta sono pregevoli perché nel mercato c'è interesse e c'è un margine di utile per chi esercita il servizio di trasporto, è chiaro che il canone dovrà essere differente da quello di tratte come Siracusa-Gela o di altre zone d'Italia dove, al contrario, è necessario uno stimolo, per mettere il servizio a gara.
Non vedo oggi difficoltà, è un problema solo di volontà e di avere il coraggio di fare, tutto sommato, quello che altrove è già stato fatto. È un discorso che a me sta a cuore, perché sono italiano e vorrei difendere le aziende italiane, non solo le aziende che erogano servizi ma anche quelle che producono rotabili. Certo, non possiamo dimenticare - abbiamo aperto la discussione su un altro provvedimento al riguardo - che anche le aziende straniere hanno stabilimenti e organico italiani, quindi dobbiamo ragionare con una mentalità europea. Tuttavia, sulla reciprocità mi farebbe piacere che lei, professore, ci potesse dare maggiori indicazioni. In altre parole, in che cosa noi possiamo pretendere di più dagli altri Paesi e in che modo possiamo difenderci? Fermo restando che io credo - e concludo veramente - che la migliore difesa sia ovviamente quella di avere un'azienda capace, sana, in grado di competere. Questo è l'unico modo per salvaguardarla, perché prima o poi questo mercato, anche rispetto ad alcune protezioni di altri Paesi, non potrà che essere libero da vincoli di questa natura.

MARIO LOVELLI. Cercando di favorire la sintesi, rimando alla conclusione di questa indagine conoscitiva l'approfondimento politico dei temi che ha sollevato il collega Garofalo, perché è necessario che ci intendiamo una volta per tutte sulla diversità di vedute e valutiamo se gli atti degli ultimi due anni e mezzo sono stati a favore della concorrenza o meno.
A mio giudizio i contratti di sei anni rinnovabili per altri sei anni con Trenitalia, l'unificazione Alitalia-AirOne e la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del luglio 2009 in ordine agli scali merci sono provvedimenti che non favoriscono la concorrenza. Questa è una mia constatazione, ma avremo tempo per riparlarne. Potrei dire che se il maggiore responsabile di quello che sta succedendo, come dice il collega Garofalo, è l'amministrazione


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delle Ferrovie dello Stato, con il rinnovo dell'amministratore del gruppo il nuovo Governo aveva un'occasione unica per operare una svolta e cambiare gli amministratori delle Ferrovie dello Stato. Mi pare che non abbiate scelto questa strada.
Vengo dal Piemonte, una regione virtuosa, tanto virtuosa che anche per aver indetto le gare forse abbiamo perso le elezioni regionali (dico «abbiamo» perché mi riconosco nell'amministrazione passata). Attualmente c'è un operatore privato, Arenaways, che ha chiesto di usare la rete per offrire un servizio Torino-Milano-Voghera-Alessandria, un giro virtuoso, con sede logistica in un impianto di Arquata Scrivia, che non è nei 71 impianti merci individuati come funzionali all'operatività del trasporto, ma nei restanti. Vorrei sapere se ne siete a conoscenza, se l'operatore si è rivolto a voi e se avete una valutazione da fare.
La seconda domanda riguarda il ricorso di Fercargo al Presidente della Repubblica su cui adesso il Consiglio di Stato deve esprimere un parere. Anche su questo siete stati chiamati a fare degli approfondimenti?
Inoltre, le chiederei di sviluppare meglio nella sua replica il percorso che lei vede per l'autorità di regolazione, cioè una fase transitoria dell'Antitrust, e le chiedo se lei individua l'autorità di regolazione per tutto il sistema dei trasporti o solo per le ferrovie. In Commissione abbiamo cominciato a discutere una proposta di legge che vedeva un'Authority per l'intero sistema dei trasporti e non solo per le ferrovie.

ALBERTO TORAZZI. Presidente Catricalà, lei ha svolto un'interessantissima relazione cercando di mettere insieme tutto, e lo dico non in senso negativo, ma perché apprezzo il tentativo di fare un compendio. Tuttavia, siccome le analisi si fanno giustamente, secondo i criteri moderni, per processi, bisogna partire dall'inizio.
La società Ferrovie dello Stato, prima che arrivasse l'ingegner Moretti - di cui io non ero un fan, ma devo riconoscere che ha svolto un discreto lavoro - era un pozzo senza fondo. Ho lavorato in Germania nel 1992 e ho visto che, in due anni, certamente avvantaggiandosi dell'orografia del loro Paese, è stata aperta la prima linea ad alta velocità da Monaco ad Amburgo. Nel 1992 qualsiasi cittadino si recasse in qualsiasi stazioncina sperduta della Repubblica federale tedesca (arrivava già fino alla linea Oder-Neisse, per capirci) poteva spedire un pacco - non ricordo se fino a due quintali per il privato cittadino e vi era naturalmente un limite anche per le aziende - e avere la certezza che entro ventiquattro ore sarebbe stato recapitato. Quando si fa una regolazione bisogna aver presente di cosa si sta parlando.
Detto questo, visto che le analisi si fanno per processi, il processo di regolazione deve tener conto del servizio pubblico, perché le infrastrutture, come tutti sanno, implicano la valutazione di una serie di altri aspetti. Ora ci troviamo nella circostanza in cui il Governo Prodi ha regalato le licenze a NTV e, come ricordava giustamente la collega Velo, questi hanno preso solo le tratte che rendono di più. Questo spiega, secondo me, il ritardo degli investimenti per il trasporto regionale, dato che le Ferrovie dello Stato, dovendo portarsi avanti rispetto a un concorrente entrante che non aveva il problema del servizio pubblico, hanno spinto moltissimo sull'alta velocità. Tra l'altro, l'alta velocità è finalmente diventata una realtà in questo Paese.
Federchimica segnala il problema della soppressione di alcune tratte, il che avrebbe una ricaduta pesantissima, in termini di competitività, su un settore che crea tanta occupazione e fattura moltissimo in questo Paese. Ricordo che l'Italia è seconda per la chimica in Europa.
Si cita l'Inghilterra, ma non il tasso di incidenti che lì avvengono; si cita la Francia, ma sappiamo che quel Paese era molto arretrato nel trasporto su gomma e ha sviluppato moltissimo questa infrastruttura, quindi è anche normale che ci sia stata una compensazione. Considerato che si parla di regolazione e siccome il trasporto pubblico deve anche garantire la


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movimentazione delle persone che vanno al lavoro e la movimentazione delle merci, vorrei capire come all'interno dell'Autorità intendete garantire o salvaguardare il principio del servizio pubblico, sottolineando che non si possono regalare le tratte a qualcuno che prende solo quelle che rendono di più e lascia ad altri il servizio pubblico, meravigliandosi poi se il servizio pubblico non funziona.
Io sono favorevole ovviamente alla liberalizzazione, tuttavia vorrei capire come, all'interno di questo processo, intendete salvaguardare il discorso del servizio.

CARLO MONAI. A nome dell'Italia dei valori anch'io esprimo l'apprezzamento per la relazione del presidente Catricalà. Per la verità, rimango un po' perplesso rispetto ad alcuni interventi che mi hanno preceduto, che in qualche modo ipotizzano un addebito di responsabilità all'Autorità antitrust, quando invece il problema sta altrove.
Noi siamo un'Assemblea legislativa e dovremmo interrogarci sull'utilità e conformità alle direttive comunitarie di alcuni provvedimenti che questo Parlamento ha adottato, secondo una logica non certo liberale. Penso alla legge n. 99 del 2009, che in qualche modo ha obbligato gli enti locali ad affidamenti diretti a Trenitalia piuttosto che a operazioni di maggior competitività. Questo è solo l'ultimo degli esempi, ma credo che quello citato prima dal collega Lovelli, riguardante Alitalia, sia altrettanto calzante.
Dico questo perché nella regione da cui provengo, il Friuli-Venezia Giulia, nella legislatura 2003-2008 ci si interrogò sulla opportunità di prevedere una sorta di gestore unico di tutto il trasporto pubblico locale, che comprendesse sia il ferro sia la gomma. Avevamo pensato a una serie di contatti con i grandi operatori europei per mettere a fuoco un bando di gara che potesse essere funzionale alle esigenze della regione e dei suoi cittadini, e competitivo in una logica europea.
Di fatto, questa legge ha costretto le amministrazioni ad intraprendere un'altra strada, a ritornare all'affidamento diretto a Trenitalia, con tutte le possibili criticità che derivano dalla mancanza di un effettivo libero mercato.
Cari colleghi, io penso che non tanto dobbiamo muovere queste richieste e queste sollecitazioni al professor Catricalà, quanto forse fare un esame di coscienza e capire se quello che abbiamo fatto fino ad oggi sia effettivamente nella logica del mercato libero.
Da questo punto di vista, chiedo al professor Catricalà quale ruolo potrebbe avere questa attività di regolazione, questa Authority che potrebbe essere costituita se siamo in presenza di provvedimenti legislativi così vincolanti rispetto allo sviluppo del libero mercato. In che modo questa autorità potrebbe garantire la liberalizzazione del settore se abbiamo provvedimenti che di fatto la ostacolano?

MICHELE POMPEO META. Intervengo brevemente, perché i colleghi Velo e Lovelli hanno già espresso la posizione del gruppo del Partito Democratico su questa materia.
Credo che in questi giorni dovrebbe esserci, da parte dei soggetti protagonisti di questa discussione, un rispetto maggiore del Parlamento. Stiamo assistendo a una discussione che si svolge sui quotidiani su una materia sulla quale sia il Governo sia il Parlamento dovranno pronunciarsi.
Ora, ritengo che sia i responsabili di NTV sia gli stessi vertici delle Ferrovie, se essi hanno qualcosa da dire, dovrebbero farlo nella sede giusta, e cioè in Parlamento. Ci è parso di capire, sempre dai giornali, che il Governo sia contrario all'ipotesi di costituire un soggetto regolatore nuovo. Per quanto ci riguarda, abbiamo depositato da tempo una proposta di legge, a prima firma Lovelli, in cui è prevista l'istituzione di un soggetto regolatore e si prevede un servizio integrato, in una situazione nella quale non solo noi arriviamo in ritardo, ma mi sembra di capire che su questo versante, al di là degli ammonimenti e dei richiami europei, anche a livello continentale della comunità si sia latitanti.


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Si parla di cieli unici, si parla di reti transeuropee, e ci sono meccanismi regolatori a quel livello, ma, per quanto concerne la questione delle reti infrastrutturali su ferro di proprietà degli Stati contraenti, nessuno vuole conferire il proprio patrimonio per addivenire a una regola che disciplini questo settore su scala continentale.
È vero che si sono un po' tutti distratti e probabilmente qualche responsabilità l'avrà avuta anche il Commissario Prodi, ai suoi tempi. Noi abbiamo avuto fino all'altro ieri un autorevolissimo esponente italiano a dirigere quel comparto e mi pare che nulla sia successo. Adesso siamo in mani incognite.
C'è un tema che riguarda il modo con il quale in questi settori strategici i vari Paesi arrivano al processo di liberalizzazione. Quello che noi ci lasciamo alle spalle è andato bene in alcuni settori e non è andato bene in altri.
Ci sono le reti infrastrutturali su strada e abbiamo visto che storia hanno avuto. Ci sono le comunicazioni, che sono andate un po' meglio. Ci sono altri sistemi non affatto regolati: dal sistema delle società aeroportuali al sistema portuale.
Come diceva un vecchio saggio politico italiano, guardando la storia di Ferrovie e la storia delle Poste, «è matto chi pensa di riformarle». Sulle Poste forse ci siamo arrivati e sulle Ferrovie si può essere anche sulla strada buona.
A mio parere, l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, al di là delle sue presunte o reali appartenenze politiche, è uno che si è messo al servizio per una grandiosa opera di risanamento. Noi siamo abbastanza liberi e riteniamo che ci sia l'esigenza di costituire un soggetto regolatore nuovo; il tema non è quello di affidarlo o meno alle autorità esistenti, ma di costituire, appunto, un soggetto regolatore. Prima lo si fa meglio è.
Peraltro, la vicenda della concorrenza in questo settore ha una storia che noi conosciamo e che assomiglia a tante altre precedenti. La concorrenza a Trenitalia nel settore del trasporto passeggeri viene fatta oggi da un soggetto che ha ragionato in questo modo: qualche tempo fa, sapendo che c'era uno spazio da occupare, ha costituito una struttura; lo ha fatto con lungimiranza, con saggezza, in un mercato libero o che era in procinto di pervenire ad una liberalizzazione, guardando ai profitti. Questo signore si è alleato con soggetti che non mi pare abbiano aperto il mercato ad altri e ha messo in piedi una struttura non irrilevante, che ha preso forma e sostanza.
Sono stati realizzati investimenti, peraltro realizzati in Francia e non in Italia, per la costruzione dei treni che viaggeranno sulla rete italiana, e ci sono anche i profitti che noi conosciamo. Leggo sempre - ed è giusto - che prossimamente sulla tratta che collega Roma all'aeroporto di Fiumicino ci saranno altri tre treni. Ho la sensazione che a causa di questo modo di procedere nelle liberalizzazioni, senza controllo e senza regole, alla fine sia il profitto a farla da padrone. Noi possiamo anche agire con i regolatori esistenti e su poche infrastrutture, ma non risolviamo il problema della mobilità e del diritto alla mobilità di milioni di persone nel nostro Paese. Non c'è una frenesia nel competere, ad esempio, nelle tratte tra città e città o nel trasporto pubblico locale, che sono la vera questione che ci allontana dall'Europa. Con l'alta velocità noi ci siamo avvicinati all'Europa, ma per quanto concerne l'offerta del trasporto pubblico locale, che riguarda milioni di persone, ce ne siamo allontanati.
Il Governo italiano, mentre riflette sul soggetto cui affidare lo strumento della regolazione, dovrebbe farsi sentire di più in Europa nel rivendicare, lo ripeto, una normativa, un meccanismo che - come è stato per il cielo unico, in futuro - metta tutte le reti e quindi tutti gli Stati nella medesima situazione; così attraverso delle direttive europee si appianerebbe anche il divario tra gli Stati in ragione del diverso grado di liberalizzazione che li caratterizza. È evidente che la mancanza di reciprocità determina che a farla da padrone siano i soggetti che fanno più investimenti e che hanno i bilanci a posto.


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Noi stiamo discutendo nell'ambito di un'indagine conoscitiva molto utile che, come diceva il collega Lovelli, mostrerà i risultati quando sarà conclusa, ma in questa situazione il buonsenso vorrebbe che si svolgesse una discussione seria. Leggiamo su alcuni giornali, ad esempio, che a Palazzo Chigi si tengono incontri con esito positivo, leggiamo che finalmente Montezemolo e Moretti tornano a parlarsi, in un clima di civiltà, grazie alla mediazione del Sottosegretario Letta e di altri, anche se poi tornano a litigare una settimana dopo, come leggiamo oggi sui giornali. Ebbene, non possiamo essere presi in giro.
Presidente Catricalà, presidente Valducci, rivendichiamo un ruolo centrale del Parlamento su questo tema. Io proporrei che, al di là dell'indagine conoscitiva, in questa sede convocassimo sia i vertici di Ferrovie dello Stato sia lo stesso avvocato Montezemolo. Lo facciamo su altro, ma dobbiamo farlo su un tema che è stato all'ordine del giorno in queste settimane sui tavoli del Governo. Che partecipino all'indagine conoscitiva è un conto, ma altro è che vengano a riferirci delle interviste che rilasciano, degli impegni che assumono, delle strategie che poi condizionano anche l'azione di governo; io vorrei che le parti che stanno recitando in questa che definirei una tragicommedia venissero recitate qui, in questa sede e che i soggetti coinvolti si assumessero le loro responsabilità di fronte al Parlamento, come ha fatto - e io l'ho apprezzato - il presidente Catricalà, che prima di entrare in quest'Aula ha detto alle agenzie di stampa cosa avrebbe riferito.
Questo mi sembra un metodo democratico e trasparente. Credo che anche gli altri interlocutori, al di là dei ruoli che rivestono, debbano fare altrettanto. Il luogo del dibattito è questo, altrimenti ci limitiamo ai rilanci delle agenzie sulle interviste di Moretti, sulle minacce di Montezemolo e quant'altro. Noi vorremmo capire, in una situazione come questa, come si procede su questa vicenda. Peraltro, ci sono proposte di legge che giacciono in Parlamento da tempi assai lunghi, che meriterebbero maggiore attenzione. Noi non siamo entrati nel merito, ma abbiamo avvertito da tempo l'esigenza di creare un'Authority sull'intero sistema dei trasporti. Ci sono altri aspetti importanti oltre alle tracce sull'alta velocità. I temi sono quelli legati a una mobilità che in questo Paese è ancora negata.

MARCO DESIDERATI. I colleghi hanno ampiamente dibattuto il tema, quindi è inutile soffermarsi. Nel ringraziare il professor Catricalà per la sua disponibilità, vorrei tuttavia fare il punto su un aspetto che, secondo me, manca in questa relazione. Non ho trovato, ad esempio, un riferimento alle tariffe al chilometro per il trasporto di merci e persone nei Paesi che sono stati presi ad esempio. Si considera in qualche modo la concorrenza come un totem, qualcosa a cui si debba tendere a prescindere. La concorrenza, invece, non può essere fine a se stessa, ma deve avere degli scopi da raggiungere.
Nella relazione, presidente Catricalà, lei afferma: «Il dato rilevante è che ove si è svolta la gara, i costi dei finanziamenti pubblici risultano minori.». Questo potrebbe essere un obiettivo al quale la concorrenza potrebbe portare. D'altra parte, però, questo potrebbe tradursi anche in un aumento di costi per l'utenza. Nella mia vita precedente ho fatto per undici anni l'assicuratore e ho vissuto gli anni della liberalizzazione della RC auto, realizzata in un regime oligopolista, dove qualche volta le compagnie hanno fatto anche cartello, e le assicurazioni RC auto si sono triplicate nel giro di pochi anni.
Posto che sono assolutamente d'accordo sulla concorrenza e sul libero mercato, dobbiamo tuttavia darci delle regole che introducano efficienza ed efficacia nel servizio. Se dobbiamo risparmiare risorse pubbliche, ribaltando però tutto il costo sull'utenza - come credo sia successo in gran parte in Gran Bretagna - forse non coglieremo un risultato a livello di Governo italiano.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola per la replica al presidente Catricalà, che


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ringrazio, vorrei svolgere qualche considerazione. Fortuna vuole che siamo al centro dell'attenzione, anche con questa indagine conoscitiva, rispetto a quello che sta accadendo. Il 9 novembre ascolteremo il presidente Montezemolo, nell'ambito di questa indagine, che è anche relativa al processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario.
Inoltre, convocheremo l'ingegner Moretti sia come presidente delle Ferrovie europee nel mese di novembre che come rappresentante di Ferrovie dello Stato successivamente, in modo tale che ci porti studi e relazioni rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei. Come sapete, in qualità di amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiano l'ingegner Moretti è anche coordinatore pro tempore delle Ferrovie europee.
Annuncio che in sede di ufficio di presidenza solleciterò tutti i gruppi parlamentari ad accelerare e a presentare, qualora i gruppi non l'abbiano ancora fatto, il provvedimento sull'ente regolatore. Abbiamo già incardinato questa proposta di legge presentata dal gruppo del Partito Democratico e sarebbe opportuno ricevere le altre proposte di legge per proseguire, fin dal mese di novembre, la discussione sul provvedimento per la costituzione di questo ente regolatore, che mi sembra di poter dire a nome di tutti sia una necessità non dei gruppi parlamentari ma del Paese, in questo momento di liberalizzazione.
Do la parola al presidente Catricalà per la replica.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio molto gli intervenuti per i numerosi stimoli e per le osservazioni molto interessanti. Qui noi portiamo il punto di vista dell'Antitrust, la sintesi spetta a voi dopo aver sentito il monopolista e dopo aver sentito i regolatori.
Per l'Antitrust la concorrenza è un bene comunque, altrimenti non faremmo questo mestiere. È vero che, oltre il bene dell'Antitrust, noi vogliamo tutelare il bene dei consumatori; anzi, probabilmente, questo è il nostro fine. Soprattutto in questi cinque anni, la tutela dei consumatori - in questo caso i viaggiatori - è il fine precipuo cui tende l'azione della nostra piccola amministrazione.
Detto questo, vorrei chiarire la posizione dell'Antitrust. L'Antitrust non è a favore della privatizzazione: siamo per la distinzione dei ruoli, noi vogliamo che non sia il proprietario a regolare, il che significa che il proprietario può benissimo continuare ad essere il Governo, ma non deve essere il regolatore. Intendiamoci, noi non pensiamo minimamente a una privatizzazione né della rete né di Trenitalia. Non è nemmeno un tema in discussione a livello europeo, perché in Europa non è importante la proprietà, ma la liberalizzazione del settore. I capitali possono essere privati o pubblici, non è questo il punto centrale. L'importante è che ci possa essere una possibilità per un newcomer di accedere a quel mercato. Certo, gli italiani hanno fatto investimenti importanti in una rete. La rete resta italiana e chi vuole passare per essa dovrà pagare. Obietterete che il servizio pubblico gli italiani dovranno pagarselo da soli. Come abbiamo sempre detto, il servizio pubblico è in parte pagato con i soldi pubblici, in parte deve essere pagato anche con i contributi di chi usufruisce della rete.
Quando abbiamo parlato di liberalizzazione del servizio postale abbiamo sempre pensato che si dovesse costituire un fondo comune al quale dovessero contribuire tutti gli operatori, naturalmente pro parte, per quello che è il loro guadagno su un servizio in concorrenza. Questo vale se lo Stato vuole andare in questa direzione, altrimenti il servizio pubblico rappresenta un costo per lo Stato. Se lo Stato vuole fare il servizio di trasporto, così come avviene nel settore della giustizia, lo farà sul suo bilancio. È una scelta politica, ma entrambe le strade sono pienamente condivisibili, purché sia chiaro che resta separato il servizio in concorrenza da quello pubblico in servizio universale. Diversamente ci saranno sempre non dico sussidi, ma sospetti di sussidi, che bastano a inquinare l'idea di libero mercato che noi immaginiamo.


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È stato detto che non c'è reciprocità negli altri Stati. Sappiamo che non è facile ottenere la reciprocità, ma secondo me è una parola che non è corretto utilizzare in un sistema economico come quello europeo. Noi possiamo tendere all'armonizzazione delle regole; dobbiamo avere regole che consentano ai nostri campioni di entrare negli altri mercati. Quello che conta è armonizzare le regole, avere le stesse regole dappertutto. Se queste non bastano, il Governo metterà in campo le sue azioni di sostegno.

SILVIA VELO. Sono armoniche le regole?

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le regole non sono armoniche, ma ognuno deve fare il proprio mestiere e l'Antitrust deve fare in modo che in Italia le regole siano di apertura, come immagino le altre autorità faranno negli altri Stati.
Noi insistiamo per un'autorità a costo zero perché sappiamo che non è il momento di spendere risorse. Se oggi chiedessimo un'autorità dei trasporti da strutturare occorrerebbero almeno 100 milioni di euro. Francamente credo che il Ministero dell'economia non li assicurerebbe. Noi ci offriamo di fare - nelle more della costituzione dell'autorità e quindi per un determinato periodo - quello che possiamo. Vi dico in che modo, considerato che mi è stato chiesto.
Noi avremmo la possibilità di organizzare una sezione autonoma di regolazione, che deve essere completamente autonoma dalle altre nostre sezioni di lavoro. Trattandosi di sezioni Antitrust, per non confondere l'olio con l'acqua santa, dovrebbero essere totalmente separate.
Questa sezione non dovrebbe prevedere nuovi assunti il cui costo ricadrebbe sull'Erario, ma dovrebbe avvalersi di personale comandato dalle amministrazioni che oggi si occupano di tutti questi problemi: l'ufficio di controllo delle Ferrovie, l'ufficio dell'ENAC, l'ufficio dell'ANAS che si occupa di autostrade e via dicendo. Non parlo di tante persone, non è la quantità che conta, ma l'organizzazione. Probabilmente basterebbero anche 30-40 persone, che, se prese da questi uffici, non porterebbero aggravio per lo Stato.
Questa sezione risponderebbe allo stesso collegio dell'Antitrust, così non dovremmo pagare nuove prebende, nuove segreterie e nuovi uffici. L'Autorità si riunirebbe in sedute separate per decidere dei casi antitrust e dei casi di regolazione.
Naturalmente questa sezione si dovrebbe occupare di tutto il sistema del trasporto, nel senso di dettare le regole minime essenziali - che devono però avere come cornice il quadro nazionale - per garantire l'accesso. Non è il quadro nazionale a essere deficitario; il problema è l'assenza della normativa di dettaglio.
Se dovesse essere approvata una legge che impedisce la liberalizzazione non ci sarebbe nulla da fare, ma nell'ambito delle leggi esistenti quello che si deve fare esattamente è stabilire quanto deve pagare il newcomer a tratta, quanto deve pagare a treno-chilometro, quanto può essere alta o bassa la tariffa, qual è il reale compito del servizio universale, quali sono gli standard minimi per lo stesso e via dicendo. Insomma, parlo di normative da regolatore, non da Parlamento e nemmeno da Governo. Basti pensare a quello che le autorità indipendenti fanno oggi nel settore dell'energia o delle telecomunicazioni.
Mi rendo conto che ci sono resistenze, ma secondo me non si tratta di resistenze politiche. Ho la netta sensazione che siano resistenze burocratiche, che derivano dalla riottosità degli apparati a cedere competenze. Naturalmente questo non è un problema dell'Antitrust, ma un problema che il Governo dovrà affrontare e, con un atto di coraggio, nella legge sulla concorrenza dovrà superare queste resistenze.
Quanto alle tariffe degli altri Paesi, non abbiamo il dato in questo momento. Tuttavia, mi impegno a inviare un'integrazione, dopo aver condotto il relativo studio, in modo che sia chiaro se, a seguito di una diminuzione, laddove ci sono gare,


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delle sovvenzioni pubbliche, si verifichi invece un maggiore esborso da parte dei cittadini e dei viaggiatori.
Quello che noi vogliamo è che la rete sia terza. Su questo non potremmo quasi mai essere d'accordo con i monopolisti, che vogliono avere la rete e fare il servizio. Quello a cui noi dobbiamo tendere è di avere una rete neutra rispetto all'accesso da parte di tutti, anche del proprietario che vuole fare il servizio. L'importante è che paghi la stessa identica tariffa chi è proprietario della rete e vuole accedervi e chi non è proprietario e vuole ugualmente accedervi. Questo mi sembra il minimo indispensabile perché si possa creare non dico equità, ma un minimo di logica nel mercato.
Non abbiamo avuto dal Piemonte le denunce di cui si parlava durante il dibattito e non abbiamo avuto neanche il ricorso straordinario cui si faceva riferimento. L'ho letto anch'io su una notizia Ansa o su un articolo di giornale e questo mi fa pensare che effettivamente quello che manca è un'autorità di settore. Queste questioni si potrebbero benissimo risolvere con la regolazione all'interno dell'autorità. Purtroppo, ci si rivolge al Presidente della Repubblica, al TAR, perché manca chi può risolvere un problema del genere. Non credo che sia il miglior sistema quello di ricorrere a vertenze giudiziarie, sia per i tempi delle stesse, sia perché le decisioni vengono assunte con criteri squisitamente giuridici, senza considerare l'aspetto economico né l'aspetto che maggiormente ci interessa, quello della liberalizzazione. Sono d'accordo con quanto affermato dall'onorevole Garofalo, cioè che si dovrebbe far fruttare la rete, e ci sarebbe realmente molto da fare in questa direzione.
È vero che la società Ferrovie dello Stato era malridotta. Anche Poste, anche l'azienda di Stato per i servizi telefonici, la vecchia SIP, lo erano. Forse stavano un po' meglio, ma faticavano. Comunque, il rapporto con gli utenti era pessimo. Ricordo che non moltissimi anni fa per avere l'allaccio del telefono si aspettavano mesi e bisognava anche avere la raccomandazione e aspettare che si liberasse un numero. Tutto questo oggi, per fortuna, non si verifica più.
Quanto ha fatto bene, in quel settore, la concorrenza? Quanto sono scese le tariffe? Quanto è migliorato il servizio? Quanti nuovi occupati ci sono stati? E Telecom non ha perso niente, anzi pur perdendo quote di mercato ha incrementato di molto il proprio fatturato. Questo è quello che noi vogliamo succeda, far crescere i fatturati.
Insisto nel dire che in Italia non si sviluppa il trasporto perché se si sviluppasse il trasporto come in altri Stati noi avremmo anche forse meno necessità di fare una distinzione così forte tra regime di mercato e sovvenzioni finalizzate a garantire servizio universale, addirittura forse non ci sarebbe più nemmeno la necessità di avere una sovvenzione specifica per il servizio universale.
Per quanto ci riguarda, siamo favorevoli alle gare per il trasporto integrato. Come abbiamo sempre detto, la cosa migliore è bandire gare che aiutino il trasporto in tutte le modalità. Addirittura si potrebbe mettere a gara il car sharing insieme al trasporto pubblico locale. Purtroppo, il sistema è tale per cui alle amministrazioni conviene bandire gare separate.
Relativamente all'idea di un Governo che sia completamente avverso a un'autorità di regolazione, personalmente non ho avuto questa sensazione. Ho avuto colloqui, ultimamente, per «sponsorizzare» la legge sulla concorrenza: è vero, è una legge che stenta ad arrivare sul vostro tavolo perché mi rendo conto che si toccano forti interessi, ma non mi è sembrato di incontrare ostacoli di principio. Spero che non ce ne siano e che la questione si possa risolvere.
Credo di aver detto tutto. Ho anche promesso che invierò degli ulteriori dati. Anticipo che, secondo quanto emerge da uno studio della Commissione europea, in Italia c'è stato, tra il 2000 e il 2007, un aumento medio del 24 per cento della tariffa, nel Regno Unito del 22 per cento dal 1993 al 2007, in Germania dal 1995 al


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2007 un aumento del 15,5 per cento per la lunga percorrenza e del 50 per cento per il trasporto locale. Non sono dati completamente confrontabili, ma li ho citati solo per dare un'idea generale del fenomeno.

MARCO DESIDERATI. Le chiederei, se fosse possibile, di avere anche i dati in valore assoluto.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Invierò i dati che sono in nostro possesso. Ad una prima impressione, mi sembra però che in Italia l'aumento sia più cospicuo rispetto a quello degli altri Stati!

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Catricalà per il suo intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.


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ALLEGATO

Camera dei Deputati
Commissione IX Trasporti, Poste e Telecomunicazioni
Indagine conoscitiva
sul settore del trasposto ferroviario di passeggeri e merci
Audizione del Presidente
dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato
Antonio Catricalà
Roma, 27 ottobre 2010

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Signor Presidente, Onorevoli Deputati

L'Autorità è grata a codesta Commissione per l'invito a intervenire nell'ambito dell'Indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci.
Per comprendere il ruolo effettivo e le condizioni per lo sviluppo della liberalizzazione nel settore ferroviario occorre muovere da alcune premesse. Il trasporto ferroviario è un'industria caratterizzata dalla necessaria presenza di una rete, di solito non duplicabile fisicamente, che collega le varie destinazioni e sulla quale possono in teoria spostarsi più convogli in fasce orarie diverse.
La gestione della infrastruttura deve rispondere a una logica unitaria di coordinamento degli spostamenti dei vari treni e di piena copertura del territorio. Inoltre, il mantenimento in efficienza della rete e il suo sviluppo spesso richiedono ingenti investimenti che non sempre un operatore privato da solo è in grado di affrontare. Almeno questa è l'esperienza tipica dell'industria ferroviaria sul continente europeo.
Vi sono, dunque, valide ragioni di efficienza perché la rete sia gestita da un solo operatore; vi è spazio per l'intervento dello Stato, quanto meno nella veste di erogatore dei finanziamenti per la realizzazione delle strutture necessarie nell'interesse generale.
L'attività di trasporto merci e passeggeri, invece, si presta più facilmente a una gestione pluralistica. Anche con riferimento all'attività di servizio, tuttavia, si aprono margini non ridotti per il sussidio pubblico allo scopo di garantire qualità a condizioni socialmente accettabili.
Da questo quadro discendono le ragioni per cui in questa industria l'intervento pubblico, diretto e indiretto, e la concorrenza devono stabilmente coesistere e si devono conciliare, secondo logiche chiare e trasparenti, nel rispetto dei diversi ruoli.
Senza una netta definizione delle funzioni degli attori, pubblici e privati, che si muovono su questi mercati il rischio è di alimentare un sistema nel quale si disperdono risorse, si mantiene artificialmente il monopolio di fatto, si depotenzia l'effetto benefico dell'ingresso dei privati e, in ultima analisi, non si garantiscono livelli efficienti e qualitativamente accettabili per gli utenti.
Solo un quadro regolamentare adeguato, coerente e stabile, sorvegliato da un soggetto istituzionale forte è in grado di garantire che la liberalizzazione, promossa dalle direttive comunitarie, possa sortire i benefici effetti in termini di miglioramento dei servizi e di sviluppo industriale del settore.
Si deve rilevare che il più grave ostacolo alle virtuose dinamiche competitive nel nostro Paese è proprio costituito dall'esistenza di un quadro regolamentare ambiguo che, da un lato, delinea in astratto, specialmente nel settore del trasporto merci, un'avanzata liberalizzazione, dall'altro è però costellato di interventi episodici ma dirompenti volti a frenare il processo di apertura alla concorrenza, specialmente nel settore del trasporto passeggeri regionale, e a sussidiarie, in assenza di una chiara definizione degli ambiti di servizio pubblico, l'impresa ferroviaria pubblica. Il tutto si realizza


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nell'assenza di un regolatore indipendente che possa in primo luogo verificare gli elementi di fatto sulla base dei quali di volta in volta vengono assunte le decisioni pubbliche di finanziamento o in genere di regolazione del settore. Attualmente, nella sostanza è lo stesso operatore incumbent a fornire il quadro cognitivo di riferimento delle decisioni pubbliche
In ultima analisi, resta non risolta la questione della missione che l'impresa ferroviaria pubblica deve avere nel nostro Paese e del ruolo che si vuole affidare ai privati. Occorre sciogliere il nodo degli oneri di servizio pubblico; di chi deve o può farsene carico e di come questi operatori devono essere individuati.
È opportuno concentrare l'attenzione sui singoli settori dell'industria.
Il più alto livello di liberalizzazione si ha nel trasporto merci. Ancora una volta evidenti ragioni tecniche, connesse con la maggiore elasticità delle fasce orarie disponibili e la minore necessità di creare una rete di collegamenti, hanno permesso l'accesso di un rilevante numero di nuove imprese a partire dal 2001, con l'ingresso delle Ferrovie Nord Milano. Più recentemente sono entrate anche alcune imprese straniere di rilevanti dimensioni come la tedesca Deutsche Bahn e la svizzera SBB Cargo. Attualmente le imprese operanti nel settore merci dotate di autorizzazione e certificato di sicurezza, oltre a Trenitalia, risultano (1) 27.
Si stima che gli operatori diversi da Trenitalia cargo sviluppino nel complesso una produzione in termini di treni/Km movimentati di più del 10%. Gli operatori che hanno quote maggiori si attestano sul 3%. Nei segmenti più profittevoli tali quote crescono anche più significativamente.
Questi dati mostrano che c'è ancora uno spazio significativo per migliorare, anche se il trasporto ferroviario merci risente della pressione concorrenziale esercitata dall'autotrasporto anch'esso beneficiario di un ammontare significativo di sussidi pubblici.
In questo settore, essendo la cornice regolamentare nazionale formalmente in linea con il dettato comunitario, il problema maggiore è rappresentato dalla possibilità di comportamenti strategici che l'operatore incumbent, ancora sostanzialmente integrato, può più agevolmente porre in essere: come noto RFI, il gestore della rete, è solo societariamente separata da Trenitalia, l'impresa che opera il servizio ed entrambe appartengono al Gruppo FS il cui controllo totalitario spetta al MEF.
Un esempio recente del problema può essere dato dalla questione dei terminali «funzionali». La Direttiva del 7 luglio 2009, emanata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il Ministro dell'Economia e delle Finanze in materia di infrastrutture «funzionali», individua, tra le infrastrutture che rientrano nel patrimonio di RFI, una serie di impianti/scali merci che risultano «funzionali alla operatività del trasporto merci sulla rete ferroviaria italiana» (articolo 1 della Direttiva) e che devono restare nella disponibilità del gestore, RFI (si


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tratta in tutto di 71 impianti, 48 a Nord, 14 al Centro e 8 al Sud). Gli impianti/scali merci che non rientrano in tale categoria possono, invece, essere liberamente trasferiti a una qualunque delle società del gruppo FS, secondo la discrezionalità del gestore. Manca l'elenco degli impianti/scali merci cui non spetta la qualifica di «funzionali», che possono essere trasferiti da RFI a una qualunque delle società del gruppo FS. La Direttiva, di fatto, consente al gestore della rete, RFI, di attribuire ad altre società del gruppo FS una serie di infrastrutture, rappresentate nell'immediato da impianti/scali merci e, a breve, da impianti di manutenzione, senza garantire il rispetto della disciplina prevista per i servizi obbligatori (obbligo di garantire l'accesso a condizioni eque e non discriminatorie a tutte le imprese ferroviarie).
In applicazione di questa direttiva sono state assunte decisioni da parte di RFI che hanno dato luogo a rilievi critici da parte dei concorrenti di Trenitalia nel settore merci, esposti anche all'Autorità. Le imprese lamentano che sono state costrette a trasferirsi nei terminali «funzionali», con i conseguenti svantaggi concorrenziali derivanti dal fatto di dover sostenere costi particolarmente rilevanti per ricollocare le proprie attività di logistica.
Per l'Autorità antitrust ad oggi in questi casi è assai difficile agire in quanto non è tecnicamente possibile definire il singolo scalo o terminale come essential facility non duplicabile - è tale solo la rete ferroviaria - qualificazione da cui scaturirebbe, ai sensi dell'articolo 102 del Trattato UE, l'obbligo per il titolare, chiunque esso sia, di dare accesso alle imprese terze a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie. L'eventuale intervento sanzionatorio sarebbe esposto a un elevato rischio di vanificazione in sede giudiziaria.
Ben più incisivo potrebbe essere l'intervento di un'apposita autorità dotata di idonei poteri: questa, prima ancora di reprimere e sanzionare, potrebbe più opportunamente disciplinare la materia, tenendo nel dovuto conto i legittimi interessi dell'impresa incumbent e delle imprese nuove entranti e degli utenti del servizio.
Nel settore del trasporto passeggeri regionale e locale si è manifestata in modo evidente quella ambiguità della regolazione segnalata all'inizio.
È un ambito nel quale per ragioni di servizio pubblico si richiedono alcune precise caratteristiche dei servizi che sono compatibili con una gestione monopolistica sussidiata (frequenze particolari, bassi livelli dei prezzi del biglietto). L'apertura del settore in questo caso può realizzarsi solo nella forma di concorrenza per il mercato, cioè mediante la selezione concorsuale dell'impresa di trasporto. Gare ben congegnate potrebbero condurre all'individuazione dell'impresa più efficiente, in grado quindi di minimizzare l'entità del sussidio pubblico a parità di qualità, frequenze e delle altre caratteristiche del servizio richieste. Questo in linea teorica.
In pratica la realizzazione di un simile schema comporta una serie di problemi tra cui: la disponibilità del materiale rotabile, degli impianti di manutenzione o dei depositi, la possibilità delle imprese ferroviarie di non essere vincolate ai contratti di lavoro dell'incumbent, la perfetta conoscenza delle specifiche tecniche per operare nella sede.


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Per questi problemi l'Autorità ha tentato di indicare alcune soluzioni. A esempio, nel 2003 (2) ha suggerito che, poiché il materiale rotabile non integra i requisiti di un'essential facility (è sì essenziale ma duplicabile in tempi e costi «ragionevoli»), anche sulla base della positiva esperienza tedesca, le gare potrebbero essere realizzate in tempi rapidi, permettendo che l'attività dell'aggiudicatario abbia inizio solo dopo il tempo sufficiente a reperire (leasing, affitto da Trenitalia o acquisto) il materiale rotabile (24-30 mesi tra l'aggiudicazione e l'inizio della nuova gestione). In questo modo si eviterebbero, infatti, sia i problemi derivanti da condotte opportunistiche del vecchio gestore (che, «costretto» a mettere a disposizione del nuovo aggiudicatario il materiale rotabile, potrebbe condizionarne le performance fornendo materiale di qualità inferiore) sia i problemi derivanti da entrate «parassitarie» (i.e. di operatori con una scarsa propensione all'investimento).
Con riferimento ai depositi l'Autorità (3) ha ritenuto che dall'attuale quadro normativo (articolo 18, comma 2, lettera a), del D.Lgs. n. 422/97, l'articolo 5 e l'allegato II, sub 2) della Direttiva comunitaria 2001/14/CE, l'articolo 20 del D.Lgs. n. 188/2003 di attuazione della citata Direttiva), si possa evincere che il bando di gara deve assicurare la disponibilità delle dotazioni essenziali all'espletamento del servizio e che, tra tali dotazioni, possono farsi rientrare gli impianti di manutenzione o deposito fisicamente e funzionalmente collegati ai servizi di trasporto oggetto di gara, in relazione ai quali le imprese ferroviarie dispongono di un diritto di accesso a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie. Solo qualora esistano valide alternative a condizioni di mercato che, in linea di principio, possono collocarsi anche fuori dal territorio regionale, il gestore dell'infrastruttura può rifiutare la richiesta di accesso.
Questi suggerimenti sono rimasti sulla carta.
Inoltre, la più recente normativa nazionale ha introdotto altri rilevanti ostacoli alla realizzazione delle gare.
Dopo una serie di proroghe legislative del termine del periodo transitorio durante il quale era consentito mantenere gli affidamenti diretti (l'ultima è quella di cui all'articolo 6, comma 4-bis, del DL 28 dicembre 2006, n. 300) si è giunti con la legge n. 99/2009 all'eliminazione dell'obbligo di gara. L'Autorità ha già segnalato il problema (4). Inoltre, sono parse ingiustificatamente restrittive le previsioni della legge n. 33/2009 relative all'allungamento della durata degli affidamenti diretti (6 anni rinnovabili per altri 6) e all'erogazione di risorse statali alle Regioni che, per il triennio 2009-2011, è stata condizionata alla stipula di contratti di servizio con Trenitalia (480 milioni l'anno, in parte destinati al miglioramento del materiale rotabile e in parte al contenimento delle tariffe).
Si è trattato di una serie di misure che, anche se non impongono alle amministrazioni regionali l'affidamento diretto, di fatto scoraggiano fortemente ad aprire il mercato. Del resto lo stesso Regolamento


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comunitario n. 1370/2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia dà facoltà agli Stati di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia (articolo 5, §6), salvo che non sia vietato dalla legislazione nazionale, con ciò confermando implicitamente una sorta di specificità del trasporto ferroviario.
Questa mutevolezza e ambiguità del quadro regolatorio ha determinato il sostanziale fallimento delle poche esperienze pur nel frattempo tentate, che hanno visto l'aggiudicazione del contratto in capo a raggruppanti nei quali c'era sempre Trenitalia. Per le stesse ragioni, le imprese straniere non si sono dimostrate finora interessate a questi primi e perplessi tentativi di apertura dei mercati.
Prova ne è che nel corso del 2009 sono stati da Trenitalia firmati i contratti di servizio, con durata sei anni più sei, con 13 regioni (Friuli Venezia Giulia, Campania, Lombardia, Marche, Toscana, Abruzzo, Basilicata, Liguria, Molise, Puglia, Umbria, Veneto e Lazio, quest'ultimo contratto è stato firmato nel febbraio 2010) e con la provincia autonoma di Bolzano. A questi si aggiungono i contratti con la regione Emilia Romagna e con la Provincia Autonoma di Trento formalizzati nel 2008 (5).
Eppure l'Europa conosce esperienze significative di apertura dei mercati del trasporto locale come in Germania. In questo paese il trasporto locale è pressoché interamente organizzato tramite contratti di servizio pubblico caratterizzati da massicce sovvenzioni pubbliche, assegnate anche tramite procedure competitive. Il dato rilevante è che ove si è svolta la gara, i costi dei finanziamenti pubblici risultano minori.
In quel Paese effettivamente qualsiasi operatore può accedere ai contratti di servizio per il trasporto locale, tanto che i nuovi entranti hanno conseguito quasi il 20% del mercato (in treni/km) (6).
L'esempio dimostra che la via della concorrenza per il mercato nel trasporto locale è praticabile e può essere anche foriera di vantaggi per le finanze pubbliche e per il miglioramento della qualità del servizio.
In ogni caso, l'eventuale incremento delle risorse pubbliche da destinare a questi servizi imporrebbe, a maggior ragione, di selezionare tramite gara l'impresa.
Veniamo ora ai servizi di lunga percorrenza.
In teoria è questo il settore dove potenzialmente potrebbe svilupparsi maggiormente la concorrenza, in quanto di solito non è gravato da oneri di servizio pubblico. Tuttavia, l'attuale quadro regolamentare non definisce il confine tra servizi di interesse pubblico e servizi in concorrenza; non è delineata l'ampiezza del servizio pubblico (quali tipologie di treni), né le obbligazioni a carico del soggetto regolato (es. frequenze, fermate, tempi di percorrenza). Parte dei servizi di lunga percorrenza sono oggetto di un Contratto di


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Servizio Pubblico dello Stato con Trenitalia, affidato attraverso negoziazione diretta per sei anni con validità dal marzo 2010 (7).
In assenza di una stabile e tecnicamente adeguata forma di controllo, queste negoziazioni possono avvenire sulla base di un quadro conoscitivo incompleto e sostanzialmente dipendente dalle informazioni fornite dallo stesso operatore dominante. Inoltre, diviene più attuale il rischio di un possibile utilizzo dei sussidi nel contiguo mercato concorrenziale. In ogni caso, oggi non si dispone di attendibili modalità di controllo su come vengano poi effettivamente utilizzate le risorse pubbliche conferite per migliorare i servizi sussidiati (trasporto regionale incluso).
La sfida che nel settore si sta profilando all'orizzonte è quella delle tratte ad alta velocità. Si tratta di una novità a livello globale che andrà attentamente monitorata. È previsto dal prossimo anno l'ingresso di un nuovo operatore, NTV il quale però ha già denunciato ostacoli, sui quali l'Autorità ha avviato un'istruttoria nei confronti del Gruppo FS e della controllata RFI, gestore della rete. Nel provvedimento di avvio, sulla base della considerazione che il gruppo Ferrovie dello Stato, per il tramite delle controllate RFI e Trenitalia, detiene una posizione dominante nei mercati nazionali dell'accesso alle infrastrutture ferroviarie necessarie allo svolgimento dei servizi di trasporto e del trasporto ferroviario di passeggeri (con particolare riferimento al trasporto ad alta velocità), si è contestato un presunto comportamento di RFI volto a ritardare ingiustificatamente l'accesso di NTV alle predette infrastrutture.
Il Gruppo FS, ancor prima che fosse accertata la portata effettivamente restrittiva delle condotte contestate, ha proposto impegni che l'Autorità ha valutato come idonei a superare le criticità emerse e che sta attualmente monitorando (A 409 del 22 ottobre 2009, in Bollettino 42/2009). Quindi l'istruttoria si è conclusa senza alcun accertamento di responsabilità a carico di FS.
Gli effetti benefici della liberalizzazione (controllata) dei servizi ferroviari possono essere meglio apprezzati esaminando quanto avvenuto in altri paesi europei.
Esempi di paesi molto avanti nel processo di liberalizzazione sono costituiti da Germania, Regno Unito e Svezia; all'opposto, più indietro è la Francia.
In Germania, l'infrastruttura e il servizio fornito da Deutsche Bahn sono verticalmente integrati. L'accesso al mercato è libero sia per il trasporto passeggeri, locale e a lunga percorrenza, che per le merci. Il trasporto locale è pressoché interamente organizzato tramite contratti di servizio pubblico caratterizzati da massicce sovvenzioni pubbliche, assegnati in misura minoritaria tramite procedure competitive. Tuttavia, come accennato, i costi dei finanziamenti pubblici risultano minori ove si è svolta la gara.
Nel Regno Unito, circa il 98% del trasporto passeggeri è svolto da imprese cui è stato aggiudicato tramite gara per un periodo temporale


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determinato. La concorrenza è dunque per il mercato. Per il trasporto merci l'accesso al mercato è libero. La rete è gestita da un soggetto indipendente.
In Svezia, i concorrenti dell'incumbent possono partecipare alle gare per l'assegnazione del trasporto passeggeri locale, e possono offrire servizi di trasporto a lunga percorrenza notturno e nei fine settimana. La rete è separata dagli operatori.
In Francia, l'accesso al mercato passeggeri è precluso agli operatori esteri, e la rete è collegata all'impresa ex monopolista.
Ebbene, in Italia il volume dei passeggeri trasportati (in passeggeri/km) è aumentato solo del 2,3% tra il 2003 e il 2008. In Germania, esso è aumentato del 14,7%, nel Regno Unito del 28% e in Svezia del 24,7%. Anche in Francia si riscontra un incremento, pari al 18,5% (8).
Il peso della modalità «ferrovia» sul totale dei passeggeri che si spostano (in superficie con altri mezzi) è rimasto nel medesimo periodo 2003-2008, invariato in Italia (5,65%), mentre in Germania è passato dal 7,05% all'8,06%, nel Regno Unito dal 5,34% al 6,64% e in Svezia dal 7,6% al 9,15%. In Francia è cresciuto dall'8,3% al 9,8% (9).
Nel settore merci, in Italia il volume trasportato (in tonnellate/km) è aumentato del 10,8% tra il 2000 e il 2007. In Germania, esso è aumentato del 38,6%, nel Regno Unito del 45,7% e in Svezia del 19,4%. In Francia si registra un decremento, pari al 26,2% (10).
Il peso della modalità «ferrovia» sul totale dei trasporti terrestri di merci è cresciuto, nello stesso periodo 2000-2007, in Italia dal 10,5% all'11,1%, mentre in Germania è passato dal 18,6% al 21,3%, nel Regno Unito dal 9,3% al 12,7% e in Svezia è rimasto invariato al 36%. In Francia è diminuito dal 19,7% al 14,6% (11).
Nei Paesi esaminati, la quota di mercato dei nuovi operatori non è irrilevante: per quanto riguarda il trasporto passeggeri, essa è del 10,1% in Germania e del 100% nel Regno Unito (grazie al sistema di assegnazione delle tratte per gara). In Svezia esistono 12 concorrenti dell'operatore storico con una quota del 35%, in Francia il monopolista pubblico serve ancora l'intero mercato (12).
Per le merci, la quota dei concorrenti è del 22% in Germania, del 100% nel Regno Unito e del 26% in Svezia. In Francia tale quota ammonta al 10% (13).
Si è ben consapevoli che gli esempi richiamati riguardano situazioni tra loro molto diverse per tipi di regolazione e assetti del territorio.


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È però da notare anche come in Svezia e Germania i finanziamenti pubblici al sistema ferroviario, intesi come somma di investimenti nella rete più sussidi per le imprese incaricate del trasporto locale, siano ben inferiori alla media europea: in Svezia nel periodo 2002-2006 sono stati meno della metà del dato europeo (in termini di euro/km) e in Germania inferiori di quasi il 30% (14).
In conclusione, i mercati del trasporto ferroviario versano allo stato in una situazione di ambiguità regolatoria. La politica negli ultimi dieci anni non ha scelto un modello coerente da realizzare: per un verso si è data solo formale attuazione al diritto comunitario, con particolare riferimento al problema dell'individuazione di un regolatore indipendente, questione sulla quale è stata aperta una procedura di infrazione; per altro verso, dopo un'originaria e meritoria posizione di apertura nel settore del trasporto pubblico locale, il legislatore si è via via contraddetto. L'incumbent, che resta a tutt'oggi un'azienda interamente pubblica, deve essere il gestore del servizio pubblico in strutturale perdita e dunque giustamente sovvenzionato e, allo stesso tempo, deve ricercare il profitto in quanto operante in regime di reale concorrenza, anche se per una parte assai esigua del complesso dei servizi.
In questa situazione, il sistema nel suo complesso non trae i benefici della concorrenza, perché questa è gravemente ostacolata per la ragioni viste.
È dunque necessario superare l'ambiguità. E poiché non è pensabile un ritorno tout court alla gestione pubblica monopolistica, occorre muoversi lungo i percorsi virtuosi già altrove seguiti.
In primo luogo, si dovrebbe individuare un regolatore di settore indipendente e tecnicamente qualificato così come ci chiede l'Europa; in secondo luogo si dovrebbero adottare tutti quegli accorgimenti necessari a distinguere attività in concorrenza effettiva, in relazione alle quali dovrebbe operare una società formalmente distinta da Trenitalia, da attività di servizio pubblico sussidiate. Queste ultime non devono essere attribuite necessariamente a Trenitalia, ma è concretamente possibile e doveroso aprire il mercato a gare effettive.

NOTE:
(1) Fonte Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
(2) AS 262 in Bollettino 26/2003.
(3) Segnalazione AS 658 in Bollettino 3/2010.
(4) Segnalazione AS 528, in Bollettino n. 21/2009.
(5) Fonte: bilancio Trenitalia per l'esercizio 2009.
(6) Fonte: rapporto per la Commissione Europea dal titolo «Study on Regulatory Options on Further Market Opening in Rail Passenger Transport», annex 7, settembre 2010.
(7) Fonte: bilancio Trenitalia per l'esercizio 2009.
(8) Fonte: rapporto per la Commissione Europea dal titolo «Study on Regulatory Options on Further Market Opening in Rail Passenger Transport», settembre 2010.
(9) Fonte: vedi nota precedente.
(10) Fonte: elaborazione su dati tratti dal documento di lavoro della Commissione Europea che accompagna il «Report from the Commission to the Council and the European Parliament on Monitoring Development of the Rail market», dicembre 2009.
(11) Fonte: elaborazione su dati tratti da «Energy and Transport in Figures», a cura della Direzione Generale Energia e Trasporti della Commissione Europea, ed. 2009.
(12) Fonte: rapporto per la Commissione Europea dal titolo «Study on Regulatory Options on Further Market Opening in Rail Passenger Transport», settembre 2010, annex vari.
(13) Fonte: documento di lavoro della Commissione Europea che accompagna il «Report from the Commission to the Council and the European Parliament on Monitoring Development of the Rail market», dicembre 2009.
(14) Fonte: «Towards a common market for rail services: the next steps», presentazione del direttore esecutivo della Community or European Railway and Infrastructure Companies (associazione di categoria degli operatori ferroviari europei), gennaio 2010.

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