Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PASSEGGERI E MERCI
Audizione del Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli:
Valducci Mario, Presidente ... 3 11 17 19
Castelli Roberto, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 13 14 18
Desiderati Marco (LNP) ... 16
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 11
Lovelli Mario (PD) ... 12 13 14
Nizzi Settimo (PdL) ... 15
Terranova Giacomo (PdL) ... 14
ALLEGATO: Documento depositato dal Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, l'audizione del Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, con la quale si conclude l'indagine conoscitiva.
Do la parola al Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, che ringrazio per la disponibilità dimostrata nell'accogliere l'invito della Commissione.
ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie presidente. Credo che sia utile fare preliminarmente un excursus sulla storia delle ferrovie italiane, perché parte dei problemi che oggi dobbiamo superare deriva dal retaggio storico dell'impianto dei sistemi ferroviari non solo italiani, ma europei.
L'Italia preunitaria consegnò al nuovo Stato una situazione particolarmente variegata: linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato, linee private ed esercizio statale del servizio.
Questa complessa situazione degli assetti si portava inoltre dietro problemi operativi non secondari, quali quelli connessi all'interoperabilità delle diverse linee ferroviarie e quelli relativi alla necessità di realizzare nuove linee che collegassero città prima appartenenti a Stati diversi.
Nacque quindi la necessità di ricondurre ad unità il sistema gestionale delle ferrovie italiane e, con la legge 22 aprile 1905, n. 137 venne assunta dallo Stato la gestione dell'esercizio ferroviario. Il modello organizzativo scelto fu quello dell'Azienda autonoma, con autonomia amministrativa di bilancio e patrimoniale.
Negli anni '20, la diffusa tendenza a prevedere l'intervento diretto dei poteri pubblici anche nei settori economici portò al passaggio dal modello privatistico-gestionale a quello pubblicistico-governativo: l'azienda mantenne la sua identità, ma fu incorporata nel Ministro delle comunicazioni prima e dei trasporti poi. Sostanzialmente, il Ministro divenne il capo dell'azienda.
L'esigenza di ripristinare l'autonomia gestionale del settore ferroviario cominciò ad emergere, anche a livello comunitario, a partire dagli anni '70.
Negli anni '80 per il settore ferroviario arriva al culmine una crisi figlia dei decenni precedenti, dovuta principalmente a motivi interni al settore - inefficienza
organizzativa e produttiva, che portano le Ferrovie dello Stato ad essere il simbolo del «carrozzone» pubblico- e motivi esterni al settore, primo fra tutti la concorrenza, sia nel passeggeri che nel merci, di modalità più flessibili quali il trasporto stradale.
Il culmine di questa crisi venne raggiunto nel 1980, anno in cui operavano all'interno dell'azienda 219.258 addetti, con una produttività pari a 1.368 treni/km per addetto. A titolo comparativo, ricordo che a fine 2010 erano impiegati in azienda 80.153 addetti, con una produttività quasi triplicata, essendo pari a 3.875 treni/km per addetto.
La crisi non fu solo nazionale e l'Unione europea per superarla puntò alla creazione di un «sistema di interessi economici», secondo la formula mercato-liberalizzazioni-privatizzazioni. In Italia, nella stagione delle privatizzazioni delle aziende pubbliche, la legge 17 maggio 1985, n.210 trasformò l'Azienda in Ente Ferrovie dello Stato. Successivamente, l'Ente acquisì l'identità di ente pubblico economico e, sulla base del decreto-legge n.333 dell'11 luglio 1992, di una società per azioni, cui sono state demandate le funzioni relative ai servizi di trasporto ferroviario sulla rete nazionale.
Al Ministro del tesoro (oggi dell'Economia e delle finanze) venne attribuita la titolarità delle azioni, al Ministero dei trasporti (oggi delle infrastrutture e dei trasporti) la competenza a definire modalità e contenuti delle concessioni intestate alla società.
Lo schema organizzativo delle Ferrovie dello Stato è quello di una holding, FS SpA, cui fanno capo sia la società di gestione delle infrastrutture, RFI SpA, che l'impresa di trasporto, Trenitalia SpA, la cui separazione legale, amministrativa, contabile e gestionale è garantita e vigilata dallo Stato. Ma non basta, ci si rese conto che occorreva intervenire nei seguenti contesti: risanamento delle aziende pubbliche, revisione degli assetti proprietari, tutela per i new entrant, tutela degli utenti e dei lavoratori, investimenti intelligenti, separazione della rete dai servizi, riequilibrio modale e sicurezza.
I modelli nazionali erano tradizionalmente monolitici e blindati e non vi furono quindi spinte interne al cambiamento e al miglioramento. Fu decisiva la spinta dell'Unione europea a concentrarsi quindi su questi obiettivi: ampliamento del mercato, definizione di nuove regole per il funzionamento del mercato, interoperabilità attraverso la definizione di standard tecnici, coordinamento e sviluppo delle infrastrutture, revisione della disciplina degli aiuti statali.
Ci fu quindi una nutrita serie di interventi a livello europeo una serie di direttive che vengono definite come «pacchetti ferroviari». Se mi consentite, per brevità non le elenco tutte, ma sono allegate nella relazione che consegno alla presidenza. Ci fu un primo pacchetto ferroviario, un secondo pacchetto ferroviario e infine un terzo.
Di tutte le disposizioni contenute nelle direttive emanate, recepite da decreti legislativi nazionali, vorrei ricordare soprattutto quella che istituisce la figura del gestore come soggetto autonomo indipendente, e quella che regola l'accesso per l'ottenimento della licenza ferroviaria, che sostanzialmente hanno portato, almeno in teoria, alla liberalizzazione del settore.
Riassumendo, le cose più importanti sono l'istituzione della figura del gestore dell'infrastruttura come soggetto autonomo e indipendente, la previsione di strumenti come il contratto di programma e l'atto di concessione, attraverso i quali regolare i rapporti fra Stato e gestore dell'infrastruttura, l'accesso all'infrastruttura ferroviaria per le imprese ferroviarie che effettuano trasporti combinati internazionali di merci, la determinazione dei criteri in base ai quali stabilire i canoni di pedaggio, la disciplina del rilascio delle licenze e dei certificati di sicurezza.
La seconda fase, relativa al recepimento del primo pacchetto ferroviario si è concretizzata con l'adozione del decreto legislativo n.188 dell'8 luglio 2003, vero e proprio testo unico della materia ferroviaria,
con il quale si è proceduto a un riordino generale del settore. Con questo decreto si ribadisce il ruolo centrale del gestore dell'infrastruttura non solo per quanto riguarda la gestione, ma anche per quanto riguarda lo sviluppo e la realizzazione della medesima; si introduce la nozione del «richiedente» di capacità ferroviaria, che non deve essere necessariamente un'impresa ferroviaria ma può essere ad esempio una Regione; si introduce l'accordo quadro, atto programmatico tra gestore dell'infrastrutture richiedente, il cui scopo è stabilire parametri generali per il futuro acquisto di tracce orarie.
Viene istituito, all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'organismo di regolazione richiesto dalla direttiva n.14 del 2001, che vigila sul mercato, controlla il gestore dell'infrastruttura, eroga sanzioni in caso di comportamenti irregolari.
Il quadro normativo appena illustrato produce una situazione corrispondente alle aspettative dell'Unione europea, in cui sono riscontrabili presupposti per cui il mercato venga considerato contendibile. Le nuove imprese infatti possono entrare con la giusta cautela in un quadro delle attribuzioni chiaro e non confuso.
In effetti, l'Unione europea consente che l'organismo di regolazione possa essere il Ministero competente; ammette il modello holding, peraltro molto diffuso in Europa in questo momento, a condizione che gestione dell'infrastruttura ed esercizio del trasporto siano posti in capo a società distinte sotto il profilo giuridico, economico e gestionale; consente che i contratti per lo svolgimento di servizi con il contributo pubblico possano essere conclusi tramite affidamento diretto.
Coerentemente a queste aperture, in Italia esiste l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, che è un ufficio alle diretta dipendenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, esiste il modello holding a cui fanno capo la società RFI e Trenitalia, e il contratto di servizio per l'effettuazione di servizi contribuiti, sia a media e lunga percorrenza che locali, è affidato direttamente a Trenitalia, peraltro per espressa disposizione di legge.
Quali ricadute concrete ha portato questo conformarsi alla normativa comunitaria? Con la distinzione tra RFI e Trenitalia si è realizzata la separazione tra gestore della rete ed esercente del servizio. Questo ovviamente è il primo passo verso la liberalizzazione, in quanto non possono esservi le condizioni per la concorrenza e il mercato fintanto che un unico soggetto gestisce l'infrastruttura e opera in posizione dominante nel settore dei servizi.
Oggi ad RFI, società indipendente del gruppo FS, in virtù di un contratto di programma con lo Stato, è affidato il compito di realizzare e mantenere la rete ferroviaria italiana, nonché di provvedere alla programmazione e alla gestione della capacità ferroviaria, concludendo con le imprese ferroviarie accordi quadro e contratti di utilizzo, con i quali rispettivamente vengono stabiliti i contorni generali del rapporto, per poi essere definite nel dettaglio le tracce orarie assegnate all'impresa, i livelli dei servizi complementari, la misura dei pedaggi e quant'altro necessita al funzionamento del servizio.
Non possiamo nasconderci che il fatto che RFI faccia capo alla medesima holding cui fa capo Trenitalia generi qualche dubbio di parzialità. Proprio su questa commistione, peraltro comune a molti Paesi europei, si è concentrata l'attenzione della Commissione europea, sia con la procedura di preinfrazione recentemente avviata, sia con la proposta di revisione del primo pacchetto.
Intanto, dal 2000 ad oggi sono state rilasciate 62 licenze per impresa ferroviaria, 12 delle quali revocate per motivi vari. Delle 50 licenze residue 10 autorizzano al servizio passeggeri, 19 al servizio merci e 21 al servizio misto merci più passeggeri. Alcune di queste imprese operano in modo significativo, sia pure a livello prevalentemente locale.
Sono state aperte alcune procedure, ma in questo caso l'Italia non è in retroguardia perché siamo di fronte a un processo estremamente complesso e quindi la procedura
di indagine coinvolge oggi 21 Paesi europei. Questo significa che il processo di liberalizzazioni è in fieri, quindi l'Italia è allineata più o meno a tutti gli altri Paesi europei.
I punti contestati sono l'insufficiente salvaguardia a garanzia dell'indipendenza del gestore dell'infrastruttura, l'insufficienza dei poteri dell'organismo di regolazione in merito al controllo dei pedaggi, l'insufficiente indipendenza dell'Ufficio di regolazione dal Gestore dell'infrastruttura, in quanto l'organismo è parte del Ministero che contribuisce al controllo dell'impresa ferroviaria di proprietà statale, l'impossibilità per il gestore dell'infrastruttura di determinare direttamente i pedaggi, che vengono stabiliti sulla base di criteri predeterminati dal Ministero.
Tali critiche sembrano tutte assolutamente superabili, in quanto si tratta di scelte organizzative e gestionali perfettamente coerenti con il quadro normativo comunitario attuale. La stessa Commissione europea si è resa conto di tale conformità, tanto che è stata recentemente avviata una procedura di revisione del cosiddetto «primo pacchetto ferroviario». La proposta della Commissione è volta a una semplificazione della struttura giuridica creata con il primo pacchetto e al chiarimento di alcuni punti, spingendosi peraltro molto in avanti con l'introduzione di novità rilevanti in diversi settori.
Su questo tema si è espressa anche l'autorità antitrust che è stata audita in questa sede; quindi su questo punto non mi soffermo.
Alla luce di queste premesse che ci hanno consentito di fare un notevole cammino, come prima ho dimostrato con i dati citati e un quasi triplicamento dell'efficienza della nostra principale azienda ferroviaria, ci chiediamo quale sia il quadro attuale che possiamo raffigurare. Occorre precisare, per una piena comprensione dell'operato delle Ferrovie dello Stato italiane, che oggi il gruppo opera con la logica di una Spa,. che mira a fare utili e quindi a generare la possibilità di investimento autonomo per un servizio agli utenti sempre più efficace e competitivo.
Le ineludibili azioni di natura sociale che i trasporti ferroviari devono comunque svolgere sono oggi assicurate attraverso contratti di servizio che il gruppo, o in futuro i gruppi, stipulano con lo Stato e gli enti locali. Pertanto oggi chiedere agli operatori ferroviari interventi autonomi di natura sociale è quanto meno antistorico.
Questa rivoluzione voluta peraltro dall'Europa si traduce in una divisione dei compiti e quindi in una destinazione di risorse più chiara e trasparente. I risultati positivi già si vedono. I ricavi operativi di Ferrovie dello Stato italiane sono passati da 6.703 milioni di euro del 2006 agli 8.064 milioni del 2010, il risultato netto, sempre per lo stesso periodo, da meno 2.115 milioni di euro a più 129 milioni, l'EBITDA da meno 650 milioni a più 1.660, il Leverage è diminuito da 6,4 a 3,8. Tali risultati assolutamente confortanti ci spingono a continuare in questa direzione.
Restano aperte quattro grandi questioni, che possono essere definite in questo modo: il trasporto merci, il trasporto passeggeri aperto al libero mercato, il servizio universale e il trasporto pubblico locale. Il trasporto merci è il settore maggiormente liberalizzato, con 27 imprese sostanzialmente operative, ma dobbiamo registrare che il livello delle merci trasportate via treno è tuttora molto basso. Per alcune aree del Paese viene previsto un contratto di servizio, anche per quanto riguarda il trasporto merci.
Il contratto 2004-2006, i cui obblighi di servizio sono stati adempiuti fino al 2008, prevedeva infatti trasporti tra il contenente e la Sardegna e viceversa, trasporti su distanze superiori ai 1.000 km, trasporti tra il porto di Trieste e l'Ungheria, trasporti internazionali attraverso il porto di Trieste Marittima, trasporti tra il continente e la Sicilia e viceversa.
Nel corso del biennio 2007-2008 il contesto economico-finanziario e il mercato di riferimento hanno subito importanti mutamenti, che hanno inciso sul perimetro dei servizi merci resi da Trenitalia in regime di obbligo di servizio. In particolare, sulla base delle caratteristiche degli scambi di prodotti manifatturieri nel
nostro Paese, del quadro produttivo e distributivo nonché delle infrastrutture di trasporto, Trenitalia, in un'ottica di sostenibilità finanziaria, ha razionalizzato la propria offerta orientando le scelte aziendali verso la riorganizzazione e il ridimensionamento del reticolo di impianti serviti, con lo scopo di concentrare le risorse laddove la domanda attuale e potenziale presenta sufficienti prospettive di sviluppo nel medio e lungo periodo.
Rispetto al perimetro dei servizi oggetto del contratto 2004-2006, è stata operata una graduale riduzione dell'offerta dei servizi sui segmenti e/o tipologie di trasporto, i cui risultati economici risultavano particolarmente negativi e, con specifico riferimento alla Sardegna, nel corso del 2008 si è proceduto alla cessazione del servizio di trasporto di carri merci da e verso la Regione, in quanto caratterizzato da un costo di offerta eccessivamente elevato.
Inoltre sono stati eliminati gli obblighi tariffari pregressi ormai residuali, relativi alla degressività tariffaria superiore ai 1.000 chilometri, ai trasporti internazionali effettuati attraverso il porto di Trieste Marittima, nonché ai trasporti dal porto di Trieste all'Ungheria, in quanto non più funzionali alle necessità di sviluppo del Paese.
Peraltro, la degressività chilometrica presentava una vasta area di sovrapposizione con gli obblighi di servizio di tipo territoriale, per cui si è resa necessaria una selezione tra le due tipologie di strumenti. Sulla base delle risorse finanziarie pubbliche disponibili è stata quindi effettuata una selezione dei traffici con il fine di ridurre in modo sostanziale le risorse destinate all'attivazione di traffici ad alto costo di produzione e a scarsa o nulla vocazione ferroviaria. Il perimetro contrattuale finanziabile che ne deriva è costituito da traffici a treno completo, caratterizzati da specifici parametri di efficienza.
È stato anche introdotto un meccanismo di monitoraggio in grado di rendere l'offerta di ciascun periodo coerente con le risorse finanziarie pubbliche stabilite nel contratto, allo scopo di evitare che i servizi complessivamente svolti risultino superiori ad esse.
In virtù di quanto sopra descritto, a partire dal 2009 l'erogazione degli obblighi di servizio è avvenuta sulla base del nuovo perimetro, relativo ai traffici a treno completo richiesti da qualsiasi cliente o gruppo di clienti. Per quanto riguarda il contratto di servizio, che ha identificato un perimetro quantificate in 11,9 milioni di treni/km per ciascun anno del primo periodo contrattuale (2009-2011), viene riconosciuto a Trenitalia un corrispettivo pari a 92,4 milioni di euro nel 2009, 107 milioni nel 2010 e 107 milioni nel 2011.
In prossimità della scadenza del primo periodo contrattuale, il contratto sarà oggetto di una revisione del livello dei servizi da erogare e dei relativi corrispettivi per il triennio successivo (2012-2014). Gli ultimi dati ci dicono che comunque il quadro resta insoddisfacente. Per quanto riguarda la percentuale di merci trasportate per ferrovia, infatti, siamo passati dal 12 per cento del 2007 all'8 per cento del 2010, in controtendenza con l'esigenza rilevata da moltissimi anni sia in Italia che in Europa di trasportare le merci tramite altre modalità che non siano la strada. Lo diciamo da vent'anni, ma i consuntivi dimostrano che la strada guadagna sempre più terreno sulle altre modalità.
Per quanto riguarda proprio le Ferrovie, la crisi economico finanziaria ha portato i ricavi di Trenitalia Cargo da 1.450.000 euro del 2008 a 1.080.000 euro del 2009. Nel 2011 si prevede una risalita con ricavi per 1.200.000 euro, ma come si vede siamo ancora lontani dai dati del 2008. Anche l'EBITDA marginale risulta fortemente negativo, pari a meno 14,1 per cento nel 2010, e l'azienda conta di raggiunge il break even soltanto nel 2013, attraverso una forte ristrutturazione degli scali.
Un dato che invece riteniamo positivo sul fronte della liberalizzazione della concorrenza è l'aumento della quota di trasporto delle imprese private, che vedeva pari a zero la propria quota ancora nel
2001 ed è arrivata al 24,1 per cento nel 2010, con un trend in continuo aumento.
È comunque evidente che il problema relativo alle merci non è tanto quello della concorrenza nel mercato dei servizi ferroviari, quanto quello della concorrenza di altre modalità di trasporto, in particolare la gomma.
Su questo tema resta aperta, anche a livello europeo con la cosiddetta Eurovignette, la grande questione di quale modalità di trasporto delle merci incentivare. Riteniamo che la questione vada molto al di là del tema di cui ci occupiamo oggi, per cui la lasciamo alle valutazioni del Parlamento.
L'altra questione su cui occorre porre l'attenzione è il servizio passeggeri a mercato. Le recenti polemiche tra l'Amministratore delegato del gruppo FS e il presidente della società NTV SpA sono il termometro di quanto questo mercato sia appetibile e foriero di interessanti margini operativi. A questo proposito vale la pena ricordare che al momento l'Italia è l'unico Paese che prevede due competitori sul mercato dell'alta velocità. Su questo punto ritengo sia utile fornire qualche elemento di valutazione alla Commissione sulla genesi del rilascio della licenza ferroviaria a NTV ai sensi del decreto legislativo n.188 del 2003.
In data 11 dicembre 2006 viene costituita la società Nuovo trasporto viaggiatori SpA, in forma abbreviata NTV SpA, con capitale sociale pari a 1 milione di euro, di cui 250.000 versati attraverso conferimenti in denaro. In data 28 dicembre 2006 la NTV presenta istanza al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'ottenimento della licenza ferroviaria, ai sensi del decreto legislativo sopra ricordato.
In data 19 gennaio 2007 viene consegnata, come richiesto dallo stesso Ministero, la documentazione integrativa, e in data 6 febbraio 2007 viene rilasciata la licenza richiesta. La licenza alla società NTV è stata rilasciata in trentanove giorni, a fronte di un valore medio di tempo impiegato per il rilascio di analoghe licenze pari a centocinque giorni. In particolare, si è rilevato che per la pratica di rilascio di un'altra licenza sono stati necessari trecentocinquantatré giorni, mentre dal lato opposto si è registrata una tempistica di ventidue giorni per il rilascio di una licenza della medesima natura.
Si ricorda che le procedure per il rilascio della licenza di cui all'articolo 3, comma 1, lettera p) del decreto legislativo n. 188 del 2003 sono definite dall'articolo 8 del medesimo decreto. Ai sensi di questo articolo le imprese ferroviarie richiedenti la licenza devono essere in possesso di requisiti di onorabilità, capacità finanziaria, competenza professionale. In ogni caso, più che mai attenta ed efficace deve essere l'opera di garante svolta dal Ministero e in particolare dall'URSF.
Un particolare segmento di questo settore è il livello di qualità dei servizi offerti all'utenza, oggi molto percepito dagli utenti ma non controllabile per carenze dei presupposti normativi. Soltanto recentemente è entrato in vigore il Regolamento comunitario n. 1371/2007, che disciplina i diritti e gli obblighi dei passeggeri dei servizi di trasporto ferroviario e prevede anche l'istituzione di un organismo pubblico di controllo dotato di poteri sanzionatori.
Proprio lo scorso 16 giugno il Consiglio dei Ministri ha varato uno schema di decreto legislativo, in cui tali funzioni vengono attribuite alla Direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il decreto legislativo andrà ora all'esame delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza Stato/Regioni per poi essere adottato definitivamente.
Il servizio universale passeggeri garantisce la funzione sociale del trasporto ferroviario. Per brevità non espongo il quadro normativo di riferimento, che troverete nel documento che ho depositato. Dall'esame dei dati si può osservare in primo luogo che i servizi di media e lunga percorrenza si basano su un'offerta complessiva (i dati sono del 2007 e si riferiscono a un'indagine conoscitiva fatta dal Ministero, quindi sono un po' datati ma non credo siano molto differenti da quelli
attuali) di circa 80 milioni di treni/km, con circa 23,4 miliardi di viaggiatori/km trasportati.
Si evidenzia inoltre come in termini di treno/km il servizio diurno, con tutti i treni compresi tranne il servizio pubblico locale, occupi circa il 65 per cento dell'offerta complessiva, laddove il servizio notturno presenta un peso complessivo pari al 25 per cento. Il restante 10 per cento è costituito da servizi internazionali e servizi charter e religiosi, che vengono sostanzialmente gestiti direttamente dalle imprese e quindi non hanno interesse in questo ambito.
Siamo di fronte a due reti ben diverse: una rete forte, che si sostiene economicamente ed è appetibile dal punto di vista commerciale, che è composta dalle tratte Milano-Napoli, Torino-Venezia, Bologna-Venezia, Bologna-Verona, che producono risultati netti positivi, e una rete a redditività negativa, che però l'incumbent ritiene di poter mantenere, in quanto si tratta di servizi che gravitano sulla rete forte, ma hanno origini e destinazione sulla rete complementare, quindi servizi leggermente negativi che però Trenitalia ritiene di poter sopportare (le tratte Torino-Milano-Venezia-Trieste-Udine e Milano-Bologna-Rimini-Ancona-Pescara).
Il perimetro dei servizi prestati sulla rete ferroviaria forte appare dunque erogabile in regime di autonomia commerciale, peraltro in piena coerenza con il completamento dell'apertura della rete ad alta velocità. La scelta del quadruplicamento di tale rete ferroviaria compiuta alla fine degli anni '80 ha origine dalla previsione dei benefici che ne sarebbero derivati in termini di miglioramento del sistema della mobilità. Oggi possiamo toccare con mano questi miglioramenti, perché con questo progetto è stato possibile aumentare di oltre il doppio la capacità complessiva del sistema ferroviario.
Occorre evidenziare il gap del livello dei prezzi esistente rispetto agli operatori storici in altri Paesi europei, punto che vedremo anche in seguito. In particolare, il ricavo unitario da traffico per la media e lunga percorrenza nel 2007 era pari a 6,7 centesimi di euro/pass.km contro gli 11,6 della società francese SNCF ( 74 per cento) e i 9,6 di Deutsche Bahn ( 43 per cento).
Fermo restando quindi l'assetto dei servizi prestati sulla rete forte che, pur con le criticità evidenziate, si ritiene dunque possano essere prestati al di fuori del contratto di servizio, nelle diverse tipologie di prodotto che le imprese ferroviarie erogheranno, per i servizi che gravitano sulla restante parte della rete si pone senz'altro il problema di definire alcuni criteri che consentano di garantire un livello di mobilità soddisfacente.
Tale rete include i collegamenti ferroviari delle due grandi direttrici, tirrenica e adriatica, ricomprendendo in quest'ultima la trasversale sud tra Caserta e Bari, nonché i collegamenti da e per la Sicilia e il nord del Paese. In particolare nella direttrice tirrenica sono compresi i collegamenti nord-sud dalla Calabria e dalla Campania verso Piemonte, Lombardia e Veneto. In quella adriatica sono compresi i collegamenti dalla Puglia verso il Friuli, il Veneto, la Lombardia e il Piemonte. Nei collegamenti da e verso la Sicilia sono compresi i servizi verso il Piemonte, la Lombardia e il Veneto.
Il trasporto notturno di lunga percorrenza vive da qualche anno una contrazione di volumi di domanda sia per la riduzione della mobilità di riferimento a causa di variazioni geo-sociali, sia per lo sviluppo di un'offerta low-cost da parte del settore aereo, che rende assolutamente più conveniente prendere l'aereo. C'è poi un'altra questione che non troverete nella relazione: il livello sicurezza di questi treni notturni è tutt'altro che appetibile, altro motivo per cui ormai i cittadini italiani tendono a evitare di usufruire di questo servizio.
Tutto ciò rende molto difficile la possibilità di un ritorno a condizioni di redditività di questo segmento di offerta, come testimonia il fatto che in molti altri Paesi europei questo tipo di servizio non viene più offerto. Nella relazione potete
vedere le tratte che vengono ritenute di utilità sociale, per le quali occorre erogare un contratto di servizio.
L'ultimo contratto di servizio è stato controfirmato il 5 giugno scorso, e prevede un corrispettivo forfetario da parte dello Stato pari a 239.290.000 di euro per il 2009, 252.992.703 per il 2010 e 242.992.703 per il 2011. Per quanto riguarda il triennio prossimo (2012-2014), il contratto di servizio prevede che vengano rese disponibili le risorse finanziarie relative per poterlo definire.
Veniamo adesso al trasporto pubblico locale. Il servizio ferroviario di trasporto regionale e locale è certamente il punto più critico che attualmente si presenta all'attenzione del Governo. A fronte infatti di una domanda sempre crescente, che presenta oggi una movimentazione annuale di 193.235 treni/km, l'offerta risulta spesso carente, sia quantitativamente, che qualitativamente.
Le cause storiche di questa situazione possono essere individuate sostanzialmente in infrastrutture inadeguate alla domanda (vi sono ancora troppe linee a singolo binario, mentre anche per quelle afferenti i grandi centri urbani il doppio binario non è più sufficiente; a questo proposito l'avvento dell'alta velocità ha prodotto risultati positivi, liberando le linee storiche ai fini del trasporto locale), e in materiale rotabile spesso insufficiente in quantità e obsoleto in qualità.
Il Governo ha cercato di intervenire adeguatamente con le seguenti misure: l'articolo 25 della legge n. 2 del 2009, che ha previsto uno stanziamento globale di 2.400 milioni di euro per gli anni 2009-2010-2011 per l'acquisto di materiale rotabile dedicato al trasporto pubblico ferroviario e per la stipula di nuovi contratti di servizio fra Stato e Regioni; la legge n. 33 del 2009, che ha previsto la possibilità di stipulare contratti aventi durata di anni sei più sei, che consente a Trenitalia un orizzonte vasto al fine di reperire risorse per investimenti in materiale rotabile, contando appunto su contratti di lunga durata.
Occorre peraltro precisare che il retaggio storico più pesante, che impedisce una gestione efficace di questo settore, è il basso livello di remunerazione che esso attualmente consente. Tolta la Polonia, infatti, siamo il Paese europeo con i più bassi ricavi passeggero/km. Trenitalia regionale ricava mediamente dai contratti regionali 0,129 euro per passeggero/km, contro gli 0,195 della Germania, gli 0,224 della Francia, fino ad arrivare agli 0,380 di alcune regioni del Regno Unito.
È evidente che qui siamo di fronte a un problema di grande rilevanza politica, perché di fronte alla cruda realtà dei dati, che ci dicono che i nostri ricavi sono i più bassi d'Europa, per contro vi è la percezione degli utenti di pagare tariffe molto elevate. È chiaro che rebus sic stantibus o le Regioni intervengono con massicce iniezioni di denaro pubblico o si aumentano le tariffe con riflessi significativi anche sui tassi di inflazione.
È chiaro infatti che, anche se vi sono margini di miglioramento sul piano dell'efficienza, della puntualità e della pulizia dei convogli - difetto questo molto sentito dall'utenza - finché si resta nella tenaglia basse remunerazioni/inadeguate risorse pubbliche difficilmente potremo vedere risultati pari alle aspettative dei cittadini.
Un altro tema molto sentito nel nostro Paese è costituito dalla sicurezza, punto fondamentale e irrinunciabile del trasporto ferroviario. L'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, organismo posto sotto la vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata istituita, in attuazione della direttiva 2004/49/CE, con il decreto legislativo n. 162 del 2007 per l'esercizio delle funzioni di definizione del quadro normativo sulla sicurezza ferroviaria, di omologazione e certificazione del materiale rotabile e delle imprese, di ispezione e verifica dell'applicazione delle norme sulla sicurezza.
Dei quattro regolamenti organizzativi previsti dal decreto istitutivo ne sono stati adottati tre: lo Statuto, il Regolamento di organizzazione e il Regolamento di contabilità. Il Regolamento che disciplina il reclutamento del personale è stato deliberato
dal Consiglio dei Ministri ed è attualmente all'esame del Consiglio di Stato.
L'Agenzia sta quindi operando, sin dal giugno 2008, utilizzando provvisoriamente in posizione di comando il personale del Gruppo FS, segnatamente RFI, che prima esercitava le funzioni attribuite all'Agenzia stessa, nonché alcune unità di personale provenienti dal Ministero. Al funzionamento dell'Agenzia si provvede mediante un trasferimento di 11.900.000 euro annui operato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mediante entrate proprie costituite dalle tariffe dei servizi resi alle imprese e mediante lo storno da parte di RFI di una quota pari all'1 per cento dei canoni di accesso alla rete ferroviaria.
L'Agenzia, oltre ai compiti istituzionali previsti dal ricordato decreto, è tenuta a dare attuazione a direttive annuali del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e relaziona entro il 30 settembre, al Ministro e all'Agenzia europea della sicurezza ferroviaria, sulle attività svolte.
Il Ministro a sua volta trasmette annualmente al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri un rapporto informativo sull'attività dell'Agenzia. In questi primi tre anni di attività l'Agenzia ha adottato disposizioni che hanno notevolmente elevato i livelli di sicurezza del trasporto ferroviario, soprattutto per quanto riguarda le merci pericolose, peraltro suscitando in qualche caso lamentele di eccessiva severità da parte di alcuni operatori o da parte di RFI.
A questo proposito occorre segnalare che RFI ha fatto presente che alcune ultime disposizioni comporteranno un aggravio di costi molto elevato. In particolare, ci riferiamo alla disposizione n. 16 del 2010, a seguito della quale le stime di RFI hanno portato a quantificare che gli effetti potenziali possano arrivare alla cancellazione di 900 treni al giorno, alla riduzione fino a 40 milioni di euro a pedaggio e a un incremento dei costi per oltre 200 milioni.
Attiro l'attenzione della Commissione su questo punto, la sicurezza, che è assolutamente rilevante. Ogni incremento dei livelli di sicurezza richiede aumenti di costi con andamento asintotico. Ritengo pertanto che debba essere il Parlamento a stabilire gli equilibri tecnico-finanziari di una materia così delicata.
In ogni caso, le statistiche ci dicono che l'Italia, e in particolare RFI, presenta dati di incidentalità generalmente più bassi rispetto alla media europea. Nel 2008, infatti, si registra un numero di collisioni, su milioni di treni per chilometro, che è quattro volte inferiore alla media europea, un numero di deragliamenti tre volte inferiore e un numero di incidenti ai passaggi a livello quattro volte inferiore. Siamo, quindi, in una situazione quasi di eccellenza.
L'unico dato che ci vede in posizione leggermente superiore alla media europea è quello relativo agli incidenti alle persone, compresi i suicidi e gli incidenti al personale di manutenzione, che è pari a 0,20 contro 0,17 della media europea.
PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Castelli per l'ampia relazione. Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
VINCENZO GAROFALO. Ringrazio il Viceministro per averci fornito una relazione molto completa e ben articolata. Abbiamo un quadro complessivo che ci conforta rispetto alle informazioni che noi in parte avevamo. Approfitto della sua presenza per fare qualche domanda e, qualora non vi sia tempo per la risposta, le sarei grato se potesse fornirmela successivamente.
In questi giorni abbiamo appreso che c'è un orientamento dell'Unione Europea per modificare gli investimenti nei corridoi TEN-T, e mi riferisco soprattutto al corridoio 1 dell'asse Berlino-Palermo, dove pare si voglia intervenire sull'ultimo tratto, da Napoli verso Palermo, facendolo deviare verso Bari, e fare il collegamento con La Valletta e lo sbarco verso il Mediterraneo attraverso modalità differenti da quelle ferroviarie.
Le chiedo se, oltre alla lettera recentemente inviata dal Ministero per far presente
che gli investimenti del nostro Governo sono stati portati avanti per il corridoio 1, possa dirci quali organismi abbiano partecipato all'istruttoria, che poi ha portato a questo primo orientamento, che mi auguro il Governo non voglia assolutamente accogliere e che sembra aver tempo di riportare verso l'originario corridoio 1, facendo della Sicilia una piattaforma nel Mediterraneo, come era interesse non solo italiano ma europeo.
Abbiamo visto che l'Amministratore delegato della holding Ferrovie dello Stato ha presentato anche qui in audizione un piano di investimenti per il 2011-2015. Anche facendo riferimento a quanto indicato nella relazione, vorrei chiederle se il Governo abbia già dato parere favorevole a quel piano. È giusto che la società per azioni faccia utili, e siamo lieti che le ferrovie siano attente ai risultati e spero anche ai costi, sperando che i risultati positivi non debbano derivare soltanto dal taglio delle linee e dalla riduzione dei servizi ma da ulteriori economie come oggi è chiesto a tutti, ma nella relazione si legge «offrire un servizio agli utenti sempre più efficace e competitivo», per cui le chiedo se questo servizio, a suo parere, sia reso in tutta Italia o alcune parti si possano ritenere non soddisfatte, perché quello che si registra è il taglio di alcune linee, che colpisce un'area molto vasta
del centro-sud.
Se infatti l'offerta non è adeguata, la domanda segue negativamente l'offerta e quindi si scelgono altre modalità. Per quanto riguarda i treni notturni, dove esiste un problema di sicurezza che però si rileva anche nelle altre modalità, perché nel sistema dell'autotrasporto ci sono purtroppo le rapine, nel sistema aereo c'è il rischio di attentati, le Ferrovie non hanno mai adottato dei sistemi anche meccanici di controllo tali da ridimensionare e forse annullare questo rischio.
Il calo dei treni notturni deriva soprattutto da una scelta, ossia quella di non voler fare volutamente concorrenza ai low cost, che comunque esistono anche in altre tratte dove invece i treni sono fortemente concorrenziali.
In merito alla sicurezza, ieri su Il Sole 24 ore l'ingegner Chiovelli ha rilasciato dichiarazioni collegate soprattutto all'informativa che si dovrà fare al Senato su quanto è avvenuto alla stazione Tiburtina, e ha citato i 3.500 chilometri di rotaie gestite dalle Regioni. Pare che i sistemi di sicurezza non permettano ai treni di dialogare con la rete, e su 3.500 chilometri francamente questo suscita preoccupazione in chi ha letto quell'articolo. Vorrei chiederle quindi in che modo si ritenga di affrontare questo aspetto.
Per quanto riguarda le merci è vero che c'è un calo, sebbene l'Amministratore delegato ci abbia illustrato i tentativi di Ferrovie di spostare dalla modalità terrestre a quella ferroviaria il maggior traffico di merci. Visto che Trenitalia, attraverso la divisione FS Cargo, non è in grado di essere competitiva, mi chiedo perché non pensare all'ipotesi di far lavorare ancora di più le altre imprese ferroviarie che si propongono e che potrebbero generare ulteriori entrate attraverso l'utilizzo della rete, pagandone il canone di accesso.
MARIO LOVELLI. Ringrazio anch'io il Viceministro Castelli per la relazione che ci ha fornito, che certamente è ampia e molto dettagliata, anche se mi sarei aspettato qualche passaggio in più sotto il profilo propositivo, ma lo voglio prendere come una segnalazione che il Ministero fa alla Commissione, affinché alla fine dell'indagine conoscitiva sia in grado autonomamente di fare delle proposte.
Poiché credo che di qui all'elaborazione del documento finale dovremo ancora interagire fra Commissione e Governo, ritengo utile porre qualche interrogativo ulteriore. Mi associo alle richieste dell'onorevole Garofalo e credo che sulla parte infrastrutturale dovremo fare un'altra discussione, perché il ridisegno delle reti TEN-T europee, i riflessi sul corridoio 1 meritano un approfondimento, così come le vicende della stazione Tiburtina.
Lei si è soffermato sul tema dei contratti di servizio di RFI e di Trenitalia sia passeggeri che merci, e sulla parte infrastrutture di RFI. Su questo aspetto vorrei
segnalare una questione emersa dall' audizione dei dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze, che ci ha fornito dei dati che nello sviluppo tra 2010 e 2013 vanno da 975 milioni di euro all'anno per arrivare a 1.211.000.000 nel 2013, che riguardano il contratto di servizio RFI per l'utilizzo della rete ferroviaria.
Si tratta quindi di una cifra ulteriore che lo Stato eroga a RFI per l'utilizzo della rete ferroviaria, quindi per il normale intervento sulla rete, che si affianca al contratto di programma che riguarda la parte manutenzione straordinaria e investimenti. È un aspetto contrattuale che noi non conosciamo perché non passa all'attenzione delle Commissioni, ma sarebbe utile un approfondimento perché stiamo parlando di una cifra importante, dato che nella tabella del Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto ad esempio all'anno 2011, abbiamo un totale di risorse di parti correnti pari a 3.539.000.000 di euro, che vanno dallo Stato al Gruppo FS nelle sue varie articolazioni, quindi per pagare contratti di servizio e di programma.
Non ho i dati dell'ultima relazione di finanza pubblica, ma il totale delle risorse che vanno dallo Stato alle Ferrovie ammonta a circa 5,5-6 miliardi di euro all'anno, compresa la quota investimenti, una cifra di grande rilevanza sborsata dallo Stato.
Quando leggo i risultati economici del Gruppo Ferrovie dello Stato, che per fortuna sono in miglioramento, constato come i ricavi operativi delle Ferrovie dello Stato siano attualmente di 8 miliardi di euro. Bisogna capire bene come abbiano funzionato, rispetto al dato dei ricavi, il meccanismo contributivo statale e l'innovazione gestionale del Gruppo nelle sue varie articolazioni. Dai dati che lei ci ha fornito sui cosiddetti «servizi universali a media e lunga percorrenza» emerge un quadro per cui alcuni servizi devono essere necessariamente eliminati perché privi di redditività, sebbene costino allo Stato circa 250 milioni di euro all'anno.
Questa è una questione centrale per la nostra indagine conoscitiva, perché abbiamo bisogno di capire se si stia facendo un'operazione di risanamento del bilancio di Ferrovie dello Stato basata essenzialmente sul taglio dei costi, quindi tagliando servizi e personale, come avvenuto in questi anni, o se ci sia dell'innovazione.
Dato che anche lei arriva a concludere nella relazione che rebus sic stantibus...
ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Sul trasporto pubblico locale, però..
MARIO LOVELLI. Sì, ma indirettamente è la stessa analisi. Quando diciamo che o le Regioni fanno una grande iniezione di denaro pubblico o il servizio non è destinato a migliorare, e conoscendo la situazione delle Regioni sappiamo che la risposta è negativa, lo stesso discorso vale sul versante nazionale, ovvero Stato e servizio a media e lunga percorrenza.
Questa è la questione che dobbiamo risolvere, perché con queste cifre l'Amministratore delegato di Trenitalia ha annunciato il taglio di 157 treni nelle linee individuate come utilità sociale come la Torino-Genova-Roma. Qui la scelta presuppone che la gente debba utilizzare l'alta velocità e che coloro che hanno la sfortuna di abitare lungo quella tratta senza avere un aggancio diretto con la rete alta velocità si debbano arrangiare. Questa è una considerazione che noi dovremmo approfondire e su cui spero lei possa fornirci altri elementi di informazione.
L'altra osservazione riguarda il tema merci, in merito al quale lei ha parlato dei contratti 2004-2006 e dei contratti dal 2010 in poi, ma c'è un passaggio tra il 2007 e il 2009 che non mi è chiaro, e soprattutto vorrei capire se anche per le merci abbiamo preso atto che Trenitalia Cargo ha semplicemente abbassato la sua incidenza sul servizio e se ci proponiamo di porvi rimedio o se abbiamo attuato delle strategie.
A un certo punto si è introdotto il concetto di alta velocità e alta capacità, per cui le reti ad alta velocità devono supportare anche il transito merci. Questo è il tipo di progettazione che è stato fatto e che si sta facendo, ad esempio, sul terzo
valico dei Giovi. Se è vero, come ho letto, che sulla Torino-Milano-Roma-Genova finora non è ancora passato un treno merci (questo è quanto si dice), mi chiedo se il tipo di progettazione della linea abbia impedito il passaggio dei treni merci o se non si sia sviluppata una politica tendente a portare le merci sulle nuove reti e nello stesso tempo utilizzare meglio le reti storiche. Mi viene il dubbio che non sia stato fatto né l'uno né l'altro.
Questo è un elemento di riflessione centrale accanto a quello sull'utilizzo degli scali di Ferrovie dello Stato, che sono stati ridimensionati. Se i privati devono avere accesso alle reti, bisogna anche risolvere il problema dell'accesso agli scali, che Ferrovie dello Stato autonomamente non utilizzano più. Non ho sentito un indirizzo preciso e vorrei che questo ragionamento fosse meglio affrontato.
Lei ha descritto come sono andate le cose con NTV, questione sulla quale a suo tempo avevo già fatto un'interrogazione, ma non capisco a quale conclusione porti ribadire la storia, perché NTV ha avuto in trentanove giorni quello che gli altri hanno in centinaia di giorni. Non ho capito quindi se il problema sia che NTV è stata favorita indebitamente o che gli altri non hanno le risposte in tempo utile, perché non capisco perché altri debbano attendere un anno o più.
Questo è il problema che dobbiamo porci perché, se c'è stato un abuso, il Governo attuale deve dirlo esplicitamente, perché la fotografia della realtà non mi dice niente: lei ha ribadito una storia che conosciamo, ma bisogna capire se vogliate trarne delle conclusioni.
Vorrei sapere se con l'istituzione del sovracanone sulla rete alta velocità - in quell'articolo poi è stato fatto un richiamo alle direttive europee per i servizi universali - il Governo intenda mettere a gara i servizi universali che vengono finanziati come il sovracanone o veda una situazione statica, determinata sia dai contratti regionali sia dai contratti a media e lunga percorrenza.
Rimanendo sul comparto dell'alta velocità, oggi si legge che ieri NTV ha sottoscritto il contratto di lavoro con i dipendenti del comparto, un contratto con molte novità rispetto al contratto tradizionale del gruppo Ferrovie dello Stato. Vorrei conoscere la valutazione del Governo in proposito, cioè se questo sia un contratto «in deroga», che vale per una nuova società che si costituisce (modello FIAT), o sia un contratto che secondo il Governo deve progressivamente arrivare a valere per tutto il comparto ferroviario nazionale.
Penso che sia al corrente della voce che paghiamo sulla bolletta ENEL per «agevolazioni ferroviarie per le Ferrovie» di 355 milioni di euro all'anno. Vorrei avere una spiegazione rispetto all'utilizzo di questi 355 milioni annui.
ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Mi consenta, presidente, non ho capito bene la prima domanda. Lei forse vorrebbe una disaggregazione rispetto alle macro cifre che sono state fornite...
MARIO LOVELLI. Non tanto una disaggregazione, quanto un completamento, nel senso che io ho citato le cifre di spesa corrente per arrivare ad avere un quadro complessivo annuo dei trasferimenti dallo Stato al Gruppo Ferrovie dello Stato.
ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Quindi vari trasferimenti disaggregati voce per voce.
MARIO LOVELLI. Sì, per avere un quadro più chiaro. Parliamo di bilanci delle Ferrovie che ci vengono presentati in utile, che stanno migliorando, per cui cerchiamo di capire se il miglioramento sia dato dal fatto che lo Stato incrementa i suoi stanziamenti o se vi siano innovazioni gestionali sostanziali che l'hanno consentito.
GIACOMO TERRANOVA. Faccio mio l'intervento del collega Garofalo, quindi mi limiterò soltanto ad alcune integrazioni
visto che la provenienza dalla stessa regione rende comuni alcuni punti di riflessione e di richiesta.
Guardando a questo aspetto collegato alla eventuale ridefinizione del corridoio Berlino-Palermo che diventerebbe qualcosa di diverso ho già chiesto in audizione al Ministro Matteoli quali fossero gli eventuali riflessi riguardanti la costruzione del ponte sullo stretto, perché fino ad oggi questa ha rappresentato un elemento di collegamento ma anche di prolungamento al sud di una serie di forme di ammodernamento della rete ferroviaria, che verrebbero di fatto abbandonate.
Questo non ha riflessi secondari dal momento che Ferrovie dello Stato si può definire tale soltanto in parte, nel senso che oggi non viene fornito un livello uguale di servizi sul territorio, un livello di collegamenti omogeneo, ma esiste un'Italia di serie A e un'Italia di serie B che è quella meridionale, la quale rappresenta non soltanto la scarsità, ma anche la pessima qualità dei collegamenti e dei mezzi utilizzati. È inutile richiamare l'attenzione sul fatto che le carrozze post-rottamazione vengono ricollocate sulla rete ferroviaria siciliana o qualcosa di già destinato alla distruzione perché privo delle caratteristiche di civiltà.
L'Amministratore delegato Moretti in un'audizione presso questa Commissione ha dato un quadro assolutamente clinico del rapporto con una parte di territorio, nel senso che i conti governano le scelte aziendali. Questo lo si può definire vero qualora si tratti di un'azienda privata al cento per cento, non quando quell'azienda, per quanto in una forma privatistica, rappresenta ancora ad oggi lo Stato.
A fronte delle domande riguardanti il taglio dei collegamenti, la mia valutazione non è negativa aprioristicamente, nel senso che comprendo che debbano essere incrementate quelle tratte che per alcuni versi giustifichino un incremento di servizio, mantenendo il minimo indispensabile per la tutela dei collegamenti, e che debbano essere compiute delle scelte.
Mi chiedo però perché non emerga una diversa visione o quanto meno perché il Governo non renda chiaro nei confronti delle Ferrovie dello Stato, come articolazione del rapporto di gestione della rete ferroviaria, un disegno alternativo. Se è vero che questa parte del territorio nazionale non può essere efficacemente collegata perché costosa, se è vero che serve una popolazione significativa per realizzare l'alta velocità, e sebbene la Regione siciliana abbia quasi 6 milioni di abitanti, ossia circa il 10 per cento della popolazione, non potrà comunque avere l'alta velocità, irrealizzabile e costosissima perché tra la Sicilia e il centro Italia ci sono una serie di regioni scarsamente popolate, si dovrebbe comunque identificare un disegno minore, che comunque consenta a una parte di territorio di avere una rete ferroviaria efficiente magari di livello regionale con treni veloci, perché 6
milioni di persone non sono un nulla rispetto ai restanti 57 milioni.
Questa è la scelta che poi fisiologicamente diventa politica, e collego questa parte del discorso all'eventuale, teorico disimpegno che la diversa valutazione della questione dei corridoi e del ponte potrebbe creare di necessità. Se questo dovesse essere vero, mi chiedo perché non ci si dichiari disponibili ad un rapporto diverso con la Regione siciliana, volto ad ammodernare la rete infrastrutturale, in modo che, anziché impiegare da Palermo a Ragusa quattro ore con la macchina o nove con il treno, si possa avere un collegamento a livello regionale su cui lo Stato dia il suo placet e che diventi una scelta strategica rispetto a un disegno che può apparire assolutamente di fantasia. Grazie.
SETTIMO NIZZI. Sempre al sud. Inizio dalla sicurezza. Abbiamo avuto modo di ascoltare più volte di un impegno a livello sperimentale, un appalto per circa 20 milioni di euro sulla linea Bari-Napoli o comunque in Puglia, che prevedeva la possibilità di un monitoraggio continuo sulle linee ferroviarie. Questo tipo di monitoraggio rileva centinaia di elementi sensibili (la linea, l'innalzamento del piano rotabile, la stabilità del terreno) sempre a treno in movimento.
Vorrei sapere a che punto sia giunto questo lavoro, se sia stato ultimato e se si possa allargare questo tipo di progettazione strategica sperimentale anche al resto della linea nazionale. È vero che abbiamo un numero di incidenti sulla rete quattro volte inferiore rispetto alle medie europee, ma, se riusciamo a mantenere questi standard, sicuramente andrà meglio.
Volevo però intervenire come i colleghi dell'altra isola del Mediterraneo, sulla questione della Sardegna. Siamo la decima Regione in Italia per quantità di popolazione e non siamo tra le ultime anche dal punto di vista del contributo che diamo al PIL della nazione, per cui non è pensabile che su circa 3 miliardi di investimenti inseriti nel Documento economico finanziario per l'infrastrutturazione delle Ferrovie dello Stato, in Sardegna nel triennio siano stati previsti 28 milioni di euro.
Abbiamo tolto le linee di trasporto via mare delle Ferrovie dello Stato, e poteva anche andare bene se costa troppo, ma ci viene tolta la possibilità di trasportare le merci con i carri ferroviari. Oggi abbiamo la gravissima situazione della Tirrenia: noi non possiamo pagare più degli altri cittadini italiani per spostarci, se lo Stato ha dato 72 milioni di euro all'anno per otto anni.
Anche qui il Governo deve intervenire prima della stipula del contratto definitivo, perché deve essere chiaro che il biglietto per i residenti deve assolutamente costare meno, anche se abbiamo detto che deve costare meno per tutti con la risoluzione votata in Commissione e con le varie mozioni votate in Aula. Bisogna che qualcuno si assuma la responsabilità di portare avanti questa iniziativa.
Per quanto riguarda il trasferimento del costo dei trasporti sulle regioni, se l'inflazione influisce sull'aumento del costo del biglietto, d'altra parte le regioni hanno il problema del Patto di stabilità, per cui dobbiamo trovare il modo di dare una mano alle regioni oppure prevedere un mezzo che possa permetterci di dare risposte ai cittadini.
Per quanto riguarda NTV, forse sarebbe stato meglio cancellare questo tipo di promozione per aziende che vengono solo a prendersi i denari senza investire, usurando le nostre infrastrutture. Ci vorrebbe una stretta per quanto riguarda questo tipo di strategia.
Vorrei dire tante altre cose, ma mi fermo qui. Grazie, presidente.
MARCO DESIDERATI. Ringrazio a nome del gruppo della Lega il Viceministro per la relazione che ci ha presentato.
In una delle audizioni che abbiamo fatto in passato c'è stato detto che il corrispettivo di utilizzo delle tracce che RFI addebita agli utilizzatori conterrebbe solo i costi della manutenzione ordinaria e non anche i costi di ammortamento dell'investimento. Non so se ciò corrisponda al vero, vorrei saperlo da lei e capire se eventualmente si possa fare qualcosa.
RFI ha nel proprio patrimonio tracce che sono state pagate dagli italiani, per cui credo che sia anche giusto che chi utilizza quelle tracce restituisca un po' di denari, che consentirebbero a RFI di fare ulteriori nuovi investimenti.
L'altra questione si ricollega al tema di NTV. L'Italia è uno strano posto, dove riusciamo a definire imprenditore un signore che ad esempio compra azioni di un'autostrada da un ente pubblico a 3 euro e le vende a un altro ente pubblico a 9 euro. Qui abbiamo altri imprenditori, collega Lovelli, e, se noi raccontiamo agli italiani che su 62 licenze 61 sono state rilasciate mediamente in centinaia di giorni e una in 22, credo che gli italiani si facciamo immediatamente un'idea.
Vorrei sapere se a questi signori, a questi imprenditori con la «i» minuscola, che sfruttano le linee, le tracce pagate dagli italiani, comprano un trenino e lo mettono sopra, fanno gli utili e se li portano via, nel processo di liberalizzazione che non è necessariamente positivo riusciamo ad addebitare anche i costi delle tratte che agli italiani costano.
Ogni volta che Moretti fa il suo lavoro e lo fa anche bene, viene in Commissione, noi gli chiediamo uno sforzo non per l'alta velocità perché quella viene fatta bene, ma per le tratte quotidianamente usate da 2
milioni di pendolari, lui ci ripete come un mantra - alla fine ci convincerà di questo - che, se lo Stato e le Regioni non mettono i soldi sui contratti di servizio, i servizi non ci sono. Possiamo pretendere che i privati che vengono a prendersi gli utili sulle nostre linee partecipino anche alle perdite, generate da quelli che sono servizi per gli italiani?
Non so se sia possibile in un processo di liberalizzazione prevedere una sorta di compensazione, però pensiamoci, non per punire qualcuno, ma per beneficiare qualcun altro, altrimenti tra qualche anno qualche imprenditore furbetto si sarà portato via gli utili e sulle spalle dello Stato e quindi degli italiani ci sarà il 95 per cento delle altre linee, ovvero quelle che gli italiani utilizzano tutti i giorni, perché l'alta velocità è importantissima anche per lo sviluppo della nazione però viene utilizzata da una piccola percentuale di persone.
So che lei, Viceministro, ha già questa questione alla sua attenzione, ma le chiedo di riflettere sull'ipotesi di fare delle liberalizzazioni in qualche modo guidate e compensative, con cui concedere la parte che rende purché ci si faccia carico anche di qualche linea che non rende, perché così l'operazione sta in piedi altrimenti è valida solo per gli imprenditori con la «i» minuscola che comprano le autostrade mentre gli italiani dovranno sempre pagare il conto.
PRESIDENTE. È ovvio che il Viceministro potrà rispondere ad alcune delle domande mentre le altre risposte ce le potrà dare anche in forma scritta. Vorrei chiedere anch'io alcune cose, prima fra tutte l'elenco delle tratte oggetto del contratto di servizio, perché penso che questo sia un dato importante. So che attualmente è al vaglio della Corte dei conti, ma se possiamo avere questa informazione servirà anche per la nostra indagine conoscitiva.
L'altro tema stranamente non ancora sollevato dai colleghi è il tema dell'Autorità. Nelle ultime quattro settimane, abbiamo avuto dal Governo su tre provvedimenti diversi, di fatto, la nascita di un'Agenzia distaccata dall'ANAS - è prevista da un punto di vista ordinamentale, poi la vedremo nei prossimi mesi come sarà realizzata - e di due uffici di cui uno molto contestati da due autorevoli soggetti del settore, ovvero ENAC e Assaeroporti, anche per il fatto che manca una reale autonomia di questi uffici, sia quello dell'aria che quello del ferro.
Abbiamo perimetrato questi due uffici e l'Agenzia all'interno delle norme già esistenti. Vorrei chiederle se non sia utile a questo punto, per necessità anche dovute al recepimento di direttive comunitarie e per necessità di maggiore trasparenza e chiarezza nel rapporto di questi importanti e strategici settori della nostra economia, prevedere la nascita di un'Autorità autonoma dei trasporti, come alcuni hanno più volte auspicato in Commissione o inserire questa parte dei trasporti nell'ambito dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che diventerebbe un'Autorità delle reti, ovviamente azzerando l'attuale collegio di commissari e inserendo anche professionalità che derivino dal mondo del trasporto, per avere una maggiore autonomia e maggiore libertà d'azione rispetto a uffici o agenzie strettamente collegate a valutazioni che possono anche derivare dall'intento di non appesantire la dinamica delle
tariffe sul trasporto pubblico locale.
Le chiedo due informazioni su NTV. In seguito ai vari slittamenti, ho perso di vista l'ultima data di entrata in esercizio di NTV, quindi vorrei chiedere al Governo di indicarci l'ultima data che dovrebbe consentire questa concorrenza, che considero sempre positiva, indipendentemente dai fatti storici. Penso che sia positivo per chi usa l'alta velocità avere due alternative di utilizzo.
Nel contratto NTV era prevista per il termine stabilito di fine 2009, che però in seguito ai vari slittamenti ritengo sia stato prorogato, la possibilità da parte dello Stato di rinegoziare con NTV tutta una serie di condizioni. Volevo chiedere se questa cosa sia stata trattata o sia stata chiusa senza ulteriori riaperture.
Moretti aveva annunciato un'ipotetica quotazione in borsa - con quello che è
successo nelle ultime quattro settimane sembra quasi una banalità - della linea alta velocità, uno spin-off della parte Alta Velocità. Vorrei conoscere l'opinione del Governo rispetto a questo, che sicuramente può generare risorse utili, da destinare a tante finalità evidenziate dalle tante osservazioni giustamente avanzate dai colleghi.
Do ora la parola al Viceministro Castelli per la replica.
ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie, presidente. Le domande sono state molte, approfondite e articolate. Molte richiedono una produzione di dati precisi e quindi non sono assolutamente in grado di darli, alcuni richiedono un impegno da parte del Governo: rappresento il Governo, ma non sono in grado in questo momento di rappresentare la posizione ufficiale del Governo.
Se mi viene consentito, parteciperei volentieri a un'altra seduta per poter esprimere in maniera compiuta e fondata tutte le risposte, con un'eccezione perché mi sembra un dato estremamente importante che vorrei rassegnare all'attenzione della Commissione, atteso che è stato sollevato questo problema.
Avrete notato che non abbiamo detto nulla sulle infrastrutture non per cattiva volontà o per pigrizia ma perché pensavamo di non essere in tema. È stato però sollevato un tema fondamentale, che rischia di mettere l'Italia in una posizione di difficoltà più politica che sostanziale, che è quello della definizione delle reti TEN che in questo momento sta avvenendo in Europa, tema che mi sta enormemente a cuore perché le interlocuzioni con la Commissione sono state condotte direttamente da me come capo delegazione.
Mi trovo anche un po' a disagio perché, appartenendo a un determinato partito, non vorrei che emergesse il retropensiero che in qualche modo abbia voluto sacrificare alcune zone rispetto ad altre, perché chi è stato con me in Commissione sa con quanto calore e quanta determinazione ci siamo battuti.
È vero che il pericolo che il corridoio 1 venga fermato a Napoli esiste, ed è altrettanto vero che il Governo è assolutamente determinato a opporsi con tutti i mezzi possibili e immaginabili a questa definizione della Commissione. Si è arrivati a questo perché, se la burocrazia romana vale uno, lì ci sono ventisette Stati quindi l'Italia vale un ventisettesimo: ragionano secondo criteri assolutamente ciechi, che non tengono conto della realtà.
La Commissione ha posto dei paletti oggettivi, che portano però a un risultato secondo me diabolico, poiché sostanzialmente si privilegiano zone già sviluppate e si lasciano indietro quelle che non sono sviluppate. Cito un esempio per tutti: il cosiddetto core network, che significa la rete di serie A presa in considerazione dall'Unione europea e quindi verrà finanziata, distinto dal comprehensive network che ogni Stato si costruisce per le proprie necessità e che comunque non verrà finanziato.
Faccio l'esempio dei porti. Hanno posto come condizione che un porto per essere un core port movimenti almeno l'1 per cento delle merci globali movimentate in Unione europea. Questo evidentemente va a privilegiare i porti già grandi, eliminando quelli piccoli.
Il core network collega i core, per esempio i core port, per cui, se l'Italia non ha core port, non ha neanche il core network. Da questa logica assurda viene fuori che, siccome Palermo non è core port perché non ha l'1 per cento della movimentazione merci rispetto al globale dell'Unione europea, non ci sarà neanche il core network.
Noi abbiamo fatto osservare che non è possibile lasciar fuori le due più grandi isole del Mediterraneo, e su questo ci siamo battuti molto pesantemente, perché il paradosso è che rientrano invece Cipro e Malta, che sono due isolette, ma sono Stati e quindi evidentemente rispondono al criterio di core, mentre i nostri non sono Stati e quindi noi ci siamo letteralmente battuti contro questa posizione, contro questo muro che non è stato possibile abbattere, perché ci hanno detto che,
se avessero fatto eccezione per l'Italia, avrebbero dovuto considerare una serie di eccezioni per tutti gli altri Paesi e quindi sarebbe crollato l'intero sistema, atteso che le risorse sono estremamente scarse.
Sarà un caso però, visto che adesso è iniziato il semestre europeo di presidenza polacca, la Polonia è stata trattata molto bene. Per carità, sarà assolutamente un caso, però questo va osservato. Ho tenuto a dirlo oggi visto che era stato sollevato il problema perché adesso la proposta della Commissione andrà in Parlamento. Pregherei quindi tutte le forze politiche presenti nel Parlamento europeo, visto che lo abbiamo già fatto sulla manovra, di non dividersi su questa questione, cercando di portarla avanti tutti insieme, perché è del tutto evidente che noi vogliamo sostenere questo corridoio per un motivo facilmente immaginabile: sulla Salerno-Reggio Calabria che è parte fondamentale di questo corridoio abbiamo già speso 7 miliardi di euro e finiremo per arrivare a 10.
Vogliamo fare il ponte e, se dovessimo perdere la battaglia, perderemo probabilmente qualche contributo europeo che però, atteso il livello dei contributi diviso per tutta la rete, alla fine non diventa una cifra decisiva che ci induce a cambiare programma, quindi i programmi del Governo andranno avanti ugualmente, anche se eventuali fondi sono benvenuti.
Attualmente, l'orientamento della Commissione è quello di ristabilire il corridoio 1, deviarlo verso Bari (questo è un bene perché ci consente di avere un finanziamento sull'alta velocità Napoli-Bari) per poi collegarlo con Malta.
Naturalmente noi stiamo combattendo e abbiamo combattuto portando questi dati sostanziali, che sono miliardi già investiti. Sul corridoio 1 abbiamo investito decine e decine di miliardi, con cifre che in questo momento non so quantificare esattamente, ma sono veramente molte decine di miliardi. Nei corridoi 1 e 24 l'Italia è all'avanguardia in Europa, e vogliamo andare avanti sia che la Commissione europea intervenga, sia che non intervenga.
Su questi principi così rigidi molte delle nostre infrastrutture in questo momento sono penalizzate, perché la Commissione ha agito in maniera veramente burocratica e non ha voluto recepire determinate istanze, però il Governo è determinato ad andare avanti. Posso anche sbilanciarmi su questo punto, al contrario di quanto avevo detto prima sulla mia impossibilità di esprimere la posizione del Governo, ma sicuramente che attraverso un corridoio di grande importanza vogliamo arrivare a Palermo è un dato di fatto, quindi al massimo perderemo qualche contributo dell'Unione europea.
Su questo tema stanno soffrendo molti nostri porti anche molto importanti, che si stanno sviluppando, che, per queste cieche applicazioni dei criteri, di fatto non vengono compresi. Ci tenevo a dirlo perché credo che un'azione unitaria di tutti i nostri parlamentari nel Parlamento europeo per la decisione definitiva sia estremamente importante. Visto che ultimamente su alcune questioni che riguardano il Paese opposizione e maggioranza si sono trovate unite per le superiori esigenze del Paese, credo questo sia un altro punto sul quale poter trovare elementi di convergenza.
PRESIDENTE. Ringraziando a nome di tutta la Commissione il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, per la sua relazione, per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato alla seduta odierna (vedi allegato), e per la disponibilità a tornare in Commissione, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15,50.