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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
16.
Martedì 10 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI):

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 5
Alessandri Angelo, Presidente ... 8 10
Benamati Gianluca (PD) ... 6
Bolis Alessandro, Membro dell'ufficio di presidenza dell'ANCI ... 3 5 8 10
Maio Giada, Funzionario dell'ufficio ambiente, cultura e innovazione dell'ANCI ... 4 8
Mariani Raffaella (PD) ... 5
Realacci Ermete (PD) ... 7
Viola Rodolfo Giuliano (PD) ... 6
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 7

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'ANCI ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 10 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 16,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
Ringrazio gli auditi per la sollecitudine con la quale hanno accolto il nostro invito e do loro la parola.

ALESSANDRO BOLIS, Membro dell'ufficio di presidenza dell'ANCI. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Vi porto i saluti del presidente dell'ANCI, il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio.
Nella nota che abbiamo preparato abbiamo riassunto la nostra posizione in merito all'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali, cercando di focalizzare alcune priorità. Stante l'assenza di una normativa nazionale chiara che consenta di attuare una concreta programmazione e vista la presente contrazione delle risorse, gli enti locali sono fortemente impegnati sulla tematica ambientale e il ruolo di città e comuni sta assumendo un'importanza cruciale nel conseguimento della qualità della vita.
Il quadro normativo vigente, tracciato dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 con il recepimento della direttiva comunitaria 2009/28/CE, non fornisce, a nostro modo di vedere, le giuste rassicurazioni e incentivazioni per poter essere protagonisti della programmazione energetica delle nostre realtà comunali. Se me lo consentirete, darò poi la parola al funzionario dell'ANCI per illustrare quali proposte di modifica normativa e procedurale si potrebbero attuare.
Io volevo, invece, sottolineare anzitutto che i vincoli imposti dal Patto di stabilità non ci mettono nelle condizioni di perseguire, come bisognerebbe, gli obiettivi della cosiddetta «Europa 20/20/20» (meno 20 per cento di emissioni di gas effetto serra, meno 20 per cento di consumo di energia e più 20 per cento di energia da fonti rinnovabili), formalizzati - per così dire - nella citata direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili,. Noi chiediamo fortemente un impegno da parte vostra, del Parlamento e del Governo, affinché siano riviste le possibilità di derogare al Patto di stabilità soprattutto nell'ambito di questi temi così importanti per il futuro ed estremamente cari a tutti gli amministratori che qui oggi rappresento.
In sostanza, la normativa europea e nazionale sulla promozione dell'uso di


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energia da fonti rinnovabili offre agli enti locali una possibilità, ma il Patto di stabilità gliela toglie, del tutto nel caso dei piccoli comuni. Credo pertanto che questo sia un aspetto da rivedere.
Per quanto riguarda, poi, le specifiche fonti rinnovabili, la situazione è ancora più complessa e mi riferisco in particolare al fotovoltaico. Il «Quarto Conto energia», ad esempio, che ha rimescolato le carte in tavola, ha di fatto disincentivato il credito da parte del sistema bancario. Si tratta di un grave problema soprattutto per le aziende e per l'indotto di questo comparto, ambientale ma anche industriale, e anche su questo aspetto chiediamo la vostra attenzione perché siamo preoccupati.
Occorre tenere presente, infatti, che la ma matrice ambientale abbraccia molte realtà importanti, compresi il lavoro e l'impresa. È un connubio da tenere in grande considerazione. La preoccupazione riguarda il fatto che con il «Quarto Conto energia» si disincentiva la volontà degli enti locali di compiere un'azione sinergica nel territorio per utilizzare queste importanti fonti energetiche nei propri immobili, ma anche per promuovere fra i cittadini la cultura delle fonti rinnovabili e dell'energia sostenibile. Per questo vi chiediamo un'attenzione particolare.
Cederei la parola alla dottoressa Maio per una breve disamina del quadro normativo.

GIADA MAIO, Funzionario dell'ufficio ambiente, cultura e innovazione dell'ANCI. Come potrete leggere nel nostro documento, abbiamo ripreso dal punto di vista sia tecnico che politico l'evoluzione del quadro normativo che è stato condiviso nelle sedi deputate nel corso degli ultimi mesi.
Al riguardo, sottolineiamo anzitutto una parzialità nell'attuazione del nuovo quadro normativo che sta producendo gravi ripercussioni sia sul piano procedurale sia soprattutto sul piano della tutela degli investimenti in corso e a seguire. Noi riteniamo che perché la politica dello Stato italiano sia credibile e abbia una coerenza e un'organicità che vadano oltre l'ambito energetico e ambientale per coinvolgere lo sviluppo complessivo, bisogna tenere conto non solo della tutela del nostro territorio e dei cittadini, ma anche del sostegno a filiere produttive fondamentali, soprattutto in alcune regioni. La regione Veneto, ad esempio, possiede il più importante distretto di produzione del fotovoltaico.
La mancata adozione dei decreti attuativi del decreto legislativo n. 28 del 2011, la cui scadenza era fissata - se non erro - a settembre 2011, per le fonti alternative diverse dal fotovoltaico - che è stato già abbondantemente demonizzato e su cui si è speculato più del dovuto - come le biomasse, l'idroelettrico o l'eolico (settori e risorse comunque importanti per un territorio diverso da quello di altri Stati membri quale quello italiano), diventa particolarmente penalizzante.
I dettagli tecnici non sono ancora stati affrontati. Non abbiamo, ad esempio, condiviso con il Governo le bozze dei decreti attuativi su biomasse e idroelettrico. Saremmo, tuttavia, curiosi di sapere come intendano affrontare il problema del rifacimento di impianti che presentano problematiche molto complesse. Pur non volendo parlare di incentivi, riteniamo che bisogna comunque tenere presente la dimensione degli investimenti necessari, per esempio pensando ad incentivi vincolati alla realizzazione degli investimenti, che in alcune zone e per alcuni impianti sono significativi. Lo stesso vale per le biomasse. A nostro parere non può esserci unitarietà di visione sulle varie fonti: il legno, volendo esemplificare solo una questione, non può essere paragonato al rifiuto.
C'è un problema tecnico e c'è un problema di condivisione tra i livelli di governo e di competenza, anche amministrativa, sul territorio. I soggetti deputati a comporre il quadro normativo sono tanti e a oggi crediamo che tra di essi continui a mancare l'adeguata sinergia. Ciò riguarda anche il ruolo di alcuni soggetti che detengono una responsabilità importante nel chiarimento della parte tecnica di taluni punti normativi. Mi riferisco, ad esempio, al GSE, all'Autorità per la vigilanza


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sui contratti pubblici (AVCP) - che nell'eolico ha svolto un ruolo e si è espressa abbastanza chiaramente - e all'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Tali soggetti si muovono spesso in modo non chiaro. Abbiamo difficoltà a collaborare con loro, e in primo luogo con il GSE, perché, come abbiamo sottolineato più volte, in corso d'opera cambiano regole non di poco conto.
Il tavolo di confronto dovrebbe essere quindi unitario e allargato anche a questi soggetti perché a cascata tutti rivestono un ruolo importante.

ALESSANDRO BOLIS, Membro dell'ufficio di presidenza dell'ANCI. Per integrare quanto diceva la dottoressa Maio a proposito del GSE, non chiediamo che siano ridotti i tempi di risposta, ma quanto meno che si facciano rispettare i termini previsti dalla legge. In alcune realtà locali propongono addirittura di prevedere penali affinché il GSE sia più motivato a rispettare i tempi e vi sia una compensazione per i danni causati dalla lentezza delle procedure.
Ciò riguarda anche ENEL e tutte le procedure legate all'autorizzazione all'allacciamento degli impianti alla rete elettrica, i cui tempi sono estremamente dilatati. Le penali dovrebbero chiaramente essere sostanziose, in modo da motivare ENEL o GSE a rispettare i tempi e limitare le distorsioni dei monopoli.
Vorrei anche fare un ulteriore appunto sul fatto che tutte le aziende del territorio, tra cui quelle del distretto padovano del fotovoltaico, il più importante in Italia, attraversano un momento di difficoltà. È naturale, quindi, che si avverta una certa urgenza. Lo ribadisco anche se era implicito nel ragionamento che la dottoressa e io abbiamo svolto poc'anzi.
L'ANCI sottolinea l'importanza di un celere coinvolgimento degli enti locali nei prossimi momenti attuativi previsti dall'attuale quadro normativo. Lo chiediamo con forza e ci auguriamo che la Commissione possa accogliere con favore la nostra richiesta.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCI (vedi allegato).
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio i rappresentanti dell'ANCI. Vorrei porre loro alcuni quesiti e rimarcare che la Commissione ha sottoposto anche al nuovo Governo la necessità di produrre velocemente i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011 per la promozione dell'uso di energia da fonti rinnovabili.
Il documento di oggi e le indicazioni che ci avete fornito verbalmente sono già utili perché il Parlamento conosca le vostre osservazioni non alla fine, ma all'inizio della discussione che sta compiendo. In base alle notizie che abbiamo ricevuto dal Governo, sembra che c'è la volontà di costruire i decreti attuativi in modo coordinato, ma naturalmente le specificità dei vari territori devono essere messe bene in evidenza.
Vorrei chiedervi a questo proposito - e in parte la dottoressa Maio ha già risposto - se le differenze tra i diversi territori del nostro Paese sono così nette, anche a livello di dimensione dei comuni. Nel campo delle rinnovabili, dalle biomasse alla sperimentazione del teleriscaldamento, le risorse sono distribuite in proporzioni differenti e talvolta i più impegnati sono i piccoli comuni e i comuni montani, che hanno però meno strumenti tecnici a disposizione e quindi più difficoltà ad adattarsi alla normativa.
Vorrei inoltre sapere se ANCI è in grado di suggerirci quali potrebbero essere le forme di finanziamento. Mi capita di ascoltare gli appelli di molti sindaci che si trovano in difficoltà in parte per le vicende legate al rispetto del Patto di stabilità e in parte a causa della finanziabilità degli interventi e che sono alla ricerca di banche o istituti in grado di provvedere a investimenti di un certo livello. Su questo versante l'ANCI ha proposte tecniche e


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operative da avanzare o, non avendo indicazioni da fornire, può solo rilevare che il problema esiste?
L'ultima questione riguarda la semplificazione delle procedure a carico di GSE e delle autorità di cui abbiamo parlato più volte. Speriamo che alla fine l'indagine conoscitiva produca indicazioni anche in questa direzione. Gli sforzi devono essere aumentati. A sentire i singoli soggetti sembra che ci sia stato un grande miglioramento nelle procedure e nel rispetto dei tempi. Anche noi crediamo che si tratti di un elemento che può essere migliorato attraverso linee guida o mediante forme di aiuto da parte di ANCI che in alcune situazioni potrebbero dimezzare i tempi.
Penso che in ordine al ruolo degli enti locali, ai finanziamenti e alla sburocratizzazione si possa fare ancora qualcosa anche senza necessariamente riferirsi alle risorse da reperire, risorse che naturalmente occorrono. Potremmo verificare una diversa organizzazione, inserendo, per esempio, alcuni meccanismi e norme che fissino termini più perentori per alcuni soggetti.
Lo si è fatto per provvedimenti molto più importanti, quali VIA e VAS, ma a volte l'ordinaria amministrazione viene trascurata.

GIANLUCA BENAMATI. Anch'io ringrazio i rappresentanti dell'ANCI per la loro interessante presentazione. Nel settore delle energie rinnovabili il ruolo delle autonomie locali è sempre fondamentale, ma credo che in alcuni casi, come quello delle biomasse citate dalla dottoressa Maio e dal dottor Bolis, sia addirittura essenziale e per questo ritengo importante sottolineare il richiamo ad evitare ogni rischio di confusione ed equiparazione sul piano normativo fra la biomassa da rifiuti solidi urbani e la biomassa della filiera del legno, sia esso cippato o di qualunque altro tipo.
Allo stesso modo condivido pienamente la sottolineatura relativa al fatto che l'intervento dell'ente locale per la promozione delle fonti rinnovabili è cruciale sia a livello di realizzazione diretta degli impianti negli edifici pubblici sia in termini di promozione e di sensibilizzazione verso il pubblico e il privato. Al di là del ruolo di soggetto autorizzatore, come diceva anche l'onorevole Mariani, l'ente locale è essenziale in qualità di soggetto attivo nella promozione della sostenibilità energetica.
Vorrei porre un paio di brevissime domande. Il dottor Bolis parlava di azioni concrete e di alcune situazioni ancora lacunose. A parte la questione dei crediti bancari, nel corso di queste audizioni sono stati sollevati due ordini di critiche, di rimostranze e desideri da parte dei soggetti auditi: la certezza del quadro economico di incentivazione da un lato e la certezza del quadro normativo-autorizzatorio dall'altro, così da giustificare gli investimenti e a far muovere il settore. Sono consapevole della questione dei rapporti interistituzionali e del confronto continuo con i vari soggetti, ma dal punto di vista dell'ente locale quali sono i veri punti critici?
Visto che io provengo dalla montagna e che la filiera del legno, il cuore della filiera delle biomasse, è distribuita a macchia di leopardo, mi permetto di chiedervi come vi appare la situazione della distribuzione delle biomasse, tenuto conto che il decreto legislativo n. 28 del 2011, anche grazie all'incentivazione al calore, crea spazi nuovi per questa risorsa diretta e indiretta (data l'economia del legno e della filiera vegetale) in grado di rivitalizzare un settore che si stava spegnendo.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Ringrazio gli auditi. Anch'io sono convinto che quanto produrremo può essere molto importante. Io provengo dalla regione del dottor Bolis e conosco la realtà e l'importanza strategica ed economica del settore delle rinnovabili nell'economia di quella regione.
Mi interessa toccare in modo particolare due temi, sui quali gradirei un approfondimento da parte vostra. La prima questione è quella della normativa regionale. Specialmente per quanto riguarda le biomasse, i comuni si scontrano in fase


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autorizzativa con la mancanza, ad esempio, dei piani regionali. Credo che il dottor Bolis sia al corrente che questo avviene, per esempio, in Veneto.
In assenza del piano regionale vi è una totale deregulation che dà luogo a una concentrazione di impianti, guardati con grande perplessità da parte delle popolazioni coinvolte anche qualora la materia prima utilizzata sia il legno. Senza un minimo di distribuzione e di criterio, possono derivare svariati problemi. Il punto è capire quali modifiche normative potrebbero servire a ovviare a questa situazione. Io penso che al limite si potrebbe ricorrere al commissariamento delle regioni inadempienti.
L'altro aspetto che mi interessa rimarcare è il reperimento da parte dei comuni di partner finanziari per questo genere di interventi, aspetto che rappresenta una delle maggiori difficoltà. Trattandosi di investimenti spesso molto importanti la questione si complica, specialmente quando a muoversi sono comuni di piccole dimensioni. Se a compiere l'investimento è una città di 200.000 abitanti è un conto. Quando a farlo è un comune tra i 5.000 e i 10.000 abitanti, che ricorre a questo strumento sia come volano economico sia come soluzione di bilancio duratura nel tempo, è evidente la grande perplessità circa il meccanismo finanziario.
Penso che ANCI possa dare un contributo importante a tutti i comuni di quelle dimensioni. Vorrei, quindi, sentire il vostro parere al riguardo.

ERMETE REALACCI. La questione sollevata da ultimo dal collega Viola, del reperimento delle risorse, è centrale. Vorrei, quindi, sapere se ANCI può proporre qualche soluzione operativa in materia.
Una struttura che potrebbe fornire un contributo - e che forse, presidente, varrebbe la pena audire nell'ambito di questa indagine -, poiché possiede tante risorse, per la maggior parte spendibili, è la Cassa depositi e prestiti. Sarebbe utile sapere se essa possa fornire al sistema degli enti locali strumenti di indirizzo e di accompagnamento. Una proposta dell'ANCI su questo ci sarebbe utile e ne potremmo tener conto anche nella redazione di questo rapporto sullo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Rilevo amichevolmente che il materiale che ci avete consegnato è almeno in un punto un po' datato. La detrazione fiscale del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli immobili è oggetto di alcune risoluzioni parlamentari. Nel vostro documento si dà per morta, ma in realtà c'è stato un braccio di ferro che l'ha prolungata per un anno e stiamo cercando, con le citate risoluzioni parlamentari, di estenderla ulteriormente. C'è da registrare il fatto che tale misura non si applica al patrimonio pubblico. Occorrerebbe, invece, definire forme di incentivazione per il patrimonio pubblico in modo da avviare anche lì misure per il risparmio energetico che si sono rivelate molto efficaci sia dal punto di vista energetico e ambientale sia dal punto vista occupazionale ed economico.
Con il vicesindaco Bolis ci siamo incontrati sul territorio e so quindi che nella filiera del fotovoltaico c'è sofferenza, mentre altre filiere procedono bene. Colgo l'occasione per segnalargli scherzosamente che ho scoperto di recente che la famiglia reale inglese ha affidato a un'azienda padovana la realizzazione di un impianto che utilizza le deiezioni dei cavalli nelle stalle per produrre energia. Ci sono dunque spazi nuovi che si aprono, ferma restando la serietà dei problemi del distretto padovano delle rinnovabili.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anch'io vi ringrazio. Guarderò con attenzione il documento che ci avete sottoposto.
Volevo fare presente che questa indagine conoscitiva nasce da alcune risoluzioni presentate in questa Commissione, risoluzioni che delineavano tutte le devianze derivate dalla sovraincentivazione dell'eolico, ivi compreso l'attacco al paesaggio e ai terreni agricoli. Vorrei sapere se ANCI ha assunto una posizione relativamente alla tutela dei terreni agricoli e del paesaggio a fronte di un sistema, qual è tuttora quello italiano, che a mio giudizio


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presenta una sovraincentivazione allo sviluppo delle rinnovabili che non ha eguali in altri Paesi.
Sebbene la certezza del diritto vada tutelata, ciò non toglie che si debba tenere in considerazione la necessità, anche in termini di ricadute erariali, di far rientrare nella normalità l'incentivazione alle rinnovabili, che pure è necessaria.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ALESSANDRO BOLIS, Membro dell'ufficio di presidenza dell'ANCI. Per abbracciare le varie domande, lasciando alla dottoressa Maio gli aspetti tecnici, risponderei che prima di tutto occorre modificare il Patto di stabilità. Dopo di che si potranno trovare mille soluzioni. Noi siamo a disposizione e anzi alcune le stiamo già studiando.
Non abbiamo ancora il quadro completo della situazione di tutte le regioni, ma ci stiamo muovendo e a breve potremo produrlo. Ci stiamo dando da fare. È chiaro che il Patto di stabilità ci vincola anche nel modo di pensare oltre che di agire. È un vincolo a volte anche psicologico per l'amministratore. La nostra sensazione, come ci veniva chiesto, è di difficoltà cogente. Si tratta di lacci estremamente stretti con i quali dobbiamo fare i conti: c'è dunque la volontà dei comuni di agire sui territori per renderli più sostenibili, ma programmare diventa difficile.
Noi comuni compiamo tale ragionamento politico perché questa morsa oggi comprime anche la volontà di ragionare sulle possibili soluzioni. È una circostanza a conoscenza di tutti, ma credo fosse giusto sottolinearlo e segnalare che i nostri cittadini credono che il Patto di stabilità sia un alibi per l'amministrazione che non vuole agire. C'è anche un processo culturale da portare avanti.
Il project financing, citato dall'onorevole Viola, e gli altri strumenti strutturati oggi in possesso degli enti, come pure i fondi della Cassa depositi e prestiti, non sono svincolati dal calcolo per cassa che opera il Patto di stabilità. Se un comune intende investire nell'ammodernamento sostenibile del proprio territorio in questo modo, attingendo anche ai fondi della Cassa depositi e prestiti, corre il rischio che il meccanismo per cassa del Patto di stabilità blocchi i pagamenti. Un buon amministratore, quindi, non farà mai l'investimento per non fare il passo più lungo della gamba. Come diciamo sempre in ANCI, dobbiamo lavorare all'interno di un impianto normativo che ci consenta di mantenere sani i bilanci ed evitare i dissesti.
In Italia abbiamo diversi strumenti di azione sulle fonti di energia, come eolico e biomasse, ma il fotovoltaico oggi vede una potenza installata di circa 11,5 gigawatt, che equivalgono a un costo annuo di 5,1 miliardi di euro. Il decreto ministeriale del 5 maggio 2011 fissa, tuttavia, pro futuro, un tetto massimo di 6-7 miliardi di euro. Vi renderete conto anche voi di cosa significhi questo per le aziende che vogliono investire e per le banche che devono elargire il credito. È una sorta di circolo vizioso che gira all'infinito.
È qui che la norma è carente. Manca il punto focale. Gli enti, che hanno la passione e la volontà di agire in modo sostenibile nel proprio territorio, hanno bisogno di una normativa che consenta loro di essere produttivi.

GIADA MAIO, Funzionario dell'ufficio ambiente, cultura e innovazione dell'ANCI. Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Mariani, rappresentando tutti i comuni noi non rileviamo differenze marcate a livello territoriale o regionale. Esiste una differenza sostanziale a livello dimensionale e nelle caratteristiche morfologiche dei territori. Inoltre rileviamo ancora una doppia velocità, anche in termini culturali, tra centro-nord e sud nell'approccio che gli enti locali adottano nei confronti della produzione energetica da fonti rinnovabili e della tematica, altrettanto importante, dell'efficienza energetica.


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La componente del risparmio energetico sta cominciando a potenziarsi anche a livello nazionale. Come sappiamo, è il primo mezzo per ridurre i consumi e raggiungere alcuni obiettivi energetici. Qui l'ente locale può svolgere diversi ruoli di sensibilizzazione e di regolazione rispetto ai partner privati e ai cittadini. Mettendo insieme i vari tasselli dal quadro regionale fino a quello nazionale, la piccola componente diventa fondamentale.
La differenza tra il centro-nord e il sud dell'Italia che evidenziavo prima permane ancora, ad esempio, nella disponibilità di alcuni fondi strutturali (sempre se ci saranno ancora da qui alla prossima linea di programmazione comunitaria). Ad esempio, il Programma operativo interregionale per l'energia 2007-2013, che riguarda quattro regioni, Calabria, Campania, Sicilia e Puglia, e ci ha visti partner del Ministero dell'ambiente, toccava nodi, quali certificazione energetica e diagnosi, cruciali sia sul versante della produzione che su quello del risparmio energetico e del recupero di alcune politiche ambientali, nodi forse non ancora affrontati sufficientemente e su cui c'è ancora molta confusione.
Tuttavia, non sono state attivate né sinergie né scambi tra amministrazioni abbastanza evolute in tutta Italia, sia al sud che al centro-nord, e comuni del centro-nord che invece non erano interessati da quei fondi e avrebbero potuto trainare maggiormente la progettazione dei comuni del sud. Il problema è risolvibile da un punto di vista sia normativo che di programmazione finanziaria, ma è molto complesso e va affrontato a 360 gradi.
Per questo nel nostro documento abbiamo dato molto spazio - forse vi sarete chiesti perché - al tema delle città intelligenti che noi interpretiamo come sviluppo di territori intelligenti. Ci pare miope parlare solo di smart city perché va di moda o perché Bruxelles punta sulle grandi città. È un modello che mal si sposa con l'Italia, dove le grandi città sono poche. Cavalcare questo slogan ci consente però di evidenziare problemi che esistono già da tempo.
Li ritroviamo, per esempio, nella spinta alla creazione di reti di teleriscaldamento e all'utilizzo della cogenerazione ad alto rendimento. Il decreto legislativo n. 28 del 2011 chiede ai grandi comuni di redigere piani per il teleriscaldamento, ma questo obbligo rimane a tutt'oggi sulla carta. Temiamo che questa vicenda avrà un esito simile a quella dei famigerati Piani urbani generali dei servizi nel sottosuolo (PUGSS) del 1999. Ancora oggi nemmeno i comuni medio-grandi sanno esattamente cosa ci sia nei loro sottosuoli. Se non si affrontano nodi infrastrutturali importanti, come si fa a parlare di strategie per il teleriscaldamento?
Abbiamo sottolineato più volte che la politica di indirizzo per la smart grid, che dovrebbe individuare lo scheletro dell'approvvigionamento energetico, è poco presidiata dagli enti pubblici e locali. È, infatti, in mano alle grandi lobby industriali. È grave che il tavolo costituito al Ministero dello sviluppo economico (MISE) non ci veda partecipi. Come si può ragionare di mix energetico per la valorizzazione e la minore speculazione sulle risorse territoriali e naturali, come possono i piccoli comuni aggregarsi e fornire ciascuno la propria quota energetica, se alla base non c'è una rete comune o una pianificazione trasparente?
Non siamo solo a noi a sostenere che, al di là della competenza regionale, nella questione energetica manca una «testa», mancano alcuni driver fondamentali. La bozza di Piano nazionale energetico che avevamo esaminato qualche mese fa mostrava grosse lacune, che bisognerebbe affrontare. La nostra strategia energetica rinnovabile a oggi non è credibile, a prescindere dalle mancanze puntuali in alcuni settori pur fondamentali per i territori, come le biomasse.
Per quanto riguarda la domanda specifica sulle biomasse, stiamo ultimando un documento, che, se possibile, vorremmo fornirvi nei prossimi giorni, contenente alcune proposte tecniche puntuali sul decreto


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sulle biomasse che deve essere emanato. Si tratta di un contributo molto tecnico, ma saremmo lieti di fornirvelo. È un tema molto delicato perché, ad esempio, nelle città che hanno problemi con la componente rifiuti - gli argomenti sono molti e molto trasversali - si rischia davvero di fare danno.
Vi è molta confusione. Alcune fonti che insistono sulle biomasse andrebbero distinte. Le resistenze che sopravvivono sono dovute al fatto che le biomasse sono associate ai biocombustibili e al biogas, ma non sono esattamente la stessa cosa.
Stiamo, quindi, cercando di mettere un po' d'ordine anche sul piano tecnico.

ALESSANDRO BOLIS, Membro dell'ufficio di presidenza dell'ANCI. Per concludere sul quadro normativo vigente e in particolare sulle procedure amministrative, che in alcuni casi sono proprie degli enti locali, vorrei sottolineare che, come trovate scritto nel documento, la modifica sostanziale all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 impedisce ai comuni di svolgere la funzione di pianificazione e tutela del territorio e del paesaggio per quanto attiene ai campi fotovoltaici. In particolare, l'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), oltre a imporre ai comuni tempistiche ridotte per svolgere adeguatamente il necessario controllo, li espropria in buona parte di quella funzione di pianificazione che è propria della loro identità. Questo è un passaggio importante per sostanziare la volontà di tutelare il territorio e il paesaggio per potere, come diciamo noi sindaci, prenderci cura concretamente dei nostri territori.
Era l'ultima indicazione circa la definizione della procedura amministrativa.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,55.


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ALLEGATO

AUDIZIONE PRESSO LA VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Camera dei Deputati

Nota ANCI - Associazione Nazionale dei Comuni Italiani
Indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili

Roma, 10 gennaio 2012 - ore 16

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In merito all'Indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché al coinvolgimento dell'ANCI sulla posizione dei Comuni, si riportano di seguito alcune considerazioni su:
1. Visione dell'ANCI per i Comuni su clima, energia e sviluppo
2. Quadro normativo vigente, con le principali novità legislative e linee guida al decreto 28, alle principali regole tecniche e procedurali (GSE, SEEG, AVCP)
3. Lezioni apprese e questioni aperte dal punto di vista normativo e attuativo
4. Osservazioni dell'Anci sul Piano di attuazione nazionale sulle FER
5. Dati sintetici su diffusione e utilizzo delle fonti rinnovabili nei Comuni

1. Visione dell'ANCI per i Comuni su clima, energia e sviluppo

Anche e soprattutto in una fase di contrazione delle risorse a disposizione dell'agire pubblico quale quella attualmente in corso, il ruolo delle città assume un'importanza cruciale nel conseguimento della qualità della vita dei cittadini nonché, in termini più ampi, di obiettivi come la mitigazione del cambiamento climatico, il risparmio energetico, la mobilità sostenibile,la produzione di energia da fonti rinnovabili e il risparmio energetico, la messa a disposizione di servizi innovativi attraverso l'ottimizzazione delle risorse, il coinvolgimento dei cittadini verso un cambiamento culturale e comportamentale, la spinta allo sviluppo «verde» delle nuove tecnologie mediante l'utilizzo esteso delle ICT. A livello europeo, oltre che mondiale, per identificare le città che pianificano coerentemente l'integrazione di queste componenti viene usato il termine «smart city»: un concetto di riorganizzazione urbana che la Commissione Europea ha codificato attraverso la comunicazione Investing in the development of Low Carbon Technologies (SET-Plan - Strategic Energy Technologies for Long Term) e che vede quali politiche di riferimento la Digital Agenda e la c.d. Strategia 20-20-20.
Infatti, accanto ad interventi hard ovvero strutturali, come quelli sul patrimonio pubblico o sulla mobilità urbana, in una «smart city» si affiancano iniziative soft, ovvero applicazioni e servizi basati sulle nuove tecnologie, tese alla virtualizzazione / dematerializzazione tecnologica di alcuni processi e servizi (City Smart Card, Green Data


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Center, gestione intelligente di climatizzazione, ecc.), che vedono come presupposto la disponibilità di una rete in banda larga ad alta capacità trasmissiva.
I soggetti da coinvolgere in prima istanza sono quindi amministratori e dirigenti della città, agenzie energetiche comunali, il mondo della ricerca e dell'innovazione, fino al tessuto produttivo e le imprese di servizi correlate. Sebbene con una funzione trasversale, le TIC sono riconosciute anche in questo scenario come leva strategica, soprattutto in chiave di integrazione della conoscenza e dell'informazione: ne sono dimostrazione applicazioni come il catasto degli edifici e i dati sui consumi energetici, o ancora le statistiche misurabili e comparabili delle emissioni di CO2 nelle città.
Condividere le criticità oltre che le buone pratiche è fondamentale per l'apprendimento collettivo: in quest'ottica fare benchmarking dovrebbe stimolare un meccanismo di concorrenza tra le città, in grado di accelerare il passo verso il raggiungimento degli obiettivi 20/20/20.
Al fine di creare le necessarie precondizioni infrastrutturali e applicative necessarie a consentire ai Comuni meridionali di sviluppare azioni e interventi su specifici settori in ottica di «smart city», anche mutuando approcci già sviluppati da alcune realtà pioniere (in primis Bari), l'ANCI propone di destinare specifiche risorse su progetti municipali che favoriscano, da un lato, l'infrastrutturazione in banda ultralarga di aree urbane e, dall'altra, l'integrazione di reti e servizi in ottica di fornitura di servizi evoluti.
Nello specifico, dal punto di vista infrastrutturale Anci sta puntando su due interventi: il primo riguarda l'individuazione di un numero definito di Comuni medio-grandi del Sud nei quali sviluppare un progetto di sistema che, facendo leva sul potere regolamentare e di coordinamento sulle infrastrutture di sottosuolo in capo al Comune, nonché sull'integrazione delle reti in fibra ottica esistenti di proprietà municipale, sia in grado di creare le migliori condizioni possibili per l'attrazione degli investimenti degli operatori TLC, finalizzati alla realizzazione di NGN (Next Generation Networking) in singole aree urbane e/o distretti produttivi. Il secondo riguarda invece un programma di efficientamento energetico nei Comuni che, integrando applicazioni ICT e reti a banda ultralarga, comprenda edifici pubblici e, attraverso iniziative regolatorie o di sostegno (incentivi), anche edifici residenziali, reti di illuminazione pubblica, reti e sistemi di teleriscaldamento e raffrescamento urbano.
Dal punto di vista applicativo e dell'integrazione dei dati, tra i principali interventi portati avanti dall'Associazione per tutti i Comuni vi sono, da un lato, la creazione di un «catasto delle infrastrutture» di rete del sottosuolo a livello comunale, mediante il quale programmare e gestire tutti gli interventi di integrazione delle reti di servizio


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- tlc, pubblica illuminazione, trasporti, idrico, gas - alla base della «smart city» e, dall'altro, la realizzazione di un modello univoco di monitoraggio integrato energetico-ambientale nei Comuni che, integrando i dati delle reti presenti a livello urbano, delle caratteristiche del patrimonio immobiliare pubblico e privato, della mobilità pubblica e privata e della qualità dell'aria, sia di supporto ai decisori pubblici per pianificare azioni, valutarne gli avanzamenti e riorientarne le attività.
In tutti gli ambiti citati, le esperienze presenti sul territorio nazionale sono molto differenti, con un gap significativo tra centro-nord e mezzogiorno, riscontrabile, ad esempio, in rapporto ai Comuni che hanno avviato interventi di integrazione delle reti di servizio o predisposto il Piano d'Azione (PAES) in seguito all'adesione al Patto dei Sindaci. In tal senso, si considera determinante il ruolo dell'ANCI nella modellizzazione e definizione di livelli minimi di servizio, sulla base di un modello di intervento che, come nel caso del progetto di diagnosi energetica degli edifici pubblici sul POI Energia, si ritiene efficace nel garantire omogeneità, qualità e velocità della spesa.
Condividere le criticità oltre che le buone pratiche è fondamentale per l'apprendimento collettivo: in quest'ottica fare benchmarking dovrebbe stimolare un meccanismo di concorrenza tra le città, in grado di accelerare il passo verso il raggiungimento degli obiettivi 20/20/20.
Ragionare e investire sulle «Smart Cities» rappresenta quindi opportunità di sviluppo economico, stimolo della filiera e recupero urbano, dai grandi siti dismessi di produzione industriale ai grandi poli tecnologici sedi spesso di distretti innovativi, sostenendo contemporaneamente dal basso i comportamenti virtuosi e dando visibilità ai vantaggi individuali e collettivi, anche in termini monetari. E considerando la città come un sistema complesso di molteplici organismi in relazione tra loro, anche la gestione del «trade-off» tra progresso ed effetti determinati dal cambiamento diventa un fattore di successo per l'equilibrio del delicato ecosistema urbano e della qualità della vita dei suoi abitanti.
L'obiettivo ambizioso previsto dalla Strategia «Europa 2020» e dal «Piano di efficienza energetica 2011 COM(2011) 109», presuppone per il suo raggiungimento investimenti ingenti in termini di risorse finanziarie, unitarietà di governance multilivello, coinvolgimento delle filiere interessate (produzione di materiali innovativi e bioedilizia, settore rinnovabili, impiantistico, gestione dei servizi energetici, ICT applicate e domotica, ecc). Interventi infrastrutturali di sistema sono il presupposto per lo sviluppo di applicazioni e servizi in ottica di attuazione del pacchetto «Clima-Energia», la cui realizzazione si avvale anche del connubio virtuoso con le applicazioni ICT e le reti a banda ultralarga (NGN), in coerenza con quanto previsto al punto


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2.2 del Piano di Azione e Coesione. Molti Comuni hanno già avviato iniziative a diversi livelli di complessità per l'efficientamento del loro sistema urbano, ma tuttora permane un divario tra regioni centro nord e mezzogiorno, ampliato da estrema frammentazione degli interventi propedeutici, siano metodologie o standard, come ad esempio la diagnosi energetica. Sono in corso di attuazione, sulla base di un progetto realizzato dall'ANCI sul POI Energia, azioni di sistema volte a superare tali criticità, che possono essere diffuse e replicate su un maggior numero di Comuni e consentire la realizzazione degli interventi. L'intervento comprende: edifici pubblici e, attraverso iniziative regolatorie o di sostegno (incentivi), anche edifici residenziali; reti di illuminazione pubblica; reti e sistemi di teleriscaldamento e raffrescamento urbano, sottolineandone l'importanza per i Comuni del Mezzogiorno e la cogenza, alla luce del forte ruolo in capo ai Comuni ai sensi del DL 28/2011.
Il nostro Paese è comunque caratterizzato da un numero molto elevato di piccoli comuni e territori estremamente differenziati, che nel passaggio da un modello energetico centralizzato, basato sulle energie fossili, ad uno decisamente più «distribuito», che utilizza diverse fonti energetiche, come quelle rinnovabili, assumono un ruolo chiave. Da questo punto di vista l'Anci vede una enorme potenzialità, incrementata proprio dalla caratteristica stessa di estrema diversità territoriale e possibilità di attingere in ciascun territorio a tipologie di fonti differenti, in un mix energetico che da la possibilità di valorizzare e non consumare le risorse di un territorio, siano paesaggistiche, storico architettoniche e naturali. Un tale assetto si concretizza in una rete distribuita e costituita da nodi della rete «alla pari». I diversi nuovi punti di immissione dovrebbero arrivare ad essere dei «punti intelligenti», capaci di gestire delle fonti intermittenti e di svolgere un'attività di programmazione più efficiente dei consumi. L'evoluzione del concetto di «rete elettrica» va quindi oggi verso la rete «intelligente», la Smart Grid, che sia capace di far interagire produttori e consumatori di energia, di anticipare le previsioni di consumo e di adattare di conseguenza con flessibilità la produzione e il consumo di energia elettrica. Una rete che si compone di tante piccole reti collegate tra loro e in grado di comunicare, che si scambiano informazioni sui flussi di energia e gestiscono con migliore efficienza i picchi di richiesta, evitando interruzioni di elettricità e riducendo il carico ove necessario, e in cui ogni Comune avrebbe la possibilità di essere un nodo autonomo di tale rete. Perché questo sia possibile, dal punto di vista tecnico questo cambiamento implica innanzitutto la necessità di riprogettare le infrastrutture di rete per la distribuzione dell'energia. In ottica di una «città intelligente» e di un «territorio intelligente», tale necessità si traduce nella razionalizzazione e integrazione di tutte le infrastrutture di servizio,


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a cominciare dagli spazi presenti nel sotto e sul sopra suolo, da quelle prettamente energetiche a quelle innovative, di telecomunicazioni e di banda larga, fino alle reti di nuova generazione NGN, come sottolineato prima. Dal punto di vista operativo, si è detto in precedenza, l'ANCI sta faticosamente cercando di arrivare alla definizione delle caratteristiche di un «catasto delle reti», inteso quale strumento propedeutico a supportare un'azione di governo territoriale integrata e a sviluppare una smart grid. Un catasto che, in ciascuna realtà urbana, riunisca le informazioni sulla presenza e le caratteristiche delle reti di servizio di tutti gli operatori che vi intervengono e vi operano, siano essi grandi player nazionali di TLC, energia e gas, siano essi le multi-utility locali. La realizzazione di un tale strumento richiede un percorso quanto mai complesso, accidentato e realisticamente a lungo termine in Italia. Ad oggi esistono alcune sperimentazioni di sicuro interesse: fra queste, una è quella che vede coinvolti i Comuni dell'hinterland milanese rientranti nell'area dell'Expo 2015 mentre un'altra è quella recentemente avviata dal Comune di Reggio Emilia. L'ANCI sta seguendo direttamente queste sperimentazioni con l'obiettivo di diffonderle e replicarle, con oneri ridotti, nel resto dei Comuni.
Vi è inoltre una crescente consapevolezza della necessità di trasformare le dichiarazioni politiche e il lavoro tecnico analitico in azioni concrete. Per dare impulso a questa transizione a seguito di una richiesta del G8, l'International Energy Agency (IEA) sta sviluppando una serie di tabelle di marcia per alcune delle tecnologie più importanti. Una delle iniziative dell'IEA si concentra proprio sulle reti intelligenti: l'infrastruttura che permette la fornitura di energia dalle fonti di generazione agli usi finali da monitorare e gestire in tempo reale. Nel 2005 è stata istituita: la European Technology Platform (ETP) SmartGrids per creare una visione comune per le reti europee al 2020 e oltre. La piattaforma include rappresentanti dell'industria, enti di ricerca e autorità di regolamentazione e obiettivo generale del progetto è di sviluppare una strategia di ricerca, sviluppo e applicazione delle reti intelligenti. Manca però al tavolo, e continua a mancare oggi, una rappresentanza degli enti locali.

2. Quadro normativo vigente, dalle principali novità legislative alle regole tecniche e procedurali

Riportiamo di seguito le considerazioni dell'ANCI, elaborate congiuntamente all'UNCEM, ad oggi pienamente parte dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, a partire dalle Osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE, approvato il 3 marzo 2011 e pubblicato sulla GU del 28 marzo 2011.


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Il Decreto Legislativo 28 dà attuazione ad una direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, la 2009/28/CE del 23 aprile 2009 relativa alla promozione dell'uso dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. Sebbene da parte delle rappresentanze delle amministrazioni comunali, congiuntamente con gli enti montani, sia stato espresso un giudizio in linea generale positivo nei confronti del lavoro predisposto dal Ministero dello Sviluppo Economico, si è più volte nel corso dell'interlocuzione con il Governo sottolineato che il provvedimento rappresenta un testo complesso ed estremamente rilevante per gli indirizzi di politica energetica del nostro Paese di qui ai prossimi anni, con notevole impatto economico ed implicazioni organizzativo procedurali anche per le amministrazioni comunali.
Per tali ragioni, alla luce dei confronti avuti in sede tecnica, degli emendamenti proposti dal Coordinamento interregionale e del parere espresso dalla Conferenza Unificata, il 25 gennaio, sono state formulate alcune osservazioni e suggerimenti espressi sotto forma di richieste emendative di modifica puntuale allo schema di decreto, che illustriamo di seguito.
1. La prima parte riguardante «Autorizzazioni e procedure amministrative» è stata commentata e rivista con l'obiettivo di garantire in primo luogo il mantenimento in capo ai Comuni delle proprie funzioni di pianificazione e tutela del territorio, fortemente intaccate in seguito alla modifica dell'articolo 19 della legge 241/90 con l'introduzione della SCIA. Dal momento che gran parte dell'attenzione e del dibattito in sede politica sono concentrati sulla revisione dei meccanismi di incentivazione, oltre che sui temi connessi ai certificati verdi piuttosto che al gas naturale, temi che pure consideriamo di primissimo piano, si è ritenuto di sottolineare le novità procedurali introdotte.
In particolare, queste ultime hanno implicazioni delicate e di maggiore impatto a livello locale e organizzativo, sia perché è stato introdotto a tutti gli effetti un nuovo titolo edilizio, sebbene in regime speciale come quello delle fonti rinnovabili, sia perché inizialmente non era riconosciuta alcuna dotazione di risorse che agevolasse le attività e rafforzasse le competenze degli uffici interessati, le quali al contrario sono, nei Capi successivi della norma, notevolmente ridotte nella revisione dei meccanismi incentivanti (ad esempio si rimarcava l'importanza di mantenere alte le soglie di cumulabilità tra le tariffe incentivanti e gli incentivi in conto capitale nel caso di interventi che riguardano edifici pubblici).
L'imposizione inoltre di tempistiche ridotte per i Comuni nella fase di valutazione formale e tecnica delle domande, nell'analisi di coerenza rispetto ai propri strumenti urbanistici e programmatori, in


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virtù della procedura semplificata di autorizzazione di impianto alimentato da fonti rinnovabili, se da un lato andava nella direzione di fornire tempi certi al termine delle procedure burocratiche, dall'altro necessitava di adeguato potenziamento dell'ufficio dell'ente locale responsabile, di supporto allo svolgimento delle valutazioni tecniche, della possibilità in molti casi necessaria, per i comuni piccoli, di svolgere la funzione in gestione associata e avvalersi delle specifiche proprie del SUAP.
2. La seconda parte riguardava il Capo III «Reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento». In particolare all'articolo 20 (Sviluppo dell'infrastruttura per il teleriscaldamento e il teleraffrescamento) , sebbene si stabilisca che le infrastrutture sopracitate sono assimilate ad opere di urbanizzazione primaria, si è evidenziata una criticità nella formulazione del comma 2, in quanto l'azione del Comune di verifica della disponibilità da parte di soggetti terzi ad integrare apparecchiature e sistemi di produzione da FER e da reti di teleriscaldamento e raffrescamento, in sede di pianificazione e progettazione o ristrutturazione di aree residenziali industriali e commerciali e delle reti di servizio pubblico relativo (tra cui di TLC) non prevede la definizione di procedure e modalità adeguate. Inoltre l'esigenza di conoscere, mappare, integrare e raccordare infrastrutture e reti presenti nel suolo e sottosuolo comunale, non soltanto ai fini di ottimizzare interventi ma anche di economizzare spazi, è una questione ad oggi aperta e di particolare visibilità, che meriterebbe di essere ricondotta, per una trattazione adeguata, ad una sede istituzionale il più possibile allargata e trasversale a settori e soggetti, e adeguate risorse economiche per garantirne l'attuazione. Tali risorse potrebbero essere intercettate a partire dal Fondo di garanzia istituito presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico. Si è ritenuta, alla luce di quanto detto, molto critica l'introduzione dell'obbligo per i Comuni con più di 50.000 abitanti di redigere un Piano per il teleriscaldamento. Sebbene l'ANCI concordi sulla rilevanza che dovrebbe rivestire, nel bilancio energetico complessivo di un territorio, la eventuale funzione di pianificazione da parte del Comune delle reti di teleriscaldamento e raffrescamento, si è convinti che tale imposizione sia velleitaria se non accompagnata da una parallela dotazione di risorse e da azioni di cooperazione tra soggetti differenti e di coordinamento più alto.
3. La terza parte riguardava il Titolo V «Regimi di sostegno» Capo I «Regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili». In generale, si è ritenuta apprezzabile l'attenzione prestata nel testo al raggiungimento sostenibile degli obiettivi prefissati a livello nazionale, oltre che per l'approccio di maggiore integrazione tra produzione da fonti rinnovabili ed interventi di efficientamento e risparmio energetico, non soltanto


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limitato agli edifici e agli impianti ma alle infrastrutture di pubblico servizio nel loro complesso. La valutazione positiva è andata anche al meccanismo proposto per consentire una migliore ed efficace applicazione del sistema degli incentivi, finalizzato a ridurre l'attuale incidenza sulle bollette al consumo ed eventuali operazioni meramente speculative che, non garantendo una sostenibilità dell'investimento e non trainando la crescita e la qualità del sistema imprenditoriale, possono rappresentare al contrario un danno per il patrimonio pubblico e il territorio.
Ma in virtù di quanto detto, si è ritenuto auspicabile che tale decreto legislativo, nell'attuazione della direttiva 28 si ispirasse e mantenesse una coerenza con i principi definiti nella Raccomandazione n.1668/2004 dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa che, riferendosi alla Carta Europea delle risorse d'acqua adottata dal Comitato dei Ministri il 17 ottobre 2001, testualmente riporta: «L'Assemblea raccomanda di evitare ogni interpretazione della Carta che porti a limitare gli usi tradizionali (alimentari e agricoli) delle risorse d'acqua, specialmente nelle regioni di montagna, aumentandone i costi finanziari o amministrativi o a ignorare il diritto delle comunità di montagna a usare le risorse idriche situate sui loro territori al fine di produrre energia». Non si può non considerare come sia positivo l'impianto generale di un provvedimento teso a migliorare l'efficienza del sistema produttivo di energia da fonti rinnovabili, ma nel porre delle revisioni che penalizzano investimenti già in essere o prossimi alla realizzazione, occorre prendere in considerazione la situazione attuale del meccanismo finora utilizzato e del mercato generato. L'ANCI sottolinea che il regime di sostegno attuale non alimenta percorsi di inefficienza; ad esempio i Certificati Verdi, oltre a garantire la partenza di nuove iniziative nel mondo delle fonti rinnovabili, hanno fatto si che anche i grandi impianti idroelettrici (fondamentali nel garantire il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva da fonti rinnovabili) siano stati oggetto di ammodernamento significativo: preme evidenziare come la maggior parte di tali impianti abbia una progettualità di oltre 60 anni fa e, come il richiedere un aumento della produttività per la concessione dei CV sia una spinta propulsiva verso l'ammodernamento dell'intero parco macchine. L'attuale formulazione del decreto legislativo non permette di verificare se i futuri meccanismi di incentivazioni degli impianti alimentati da fonti rinnovabili - da determinare con successivi decreti attuativi - manterranno, miglioreranno o peggioreranno la situazione in essere. I meccanismi attuativi del provvedimento erano demandati a futuri decreti attuativi, ad oggi in forte ritardo di emanazione il cui termine era stato stabilito entro settembre 2011, e solo questi permetteranno di comprendere i reali effetti: è lapalissiano come un


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meccanismo di «asta al ribasso» lasci presumere una stretta agli incentivi e non lasci intravedere la possibilità di rendere il sistema più efficiente. Nella formulazione del decreto, nei principi, si prevede che debba sussistere un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio: nel nostro caso pratico abbiamo verificato come l'attuale sistema di incentivazione (CV), corretto prudenzialmente con gli effetti che si presume produrrà la Legge 30 luglio 2010 n.122 (-30% spesa annuale GSE), riesca a fornire un copertura appena sufficiente per importanti investimenti nell'ambito dell'idroelettrico. Di conseguenza solo il mantenimento di un livello di incentivazione pari almeno all'attuale può permettere di affrontare ingenti investimenti.
Il contenuto del decreto comporta un più che probabile arretramento delle nuove iniziative imprenditoriali nel settore, nella situazione migliore gli investimenti rimarranno fermi per diversi mesi nell'attesa di chiarimenti dettati dall'attività normativa attuativa del decreto in esame. La stessa direttiva della Comunità Europea a più riprese parla di certezza per gli investitori: «...La Comunicazione della Commissione del 10 gennaio 2007 intitolata» Tabella di marcia per le energie rinnovabili - Le energie rinnovabili nel XXI secolo: costruire un futuro più sostenibile «ha dimostrato che un obiettivo del 20 % per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili ed un obiettivo del 10 % per le energie da fonti rinnovabili nei trasporti sarebbero obiettivi appropriati e raggiungibili e che un quadro che preveda obiettivi obbligatori consentirebbe di creare la stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili La principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori è creare certezza per gli investitori ... Uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste nel garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, come previsto dalla direttiva 2001/77/CE, al fine di mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri di elaborare misure nazionali efficaci per conformarsi al suddetto obiettivo...».
L'ANCI aveva segnalato in particolare una grave criticità nel testo uscito dalla Conferenza Unificata che all'articolo 23 comma 5 non prevede il ritiro dei certificati verdi per gli impianti di teleriscaldamento spesso abbinati alla cogenerazione, e attualmente molto diffusi in città medio grandi del nord Italia. Il testo aveva come diretta conseguenza che tali CV rimanessero invenduti o nella disponibilità del produttore termoelettrico, senza che quest'ultimo ne potesse beneficiare ai fini del soddisfacimento del proprio obbligo. L'introduzione di un meccanismo che garantisca, in coerenza con quanto motivato al precedente articolo 23, comma 4 e fino all'annullamento della quota d'obbligo, il ritiro da parte del GSE dei certificati verdi


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prodotti da impianti con abbinate reti di teleriscaldamento esistenti rappresenta una legittima tutela dei diritti acquisiti. Tale integrazione ci appare tra l'altro in coerenza con la spinta che, su richiesta della Conferenza Interregionale, si intende dare agli impianti di teleriscaldamento e alla loro pianificazione, le cui principali esperienze sono riscontrabili in città come Torino o Verona, che oggi si trovano nella situazione sopra esposta. La soluzione più lineare per non interrompere gli investimenti nel settore era infatti la previsione di una norma di salvaguardia che assicuri un livello minimo di incentivo.

Con l'acuirsi della crisi economica e di una difficoltà diffusa su scala nazionale a rilanciare crescita e sviluppo, L'ANCI ha sottolineato più volte al Governo la necessità di introdurre tra le deroghe già previste all'applicazione di sanzioni in caso di mancato rispetto del Patto di Stabilità anche quella inerente i diversi proventi e incentivi percepibili dagli enti locali tramite l'utilizzo di fonti rinnovabili ed efficientamento energetico. Tale deroga si ritiene tanto più urgente quanto in linea agli impegni cogenti imposti ai diversi Stati Membri dalla nuova direttiva comunitaria 2009/28/CE e agli obiettivi ivi stabiliti, di sostegno alle azioni di sviluppo nazionali e regionali, di scambio di migliori prassi tra iniziative di sviluppo locali e regionali in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, di stimolo alla produzione decentrata e al ricorso di fondi strutturali. Rispetto a questi ultimi, la deroga concessa per gli interventi in conto capitale cofinanziati dall'Unione Europea si ritiene assimilabile alla richiesta espressa dall'ANCI, trattandosi di entrate derivanti da incentivi che lo Stato ha determinato in recepimento di indicazioni comunitarie su assi prioritari di sviluppo nazionale e internazionale, alimentati da un meccanismo - il CIP6/92 - basato sull'addebitamento diretto ai cittadini/consumatori finali di energia di un sovraprezzo, pari a circa il 7%, tramite la componente A3 in bolletta. L'ANCI sottolinea che tale provvedimento è indispensabile per facilitare la realizzazione di investimenti pubblici locali e supportare l'attività economica a livello territoriale, nel raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico, sviluppo sostenibile e riduzione complessiva delle emissioni di CO2.
Riservando al paragrafo 4 le osservazioni dell'ANCI sul Piano di attuazione nazionale sulle FER, di seguito illustriamo sinteticamente quali sono i punti principali sotto il profilo attuativo, in coerenza con quanto stabilito dal Decreto 28/2011.
Per quanto riguarda il solare fotovoltaico, una delle due fonti rinnovabili a cui si è data una regolamentazione, in attuazione dell'articolo 25, comma 10 del Decreto legislativo del 3 marzo 2011 n. 28, l'Anci ha formulato parere positivo al testo presentato dal Ministro dello Sviluppo Economico, tenendo conto del lavoro complessivo svolto nel corso di alcuni mesi dal gruppo tecnico e della


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necessità di conciliare le diverse istanze delle amministrazioni comunali, in quanto soggetti attivi sul mercato dell'energia da solare fotovoltaico da una parte e co-responsabili della tutela del proprio patrimonio, dello sviluppo sostenibile del territorio e del benessere della cittadinanza, e di contribuire a definire un quadro di regole chiare per un settore di fondamentale importanza.
L'Anci crede fortemente che la fonte solare costituisca una risorsa da valorizzare alla luce delle caratteristiche geografiche del nostro Paese, ma porta avanti l'idea che ogni territorio possa avvalersi di un mix il più possibile diversificato e che rispecchi le reali potenzialità e specificità di ciascuna zona, ottimizzando scelte fatte e risorse disponibili, senza ulteriore consumo di beni per propria natura scarsi e preziosi come il paesaggio e il suolo.
In questo senso, l'Anci ha condiviso in generale l'approccio seguito dal Ministero dello Sviluppo Economico, teso a raggiungere degli obiettivi sostenibili per le fonti rinnovabili, in questo caso per il fotovoltaico, sia in termini energetici sia di peso finanziario sui cittadini. Sebbene infatti non costituisca l'unica componente a gravare sull'utente finale, nei fatti la quota nella componente A3 della bolletta costituita dall'incentivo a tale fonte stava crescendo esponenzialmente.
Inoltre se il mercato del fotovoltaico è stato fino ad oggi fortemente incentivato poiché ancora in fase iniziale di sviluppo, con decisioni non sempre condivisibili se proiettati gli effetti nel lungo periodo, come nel caso del decreto «Salva Alcoa», è necessario oggi tenere conto del costo dell'incentivo da mantenere, degli obiettivi di grid parity ovvero di raggiungimento dell'equilibrio economico posto al 2016, dei limiti infrastrutturali di assorbimento/immissione dell'energia prodotta e dell'adeguamento delle reti, nonché del rischio reale di operazioni meramente speculative che hanno rischiato di compromettere le numerose iniziative concrete di investimento portate avanti anche da tante amministrazioni e che creano sviluppo e occupazione. Rispetto a ciò, si è ritenuto indispensabile e urgente fornire nel minor tempo possibile regole certe e prospettive definite al mercato, che nell'attuale momento di stallo vede bloccate non soltanto le bolle di natura finanziaria ma le tante aziende che sul territorio hanno costituito una filiera. In tale ottica, l'Anci ha apprezzato l'attenzione che nel decreto viene prestata e alla tutela in favore dell'industria nazionale sulle componenti degli impianti (inverter), nonché alle garanzie circa lo smaltimento e il riciclo dei moduli fotovoltaici al termine della vita utile dell'impianto, in linea con le richieste dell'associazione per le realtà produttive che stanno trovando in alcuni territori una specializzazione settoriale e di filiera, come ad esempio in Veneto.


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Per quanto riguarda alcuni punti di interesse per le amministrazioni comunali e proposte emendative avanzate, si è tenuto conto sia del mantenimento di elementi premiali per tutti i Comuni e in particolare per i piccoli, dell'estensione della soglia dimensionale per i piccoli impianti, della trasformazione del premio incentivante per la sostituzione dei tetti in eternit dal 10% ad una quota fissa per kw/h e soprattutto di una apertura del Governo sul periodo transitorio e sulla necessità di ammorbidire ulteriormente il decalage progressivo prospettato dal Ministro Romani per il 2011-2012, al fine di salvaguardare gli investimenti in corso.
L'Anci aveva sottolineato che l'introduzione di meccanismi «nuovi» per il nostro Paese (avvicinamento al modello tedesco e regolazione di un periodo transitorio) doveva essere accompagnato da una contestuale garanzia di efficienza del sistema, ad esempio di meccanismi sanzionatori per il Gestore di rete in caso di mancato rispetto dei termini per il rilascio della certificazione di fine lavori, e dei soggetti deputati al controllo, mettendo in luce una forte problematicità nell'attuazione delle disposizioni contenute nel provvedimento, a partire dal Registro per i grandi impianti, che si era concordato di attivare nel 2012. Su questi ultimi due punti, si esprime criticamente l'Associazione, in quanto un piano credibile di intervento e potenziamento sulla rete nazionale (e soprattutto su alcune aree del Paese) non sembra stato presentato, mentre sul tema del registro dei grandi impianti e in particolare della dichiarazione di idoneità rilasciata da parte dei Comuni non si è ricevuto un supporto tecnico chiaro ed efficace da parte del GSE, alla luce di una difformità delle procedure a livello regionale. In particolare, nell'ambito del nuovo decreto in Conto Energia relativo all'incentivazione per la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici, tra la documentazione da inviare al GSE per l'iscrizione al registro dei grandi impianti, è richiesta - nell'Allegato 3A - comma 1 lettera c dello stesso Decreto - la dichiarazione del Comune competente attestante che la denuncia di inizio di attività o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata di cui al punto b2), ovvero la comunicazione di cui al punto b3), costituisce titolo idoneo alla realizzazione dell'impianto. Altresì nello scenario normativo vi sono disposizioni legislative a livello regionale e/o provinciale che non prevedono l'invio di alcuna comunicazione ai Comuni per realizzare gli impianti fotovoltaici. Pertanto anche in questo caso sarebbe comunque necessaria una dichiarazione dell'Amministrazione Comunale che attesti che la realizzazione dell'impianto fotovoltaico non necessita di alcun titolo autorizzativo, a fronte di specifiche disposizioni legislative. Rispetto a questo, non si è riscontrata apertura da parte del Ministero e del GSE per attivare sinergie e fornire adeguato supporto agli enti locali.


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3. Lezioni apprese e questioni aperte dal punto di vista normativo e attuativo

Tra le lezioni apprese e questioni ancora aperte, segnaliamo innanzitutto quanto emerso dalle prime esperienze di realizzazione delle città sostenibili e innovate, ovvero intelligenti. L'evoluzione delle città verso il concetto di «smart city» presuppone l'identificazione di modelli di sviluppo integrati, nei quali le diverse componenti settoriali (energetica, tecnologica, culturale, relativa al welfare, alla mobilità, ecc.) vengano programmate in maniera organica, evitando il rischio di una eccessiva specializzazione funzionale. Rispetto a ciò, l'amministrazione comunale deve mantenere un definito e forte ruolo di guida strategica e programmatoria, non delegabile all'esterno, a cui va aggiunta la predisposizione di un quadro di regole e norme tecniche adeguate, non importa se suddivise per ambito di intervento specialistico o inserite in contenitori più generali, purché siano aggiornate rispetto le evoluzioni del contesto politico e di mercato, tecnologico ed economico. Un tale sistema organico di piani e regole necessita poi di una serie di passaggi necessari di condivisione, innanzitutto interna, tra le diverse aree di competenza dell'amministrazione pubblica, all'esterno con la cittadinanza e con gli stakeholders. Occorre inoltre che il Comune definisca degli appositi accordi fra i grandi gestori di reti di pubblico servizio, affinché siano superate le criticità legate ai contratti attualmente in essere fra la stessa amministrazione e gli operatori privati. Questo aspetto assume una valenza particolarmente importante, anche in presenza di una elevata maturità programmatoria da parte del Comune. Tali accordi devono essere tesi ad esempio a risolvere la criticità derivante dal disinteresse, da parte del singolo operatore, ad investire nell'integrazione delle reti a fini di efficientamento energetico e manutentivo, alla luce della sua scarsa o nulla convenienza, essendo di fatto l'Amministrazione locale l'unico beneficiario di un tale intervento.
Direttrici programmatiche chiare ed evolute, e un sistema integrato e capillare di conoscenza delle proprie potenzialità e del proprio territorio, agevolano ampiamente, anche in una situazione di congiuntura economica negativa, il reperimento di risorse finanziarie utili al finanziamento di ciò che possiamo considerare il «masterplan» sulla città intelligente: anche in questo caso la sfida è sapere cogliere l'opportunità di volta in volta disponibile a livello comunitario, nazionale e locale, ottimizzando, azione per azione, le diverse disponibilità finanziarie utilizzabili, in molti casi estremamente frammentate, in termini di cofinanziamento pubblico, valorizzando insieme le specificità che ciascun territorio possiede e sfruttando al meglio modelli misti, poco seguiti in Italia, di partenariato pubblico - privato.


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La strada principale per il reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione degli interventi appare, in questo particolare momento storico caratterizzato da ingenti ristrettezze di bilancio per i Comuni, invece proprio quella di un nuovo meccanismo di collaborazione fra privati e amministrazione locale, da impostare su almeno tre dimensioni quali:
1. quella della revisione dei contratti di servizio al momento del loro rinnovo, prevedendo nei relativi capitolati le azioni da mettere in campo per l'innovazione e l'efficientamento funzionale delle reti dei servizi ad esse connesse;
2. quella della definizione di collaborazioni pubblico-private orientate al finanziamento di progetti innovativi che prevedano una forte componente di utilizzo di ICT applicate al miglioramento delle reti di pubblico servizio;
3. quella della convergenza progettuale finalizzata alla presentazione efficace di proposte in risposta a bandi di finanziamento specifici, con particolare riguardo a quelli comunitari.

Le leve appena citate, che richiamano integrazione, standardizzazione, collaborazione ed efficacia progettuale, devono essere utilizzate già a partire da un ambito vitale e particolarmente oneroso per le amministrazioni locali, come quello della produzione e dell'approvvigionamento energetico, mediante ricorso a fonti rinnovabili. È di fatto un momento cardine all'interno di una programmazione di città intelligente, e lo è ancor più in Italia in termini di «territorio intelligente». Anche in questo caso, l'amministrazione locale è portavoce dei bisogni della propria comunità interamente intesa e valuta, progetta congiuntamente ai territori e alle amministrazioni limitrofe, in ottica di valorizzazione delle diverse fonti utilizzabili e delle differenti soluzioni perseguibili, in un mix energetico che mette in comune risorse e distribuisce energia prodotta. Soltanto in questi termini, è possibile parlare di evoluzione del sistema energetico efficiente, il più possibile pulito e costi ridotti. E siamo consapevoli che l'approccio descritto necessita di supporto, assistenza tecnica, informazione adeguata, ma soprattutto di un radicale cambiamento culturale che parta proprio dalle nostre amministrazioni locali.
Da un punto di vista dell'impianto normativo esistente e dell'attuazione in capo ai Comuni, l'ANCI è consapevole dell'importanza, ancor più rilevante in questo delicato momento per il nostro Paese e l'Europa intera, di intervenire celermente rispondendo agli obiettivi di incremento di efficienza energetica e produzione da fonti rinnovabili, a partire dagli interventi per la sostenibilità in ambito urbano e la pianificazione, dove mancanti, di reti energetiche integrate, presupposto


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per la riduzione di consumi ambientali, energetici e finanziari. L'Associazione e i Comuni rappresentati sono da tempo sensibili al tema, e per tale motivo è stato appoggiata, nel corso dell'interlocuzione tecnica e politica, la proposta di recepimento elaborata dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha portato all'approvazione del decreto legislativo 28/2011, pur sottolineandone limiti e possibili criticità. L'ANCI ha inoltre accolto con favore la proposta, da parte del MISE, di istituzione di un gruppo di lavoro comune, che sia allargato a tutti gli enti e soggetti interessati, tra cui i grandi player di settore, affinché si possano in quella sede individuare modalità efficaci di collaborazione tra Regioni, enti locali e amministrazioni centrali, strumenti di supporto utili ai Comuni che sono chiamati a pianificare interventi sulle reti di teleriscaldamento e raffrescamento, e che favoriscano la strutturazione di un sistema di conoscenza integrato, meccanismi gestionali e finanziari adeguati. Parallelamente si ritiene necessario riprendere il confronto sui punti ad oggi ancora sospesi e previsti dal decreto 28/2011, come i decreti attuativi sulle fonti alternative diverse dal solare fotovoltaico, che in molti casi costituiscono una potenzialità inespressa e una specificità dei territori, estendendo il confronto ad una programmazione realmente condivisa con gli enti locali sui temi della produzione energetica, dell'efficienza e della finalizzazione di risorse ancora disponibili. Riguardo a ciò, fatto salvo per i due decreti ministeriali sulla cogenerazione ad alto rendimento e relativo regime incentivante, emanati rispettivamente il 4 agosto 2011 e 5 settembre 2011 in recepimento della Direttiva 2004/8/CE, e con le agevolazioni previste in sede di regolamentazione tecnica dall'AEEG, gli impianti alimentati da tutte le restanti fonti rinnovabili, compresi i delicati temi degli incentivi sugli impianti eolici, sui biocarburanti e sull'efficienza energetica sono ad oggi pendenti, sebbene la scadenza prevista dal Decreto 28 fosse stabilita a settembre 2011.
Tra questi ci preme sottolineare due ambiti di vitale importanza in termini di tutela e valorizzazione del nostro territorio e di investimenti attuati da tempo, nonché di occupazione prodotta, come le biomasse e l'idroelettrico.
Per quanto riguarda le biomasse, la mancanza di una regolamentazione specifica e aggiornata e di un regime di sostegno adeguato rischia di frenare uno dei maggiori potenziali per la maggior parte dei territori del nostro Paese. Se alcune indicazioni e indiscrezioni sono trapelate su un prossimo schema di decreto sulle biomasse, l'ANCI ha già chiare alcune linee direttrici da cui non possiamo prescindere. In particolare, si segnala la criticità derivante dall'assenza di opportuna valorizzazione della biomassa legnosa, specie in ottica di manutenzione dei nostri boschi e spazi verdi urbani e rurali, che deve al contrario essere considerata prodotto da «coltivazione» come qualsiasi


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altro bene derivante da attività agricola, niente affatto equiparabile quindi a qualsiasi «rifiuto». Occorre considerare «il bosco» come fonte di energia alla stregua del bacino idroelettrico e di conseguenza programmabile in base al tasso di crescita annuale dell'essenza, ma chiaramente oggetto di attenta tutela, cura e manutenzione e non di consumo. Occorre inoltre considerare anche il prodotto diretto della lavorazione e non il trasformato (pellet o cippato).
Nella determinazione e nell'ottenimento degli incentivi, se la tendenza attuale è quella di ricorrere al meccanismo dell'asta, si dovrebbero considerare parallelamente e in modo diverso le iniziative dirette per l'autoconsumo, percorribili in numero elevato (secondo l'impostazione che abbiamo condiviso di favorire piccoli impianti diffusi) dalle aziende agricole piccole fino alle più grandi, o da consorzi di comuni montani, singole realtà comunali, come tanti esempi virtuosi sono presenti nel nord Italia.
Per quanto concerne l'idroelettrico, siamo di fronte ad un tema che costituisce un bacino di rendita energetica, economica e di sviluppo anche in termini di occupazione per molti territori montani del nostro Paese. Si tratta di un tema complesso, che abbraccia soprattutto i vecchi impianti e quindi i rifacimenti degli stessi, nel cui caso trovandosi ad oggi la maggior parte con le concessioni in scadenza rischiano di non essere oggetto di investimenti futuri se non adeguatamente supportati da una politica incentivante. L'ANCI ritiene che il sostegno in questo caso possa essere vincolato alla ristrutturazione e agli investimenti in loco e sugli impianti, ovviando al rischio di alimentare dinamiche meramente speculative o sussidi vantaggiosi a grossi concessionari. In particolare, parlando di rifacimenti totali e parziali dei vecchi impianti, si segnala che, la mancanza di incentivi su queste fattispecie blocca oggi investimenti dell'ordine di mezzo miliardo di Euro solo in regione Trentino Alto Adige su beni gratuitamente devolvibili (che allo scadere della concessione rimangono dello Stato) e che a partire da tutto l'arco alpino si possano ipotizzare simili proiezioni, rendite che alimentano il tessuto produttivo di molte aree territoriali, come le imprese locali (edili e meccaniche), che aumentano in qualche caso sensibilmente la produzione (anche del 30 - 40%), senza consumare un solo litro di acqua in più e che intervengono su impianti esistenti, senza consumo di suolo. Si sottolinea inoltre come anche in questa fattispecie occorre salvaguardare e tutelare gli investimenti già realizzati o in corso di realizzazione che hanno basato il loro business plan sui vecchi incentivi. Si tratta di interventi complessi e a durata medio-lunga, con una forte componente infrastrutturale, la cui semplice manutenzione non può essere confusa e incentivata come appunto un rifacimento totale o parziale.


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Per quanto invece riguarda il tema degli impianti eolici, l'ANCI ha in diverse sedi sottolineato che l'attenzione, in molti casi legittima, sui grandi impianti alimentati da fonte eolica non deve impedire di tracciare con chiarezza il quadro delle opportunità energetiche perseguibili mediante tale fonte, sempre nell'ottica di rispettare le specificità, la reale disponibilità di quella determinata risorsa e la vocazione di un territorio; un tale approccio impone trasparenza di tutte le parti in causa, amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché investitori privati, e uno sforzo di programmazione a medio-lungo termine. Occorre anche fare chiarezza e distinguere le diverse applicazioni tecnologiche, distinguendo tra impianti eolici di taglia industriale e mini/microeolico i quali, contrariamente ai primi, in virtù di un ridotto impatto ambientale e di maggiore flessibilità nel dimensionamento, possono essere soluzione agevolmente integrata e distribuita, in contesti sia rurali che urbani. Si tratta infatti di impianti con potenza minima installabile di un kilowatt (una pala di limitate dimensioni), dal costo tra i 1000 e i 2000 euro, in grado di contenere e risparmiare fino al 30% dei consumi energetici e della bolletta per utenze domestiche o di piccola dimensione. Rispetto agli impianti eolici, l'elemento di maggiore interesse per i Comuni è il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti impattanti, il cui processo di autorizzazione vede la Regione come «titolare» del procedimento. A tale riguardo, si sottolinea che tali valutazioni sono oggetto di uno specifico allegato contenuto nelle «Linee guida per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi», previste in base all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 e approvate in Conferenza Unificata l'8 luglio scorso. Tali linee guida sono finalizzate ad armonizzare un quadro regolatorio e normativo oggi frammentato e disomogeneo a livello regionale, e stabiliscono i processi autorizzatori per le diverse tipologie e grandezze di impianto considerato, oltre che le misure di mitigazione e quelle compensative per gli enti locali ospitanti l'impianto. È indubbio che in un Paese, come l'Italia, ad alta intensità abitativa e varietà naturale del paesaggio, il territorio è un bene prezioso, sia per la sua relativa scarsità per gli usi primari, agricoli, silvicoli e zootecnici, sia per la conservazione di habitat necessari alla biodiversità. Per tale motivo l'attenzione principale è posta sull'impatto paesaggistico dell'impianto eolico, la cui «visibilità» si estende ben oltre il territorio impattato direttamente o indirettamente per l'installazione delle torri. In particolare, le linee guida stabiliscono che per l'eolico che il Ministero dei beni culturali e la soprintendenza partecipa sia nell'ambito di istruttoria di VIA per impianti superiori ad 1 MW anche non vincolati, sia per impianti inferiori alla soglia precedente ma ricadenti in aree sottoposte a


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tutela. È stata riscontrata una criticità nel meccanismo di incentivazione premiante utilizzato inizialmente per l'eolico, ritenuto eccessivo rispetto alla produzione in molti casi effettivamente rilevata, ma che dipende anche dalla sostenibilità stimata del progetto presentato e dalle caratteristiche e specificità del territorio ospitante e non da una ipotetica inefficienza di base dell'eolico rispetto ad altre fonti rinnovabili; l'attribuzione della tariffa incentivante a carico dell'utente elettrico finale (i cittadini e le imprese) è comune a tutti i meccanismi incentivanti finora attivati (vale lo stesso per il fotovoltaico). Inoltre l'ANCI ha sottolineato che, sebbene il meccanismo incentivante sia nato per fronteggiare gli ingenti costi di investimento iniziali, le forme attuali possono ancora essere sostenibili nel caso di impianti richiesti e istallati da privati cittadini principalmente finalizzati all'autoconsumo, e non per impianti industriali. Supportati dai dati, la stessa UE stima che impianti con ventosità equivalente a circa 1.600 ore risultino già competitivi in assenza di incentivi. Con l'incentivazione vigente in Italia risultano redditizi anche i siti con appena 900 ore. Ciò a spiegare il gran numero di nuove autorizzazioni richieste e in parte ottenute. Aggravante per quanto riguarda l'eolico, riteniamo che sia il riconoscimento di incentivi anche per impianti «inattivi» e che debba essere corretto parallelamente all'impegno dei soggetti coinvolti a risolvere il nodo oggi centrale riguardante il collo di bottiglia dell'immissione in rete dell'energia prodotta e dello stato dell'infrastrutturazione energetica italiana (con degradi e insufficienze evidenti soprattutto al Sud Italia). Sul tema dell'eolico è stata infine più volte posta una questione sulla «legalità», tema cogente e innegabile, ma che si ritiene non possa essere affrontato solo rispetto ad una tipologia di fonte rinnovabile come nel caso dell'eolico, ma in generale debba essere tenuto in considerazione in presenza di margini sufficientemente ampi di guadagno e redditività speculatoria di cui al punto precedente. In quest'ottica non si ritiene, in linea generale, che esistano fonti e tecnologie rinnovabili «positive» o «negative», ma che esistano progetti validi e sostenibili accanto a progetti «infondati» e «meramente a fini speculativi», così come basati su fonti e risorse aderenti alle specificità di ciascun territorio, diverso l'uno dall'altro.
I Comuni, sopraffatti da tagli e da vincoli, sono stati in molte occasioni tentati di utilizzare le fonti rinnovabili per «fare cassa», con molta attenzione agli incentivi e alle cosiddette royalties/ristori una tantum e poca al risparmio in termini di consumo proprio e della collettività, spesso in balia di soggetti non qualificati, a cui il rischio è di svendere il territorio. Tra l'altro le linee guida previste dal 387 e approvate a luglio in conferenza unificata vietano qualsiasi forma di royalties e misura compensativa in denaro. Ma l'ANCI ha insistito affinché invece siano previste misure compensative adeguate, sebbene non monetarie, dirette ad attivare investimenti coerenti con gli


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interventi sostenuti sul territorio stesso. Ovvero si vuole stimolare la pratica virtuosa nel considerare in modo integrato la comunità e il territorio, con i suoi bisogni, i suoi consumi complessivi e le sue potenzialità complessive in termini energetici, focalizzando molto sulla concomitanza di produzione ed efficientamento, stressando la componente di risparmio, e valorizzando al massimo la distribuzione e l'autonomia energetica, a partire dal patrimonio immobiliare pubblico. In tal senso, lungi dal viziare la concorrenza nel settore energetico, si ritiene che l'ente locale detenga un ruolo fondamentale di regolamentazione, di funzione esemplare verso la cittadinanza e gli attori che insistono sul territorio, di guida e stimolo della filiera locale.
L'ANCI crede che certamente le FER hanno anche un impatto positivo importante a livello economico, ma che questo debba essere il combinato disposto di fattori come il risparmio, i costi sociali e ambientali (impronta di carbonio), entrate da servizi aggiuntivi, ecc, e non può essere il primo obiettivo dell'ente locale. Il Comune deve innanzitutto conoscere le potenzialità e le opportunità del proprio territorio, utilizzare tutte le leve tutelandolo, migliorando la qualità dei servizi e della vita dei propri cittadini. Per tutte le ragioni elencate, siamo fermi nel sostenere che una politica nazionale seria e sostenibile sull'energia, il clima e lo sviluppa non può prescindere da confronti allargati alla cittadinanza e alle imprese, con una governance multilivello e in tutte le sedi istituzionali deputate, da una pianificazione attenta alle istanze del territorio e trasversale a tutti gli ambiti coinvolti.
Uno dei temi oggi maggiormente oggetto di interventi e richieste regolamentari è quello dell'efficienza e della riqualificazione energetica, a partire dal patrimonio immobiliare pubblico. Basti pensare che in Italia circa il 60% degli immobili residenziali sono stati costruiti prima del 1970 e consuma quasi tredici volte in più di quanto ne consumerebbe un edificio progettato, realizzato e certificato con criteri efficienti in tema di risparmio energetico. Questo dato ha orientato quindi le azioni finora messe in campo, la principale delle quali a livello nazionale consiste nello strumento delle «detrazioni fiscali».
Per quanto riguarda soprattutto il patrimonio residenziale, infatti, le detrazioni fiscali del 55%, in vigore dal gennaio 2007, costituiscono il più generoso sistema di incentivi mai messo in campo dal Governo per promuovere l'efficienza energetica e lo sviluppo economico sostenibile nel sistema immobiliare italiano, con risultati anche considerevoli. Secondo i dati raccolti da ENEA, dopo un periodo di alcuni mesi di calma, in cui gli utenti evidentemente hanno valutato la convenienza dei nuovi incentivi, dall'autunno 2007 le richieste di detrazione - a fronte di interventi di efficientamento realizzati - sono letteralmente decollate, raggiungendo, alla fine dell'anno, 106.000


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unità. Nel 2008 il gradimento del pubblico per questo tipo di incentivi si è ulteriormente confermato e rafforzato. A fine 2008, circa 248.000 cittadini si erano avvalsi delle detrazioni e la situazione si è poi stabilizzata - sempre su alti livelli - nel 2009: 238.000 interventi realizzati, confermando la validità del provvedimento e la soddisfazione degli utenti. Nel 2010, infine, l'incertezza di fine anno sulla proroga delle detrazioni al 2011 ha fatto sì che venissero anticipate anche le ristrutturazioni non urgenti e programmate per il futuro. Conseguenza: il precedente record del 2008 sarà molto probabilmente superato e - entro il 31 marzo 2011, termine ultimo per l'invio della documentazione - sarà raggiunto un nuovo picco di richieste. Possiamo quindi dire che, sino a questo momento, i risultati sono stati quanto mai lusinghieri e probabilmente ben al di là delle aspettative del legislatore quando furono varate le agevolazioni: ci si avvia ormai a raggiungere il numero di un milione di utenti che si sono avvalsi dell'incentivo, dimostrazione evidente di un successo inatteso. Per tale ragione abbiamo ritenuto sbagliato l'eliminazione di questo strumento.
Il problema che molti Comuni invece si pongono riguarda il patrimonio pubblico, data l'importanza che interventi di riqualificazione comportano in termini di risparmio economico per le casse dell'ente locale, in termini di riduzione di emissioni di CO2 e soprattutto in relazione alla funzione esemplare verso cittadinanza e imprese del territorio. L'ANCI ha appoggiato innanzitutto la richiesta di mantenimento dello strumento della detrazione fiscale, e valuta che in questo settore sia importante creare maggiore sinergia tra soggetti qualificati privati e pubblica amministrazione. Un Comune deve pensare, pianificare e intervenire in maniera integrata sul patrimonio e sulle reti della propria città. L'efficienza energetica rappresenta uno dei principali ambiti quando si parla di «smart city» proprio per via del peso energetico e finanziario che assume oggi il fattore consumo sia in termini di immobili, parliamo quindi di edilizia pubblica, privata o industriale, sia in termini di infrastrutture di rete, si pensi all'illuminazione pubblica, sia in termini di trasporti. Ridurre oggi i consumi significa agire a costo zero su più piani, quello delle emissioni di CO2, della bolletta energetica, della spesa privata e pubblica. Il risparmio energetico è una delle leve che meglio si presta oggi ad essere utilizzate da parte di un ente locale, che può difficilmente o per nulla mettere in campo azioni differenti, bloccato dai vincoli di un patto di stabilità sempre più stringente.
Chiaramente l'efficientamento è applicabile integrando anche le fonti rinnovabili, da un punto di vista del ricorso all'autoproduzione e all'autoconsumo. Per tale motivo, abbiamo sempre sottolineato l'importanza del mantenimento di premialità legate agli incentivi richiesti dagli enti locali, per interventi integrati e connessi al patrimonio pubblico. Su un piano diverso è a nostro avviso e


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senz'altro più complesso il ricorso a reti di distribuzione energetica intelligenti, le cosiddette smart grid, che necessitano innanzitutto di una interoperabilità e cooperazione delle diverse reti - non solo energetiche ma anche tecnologiche o relative ai servizi pubblici - su cui ancora in Italia abbiamo un gap notevole da colmare.
Se alcune indicazioni importanti sono già state fornite dalla Comunità Europea, ad esempio sull'efficientamento degli edifici con la Direttiva 31, a cui deve seguire l'attuazione a livello nazionale con un completamento delle normative tecniche, il confronto internazionale ci aiuta senz'altro a mettere a sistema in Italia le migliori esperienze di successo in Europa e in altri Paesi, la sperimentazione di metodologie unitarie a livello pubblico, specialmente per settori particolari ed energivori come quello sanitario, la standardizzazione e la semplificazione delle procedure, soprattutto - sottolineo - il ricorso mediante progettualità di alto livello ai finanziamenti/bandi comunitari disponibili. Su questo punto il nostro paese e i nostri Comuni sono più indietro: occorre sapere progettare bene e ad alto livello, ed è necessario ricorrere a partnership pubblico private.

4. Osservazioni dell'ANCI sul Piano di attuazione nazionale sulle FER

Sono riportate in questo paragrafo le osservazioni presentate dall'ANCI in sede di Conferenza tenutasi nel luglio del 2011.
In merito al Piano predisposto dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi dell'articolo 4 della Direttiva 2009/28/CE, l'ANCI si esprime positivamente riconoscendo che il documento affronta in maniera articolata e piuttosto esaustiva il quadro estremamente complesso dell'approvvigionamento da fonti energetiche rinnovabili.
Rispetto ai diversi punti affrontati, si segnalano di seguito, anche in ragione dei tempi ristretti a disposizione, alcune osservazioni per lo più di carattere generale e qualche riferimento puntuale, in collegamento ad azioni esterne al Piano stesso. Se dal punto di vista delle stime e delle proiezioni quantitative il piano sembra complessivamente dettagliato e sostenibile, appare più critico il percorso attuativo, di cui si sottolinea la necessità di condivisione a tutti i livelli di governance, verso gli stakeholder e la cittadinanza.
In particolare rispetto la governance istituzionale, sebbene alle Regioni sia affidata la competenza amministrativa sulle fonti rinnovabili, appare troppo debole e lacunoso il raccordo con i livelli amministrativi sottostanti quello regionale. La condivisione con gli enti locali diventa pertanto fondamentale e condizionante il processo di attuazione, specie per quanto riguarda azioni che intercettano le competenze dei Comuni e la loro potestà di governo del territorio e regolamentare, anche in virtù dell'adeguamento e dell'adozione di


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strumenti e norme innovati, come nel rispetto degli impegni presi aderendo al Patto dei Sindaci (programmazione territoriale e regolamentazione locale edilizia, pianificazione urbanistica integrata con le reti energetiche - teleriscaldamento, mobilità, ecc.);
Riferendoci al punto precedente e agli impegni che i Comuni devono ottemperare in seno al Patto dei Sindaci, si fa spesso riferimento all'interno del Piano alle misure trasversali disponibili su fondi strutturali e programma interregionale dedicato, come su fondo Kyoto, ma non viene esplicitato in modo convincente la modalità con cui tali strumenti finanziari vengano resi operativi e utilizzabili a supporto degli obiettivi prefissati;
All'interno del Piano viene citata l'introduzione, peraltro ritenuta auspicabile, dell'obbligo di predisposizione all'uso di una quota minima di FER già in fase di progettazione e realizzazione di infrastrutture asservite ad aree di destinazione produttiva e residenziale, come ad esempio le reti di distribuzione di calore. Questo è un tipico esempio di competenza dell'ente locale, del Comune in particolare, che individua con appositi strumenti (PRG, ecc) aree, progetti e relative reti di servizio.
Si fa riferimento alla misura di detrazione fiscale del 55% nell'edilizia come strumento in revisione. In realtà non è stata fatta alcuna chiarezza sull'alternativa all'eliminazione di tale misura nella finanziaria, che riteniamo abbia aiutato a conseguire con notevole successo ed efficacemente gli obiettivi prefissati, contrariamente ad altri meccanismi previsti settore come i certificati bianchi.
In particolare, si vuole rimarcare la preoccupazione in tale contesto per la previsione di abolizione del ritiro dei certificati verdi in eccesso, introdotta dall'art 45 comma 1 del testo del decreto-legge 78/2010. Essendo tale meccanismo di sostegno ad un mercato che interessa fonti rinnovabili svariate con eccezioni incentivate con altri meccanismi, come il fotovoltaico con il conto energia, la privazione del ritiro obbligatorio da parte del GSE costituirebbe una marcata disincentivazione alla diversificazione della produzione verso fonti come biomasse/biogas o idrico e geotermico, in palese contrasto con gli obiettivi che l'Italia ha di compensazione produttiva energetica in quota FER.
Dal punto di vista tecnico e dell'utilizzo stimato delle diverse tipologie di fonti:
si ritiene troppo alta la quota stimata di elettricità da biomassa, giustificabile presupponendo massicce importazioni, e sottostimata e trascurata invece la potenzialità del biogas;
riguardo all'impiego per trasporto appare alta la quota relativa ai biocarburanti e bassa quella relativa alle auto elettriche, anche mediante attenzione ad interventi di stimolo, ricerca e sviluppo in tale


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direzione. Se il Piano non prevede specifiche misure in ambito di R&S, cogliamo l'occasione di rimarcare l'importanza di una contestuale previsione, per garantire adeguato accompagnamento al piano, in termini di rilancio, consolidamento e credibilità di ciascun obiettivo prefissato;
Si rimarca che la previsione del coinvolgimento degli enti locali congiuntamente alle Regioni, per esaminare le condizioni di inquinamento locale che suggeriscano ricorso maggiore alle FER (qualità dell'aria...) e relativi programmi di intervento con strumenti finanziari appositi (fondo garanzia), è quanto mai coerente con quanto proprio i Comuni, in particolare i comuni medio-grandi, stanno portando avanti con appositi strumenti e provvedimenti più volte condivisi anche in ambito nazionale e mediante dialogo con il Governo.

Si sottolinea infine che un raccordo con gli enti locali è necessario anche laddove si prevede, per i biocarburanti da rifiuti, integrazione tra il sistema di tracciabilità con il sistema di controllo SISTRI.

5. Dati sintetici su diffusione e utilizzo delle fonti rinnovabili nei Comuni

Rimandando a fonti maggiormente esaustive sul tema, come il Rapporto sui Comuni Rinnovabili, elaborato annualmente da Legambiente, riportiamo di seguito una vista sintetica dei dati sulle fonti rinnovabili utilizzate dai Comuni, presentati dal Presidente dell'ISTAT in sede di Audizione per la presente indagine conoscitiva. La rapida crescita del settore delle energie da fonti rinnovabili in Italia è evidentemente stata supportata dalle politiche di incentivazione: la potenza elettrica installata da fonti rinnovabili è passata da 18,3 GW nel 2000 a 22 nel 2007, per poi superare i 30 GW nel 2010 (dati GSE); ciò, afferma il Presidente dell'ISTAT «nonostante le manchevolezze nelle procedure autorizzative, nella rimodulazione degli incentivi, nell'accesso alla rete, che sono state affrontate parzialmente solo nell'ultimo biennio». Sempre l'ISTAT nell'Annuario 2011 riferisce che nonostante la crisi economica abbia influito sul calo della produzione elettrica italiana, l'energia generata dalle fonti rinnovabili nel 2009 era aumentata di circa il 19% sull'anno precedente, soprattutto grazie al trend positivo della fonte fotovoltaica ( 250 milioni di kWh).
Preme in questa sede sottolineare la significatività dei dati del Rapporto Comuni Rinnovabili 2011 di Legambiente, che riferiscono una crescita molto significativa degli impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile installati nel complesso del territorio italiano: in 7.661 Comuni (il 94% del totale) è, infatti, presente almeno un impianto, laddove nel 2010 se ne contavano 6.993 e nel 2009 5.580.


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Il Rapporto evidenzia una crescita della diffusione per tutte le fonti: solare fotovoltaico, solare termico, idroelettrico, geotermia ad alta e bassa entalpia, impianti a biomasse e biogas integrati con reti di teleriscaldamento e pompe di calore. Tale crescita è in linea con l'aumento del contributo energetico delle rinnovabili, che nel 2010 ha rappresentato il 22 per cento dei consumi elettrici complessivi, con 200 mila impianti distribuiti nel territorio.
Comuni interessati dalle fonti rinnovabili Anno Solare termico Solare fotovoltaico Eolico Mini idroelettrico Biomassa Geotermia Totale 2006 108 74 118 40 32 5 356 2007 268 287 136 76 73 9 1.262 2008 390 2.103 157 114 306 28 3.190 2009 2.996 5.025 248 698 604 73 5.591 2010 4.064 6.311 297 799 788 181 6.993 2011 4.384 7.273 374 946 1.136 290 7.661 Fonte: Rapporto «Comuni Rinnovabili 2011» di Legambiente.
Secondo quanto registrato dalla Fondazione IFEL (Istituto per la finanza e l'economia locale) nell'Atlante dei Piccoli Comuni 2011 dell'ANCI, soprattutto per i Piccoli Comuni che si rileva il maggior numero di impianti da fonte rinnovabile. Tale valore è in costante crescita, indice di come in questi comuni vi sia una grande attenzione a tali tematiche. La fonte di energia rinnovabile maggiormente diffusa nei piccoli Comuni è il fotovoltaico: sono 4.988 i comuni in cui è installato almeno un impianto (l'87% ca. dei PC) su un totale di 7.273 amministrazioni comunali in cui è localizzata tale installazione (il 90% circa). Seguono a grande distanza il mini idroelettrico (689, il 72,8% del totale) e l'eolico (228, il 61%). Sono i comuni con popolazione tra 1.001 e 2.500 abitanti a contare tra i piccoli comuni il più alto numero di impianti ad energia rinnovabile (2.462, il 40,7% del totale degli impianti nei PC). Per quanto riguarda il fotovoltaico, il maggior numero di PC in cui è installato un impianto è localizzato in Lombardia (1.019, pari al 20,4% dei PC fotovoltaici) e in Piemonte (906, il 18,2%). Al sud si rilevano invece valori inferiori: quelli più elevati sono dei PC sardi (5,9%) e calabresi (5,5%). Per quanto riguarda il geotermico, ancora una volta sono i PC lombardi e piemontesi (questa volta a posizioni invertite, però) ad aver installato il maggior numero di impianti (rispettivamente, 29 e 56, il 22,3% e 43,1% del totale), seguiti da quelli toscani (12, il 9,2% del totale) e del Trentino - Alto Adige (11, l'8,5%).

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