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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
16.
Mercoledì 29 luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 6
Tortoli Roberto, Presidente ... 14 16
Bertolaso Guido, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 8 14 15 16
Dussin Guido (LNP) ... 8
Ginoble Tommaso (PD) ... 13
Libè Mauro (UdC) ... 8
Nucara Francesco (Misto-RRP) ... 7 14 15
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 11
Pili Mauro (PdL) ... 6
Realacci Ermete (PD) ... 9
Stradella Franco (PdL) ... 16
Viola Rodolfo Giuliano (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 29 luglio 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi, l'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso.
Ringrazio il sottosegretario per la presenza e gli cedo subito la parola.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor presidente, la mia relazione si concentrerà su due aspetti che mi sembrano abbastanza significativi.
Il primo è relativo ai fenomeni di dissesto idrogeologico che hanno interessato gran parte del nostro territorio nel corso di questi ultimi otto-nove mesi e sono stati sicuramente significativi. Tali fenomeni hanno determinato situazioni di grande difficoltà e criticità, purtroppo anche con numerose vittime, che hanno interessato, a partire dallo scorso mese di ottobre, la Sardegna, che è stata colpita anche in altre occasioni; nel corso del mese di dicembre diverse regioni del centro Italia (da ultimo anche il Lazio, con la situazione di criticità che ha riguardato il Tevere, proprio nel centro di Roma); nei mesi successivi diverse zone del nord Italia; nel gennaio la Calabria, che è stata devastata da alluvioni e frane di notevole importanza; alla fine del mese di giugno e i primi di luglio molte regioni del nord, compreso il Veneto (mi riferisco alle trombe d'aria e alle grandinate che hanno interessato la provincia di Treviso).
Credo di poter dire che nessuna zona del nostro Paese sia stata risparmiata dalle varie avversità e dai vari fenomeni meteorologici. Numerose sono state le occasioni in cui abbiamo dovuto dichiarare lo stato di emergenza e numerosi i provvedimenti e gli impegni di carattere finanziario che sono stati adottati.
Alcune mie considerazioni metteranno in rilievo la grande dimensione dei danni che sono stati indicati dalle varie regioni. Voi sapete che, in caso di situazione emergenziale, si interviene, si risolve il problema, si dichiara lo stato di emergenza e poi si contano i danni, che abitualmente vengono quantificati a cura degli enti locali - in particolar modo dalle regioni - che sono stati coinvolti dalla specifica emergenza.
Il dato che emerge dalle vicende che hanno interessato il nostro Paese nel corso di questi ultimi mesi è impressionante. Di fatto, la somma di tutte le richieste di intervento finanziario da parte dello Stato presentata da tutte le regioni - a partire


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dalla Sardegna per arrivare al Veneto, con i danni denunciati per la provincia di Treviso, passando per le mareggiate dell'Emilia-Romagna e per le situazioni di emergenza subite da Piemonte e Lombardia - è pari a 4,6 miliardi di euro. In otto mesi si sono accumulati 4,6 miliardi di euro di danni nelle varie regioni italiane.
È ovvio che queste quantificazioni scontano una serie di fattori; ad esempio, la consapevolezza che, se si chiede cento, magari si rimedia venti o trenta (mi pare che questo non sia un fenomeno di questi ultimi giorni, è la verità); l'esigenza di indicare anche danni che magari non sono stati causati da quel fenomeno specifico, ma già prima necessitavano un intervento e via dicendo.
Ad ogni modo, anche se facciamo la cresta - come si direbbe Roma - sul totale di 4,6 miliardi di euro, arriviamo a somme comunque importanti. Anche se si trattasse di un solo miliardo di euro di danni sarebbe comunque una cifra considerevole e 4,6 miliardi di euro sono una cifra cento volte superiore a quella dei fondi che il Ministero dell'ambiente ha a disposizione per le attività di difesa del suolo (è un paragone che mi sembra abbastanza calzante).
Insomma, se questi 4,6 miliardi di euro corrispondessero alla realtà, significherebbe che ogni italiano (dal neonato al più anziano) dovrebbe spendere 80 euro per riuscire a riparare i danni che hanno interessato il territorio del nostro Paese.
Lo ripeto, si tratta di cifre esagerate, che nessuno mai riuscirà a stanziare. Per esperienza, posso dire che a fronte di somme di questo genere si riesce a stanziare a volte il 5 per cento o un massimo del 10 per cento di quello che viene richiesto.
Per amore di verità, dico anche che quando ci troviamo di fronte a cifre «sparate» per voler a tutti i costi dimostrare che si è trattato di un fatto assolutamente drammatico, noi scriviamo alla regione interessata, chiedendo conferma dei dati segnalati e facendo presente che, qualora la stessa dovesse insistere con comportamenti di questo tipo, potremmo anche denunciare alle autorità competenti che sono stati trasmessi dei dati falsi, pur di rimediare qualche intervento o qualche iniziativa nell'ambito delle competenze e delle possibilità che ci sono offerte, in base alla normativa prevista, dalla Protezione civile.
La relazione che consegno mi sembra abbastanza dettagliata e interessante. Vorrei cogliere l'occasione per segnalarvi che è stata predisposta dal professor Giovanni Menduni, che come sapete è stato il grande segretario dell'Autorità di bacino del fiume Arno e che ha predisposto, negli anni passati, eccellenti piani di gestione dell'Arno. Due anni or sono il professore è venuto a dirigere l'Ufficio di previsione e prevenzione del rischio idrogeologico del Dipartimento della Protezione civile.
Temo che, purtroppo, Giovanni Menduni stia per lasciare la Protezione civile per lavorare nell'ambito della nuova Giunta fiorentina e occuparsi della sua città e del suo territorio. Se ciò dovesse accadere, per noi sarà una grave perdita, come potrete riscontrare anche dalla relazione che il professor Menduni ha predisposto e che consegno, per evitare di dilungarmi troppo, all'attenzione della Commissione.
Nella relazione si parla del dissesto idrogeologico, si citano i dati che vi ho riassunto, si ricorda che ci sono state sessanta vittime, dalla tragedia di Capoterra ad oggi, nelle varie situazioni emergenziali (frane, alluvioni, piogge violentissime, mareggiate e incendi boschivi) che hanno interessato il nostro territorio in questi mesi.
Si riferiscono ovviamente le cause di queste situazioni: la dissennata pianificazione urbanistica, la carenza o l'errato dimensionamento di opere di ingegneria, scriteriati comportamenti individuali, la generale fragilità del nostro Paese, l'inadeguatezza normativa su certi aspetti.
Si ricorda quali sono le richieste di finanziamento che vengono avanzate da tutte le regioni e si distinguono i danni nelle tre situazioni specifiche che hanno riguardato il nostro Paese in questi ultimi otto mesi. Ovviamente si parla dell'esigenza


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di una nuova governance complessiva dei processi territoriali, per cercare di adottare sul territorio politiche di vera previsione e prevenzione rispetto ad eventuali gestioni emergenziali.
La seconda parte della relazione viene dedicata alla vicenda degli incendi boschivi e di interfaccia. Ho appena fornito un'informativa per conto del Governo, rispetto a quello che è accaduto soprattutto in Sardegna dal 23 al 25 luglio scorso. Ho riferito, anche in quell'ambito, le attività poste in essere dalla Protezione civile che, come sapete, in base alla normativa sugli incendi boschivi, ha il compito di garantire il concorso della flotta aerea dello Stato, mentre sono a tutti voi ben note le competenze che riguardano altre amministrazioni per le attività di prevenzione, di previsione, di contrasto eccetera.
Nelle repliche che ho ascoltato in Aula qualcuno ha voluto sottolineare l'ipotetico tentativo di chi vi parla di smarcarsi da certe responsabilità. Non è così e non è quello che volevo dire nel corso nel mio intervento, durante il quale ho segnalato che sicuramente vi sono stati alcuni scollamenti e alcune difficoltà di coordinamento, soprattutto nelle prime fasi, fra le diverse amministrazioni interessate, soprattutto nella regione Sardegna. Ho dimostrato - mi pare che questi siano fatti inconfutabili - che è da dieci mesi, come minimo, che stiamo lavorando con la regione Sardegna per cercare di riorganizzare il sistema regionale di Protezione civile.
Ho citato l'ordinanza adottata a seguito della tragedia di Capoterra, quando fu il presidente Soru, commissario per quella vicenda, ci chiese di poter avere in ordinanza una norma che gli consentisse di riorganizzare la Protezione civile regionale, il centro funzionale, ovvero la struttura che si occupa di organizzare le previsioni meteorologiche e le attività di prevenzione, e anche la sala operativa di Protezione civile regionale. Proprio a causa di quella vicenda, segnalai al presidente che, a mio avviso, vi erano delle carenze e delle lacune organizzative nella gestione della Protezione civile regionale.
Le ordinanze sono ora compito del nuovo presidente, che si sta impegnando attivamente. Nella legge regionale, mi pare nel bilancio della regione, stanno immaginando queste attività di riorganizzazione e miglioramento delle competenze, dei ruoli e delle responsabilità. Credo, quindi, che si stia sviluppando un processo dinamico e positivo.
Purtroppo, le vicende degli incendi accadono in una fase di riorganizzazione inevitabile. Avevamo segnalato che sarebbero arrivati giorni difficili. Non è un mistero per nessuno che, in Sardegna, fra regione, province e prefetture non esiste un dialogo continuo e permanente. Addirittura, la prefettura di Cagliari, fino a poco tempo fa, si permetteva di redigere i propri bollettini meteorologici sulle previsioni degli incendi, avvalendosi del servizio meteorologico dell'aeroporto di Decimomannu. Parlo, quindi, per cognizione di causa delle difficoltà esistenti. Si tratta, comunque, di problemi che stiamo risolvendo.
Segnalare le difficoltà e chiarire che noi siamo pienamente coinvolti in questo processo di riorganizzazione e miglioramento delle attività non mi pare, francamente, che possa significare, da parte nostra, la volontà di sganciarci da alcune responsabilità o problemi che si sono verificati.
In merito a questi tre giorni terribili per la Sardegna (e non solo per questa regione), nei quali purtroppo si sono registrate due vittime, ritengo che sarebbe potuto accadere molto di peggio. Basta guardare a quanto è successo in Spagna, in Francia, in Grecia, in Corsica: le stesse difficoltà, se non maggiori, sono state affrontate e gestite magari in modo differente anche in ambito mediterraneo.
A mio avviso, si può operare meglio. Sono convinto che le attività, soprattutto quelle di sorveglianza, debbano essere rafforzate. Non parlo - come si dice sempre in questi casi - della sorveglianza a infrarossi con le telecamere, con i satelliti e con tutte le diavolerie della tecnologia moderna. Si tratta di strumenti sicuramente utili, che però non sostituiranno


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mai l'uomo, il quale, a mio avviso, in certe zone, e non solo in Sardegna, ogni tanto si distrae.
Quando si sa che sta per accadere qualcosa, bisognerebbe garantire massima attenzione e disponibilità. Questo significa che, quando il bollettino meteorologico parla di scirocco, di rischio di quarantacinque gradi all'ombra, di vento di quaranta nodi, elementi che si traducono in un altissimo pericolo o addirittura nella certezza di numerosi incendi, le squadre a terra non debbono stare in casa ad attendere la chiamata, e nemmeno nelle caserme. Debbono, invece, trovarsi nei punti nevralgici del territorio di loro competenza, pronte a intervenire al primo focolaio o segnale di fumo.
Noi lo facciamo. Abbiamo mandato anche i Canadair in sorveglianza armata, come si dice in gergo: li facciamo levare in volo, anche se non ci sono incendi, già con i serbatoi pieni, in modo che se, pattugliando un'area, dovessero avvistare un inizio di incendio, intervengono subito. Naturalmente, questo è possibile quando i Canadair non sono già impegnati sui luoghi degli incendi.
Quando ci sono venti incendi che interessano diverse province di una regione e abbiamo a disposizione otto o nove Canadair - un numero straordinario, mai registrato nella storia nostra né di altri Paesi - tutti presenti in una sola regione e pronti a sganciare oltre due milioni di tonnellate d'acqua nell'arco di 120 ore di volo, mi pare che sia difficile riuscire a fare più di così.
Anche perché, quando un sindaco sostiene che il Canadair non era presente, è possibile che esso fosse dietro la collina - dove non c'era nessuno in grado di riferirlo ai giornalisti - a spegnere un incendio, in una situazione quindi ancora più critica, proprio per l'assenza di personale impegnato nelle attività di spegnimento.
Voglio soffermarmi su un altro aspetto - e concludo - non per cercare giustificazioni, ma per chiarire le difficoltà di questo lavoro. Non so se avete mai provato a volare a bordo di un piccolo aeroplano, con quaranta nodi di vento, in mezzo a una vallata immersa nel fumo che impedisce la visibilità e in cui le termiche provocate dal calore delle fiamme fanno compiere al velivolo salti di diverse decine di metri. Ebbene, prendete tutto ciò che ho descritto, unitevi un pilota e otterrete il Canadair nello svolgimento delle sue attività di spegnimento degli incendi boschivi.
In certe situazioni, dunque, il Canadair non può riuscire a spegnere un incendio, proprio perché il mezzo tecnico è impedito a operare oppure perché il rischio per il pilota è tale da sconsigliare comunque l'intervento.
L'onorevole Ginoble potrà confermare, se lo ritiene, ciò che sto raccontando, sulla base della sua esperienza ad Acciano, il 23 luglio 2007, quando un Canadair, mentre stava sganciando l'acqua in una situazione di questo genere, si schiantò sulla montagna proprio perché non riuscì a vederla a causa della coltre di fumo.
I miei racconti derivano da esperienze, fatti e attività che si svolgono quotidianamente. Tutto ciò detto - ripeto e concludo - sono soddisfatto della gestione della lotta agli incendi boschivi nel nostro Paese, anche se ritengo che si possa e si debba fare ancora meglio e di più, perché siamo in grado di ottenere risultati migliori rispetto a quelli che abbiamo ottenuto finora.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Bertolaso.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURO PILI. Intervengo soltanto su un aspetto che il sottosegretario ha puntualmente evocato e che ritengo decisiva e, in molti casi, determinante per fronteggiare l'emergenza incendi: l'utilizzo dei «Canadair armati». Già nel 2002-2003 su richiesta della regione Sardegna fu deciso d'intesa con la Protezione civile nazionale l'utilizzo dei mezzi aerei per una duplice funzione, quella della perlustrazione del territorio e quella di un intervento immediato sul primo focolaio. Il Canadair


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già carico d'acqua e già in volo costituisce un potenziale strategico nell'abbattimento dei tempi soprattutto nelle cosiddette giornate a rischio. La mia richiesta è duplice: sono stati attivati questo tipo di pattugliamenti e soprattutto alla luce di quanto è successo in Sardegna nei giorni scorsi è intenzione della protezione civile attivare in futuro questo ulteriore, ma decisivo, intervento, almeno nelle giornate ritenute più a rischio?

FRANCESCO NUCARA. Francamente, conoscendo le capacità del sottosegretario Bertolaso, rimango un po' deluso dal suo discorso, non dalla parte che riguarda gli incendi boschivi, ma da quella relativa alla difesa del suolo.
Mi è sembrata una relazione un po' ragionieristica: sono stati chiesti 4,6 miliardi di euro per riparare i danni causati dalle alluvioni in tutte le regioni d'Italia. Può essere una cifra troppo elevata, o forse no, ma manca comunque un'idea complessiva di come difendere il territorio italiano da questi eventi dannosi, che non dovrebbero accadere, se non in via del tutto eccezionale. Al contrario, vediamo che, dalla Calabria al Veneto, tutta l'Italia è sott'acqua.
Forse il sottosegretario non lo sa, ma io sono stato eletto nelle liste del PdL e faccio parte di questa maggioranza; lo dico a scanso di equivoci, perché il mio intervento potrebbe indurre qualcuno a pensare che ho lasciato la maggioranza. Non è così, però sono critico. Oltretutto, in occasione della sua precedente audizione, signor sottosegretario, era da poco avvenuta l'alluvione in Calabria e avevo scritto una lettera al Presidente del Consiglio. Lei mi disse che il Presidente del Consiglio aveva passato quella lettera a lei, perché voleva gli elementi della risposta. Mi chiese, quindi, se mi dispiacesse avere risposta da lei. Per me l'importante era avere una risposta, da lei o dal Presidente del Consiglio sarebbe stata la stessa cosa... Ma la sto ancora aspettando quella risposta!
Rammento che nella mia lettera scrivevo che i soldi della difesa del suolo, le risorse finanziarie che erano arrivate alla regione Calabria da qualche settimana dovevano essere ritirate e messe tutte in capo alla Protezione civile per gli eventi calamitosi verificatisi in Calabria già dal 16 gennaio, ossia prima delle morti avvenute sull'autostrada, qualche giorno prima che il Presidente della Repubblica facesse visita alla Calabria.
Non so niente di quelle risposte, ma so che a febbraio, su sua proposta, la Presidenza del Consiglio ha deciso il commissariamento per questi eventi calamitosi, naturalmente mettendo come commissario delegato il presidente della regione Calabria, dove sono nato, vissuto e sono stato eletto per quattro volte, la quinta in Emilia-Romagna.
Ma il presidente della regione Calabria ha la responsabilità politica della gestione del territorio!
Vede sottosegretario, nel 2000 Chiaravalloti ha vinto la campagna elettorale perché i repubblicani, che all'epoca stavano a sinistra, nella regione Calabria sono andati a destra, ma sono stato l'unico vero oppositore della Giunta Chiaravalloti, perché non vivo di schematismi culturali né politici, quindi non mi preoccupo della mia collocazione, se devo dire la verità sui problemi che riguardano le popolazioni.
Nei giorni scorsi, il viceministro Fazio è stato audito in Commissione sanità, nella Commissione d'inchiesta, e gli ho ricordato quanto sancito dalla Costituzione italiana: come cittadino italiano per caso o per disgrazia nato in Calabria, voglio che i miei diritti siano garantiti come qualunque cittadino italiano, perché sono garantiti dalla Costituzione. Ho il diritto alla vita se nasco in Calabria o se nasco a Varese, e lo Stato me lo deve garantire.
Non si può nominare commissario delegato il presidente della regione Calabria, chiunque esso sia, che è responsabile politico della gestione del territorio. Il risultato della proposta da lei avanzata e dal Consiglio dei Ministri deliberata è che non si sa chi debba pagare le imprese che il 16 febbraio erano sul territorio a riparare i danni dovuti all'evento calamitoso. Non sappiamo chi le debba pagare. Sappiamo


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solo che la Protezione civile trasferisce 15 milioni di euro alla regione Calabria. Per il resto, nel decreto di nomina del commissario c'è un guazzabuglio di articoli e leggi e non si capisce proprio nulla, per cui ignoriamo chi debba pagare, perché la Regione Calabria sostiene che la Protezione civile non abbia ancora dato i 15 milioni di euro previsti dal decreto di commissariamento.
Le chiedo quindi, signor sottosegretario, cosa si debba fare. Rimango interdetto dalle modalità di gestione della difesa del suolo, che non è responsabilità sua. In qualità di geometra e perito edile, sottolineo l'esistenza dei PAI, per cui è sufficiente guardare su un computer quali sono le zone a maggiore rischio, evitando di affidare ai direttori generali la gestione della difesa del suolo secondo la loro discrezione, perché in questo Paese la discrezione è l'anticamera della corruzione. Loro devono soltanto prendere quei dati, vedere dove sono le zone maggiormente a rischio e sistemarle.
Credo che la Calabria sia la regione con il più alto tasso di abusivismo del mondo, non solo d'Italia, quindi i problemi si aggravano, ma l'abusivismo deve essere evitato dagli enti locali. Per questo non possiamo dare soldi a quelle regioni... Non possiamo nominare Bassolino commissario sulla sanità: sarebbe come dare l'incarico a Dracula per la raccolta del sangue!
Si rischia che dopo il dissesto idrogeologico ci sia il dissesto dell'economia calabrese, perché queste sono piccole imprese, non Ligresti o Impregilo; e se le piccole imprese hanno prodotto un milione di euro di lavoro a febbraio e tuttora non vedono un euro, oltre al dissesto idrogeologico avremo il dissesto imprenditoriale delle piccole imprese.
Vorrei sapere quindi come pensi di sopperire o di intervenire sul commissario, di informarsi se la Protezione civile abbia davvero trasferito i 15 milioni di euro alla regione. In sostanza, vogliamo saperne di più.

GUIDO DUSSIN. Ringrazio il sottosegretario Bertolaso per la sua relazione e per la sua presenza.
Per quanto riguarda i 46 milioni di euro, vorrei sapere se siano in dotazione sua, perché 4,6 miliardi diviso 100 fa 46, per cui vorrei conoscere la cifra attualmente a disposizione della Protezione civile per coprire gli interi danni in un anno a bilancio.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Protezione civile non ha niente. Ogni volta si chiede al Ministero dell'economia di reintegrare sui fondi previsti.

GUIDO DUSSIN. In teoria, se fossero 100, sarebbero 46 milioni, importo davvero esiguo.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ci stanno dando qualcosa di più.

GUIDO DUSSIN. Come Commissione, saremmo comunque disponibili a fare una richiesta, quindi di forzare la mano su questo. Diamo subito la disponibilità per questo tipo di richiesta, come credo sia giusto.
Per quanto mi riguarda, volevo chiederle solamente di ribadire la sua disponibilità a rispondere agli amministratori di quel territorio, che sono stati colpiti da un evento imprevedibile come le trombe d'aria e le grandinate che hanno interessato circa un mese fa la provincia di Treviso.
Tra l'altro, il sindaco e nostra collega, Manuela Lanzarin, è stata anche lei interessata, seppur in forma minore, trovandosi a cavallo tra Treviso e Vicenza, quindi abbiamo anche una testimonianza reale da un sindaco del nostro territorio.

MAURO LIBÈ. Ringrazio il sottosegretario. Mi riallaccerei all'audizione di oggi in Commissione bicamerale sulle ecomafie, perché alcuni fili collegano tutta la questione delle gestioni commissariali.


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Per quanto riguarda la questione rifiuti, con l'UDC avevamo sostenuto l'esigenza di essere più incisivi sulla questione dei commissariamenti. Il Governo nel secondo decreto aveva condiviso che il sistema dei commissariamenti ad acta non funziona in nessun campo nel nostro Paese.
Come sostenuto nell'intervento del deputato Nucara, non possiamo nominare commissari coloro che come minimo non hanno controllato o che almeno sono interessati per motivi anche nobili, affinché le soluzioni vadano per una strada anziché un'altra. Quando si interviene con il sistema del commissariamento, non ci si limita solo all'atto formale di nomina di una persona, di un organismo, di un ente, ma c'è anche la necessità di investire risorse, che sono non quelle ordinarie destinate a quel territorio, ma le risorse di tutti, che dovrebbero essere spese per la comunità in generale.
Condividiamo l'esigenza di un'azione forte, importante, a sostegno della sua azione, come lei aveva già detto mesi fa, alzando un po' la voce nei confronti dell'esecutivo, per avere più risorse. Ho però l'impressione che oggi ci troviamo ancora in quella situazione, perché dall'incipit del suo intervento risulta che siamo ancora a rincorrere un'emergenza, senza avere le risorse per fare quella prevenzione alla quale lei ha sempre fatto appello, che questa Commissione ha sempre sottoscritto all'unanimità.
Credo dunque che si debba prendere un impegno a sostenere un'azione che interessa tutti e, per una volta, ci vede uniti - spero lo saremo anche alla fine di questo breve dibattito - su dove vogliamo andare. Domani, quando entreremo nei particolari, dovremo cercare di non dividerci sulle stradine da percorrere, considerata la gravità dei problemi.
Un fatto rimane chiaro: i tagli lineari danneggiano l'azione di chi vuol fare qualcosa di concreto. I tagli lineari, anche in questo campo, bloccano gli investimenti necessari, togliendo un po' a tutti e non dando a nessuno la possibilità di intervenire.
Permettetemi, adesso, di fare un'affermazione provocatoria. So che gli amici della Lega non la pensano come me, sulla gestione degli enti locali e, comunque, anche in questo campo, c'è chi è bravo e chi lo è meno. Tuttavia, esempi di leggerezza nel rilascio delle licenze edilizie e delle autorizzazioni li abbiamo riscontrati in modo più massiccio al sud, ma li troviamo in tutto il Paese. Non si possono difendere sempre gli amministratori locali che chiedono risorse.
In occasione del terremoto in Emilia - con l'amico Alessandri abbiamo svolto un lavoro insieme, lui da presidente e io da membro della Commissione, insieme ad altri presenti - io sono stato il primo a chiamare per dichiarare la mia disponibilità a limitare le richieste che vedevo avanzare anche dalla mia provincia, governata anche dal mio partito (in realtà, non era la provincia, ma il comune). In ogni riunione, qualcuno aggiungeva cifre.
È necessario un senso di responsabilità maggiore in alcune parti del territorio, in altre ne occorre un po' meno, ma bisogna che, in merito al governo del territorio, chiariamo il rapporto tra Governo centrale ed enti locali. Diversamente, rischiamo ancora adesso di perderci in tante chiacchiere e di trovarci in difficoltà - magari tra sei mesi il sottosegretario dirà che non può più sostenere questa situazione e lascerà l'incarico - senza aver risolto il problema.
Considerato che l'obiettivo è comune, cerchiamo di metterci insieme e troviamo una soluzione anche nei confronti dell'Esecutivo. Peraltro - lo dico a scanso di equivoci - non è un problema solo di questo Esecutivo, ma è un problema storico del nostro Paese. Personalmente di questo Esecutivo critico la scelta dei tagli lineari perché non funziona, come si dimostra in tutti i settori, ma questo, lo ribadisco, è un problema storico del nostro Paese, al quale dobbiamo sicuramente imprimere una forte inversione di tendenza.

ERMETE REALACCI. Signor sottosegretario, come lei sa, questa è una partita


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complicata. Molte delle questioni che sono state poste, in realtà, non rientrano neanche nella competenza formale della Protezione civile, perché l'azione di gestione del territorio e di difesa del suolo è in capo ad altri Ministeri (Ministero dell'ambiente, Ministero delle infrastrutture).
Tuttavia, se la politica può guardare il mondo dal buco della serratura, il Paese non può farlo, quindi le questioni sono interconnesse.
L'obiettivo di questa indagine conoscitiva dovrebbe essere quello di capire che cosa è necessario cambiare nella gestione del territorio, nella speranza di produrre qualche provvedimento legislativo, visto che l'anno trascorso non ha visto il Parlamento essere molto attivo sul fronte della produzione legislativa in positivo.
Vorrei sottoporre al sottosegretario due questioni, sfruttando degli spunti che egli ha fornito. In primo luogo, come hanno detto anche altri colleghi, rispetto ai 4,6 miliardi di euro accumulati in otto mesi - fatta anche la tara di quanto possa incidere il meccanismo da lei descritto di utilizzo dell'emergenza per risolvere problemi magari preesistenti - sarebbe interessante conoscere l'entità reale dei danni.
In secondo luogo, e questo sarebbe molto importante, servirebbe capire quanti di questi danni si sarebbero potuti evitare con una buona politica territoriale. Per richiamare l'esempio segnalatomi dal collega Viola, è certamente difficile che si possa evitare una tromba d'aria come quella che ha colpito il Veneto - per quanto si possa ricollegare ai mutamenti climatici - sulla base di una corretta gestione territoriale. Ma, come lei ha più volte ricordato, molti di questi danni - da questo punto di vista devo darle atto di una grande coerenza di lettura dei fenomeni - sono figli di una cattiva gestione del territorio.
Ricordo benissimo che, nel caso di Capoterra, come nel caso delle alluvioni che hanno colpito la Calabria, lei ha ribadito che quelle case non dovevano trovarsi lì, quelle opere lì non dovevano essere fatte.
Certo, noi sappiamo che l'azione di governo del territorio chiama in causa le regioni e i comuni, i quali - lo dico en passant - non solo sono spesso sciatti e disattenti, ma sono spinti a commettere errori anche dal sistema di finanziamento che lo Stato propone loro. Ricordiamo, infatti, che una parte dei guai che abbiamo nella gestione del territorio deriva dal fatto che gli oneri di urbanizzazione vengono usati per ripianare i bilanci dei comuni e questo spinge spesso i comuni a costruire per fare cassa. Di certo, questo non aiuta una corretta gestione del territorio.
Tuttavia, se la Protezione civile, nel corso di questa indagine, ci potesse fornire degli elementi perlomeno orientativi per capire non solo la dimensione reale delle richieste fondate, ma anche quanto si sarebbe potuto evitare con una corretta gestione del territorio, questo a mio avviso sarebbe utile.
Inoltre, leggo nella relazione che lei ha consegnato (e lo ha detto anche prima in Aula questa mattina) che il Dipartimento - con riferimento alla vicenda della Sardegna, ma anche ad altre regioni - si era attivato per tempo (del resto, ricordo in passato contenziosi analoghi, anche nella gestione del drammatico incendio che colpì la Puglia e produsse delle vittime) presso alcuni presidenti di regioni - e qui vengono citate, oltre alla Sardegna, la Calabria e la Campania - perché si era riscontrato un non perfetto funzionamento della catena di comando e del sistema di trasmissione delle informazioni che avrebbe potuto aggravare le eventuali emergenze.
È utile per noi capire se queste anomalie sono state affrontate; se, almeno adesso, a valle di questo primo evento che ha avuto purtroppo esiti anche drammatici, c'è stato un cambio di rotta; se, ad esempio, quei ritardi, quelle inadempienze, quelle anomalie, quel malfunzionamento è stato almeno affrontato. È chiaro che questi problemi non si risolvono da un giorno all'altro; attivare un sistema di Protezione civile, coinvolgere il volontariato comporta tempi lunghi. Tuttavia,


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almeno per quanto riguarda la catena di comando del sistema di allerta, ci farebbe piacere sapere che qualcosa è cambiato dai fatti del 23 e 24 luglio.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Molta parte di quello che volevo dire è stata riferita dal collega Realacci, tuttavia vorrei fare alcuni rilievi.
Il primo è relativo alla questione dei fondi, che il sottosegretario ha richiamato, dicendo - e io convengo con lui - che abbiamo probabilmente una richiesta eccessiva, avanzata, come spesso succede in questi casi, per ottenere quello che realmente serve, chiedendo molto di più.
Potremmo anche tentare di ragionare insieme per capire se, nelle maglie delle richieste di risarcimento, possiamo riconoscere i danni realmente dovuti a eventi calamitosi e non a una cattiva gestione del territorio. A questo si collega una proposta, sulla quale però devo ammettere un'ignoranza legislativa (chiedo scusa alla Commissione e al sottosegretario se dovessi dire una inesattezza). Negli strumenti urbanistici, almeno per quello che ricordo, avendo fatto il sindaco per molti anni, non era prevista l'adozione di un piano, ad esempio, di gestione delle acque contestualmente al piano urbanistico. Mi spiego: nel momento in cui impermeabilizziamo larghe parti di territorio, è evidente che la raccolta del sistema idraulico molto spesso diventa insufficiente, se non interveniamo con vasche di lagunaggio o quant'altro.
Capisco che il sottosegretario possa sostenere che gli strumenti urbanistici non rientrano nella sua competenza. Tuttavia, egli ci richiama giustamente alla responsabilità e qui c'è una responsabilità degli enti locali e del singolo comune. Infatti, per tornare alla questione del risarcimento, è evidente che se si adottano politiche che derivano da una programmazione urbanistica seria si possono distinguere i casi in cui è possibile risarcire i danni da quelli in cui ciò non è possibile. Si tratta, quindi, di un lavoro che, a mio avviso, di concerto con questa Commissione e con il Ministero dell'ambiente, potremmo tentare di attuare per poter offrire risposte, dal momento che ora ci troviamo nell'impossibilità di farlo.
Sul tema della quantificazione degli oneri e delle risorse disponibili, il sottosegretario ci comunica, sostanzialmente, che non vi è capienza e che le risorse vengono adeguate e rese disponibili a mano a mano che si presentano i casi.
Nella sua relazione il sottosegretario afferma: «può essere, a questo proposito, opportuno rilevare che lo stanziamento strategico prodotto per la difesa del suolo dal Ministero dell'ambiente per tutto lo scorso anno è inferiore alla centesima parte dei danni stimati». Ebbene, poiché nella relazione è scritto «deciso (lo stanziamento) nella passata legislatura», vorrei far notare che siamo abbondantemente dentro questa legislatura e che il bilancio dello Stato è stato redatto quindi in un'altra fase politica, oltre che istituzionale. Rilevando la carenza di fondi e la tendenza all'aumento dei danni, ritengo giusto che ognuno se ne faccia carico per la propria parte, ma anche che si provveda a un adeguamento sostanziale, sia della disponibilità del sottosegretario, sia della copertura destinata al piano strategico, che, in base a tutto ciò che è stato detto, pare assolutamente insufficiente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor sottosegretario, lei oggi ha cominciato la sua relazione in Aula con la parola «puntualmente»: sappiamo che, ciclicamente, nelle stagioni primaverili e autunnali si verificano calamità legate a dissesti idrogeologici, in quella estiva gli incendi, in quella invernale gli incendi nelle zone di montagna.
Vorrei richiamare, attraverso due esempi, due momenti della vita italiana. Il 4 luglio, in un piccolo tribunale della Lombardia, a Morbegno, un cittadino, che, con una semplice richiesta di manutenzione, sopraeleva la sua casa per costruire un appartamentino al figlio, in una fascia


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di rispetto dei centocinquanta metri dal fiume, viene condannato a quattro mesi, insieme al tecnico che ha dichiarato il falso, perché, di fatto, la sopraelevazione dell'abitazione era diventata un intervento straordinario, e la legge l'ha perseguito come tale.
In Val Cavallina, tre o quattro anni fa, amministratori locali sono stati condannati perché, in occasione di un evento alluvionale, avevano dichiarato danni per qualche centinaio di migliaia di euro, che però non erano stati causati da tale evento ma esistevano già.
Credo, dunque, per tornare alla normalità, che dobbiamo riuscire a trovare lo strumento per ribadire, a partire dai presidenti delle regioni e, a scalare, a quelli delle province, ai sindaci e così via, che dichiarare il falso, come amministratori pubblici, a scapito di altri che nel frattempo subiscono il danno, è un abuso di legge. Dobbiamo evitare di prendere atto passivamente, come fosse una moda, che sono state avanzate richieste per 4,6 miliardi di euro, e che solo il 20 o il 30 per cento si riferisce a danni effettivi. No, in questi casi bisogna anche perseguire chi presenta richieste false.
Credo che abbia ragione il collega che richiama alcuni strumenti di pianificazione del territorio, menzionando il PAI come uno di quelli volutamente approvati ormai da tempo e, quindi, applicati su tutto il territorio a seguito di eventi alluvionali quali, per esempio, il caso di Sarno. Per fortuna, però, oggi abbiamo a disposizione tale strumento e sono state coinvolte alcune pianificazioni territoriali locali. Si tratta, dunque, di strumenti che vanno risparmiati.
Ricordo che, una quindicina d'anni fa, il Corpo forestale dello Stato, e precisamente il Nucleo antincendio della Lombardia, che ha una sua struttura in Como, di cui fanno parte pochi uomini - oggi credo che siano una decina, all'epoca ne contava una trentina - sperimentava già il controllo di incendi in alcuni parchi della Lombardia attraverso satelliti. Non utilizzavano sistemi di volo per il controllo di eventuali inneschi di incendio sul luogo, ma postazioni fisse in cima ad alcuni tralicci all'interno dei parchi.
Suppongo che la tecnologia sia andata avanti. In Afghanistan usiamo i Predator per controllare il territorio dal punto di vista militare. Non so quanto costerebbe predisporre, in queste regioni, una rete di strumenti di questo tipo, in grado di rilevare, attraverso un collegamento satellitare, l'innesco di un incendio, consentendo quindi di poter intervenire subito, all'inizio, e non dopo qualche ora, quando ormai purtroppo l'incendio ha preso corpo in modo devastante, con serie difficoltà di intervento da parte di aerei e uomini a terra.
Io credo che dobbiamo trovare il sistema di ricondurre alla normalità queste situazioni, per evitare di dover affrontare col fiato sul collo, ciclicamente, ogni dieci o quindici giorni, eventi disastrosi. Sembriamo tutti avanzare, disperatamente e con l'acqua alla gola, richieste di qualche risorsa in più, ognuno per il proprio territorio. Diventa una guerra fra poveri. Non credo che questo sia lo strumento giusto per affrontare situazioni di questo tipo. L'invito è ad affrontare con freddezza questi eventi, ma, nello stesso tempo, a trovare soluzioni che nel tempo diano risposte sicure.
Condivido alcune riflessioni svolte prima dai colleghi, riferite ai commissari. È un brutto vizio, in tutti i campi - la sanità, il pronto intervento, le grandi opere - nominare commissari gli stessi amministratori locali che hanno responsabilità amministrativa e politica. È un errore. Se un presidente della regione, o della provincia, o un sindaco non è in grado, con gli strumenti che ha a disposizione, di governare il proprio territorio, non può essere nominato anche, in forma straordinaria, commissario per superare le emergenze. Disponiamo di tecnici abilitati, che possono venire tranquillamente dall'esterno - liberi quindi da vincoli sul territorio derivanti da lobby, interessi o altro - a operare e a rispondere esclusivamente al Governo, che nomina i commissari.


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Spesso questi commissari politici, amministratori territoriali, nominano dei subcommissari a loro immagine e somiglianza, e continuano a seguire gli interessi che sul territorio si sono ingessati nel tempo per le soluzioni ordinarie. Nominare le stesse persone in una soluzione straordinaria significa sicuramente perpetuare gli errori e trascinarsi dietro questi vincoli.
È difficile che il commissario presidente della regione ammetta di aver mancato nell'organizzazione della Protezione civile a livello territoriale. Non lo farà mai. È necessario incaricare qualcun altro che gli si contrapponga. Lo stesso vale per il sindaco che non ha organizzato uno strumento urbanistico adeguato a difesa del proprio territorio: difficilmente ammetterà di aver sbagliato, per poi intervenire con l'autorità di commissario.
Su questo punto dobbiamo assolutamente trovare una forma di intervento e indicare indirizzi ben precisi, in modo che si lavori più nell'ordinario che nello straordinario.

TOMMASO GINOBLE. Il collega Piffari sosteneva che è l'ennesima volta che ci troviamo in un'audizione relativamente a una calamità naturale che ha interessato il nostro Paese. Io credo che se non cambiamo e non ci assumiamo la responsabilità di affrontare in maniera diversa il problema della tutela dell'ambiente e di preparare una Protezione civile ancora più capace e dotata delle attenzioni necessarie, credo che avremo altre audizioni di questo tipo, qualcuna inevitabile, qualcuna magari evitabile.
Dico ciò perché è ora che ci rendiamo conto che la bellezza del nostro Paese e la sua varietà rappresentano una grande ricchezza, ma sono anche il segno della sua fragilità. È ormai inutile quindi fingere di non rendersi conto dei cambiamenti climatici, perché indubbiamente il nostro Paese va verso la tropicalizzazione. Gli esperti evidenziano come non diminuisca la quantità di acqua che cade in un anno, ma cada in maniera diversa, per cui i problemi da affrontare saranno diversi.
In questo senso, vorrei che lanciassimo tutti una sfida, se possibile. So di chiedere molto, ma ritengo che la Commissione ambiente di un Paese bello come il nostro debba compiere uno sforzo maggiore, al di là delle appartenenze politiche e delle pur giustificare rivendicazioni localistiche, nel cercare di dire che cosa vogliamo fare.
Alcuni eventi non possono essere previsti, ma solo affrontati, ma altri, come il fenomeno degli incendi, che invece possono essere anticipati.
In questo momento, i vari livelli istituzionali cominciano ad assumere posizioni diverse e questo è un fatto da evitare, perché bisogna evitare che di fronte ad una cosa (la Protezione civile) che nel nostro Paese viene percepita come una cosa che funziona non ci dovrebbero essere parti che si contrappongono. Anche su questo, però, è necessario anticipare, perché il sistema ha bisogno di risorse.
Vorrei che si guardasse non al passato, ma al futuro e che ci si convincesse della necessità di spendere i denari necessari per la sistemazione e il riordino del territorio e quindi della necessità di porre l'obiettivo strategico del reperimento di queste risorse, attraverso il coinvolgimento del Ministero dell'ambiente, del Ministero delle infrastrutture, di chi ha i cordoni finanziari.
Del resto, talvolta le richieste sono eccessive perché si sa che i rimborsi sono in percentuale, per cui le amministrazioni e i cittadini sono indotti non a fare ragionamenti seri, ma a gonfiare le spese cercando di fare i furbi.
Per quanto riguarda le competenze delle diverse istituzioni nei riguardi del sistema della protezione antincendio, è necessario che ognuno faccia la propria parte. Il collega Pili prima raccomandava che i mezzi aerei siano sempre in assetto. La Protezione civile li potrà mettere a disposizione, se sarà interessato un tratto limitato del nostro territorio. Resta, tuttavia, il fatto, come il sottosegretario Bertolaso sa benissimo, che gli incendi si affrontano dall'alto, ma si spengono dal basso. Quindi, è un sistema così complesso


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che continuamente deve essere messo nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro.
La Protezione civile, di cui ci accorgiamo nel momento dell'evento, deve prepararsi quando non c'è l'evento, e per fare questo è necessario che le forze politiche, le volontà e i sentimenti vadano in questa direzione. Vorrei che si ragionasse in modo strutturale, ambizioso, ma, poiché prima o poi dovremo sostenere i costi, non c'è motivo per non cambiare l'attuale visione.
Credo che ci siano le volontà, e se tutti i membri di questa Commissione cominciassero a ragionare pervicacemente in questa direzione, saremmo in grado di ottenere prima dei risultati.
Le norme devono essere più incisive, più nette, più punitive nei riguardi di coloro che continuamente creano ferite nel nostro territorio. Credo che la misura sia colma e che, se non interveniamo, spesso in futuro ci troveremo a chiedere al responsabile della Protezione civile di venire in audizione per esprimere le sue considerazioni sul comportamento in occasione di questi eventi.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Bertolaso per la replica.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Vi ringrazio. Nella mia presentazione ero stato breve, perché non volevo dilungarmi troppo, ma nella relazione troverete ulteriori elementi e spunti di riflessione.
Mi scuso con l'onorevole Nucara, perché ricordo bene la lettera del Presidente del Consiglio, ma mi sembrava di aver capito che si ritenesse soddisfatto della risposta verbale che formulai in quell'occasione e non si aspettasse una mia risposta scritta.
Molti di voi hanno sollevato un punto fondamentale: quello del ruolo del Presidente della regione in quanto commissario di Governo ai sensi della legge n. 225 del 1992. Voi però sapete benissimo che questo discende dalla riforma della Costituzione. Da quando si è deciso che la Protezione civile è materia concorrente, infatti, il decreto legislativo n. 112 del 1998 addirittura stabilisce che la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri possa avvenire solo d'intesa con la regione interessata, e conseguentemente qualsiasi ordinanza adottata, qualsiasi stanziamento disposto deve scontare l'intesa della regione interessata, che potrebbe rivalersi di fronte alla magistratura e agli organi di controllo, qualora il Governo adottasse un'ordinanza senza l'intesa della regione.

FRANCESCO NUCARA. Bassolino dice che non lo vuole fare il commissario!

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si, come sappiamo, nel 2004 si è ritirato, dimettendosi dalla gestione dell'emergenza rifiuti, ma non è che con questo il problema normativo si è risolto. Inoltre, ci sono aspetti negativi e positivi nel ruolo di un presidente della regione che fa il commissario, perché se, come è già stato giustamente segnalato da tutti voi, è difficile che il presidente possa criticare il compito di un commissario o che il commissario possa contestare l'organizzazione regionale del presidente, è altrettanto difficile riuscire a risolvere problemi nell'ambito di una regione, se il commissario non ha anche il potere di incidere in modo importante nella struttura burocratica e organizzativa di una qualsiasi amministrazione che si occupa di problematiche del territorio.
L'esempio dei rifiuti mi pare uno dei più eclatanti, perché, dimettendosi Bassolino, di fatto si sono deresponsabilizzate tutte le realtà locali e quindi il problema, lungi dall'essere risolto, purtroppo per qualche anno ha rappresentato un nodo inestricabile per i numerosi commissari che si sono succeduti.
Dopodiché, siccome lo scorso anno il Governo ha preso decisioni molto forti, sembra che la situazione si sia risolta, ma questa questione del presidente di regione che fa il commissario è una problematica che va dal Piemonte fino alla Puglia e


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riguarda tutte le Giunte, con il paradosso che dopo le elezioni regionali, giunte subentrate ad altre di colore politico completamente diverso hanno voluto proseguire i lavori delle giunte precedenti e consiglieri regionali che fino al giorno prima, dall'opposizione, criticavano violentemente l'operato del commissario presidente, il giorno dopo diventavano i maggiori sostenitori e difensori dell'attività che veniva portata avanti da un nuovo commissario presidente.
Qui però non possiamo fare nulla, se non cercare di condizionare e di limitare. Per quanto riguarda la Calabria, lei, onorevole Nucara, sfonda una porta aperta e lo sa benissimo. L'onorevole Realacci ha citato alcune note che a giugno abbiamo mandato anche alla Calabria sulla questione degli incendi boschivi, segnalando al presidente della regione tutta una serie di preoccupazioni, che lui ci ha poi contestato con una lettera.
Al momento va bene, perché non ci sono state situazioni particolarmente critiche in Calabria sugli incendi.

FRANCESCO NUCARA. In Calabria gli incendi è difficile che succedono, basta guardare come sono distribuite le proprietà.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel 2007, però, ce ne sono stati non pochi, anche lì. Il punto è che non possiamo condizionare più di tanto la scelta dei commissari e i disposti delle varie ordinanze.
Per quanto riguarda le risorse economiche, quando abbiamo qualche preoccupazione è necessario essere estremamente attenti nell'erogazione dei soldi. Abitualmente, non diamo tutta la somma da subito, ma la rateizziamo pretendendo una rendicontazione in corso d'opera, per verificare se quei soldi siano stati investiti nel modo migliore. Con questa tecnica cerchiamo di difenderci da questa situazione, che ci vede condizionati dalla normativa vigente.
Rassicuro l'onorevole Pili, che ha parlato della sorveglianza armata dei Canadair: lo facciamo d'intesa con la regione. Questa sorveglianza armata è garantita fino a quando non c'è bisogno dei Canadair sugli incendi. Nel momento in cui tutti i mezzi sono impiegati sugli incendi, la sorveglianza armata viene sospesa. È quindi necessaria una sorveglianza visiva delle famose torrette di avvistamento, prassi comune in tutto il territorio italiano fino agli anni '80, poi gradualmente dismesse per questioni economiche e organizzative.
Del resto, onorevole Pili, lei sa meglio di me che in alcune zone della Sardegna la sorveglianza a vista funziona. In Costa Smeralda non c'è mai un incendio anche perché ci sono anche accordi, attività e attenzioni, ma soprattutto perché sul monte che sovrasta Porto Cervo vi è un sistema di avvistamento con cannocchiali e binocoli attivo ventiquattro ore al giorno. Non appena qualcuno accende una sigaretta, decolla subito l'elicottero che ha la piazzola vicino a Portisco, all'inizio della zona della Costa Smeralda, pronto a intervenire e a spegnere il focolaio.
È questo il sistema che funziona. Qualsiasi altro sistema deve essere costruito, ma l'avvistamento e l'intervento immediato da terra o dall'alto sono fondamentali, al di là delle altre questioni che riguardano la legge, come le misure di contrasto ai piromani o altre questioni minori.
Molti di voi hanno chiesto esempi di iniziative di prevenzione che avrebbero potuto evitare parte di quei danni di cui ai 4,6 miliardi di euro di questi ultimi mesi. Non abbiamo un esempio specifico. Potrei nuovamente chiamare in causa l'onorevole Ginoble per un'attività che alcuni anni fa portammo avanti sul reticolo idrografico minore, spendendo 50 milioni di euro, che ci permisero di mettere in sicurezza alcune zone di alcune regioni che avevano presentato progetti per la messa in sicurezza del reticolo idrografico minore. Quando in provincia di Teramo si verificò un violento nubifragio, fu lui, che era allora assessore alla Protezione civile della regione Abruzzo, a chiamarmi per dirmi che i danni erano stati molto limitati grazie all'intervento di messa in sicurezza


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di un torrente e di una «vasca», che fortunatamente resistette grazie ai lavori compiuti, altrimenti due comuni della costa teramana sarebbero stati spazzati via dalle acque.
Poiché mi accingo a firmare il protocollo di intesa venerdì prossimo, posso citare l'ulteriore vicenda del Ponte di Cittadella ad Alessandria. Potremmo farci fare una relazione dettagliata sui guai, i danni e le preoccupazioni che questo ponte ha creato con il Tanaro, con l'alluvione del Piemonte, del Po e di tutto il resto, perché è una diga nel centro di Alessandria. Dopo anni di polemiche, finalmente venerdì prossimo firmiamo con tutte le amministrazioni interessate questo accordo che ci consentirà di abbattere, di eliminare questo benedetto ponte, risolvendo così un grossissimo problema idrogeologico per quella zona. La firma dell'accordo avverrà però a L'Aquila, non ad Alessandria, dove non si può andare perché i comitati sono già lì con le tende, e questo è un esempio lampante.
Fin quando non togliamo quel ponte e lo rifacciamo, in modo che la portata non venga ridotta della metà nei momenti di alluvione, avremo sempre il problema della esondazione del Tanaro, con tutte le vittime, le conseguenze e i danni che nel 1994 e nel 2000 sono stati registrati dalla regione Piemonte. Credo che questo sia un esempio calzante, perché è un intervento di prevenzione che si deve fare a tutti i costi, per il quale abbiamo i soldi sia per abbatterlo, sia per ricostruirlo. Noi abbiamo garantito il nostro contributo.

FRANCO STRADELLA. Ma è una promessa o una minaccia? Mancano 10 milioni di euro...

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non è vero, se firmo l'accordo significa che ci sono i soldi anche per ricostruirlo.
Credo di aver risposto almeno ai punti principali. Abbiamo già formulato le proposte e dal punto di vista finanziario, anche a causa della emergenza terremoto in Abruzzo, abbiamo una situazione migliore per quanto riguarda la Protezione civile.
Ricorderete che lo scorso dicembre dissi che non avremmo potuto spegnere neppure gli incendi, se non avessimo avuto i soldi che ci servivano. Lo stiamo invece facendo perché fortunatamente abbiamo avuto quelle poste economiche necessarie per permetterci di andare avanti con le varie attività, compreso quel poco che possiamo fare nel campo della prevenzione.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario Bertolaso per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

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