Sulla pubblicità dei lavori:
Moffa Silvano, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SU TALUNI FENOMENI DEL MERCATO DEL LAVORO (LAVORO NERO, CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA STRANIERA)
Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi:
Moffa Silvano, Presidente ... 3 9 14 16 20
Bellanova Teresa (PD) ... 13
Bobba Luigi (PD) ... 9
Cazzola Giuliano (PdL) ... 9
Damiano Cesare (PD) ... 10 11 19
Delfino Teresio (UdC) ... 14
Fontana Vincenzo Antonio (PdL) ... 15
Foti Antonino (PdL) ... 15
Pelino Paola (PdL) ... 9
Sacconi Maurizio, Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 3 11 16 19
ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.
[Avanti] |
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,55.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi.
Ringrazio il Ministro Sacconi per la sua presenza e per la documentazione fornita, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Avverto che l'odierna audizione è l'ultima tra quelle previste nell'ambito di questa indagine conoscitiva.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ritengo davvero molto lodevole e utile questa indagine da parte della XI Commissione. Avvalendomi delle audizioni già svolte, eviterei di leggere un intervento che consegno alla Commissione, individuando all'interno di esso soltanto alcune considerazioni più squisitamente politiche, nel senso di policies, cioè di azioni che noi riteniamo possano e debbano essere condotte per cercare di aggredire in modo particolare, all'interno del più vasto fenomeno del lavoro irregolare, le forme più odiose di esso, che costituiscono molto spesso pericolo immanente per l'incolumità delle persone.
L'ISTAT stesso, nell'audizione che ha svolto presso questa Commissione, ha reso noti alcuni dati che riguardano il complessivo fenomeno del lavoro irregolare, che ha le caratteristiche che conoscete e la complessità che è stata descritta, e che sommariamente richiamerò.
All'interno di questa più ampia dimensione del lavoro irregolare, il Governo ritiene importante cercare di individuare - la statistica in questo caso ci aiuta poco - in termini non statistici ma effettivi, la componente più significativa. Come dicevo prima, potremmo collocarla nell'ambito di quelle che la stessa Organizzazione internazionale del lavoro chiama, a proposito del lavoro dei minori, the worst form, cioè le forme peggiori, più odiose. Sono le forme che normalmente si rinvengono laddove ci sia lavoro totalmente irregolare, laddove cioè l'irregolarità sia compiuta, e quindi si tratti di lavoro non dichiarato, e in aggiunta laddove il settore merceologico dia al lavoro non dichiarato - come avviene tipicamente in agricoltura e in edilizia - caratteristiche di particolare pericolo
legato all'assenza di tutele, data la particolare esposizione al rischio che in quegli ambiti lavorativi si produce.
La mia relazione segnala, in modo particolare, il settore dell'agricoltura, che vede specificamente il Mezzogiorno caratterizzato da una diffusa presenza di lavori non dichiarati. Tuttavia, nella più ampia gamma di lavoro irregolare, sono significativi anche i dati riferiti all'area settentrionale del Paese, in particolare al nord-ovest, oltre che al centro e al Mezzogiorno.
Certamente, nell'area centro-meridionale, il lavoro totalmente non dichiarato appare coniugarsi con un altro fenomeno odioso, quello del caporalato e dell'intermediazione abusiva che, molto frequentemente, come sappiamo, si collega anche alla criminalità organizzata. Quindi, i fattori di pericolo e di rischio per le persone, in questo caso, sono moltiplicati ed esaltati dalla particolare condizione di debolezza degli stessi lavoratori e dal contesto nel quale i lavori si svolgono. Mi riferisco non solo al contesto agricolo, ma più in generale a quello socio-economico e istituzionale.
Nell'ambito dell'agricoltura, la mia relazione segnala anche un fenomeno paradossalmente opposto, ma che rappresenta una faccia della stessa medaglia: l'abuso delle tutele. In agricoltura, nel Mezzogiorno in modo specifico, riscontriamo spesso - consentitemi la battuta - lavoratori neri in nero e lavoratori bianchi in bianco, nel senso che è frequente l'abuso delle tutele e degli ammortizzatori, e anche di alcune forme di integrazione del reddito, da parte di falsi lavoratori che magari dipendono da cooperative senza terra e che, comunque, abusano senza averne titolo delle forme di protezione. Constatiamo, quindi, un paradossale doppio aspetto di illegalità.
La relazione segnala con forte preoccupazione anche il settore dell'edilizia, nel quale si coniugano analogamente le situazioni di pericolo per la persona, soprattutto in determinati contesti, e segnala altresì forme di lavoro particolarmente sregolato, che pure appartengono ad una zona grigia, ma destano attenzione prioritaria, come ad esempio nel caso del lavoro compiutamente non dichiarato. L'attenzione è dovuta al fatto che questi lavori sono realizzati da persone con partita IVA (ad esempio, i muratori con partita IVA), che quindi formalmente sono lavoratori indipendenti, ma non hanno le competenze e le conoscenze adeguate, proprio in materia di salute e sicurezza del lavoro. Questo li rende particolarmente esposti e privi di quelle tutele che, comunque, sono garantite a un lavoratore dipendente e che nel caso del lavoratore indipendente - quelli che ho citato sono sedicenti tali - attengono in larga parte alla sua responsabilità.
La relazione segnala, ancora, la particolare esposizione del terziario, soprattutto riferito alla logistica, nella quale operano molte cooperative spurie, ai servizi connessi all'economia turistica e, infine, ai servizi connessi alla cura e all'assistenza familiare.
La mia relazione, lo ribadisco, non vuole cogliere i tanti profili dell'irregolarità, dalle violazioni più formali a quelle che pure hanno un contenuto significativo, ma che ho voluto estrapolare dalla quotidianità della vigilanza, del contrasto, perché presentano caratteristiche che devono sollecitare un impegno rinnovato e straordinario.
Sono segnalate nella relazione due componenti sociali. La prima è l'immigrazione, che non sembrerebbe essere caratterizzata significativamente da una dimensione di clandestinità. Nella stessa vicenda di Rosarno, erano pochissimi i casi di lavoratori in condizione di clandestinità, ma erano moltissimi i casi di lavoratori, che, pur nella condizione di un rapporto di lavoro regolare, erano sottratti a questo diritto alla regolarità.
La seconda è una particolare esposizione del lavoro femminile, che per varie ragioni che non ripeto, e che qui sono descritte, si trova particolarmente soggetto a modalità integralmente non dichiarate. Questo può essere dovuto all'assenza di servizi di conciliazione rispetto a un lavoro a tempo pieno, ordinato secondo determinate caratteristiche orarie, alla
maggiore debolezza di questo contraente nei suoi percorsi discontinui nell'arco di vita, con un'accentuazione ovviamente, anche in questo caso, nel Mezzogiorno.
Quali strategie di prevenzione e di contrasto vengono qui indicate? In primo luogo, certamente deve essere rafforzata, soprattutto a questo riguardo, l'attività di vigilanza. Tuttavia, per essere ancora più efficace, questa deve quanto più combinarsi con forme di controllo sociale che questo Governo vuole promuovere e sollecitare, creando le condizioni affinché si producano.
Sempre a proposito dell'attività di vigilanza, leggo qualche passo riferito soprattutto ai dati. Segnalo in primo luogo che la macrodirettiva dei servizi ispettivi del 18 settembre 2008 ha una caratteristica fondamentale: oltre a sollecitare un'impostazione in chiave preventiva e promozionale delle funzioni ispettive di vigilanza, la macrodirettiva soprattutto chiede un'adeguata attività di intelligence, di selezione degli obiettivi, nei quali possono ragionevolmente individuarsi le violazioni sostanziali più gravi, ossia quelle che in qualche modo ho sommariamente richiamato e che si manifestano nella forma del lavoro non totalmente dichiarato, ancor più in certi comparti e settori. La stessa capacità degli ispettori viene apprezzata secondo una gerarchia di risultato che è tarata sulle violazioni più sostanziali. Un tempo, prima di questa direttiva, il monte delle violazioni veniva considerato in modo indistinto,
cioè la violazione più formale - potremmo dire in qualche caso anche più formalistica - partecipava dello stesso esito di un volume di risultato nel quale si confondeva con violazioni di carattere più sostanziale.
Lo scorso anno sono state ispezionate 303.691 aziende, delle quali 175.144 sono risultate irregolari, con una diminuzione complessiva di interventi del - 3,64 per cento, ben inferiore quindi alla diminuzione del 17 per cento ipotizzata a inizio d'anno, ma laddove i dati indicano un incremento sostanziale della gravità delle irregolarità riscontrate. Noi abbiamo chiesto di fare magari meno ispezioni, ma più mirate e più orientate a contrastare il sommerso totale, le violazioni più gravi, anche con un'attività ispettiva più estesa e direi più scomoda, cioè in orari non usuali (incursioni notturne, per fare un esempio).
In modo dichiarato, e non a consuntivo, abbiamo chiesto meno ispezioni ma più mirate a risultati più significativi. Ebbene, i risultati sono i seguenti. Le violazioni formali sono diminuite del 23 per cento, mentre l'incremento delle violazioni sostanziali è evidenziabile dall'elenco che segue: maxi sanzioni per lavoro nero, 40.108 violazioni nel 2009, 24.781 nel 2008 ( 61 per cento); violazioni della disciplina degli appalti e della somministrazione, 6.649 ipotesi di reato rilevate nel 2009, 1.782 nel 2008 ( 273 per cento). È evidente che le violazioni nel caso della somministrazione fanno riferimento alla mediazione abusiva, che al sud si chiama caporalato. Per quanto riguarda gli appalti, ho parlato in modo particolare dell'edilizia; conoscete la maggiore pericolosità, soprattutto in certe catene dell'appalto, ove si possono annidare lavori non dichiarati.
Violazioni in materia di orario di lavoro, 27.761 nel 2009, 10.911 nel 2008 ( 154 per cento); violazioni della disciplina dello Statuto dei lavoratori, 1.042 nel 2009, 288 nel 2008 ( 262 per cento); truffe nei confronti degli istituti, 2.493 nel 2009, 419 nel 2008 ( 495 per cento). Anche questa delle truffe nei confronti degli istituti rappresenta una delle patologie manifestatesi in particolare nel Mezzogiorno, che in parte ho prima richiamato.
Illeciti relativi a omissioni ed evasioni contributive, 489 ipotesi di reato nel 2009, 248 nel 2008; illeciti in materia di sicurezza sul lavoro, 23.218 ipotesi di reato nel 2009, 14.815 nel 2008 ( 56 per cento); violazioni amministrative in ordine alla tutela economica delle lavoratrici madri, 406 nel 2009, 242 nel 2008 ( 67 per cento); ipotesi di reato in ordine alla tutela fisica delle lavoratrici madri, 613 nel 2009, 240 nel 2008 ( 155 per cento). Come avete visto, la gran parte sono reati, anche quelli che ho citato prima senza nominarli come tali. Una tabella fornisce ulteriori articolazioni.
Tali importanti risultati sono stati conseguiti anche grazie all'adozione di un progetto denominato «Qualità dell'azione ispettiva», che per la prima volta ha consentito di misurare su parametri obiettivi la qualità delle diverse pratiche di vigilanza (quelle che vi ho detto) effettuate abbandonando la generica distinzione tra verifiche regolari e verifiche irregolari. Ciò è stato possibile attribuendo solo alla individuazione dei fenomeni rilevanti sotto il profilo socio-economico punteggi significativi: lavoro nero, sospensione dell'attività imprenditoriale, conciliazioni monocratiche e diffide accertative, somministrazioni illecite, truffe previdenziali, tutela dei minori e delle lavoratrici gestanti. Sono stati, invece, attribuiti punteggi bassissimi, quasi irrilevanti, alle violazioni amministrativo-burocratiche di carattere formale, violazioni che in precedenza rappresentavano circa il 30 per cento di quelle
complessivamente riscontrate.
Gli sforzi dell'amministrazione e degli enti sono dunque ora fortemente indirizzati verso obiettivi di vigilanza finalizzati alla verifica di problematiche, fenomeni e violazioni di carattere sostanziale. Ciò consente di concentrare l'azione ispettiva e l'intervento sanzionatorio verso quei fenomeni di maggiore gravità sul piano economico-sociale, come appunto il caporalato e lo sfruttamento di manodopera straniera, che compromettono l'effettiva tutela dei diritti dei lavoratori e distorcono la corretta competizione tra le imprese.
Alla base di questa attività deve essere - e sarà ancor più - come dicevo, il lavoro di intelligence, cioè di selezione degli obiettivi. Questa attività, che si realizza per molti aspetti incrociando i dati e integrando le attività ispettive nell'ambito del sistema lavoro (quindi Ministero del lavoro, Nucleo carabinieri del ministero stesso, ispettorati degli enti previdenziali), a sua volta deve incrociarsi con quella delle polizie statuali.
A questo proposito, è mia intenzione chiedere all'Arma dei carabinieri un ulteriore sviluppo della collaborazione in atto, che è molto apprezzata, con il nucleo specializzato per i reati in materia di lavoro, in modo che le attività prioritarie di contrasto del sommerso totale si possano avvalere ancor più compiutamente, sulla base cioè di un accordo, delle stazioni territoriali dei carabinieri, di quella unica rete di presìdi territoriali che l'Arma possiede e che le consente di percepire e di conoscere i fenomeni proprio per la forza della prossimità.
Nell'ambito del programma straordinario di vigilanza in agricoltura e in edilizia che, a seguito dei fatti di Rosarno, questo ministero ha promosso nelle regioni Puglia, Calabria e Campania, e sta attivando nella regione Sicilia - quest'ultima come sapete ha competenza autonoma in materia di attività ispettive, quindi sono in corso contatti con questa regione per mettere in atto un'analoga vigilanza straordinaria - è partita per la prima volta una forma di collaborazione con la Guardia di finanza per incrociare i dati relativi alle attività economiche e alle possibili patologie.
È in corso, inoltre, una sperimentazione. Il Ministero ha avviato nel corso del 2009 un importante progetto pilota in sette province - Milano, Genova, Pistoia, Macerata, Terni, Reggio Calabria e Roma - dove si sono incrociati i dati di bilancio delle realtà economiche con fatturato superiore a 200.000 euro, le comunicazioni preventive obbligatorie della procedura UNILAV, i precedenti ispettivi in possesso dell'INPS e quelli in possesso delle Direzioni provinciali del lavoro.
Tale attività di incrocio ha dato riscontri particolarmente interessanti in sede di verifiche ispettive, in quanto le aziende che presentavano fattori di evidente anomalia sono state sottoposte a verifiche: più del 50 per cento di quelle ispezionate evidenziavano effettivamente fenomeni di lavoro sommerso.
Se, dunque, questo incrocio di dati all'interno del nostro sistema ha dato questa selezione degli obiettivi, ne vogliamo raggiungere una ancora più adeguata. Spiegheremo bene all'informazione che quando diremo che l'80 per cento delle attività ispezionate ha consentito di riscontrare violazioni sostanziali, questo
non è un dato statistico, ma è semmai la controprova del successo del lavoro di intelligence che prima è stato compiuto nel selezionare gli obiettivi.
Questa attività ispettiva, che si evolverà ulteriormente, si sta svolgendo in forma straordinaria in quelle regioni del Mezzogiorno con riferimento all'agricoltura e all'edilizia e si avvale di personale aggiuntivo portato da altri territori, deve sempre più combinarsi con le reti della bilateralità. Facciamo riferimento all'esperienza dell'edilizia che, come voi sapete, ha un'antica tradizione di organismi bilaterali su base territoriale. La base territoriale, oltretutto, coincide con la dimensione contrattuale, nel senso che l'edilizia ha un contratto collettivo nazionale cornice e una forte dimensione contrattuale territoriale. In questi ambiti, le casse edili, le scuole edili, i comitati paritetici per la salute e sicurezza hanno realizzato una rete che ha consentito di mettere sotto controllo larga parte di un sistema produttivo fortemente frammentato.
Non a caso, in questo ambito abbiamo sperimentato - ho avuto modo di occuparmene io direttamente - il primo documento unico di regolarità contributiva, il DURC; il sistema è in grado di coniugare la semplicità del documento con la sua tempestiva fruizione, anche da parte delle autorità di controllo, per verificare la regolarità dei versamenti contributivi.
Analogamente, proprio in questo ambito - mi riferisco anche a quanto dicevo prima a proposito delle partite IVA in edilizia - sulla base di una novità introdotta in questa legislatura nel testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, stiamo sperimentando la cosiddetta «patente», ovvero una selezione all'accesso di attività in base alla verifica delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nel lavoro. La rete della bilateralità ci ha consentito e ci consente di realizzare queste funzioni.
Allo stesso modo, sulla base di esperienze che sono già in corso, le cosiddette «casse territoriali extra legem» e altre forme bilaterali, in agricoltura pensiamo che sia necessaria un'analoga operazione proprio a partire dal Mezzogiorno: costruire una rete territoriale bilaterale che possa svolgere una serie di funzioni in un ambito nel quale la frammentazione dei lavori e delle attività produttive sollecita la presenza di mediatori. Questi, quando sono irregolari, spesso sono addirittura criminosi e hanno le caratteristiche del caporalato; diversamente, invece, accadrebbe se fossero regolari, non genericamente nella forma, pure presente, della somministrazione di manodopera, ma nella forma privato-sociale dei cosiddetti organismi bilaterali promossi dalle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori.
Ebbene, questa rete potrebbe svolgere, se lo riterrà, volontariamente e liberamente, attività di collocamento, attività di formazione, attività di promozione delle forme di prevenzione per la salute dei lavoratori, quindi non solo assistenza ma soprattutto adempimenti per rendere gli ambienti più sicuri, nonché la stessa protezione del reddito. Si pensa, quindi, a una rete di bilateralità che viene riconosciuta in sussidiarietà dalle funzioni pubbliche e che assiste in modo strutturato le attività ispettive di vigilanza molto più di quanto non possano fare i comitati paritetici presso le prefetture.
La stessa operazione suggeriamo per il turismo, che già vede significative esperienze di bilateralità territoriale, le quali potrebbero generalizzarsi ed ampliarsi prevedendo un'ulteriore gamma di attività e di lavori.
Per quanto riguarda i servizi di cura alla persona, abbiamo già incontrato informalmente le maggiori centrali cooperative e siamo intenzionati a promuovere con esse un tavolo, rispetto al quale risultano ben interessate e disponibili - mi riferisco innanzitutto alla Lega Cooperative, Confcooperative, ma anche ad altre - per individuare un programma di diffusione e sviluppo di quei servizi che possono essere resi in forma cooperativa: servizi di cura ordinati, regolari, destinati a evolversi e a qualificarsi in questo modo,
come quello dei nidi familiari o quello più complesso, da condurre alla regolarità, delle cosiddette «badanti».
In fondo, le centrali cooperative hanno avuto il merito storico di condurre a emersione, a regolarità e a forme che si sono successivamente evolute, anche in grandi organizzazioni di impresa, le attività di facchinaggio, dalle quali hanno sviluppato molto altro. Noi crediamo, e loro con noi, di poter realizzare importanti risultati anche per l'emersione e la qualificazione delle attività che ricomprendiamo nella definizione «servizi di cura e di assistenza familiare».
In questi stessi ambiti che ho citato - servizi di cura, servizi della logistica, economia turistica e, innanzitutto, agricoltura ed edilizia con particolare riguardo al Mezzogiorno - si accentueranno le attività di vigilanza.
Permettetemi di segnalare un ultimo strumento al quale il Governo assegna una funzione potenzialmente rilevante, quello dei buoni prepagati o voucher per le attività alle quali gli stessi sono dedicati dalle norme di legge, ovvero prestazioni occasionali, accessorie, di breve periodo, nell'ambito soprattutto dell'agricoltura e dei servizi di cura.
So che spesso si teme la destrutturazione di rapporti di lavoro già formati e stiamo anche indagando se lo sviluppo dei voucher nel nord abbia potuto rappresentarne la causa. Qualche prima empirica rilevazione non confermerebbe per nulla questo timore. Vengo dalla provincia che ha avuto la più grande diffusione dei buoni prepagati in agricoltura: sono stati impiegati tutti, essenzialmente, nella vendemmia. Parlo di una comunità che evidentemente aveva una buona vocazione alla regolarizzazione - e anche al vino, mi fanno notare - che non effettuava agevolmente nella forma tradizionale e che, con il buono prepagato, veicolato soprattutto dalle associazioni della rappresentanza in agricoltura, ha dato regolarità a molti rapporti e, se mi consentite, ne ha permesso una prima tracciabilità.
Nel centro, a mano a mano che si scende lungo l'Italia, l'esperienza dei voucher sfuma, fino quasi a sparire nel Mezzogiorno. Basti pensare ai quasi 800.000 voucher di 10 euro nel Veneto e - credo di ricordare - ai 25.000 circa in Calabria.
La questione dei voucher non deve preoccupare rispetto alle realtà in cui essi sono utilizzati, ma rispetto a quelle in cui non lo sono, dove cioè non c'è alcuna disponibilità a ricorrere ad un modo agevole di regolarizzare quantomeno una raccolta breve a costi e a modalità fortemente convenienti.
Rispetto a questo ci sarà una forte azione di contrasto, principalmente - come ho già detto - per il rischio immanente di pericolo per i lavoratori e per la loro stessa incolumità, date le caratteristiche dei relativi lavori.
Tuttavia, se anche la bilateralità, le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro in agricoltura, nel Mezzogiorno, riterranno di concorrere, esse potrebbero realizzare anche una forma di controllo sociale su questi buoni prepagati, evitando così che si concretizzi quella temuta destrutturazione del rapporto di lavoro preesistente e, soprattutto, concorrendo a monitorare ciò che accade a un datore di lavoro e a un lavoratore che sono emersi, hanno fatto capolino grazie a un buono prepagato, che favorisce una successiva tracciabilità.
Si tratta di ipotesi di lavoro che ovviamente saranno oggetto di discussione, e in parte lo sono già state, con le parti sociali e che verranno ulteriormente esaminate.
Consentitemi un'ultima battuta. Qualche volta si richiede di abbattere il costo indiretto del lavoro: lo chiedono congiuntamente le parti in agricoltura, ma sono pronte a chiederlo congiuntamente tutte le parti di tutti i settori; lo vorrebbero legittimamente gli edili, lo vorrebbero legittimamente i tessili, lo vorrebbero legittimamente i dipendenti dei call center, lo vorrebbero tutti. In questo contesto, a maggior ragione, si chiarisce il discorso sull'abbattimento degli oneri indiretti sul lavoro.
Questo mi porta a dire che, innanzitutto, non è possibile farlo per un comparto, per quante ragioni quel comparto
possa addurre, e forse possono addurle comparti che molto probabilmente sono più attivi rispetto ad altri. Anche in quel caso, però, vale la solidarietà sistemica, che ha sempre definito il livello delle contribuzioni.
Una scelta più generalizzata, come è noto, incontra, da un lato, i vincoli di finanza pubblica e, dall'altro, le esigenze di rapporto fra contribuzione e prestazione, che caratterizzano il modello previdenziale voluto dalla legge Dini.
Non vedo, ragionevolmente, applicabile questa strada, se non, come abbiamo già fatto e come probabilmente potremmo fare ancora, per l'agricoltura nelle aree montane particolarmente svantaggiate, come oggi è vigente. Si tratta, tuttavia, di eccezioni assolute che confermano una regola generale.
Spero di avere offerto contenuti, che sono più dettagliati nella relazione consegnata e che saranno anche ripresi nel prossimo piano triennale per il lavoro, che si chiamerà «Liberare il lavoro per liberare i lavori» e che avrà, quale uno dei titoli, «Liberare il lavoro dall'illegalità e dal pericolo».
PRESIDENTE. Ringrazio il signor Ministro per questa ampia e articolata esposizione.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
LUIGI BOBBA. Ringrazio il Ministro per la dettagliata relazione. Voglio porre, semplicemente, alcune questioni. In primo luogo, il Ministro ci ha informato che il numero delle ispezioni, nell'anno trascorso, è stato di 303.000 e che l'80 per cento di queste hanno rilevato, laddove c'erano, delle violazioni di tipo sostanziale e non meramente formale.
La domanda che voglio porre è la seguente: come è articolato questo dato, sia nel numero delle ispezioni sia nei risultati, fra il nord e il sud del Paese? Una leggenda metropolitana vuole che questa efficacia dei controlli sia a un buon livello in alcune aree del Paese, ma abbia delle falle molto ampie in altre aree, in particolare nel sud, dove lei stesso ha evidenziato che ci sono i fenomeni maggiormente distorsivi, le forme peggiori di irregolarità.
Vorrei capire, allora, sia come sono distribuite queste azioni di controllo, monitoraggio e ispezione, sia se anche i risultati, nella loro sostanzialità, hanno una distribuzione territoriale significativa oppure no.
In secondo luogo, il Ministro, nell'ultima parte, ha evidenziato uno degli strumenti di sostegno all'emersione. In fondo, il voucher può essere pensato come uno degli elementi che consente di fare emergere forme di lavoro sommerso o irregolare. Chiedo se, oltre al voucher e oltre alla collaborazione con la bilateralità, siano previsti altri strumenti non solo e non semplicemente di contrasto, ma anche di supporto e di sostegno all'emersione di forme di lavoro irregolare o sommerso.
PAOLA PELINO. Vorrei, innanzitutto, ringraziare anch'io il Ministro Sacconi per l'ampia panoramica che ci ha fornito di tutte le tematiche che riguardano soprattutto la nostra Commissione.
Dai dati che lei ha riportato, signor Ministro, risulta che, per quanto riguarda la lotta al lavoro nero, probabilmente è cambiata la qualità della vigilanza. Sono emersi, infatti, dati abbastanza positivi, che rivelano dal 2008 al 2009 cifre abbastanza rassicuranti. Mi chiedo, allora, se è anche aumentato il numero degli ispettori che sono stati messi in circolazione. Le stesse misure sono state adottate e lo saranno comunque anche per quanto riguarda la sicurezza nei luoghi di lavoro?
GIULIANO CAZZOLA. La ringrazio anch'io, signor Ministro, soprattutto perché - lo dico con molta serenità e credo che sia una valutazione che possiamo fare tutti - lei dà prova di conoscere il suo mestiere e di sapere come funziona il dicastero che lei dirige rispetto alle situazioni che ci ha rappresentato, ritengo peraltro con una particolare competenza e conoscenza, al di là delle possibili valutazioni sull'azione e sui provvedimenti assunti dal Governo.
Vorrei fare alcune riflessioni molto brevi e porre alcune domande. Siamo giunti alla fine di questa indagine; non so quale valutazione daranno i colleghi quando trarremo un bilancio, ma la mia impressione è che in realtà siamo andati un po' alla scoperta di questioni che conoscevamo già. Abbiamo ascoltato statistiche, stime, valutazioni e lei ci ha fornito dei dati (questo credo costituisca un fatto nuovo). In realtà, però, non so quali conoscenze ulteriori abbiamo acquisito del fenomeno del lavoro sommerso.
Ciò detto, vorrei chiedere la sua opinione su alcuni aspetti. In primo luogo, mi sono convinto, anche sulla base dell'audizione di alcune organizzazioni imprenditoriali, delle valutazioni di Confindustria e delle organizzazioni agricole, che non c'è una corrispondenza marcata e diretta tra immigrazione e lavoro nero. Sicuramente ci sono immigrati che lavorano in nero, ma il fenomeno del lavoro degli stranieri nel nostro Paese presenta tassi di regolarità e di irregolarità che non sono molto diversi da quelli degli italiani. Credo che questo dato debba anche farci riconsiderare certi luoghi comuni che riguardano il lavoro degli stranieri e che vengono smentiti dai dati.
Ricordo per esempio delle pagine molto belle lette nei documenti di organizzazioni agricole in cui, per esempio, si parlava del ruolo che hanno certe comunità nazionali, come indiani o srilankesi, nell'allevamento del bestiame, o di un certo impegno delle comunità macedoni nella viticoltura.
Accostare il lavoro degli stranieri al lavoro nero è una forzatura, anche se indubbiamente ci sono dei dati che dimostrano come, soprattutto in certe aree del Paese, è molto diffuso il lavoro nero anche tra gli stranieri. A questo riguardo vorrei conoscere la sua opinione. L'episodio di Rosarno che lei citava - un caso ovviamente clamoroso, forse il più clamoroso caso di drammatizzazione di questa realtà dell'immigrazione - dimostra, sostanzialmente, che la gran parte di quei lavoratori vuole il permesso di soggiorno.
In secondo luogo, mi piacerebbe sapere come influisce sul lavoro nero la struttura dell'economia. A questo proposito, il caso dei voucher è assolutamente esemplare, nel senso che abbiamo uno strumento flessibile, che evita la burocrazia, però vediamo che esso, in certe aree del Paese, finisce per essere troppo oneroso, per non attecchire, per essere insostenibile.
Allora, o ci mettiamo a formulare giudizi antropologici su una parte del Paese e dei nostri concittadini, e dunque arriviamo sostanzialmente a immaginare soluzioni alla Pol Pot e a pensare che c'è nel DNA di una parte del nostro Paese una cultura dell'illegalità che non si capisce come affrontare, oppure facciamo un'altra considerazione che, probabilmente, è molto più realistica, vale a dire che una parte dell'economia del Paese non è in grado di stare alle regole né di saltare gli ostacoli perché l'asticella è troppo alta.
Probabilmente, bisognerebbe anche combattere il lavoro nero e il lavoro sommerso anche abbassando l'asticella del salto in alto. Altrimenti, faccio davvero fatica a capire perché non si riesce ad avere ragione di certe situazioni.
Quando penso che, ad esempio con riferimento alla raccolta della frutta - anche se il caso della raccolta della frutta è molto diverso da quello dell'allevamento del bestiame - in buona sostanza la frutta viene regalata, considerando il prezzo con il quale il grossista la acquista dal produttore, mi sembra abbastanza evidente che è molto difficile riuscire a sopravvivere rispettando regole che, oggettivamente, sono troppo forzate.
CESARE DAMIANO. Signor presidente, abbiamo chiesto l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito di questa indagine conoscitiva che dovrebbe concludersi entro giugno. È un'indagine importante sul tema del lavoro, dell'illegalità, del lavoro nero.
Vorrei anch'io formulare alcune domande al Ministro, che sicuramente dispone più di chiunque di noi di dati aggiornati sulla situazione; per quanto mi riguarda, mi baso su quelli forniti dagli istituti di statistica. La domanda è molto semplice: secondo lei, per i dati che ha a
disposizione e per quello che conosce, in questo ultimo periodo, anche a seguito della crisi, il lavoro nero è aumentato o è diminuito? Per quello che comprendo, c'è stata, purtroppo, una dilatazione: stiamo parlando di 3 milioni di persone coinvolte.
In secondo luogo, sono state emanate delle normative - dal passato Governo, quando ero Ministro del lavoro, e dall'attuale Governo - relativamente alla questione dell'emersione. È possibile, secondo lei, avere dal Ministero i dati relativi all'applicazione di un dispositivo di una norma di Bersani del 2006 relativo alla sospensione delle attività, quando si scopre che in un azienda c'è un numero di lavoratori al nero al di sopra del 20 per cento? Questi dati erano oggetto di una puntuale statistica nel passato Governo.
Un altro dato statistico molto importante, che può darci una dimensione del fenomeno, è quello relativo alle nuove iscrizioni presso l'INAIL di lavoratori precedentemente sconosciuti, che a seguito delle misure anti-lavoro nero aveva portato a una «emersione», non tutta completamente computabile, di 200.000 lavoratori dell'edilizia. Si scoprì, successivamente, che il 55 per cento erano stranieri e, di questi, il 60 per cento rumeni, in tempi nei quali i lavoratori rumeni non erano ancora entrati nella Comunità europea. Ovviamente, adesso la situazione è cambiata. Si potrebbero avere statisticamente questi dati, ricostruiti su basi trimestrali, ossia sospensione dell'attività ed emersione collegata all'iscrizione di nuovi lavoratori in registri dell'INAIL. Avere anche una dimensione del fenomeno della nuova iscrizione, depurato dai dati di coloro che per la prima volta entrano nel mercato del lavoro, potrebbe darci anche
una dimensione del fenomeno del lavoro nero.
Pongo una domanda relativa alle misure del Governo. Mi sono chiesto come mai, rispetto alle misure del Governo precedente (naturalmente è lecito cambiare, ci mancherebbe) è stata eliminata quella che prevedeva che il committente di una catena di appalti avesse la responsabilità solidale per la trasparenza contributiva per quanto riguarda la documentazione da trasmettere. Non pensa il Ministro che la cancellazione di quella norma possa non essere solo una questione di semplificazione burocratica, ma anche un fatto che ci consente meno di prima di garantire per tutta la catena degli appalti la trasparenza contributiva?
Un'altra domanda concerne le ispezioni. Dai dati dello scorso anno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali risulterebbe che l'indirizzo giusto, che io condivido - del resto, l'ho anche perseguito - è di passare da un'ispezione quantitativa a un'ispezione qualitativa. Tuttavia, quando ciò si applica a realtà come quelle della Calabria, con un conseguente décalage importante di ispezioni, non contrasta con l'esigenza di intervenire in situazioni nelle quali, come nel caso dell'agricoltura, c'è una concentrazione visibile di lavoro nero che richiederebbe, invece, un aumento delle ispezioni?
Quanto alla cancellazione parziale della norma sull'adozione del cartellino di riconoscimento dei lavoratori del cantiere, pur essendo di Cuneo, quindi sufficientemente ingenuo - onorevole Delfino, siamo conterranei - mi rendo conto che la duplicazione o la falsificazione di questi certificati è abbastanza all'ordine del giorno, tuttavia la norma poteva avere una sua efficacia. Come mai si è cancellata la responsabilità dell'esibizione del cartellino per l'imprenditore e la si è mantenuta soltanto per il lavoratore?
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. È stata cancellata?
CESARE DAMIANO. Sì. L'imprenditore non è più soggetto a sanzionabilità, che invece resta per il lavoratore. Questa mi pare una misura sufficientemente vessatoria e dovrebbe essere perlomeno coesistente.
Per quanto riguarda il Documento unico di regolarità contributiva, mi sembra che sia un frutto prezioso di quello che lei definisce l'accordo fra le parti sociali, un avviso comune. Lei sa che
questo documento unico nasce dall'esperienza del post-terremoto dell'Umbria, ed è stato voluto dalle parti sociali, imprese dell'edilizia e sindacati, e poi esteso a tutti i comparti. Come mai per il comparto del lavoro ambulante il Governo ha pensato di cancellare l'esigenza di esibire questo documento, che in quel settore potrebbe avere un significato, vista la contiguità con fattori di elusione?
Per quanto riguarda, infine, la questione di particolari situazioni esposte che potrebbero ripiombare nel lavoro nero, lei ha detto che se aiutiamo il sistema lo facciamo per la sua globalità e non solo per particolari settori. Non pensa che sarebbe utile, signor Ministro, intervenire in settori specifici? Penso al settore dei call center, relativamente al quale avevamo posto in essere aiuti per stabilizzare il lavoro: si tratta di 24 mila persone - i nostri figli - per lo più laureate (anche con due lauree, master), titolari di un lavoro a progetto (inbound e non solo outbound); per il 70 per cento si tratta di ragazzi dall'età media di trent'anni.
Se non si prosegue un'azione che passa attraverso l'osservatorio Governo-parti sociali, convocato semestralmente per monitorare, e il mantenimento di incentivi che aiutino le aziende virtuose a stabilizzare, correremo il rischio, come nel caso della Teleperformance, di un ritorno indietro, vale a dire la vittoria del call center del sottoscala. Non è forse utile adottare delle iniziative ad hoc che aiutino la trasparenza? Sull'altro versante, non sarebbe utile chiedere ai committenti pubblici e privati di non adottare più un calcolo di costo, nel massimo ribasso, che non contemperi il costo del lavoro contabilizzato ai livelli definiti dai contratti nazionali di lavoro e il costo della sicurezza (laddove questa è richiesta, non nei call center)? Altrimenti questi due costi vengono saltati e si crea una situazione di dumping sociale. In altre parole, noi aiuteremmo in questo modo le aziende non virtuose e non trasparenti,
che utilizzano al nero, in modo irregolare, le persone, a prevalere sulle aziende sane.
Infine, per quanto riguarda il voucher introdotto in agricoltura, lei sa che io avevo applicato la legge Biagi su questo punto, ben consapevole della validità di questo strumento per pensionati e studenti. Credo che altri lavori, soprattutto nel campo agricolo, possano essere interessati da questa strumentazione, che ha la logica della trasparenza e della occasionalità; sappiamo tutti che, ovviamente, questo tipo di strumento non può sostituire il normale rapporto di lavoro né la normale definizione di un rapporto di lavoro stagionale o a tempo indeterminato. Temo che, altrimenti, andremmo verso uno «spappolamento» delle relazioni fra imprese e lavoratori, che nessuno vuole.
L'ultima domanda riguarda un argomento che io e lei abbiamo discusso in varie occasioni, anche in modo abbastanza accanito, ma sempre nei toni giusti: la cancellazione della norma che proteggeva le lavoratrici dai licenziamenti cosiddetti «in bianco». Ricordo che fu una norma parlamentare sottoscritta con un ordine del giorno dagli attuali Ministri Prestigiacomo, Carfagna e Gelmini, che introduceva quella pratica attraverso la certificazione computerizzata dell'assunzione, da lei definita norma farraginosa e burocratica. Mi chiedo per quale motivo non sia stata sostituita da una norma più semplice, che metta al riparo da questa pratica vessatoria nei confronti delle giovani che, quando diventano madri, possono essere licenziate attraverso una semplice apposizione di data che certifica un licenziamento che avviene in quel momento e, quindi, si qualifica come un licenziamento ad nutum.
Capisco la polemica, capisco la non condivisione, anche se fu un atto parlamentare condiviso anche dalla sua maggioranza e dal suo partito. Lei mi dirà che questo è accaduto alla Camera e non al Senato, ma alla Camera le assicuro votarono tutti, mentre al Senato vi siete astenuti. La norma è stata cancellata, ma perché non l'avete sostituita con qualcosa di più efficace che, comunque, coglie un punto esistente?
TERESA BELLANOVA. Signor Ministro, lei ci ha fornito una serie di dati e la relazione sarà sicuramente ancora più ricca. Purtroppo, non ho colto se nei dati che ci ha riferito ci sia anche quello dell'incidenza dei lavoratori immigrati rispetto al fenomeno del caporalato e del lavoro nero.
Noi abbiamo audito, qualche settimana fa, i rappresentanti dell'ISTAT, che ci hanno posto la seguente questione: si può cogliere la vastità del fenomeno solo attraverso il censimento, ma l'istituto non ha le risorse per farlo.
Per quanto riguarda quanto oggi lei ci ha detto - molto è condivisibile - alla fine ha parlato di una serie di azioni che rientreranno nel piano triennale. Non voglio fare altre citazioni, perché già l'onorevole Cazzola ha richiamato Pol Pot, ma le chiedo che fare nell'immediato.
Abbiamo messo in piedi questa indagine da alcuni mesi e cercheremo di concluderla entro giugno, ma eravamo partiti anche da alcune considerazioni e dalla constatazione di fenomeni assolutamente gravi, che si ripropongono in queste settimane e in modo più incisivo si riproporranno nei prossimi mesi. Mi riferisco alle prossime campagne di raccolta in agricoltura: degli ortaggi, della frutta, delle angurie nella mia regione, dei pomodori in parte della mia regione e in Campania, degli agrumi e di altri prodotti.
Per queste raccolte vengono impiegate molte persone, che vivono in questi luoghi e - come è stato abbondantemente dimostrato non da questa indagine, ma da altre autorevoli fonti che hanno prodotto una documentazione incontestabile - lavorano in condizioni di irregolarità contrattuale e senza alcuna assicurazione, dall'alba al tramonto, per percepire un reddito di 10-15 euro al giorno. Queste persone lavorano in una situazione di schiavitù, dove spesso viene sottratto loro anche il permesso di soggiorno.
Questa notte, nella mia regione, è stato arrestato un caporale che operava a Rosarno ed era riuscito a «schivare» quell'azione. Era nella mia regione per coordinare il caporalato, quindi la tratta degli schiavi, tra la Puglia e la Basilicata per le campagne di lavorazione che prima ho ricordato.
Per quanto riguarda il piano triennale, ci sono degli elementi che noi avremmo definito in modo diverso, che potremmo suggerire in modo più ampio e diversificato, ma non voglio muovere contestazioni al riguardo. Siamo all'azione del governo dei processi: noi sappiamo che sul nostro territorio, nel settore dell'agricoltura e nel Mezzogiorno in modo particolare - io ho un'esperienza diretta, ma sicuramente lei conoscerà meglio di me queste questioni - ma anche in edilizia, si assiste al fenomeno del caporalato, al nord e al sud. A Bergamo, basta chiedere nel primo bar che si incontra qual è la zona dalla quale partono i pullman alle quattro di mattina per portare i lavoratori immigrati, senza alcuna copertura assicurativa e contrattuale, a lavorare in edilizia.
Considerando quanto noi sappiamo avverrà nelle prossime settimane, la risposta non può essere, signor Ministro, il piano triennale, la qualità dell'intervento ispettivo. Come rispondiamo a questo fenomeno di schiavitù, al di là delle differenze e delle divisioni politiche tra noi?
Inoltre, lei parla dei voucher. Non voglio discutere se sono utili o no, ma le chiedo dove si mette il punto del lavoro occasionale. Il fenomeno di cui stiamo parlando ci dice che ci sono lavoratori, immigrati in modo particolare, che sono itineranti, stagionali per ogni stagione di lavorazione, lavoratori che passano dalla raccolta delle mele al nord alla raccolta degli angurie nella mia regione, alla raccolta degli agrumi in altre regioni. Questi lavoratori, in ogni fase, sono lavoratori occasionali, stagionali, per una semplice campagna. Durante tutto l'anno, sono lavoratori stabilmente occupati in agricoltura, seppure con datori di lavoro diversi. Per queste persone possiamo individuare una strumentazione che le metta in condizione di esercitare il loro diritto ottenendo un reddito giusto e con una copertura assicurativa e previdenziale?
La seconda domanda che le voglio porre - poi faremo le nostre riflessioni
politiche nel corso del completamento di questa indagine - riguarda i lavoratori immigrati che hanno perso il lavoro e, di conseguenza, anche il permesso di soggiorno. Noi li incontriamo e credo che li incontriate anche voi. Come possiamo costruire una tutela? Forse muovendoci a difesa di leggi che dimostrano di avere, su questo aspetto, delle lacune? Questa indagine dovrebbe avere la finalità di individuare non soluzioni di parte, ma soluzioni possibilmente condivise. Le chiedo, quindi, se c'è da parte sua la disponibilità a lavorare per individuare uno strumento in grado di dare adeguata tutela a queste persone. Come si dice dalle mie parti, alla fine della fiera, stiamo parlando non di diversità politiche, ma di un dato molto grave. Nel nostro territorio ci sono persone - in gran parte immigrati, ma anche cittadini italiani - che vivono in uno stato di schiavitù. Chiedo come possiamo portare queste persone a vivere in una situazione
dove i loro diritti di cittadinanza non siano messi in discussione.
PRESIDENTE. Poiché ho ancora sei iscritti a parlare, chiedo se, per cortesia, possiamo contenere le domande.
TERESIO DELFINO. Signor presidente, io sarò doverosamente breve. Mi scuso con il Ministro e con la Commissione, e mi rammarico del ritardo, perché certamente ascoltare il Ministro Sacconi rappresenta un momento di crescita. Recupererò, comunque, la situazione approfondendo con attenzione, dal resoconto stenografico e dalla relazione che lei ha depositato, gli elementi in merito ai quali lei ha riferito in questa occasione.
Come riflessione generale, vorrei dire che, pur comprendendo la difficoltà complessiva, non condividiamo quella che si è configurata quasi come una criminalizzazione degli stranieri sul mercato del lavoro nero. Certo, esiste questa realtà. Se ho capito bene, mi sembra che il collega Cazzola abbia detto che in parte questa questione, al di là dei controlli e delle responsabilità, è dovuta anche al fatto che molte imprese non riescono a sostenere l'alta onerosità fiscale e del costo del lavoro in generale, per cui non potendo saltare l'asticella dove è troppo alta alla fine ci si rifugia - per primum vivere, per resistere in una situazione di crisi - in questa scelta.
Credo che la tolleranza, nella misura in cui toglie dignità ai lavoratori e crea fenomeni distorsivi rispetto alla competizione, costituisca una fase che deve essere da parte nostra superata.
Le mie due osservazioni, su cui probabilmente lei ha già argomentato, indicando i dati presuntivi sul fenomeno del lavoro nero, riguardano due finalità che hanno guidato la Commissione nel deliberare questa indagine conoscitiva. La prima è l'introduzione di più efficaci e flessibili sistemi di protezione sociale a tutela dei lavoratori immigrati. Dico questo perché ho avuto occasione, come componente del Comitato Schengen, di recarmi a Rosarno e di verificare qual è la situazione, quindi esprimo naturalmente una condivisione rispetto all'azione svolta dalle nostre forze dell'ordine in quella vicenda specifica. Il tema, tuttavia, va sicuramente valutato secondo una delle finalità che abbiamo esposto e che ho richiamato in questa mia prima riflessione.
La seconda finalità, sempre in questa ottica, è legata all'audizione del Ministro Maroni che abbiamo svolto in sede di Comitato Schengen sul tema della soddisfazione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro in relazione alla crisi e alla presenza di immigrati e di lavoratori provenienti anche da Paesi terzi extracomunitari.
Poiché c'è la crisi e, di conseguenza, una minore offerta di lavoro, il Ministro Maroni ha affermato che per proteggere gli immigrati regolari che già sono in Italia dobbiamo effettivamente bloccare la politica - che poteva essere più o meno condivisibile - dei decreti sui flussi. Chiedo, pertanto, quale potrebbe essere l'impatto di tale misura rispetto al superamento di una realtà fatta di lavoro nero, di caporalato, di sfruttamento della manodopera straniera.
La ringrazio per l'attenzione che vorrà dedicare a tali questioni.
ANTONINO FOTI. Vorrei ricordare che, nell'ambito della nostra indagine sul caporalato, abbiamo ascoltato nelle settimane scorse rappresentanti del Censis e della Caritas, che ci hanno fornito dati sconvolgenti. Senza entrare nei dettagli, ci è stato riferito che del bilancio dello Stato, che ammonta a 1000 miliardi e 500 milioni di euro, 140 miliardi rappresentano il sommerso unito alla criminalità organizzata. Non so come sia venuto fuori questo dato dal Censis e se sia attendibile, ma anche se la cifra ammontasse alla metà della metà mi sembrano dati sconvolgenti.
Non so a cosa volesse riferirsi il collega Cazzola in relazione alla battuta dell'asticella, ma se il riferimento era alle leggi dello Stato, spesso è impossibile rispettarle, nel senso che l'insieme di leggi emanate nell'ultimo ventennio ha fatto sì che soprattutto le piccole e microimprese non le abbiano rispettate. Il sommerso, non solo nel Mezzogiorno ma anche nel centro-nord, molto spesso è dovuto proprio al fatto che non è possibile rispettare le leggi dello Stato sul piano della burocrazia. Si potrebbe fare il paragone con un freno a mano tirato. Non si capisce se l'asticella deve essere abbassata, quindi riducendo i controlli per i nostri imprenditori per fare sì che la creatività produca maggiore sforzo, o se è necessario aumentare i controlli e gli ispettori.
Certamente, una delle soluzioni potrebbe essere la gradualità dell'emersione, applicando la legislazione dei controlli con gradualità, ad esempio nell'arco di un triennio, dal rispetto delle regole dal punto di vista della messa a norma degli impianti elettrici e altro, al rispetto dal punto di vista della leva fiscale. Molto spesso la paura non è quella di pagare le tasse, ma quella che scattino le sanzioni penali. Come sapete, ci sono centinaia e centinaia di comuni nei quali si registra il 70-80 per cento di evasione fiscale. Pertanto, si deve affrontare il discorso anche in prospettiva del federalismo; se, infatti, l'ipotesi è quella di un'autogestione, le risorse necessarie devono provenire dal pagamento delle tasse.
Chiedo se, alla fine, sul piano macroeconomico, sia possibile un intervento del Parlamento e quindi del Governo più diretto a raggiungere l'obiettivo principale. A mio avviso, parlare di immigrazione come se costituisse il problema principale dal punto di vista del sommerso non è corretto. Come diceva anche il Ministro, in molte città del sud ci sono decine di migliaia di giovani trattati come se fossero «neri», poiché sono pagati al nero, lavorano dodici ore al giorno, spesso senza contratto di lavoro. Tutto quello che è stato prodotto sul piano legislativo da questo Governo e soprattutto dall'intelligenza del Ministro Sacconi, che su questa materia ci ha sempre illuminato, a mio parere potrebbe essere esteso anche a categorie di persone che spesso vivono nella periferia del controllo, anche della politica, e non sono tutelate.
VINCENZO ANTONIO FONTANA. Signor presidente, sarò veramente telegrafico, anche perché se, da un lato, chi parla per ultimo può raccogliere qualche spunto in più, dall'altro ha lo svantaggio di essere spesso anticipato. Infatti, alcune considerazioni sono già state riferite da altri.
Ringrazio il Ministro per la sua presenza e per la sua relazione illuminante, con riferimento ad alcuni dati che sono stati espressi. Devo dire che conosco bene la realtà soprattutto del mio territorio, il Mezzogiorno d'Italia, dove questi problemi si vivono con angoscia ancora maggiore. Non pensavo, però, che i risultati fossero quelli riferiti. Lo studio ha messo in evidenza, su un totale di 303.000 aziende, un'irregolarità che riguarda 176.000 società: non ho fatto i conti con i numeri, ma credo che siamo intorno al 60-70 per cento di aziende irregolari. Un dato veramente sconvolgente e preoccupante.
Conosco le situazioni di lavoro irregolare, dal settore dell'agricoltura, dove sono maggiormente diffuse, all'edilizia, ma anche l'abuso delle tutele, che è un altro aspetto che abbiamo vissuto soprattutto negli anni '70-'80. Io non so se oggi la
situazione è la stessa di 20-30 anni fa, ma ricordo che allora, nel Mezzogiorno, una donna che sapeva di essere in stato di gravidanza veniva immediatamente iscritta nelle liste per un'assunzione, che poi risultava essere fittizia. Anche questo è un aspetto inquietante.
Credo che questa sia la fase uno, ossia la fase dello studio statistico dello stato dell'arte del lavoro irregolare. A mio avviso, però, adesso deve iniziare una fase due, quella a cui faceva riferimento molto bene l'onorevole Cazzola, allorché ha parlato della famosa «asticella». Spesso da parte delle aziende vi è una grande difficoltà. Anche l'onorevole Delfino riprendeva l'idea del primum vivere, nel senso che molte aziende spesso sono costrette a perpetrare il lavoro nero per non dover affrontare quella amara realtà che le porterebbe comunque a soccombere.
Credo, dunque, che si debbano mettere in atto degli strumenti adeguati, da una maggiore flessibilità del lavoro a una serie di iniziative ai fini di una riduzione delle percentuali che abbiamo sentito, che oggi sono gravemente patologiche.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Ministro per la replica e per le ulteriori documentazioni che vorrà fornire alla Commissione, vorrei molto brevemente rappresentare uno dei problemi che si riconnette, sostanzialmente, ad alcune questioni richiamate (ad esempio, alla famosa storia dell'«asticella»). In particolare, mi riferisco a una questione che è nelle pieghe dell'intervento del Ministro, il quale giustamente rilevava che, tra i settori più esposti al lavoro nero e al lavoro irregolare, vi sono quello agricolo e quello edile.
Ebbene, proprio dal mondo dell'edilizia ci veniva consegnato un problema molto delicato. È chiaro che siamo in una fase di crisi che, nella sua terza dimensione, sta colpendo i livelli occupazionali e sta creando criticità in particolare in questi settori, con vere e proprie dismissioni di attività da parte di aziende. Veniva rilevato, tuttavia, come ci sia un sostanziale disequilibrio in termini di aliquote contributive: nel settore edilizio siamo intorno al 5 per cento circa, mentre in alcune parti del settore industriale si viaggia tra l'1 e il 2 per cento. Questo è un problema che indubbiamente ha le sue connotazioni tali da ricadere sul sistema previdenziale e richiamo qui le questioni che il Ministro ha accennato.
Quello che chiedo è se siamo in grado perlomeno di costruire un percorso che tendenzialmente miri a un riequilibrio in questo settore. Sottolineo che un elemento che oggi sta portando all'irregolarità nel settore edilizio è connesso in parte al necessario aggiornamento dei criteri dell'appalto e del subappalto, dall'altro indubbiamente a una debolezza del salario, che sta creando difficoltà oggettive.
A fronte di chiusure aziendali che creano ovviamente danno sociale e danno economico, ma anche danno contributivo, non c'è una prospettiva di riequilibrio che, in qualche misura, consentirebbe alle imprese di rispondere a questa domanda di revisione delle aliquote contributive in un settore oggi fortemente esposto?
Do la parola al Ministro Sacconi per la replica.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Innanzitutto, se mi consentite, credo di aver incontrato condivisione su un punto fondamentale che ho richiamato all'inizio del mio intervento: noi dobbiamo estrapolare il peggio del peggio, ossia dobbiamo saper dare adeguata priorità alle violazioni più sostanziali, innanzitutto perché consistono in lavori non dichiarati e in più perché questi si determinano in ambiti, come l'agricoltura e l'edilizia, che hanno di per sé una particolare esposizione al rischio, ove non si rispettino le regole, e in contesti socio-economici di un certo tipo, perché si collegano alle ulteriori patologie che sono state ricordate, quindi al caporalato, alle reti criminose e via discorrendo.
Dobbiamo, dunque, estrapolare il peggio del peggio, queste forme peggiori, perché più odiose e più socialmente pericolose, che costituiscono immanente pericolo per l'incolumità della persona, se vogliamo
riuscire a realizzare un'azione effettiva ed efficace di «tolleranza zero».
Noi non rinviamo al piano triennale, cioè a un pezzo di carta, ma mentre parliamo stiamo compiendo un'azione straordinaria in Puglia, Campania, Calabria, che si integra con le forze di polizia. I fatti di Rosarno hanno dato evidentemente un'accelerazione ma, come ho spiegato, tutta la nostra impostazione contenuta nella macrodirettiva ai servizi ispettivi del settembre 2008 è stata caratterizzata da questo aspetto. Invito l'onorevole Delfino in particolare a guardare i dati, contenuti nella relazione, riferiti alle violazioni più sostanziali, che contengono il salto delle violazioni sostanziali. Si consideri, inoltre, che a queste violazioni abbiamo assegnato punteggi diversi rispetto alle violazioni più formali, che possono avere la loro rilevanza, ma sono pur sempre meno rilevanti delle altre.
Che fare? È in corso un'azione congiunta. Non ho approfondito gli aspetti di collaborazione che con il collega Maroni abbiamo approntato immediatamente. Voi sapete che siamo stati presenti, non a caso, in tutti i tavoli immediatamente convocati dopo Rosarno: tavoli non riferiti soltanto a Rosarno o alla Calabria, ma proiettati sull'intera area del Mezzogiorno, dove noi sappiamo che insistono maggiormente queste forme peggiori. L'azione repressiva, in questo caso, non può avere comprensione di alcuna «asticella».
Siamo convinti che questo tipo di sfruttamento «illude» queste attività produttive circa la possibilità di sopravvivere negli attuali contesti fortemente arretrati. Invece, la regolarità è anche la premessa per processi evolutivi, ad esempio l'integrazione della filiera, con la trasformazione e la distribuzione. Certamente se non c'è integrazione di filiera qualunque attività di raccolta rischia di essere non performante, ma nessuno si può illudere che questo sia risolutivo, perché non solo si tocca il fondo ma si va oltre, fino alle forme più odiose di sfruttamento.
Estrapoliamo, dunque, questa dimensione, dove abbiamo portato anche personale da altre province. Da questo punto di vista, si tratta di un'operazione straordinaria, perché molto mirata, perché chiama altro personale e perché sperimenta fortissime integrazioni anche con le forze di polizia. Ho citato prima il caso della Guardia di finanza ma, come ho detto, voglio rinegoziare il rapporto con l'arma dei Carabinieri, per il diffuso impiego dei presìdi territoriali che solo l'Arma tiene così lodevolmente nel territorio.
Il voucher è già un'alternativa, non dobbiamo individuarne altre, tanto che la collega teme, ad esempio, che diventi insufficiente la tutela, soprattutto dal punto di vista del conto corrente previdenziale. Siamo in una condizione talmente arretrata che io sottolineo quanto possa essere utile una prima emersione tramite voucher, tanto più se si realizza sotto l'ombrello sociale di quella bilateralità che io ho chiesto. Soprattutto per questa ragione ho partecipato al congresso recente della FLAI-CGIL - e ho avuto modo di parlarne con le altre organizzazioni in incontri che le coinvolgevano tutte - per sottolineare l'importanza di mutuare dall'edilizia una buona storia sindacale: quella che, nonostante i problemi ancora aperti, si è prodotta in edilizia con la bilateralità. Non vedo, francamente, ragioni perché, in una struttura produttiva così frammentata, in lavori così disseminati, non si
possa costruire una bilateralità, che non può in alcun modo costituire una sorta di limite al conflitto o di coinvolgimento improprio delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Confido che si possa andare avanti in questa direzione. Devo dire che c'è già un larghissimo consenso; mi auguro che, alla fine, ragionandone, si possa arrivare a un unanime consenso.
Il controllo sociale è molto importante per verificare come si gestisce il voucher. È ragionevole, onorevole, che si possa verificare in alcune realtà la situazione che lei ha descritto, ossia la situazione di chi può avere un percorso lungo di vita, e non quindi un tratto di quel percorso, passando da un lavoro occasionale all'altro, da un datore di lavoro all'altro. Teoricamente, sono tutti segmenti a sé, ma è vero che compongono, per quella persona,
la vita lavorativa. Non c'è dubbio che abbiamo un problema. Allo stato, quelle persone - e non sono poche - sono condannate all'illegalità e all'assenza totale di protezioni (in primo luogo INAIL, ma anche previdenziali).
Far emergere queste situazioni e tracciare i percorsi può consentire, anche attraverso accordi territoriali e attraverso intese decentrate, di individuare soluzioni.
Per quanto riguarda le intese decentrate, esse sono, a mio avviso, uno strumento molto importante, ovviamente in un contesto anche di forte azione delle istituzioni pubbliche (non è un modo per rinunciare all'intervento). Quando si parla di individuare anche un abbattimento del costo del lavoro, pensiamo all'accordo, in realtà molto più strutturato come Banca Intesa, tra sindacati e azienda per mille assunzioni nel Mezzogiorno, a fronte di un salario di ingresso abbattuto del 20 per cento rispetto a quello contrattuale nel primo periodo di ingresso in un contratto a tempo indeterminato. Le parti hanno adattato condizioni di carattere generale a una specificità territoriale, e anche in qualche modo merceologica, a fronte di impegni di crescita.
Credo che dobbiamo rimettere molto alle parti. Non mi riferisco all'abbattimento dei contributi, perché noi non siamo in grado di pensare ad abbattimento di contributi, né strutturale - vizieremmo l'impianto della nostra riforma previdenziale - né a termine. Manifesto un dubbio, che mi conduce a una tendenziale indicazione, circa le fiammate di riduzione contributiva, perché poi arriva il colpo di frusta. Insomma, non ha funzionato: lo dico col senno di poi, nel senso che ho condiviso quei tentativi di emersione condotti con forme anche di condono. Il Ministro Damiano, che ha applicato rigorosamente la legge Biagi, ha cercato di accompagnare con una forma di sanatoria, di condono, l'emersione o meglio, in quel caso, il passaggio da una forma meno regolata a una forma più regolata di rapporti di lavoro. Non a caso, adesso giungono richieste di strutturare permanentemente un minore costo del lavoro. Gli edili chiedono una riduzione; il
sistema moda chiede la stessa cosa. Comunque, ai nostri tavoli giungono richieste da tutte le categorie, perché certamente noi abbiamo una dimensione onerosa: l'asticella di cui parlava opportunamente da questo punto di vista il collega Cazzola, quando ricordava quanto molto spesso sia difficile sopravvivere con alti oneri indiretti del lavoro.
Ragionevolmente, noi dobbiamo perseguire una strada di riduzione di questi oneri indiretti sul lavoro di tipo generalizzato. Conoscete la questione INAIL nell'artigianato, purtroppo ancora non risolta. C'è un problema tendenzialmente generale.
La parte retributiva può essere affrontata attraverso accordi pragmatici tra le parti, in modo da individuare percorsi transitori che possano, soprattutto in aree deboli, favorire l'evoluzione. Con riferimento agli oneri indiretti sul lavoro, non si può che perseguire percorsi di carattere generale.
Vi è un problema nel problema: l'immigrazione. Come dicevo all'inizio, sul totale delle 2.966.000 unità di lavoro irregolare occupate nel territorio nazionale stimate dall'ISTAT nel 2009, gli irregolari residenti sono 1.652.000, i clandestini sono stimati a 377.000 unità, ossia il 12,7 per cento, insomma una componente molto minore. Nel caso di Rosarno, come ricorderete, avevamo per un verso pochi clandestini e, per l'altro, quote di immigrazione non del tutto utilizzate. Pertanto, non appare esservi un problema di clandestinità; semmai appare esservi un problema di immigrazione più esposta, per la sua debolezza, alla disoccupazione di lungo periodo, a forme di sfruttamento. Lo stesso, per altro verso, ho detto delle donne. La clandestinità, comunque, appare essere una componente minore.
L'onorevole Damiano confrontava i dati del 2009 con quelli del 2008. La mia relazione inizia con dei dati, cui rinvio; ricordo solo che nel 2009, secondo l'ISTAT, c'è una diminuzione di 1,6 rispetto al 2001, mentre c'è un lieve aumento rispetto al 2008. È più significativo,
però, il decremento rispetto al 2001. Peraltro, noi vogliamo rafforzare l'ISTAT, per quanto riguarda il mercato del lavoro, attraverso una convenzione con ISFOL; stiamo individuando modi con i quali rafforzare tutte le indagini relative al mercato del lavoro. Sul tema più generale del censimento, conoscete il problema e non sta a me darvi una esatta risposta. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, stiamo realizzando vari accordi per potenziare la capacità di lettura dello stesso.
L'onorevole Bobba ha svolto un ragionamento giusto sulla differenza tra nord e sud nelle attività ispettive. Consegnerò dei dati, a questo proposito, come anche sul numero di ispettori, come richiesto dall'onorevole Pelino. I numeri sono cresciuti negli ultimi anni perché abbiamo bandito un concorso, avviato tra il Ministro Maroni e il Ministro Damiano, e abbiamo gestito un percorso interministeriale che ha consentito di aumentare il numero degli ispettori. Inoltre, si sono svolti anche degli upgrading interni. Vi consegnerò i dati esatti a questo proposito, ma i numeri sono senz'altro aumentati.
Per quanto riguarda altri dati richiesti dal Ministro Damiano, come la sospensione di attività quale sanzione conseguente determinate violazioni, darò alcune informazioni.
Relativamente ai dati INAIL, ricordiamo che oggi disponiamo soprattutto delle comunicazioni obbligatorie, che sono più interessanti dei dati INAIL; il famoso calcolatore dell'INAIL oggi è in qualche modo superato dai dati delle comunicazioni obbligatorie, che ci consentono di considerare con più certezza i dati amministrativi.
Alcune norme sono state semplificate. Io non credo che fossero necessarie quelle delle comunicazioni in materia di appalto: parliamo solo dell'obbligo delle comunicazioni, perché quei dati sono a disposizione dell'amministrazione, che dunque non aveva bisogno di onerare le imprese per ottenerle. Ugualmente rimango convinto - ci siamo confrontati più volte - che esistano modi di tutelare rispetto alla patologia che io considero estrema del licenziamento nel caso di maternità attraverso la firma in bianco. Una persona licenziata ha il modo di rappresentare agevolmente quella patologia e anche di farla verificare immediatamente con la stessa prova calligrafica. Alla luce di queste considerazioni ritenemmo di far venir meno quella disciplina.
Per quanto riguarda il cartellino, ricordavo che fosse rimasto, mentre la sanzione è stata corretta. Comunque, farò una verifica per il cartellino, perché è certamente uno strumento importante nel cantiere. Si tratta di capire come verosimilmente ...
CESARE DAMIANO. La sanzione è rimasta solo per i lavoratori, in caso di non esposizione.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Sì. Appunto, il cartellino è rimasto per il lavoratore, ma è stata tolta la sanzione per l'impresa. Adesso verificherò meglio cosa può essere accaduto in conseguenza dell'eliminazione della sanzione per l'impresa e farò una valutazione specifica a questo proposito.
Credo di avere risposto almeno alle principali osservazioni; sarà mia cura integrare la relazione con qualche informazione, soprattutto quantitativa.
Come ho detto, il piano triennale sarà solo un momento di codifica di alcuni percorsi che sono già in atto e che saranno ulteriormente sviluppati, sia in termini di attrezzatura delle funzioni pubbliche (il lavoro di intelligence di cui ho parlato, l'uso di tecnologie da parte dei servizi ispettivi, l'affinamento degli incroci che possono essere da questi consentiti), sia in termini di dialogo sociale per costruire quella rete di servizi offerti dalla bilate- ralità che possono concorrere a governare mercati del lavoro difficili o, per altro verso, attraverso azioni positive come quelle con le centrali cooperative, nel caso
dei servizi di cura alla persona e alla famiglia di cui prima dicevo.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Ministro.
Oggi chiudiamo anche il ciclo di audizioni relative a questa indagine conoscitiva. Proseguiremo, quindi, con l'elaborazione di un documento conclusivo nelle modalità che stabiliremo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,40.
[Avanti] |