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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
9.
Mercoledì 21 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA FINANZA LOCALE

Audizione del dottor Domenico Mastroianni, capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato e del professor Luca Anselmi, ordinario di economia aziendale:

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 2 4 7 9
Anselmi Luca, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Universitàdi Pisa ... 4 8
Bitonci Massimo (LNP) ... 7
Mastroianni Domenico, Capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato ... 2 8

ALLEGATI: Allegato 1: Documentazione consegnata dal dottor Mastroianni ... 10
Allegato 2: Documentazione consegnata dal professor Anselmi ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 21 aprile 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del dottor Domenico Mastroianni, capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato e del professor Luca Anselmi, ordinario di economia aziendale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla finanza locale, l'audizione del dottor Domenico Mastroianni, capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato e del professor Luca Anselmi, ordinario di economia aziendale.
Do la parola al dottor Mastroianni.

DOMENICO MASTROIANNI, Capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Spero di essere utile ai vostri lavori. La relazione che ho predisposto riguarda i controlli effettuati sugli enti locali da parte dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato, ovvero, esattamente, i servizi ispettivi di finanza pubblica.
Questo tipo di attività nei confronti degli enti locali trova fonte in diverse disposizioni succedutesi nel tempo, ma ritengo che per delineare un quadro di quelle che regolamentano questa attività sia sufficiente partire dall'articolo 65 del decreto legislativo n. 29 del 1993, poi divenuto l'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Questo articolo attribuisce all'allora Ministero del tesoro, ora Ministero dell'economia e delle finanze, il compito di effettuare verifiche ispettive a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tale fonte normativa attribuisce questo potere nell'ambito di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001.
Successivamente, il decreto legislativo n. 286 del 1999 recante il riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, ha previsto - all'articolo 2, comma 1 - che i controlli di regolarità amministrativa e contabile siano svolti dagli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione e, nell'ambito delle competenze


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stabilite dalla vigente legislazione, dai servizi ispettivi di finanza della Ragioneria generale dello Stato.
Negli ultimi anni, l'attività ispettiva è stata rivolta alla verifica degli equilibri di bilancio, in particolare in considerazione degli impegni presi dal nostro Paese nei confronti dell'Unione europea con l'adesione all'euro e al Patto di stabilità e crescita, al quale sono stati chiamati a concorrere anche gli enti locali, per effetto della legge n. 448 del 1998.
Un'altra disposizione di riferimento è l'articolo 28, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), che ha attribuito compiti di monitoraggio al Ministero dell'economia e delle finanze. Tale norma dispone che, al fine di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze provveda all'acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti e degli organismi pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, sia attraverso i propri rappresentanti nei collegi sindacali o di revisione presso i suddetti enti e organismi, sia attraverso i servizi ispettivi di finanza pubblica. Per quanto riguarda gli enti locali, questa norma vale soltanto relativamente ai servizi ispettivi, perché i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze non sono presenti negli enti locali.
Desidero citare, infine, la legge n. 196 del 2009, la nuova legge di contabilità e finanza pubblica, che, dispone - all'articolo 14, comma 1, lettera d) - che, in relazione alle esigenze di controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze, - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a effettuare, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativa o contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. In ogni caso, per gli enti territoriali i predetti servizi effettuano verifiche volte a rilevare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica.
Premessa questa normativa di riferimento, occorre evidenziare come i servizi ispettivi svolgano da oltre un decennio verifiche presso gli enti locali, sia in modo autonomo, sia in collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica, e verifiche su specifica delega della Corte dei conti.
Premesso questo quadro di riferimento, riassumo le principali materie oggetto di intervento da parte dei servizi ispettivi di finanza. Con riferimento alle spese di personale, le materie di intervento sono: costituzione e ripartizione dei fondi per il personale di comparto, sprovvisto quindi di qualifica dirigenziale; trattamento retributivo accessorio dei dirigenti e dei segretari comunali; dotazioni organiche; acquisizione di dati sulla dimensione del part-time e sulla regolarità delle prestazioni dei pubblici dipendenti; osservanza delle disposizioni normative in materia di sicurezza del lavoro; stato di attuazione delle disposizioni relative ai controlli interni; verifica della modalità di esecuzione dei controlli sui dati dichiarati dal cittadino per ottenere provvedimenti amministrativi; affidamento di incarichi e consulenze; attività negoziale; attività di accertamento, liquidazione, riscossione dei tributi, con particolare riferimento alla esternalizzazione dei relativi servizi; osservanza delle norme e iniziative assunte per l'abbattimento delle barriere architettoniche.
Considerando che la finanza locale rappresenta ormai una parte importante dei conti pubblici nazionali - rilevanti ai fini del rispetto dei parametri previsti dall'Unione economica e monetaria - a partire dal 2005 abbiamo iniziato a rivolgere particolare attenzione a diversi aspetti del bilancio e del rendiconto degli enti locali.
Alla luce dei princìpi indicati dal decreto legislativo n. 267 del 2000, ovvero dei criteri di unità, annualità, universalità, integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità, sono stati eseguiti


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controlli aventi ad oggetto le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali e le modalità di partecipazione dell'ente locale ai consorzi di funzione, agli organismi di gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica e alle società di gestione dei servizi pubblici locali aventi rilevanza economica. Contestualmente, sono state realizzate anche alcune verifiche direttamente nei confronti delle società pubbliche o pubblico-private concessionarie di pubblici servizi.
Le altre tematiche affrontate dagli uffici che rappresento concernono l'indebitamento contratto dagli enti locali nelle diverse forme (mutui e obbligazioni), i residui attivi e passivi e gli oneri scaricati sui bilanci in forza dell'utilizzo di strumenti finanziari derivati, in particolare gli interest rate swap.
Al fine di offrire un'analisi dettagliata delle attività svolte ho preparato una relazione, che chiedo di essere autorizzato a depositare, come parte integrante di questo intervento: in questa sono illustrate le principali materie oggetto delle verifiche effettuate presso gli enti locali e sono riportate le principali e più ricorrenti criticità e irregolarità riscontrate nel corso delle verifiche.
Vorrei segnalare anche alcuni aspetti per quanto riguarda gli esiti delle verifiche, per dare un'evidenza in generale delle risultanze dell'attività. Al di là delle risultanze delle verifiche ispettive e delle criticità segnalate alla procura della Corte dei conti, laddove si ravvisino ipotesi di danno erariale, è importante portare alla vostra attenzione come, sulla base degli accertamenti eseguiti, nella cosiddetta «gestione del dopo verifica» offriamo una forma di supporto nei confronti dell'ente ispezionato. La quasi totalità degli enti regolarizza determinati rilievi o attraverso modifiche di provvedimenti anche regolamentari posti in essere, oggetto di rilievi nel corso delle verifiche, o magari recuperando somme indebitamente erogate, soprattutto per quanto riguarda il personale. Teniamo molto a questa forma di collaborazione, perché spesso essa, più del mero sistema sanzionatorio, riesce a indirizzare gli enti verso una gestione più efficiente e più economica.
Con riferimento a quanto riportato nel programma della vostra indagine conoscitiva, vorrei evidenziare il passaggio in cui si pone in evidenza il carattere essenzialmente interno del sistema dei controlli nell'ambito del nostro Paese. Credo che in realtà tale tipo di verifiche, in particolare se svolto nel rispetto dell'articolo 14 della legge n. 196 del 2009, possa considerarsi una verifica esterna, di tipo extragerarchico, che si pone in un'ottica di terzietà di controllo. Se si riesce a mettere a sistema una sorta di programma per quanto riguarda gli enti locali, per la verifica degli scostamenti dai saldi di finanza pubblica, tale tipo di attività potrebbe risultare utile, nel rispetto ovviamente dei vari livelli di governo.
Mi fermerei qui per questa parte introduttiva, lasciando spazio alle domande.

PRESIDENTE. La ringrazio e ringrazio anche il professor Anselmi per aver preparato una relazione scritta.
Do ora la parola al professor Anselmi.

LUCA ANSELMI, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa. Grazie, presidente. La ringrazio per questo invito, che mi fa particolarmente piacere. Chiedendo di depositare una relazione scritta, approfitterei per sunteggiare gli aspetti più politici che hanno rapporto con il tema che stiamo affrontando e che suppongo siano quelli più interessanti per la Commissione, dichiarandomi poi disponibile per tutte le osservazioni di carattere più tecnico.
Vorrei partire - come alcuni miei colleghi - dalla situazione attuale, nelle quale vi è l'applicazione di tre provvedimenti normativi di grande rilievo - e un quarto provvedimento in itinere, la Carta delle autonomie - che incidono sempre sull'area dei controlli. I tre provvedimenti sono la legge attuativa del federalismo fiscale, la riforma contabile e di bilancio e il decreto legislativo n. 150 del 2009 in


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materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Sono tutti atti normativi che con la Carta delle autonomie toccano i controlli, perché legano strettamente il momento della determinazione delle risorse con gli impegni, i programmi e le attività posti in essere dal singolo ente locale.
Nascerà, quindi, fatalmente una dialettica tra lo Stato centrale e gli enti locali: una volta che gli enti avranno la capacità di agire con maggiore determinazione, è evidente che, per garantire gli strumenti di rispetto degli andamenti finanziari e le indispensabili forme di controllo esterne, tale dialettica dovrà trovare un adeguato sviluppo.
Come sostenevano i padri fondatori della ragioneria, che è nata - come è noto - nel nostro Paese, il miglior sistema di controllo è quello diretto e concomitante. Questo è il miglior controllo, perché non ha la rigidità del controllo preventivo, non ha il significato del controllo ex post - che si svolge quando ormai le azioni sono compiute e, quindi, si tratta di rimeditare su quanto è accaduto - e invece, viene ad agire proprio nel momento in cui si pongono in essere le azioni.
Esiste una condizione di fondo perché il controllo concomitante e interno abbia efficacia: occorre che il controllore di secondo grado, ispettorati della Ragioneria generale dello Stato o Corte dei conti, possa garantire il buon funzionamento del controllo di primo grado, perché senza tale certezza tutto il sistema dei controlli rischierebbe di saltare.
Se mi permettete di traslare, ciò avviene nelle imprese private che adottano una società di revisione. Il primo compito della società di revisione è andare a controllare la bontà dei controlli interni, compito cui è chiamata espressamente dalla legge. In campo pubblico, ciò manca, è più debole, è più fragile; ci sono ancora scarsi poteri di intervento per determinare il buon funzionamento dei controlli interni.
Per il pieno rispetto dell'autonomia degli enti locali mi sembra meno pregnante la possibilità di far esistere forme di controllo che incidano sulla volontà da loro manifestata, mentre mi sembrerebbe assolutamente corretto, nell'interesse degli enti locali, che i controllori di secondo grado insistessero soprattutto sulla formalizzazione degli strumenti - laddove ancora gli strumenti di controllo interno sono inesistenti o molto labili - e sul buon funzionamento del sistema.
Vorrei ricordare una serie di studi, alcuni personalmente compiuti da me e alcuni effettuati dalla Corte dei conti - svolti a partire da una decina d'anni fa - sul fatto che spesso tutte le amministrazioni pubbliche e gli enti locali in particolare - potendo approfittare giustamente del decreto legislativo n. 286 del 1999 sulla riforma dei controlli, che poteva essere applicato liberamente anche dagli enti locali - si sono limitate ad alcune forme di controllo soprattutto saltando la prima di queste, la più banale, la più elementare, il controllo di gestione, inteso come applicazione della logica di contabilità economica.
Fin dalla legge n. 142 del 1990 e anche in base ai provvedimenti normativi successivi, infatti, questo doveva essere il controllo di gestione: non ci si doveva limitare ad avere una forma di controllo sulla gestione finanziaria, ma bisognava guardare la gestione nel suo complesso, negli aspetti finanziari, ma anche economici e patrimoniali. Limitandosi al solo aspetto finanziario, la gestione patrimoniale sfugge ai controlli di primo livello e va a interessarli soltanto nelle forme più macroscopiche; la gestione economica è rimessa alle indicazioni più libere, che non hanno una traccia professionale effettiva, perché su ciò non esistono nemmeno poteri da parte del collegio dei revisori. Sarà, quindi, necessario attivare in modo sempre più professionale il collegio dei revisori, perché altrimenti la supposta economicità di gestione degli enti locali rischia di essere un'espressione abbastanza vuota.
Il sistema dei controlli viene, quindi, inteso come un insieme di controlli interni, sui quali si appoggiano i successivi


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controlli esterni. I controlli interni si basano, però, su una verifica costante delle attività. Il decreto legislativo n. 286 del 1999, nelle sue articolazioni, è molto ben organizzato, salvo su un punto. Il controllo di gestione viene utilizzato per verificare con puntualità mensilmente, trimestralmente, ma non di più, perché esso insiste sulla gestione in quanto tale, quindi su raggruppamenti di operazioni di gestione e, se viene effettuato ogni sei mesi o ogni anno, impedisce all'ente di poter intervenire per correggere le eventuali impostazioni dimostratesi fallaci alla luce dei fatti gestionali effettivi.
Contemporaneamente, è necessario un controllo strategico, che consenta la dimostrazione del risultato progressivo, in formazione, delle politiche pubbliche decise dall'ente locale. Questa è l'esaltazione dell'autonomia degli enti locali, ma per fare ciò occorre che gli enti locali si dotino dei suddetti strumenti, considerando che, spesso, nel nostro Paese gli enti locali hanno una dimensione molto limitata.
Considero opportuno invitare il legislatore a pensare a forme procedurali in grado di aiutare gli enti locali a dirigersi verso tali forme di controllo, invitandoli alla costruzione di consorzi anche di tipo amministrativo-contabile, per poter gestire insieme anche le funzioni di controllo - come avviene per certe altre funzioni - per mezzo del segretario comunale, o del revisore, che può essere anche un revisore di più comuni, purché il revisore di più comuni, il responsabile del controllo di gestione di più amministrazioni locali, sia in condizioni di incedere verso la suddetta direzione, l'unica che può portare al pieno rispetto delle autonomie e, al tempo stesso, alla garanzia degli equilibri di finanza generale. Tale soluzione darebbe, infatti, al controllore di secondo grado la possibilità di considerare attendibili le indicazioni precedenti.
Un punto del decreto legislativo n. 286 del 1999 mi ha sempre lasciato perplesso, perché è una assenza. Il decreto, infatti, passando all'aspetto della valutazione, salta un aspetto del controllo che è assolutamente dominante e che la dottrina ha sempre indicato: il controllo organizzativo. È difficile svolgere un buon controllo di gestione e un buon controllo strategico, se non esiste una revisione critica condotta sulla propria organizzazione. Prima di poter procedere alla determinazione di elementi di valutazione sul funzionamento della dirigenza, quindi, occorre una revisione critica della struttura organizzativa, con l'espressione delle eventuali correzioni da apportare per il futuro. Solo a quel punto scatta il tema della valutazione.
Ritornando alle mie iniziali considerazioni, è evidente come nella situazione attuale si stia in parte accavallando l'applicazione di così tante norme di grande impatto e rilievo sul tema della finanza pubblica, quale il decreto legislativo n. 150 del 2009, che tocca questo argomento in via indiretta, perché, quando andiamo a determinare la performance delle amministrazioni ai fini di determinare la performance dei singoli dirigenti, è evidente che la performance delle singole amministrazioni non è altro che il risultato ottenuto dalla gestione dell'amministrazione medesima. È, quindi, un risultato non finanziario, ma certamente economico, e, poiché nella valutazione della funzionalità devono esistere, accanto alla gestione finanziaria, la gestione economica e la gestione patrimoniale, esso rileva direttamente.
Incide anche il tema del federalismo, che è uno dei temi principali in materia di controlli, perché da un lato accentua la forza e l'autonomia degli enti, ma dall'altro impone la logica dei costi standard come strumento di ripartizione delle risorse. Per poter determinare costi standard, occorre un sistema di contabilità economica, perché da un sistema di contabilità finanziaria i costi non emergono: emerge soltanto la possibilità di trasformare le spese in un'ipotetica rappresentazione di alcuni costi, non di tutti, e si è nell'impossibilità di determinare un sistema di costi revisionato, come impone il costo standard.


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Se davvero vogliamo avere un meccanismo di ripartizione di risorse, che ovviamente provocherà difficoltà e problemi, il sistema deve essere assolutamente trasparente. È quindi necessario arrivare - in forma di contabilità estesa o analitica ben sviluppata - a una determinazione della componente «costo» delle prestazioni, perché altrimenti tutta la riforma del federalismo rischia di infrangersi davanti al problema della correttezza e dell'oggettività del relativo calcolo.
Mi sembra che da tali elementi emerga come sia possibile agire attraverso un sistema di controlli integrati tra loro, purché alla base essi abbiano un sistema di rilevazione ugualmente integrata. Come docente non posso non segnalare che i controlli, senza un buon sistema informativo alla base, sono elementi molto opinabili.
Se vogliamo controllare elementi quali i costi, dobbiamo avere un'apposita contabilità che li rilevi. Non possiamo ignorare tale passaggio. Se vogliamo avere un buon funzionamento, dobbiamo avere anche una revisione critica dell'organizzazione: gli enti devono sapere che la loro organizzazione dipende dalle loro scelte, ma anche che sono stimolati a dimostrare l'economicità della loro organizzazione, perché la loro economicità ha delle conseguenze importanti, in termini di impatto sulla finanza pubblica.
Mi fermerei qui, signor presidente, rimanendo a disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Mastroianni e il professor Anselmi. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO BITONCI. Vorrei porre una domanda al dottor Mastroianni. Poiché abbiamo affrontato il tema dell'indebitamento della pubblica amministrazione, dei derivati e degli swap che sono stati utilizzati da molte amministrazioni comunali - soprattutto in passato - vorrei sapere se si sia a conoscenza di un dato complessivo dell'indebitamento provocato dall'utilizzo di questi strumenti derivati da parte delle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. Desidero porre una breve domanda al dottor Mastroianni e una al professor Anselmi. Al dottor Mastroianni faccio una domanda specifica relativa a una questione molto particolare, che riguarda alcuni comuni, in realtà diverse centinaia di comuni italiani, che vengono commissariati a seguito di provvedimento specifico del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno. Questi comuni vengono gestiti da una terna commissariale, costituita - in genere - da un prefetto e da due collaboratori.
Siamo - ormai - perfettamente consapevoli del fatto che tutti questi comuni, quando, dopo essere stati gestiti da tali terne commissariali, ritornano alla normale vita democratica e vanno nuovamente ad elezioni, sono condannati a uscire dai limiti imposti dal patto di stabilità interno per tutta una serie di motivi, tra i quali l'eccessivo costo della stessa gestione commissariale, ricadente sui comuni medesimi. Ciò appare ancora più grave, se si considera che circa il 90 per cento di questi comuni ha un esiguo numero di abitanti e, quindi, finanze assolutamente asfittiche. Vorrei sapere se voi abbiate già avuto l'opportunità di valutare questa tematica e se abbiate proposte al riguardo.
L'argomento estremamente interessante della relazione del professor Anselmi è quello relativo alla necessità di rendere più efficace e più efficiente il sistema dei controlli, anche ampliando funzioni e competenze dei collegi dei revisori dei conti. È notorio che negli enti locali i collegi dei revisori generalmente vengono individuati attraverso una serie di passaggi, tra i quali un voto nei vari consigli comunali. Spesso, quindi, la scelta è affidata alla prassi costante della vita politica e democratica del nostro Paese.
Vorrei sapere se ritenga che questo sia il metodo più consono e più opportuno o


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esistano valutazioni per rendere il collegio dei revisori - e quindi i revisori stessi - più slegati dalle situazioni politiche contingenti dei vari enti locali, rendendo più oggettiva la loro funzione.
Do quindi la parola ai nostri ospiti per la replica.

DOMENICO MASTROIANNI, Capo dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato. Per quanto riguarda i derivati e tutte le fattispecie che sono oggetto di rilievo, non ho qui un quadro esatto da poter dare, però, se siete interessati, posso provare a predisporlo e, se ritenete, ve lo posso inviare.
Per quanto riguarda, invece, il quesito posto dal presidente, come Ispettorato generale di finanza e servizi ispettivi di finanza pubblica - perché i servizi ispettivi fanno parte dell'Ispettorato generale di finanza - non abbiamo affrontato questo problema, perché non rientra nella nostra competenza. Come Ispettorato generale di finanza, infatti, abbiamo una vigilanza sugli altri enti pubblici, diversi dagli enti locali e territoriali. Per quanto riguarda l'attività ispettiva nei confronti degli enti locali, abbiamo competenza solo sulla base delle norme appena illustrate.
Poiché la competenza è del Governo, in particolare, del Ministero dell'interno, quando abbiamo notizia del commissariamento di un comune, solo per una questione deontologica evitiamo di intervenire con un'attività ispettiva, perché riteniamo che il commissario stia già risolvendo le situazioni di criticità, per cui noi non andiamo a sovrapporci. Si tratta, quindi, di un tema sul quale, purtroppo, non posso esserle di aiuto.

LUCA ANSELMI, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa. Grazie, presidente; trovo che la sua domanda sia molto stimolante. Permette di formulare sia risposte più diplomatiche che risposte più nette. Credo di poter agire su due fronti per risponderle: come potrebbe avvenire la nomina dei revisori dei conti e quali requisiti dovrebbero possedere i nominati.
Nella situazione attuale, se partiamo dai requisiti - scelgo la via più diplomatica - la scelta è quella che lei ha indicato: i requisiti richiedono che ci sia l'iscrizione nell'Albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, ormai fusi, e che un terzo revisore debba essere iscritto nell'Albo dei revisori contabili.
Poiché i due Albi sono fusi, in realtà si tratta di avere due revisori provenienti dallo stesso Albo e il terzo che fa riferimento al medesimo Albo, perché - in genere - i revisori sono già dottori commercialisti o ex ragionieri.
Sorge, quindi, una questione che fu affrontata anche nel 1977. La Ragioneria cominciò, poi, a muoversi già dieci o quindici anni fa pensando a un Albo dei revisori pubblici. Poiché la materia è pregnante e complicata rispetto alla normale revisione privatistica, potrebbe essere utile che - nell'ambito dell'Albo - si possa essere iscritti anche a una particolare sezione per revisori pubblici, dopo aver superato un esame o dopo aver acquisito dei titoli o, come fu fatto alla formazione dell'Albo per i privati, avendo esercitato - ad esempio per dieci anni - l'attività di revisore pubblico, in modo tale che questa documentazione possa dimostrare un minimo di conoscenza della materia.
Credo che ognuno conosca enti locali nei quali i revisori sono bravissime persone, ma posseggono scarsa conoscenza del funzionamento degli enti locali stessi. Se i revisori hanno un ruolo veramente importante per gli enti locali e divengono certificatori sempre più rilevanti, devono avere le conoscenze di base per poter svolgere questa attività.
Come fare la nomina costituisce il problema più delicato, perché è un problema politico. La nomina potrebbe continuare ad essere disciplinata esattamente come ora, ma restringendo i requisiti, cosicché vi sia una libertà, anche un intuito politico nello svolgere la nomina, ma tra persone che hanno requisiti molto stringenti, quindi con professionalità di buon livello, oppure si potrebbe alzare il quorum per effettuare le nomine in blocco o limitare la votazione a un terzo degli eligendi. In tale


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modo, si costruirebbe un sistema in cui una larga maggioranza potrebbe difficilmente riuscire a ottenere tutti e tre i revisori, ma potrebbe ottenerne due, indirizzandosi verso una scelta individuale. Ciò metterebbe in moto meccanismi di controllo incrociato anche all'interno della maggioranza.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi non solo per la loro disponibilità, ma anche per le relazioni che ci hanno consegnato. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Mastroianni (vedi allegato 1) e di quella consegnata dal professor Anselmi (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.


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