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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
8.
Martedì 31 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Tortoli, Roberto, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti del WWF, di Fare Ambiente e Ambiente e/è Vita:

Tortoli Roberto, Presidente ... 3 5 8 9 11
Margiotta Salvatore (PD) ... 8
Midulla Maria Grazia, Responsabile energia e clima del WWF ... 3 6 9
Narciso Renato, Capo ufficio stampa di Fare Ambiente ... 5 7 11
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 9

Audizione di rappresentanti della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) e Italia Nostra:

Tortoli Roberto, Presidente ... 11 15 20 22
Cuppini Alberto, Consulente di Italia Nostra ... 17 21
De Pascalis Giovanni, Consigliere di Italia Nostra ... 15 22
Margiotta Salvatore (PD) ... 13 20
Selvaggi Danilo, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU ... 12 13 21 22
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 31 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO TORTOLI

La seduta comincia alle 16,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del WWF, di Fare Ambiente e di Ambiente e/è Vita.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti del WWF, di Fare Ambiente e di Ambiente e/è Vita.
Comunico che i rappresentati Ambiente e/è Vita hanno fatto presente poco fa di essere impossibilitati a prendere parte alla seduta.
Sono con noi per il WWF Maria Grazia Midulla, responsabile energia e clima, e per Fare Ambiente il dottor Renato Narciso, capo ufficio stampa, e Iolanda Barbati dell'ufficio stampa.
Ringrazio gli auditi per la sollecitudine con la quale hanno accolto l'invito a essere presenti oggi e do subito la parola alla dottoressa Midulla, responsabile energia e clima del WWF.

MARIA GRAZIA MIDULLA, Responsabile energia e clima del WWF. Buonasera e grazie dell'invito. Io ritengo che oggi sia una giornata alquanto significativa: dopo l'annuncio del Governo tedesco di voler rinunciare al nucleare in tempi molto brevi si è verificato un nuovo boom a livello mondiale della domanda per le rinnovabili e anche in Borsa si sono registrate quotazioni altissime.
Il trend di crescita a livello mondiale delle rinnovabili, quelle che alcuni anni fa erano una promessa, è talmente forte che ormai bisogna considerarle una realtà. Come WWF a livello internazionale noi riteniamo che in una strategia integrata energetico-climatica - non dimentichiamoci che il problema va considerato anche nell'ambito della gravissima minaccia costituita dai cambiamenti climatici; anche se dal punto di vista dell'informazione abbiamo trend up-and-down per cui in alcuni momenti c'è un minore focus su questa problematica essa è sempre attualissima e purtroppo per le nostre sorti lo è drammaticamente - le rinnovabili unite all'efficienza energetica siano uno degli assi portanti.
Ho con me, e naturalmente ne posso trasmettere copia, sia del testo completo, sia dell'estratto in inglese, di uno studio elaborato dal Governo tedesco sul percorso per un 100 per cento di rinnovabili.
La scaletta dell'intervento di oggi si baserà quindi non su uno studio del WWF internazionale 100 per cento rinnovabili di cui vi ho fornito un estratto in italiano e ho trasmesso alla segreteria un link al testo completo, che è di oltre 300 pagine - mi sembrava ecologicamente corretto non stamparlo tutto - ma sull'executive summary di uno studio del Governo tedesco.


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Se mi consentite una piccola provocazione, i problemi che hanno affrontato nella loro strategia in Germania sono probabilmente gli stessi che dovremo affrontare noi.
Per trattare il problema delle energie rinnovabili bisogna affrontare il problema di tutta la filiera produttiva delle rinnovabili. Da questo punto di vista quello che, a nostro modo di vedere, manca in Italia è una strategia energetica che sia legata anche a un piano industriale e che, quindi, non veda solo la produzione di energia, ma anche tutta la filiera e soprattutto che individui, per quel che riguarda l'Italia, il ruolo peculiare che il nostro Paese nella filiera vuole svolgere.
Inoltre, è chiaro che una produzione energetica basata sulle rinnovabili significa anche una diversa distribuzione dell'energia. Un'energia distribuita e, quindi, un diverso assetto può indurre anche a una dematerializzazione del resto della produzione. Bisogna considerare a livello operativo e parlamentare il cambiamento nella sua globalità.
La sensazione a livello mondiale è che siamo alla vigilia di una vera e propria rivoluzione, la famosa nuova rivoluzione industriale di cui ormai parlano tutti e di cui il WWF parlò già quando entrò in vigore il Protocollo di Kyoto.
Nessuno sa come questa rivoluzione evolverà, nessuno lo può sapere prima, però sappiamo che sta avvenendo. Sappiamo che c'è un'innovazione tecnologica che va a passi da gigante e in questo senso, secondo me, una strategia energetica collegata a un piano industriale può fare in modo di prevedere e di indicare alcuni obiettivi allo sviluppo che si sta evidenziando a livello mondiale. Questo è il nostro punto di vista. Parliamo di obiettivi ambientali, ma anche industriali.
È molto importante in questo senso dare un supporto non solo alla fase della distribuzione dell'energia, della produzione di energia e della produzione dei componenti per l'energia, ma anche all'innovazione e alla ricerca. Questo è un momento in cui l'innovazione e la ricerca stanno compiendo passi incredibili.
Se voi mi permettete - so che alcuni membri della Commissione non la penseranno allo stesso modo - vorrei rilevare che sul nucleare sono state spese cifre enormi di bilanci statali per finanziare la ricerca e in fondo, dal punto di vista tecnologico, questa fonte energetica è più o meno sempre allo stesso punto, anche se ci sono stati naturalmente diversi sviluppi. In pochi anni, invece, vediamo che sul fronte delle rinnovabili l'innovazione tecnologica compie passi da gigante.
Supportare questa innovazione e la ricerca è importantissimo e dovrebbe far parte di questa strategia. Se mi consentite, a mio modo di vedere, il vero limite è quando si pensa che la strategia energetica sia semplicemente una formuletta di un mix energetico. Questa non è una strategia energetica, che è molto più complessa e molto più vasta. Questa è la mia opinione, che vi sottopongo umilmente.
Passo alle ultime questioni. In Italia molto spesso si vedono come alternative l'efficienza energetica e le rinnovabili che sono, invece, due pilastri della stessa concezione: l'uno non può esistere senza l'altro. È chiaro che le energie rinnovabili, che, secondo il WWF internazionale, dovrebbero sostituire del tutto i combustibili fossili, non sono il petrolio o il carbone, non sono strumenti che possono essere usati come il carbone o il petrolio.
Anche per soddisfare la domanda a livello mondiale noi abbiamo bisogno comunque di consumare meno e meglio l'energia e di attribuirle un valore diverso. Questa è la base dell'efficienza energetica, che ovviamente viene vista con più favore in questo momento in Italia dall'industria, perché in poco tempo si ripaga e anzi fa guadagnare. Noi non la vediamo affatto come una questione negativa, però non può essere vista come alternativa, perché va integrata, così come non si può parlare di rinnovabili senza efficienza energetica.
Allo stesso tempo in Italia bisogna finalmente porsi, come se lo pone il Governo tedesco, il problema della sostituzione dei combustibili fossili con le rinnovabili. Non possiamo continuare ad


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aprire nuove centrali che usano i combustibili fossili, addirittura quelli più impattanti per il clima come il carbone, perché abbiamo, peraltro, una capacità di produzione energetica che è già doppia rispetto al massimo picco di domanda mai raggiunto in Italia.
Non abbiamo bisogno di nuove centrali, ma di avere un piano su come produrre l'energia di cui abbiamo bisogno in modo compatibile, andando anche incontro a una strategia ormai a livello mondiale ed europeo.
Ricordo che le strategie e i piani di decarbonizzazione sono una realtà non solo in Europa, non solo in quasi tutti i Paesi sviluppati, ma anche in quasi tutti i Paesi in via di sviluppo. L'assenza di questo elemento dal mio punto di vista è negativa.
Accenno al fatto che comunque le rinnovabili pongono problemi e che noi non ce lo nascondiamo. Bisogna affrontare le questioni sempre con grande buonsenso, anche perché una delle diversità intrinseche delle energie rinnovabili, anzi di tutta la green economy, è quella per cui quel che oggi appare come una soluzione deve essere vista e tenuta sempre sotto osservazione e monitorata nel suo uso, in modo da modularla ai problemi che essa stessa pone rispetto all'impatto ambientale. Soprattutto bisogna evitare progetti che possano creare allarme sociale.
Sviluppare le rinnovabili, a cominciare dalle aree dismesse, e avere una grossa pianificazione del territorio è oggi un'esigenza fortissima, che troverete anche nel nostro rapporto internazionale, perché tutte le energie rinnovabili occupano più spazio e, quindi, per non entrare in competizione con l'agricoltura, bisogna stabilire ciò che abbiamo scritto sulla carta, cioè la programmazione del territorio da parte delle regioni e dei comuni. È una questione che va tenuta attentamente presente.
Per esempio, uno dei portati, secondo me, affascinante oltre che preoccupante del nostro rapporto internazionale è che noi non possiamo più permetterci gli sprechi. Avendo necessità di terre anche per l'energia non possiamo più permetterci di avere una produzione alimentare destinata allo spreco. Dobbiamo rivedere anche la nostra dieta.
È una fotografia anche di un modello di vita diverso, ma molto di buon senso, perché quasi tutte le questioni che io pongo hanno come fringe benefit la soluzione ad altri problemi, come l'inquinamento o una dieta che fa male alla salute, quella dei Paesi occidentali basata sulla carne. Voi sapete che il professor Veronesi, con cui noi quasi sempre polemizziamo, non mangia carne. Sono tutte questioni che si sposano con una concezione di qualità della vita molto più ampia.
Io avrei concluso. Se voi avete bisogno di delucidazioni, sono a vostra disposizione.

PRESIDENTE. Do la parola a Renato Narciso di Fare Ambiente.

RENATO NARCISO, Capo ufficio stampa di Fare Ambiente. Buonasera a tutti e grazie di averci ricevuto. Cercheremo di essere brevi e chiari.
Noi siamo l'unica associazione ambientalista che, forse anche per un moto di provocazione, si è schierata a favore del nucleare, anche dopo Fukushima, e vi spiego subito le nostre motivazioni. La filosofia di Fare Ambiente si pone il problema di un ambientalismo sostenibile e non demagogico, un ambientalismo che non sia filosofia. Fare Ambiente pensa che l'energia non sia mai abbondante, non sia mai a buon prezzo e soprattutto che non sia mai pulita. Dobbiamo capire qual è la forma meno inquinante e meno sporca, dal momento che abbiamo sostenuto che è soltanto utopia pensare che esista un'energia pulita.
Ciò premesso, noi abbiamo compiuto la scelta «filonucleare», anche se si è rivelata molto impopolare, specialmente dopo Fukushima, anche per porre l'attenzione sul problema della questione energetica.
Io ero alle scuole superiori quando ci fu il disastro di Chernobyl e ovviamente


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non votai. Ero in una scuola di elettrotecnica, anche se poi il mio percorso formativo è stato un altro, e all'epoca sentivo parlare tutti gli ingegneri e i professori della questione energetica, che seguivo per ragioni di studio e si parlava di energie rinnovabili, sole, mare, vento.
La verità, però, è che dopo 25 anni l'Italia dipende all'80 per cento da fonti fossili, gas, carbone e petrolio, importate per lo più da Paesi geopoliticamente instabili.
Inoltre, le energie rinnovabili coprono una modesta quota del fabbisogno nazionale, intorno al 2-3 per cento.
Quando si parla di energie rinnovabili si parla anche di acqua, ma ci sono alcune zone, per esempio del Cile, nelle quali le persone stanno protestando contro la centrale idroelettrica, perché essa dovrebbe allagare intere pianure, paesi, piantagioni per produrre energia da fonti rinnovabili.
Non è vero che le fonti rinnovabili siano sempre ecosostenibili. Per esempio, Fare Ambiente è contraria agli immensi campi di calcio di batterie di accumulatori che dovrebbero servire a immagazzinare l'energia solare e poi a restituirla di notte.
In merito poniamo due domande: al di là della demagogia del sole, che costi avranno, che potenza copriranno e quale sarà l'impatto ambientale? Il sole non ha impatto ambientale zero; questi accumulatori, queste batterie, che poi dovranno sempre essere smaltite, al pari dei reattori nucleari, saranno a impatto ambientale zero?
In merito all'energia eolica, l'Italia è un Paese che ha una grande rilevanza paesaggistica e vorrei capire quale Paese, anche turistico, vorrà quelle pale a deturpare il territorio. Ci riferiscono che esse creano anche problemi agli uccelli. Avranno un impatto ambientale differente, ma non zero. Valutiamolo allora, valutiamo il rapporto qualità-prezzo, ciò che esse possono produrre, quanto ci possono costare e quanto possono pesare dal punto di vista dell'impatto ambientale.
C'è stata una grande mobilitazione contro il nucleare. Vorrei capire perché tale mobilitazione da parte di tutte le associazioni ambientaliste e di molte parti politiche non si vada a esplicare anche nei confronti dell'energia nucleare importata dall'Italia. Siamo a più del 10-15 per cento - non ho il dato esatto al centesimo - però importiamo nucleare dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Slovenia e nessuno protesta per questo. Nessuno protesta contro le centrali a carbone o a gas. Forse non inquinano?
Noi ci poniamo il problema di quale sia il rischio minore per la buona qualità della vita. No al nucleare? Siamo d'accordo, ma veramente esistono fonti alternative? Esistono tanti Paesi al mondo che hanno una dipendenza geopolitica dal petrolio e che non sono contenti di ciò, come la Cina o l'India. Se potessero essere indipendenti dal punto di vista energetico, credo che i loro Governi sarebbero contenti, anche per ragioni di politica mondiale, di potenza della loro nazione. Se potessero sganciarsi dal petrolio, sarebbero ben contenti di farlo: basterebbe installare pannelli solari e pale eoliche, avendo territori immensi, e rendersi indipendenti dal punto di vista energetico e, quindi, avere un altro peso sullo scacchiere mondiale. Parlo di relazioni internazionali e di peso geopolitico. Se esistessero queste tecnologie, saremmo solo noi gli unici stupidi che non le utilizziamo?
Se esistessero tecnologie tali da poter coprire gli interi fabbisogni energetici nazionali utilizzando pannelli solari o fonti rinnovabili, Paesi come Cina e India, che dipendono fortemente dalle importazioni di petrolio, sarebbero tanto stupidi da non utilizzare queste energie? Perché non utilizzano questo tipo di energia per sganciarsi dall'importazione massiccia di petrolio?

MARIA GRAZIA MIDULLA, Responsabile energia e clima del WWF. Desidero informarla che lo stanno facendo. La Cina è il massimo investitore mondiale sulle rinnovabili.


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RENATO NARCISO, Capo ufficio stampa di Fare Ambiente. Forse perché le producono e hanno interesse nella produzione, forse perché la Cina ha regole ambientali inesistenti e, quindi, può produrre i pannelli di silicio, trascurando l'impatto ambientale nella costruzione. Sarà questo forse il motivo.
So che la Cina li produce, ma come li produce? Che cosa succede durante la produzione di quelle celle solari? Che cosa fanno? Gli scarti del silicio sono scaricati nel fiume Giallo o esistono veri impianti di depurazione? A me non sembra che la Cina abbia una grande protezione sociale e ambientale.
Attenzione, conosciamo i rischi del nucleare, ma alla fine spegnendo il 25 per cento dell'energia tedesca prodotta dalle centrali atomiche, come sarà sostituita? Sarà rimpiazzata veramente dal sole e dal vento o piuttosto dal petrolio?
Attualmente in Italia la produzione solare va a integrare la produzione energetica e non a sostituirla. Quando mi si riferisce che abbiamo 100.000 megawatt di capacità di produzione energetica rispetto ai 50.000 che costituiscono il picco concreto della domanda, è vero, ma dobbiamo anche dire che abbiamo le centrali di base e le centrali di punta. Le centrali di base sono a più alta efficienza energetica, ma ovviamente il loro avvio richiede più tempo. Poi ci sono i momenti in cui occorre coprire il fabbisogno nelle ore di punta e a tale scopo ci sono le centrali di punta, a basso rendimento, i classici motori diesel che partono subito. Non possiamo pensare di coprire il nostro fabbisogno di energia utilizzando le centrali di punta, ad alto impatto ambientale e ad alto costo.
Dobbiamo porci il serio problema di non fare demagogia, di non fare filosofia e di non fare come nel 1987, quando si parlò di vento, acqua, sole e mare e nel 2011 ci troviamo ancora con gas, carbone e petrolio.
Ci sono circa 110 piattaforme petrolifere nel Mediterraneo. Se fosse successo nel Mediterraneo quello che è successo l'anno scorso nel Golfo del Messico, essendo il Mediterraneo un mare chiuso che richiede ottant'anni per il ricambio integrale di acqua, avremmo perso il mare stesso.
Chi protesta, chi combatte tutte queste battaglie contro il nucleare lo fa per un motivo ideologico o perché tiene all'ambiente. Se tiene all'ambiente, mi dovrebbe spiegare perché non protesta anche contro l'energia nucleare importata, contro il carbone, contro il gas e contro il petrolio che ci danno l'energia.
L'energia non è pulita. Come sostituire il 74 per cento dell'energia francese spegnendo le 59 centrali elettronucleari francesi? Quell'energia elettrica arriva dal sole, dal mare e dal vento o dal petrolio? L'Olanda ha i mulini a vento, è la più grande produttrice in Europa di energia eolica. È vero, ma ha anche quattro centrali nucleari.
La posizione di Fare Ambiente è chiara: siamo per il mix energetico. Il sole copre una buona parte, il vento un'altra buona parte, ma se non si riesce a coprire un'alta fetta del fabbisogno nazionale solo con queste due fonti, allora piuttosto che dipendere dal petrolio preferiamo l'atomo.
Chiaramente siamo a favore di centrali di terza generazione, che non producono scorie radioattive, e per non uscire dalla ricerca nucleare, perché prima o poi ci sarà l'energia di fusione.
Il problema delle scorie radioattive è ancora esistente. La centrale di Trino Vercellese che è perfettamente funzionante, ma non produce energia perché per legge non lo può fare. Quelle popolazioni hanno il rischio della centrale nucleare, ma senza trarne alcun beneficio. Questa non è logica, è solo demagogia di bassa lega. Non è logica, non c'è alcuna pianificazione energetica in tutto ciò.
Certo, l'atomo è pericoloso e nessuno sostiene che non comporti pericoli, ci mancherebbe altro, ma vi chiedo se sia più pericoloso l'atomo o gli 8.000 morti all'anno dovuti a polveri sottili causate dal petrolio. È più pericoloso l'atomo o sono più pericolose le 110 piattaforme petrolifere che stanno nel Mediterraneo e che, se


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succedesse un incidente come quello nel Golfo del Messico, provocherebbero non si sa quanti danni all'ecosistema del Mediterraneo?
Gianbattista Vico sosteneva che la storia è fatta di corsi e di ricorsi. Dopo 24 anni ci troviamo nella stessa situazione, ad affrontare un referendum sull'energia a mente fresca di un incidente atomico.
Il 26 aprile del 1986 ci fu Chernobyl, che fu tutto tranne che un incidente, e ora ci troviamo nel 2011 con Fukushima, dove si è verificato tutto tranne che un incidente: dopo un terremoto, dopo un maremoto di 14 metri, se i signori della TEPCO avessero buttato l'acqua di mare all'interno dei reattori e li avessero spenti, probabilmente l'incidente non sarebbe accaduto o avrebbe avuto tutta un'altra dimensione.
Ci troviamo dopo 24 anni ad affrontare lo stesso referendum dopo un incidente nucleare parlando di sole, acqua, mare e vento e io spero che fra 24 anni le generazioni future non si troveranno di nuovo a parlare di acqua, sole, mare e vento a fronte della dipendenza energetica dovuta dal petrolio.
In quanto all'efficienza energetica, Fare Ambiente sicuramente sponsorizza l'efficienza energetica anche appoggiandosi alle nuove tecnologie come la domotica, la gestione intelligente della casa. Ovviamente l'efficienza energetica è una questione che va assolutamente sponsorizzata e pubblicizzata. Bisogna battersi per l'efficienza energetica, sia con il comportamento quotidiano, sia con le nuove tecnologie.
Ho concluso. Grazie dell'attenzione.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SALVATORE MARGIOTTA. Al rappresentante di Fare Ambiente voglio ricordare che la nostra è un'indagine conoscitiva sulle energie rinnovabili. Non discutevamo pro o contro il nucleare. La sede della Commissione ambiente, in cui siamo tutti adulti, vaccinati e fermi nelle nostre convinzioni, non è la sede migliore per fare propaganda preelettorale.
Dopodiché, fa benissimo a esporre tutte le sue legittime tesi a sostegno del nucleare, ma non c'entrano molto con l'argomento dell'indagine conoscitiva.
Con una battuta deve osservare che l'oggetto delle sue ferme convinzioni dovrebbe essere il Governo, il quale, chissà perché, ha deciso di effettuare una moratoria. Provi a convincere il Governo a ritornare al nucleare.
Io penso che lei abbia inteso male il senso di questa indagine conoscitiva, che non è il campo di uno scontro ideologico tra chi vuole il nucleare e chi non lo vuole. Quando lei sostiene che chi non vuole il nucleare fa demagogia, svolge affermazioni molto forti. Io non affermo che chi lo vuole fa demagogia, ma che abbiamo punti di vista differenti e che, in ogni caso, siamo qui per svolgere un altro lavoro, cioè per approfondire tematiche che riguardano le fonti rinnovabili in Italia.
Alla rappresentante del WWF volevo porre una domanda. Condivido in parte le considerazioni svolte e non sono pessimista come il rappresentante di Fare Ambiente, ma neanche così ottimista da pensare che si riuscirà a produrre tutte queste energie rinnovabili. So bene che bisogna avere un auspicio per arrivare a un risultato comunque accettabile, almeno in linea con gli obiettivi che l'Unione europea ci indica.
Poiché non è vero quanto affermava il rappresentante di Fare Ambiente, il dottor Narciso, ossia che da 25 anni siamo fermi sulle rinnovabili, ma è vero il contrario, perché negli ultimi tre o quattro anni c'è stato un fortissimo sviluppo di queste fonti, con un trend positivo che dà valori molto diversi da quelli che lui ha fornito a proposito dell'incidenza delle rinnovabili in percentuale rispetto al totale, non c'è dubbio che dal mio punto di vista questo trend positivo venga interrotto e anche messo fortemente a rischio dagli ultimi decreti ministeriali, i quali, peraltro, sono venuti fuori senza tenere assolutamente conto dei pareri che


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le Commissioni ambiente, territorio e lavori pubblici e attività produttive, commercio e turismo della Camera hanno espresso al riguardo, come è noto, nonché di una risoluzione votata all'unanimità alla Camera.
La mia domanda alla rappresentante del WWF è: quali punti di questi ultimi provvedimenti governativi ritiene più negativi, se li ritiene negativi - può darsi che il suo parere sia diverso dal mio - e che conseguenze i citati decreti possono avere, a suo avviso, sullo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Sono Elisabetta Zamparutti e sono un deputato radicale eletto nelle liste del Partito Democratico.
Al rappresentante di Fare Ambiente volevo riferire che, da radicali, il nostro approccio al nucleare, che vale altrettanto per le rinnovabili, è quello di una valutazione in termini di costi-benefici. È questo che ci fa dire no al nucleare, visto che si tratta di una tecnologia che, nonostante esista da almeno 60 anni in termini di produzione a fini civili, si è dimostrata incapace di camminare con le proprie gambe in assenza di un pesantissimo investimento pubblico.
Questa è la ragione fondamentale ed è la stessa che ci porta a condividere l'osservazione emersa tanto dal WWF, quanto da Fare Ambiente, su una sostanziale assenza di definizione di una strategia energetica nazionale, il che impedisce la possibilità di programmare uno sviluppo sano e costruttivo per il nostro Paese in questo settore cruciale.
Sono convinta, come l'esponente del WWF ha fatto notare, che noi siamo alla vigilia di una grande rivoluzione per quanto riguarda le rinnovabili e proprio per questo motivo vi chiedo anch'io un'opinione sulle recenti decisioni del Governo, in particolare per quanto attiene al fotovoltaico Chiedo se, in realtà, in questo modo innanzitutto non si ipotechino ingenti risorse pubbliche per un settore che va inevitabilmente a pregiudicare la possibilità di sviluppo di altri settori, a partire da quello dell'efficienza energetica, che, anche a giudicare dalle vostre considerazioni, è un settore che va assolutamente sostenuto. Francamente lo affermano tutti, ma nessuno lo fa.
Questo è un dato su cui bisogna assolutamente riflettere, così come, a mio avviso, esiste una scarsissima consapevolezza dell'apporto che possono dare le rinnovabili termiche e c'è un assoluto sbilanciamento anche in termini di risorse pubbliche per il settore delle rinnovabili elettriche. È un'altra considerazione che sottopongo alla vostra attenzione per avere eventualmente una vostra valutazione.
Voglio anche chiedervi se nelle vostre analisi avete preso in considerazione in particolare - forse esco dall'ambito di questa indagine conoscitiva, però è un fatto emerso anche dall'audizione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas - la maggiore linearità, la maggiore trasparenza anche in termini di contenimento di emissioni inquinanti dello strumento della leva fiscale. Voglio dire, se non ritenete che nel nostro Paese per le politiche ambientali ci sia una scarsa considerazione delle potenzialità che potrebbe avere lo spostamento del peso fiscale dai redditi da lavoro a quelli relativi all'utilizzo o, per quanto riguarda l'Italia, lo spreco e lo sperpero delle risorse ambientali?
Ringrazio anche l'esponente del WWF per aver sottolineato come uno sviluppo delle rinnovabili, che pure è giusto che ci sia, non possa prescindere da una programmazione delle politiche territoriali e urbanistiche. Effettivamente lo sviluppo delle rinnovabili rischia di avere un effetto impattante in un Paese in cui politiche di questo tipo purtroppo scarseggiano. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Midulla e al dottor Narciso per la replica.

MARIA GRAZIA MIDULLA, Responsabile energia e clima del WWF. Rispondo all'onorevole Margiotta. Sicuramente noi


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ci siamo battuti perché l'improvviso allarme sociale creato sull'ammontare non degli investimenti - perché non sono investimenti pubblici ma soldi dei consumatori - sul conto energia abbia, in realtà, impedito di ottenere quella che io cerco di applicare sempre, ossia una visione complessiva nella quale tutto ha una sua funzione, ovviamente come leva.
Né il WWF, né gli stessi produttori di rinnovabili chiedono incentivi sine die. Ci sono fasi in cui gli incentivi sono molto importanti per far partire e sviluppare più prepotentemente un'industria e fasi in cui tali incentivi vanno a calare. Addirittura alcuni produttori di rinnovabili stanno pensando alla possibilità di uno strumento che sia una scala mobile sugli incentivi, ancorando gli incentivi al prezzo effettivo della tecnologia anche perché, come voi sapete, i pannelli solari stanno attraversando una diminuzione di prezzo molto forte.
Siamo piuttosto contrari alla filosofia che parte dal panico per gli incentivi e poi crea un tetto, perché il tetto alle rinnovabili è una questione che, secondo noi, non ha alcun senso. Gli obiettivi europei sono obiettivi di minima, non di massima. A nostro modo di vedere, questa filosofia è sbagliata in partenza. Probabilmente pensando a uno strumento di questo genere gli incentivi si sarebbero modulati.
È ancor più strano che questo fenomeno si sia creato, per due motivi: il primo è perché analoga azione è stata compiuta in altri Paesi, in realtà laddove si aveva bisogno di più risorse pubbliche per altre tecnologie come il nucleare, e il secondo è che sulla bolletta dei consumatori per tanti anni, per vent'anni, hanno pesato ben altre voci.
I consumatori sotto la voce rinnovabili hanno finanziato, infatti, i combustibili fossili, le cosiddette assimilate. È una questione molto grave.
In più, a mio modo di vedere, andrebbe fatta chiarezza su quanto i consumatori hanno versato sul nucleare anche come rimborso per il nucleare non realizzato, laddove, oggi come oggi, e sono passati vent'anni, l'Italia non ha alcun bisogno del nucleare. Lo ribadisco: io ho partecipato a un'assemblea delle reti in cui erano presenti tutti i produttori, i quali si lamentavano del fatto che usavano le centrali per la metà della loro capacità. Non abbiamo bisogno di questo.
Onorevole Zamparutti, io sono d'accordo con molte delle sue considerazioni, però il segreto sta nelle accentuazioni. Io ritengo che non esistano strumenti alternativi. Ho partecipato, anzi sono stata addirittura una delle fautrici, alcuni anni fa, di un gruppo al Ministero dell'economia e delle finanze sulla tassazione ambientale.
La tassazione ambientale è una questione giustissima. A livello generale il pensiero moderno sostiene che la tassazione si sposterà dal lavoro a questo ambito perché comunque con il paventarsi di una crisi ecologica a livello mondiale, che è in corso, anche se noi non ce ne rendiamo conto, sarà questo il futuro.
Non vedo, però, perché debba essere un fatto alternativo. Non esiste un'alternativa tra leva fiscale e, per esempio, emission trading, perché l'emission trading è, in fondo, una leva fiscale anch'essa.
In quanto all'efficienza energetica, io credo che noi abbiamo messo in campo ottimi strumenti sull'efficienza energetica, che sono in scadenza, e che forse nell'ambito di un piano e di una strategia nazionale dobbiamo porci il problema del futuro. In molti casi l'efficienza energetica, come si è visto, si ripaga da sola. Quando qualcuno ha pensato di togliere le agevolazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, non ha considerato che sono soldi che non sarebbero stati spesi senza la defiscalizzazione. Non erano soldi cui lo Stato rinunciava, ma in realtà erano soldi in più per lo Stato. Secondo me, quindi, quando si mettono in connessione i diversi pezzi, si ha la strategia.
L'allarme però che io vorrei lanciare è un problema di tempi. Io ho molto timore - mi perdonerete se parlo un secondo di nucleare - del fatto che nella


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norma approvata c'è una sorta di attesa per poter riproporre il nucleare entro un anno e mezzo. Ciò rischia di ritardare ulteriormente la strategia energetica, laddove altri Paesi stanno, invece, andando per la loro strada in modo molto prepotente.
In Germania non si stanno solo ponendo il problema del 100 per cento di rinnovabili, ma lo stanno accompagnando addirittura a studi di psicologi su come potrebbe essere il nuovo mondo e come il cittadino potrebbe approcciarsi a questa nuova concezione.
Considerate, per esempio, che la dematerializzazione comporta anche meno spazi di socialità. Tutto ciò pone problemi di una complessità, ma anche di un fascino enorme, su cui un Paese dovrebbe cominciare a riflettere quando sa che sta avvenendo questo fenomeno, anche per trovare il proprio ruolo.

RENATO NARCISO, Capo ufficio stampa di Fare Ambiente. Sono rimasto piuttosto colpito dalle osservazioni dell'onorevole Margiotta. Io non svolgo alcuna propaganda elettorale, anche perché forse non ci separa nemmeno il referendum. Non devo convincere nessuno a votare.
In quanto alla demagogia, ribadisco assolutamente il concetto, perché dire no al nucleare va bene, ma lo si dica a tutto il nucleare, anche a quello che importiamo. La demagogia sta in questo. Forse mi sono espresso male o forse ha capito male lei, onorevole, quando ho parlato di demagogia: si dice no al nucleare, ma solo alla produzione e non all'importazione. Un decimo delle lampadine accese in questo palazzo funziona a energia nucleare, ma nessuno protesta.
In quanto al mix energetico, ribadisco che, se esiste la possibilità di coprire tutto, va bene, ma spero che la chiusura dei reattori atomici nel mondo, a cominciare dalla Germania, non si traduca in un aumento di emissioni di gas di natura fossile.
Per quello che riguarda la defiscalizzazione, è inutile ripetersi. La nostra posizione concorda più o meno, tranne per alcuni parametri, con quella della collega. In tema di risparmio energetico e di leve fiscali avevamo addirittura proposto una defiscalizzazione per le famiglie e per le imprese che risparmiavano e che nell'arco di un anno dimostravano, bolletta alla mano, di aver diminuito i loro consumi. Ovviamente non siamo il Governo, siamo un'associazione ambientalista che ha un'altra concezione e soprattutto ha voluto porre il problema sul problema energetico nazionale, senza unirsi al solito ritornello dei no senza se e senza ma.
L'osservazione dell'onorevole Zamparutti a proposito dell'impatto ambientale delle energie rinnovabili, mi fa dire peraltro che forse sono riuscito a spiegarmi meglio con lei, perché noi poniamo proprio questo tipo di attenzione. Dopodiché, se l'Italia vuole compiere una scelta antinucleare, a noi sta pure bene, ma a condizione che non vada a vantaggio delle energie fossili.
L'onorevole Margiotta sosteneva che negli ultimi tre o quattro anni abbiamo avuto un incremento di produzione delle rinnovabili. Quante centrali termoelettriche si sono chiuse grazie a tale incremento? Noi non siamo matti nel volere l'atomo, però non vogliamo il petrolio. La nostra battaglia è contro il petrolio.
Credo di aver risposto, ma se ci sono altre osservazioni, sono a disposizione.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) e Italia Nostra.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) e di Italia Nostra.


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Ringrazio gli auditi per la sollecitudine con la quale hanno accolto l'invito a essere presenti oggi e do subito la parola al dottor Selvaggi, responsabile rapporti istituzionali della LIPU.

DANILO SELVAGGI, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU. Signor presidente e onorevoli membri di questa Commissione, vi rivolgo un ringraziamento per aver inteso convocare la LIPU Birdlife Italia per questo ciclo di audizioni sul tema delle fonti energetiche rinnovabili.
È una questione senza dubbio centrale per il futuro del pianeta e che riguarda almeno tre temi di grande rilievo, le energie e il fabbisogno energetico, i mutamenti climatici e la conservazione della natura, una questione che la LIPU segue con grande interesse e spirito fattivo, ma anche con le preoccupazioni che già più volte abbiamo avuto modo di segnalare e di argomentare anche in questa Commissione, per esempio nel corso delle audizioni sulle mozioni sull'energia eolica.
Nutriamo interesse e preoccupazione perché, da un lato, senza dubbio le fonti di energie rinnovabili possono e devono rappresentare nella prospettiva di lungo termine uno strumento per contribuire alla limitazione delle emissioni di CO2 e, uno degli strumenti, insieme a un'efficace politica di risparmio e di efficienza energetica e, a nostro avviso, a una nuova filosofia di una nuova educazione al consumo, per affrontare al contempo il problema energetico e la questione ambientale.
Per noi questa triade, energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica e filosofia non meramente consumistica, ma di attenzione ai bisogni e alla qualità di ciò che consumiamo, piuttosto che ai consumi privi di limiti e talvolta anche di senso, va tenuta in grande considerazione.
Siamo anche convinti, signor presidente, visto che l'attualità ci richiama al tema, che la prospettiva energetica non stia né nel nucleare, una tecnologia che non attira più, né nelle fonti fossili, ma nelle energie rinnovabili inserite nel contesto più generale che poco fa ho tentato di tracciare.
Tuttavia, le fonti di energia rinnovabile generano in noi anche non poche preoccupazioni, soprattutto sotto il profilo dell'impatto naturalistico. Una politica di diffusione territoriale non controllata e non attentamente pianificata degli impianti per l'energia rinnovabile produce molti danni al paesaggio, alla biodiversità e ai siti e alle aree ancora presenti e integri nel nostro Paese, e non solo. Se pensiamo alle biomasse, altre preoccupazioni emergono, considerando la conversione di amplissimi territori naturali talvolta molto preziosi in diverse parti del pianeta, come, per esempio, le foreste in colture a scopo energetico.
Questo è il cuore della questione, secondo la LIPU Birdlife Italia. La produzione delle fonti rinnovabili non può avvenire a discapito della biodiversità, come invece purtroppo in molti casi sta accadendo.
Per questa ragione, per il bene delle fonti di energia rinnovabile, è più che urgente un rinnovato e più preciso sistema di regole, soprattutto rispetto all'insediamento territoriale, a fronte di una pianificazione territoriale che, in particolare per eolico e fotovoltaico, è ancora ampiamente insufficiente e incoerente.
In Italia oggi disponiamo - lo ricordo, signor presidente - di un decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che pone un divieto di impianti eolici oltre una data soglia nelle zone di protezione speciale, cioè in alcuni dei siti della Rete Natura 2000 posti a tutela dell'avifauna protetta a livello nazionale e internazionale.
Si tratta, però, solo di alcune aree e non sono certamente le uniche aree preziose sotto il profilo naturalistico, laddove per tutti gli altri siti gli strumenti se non di divieto, ma di regolamentazione sono molto deboli o addirittura mancano del tutto, né c'è mai stato assoggettamento alla VIA per questi impianti, un procedimento che avrebbe sicuramente offerto


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e che potrebbe offrire maggiori garanzie anche sotto il profilo dell'evidenza pubblica.

SALVATORE MARGIOTTA. Mi scuso se la interrompo, ma perché non c'è assoggettamento alla VIA? In Basilicata è sempre necessaria. Non esiste alcun impianto autorizzato in Basilicata senza la VIA, che è obbligatoria per le autorizzazioni. È sicuro, non è una mia opinione.
Mi sembra strano che le regioni possano autorizzare un impianto eolico in mancanza della VIA.

DANILO SELVAGGI, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU. Lo fanno con la mera valutazione di incidenza, peraltro quando gli impianti riguardano direttamente e indirettamente i siti protetti a livello comunitario.

SALVATORE MARGIOTTA. Se così fosse, sarebbe molto grave. In Basilicata non avviene ciò e non dovrebbe avvenire in alcuna regione.

DANILO SELVAGGI, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU. Le recenti linee guida nazionali emanate dal Ministero dello sviluppo economico nel settembre del 2010 avrebbero potuto essere uno strumento importante, anche se sono giunte molto in ritardo. Peraltro, molte regioni non hanno inteso cogliere l'indicazione e anche la legittimazione giuridica offerta da questo strumento per emanare a loro volta linee guida regionali con prescrizioni territoriali.
Ciò è avvenuto con poche eccezioni e anche piuttosto inadeguate, lasciando il settore in un caos generale che, a nostro avviso, non giova né alla causa delle rinnovabili, né a quella della tutela della natura. È un caos, peraltro, testimoniato anche un po' plasticamente dal fatto che molti uffici sono davvero invasi da progetti su impianti eolici e in alcuni casi manca anche lo spazio fisico per accoglierli, perché manca una scrematura alla fonte attraverso griglie e normative più selettive e più serie.
Anche il decreto Romani ha introdotto per molti aspetti ulteriori motivi di deregulation, soprattutto per gli impianti da 1 megawatt, che non vanno sottovalutati, perché sono impianti di grande portata per l'eolico: le torri da un 1 megawatt sono alte 100 metri e per il fotovoltaico sono circa due ettari di terreno agricolo. In questi casi alle regioni, credo anche alla Basilicata, è concesso di escludere questi impianti dal tradizionale regime autorizzativo e di autorizzarli semplicemente con la PAS, la Procedura abilitativa semplificata, che è una mera dichiarazione di inizio attività.
È vero che il decreto Romani ha posto alcuni limiti per altri aspetti al fotovoltaico oltre 1 megawatt sui terreni agricoli, ma si tratta di previsioni deboli, senza considerare il fatto che lo stesso decreto Romani introduce l'opzione per cui non vengano considerati terreni agricoli quelli incolti e abbandonati, che invece sono, dal punto di vista naturalistico, aree di grandissima importanza, proprio perché incolte e lasciate a un ripristino spontaneo naturale e naturalistico. In alcuni casi si tratta dei terreni agricoli più importanti dal punto di vista della conservazione della biodiversità.
In generale, noi riteniamo che la pianificazione territoriale non sia sufficiente e che in molti casi sia debole, con la conseguenza di un forte consumo di suolo, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, dove rischiamo di perdere identità ambientali, culturali e storiche, ma anche aree naturalistiche di grande importanza. Ricordo il rischio che corrono alcuni siti di straordinaria importanza per la biodiversità, come gli ultimi siti di nidificazione della rarissima cicogna nera.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è che questa insufficiente pianificazione territoriale si è saldata con la presenza di un sistema di incentivi che talvolta è risultato e risulta sproporzionato e non sufficientemente e intelligentemente mirato, dando vita a situazioni poco chiare, a corti circuiti anche sotto il profilo dell'etica e della trasparenza delle stesse intenzioni di chi investe nelle fonti di


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energia rinnovabile. Magari non lo fa perché ha seriamente a cuore questa impresa, che pure è delicata e importante, ma perché trova in essa un'occasione di facile speculazione.
Tale speculazione è dannosa per il paesaggio, ma anche per la stessa economia e per lo sviluppo delle energie rinnovabili, soprattutto nella misura in cui talune aziende più aggressive hanno la meglio sulle imprese più illuminate e desiderose di adottare procedure trasparenti, concertative e analisi ambientali più serie e corrette.
Non entrerò in ulteriori dettagli, signor presidente. Ciò che a noi preme è cogliere questa occasione per portare come LIPU Birdlife Italia queste riflessioni, in cui siamo impegnati anche a livello della nostra federazione internazionale e, in particolare, a livello di Commissione europea. Ci preme portare un messaggio politico e culturale generale.
La questione delle fonti di energia rinnovabile è stata fino a questo momento estremamente controversa e, per alcuni aspetti, addirittura una sorta di lotta fratricida interna all'ambientalismo tra chi - semplifico, ma fino a un certo punto e nemmeno troppo - ha a cuore il problema climatico e chi, invece, difende le questioni della biodiversità e del paesaggio.
La questione paradossale, a nostro avviso, è che entrambi questi schieramenti rischiano oggi di perdere la partita: da un lato, le rinnovabili si diffondono, ma forse senza ottenere l'efficacia che potrebbero ottenere e in modo in gran parte speculativo, dall'altro, ulteriore territorio italiano si consuma, altri siti culturali o naturalistici sono compromessi e questo per un Paese come l'Italia, la cui ricchezza sta anche e soprattutto nei valori difesi dall'articolo 9 della Costituzione, è un aspetto molto grave, una situazione non tollerabile.
Occorre, a nostro avviso, signor presidente, un vero cambio di strategia. Questi due interessi si devono e si possono conciliare. Il nostro Paese ha sufficiente cultura e strumentazione tecnico-scientifica per conciliarli, strappando questa materia a una deriva che da troppo tempo, forse dall'inizio, essa sta vivendo.
Noi riteniamo che il futuro di questa questione passi attraverso un ragionamento di sintesi che possa e debba affrontare il problema del fabbisogno energetico, la grande questione climatica e il tema della conservazione della biodiversità e del nostro passaggio in maniera sintetica e univoca.
Elenco ora alcuni nostri intendimenti, alcune nostre richieste magari anche più di dettaglio che vogliamo porre al termine di questa nostra riflessione.
Noi chiediamo innanzitutto una rinnovata e complessiva regolamentazione della materia che includa anche una definizione degli obiettivi da fonti di energie rinnovabili da assegnare alle regioni; una ridefinizione degli incentivi all'eolico soprattutto secondo una griglia di criteri paesaggistici e ambientali e un subordinamento della potenza eolica prevista nel PAN a una reale sostenibilità naturalistico-ambientale; la rimozione della deregulation autorizzativa sugli impianti da 1 megawatt, che non possono essere sottovalutati nel loro potenziale impatto anche negativo; una diluizione degli impegni sul fotovoltaico - non tutto e subito - armonicamente in linea con la riduzione anche graduale dei costi; un orientamento delle nuove risorse finanziarie disponibili verso la ricerca e, in particolare, su rinnovabili termiche ed efficienza energetica; l'adozione di politiche funzionali al contenimento delle emissioni di CO2 anche in altri settori assolutamente importanti, fortemente energivori e strategici come, per esempio, i trasporti.
Soprattutto crediamo che sia arrivata l'ora per l'Italia di impegnarsi nel ricondurre l'occasione delle rinnovabili, che è un'occasione preziosissima, nell'alveo di un grande progetto che coinvolga tecnici, scienziati, ministeri, istituzioni e decisori e che sia finalizzato a una progressiva ed efficace decarbonizzazione del nostro sistema produttivo e, al tempo stesso, nel vero e concreto rispetto del patrimonio


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ambientale e paesaggistico italiano, che è un patrimonio inestimabile che dobbiamo senz'altro tutelare. Si tratta di un'operazione da svolgere bene e con urgenza, per la quale noi siamo disponibili a dare il nostro piccolo, ma riteniamo prezioso, contributo. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Italia Nostra, Giovanni De Pascalis e Alberto Cuppini.

GIOVANNI DE PASCALIS, Consigliere di Italia Nostra. Grazie, presidente, per l'opportunità che è stata offerta all'associazione Italia Nostra di poter esprimere la propria opinione su una questione tanto importante per il futuro del nostro Paese.
Ringrazio anche l'amico della LIPU per tutto ciò che ha detto e che sottoscrivo pienamente, perché ha parlato non solo dell'impatto ambientale e naturalistico, ma anche dell'impatto sul territorio, sul paesaggio e sui beni culturali. Naturalmente questa è la preoccupazione maggiore di Italia Nostra, ma, essendo un'associazione ambientalista, essa si preoccupa complessivamente dell'impatto ambientale, territoriale e paesaggistico.
Vorrei, in particolare, trattare dell'impatto sui beni culturali. Il paesaggio è il bene culturale più importante di tutti per la sua estensione e perché contiene tutto. Il paesaggio, il nostro territorio complesso, come è stato osservato tante volte, è di fatto un elemento fondamentale della stessa identità nazionale italiana. Noi siamo legatissimi al paesaggio, che è una costruzione millenaria. Il paesaggio naturale come è stato plasmato nel corso dei millenni dall'opera umana è il rapporto armonico tra natura e arte, tra natura e beni artistici, beni monumentali, centri storici.
Tengo anche a sottolineare che Italia Nostra è, come tutte le associazioni ambientaliste, totalmente a favore dello sviluppo delle energie rinnovabili, che noi riteniamo probabilmente l'elemento fondamentale energetico nel futuro dell'umanità. Naturalmente c'è anche la speranza rispetto alla fusione nucleare, ma noi siamo totalmente a favore dello sviluppo e dell'incentivazione delle energie rinnovabili. Le energie rinnovabili, però, come è stato già rilevato, non sono prive di un rilevante impatto ambientale e paesaggistico, compresi quello sui beni culturali.
Le energie rinnovabili, inoltre, sono diverse tra loro, non sono tutte uguali e noi riteniamo anche che i diversi Paesi del mondo abbiano diverse vocazioni. Non è vero che ogni Paese del mondo abbia un'identica vocazione rispetto a tutti i tipi di tecnologie energetiche rinnovabili. Ci sono Paesi che hanno territori con una più elevata ventosità, per esempio.
L'Italia è un Paese notoriamente a bassa ventosità media. Ci sono alcuni punti in Italia che hanno una buona ventosità, come l'alta montagna, oppure luoghi nelle isole, come la Sardegna settentrionale e la Sicilia occidentale, che sono, però, anche territori a fortissima vocazione turistica.
Ho citato il problema del turismo e dell'economia turistica, che è fondamentale per il nostro Paese. Sappiamo che l'economia turistica è una parte importante nell'economia italiana, che potrebbe crescere anche molto. Esiste una potenzialità che sarebbe da sviluppare, anche se la situazione sta, invece, evolvendo all'opposto e l'Italia sta perdendo posizioni rispetto all'economia del turismo a livello mondiale.
L'Italia è un Paese relativamente piccolo. Non abbiamo i territori immensi di cui dispongono Paesi come gli Stati Uniti d'America, il Canada, la Russia, la Cina o l'Australia, un Paese peraltro anche pochissimo abitato.
L'Italia è un Paese densamente popolato. Se togliamo le montagne, perché la popolazione italiana non vive in montagna, ma è concentrata nelle pianure o nelle zone di collina, vediamo che la densità è già estremamente alta, superiore a 300 abitanti per chilometro quadrato.
L'Italia è un Paese piccolo. Voi sapete che, se si sale sulle cime più alte dell'Appennino al centro della penisola, si può vedere da una parte il mar Tirreno e


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dall'altra l'Adriatico, il che già ci dà l'idea delle dimensioni relativamente piccole di questo Paese.
Ed è un Paese ricchissimo di valori paesaggistici, di valori culturali, di monumenti, del patrimonio storico artistico di cui parla la Costituzione. Permettetemi di ricordare l'articolo 9 della Costituzione, che dice che la Repubblica tutela il patrimonio storico-artistico della nazione. Purtroppo questo è uno degli articoli della Costituzione più violati in assoluto. La Repubblica non ha tutelato il paesaggio di questo Paese; è riuscita a tutelarlo in alcuni ambiti, ma purtroppo nella maggior parte del territorio noi vediamo situazioni perfino di disastro.
Arrivo alla conclusione. Noi pensiamo che l'Italia abbia più una vocazione rispetto al sole, allo sfruttamento dell'energia solare o allo sfruttamento dell'energia geotermica, cioè il calore del sottosuolo.
Naturalmente poi si pone la questione del risparmio, dell'efficienza energetica, come ricordava l'amico della LIPU. Anche noi pensiamo che in questo momento ci siano amplissimi argini per ridurre il consumo energetico in Italia e non lo affermiamo solo noi, ma anche esperti di tecnologia rispetto a questo settore. È una miniera d'oro per noi la possibilità, quindi, di ottenere risparmio ed efficienza energetica.
Tornando alla questione delle energie rinnovabili, si può affermare che l'Italia abbia una vocazione per lo sfruttamento del vento? No, rispetto ad altri Paesi abbiamo una ventosità più bassa, per esempio rispetto al Nord Europa e alle nazioni affacciate sull'Oceano Atlantico. Abbiamo un territorio ricchissimo di storia, di beni artistici, di beni culturali. Ovunque l'Italia è piena di borghi medievali, di castelli. Nel territorio italiano il paesaggio è interessante, perché ci sono montagne, colline, profonde vallate, altopiani, laghi vulcanici, oltre a coste dappertutto, con questo mare meraviglioso che ci circonda.
Che cosa è accaduto negli ultimi dieci o undici anni? Noi abbiamo denunciato la proliferazione selvaggia degli impianti eolici. Abbiamo visto soprattutto o quasi esclusivamente nelle regioni del Sud d'Italia, in Molise, in Campania, in Puglia, in Basilicata, in Calabria e in Sicilia, una proliferazione assolutamente incontrollata di impianti eolici industriali.
Ciò significa decine di torri d'acciaio alte 100-120 metri e si sta andando adesso ad altezze di 150 metri, dappertutto, anche a pochi chilometri da monumenti, da centri storici, da elementi estremamente rilevanti del patrimonio storico-culturale italiano.
L'impatto visuale di queste strutture d'acciaio, alte 100-120-130 metri, si proietta fino a 20 chilometri di distanza. L'ho sperimentato io stesso: se voi percorrete la superstrada a sud di Lecce, potete vedere le torri eoliche costruite a nord della città, a ridosso di Lecce, da 17,5 chilometri di distanza, perché c'è una curva della superstrada che in quel punto è elevata e poi scende verso la città di Lecce. Da questo punto alto si vedono benissimo a 17,5 chilometri e mezzo di distanza le torri eoliche costruite a nord di Lecce. Vi porto questo esempio perché c'è proprio una sperimentazione. Potete vedere con i vostri occhi questo impatto visuale.
Che cosa è accaduto? In Toscana ci sono torri eoliche a ridosso del Castello di Montepò, nel comune di Scansano. A un chilometro e mezzo da questo meraviglioso castello, circondato da vigneti dove si produce un vino di alta qualità, il Morellino di Scansano, si ergono torri eoliche alte 100 metri.
In Molise una battaglia sta andando avanti da anni da parte delle popolazioni locali per cercare di fermare questa follia, ma c'è la minaccia di due impianti eolici, uno a ridosso dell'area archeologica di Sepino-Altilia, l'altro a ridosso del tempo italico di Pietrabbondante. I due luoghi archeologici fondamentali del Molise vedrebbero entrambi la realizzazione di impianti eolici industriali a pochi chilometri da queste aree archeologiche, che sono le più importanti della regione.
Io conosco benissimo l'area archeologica di Sepino-Altilia ed è una delle più


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importanti d'Italia. È un insediamento dell'antica Roma intatto, come Ostia antica, come Pompei. C'è una vallata paesaggisticamente pressoché intatta, non costruita, priva di capannoni industriali. Perché non mantenere questo paesaggio con al centro questa gemma preziosa?
In Puglia ci sono decine di torri eoliche a ridosso dell'Acropoli di Lucera con il maestoso castello di Federico II, un luogo importantissimo. Castel del Monte è un simbolo a livello internazionale, è una delle più note architetture medievali italiane, tanto che è stato inserito nella moneta da un centesimo di euro. Ci sono torri eoliche a 15 chilometri da Castel del Monte, peraltro a poche centinaia di metri dai confini del Parco nazionale dell'Alta Murgia, un parco nazionale caratterizzato dal punto vista naturalistico dalla specie del falco grillaio.
Ci sono torri eoliche alte 100 metri attaccate al confine del Parco nazionale, perché evidentemente lo Stato italiano non ha ritenuto di imporre regole anche di distanza dai margini dei parchi nazionali e regionali. In più a 15 chilometri c'è Castel del Monte, ragion per cui chi sale sopra Castel del Monte vede all'orizzonte questi filari di torri, questo paesaggio industriale, perché le torri eoliche sono elementi industriali, non opere d'arte. Non hanno nulla a che vedere con la stratificazione millenaria di un'antica città. Sono elementi industriali contemporanei, come può esserlo la ciminiera di una centrale elettrica.
Il Salento è una delle zone più belle più importanti della Puglia e anche più interessanti di tutto il Sud d'Italia. L'ultima parte della penisola salentina, la provincia di Lecce, è caratterizzata da luoghi estremamente importanti storicamente, come Otranto, Santa Maria di Leuca e Gallipoli, e si vede attualmente minacciata dal progetto di grandi centrali eoliche industriali sulle colline. Il Salento ha due elementi paesaggistici fondamentali, il mare con le sue meravigliose coste, che fanno del Salento quasi un'isola, e le piccole colline che lo attraversano e che sono molto interessanti paesaggisticamente.
Il progetto di torri eoliche è di realizzare esattamente sopra queste colline, che sono l'elemento principale del paesaggio dopo le coste, decine di gigantesche torri eoliche. A noi sembra una follia.
In Sicilia ormai le torri eoliche dominano la Valle dei templi di Agrigento. Si vedono dai templi di Segesta, che era un luogo magico, intatto, dal punto vista paesaggistico, con sopra questi meravigliosi templi della Magna Grecia. Non devo ricordarvi l'importanza della Valle dei templi di Agrigento. Stiamo parlando di luoghi che, dal punto di vista del patrimonio storico-culturale italiano, sono tra i principali e tra i più rilevanti. Come si è permesso che fossero realizzate gigantesche torri eoliche industriali a pochi chilometri di distanza e, quindi, perfettamente visibili? Come vi accennavo, l'impatto visuale si proietta fino a 20 chilometri.
A noi tutto ciò sembra davvero una follia. Ci sembra una follia che lo Stato italiano e innanzitutto il Parlamento non vari regole ferree per difendere ciò che resta delle parti rilevanti del paesaggio italiano, del suo patrimonio storico, artistico e culturale, perché il paesaggio è l'elemento fondamentale dell'insieme dei beni culturali italiani.
Non voglio dimenticare che l'ultima follia ci sembra il progetto di decine di torri eoliche sulle colline che circondano il Lago di Bolsena.

ALBERTO CUPPINI, Consulente di Italia Nostra. Posso far circolare una fotografia che rende l'idea meglio di mille parole. Sono due punti di vista diversi dell'impianto previsto a Piansano a ovest del Lago di Bolsena.
Saluto anch'io il signor presidente e gli onorevoli commissari. Sono venuto a portare la testimonianza di un impegno di tutta la popolazione dell'alto Appennino tosco-emiliano per quanto riguarda l'eolico industriale. Noi lo definiamo eolico industriale selvaggio, in mancanza delle regole che il collega e il rappresentante della LIPU hanno ricordato prima.


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A questo punto mi preme soprattutto, visto che molti argomenti sono già stati trattati, confutare le obiezioni che sono state mosse, mi sembra di capire, in questa sede stessa da un'importante figura istituzionale, ossia dallo stesso ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, circa l'eventualità che misure più restrittive in materia di impianti a fonti di energie rinnovabili potrebbero portare a danno degli obiettivi previsti dal Piano di azione nazionale presentato a Bruxelles nel settembre scorso.
Noi vediamo, dai dati a nostra disposizione, che tale timore è assolutamente infondato, anzi, dal punto di vista delle tecnologie che più ci preoccupano come Italia Nostra, cioè l'eolico industriale e il solare fotovoltaico, stiamo procedendo già ben oltre i piani presentati a Bruxelles.
In particolare, per quanto riguarda l'eolico industriale, il punto dolente principale, possiamo affermare che sia già stato installato più di metà del potenziale previsto per il 2020 e noi riteniamo, da dati a nostra disposizione, che esistano progetti in tutta Italia, letteralmente in tutta Italia, anche dove non c'è vento utile, tali per cui la quota di 12.000 megawatt da installare al 2020 sulla base di questo piano siano già presenti adesso al 2011, senza bisogno di accelerare ulteriormente il procedimento.
A maggior ragione notiamo che, per quanto riguarda il solare fotovoltaico, gli obiettivi sono stati già raggiunti. Gli 8.000 megawatt previsti dal PAN in questo momento dovrebbero già essere una realtà.
Mi sembra di intuire dalla lettura del decreto Romani che addirittura implicitamente si faccia intendere che non solo entro il 2020, ma addirittura entro il 2016 potrebbero essere installati 23.000 megawatt di impianti solari fotovoltaici.
In relazione al problema posto nel senso che una maggiore regolamentazione osterebbe al raggiungimento degli obiettivi di questo piano (che noi riteniamo essere il solo motivo per cui si debba compiere tale sforzo, in assenza di altre argomentazioni di carattere logico, dal punto di vista sia tecnico, sia economico), noi pensiamo che, in ragione dei dati che abbiamo indicato, queste obiezioni siano già state superate dai fatti. Ci auguriamo, anzi, che la maggiore produzione di energia elettrica derivante da impianti solari fotovoltaici venga portata a detrazione dell'energia richiesta nel piano per l'eolico industriale.
Oltre a ciò, noi siamo in attesa di conoscere quali saranno i decreti esecutivi che regolamenteranno il passaggio dei sistemi incentivanti degli impianti superiori a 5 megawatt dal 2013 in poi e che sostituiranno il sistema, che ormai non vuole più nessuno, neppure gli stessi industriali, dei certificati verdi. Siamo convinti che il sistema delle aste al ribasso, che sono attese, permetterà di rendere evidenti i costi, che fino a questo momento sono stati molto opachi, delle industrie produttrici, o meglio delle industrie che montano gli aerogeneratori prodotti all'estero. In questo senso, la filosofia che ha adottato il Governo, cioè di acconsentire ovviamente all'adempimento al limite di un obbligo internazionale, ma attraverso il minor costo possibile per la collettività, ci trova perfettamente d'accordo.
Sollecitiamo, invece, la definizione regionale del burden sharing previsto per impianti di questo tipo, per evitare cioè che i livelli più bassi della pubblica amministrazione entrino in competizione tra loro, ritenendo l'installazione sul loro territorio di impianti di questo tipo non un bene utile per tutta la collettività, ma una forma di rendita vitalizia a proprio vantaggio. Questo è un fatto molto grave e personalmente penso che dovrebbe essere determinata la quota distinta per fonte da assegnare a ciascuna regione da parte del Governo nazionale.
Dopodiché, sempre da parte del Governo nazionale, noi vorremmo che ci fosse la regolamentazione - stiamo parlando di poche regole, ma molto chiare - in particolare per quanto riguarda le distanze delle torri eoliche dalle abitazioni e dai centri abitati. Noi siamo convinti che ciò dovrebbe essere compito del Governo


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nazionale, perché troppo spesso i livelli più bassi della pubblica amministrazione tendono a subire il potere di gruppi economici decisamente troppo forti per le loro possibilità.
Notiamo, infatti, che dietro alle aziende che propongono l'installazione di impianti eolico-industriali in realtà ci sono gruppi di potere anche internazionali in grado di esercitare un potere di ricatto in pratica senza limite.
Per quanto riguarda la testimonianza che volevo portare della nostra lotta sul campo nell'Appennino tosco-emiliano, volevo dare ragione a quanto affermava prima, almeno nella nostra esperienza, l'onorevole Margiotta. La VIA è sempre obbligatoria per impianti oltre una data dimensione. C'è stato l'incidente iniziale di Scansano, che ha avuto alcune spiacevoli conseguenze, ma è già stato superato.
Mi preoccupava far notare, invece, che con il sistema di Valutazione di impatto ambientale l'onere di dimostrare i falli e le negatività di questi impianti ricade sulla parte più debole dal punto di vista sia economico, sia sociale della popolazione. Stiamo parlando di zone marginali della montagna abitate da poche persone, molto spesso povere, le quali si trovano sole a dover affrontare forze decisamente troppo grandi per le loro possibilità.
La soluzione che abbiamo adottato noi nelle nostre regioni è quella di creare un coordinamento di comitati, di cui io sono il portavoce, che ha dato buoni esiti attraverso una forma di mutuo soccorso diffuso, di modo che i comitati più forti assistono in diverse forme quelli più deboli. Ciò ha permesso di evitare alcuni scempi territoriali.
Stiamo parlando di un'area, in particolare dell'Emilia-Romagna, che non ha alcuna vocazione all'eolico. Noi ci ritroviamo, per il momento, con decine di progetti nella nostra regione per centinaia e centinaia di megawatt da installare, quando le previsioni stesse dell'associazione dei produttori di energia eolica assegna come massimo nei loro modelli matematici a 200 megawatt l'installabile nella regione Emilia-Romagna. Ciò è particolarmente grave, a nostro avviso, come Italia Nostra, da un punto di vista paesaggistico.
Mi permetto di correggere quanto affermava prima il collega: sono già arrivate le proposte di prime torri da 185 metri in Basilicata e adesso anche nella regione Emilia-Romagna. Ovviamente non ci sono limiti e, se non vengono poste dallo Stato alcune regole certe, l'anarchia continuerà fino alla rottura di questa catena di Sant'Antonio che si è innestata.
Di questo si sta parlando: noi pensiamo infatti che ci sia una fortissima correlazione tra gli incentivi più alti d'Europa per l'eolico industriale e la mancanza di informazione o addirittura la disinformazione da parte di molti pubblici amministratori locali e soprattutto della stampa nazionale nei confronti degli aspetti negativi di questa tecnologia.
Concludendo, noi vorremmo che, nell'attesa di compiere il passaggio dal sistema dei certificati verdi a quello delle aste al ribasso per gli impianti oltre i 5 megawatt, venisse dichiarata a livello nazionale una moratoria di un anno per evitare di procedere per ordine sparso in ciascuna regione, al di là dell'applicabilità a livello costituzionale di questo modo di agire, onde evitare che si ripeta il caso della regione Basilicata, la quale ha chiesto la moratoria. In questo momento, in pratica giornalmente, osserviamo che vengono presentati sempre nuovi progetti di impianto eolico a valanga, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare, presso gli uffici di Valutazione di impatto ambientale della regione.
Un'ultimissima questione che mi preme sollevare è il problema delle royalty. Tale problema è molto grave: è stato esplicitamente negato il diritto dei comuni a contrattare unilateralmente con l'azienda proponente un impianto eolico l'ammontare delle compensazioni ambientali, ma ciò continua, anche se sotto falso nome. Si ricorre a numerosissimi escamotage e noi riteniamo che sia un fatto gravissimo e che abbia conseguenze non soltanto dal punto


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di vista contabile e amministrativo, ma in alcuni casi vada anche oltre, dal punto di vista penale.
Purtroppo proprio nella mia zona c'è un comune, il comune di Firenzuola, in provincia di Firenze, che si distingue a livello nazionale per dieci impianti eolici in progetto. Stiamo parlando di un comune del Mugello, la porta della Toscana, la porta di una regione che tutti gli stranieri ci invidiano. In una zona decisamente limitata andrebbero a porsi centinaia di aerogeneratori, snaturando completamente tutta la zona circostante.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SALVATORE MARGIOTTA. Gli interventi sia della LIPU, sia di Italia Nostra stimolerebbero una lunghissima discussione, che purtroppo non posso svolgere adesso, purtroppo, per un impegno concomitante, quindi, mi limiterò a svolgere alcune considerazioni, neanche domande, riservandomi prima o poi di poter avere uno scambio più approfondito su questi temi.
Ho molto apprezzato l'intervento del rappresentante della LIPU, il dottor Danilo Selvaggi, che nelle conclusioni indicava alcuni paletti che io trovo assolutamente condivisibili, ma che mi sembrano, e per questo li ritengo positivi, non pregiudizialmente ostili all'settore dell'eolico piuttosto che del fotovoltaico.
Io sono tra coloro che ritengono che sia molto più brutto il fotovoltaico dell'eolico, ma è questione di gusti. Vedo ciò che accade nella mia regione, con distese di pannelli fotovoltaici, mentre i parchi mediamente sono meglio nascosti. Può essere che tra dieci anni affermerò il contrario, quando ci sarà stata la proliferazione di parchi alla fine della moratoria, però a oggi, se devo esprimere il mio gusto, è questo.
La mia idea è che, stabiliti bene alcuni paletti, come, ad esempio, l'elaborazione di una pianificazione territoriale seria, la previsione della possibilità di realizzare gli impianti solo dove c'è il vento... A proposito, permettetemi di fare un inciso. Poiché ogni volta che si parla di eolico ci viene ricordato, come avete fatto anche voi, che vige soprattutto nelle povere regioni del Sud, perché - è questo il sottinteso - lì la pubblica amministrazione è più facilmente aggredibile da fenomeni criminali. In realtà così non è: per esempio, nella mia regione la criminalità non esiste e le domande per la realizzazione degli impianti esistono più al Sud semplicemente perché c'è più vento. Quando sono venuti altri auditi e ho chiesto loro di mostrarci la mappa dei venti, ho notato che essa corrisponde esattamente alla densità di domande che esiste in Italia. Sentivo ciò che affermavate a proposito della Toscana o dell'Emilia-Romagna e può essere un'eccezione, ma esiste una corrispondenza perfetta fra domande presentate e ventosità del territorio.
Voi avete posto l'esigenza di stabilire regole per la distanza minima degli impianti eolici dai centri abitati, ma io Vi faccio presente che c'è stato un periodo in Basilicata in cui non si poteva costruire se c'erano ruderi sotterranei, non solo reperti archeologici in superficie. In sostanza, io dico che, stabiliti alcuni paletti, è positivo che l'eolico si faccia, perché serve a raggiungere il famoso 17 per cento di rinnovabili che ci ha imposto l'Unione europea. Secondo me è poco, mentre voi avete sostenuto che è l'unico motivo per cui bisogna metterci in marcia da questo punto di vista. Accetto questa idea: dobbiamo raggiungere il 17 per cento e per farlo serve anche l'eolico.
L'impostazione di Italia Nostra, che notoriamente non ama l'eolico, è un po' diversa da quella della LIPU. Mi pare che voglia che l'eolico non si realizzi proprio, eccetto nel caso in cui è impossibile fare altro. Condivido meno questa considerazione. Francamente, me lo consentirà l'esponente di Italia Nostra, affermare che a 20 chilometri di distanza un parco eolico dia problemi di impatto sul paesaggio mi sembra una tesi un po' forte. Se si sta sul tetto di Castel del Monte e si guarda a 20


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chilometri di distanza, si vedranno puntini bianchi su un crinale. È un fatto oggettivo e non credo che puntini bianchi visti da Castel del Monte a 20 chilometri di distanza deturpino l'immagine di Castel del Monte stesso.
Sto ragionando in maniera assolutamente aperta. Può darsi che io abbia torto. Lei si riferiva al turismo, che giustamente può subire effetti negativi. Ricordo che quindici anni fa mi trovavo a Lanzarote e mi colpì molto il fatto che sulla spiaggia c'erano queste torri eoliche, pur con un turismo diffusissimo. All'epoca in Italia non c'erano ancora e sembrava quasi una bella vista, in quel contesto.
Ciò non significa che io voglia che sulle spiagge italiane ci sia questo. Quando lei ci ha mostrato quella foto, è chiaro che io penso che nessuna regione dovrebbe mai concedere l'autorizzazione per impianti di quel tipo e mi meraviglierei moltissimo se la concedesse.
Io penso che bisognerebbe cercare forme, modi o anche griglie le più rigide possibili, ma senza creare un'idea pregiudizialmente ostile a una forma di energia rinnovabile, che mi pare invece sia un po' il vostro approccio. Mi pare che dia risultati molto migliori affermare che, come le altre forme di energia rinnovabile, anche l'eolico va bene, purché lo si realizzi nelle condizioni in cui lo si può realizzare, colpendo anche duramente tutte le circostanze nelle quali non si realizza nelle condizioni giuste.
La Valutazione d'impatto ambientale non è la panacea di tutti i mali e lo so benissimo. Non è sufficiente affermare che un impianto ha ottenuto la VIA. Quanti pareri di VIA si danno a schifezze incredibili, non solo nell'eolico, ma in tutti i campi. Si tratta, però, comunque di uno strumento di partecipazione democratica e le popolazioni lo sanno.
Io sarei per una regolamentazione molto più forte e condivido questo approccio, ma non al punto da ritenere, come a volte sento dire, che l'eolico non si deve realizzare perché, dal momento l'Italia è bella, che il paesaggio è stupendo, che è piccola, è meglio che non se ne parli proprio perché non siamo in grado di ricevere impianti eolici. Mi sembrerebbe un approccio sbagliato.
Mi scuso, ma devo andare. So che adesso mi risponderete distruggendo le mie valutazioni.

DANILO SELVAGGI, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU. Noi riteniamo che il fotovoltaico vada posto prioritariamente su tutti i tetti, su tutte le costruzioni, sui capannoni industriali, sui magazzini, sui distributori di carburante e anche sui parcheggi, perché il parcheggio può essere protetto dal sole. Secondo stime di tecnici in Italia potremmo arrivare a 40.000 megawatt di fotovoltaico utilizzando solo tutte le aree urbanizzate.
Se non arrivano segnali forti rispetto alla necessità di una regolamentazione è legittima la posizione di chi denuncia una situazione disastrosa.

ALBERTO CUPPINI, Consulente di Italia Nostra. Rispondo, onorevole Margiotta, alla sua obiezione sul fatto che ci sia un mancato accordo tra le organizzazioni ambientali. Posso portare la testimonianza della mia regione nei casi estremi, quelli in cui evidentemente si è esagerato. Noi abbiamo ottenuto il pieno appoggio e sostegno anche delle organizzazioni a cui faceva riferimento l'onorevole Margiotta prima, non soltanto delle organizzazioni nazionali, la più importante delle quali è Legambiente, ma anche i circoli sul territorio ci sono a fianco nel caso in cui gli impianti eolici proprio non vadano bene. Anche organizzazioni sovranazionali non si peritano nelle nostre regioni di esprimere la loro opinione, anche se contraria alla filosofia della loro organizzazione internazionale.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Vi ringrazio soprattutto per le proposte che avete avanzato, a fronte del sistema di sovraincentivazione che tuttora permane. Ci sono pressioni fortissime anche per semplificare ulteriormente i procedimenti autorizzativi. Non so se voi siate in grado di farci avere alcune proposte per quanto


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riguarda un rafforzamento della normativa esistente in termini di autorizzazioni.
Trovo molto importante il richiamo che avete svolto alla necessità di definire una ripartizione tra le regioni, anche perché effettivamente il caso della Basilicata è particolarmente rilevante in termini anche negativi, se è vero che lì è stato previsto un quantitativo di eolico praticamente doppio rispetto alle già generose previsioni che effettuava l'ANEV per questa regione.
In quanto a inchieste o indagini, ricordo solo la recente inchiesta Domino, che ha portato all'arresto proprio un paio di giorni fa di alcuni imprenditori che operano nelle rinnovabili, senza contare anche il procedimento di fronte al TAR che, proprio in termini di assegnazione dei diversi progetti per l'eolico, ha evidenziato gravi criticità.
Il tempo che ci resta è molto poco, anche perché il presidente ci deve lasciare, ragion per cui vi chiedo se avete proposte per quanto riguarda l'ulteriore tutela paesaggistico-ambientale.

GIOVANNI DE PASCALIS, Consigliere di Italia Nostra. Possiamo farvi avere un testo scritto con alcune proposte nei prossimi giorni.

DANILO SELVAGGI, Responsabile rapporti istituzionali della LIPU. In coda all'intervento, che credo sarà stenografato, ho già avanzato alcune proposte. Sarà nostro piacere formularle anche in un documento scritto, eventualmente più dettagliato.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 18,35.

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