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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(I e V)
5.
Mercoledì 26 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 4205 COST. CAMBURSANO, C. 4525 COST. MARINELLO, C. 4526 COST. BELTRANDI, C. 4594 COST. MERLONI, C. 4596 COST. LANZILLOTTA, C. 4607 COST. ANTONIO MARTINO, C. 4620 COST. GOVERNO E C. 4646 COST. BERSANI, RECANTI INTRODUZIONE DEL PRINCIPIO DEL PAREGGIO DI BILANCIO NELLA CARTA COSTITUZIONALE

Audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino:

Bruno Donato, Presidente ... 3 11 12
Flaccadoro Enrico, Consigliere della Corte dei conti ... 12
Giampaolino Luigi, Presidente della Corte dei conti ... 3 11 12
Mazzillo Luigi, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 11
Marchi Maino (PD) ... 11
Tassone Mario (UdCpTP) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 26 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 10,35.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata nel quadro dell'istruttoria legislativa sui progetti di legge C. 4205 cost. Cambursano, C. 4525 cost. Marinello, C. 4526 cost. Beltrandi, C. 4594 cost. Merloni, C. 4596 cost. Lanzillotta, C. 4607 cost. Antonio Martino, C. 4620 cost. Governo e C. 4646 cost. Bersani, recanti introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, l'audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino.
Ringrazio il presidente Luigi Giampaolino e i suoi collaboratori, a nome mio, del presidente della V Commissione e di tutti i componenti delle Commissioni riunite.
Darei subito la parola al Presidente Giampaolino, rinnovando ancora i ringraziamenti.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Grazie a lei, presidente, e agli onorevoli deputati.
Con le proposte di introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, come è noto, si intende rafforzare l'adeguamento delle procedure e delle norme di contabilità e di finanza pubblica agli indirizzi di armonizzazione e di coordinamento definiti in sede di Unione europea.
I vincoli economici e finanziari che derivano dall'appartenenza all'Unione europea sono, infatti, consolidati dalla fissazione di alcuni princìpi costituzionali: il perseguimento dell'equilibrio dei bilanci e il contenimento del debito delle amministrazioni pubbliche; il divieto per il bilancio dello Stato di ricorrere all'indebitamento, se non nelle fasi avverse del ciclo economico o per uno stato di necessità; la limitata facoltà di indebitamento degli enti territoriali condizionata alla contestuale definizione dei piani di ammortamento e, comunque, all'equilibrio complessivo del comparto.
La costituzionalizzazione del principio di bilancio è, pertanto, un'operazione complessa, per il successo della quale è necessario il concorso di una molteplicità di adempimenti. Il rispetto dei princìpi fissati dalla riforma non dipende, infatti, soltanto dal contenuto delle modifiche al testo costituzionale, che pure vanno esaminate per verificarne la rispondenza a un disegno coerente, ma anche e soprattutto dalla capacità di realizzare, in modo congruo e concatenato, modifiche rilevanti


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nella legislazione contabile e nelle procedure decisionali relative al ciclo di programmazione economico-finanziaria.
Lo schema di riferimento deve, perciò, tradursi in princìpi e criteri in grado di fornire al Governo e alle amministrazioni pubbliche una guida concreta per la fissazione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, per il monitoraggio della spesa e delle entrate, per le attività di controllo ex ante ed ex post dei conti pubblici e per l'adozione di interventi correttivi.
Alla cosiddetta legge rinforzata è assegnata, inoltre, la funzione di quadro di riferimento della contabilità e della finanza pubblica, un quadro nel quale devono essere definite alcune questioni fondamentali, quali: il perimetro di riferimento delle nuove regole, precisando a quali settori e a quali enti esse dovranno applicarsi; i limiti e il significato dell'equilibrio dei bilanci, le eccezioni alla regola del pareggio e al divieto di indebitamento; i margini per la compensazione tra settori o tra enti; il momento contabile da monitorare, valutando se prendere in considerazione i dati in termini di cassa, di competenza giuridica oppure in termini di competenza economica; i ruoli e le responsabilità in tema di raccolta, elaborazione e diffusione delle informazioni quantitative necessarie per le procedure di controllo ex ante ed ex post; le competenze e le modalità per i controlli preventivi e successivi.
In primo luogo, risulta chiara e condivisibile la scelta innovativa di estendere l'ambito di applicazione delle norme di contabilità e di finanza pubblica al complesso delle amministrazioni pubbliche, nozione i cui confini discendono dal rispetto delle regole internazionali di contabilità nazionale codificate nel SEC 95, che definiscono i criteri di inclusione degli enti.
In secondo luogo, si deve osservare come la nozione di equilibrio di bilancio si presti a una lettura non univoca e come il confronto fra le diverse proposte di riforma non dissolva le incertezze e le perplessità in proposito.
Anche avendo a riferimento il solo progetto di legge governativo, si può rilevare che il testo normativo richiama il perseguimento degli equilibri di bilancio, mentre la relazione introduttiva si riferisce esplicitamente al pareggio di bilancio. Si tratta di una questione non solo nominalistica, che, pertanto, riversa sulla legge rinforzata un onere interpretativo di non marginale rilievo, soprattutto con riguardo ai contributi richiesti ai diversi livelli di governo.
La scelta del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche come aggregato di riferimento per la gestione della finanza pubblica discende dall'esigenza di confrontabilità degli andamenti dei conti pubblici dei diversi Paesi europei. Tuttavia, il ricorso a tale criterio contabile impone percorsi tecnicamente non agevoli e solleva questioni interpretative che si riflettono anche sulla lettura dei nuovi princìpi costituzionali.
Una prima questione è connessa all'orientamento, comune ai diversi progetti di legge e in linea con gli indirizzi europei, secondo il quale il pareggio di bilancio deve essere calcolato al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum. In altri termini, ogniqualvolta il tasso di crescita effettivo dell'economia rimane al di sotto del tasso di crescita potenziale, occorre depurare il bilancio dagli effetti connessi a questo minore prodotto.
Le metodologie utilizzate anche dalle istituzioni internazionali per compiere questa depurazione sono assai diversificate. La stessa stima del tasso di crescita potenziale è questione complessa che ammette diverse soluzioni tecniche.
Sembra, pertanto, opportuno rimettere la scelta alla preliminare valutazione del Governo, al quale la Costituzione attribuisce una riserva di iniziativa in materia di bilancio, e all'attento scrutinio tecnico di un organo in posizione di terzietà, chiamato a giudicare della fondatezza sia delle previsioni formulate dal Governo in sede di predisposizione del bilancio preventivo, sia delle motivazioni fornite in sede di rendiconto nel caso che l'emersione ex


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post di un disavanzo venga giustificata con un andamento economico peggiore del previsto.
In astratto, poi, la correzione per l'andamento ciclico dell'economia dovrebbe agire simmetricamente sia nelle fasi avverse, per giustificare un deficit, sia nelle fasi favorevoli, obbligando a un avanzo.
Sul piano pratico è, tuttavia, preferibile la soluzione proposta in numerosi progetti di legge all'attenzione del Parlamento, secondo la quale nelle fasi avverse è possibile registrare un disavanzo pari all'effetto del ciclo sul bilancio, lasciando operare i cosiddetti stabilizzatori automatici, salvo poi compensare questo disavanzo, ammortizzandolo in un arco di tempo delimitato.
Attraverso questa soluzione si garantirebbe nel medio-lungo periodo una stabilità nel livello assoluto del debito pubblico. La sua incidenza in rapporto al PIL decrescerebbe in proporzione pari al tasso di crescita nominale del prodotto.
Oltre alla possibilità, generalmente e opportunamente prevista, di un bilancio che si discosti dal pareggio in relazione allo sfavorevole andamento ciclico dell'economia, occorrerà prevedere anche la possibilità che ciò avvenga in relazione a eventi eccezionali, ovviamente non tipizzabili, quali calamità naturali, emergenze sanitarie e via elencando.
Per evitare che questi eventi eccezionali divengano il facile escamotage attraverso il quale sfuggire al vincolo del pareggio di bilancio, si può pensare a due diversi strumenti.
Il primo è simile a quello relativo agli effetti delle fasi cicliche avverse. Non dovrebbe essere consentito che un evento eccezionale produca un incremento permanente del livello del debito e, per evitare che ciò accada, occorre prevedere che gli effetti finanziari siano anch'essi compensati in un arco di tempo delimitato.
Il secondo attiene all'ipotesi che l'eccezionalità dell'evento venga sancita da una maggioranza parlamentare più ampia di quella necessaria per sostenere il Governo.
In particolare, il disegno di legge governativo prevede l'aggiunta di un terzo comma all'articolo 53 della Costituzione. A parte le valutazioni di carattere per così dire «topografico» e, questione che forse sarebbe di ancor più pregnante significato, di carattere sistematico e di formulazione, deve convenirsi, nel merito, sull'introduzione dei princìpi «di equilibrio dei bilanci e di contenimento del debito delle pubbliche amministrazioni».
I criteri e i contenuti di tale principio, alla luce del quale vanno poi coerentemente interpretati gli articoli 81, comma 1, e 119, comma 1, della Costituzione, come riformulati dagli articoli 2 e 3 del disegno di legge governativo, sono affidati a una legge connotata dall'approvazione con la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, qualificabile dunque come «legge rinforzata», con competenza specifica nella materia in esame e modificabile solo con legge da approvare con la medesima maggioranza qualificata, aspetto quest'ultimo che ritengo vada segnalato. Al riguardo sarebbe auspicabile prevedere un termine entro il quale approvare detta «legge rinforzata», dato che essa costituirebbe condizione per l'operatività del principio del pareggio di bilancio.
Per quanto riguarda la formulazione dei criteri e dei princìpi, tale legge dovrebbe prevedere per taluni profili una disciplina puntuale, sia per sussumere in essa alcune disposizioni già contenute nella vigente legislazione in materia di contabilità pubblica, sia in tema di misure di correzione finalizzate al rientro da disavanzi pubblici accertati a consuntivo.
Si pone, inoltre, la questione circa la possibile sovrapponibilità tra le due fonti normative, quella «rafforzata», che in situazione di necessità può legittimare il ricorso all'indebitamento, e il potere di decretazione di urgenza, di cui all'articolo 77 della Costituzione, che, come è noto, spetta al Governo.
La questione circa la possibile sovrapponibilità tra le due fonti normative sembra esclusa dal diverso ambito di operatività della cosiddetta legge rinforzata, che definisce il quadro degli equilibri di bilancio (rectius: limiti al ricorso dell'indebitamento) entro il quale il decreto-legge che dovesse introdurre nuove spese o


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minori entrate dovrà operare, pena la violazione del principio costituzionale del pareggio, come sopra definito.
Il disegno di legge del Governo, all'articolo 2, che riformula l'articolo 81, primo comma della Costituzione, prevede poi la possibilità di ricorrere all'indebitamento in due casi: nelle fasi avverse del ciclo economico, anche se, come si è detto, nei limiti degli effetti da esso determinato, o per uno stato di necessità che non può essere sostenuto con le ordinarie decisioni di bilancio.
Mentre lo stato di necessità è dichiarato dalle Camere in ragione di eventi eccezionali, con voto espresso a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, le caratteristiche della cosiddetta fase avversa del ciclo economico dovrebbero essere esplicitate dal Governo negli strumenti della programmazione e di bilancio.
Difficili passaggi caratterizzano anche la fase di costruzione dei conti e quella di definizione degli obiettivi e degli strumenti per conseguirli e discendono, soprattutto, dalla complessità dei «trattamenti» ai quali devono essere sottoposti i bilanci finanziari degli enti inclusi nelle amministrazioni pubbliche al fine di ridefinirne gli aggregati secondo il SEC 95, che adotta un criterio di contabilizzazione che fa riferimento alla competenza economica.
La portata di tali trattamenti è rilevante. Se si guarda ai saldi, gli scostamenti tra i due modelli di conti sono spesso ampi e, pertanto, la disponibilità piena e tempestiva di quadri di raccordo tra contabilità finanziaria e contabilità economica per lo Stato e per gli altri livelli di governo, ex ante ed ex post, è la condizione necessaria perché si possano definire le modalità per l'esercizio del controllo sui conti pubblici su basi operative e coerenti con le esigenze poste dalle verifiche in sede di Commissione europea.
In proposito, va ricordato che già con la legge n. 196 del 2009, di riforma della contabilità pubblica, come novellata dalla legge n. 39 del 2011, è stato migliorato significativamente il quadro informativo alla base del ciclo di bilancio e di programmazione economico-finanziaria.
Secondo l'attuale formulazione delle modifiche da apportare all'articolo 81 della Costituzione, sembra evidente che l'equilibrio del bilancio dello Stato debba intendersi riferito al saldo del conto economico, cioè all'indebitamento netto nell'accezione che lo depuri dalla componente ciclica e dalle misure una tantum. Si tratta di un criterio che, rispetto al saldo netto da finanziare della contabilità pubblica, è più in linea con i princìpi direttivi richiamati dal disegno di legge, quali il divieto di ricorso a operazioni di indebitamento, poiché il saldo di competenza economica misura propriamente l'entità delle risorse che l'amministrazione pubblica richiede agli altri settori istituzionali per coprire parte delle spese finali.
Pertanto, è necessario immaginare che anche il controllo sui conti dello Stato sia posto in grado di effettuare le verifiche, sia a preventivo che a consuntivo, sull'andamento del conto economico. A tal fine, la legge rinforzata dovrebbe integrare e potenziare l'apparato informativo e metodologico già tracciato dalla riforma della contabilità pubblica, precostituendo gli elementi essenziali per il monitoraggio della finanza statale.
In tal modo, in sede di previsione, sarà possibile realizzare un efficace controllo di coerenza del progetto di bilancio con gli obiettivi programmatici.
Ove si proceda all'abolizione del terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione proposta nel progetto di riforma governativo, con il conseguente superamento della cosiddetta formalità della legge di approvazione del bilancio dello Stato, e l'integrazione, in un unico disegno di legge, del tradizionale bilancio a legislazione vigente e della manovra correttiva, ora affidata alla legge di stabilità, sarà necessario che sia il disegno di legge che la legge di bilancio espongano sia per gli aggregati di spesa e di entrata, sia per i saldi, e distintamente in termini finanziari e di contabilità nazionale, la quantificazione degli andamenti tendenziali separata da quella degli effetti attesi dagli interventi correttivi.


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Un'essenziale informazione aggiuntiva dovrebbe, poi, riguardare gli effetti in termini di fabbisogno di cassa, in modo da offrire elementi utili a valutare i risultati attesi sulla variazione del debito. Pertanto, nell'ipotesi dell'espunzione del vigente terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione, occorrerebbe garantire, ai fini di chiarezza delle scritture contabili, l'evidenziazione nella nuova legge di bilancio in modo trasparente delle tre distinte tipologie di legislazione di spesa in cui verrebbe ad articolarsi il nuovo provvedimento legislativo, ossia la legislazione vigente, le politiche invariate e le misure di correzione, indicando per ciascuna di dette voci i riflessi sui tre saldi ora individuati nella vigente legge di contabilità e finanza pubblica, cioè il saldo netto da finanziare, il fabbisogno e l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.
In sede di consuntivo, invece, la coerenza con le regole europee impone che la verifica dell'andamento della finanza statale sia effettuata con criteri del tutto diversi e in una fase anticipata rispetto alla parificazione del rendiconto generale dello Stato. Infatti, la disponibilità all'inizio di marzo dei conti delle amministrazioni pubbliche elaborati dall'ISTAT, relativi all'anno precedente, e il nuovo calendario della programmazione europea, che colloca la presentazione del DEF al mese di aprile, necessariamente comporta una valutazione dei risultati conseguiti e delle cause di eventuali scostamenti rispetto alle previsioni, nonché alle difficoltà di funzionamento dei meccanismi posti a presidio del coordinamento della finanza pubblica. Si tratta di un'analisi che deve riguardare anche l'adeguatezza e l'efficacia delle misure di rientro da eventuali disavanzi.
Si conferma, in conclusione, il legame stringente che, ai fini dell'efficacia del funzionamento delle regole per il pareggio di bilancio, si deve instaurare tra le norme costituzionali riformate e i princìpi e i criteri affidati alla legge rinforzata. Ciò induce a ritenere opportuna l'introduzione di un termine breve, per esempio sei mesi, per l'approvazione di tale legge attuativa, così come previsto nella riforma realizzata in Spagna.
Tutti i progetti di legge presentati prevedono l'estensione alle amministrazioni territoriali degli obiettivi di equilibrio dei bilanci e di contenimento del debito. Diverse risultano, tuttavia, le modifiche che si ritiene di introdurre al testo costituzionale per ottenere tale risultato.
Il disegno di legge governativo opera attraverso la modifica dell'articolo 53 della Costituzione, che estende alla Repubblica il vincolo dell'equilibrio e sembra prevederne l'applicazione a ogni singolo ente territoriale, operando una modifica all'articolo 119, primo comma, della Costituzione.
Altri progetti di legge prevedono l'applicazione delle suddette misure al complesso delle amministrazioni pubbliche attraverso le modifiche dell'articolo 81 o l'inserimento del vincolo nell'articolo 119 della Costituzione.
Altri ancora ne prevedono l'applicazione alle sole regioni e province, lasciando la possibilità ai comuni di finanziare in debito le opere infrastrutturali, ma vietandone l'utilizzo per la ricapitalizzazione di società partecipate.
La necessità di mantenere un'impostazione di princìpi nel testo costituzionale porta ad affidare alla legge rinforzata, che costituisce una nuova legge di contabilità, il compito di definire le modalità operative per perseguire il pareggio nel complesso delle amministrazioni pubbliche.
Si tratta di un'impostazione condivisibile, tenuto anche conto che la responsabilità della politica nelle fasi negative del ciclo economico, nonché per eventi eccezionali, deve rimanere nella responsabilità della legislazione statale, poiché solo a tale livello è possibile disciplinare il riassorbimento di eventuali aggiustamenti richiesti dall'andamento previsto di entrate e spese «nazionali».
Il riferimento a un vincolo imposto singolarmente a ciascun ente interessato, relativo al proprio saldo di bilancio assunto a riferimento per l'equilibrio, rappresenta, poi, una condizione imprescindibile


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proprio ove si voglia conciliare tale vincolo per l'aggregato delle amministrazioni territoriali con il ricorso al debito per le spese di investimento che viene mantenuto.
L'estensione della regola fiscale alle amministrazioni territoriali comporta, altresì, modifiche all'articolo 119 della Costituzione, modifiche che, nel disegno di legge proposto dal Governo, sono affidate all'articolo 3, il quale interviene modificando il primo e il sesto comma del suddetto articolo 119.
La modifica al primo comma è volta, secondo quanto specificato nella relazione illustrativa, a ribadire che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali diversi dallo Stato è subordinata al rispetto della regola generale del pareggio di bilancio enunciata per il complesso delle pubbliche amministrazioni dal novellato articolo 53, terzo comma della Costituzione. Pertanto, la previsione del principio dell'equilibrio dei bilanci delle singole amministrazioni locali costituisce un corollario dell'autonomia finanziaria loro attribuita.
Il ricorso all'indebitamento viene, poi, assoggettato, con la modifica del sesto comma, a un duplice e distinto vincolo, uno, di natura finanziaria, volto a garantire per ciascun ente che siano accantonate contabilmente in bilancio le risorse necessarie al rimborso del prestito, e un secondo, di natura economica, in grado di garantire, per il complesso delle amministrazioni pubbliche, il rispetto dell'obiettivo di equilibrio. Le amministrazioni locali potrebbero finanziare con indebitamento la spesa per investimenti, a condizione che sia rispettato l'equilibrio di bilancio per il complessivo sottosettore delle amministrazioni locali.
Escludendo una compensazione all'interno del sottosettore delle amministrazioni locali, ingestibile sia nella fase di previsione, sia in quella a rendiconto, la disposizione sembra voler confermare quanto previsto nella normativa vigente, ossia permettere in ambito regionale la compensazione incrociata tra posizioni di avanzo di alcuni enti e di disavanzo di altri. Tale disposizione normativa consentirebbe, infatti, a ciascuna regione di formulare compensazioni sia orizzontali, tra enti del medesimo comparto, sia verticali, tra la propria posizione di bilancio e quella degli enti territoriali del proprio territorio.
Il compito di autorizzare l'ente deve essere necessariamente lasciato al Patto regionale, che dovrebbe regolare il ricorso al debito a fronte di avanzi e prevedere il contributo dello stesso ente per gli anni a venire.
La novella costituzionale ripropone, quindi, meccanismi già noti alle amministrazioni locali, perché previsti dalla recente disciplina del Patto di stabilità interno, sempre più orientata a una gestione regionalizzata degli obiettivi individuali, che consenta di compensare esigenze finanziarie diverse.
Al riguardo, nella valutazione della gestibilità di un vincolo di così forte impatto sulla possibilità di finanziamento con debito delle amministrazioni locali, a cui sono riferibili oltre il 70 per cento degli investimenti pubblici, non si può non considerare che nell'esperienza recente forte ne è stata la caratterizzazione geografica. È evidente l'incidenza sul meccanismo di compensazione della numerosità ovvero del peso finanziario degli enti che possono farsi carico dei disavanzi necessari ad altri enti.
Non sono poche le questioni che devono essere affrontate per rendere operativa la regola costituzionale del «pareggio» per le amministrazioni locali. Va innanzitutto valutato se il riferimento a saldi obiettivi espressi in termini di competenza mista rappresenti una soluzione soddisfacente, sia dal punto di vista della rappresentazione dei conti delle amministrazioni locali in termini di contabilità economica, su cui si basa il vincolo costituzionalizzato, sia in rapporto alle necessità di programmazione e gestione effettiva delle amministrazioni territoriali.
L'adozione dei saldi di bilancio come parametro di riferimento cui ancorare il rispetto dell'equilibrio richiede il superamento di regole fiscali basate sull'imposizione di vincoli alla dinamica delle sole


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spese, non sufficienti a perseguire le finalità insite nel nuovo assetto costituzionale.
Un ulteriore nodo che emerge con la riforma proposta concerne la legittimità o meno di manovre finanziarie annuali che richiedono un contributo a carico delle amministrazioni territoriali. Infatti, essendo l'obiettivo da perseguire l'equilibrio di bilancio, è lecito chiedersi se possano essere imposti alle amministrazioni saldi in avanzo, come richiesto al momento dalla legge n. 220 del 2010, che fissa, a decorrere dal 2011, un obiettivo strutturale di pareggio di competenza mista per ciascun ente soggetto al Patto di stabilità e una regola specifica per definire il contributo aggiuntivo di ognuno alla manovra di finanza pubblica.
Il novellato primo comma dell'articolo 119 della Costituzione riconosce autonomia di entrata e di spesa agli enti territoriali nel rispetto dell'equilibrio dei bilanci, con ciò rendendo più arduo giustificare l'attivazione della leva fiscale oltre le necessità di pareggio. Si pone, in altri termini, il problema di come garantire il concorso delle amministrazioni locali alle manovre di finanza pubblica. Il mero obbligo dei diversi comparti amministrativi all'equilibrio non sembra chiarire su quali basi potrà essere eventualmente richiesto, ove necessario, un concorso di tutti gli enti al conseguimento di rilevanti avanzi primari, al fine di compensare la quota di spesa per interessi che grava in larga misura sulle amministrazioni centrali.
Al riguardo, va osservato come l'adozione del principio di equilibrio dei bilanci non sembra destinata a escludere che alle predette amministrazioni possa essere richiesto di esporre situazioni di avanzo di bilancio, al fine di compensare eventuali situazioni di disavanzo delle amministrazioni centrali e, in particolare, dello Stato.
La modifica proposta non incide, infatti, sulle prerogative di Stato e regioni attribuite dalla Costituzione in tema di coordinamento della finanza pubblica, né sull'operare del Patto di stabilità interno che, pur disponendo già fin d'ora la condizione di equilibrio come condizione ordinaria per gli enti, in molti casi ha dovuto imporre negli ultimi anni vincoli di avanzo contabile, a livello sia di singole amministrazioni locali, sia di comparto.
Al fine di evitare l'insorgenza di possibili conflitti, anche di ordine costituzionale, circa la legittimità della richiesta di eventuali sforzi aggiuntivi, rivolta a singole amministrazioni che già assolvono all'obbligo costituzionale di equilibrio del proprio bilancio, in alcuni dei progetti di legge si propone di modificare l'attuale disposizione che attribuisce l'armonizzazione dei bilanci e il coordinamento finanziario alla competenza legislativa concorrente.
Mentre appare da condividere l'ipotesi di attribuire all'esclusiva responsabilità dello Stato l'armonizzazione dei bilanci, l'opportunità di uno spostamento della competenza in materia di coordinamento finanziario nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato va attentamente valutata, anche in considerazione del principio del parallelismo tra responsabilità di disciplina della materia e responsabilità finanziaria (si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 17 del 2004) sotteso alla riforma costituzionale del 2001 in senso federale.
Per questa ragione un possibile ripensamento della disciplina costituzionale potrebbe eventualmente suggerire di attribuire alla competenza esclusiva dello Stato una portata riferita a quelle misure necessarie ad assicurare il rispetto dei vincoli finanziari di natura economico-finanziaria derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, anche se la recente giurisprudenza costituzionale avvalora la tesi che le disposizioni statali volte a dare attuazione al Patto di stabilità e crescita costituiscono princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
A tale riguardo, la giurisprudenza costituzionale, oltre a elaborare una nozione ampia dei princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ha precisato come la piena attuazione del coordinamento della finanza pubblica possa far sì che la competenza statale non si esaurisca con l'esercizio del potere legislativo, ma implichi anche l'esercizio di poteri


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di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo.
In ogni caso va evidenziato come la riconducibilità del principio di coordinamento finanziario nell'ambito della competenza legislativa concorrente abbia finora consentito di avvalorare l'essenziale ruolo della regione ai fini del coordinamento della finanza locale.
Un punto nodale per l'effettiva realizzazione del principio dell'equilibrio dei conti pubblici e del pareggio del bilancio statale è costituito da un efficiente sistema di verifica e controllo, sia nella fase formativa, sia in quella consuntiva.
Al riguardo, si pone, in primo luogo, l'esigenza della giustiziabilità delle eventuali violazioni dell'articolo 81 della Costituzione. Le diverse modifiche proposte sono sostanzialmente concordi nell'estendere alla legge di bilancio il principio già contenuto nella formulazione originaria dell'articolo 81 della Costituzione relativamente all'equilibrio finanziario delle nuove leggi comportanti oneri. Tale principio, come è noto, ha subìto, soprattutto in relazione alle regole dell'Unione europea, un'evoluzione che ha condotto il suo riferimento non soltanto, come in passato, ai soli effetti nei riguardi del saldo netto da finanziare di competenza, ma anche a quelli sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione.
Le modifiche proposte si iscrivono nel solco dell'originario principio einaudiano, ponendo sostanzialmente in luce, attraverso una più esplicita statuizione, gli effettivi intendimenti ultimi del Costituente. Conseguentemente, non appare dubbio che la Corte costituzionale, quale giudice delle leggi, debba continuare a conoscere delle questioni relative alle eventuali violazioni delle statuizioni dell'articolo 81 della Costituzione, e che il giudice remittente in via generale non possa che continuare a essere la Corte dei conti.
Ciò posto, si ritiene, però, che si rendano necessarie innovazioni alle modalità di accesso di quest'ultima alla Corte costituzionale, modifiche del resto già prese in considerazione fin dal lontano 1984 dalla Commissione Bozzi e tradotte in un disegno di legge di modifica dell'articolo 81 della Costituzione presentato dall'onorevole Andreatta, nonché contenute in alcune delle proposte all'esame.
Sinora, infatti, la Corte ha potuto rimettere al giudice delle leggi le questioni di legittimità costituzionale soltanto in via incidentale, in occasione o del giudizio sulle variazioni di bilancio nella tradizionale sede del controllo preventivo, o del giudizio di parifica sul rendiconto generale dello Stato e delle regioni a statuto speciale. Si tratta di un procedimento che coinvolge una parte delle leggi aventi riflessi finanziari, in quanto non tutte comportano l'adozione di provvedimenti di variazione di bilancio.
Appare, invece, opportuno che, per rispondere a imprescindibili esigenze di tempestività e di completezza, da cui dipende in definitiva l'effettiva incisività del sistema, sia consentito alla Corte dei conti l'accesso in via principale alla Corte costituzionale per tutte le questioni inerenti alle statuizioni dell'articolo 81 della Costituzione e che tale principio, per le sue implicazioni di natura ordinamentale, sia recepito direttamente dal testo costituzionale attraverso un'integrazione dello stesso articolo.
Peraltro, per limitare le conseguenze negative di un'eventuale remissione alla Corte costituzionale della legge di bilancio, sarebbe opportuno integrare la norma con la fissazione di termini brevi per la remissione stessa e di termini altrettanto brevi per la decisione della Corte. Oltre ai compiti in tema di giustiziabilità delle prescrizioni dell'articolo 81, la Corte dei conti, nella sua qualità di organo ausiliario del Parlamento nelle materie di contabilità pubblica, fornisce stabilmente, come è noto, referti sulla quantificazione e sulle coperture degli oneri recati dalle nuove leggi, ivi compresa ovviamente la legge di stabilità, il cui contenuto dovrebbe ora, con ogni probabilità, essere assorbito nella legge di bilancio, e i referti sul coordinamento della finanza pubblica, nonché, su


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richiesta di volta in volta, referti sui documenti di programmazione e sui disegni di legge di stabilità e di bilancio.
Si ritiene, al riguardo, che, in relazione alle norme dirette, alla formazione e alle verifiche a consuntivo degli atti e dei procedimenti connessi agli obiettivi di equilibrio dei conti pubblici, la cui determinazione dovrà costituire il nucleo centrale della legge rinforzata, si renda necessario ampliare e istituzionalizzare i compiti attualmente svolti.
In particolare, appare opportuno che l'attività finora esercitata attraverso audizioni sui documenti di programmazione e sul disegno di legge di stabilità, di volta in volta richieste dalle Commissioni parlamentari, venga recepita dalla legge rinforzata e resa in tale sede coerente con il nuovo assetto normativo, prevedendo in proposito l'obbligo di referto al Parlamento.
Appare, altresì, opportuno che venga legislativamente sancito, sempre nella legge rinforzata, il necessario apporto della Corte, anche in questo caso prevedendo l'obbligo di apposito referto, per le verifiche a consuntivo sull'equilibrio dei bilanci e sul rispetto degli obiettivi in tema di contenimento del debito delle amministrazioni pubbliche. In entrambi i casi, onde consentire una maggiore completezza dell'esame parlamentare, potrebbe essere previsto l'obbligo per il Governo di fornire entro tempi prestabiliti le sue controdeduzioni alle osservazioni formulate dalla Corte.

PRESIDENTE. Grazie presidente per la corposa relazione. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni chiedendo loro di essere sintetici nell'esposizione.

MAINO MARCHI. Volevo porre una domanda. Nel giudizio di parificazione sul rendiconto 2010 la Corte ha affrontato la questione dei residui sottolineando come l'accumulo crescente di residui attivi e passivi renda sempre più appannato l'esito della gestione e la stessa leggibilità del rendiconto generale.
Volevo chiedere se, in riferimento a questo problema, che potrebbe avere effetti anche sulla reale efficacia della riforma dell'articolo 81 della Costituzione, vi sono proposte da parte della Corte, sia in termini di princìpi costituzionali, sia in merito ai contenuti che debbano essere previsti nella legge rinforzata di attuazione della modifica dell'articolo 81.

MARIO TASSONE. Pongo una domanda brevissima al Presidente Giampaolino.
Ho sentito la sua esposizione e la sua analisi è certamente perfetta anche in merito alla compatibilità degli obiettivi dei progetti di legge di riforma dell'articolo 81 della Costituzione col federalismo. Le domando se non ci siano i presupposti - come sembra desumersi dalla sua relazione - per una rivisitazione delle materie esclusive dello Stato e di quelle concorrenti. Mi riferisco alla sanità, all'ambiente, all'istruzione e via elencando, proprio per seguire il suo ragionamento, che porterebbe a questo.

PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Giampaolino per la replica.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Anche per venire incontro alla necessità di essere sintetici, pregherei il collega Mazzillo di rispondere alla precisa domanda dell'onorevole Marchi.

LUIGI MAZZILLO, Presidente di sezione della Corte dei conti. Nella relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2010 noi abbiamo posto in evidenza l'entità dei residui, in particolare dei residui attivi, e come questi vengano ridimensionati in sede di costruzione del bilancio consuntivo.
Abbiamo messo, altresì, in evidenza come, nonostante questo ridimensionamento, in realtà, la loro entità sia sproporzionata rispetto alle riscossioni che effettivamente si possono realizzare. In alcuni anni si registra una riscossione dei residui netti addirittura negativa, nel senso che i residui rimasti da versare sono


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superiori ai versamenti dell'anno di riferimento del rendiconto. È un aspetto che deve essere preso in considerazione, soprattutto nel contesto della legge rinforzata.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Con il suo permesso, presidente, per non essere influenzato dalla mia confidenza nei confronti dell'onorevole Tassone, pregherei il collega Flaccadoro di fornire una risposta più tecnica.

ENRICO FLACCADORO, Consigliere della Corte dei conti. La mia risposta è tecnica, ma all'interno di ciò che ho compreso della domanda.
Noi crediamo che le proposte di riforma, con la costituzionalizzazione degli equilibri di bilancio, siano compatibili con il percorso avviato con il federalismo. Naturalmente, ci si rende conto che il cambiamento delle regole dovrà evitare di perdere, per esempio nel campo sanitario, tutta l'esperienza maturata finora in termini di controllo della spesa. Il passaggio e l'inclusione delle regioni tra gli enti che dovranno rispettare gli equilibri di bilancio dovranno, quindi, essere resi compatibili con il mantenimento di un meccanismo ormai maturato, che la Corte valuta positivamente, teso a ricondurre il settore sanitario a una condizione di equilibrio.
La risposta, pertanto, è che vi è compatibilità, ma che occorre evitare che cambiamenti e impostazioni diverse rendano impossibile il mantenimento di percorsi di rientro che si sono avviati e che possono e devono essere portati a compimento.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Presidente Giampaolino e tutti coloro che hanno partecipato all'odierna audizione. Auguriamo a lei e ai suoi collaboratori un buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,30.

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