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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
8.
Giovedì 16 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Saglia Stefano, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI E SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Audizione di rappresentanti della CONFAPI:

Saglia Stefano, Presidente ... 2 3
Feroldi Eugenio Sergio, Rappresentante della CONFAPI ... 2 3

Audizione di rappresentanti della CIDA, CONFEDIR-MIT, COSMED e FEDERDIRIGENTI:

Saglia Stefano, Presidente ... 3 5 7
Corradini Giorgio, Presidente della CIDA ... 4
Pasini Claudio, Rappresentante della CONFEDIR-MIT ... 5

Audizione di rappresentanti della CLAAI:

Saglia Stefano, Presidente ... 7 8
Balzoni Rita, Rappresentante della CLAAI ... 7
Maurelli Rocco, Rappresentante della CLAAI ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 16 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della CONFAPI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti della CONFAPI, che hanno consegnato un documento che sarà utile ai fini dell'elaborazione del nostro documento conclusivo.
Do quindi la parola al dottor Eugenio Feroldi, rappresentante di CONFAPI.

EUGENIO FEROLDI, Rappresentante della CONFAPI. Nell'ambito della riforma del modello contrattuale, la CONFAPI ha ipotizzato una propria azione, che prevede la semplificazione del contratto individuando una figura di contratto finalizzato a sostenere l'attività delle piccole e medie imprese manifatturiere e di servizio alla produzione. In particolare, nell'ottica della semplificazione contrattuale, si prevede di portare sul primo livello della contrattazione l'identificazione dei diritti soggettivi dei lavoratori e dell'organizzazione di impresa, nel tentativo di rispondere alle esigenze generali del sistema delle imprese, e di declinare sul secondo livello la caratterizzazione e la specificità sia di settore che territoriale.
In questo contesto, abbiamo presentato la nostra piattaforma alle parti sociali e sindacali e stiamo attivando il confronto che permetterà di definire le materie oggetto di intervento sul secondo livello, al fine di rispondere alle esigenze di settore e territoriali.
Nella nostra accezione, il modello contrattuale rinnovato prevede un ruolo attivo delle parti sociali ma anche un confronto aperto con le istituzioni, a livello sia centrale che regionale, considerato che la componente pubblica, che può prevedere misure tese all'abbattimento del costo del lavoro, può contribuire al raggiungimento dell'obiettivo, facendo sì che i territori e i settori possano attendersi certe risposte economiche dal nuovo modello contrattuale.
Attualmente, abbiamo nove contratti per nove categorie. Intendiamo semplificare il modello utilizzando il primo livello per la definizione delle regole contrattuali di carattere generale, declinando nell'ambito del secondo livello le esigenze di queste nove categorie, che possono trovare nel contratto le risposte adeguate. Relativamente al primo livello, intendiamo valorizzare il tema del dialogo fra le parti sociali e in questo contesto segnaliamo l'esigenza di valorizzare gli enti bilaterali, che possono coprire diverse attività e ambiti.
Nell'ambito della sicurezza abbiamo istituito l'ente bilaterale ENFEA e nell'ambito


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della formazione permanente continua il FAPI, il Fondo formazione professionale per la piccola e media impresa. Abbiamo inoltre l'esigenza di rispondere alla previdenza integrativa con il FONDAPI, ente già costituito e operativo, e pensiamo ad un ambito in cui regolare il rapporto di lavoro, con la gestione del contenzioso affidata a una camera di confronto, che preveda la bilateralità come soggetto attuatore.
Contiamo di valutare all'interno del confronto con il sindacato anche le ipotesi aggiuntive della bilateralità, sulla quale desideriamo spendere il peso della rappresentanza della CONFAPI, che raccoglie oltre cinquantamila aziende, le quali danno occupazione ad un milione di lavoratori. In questo senso, riteniamo che tutte le politiche attive e passive possano trovare nella bilateralità una risposta adeguata ed efficace.

PRESIDENTE. Credo che sul tema della bilateralità ci sia una significativa convergenza con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Vorrei chiedervi in che modo questo vostro lavoro interagisca con la riforma della contrattazione e la discussione in corso tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL, rispetto anche alle ultime dichiarazioni relative ad un allargamento di quel tavolo di confronto.
Nessuno chiedendo di parlare, do la parola ai nostri ospiti per la replica.

EUGENIO FEROLDI, Rappresentante di CONFAPI. È evidente che vi è l'esigenza di un allargamento del tavolo, ed è auspicabile che tutte le parti sociali trovino una convergenza, per costruire una proposta che possa integrarsi con le aspettative del sistema delle imprese.
Stiamo conducendo la nostra trattativa diretta con CGIL, CISL e UIL, ma in seguito dovremo confrontarci con loro insieme alle organizzazioni datoriali, per interloquire quindi con il Governo al fine di sottoscrivere un avviso comune relativo ad alcuni temi condivisi.
Il tema principale sarà la richiesta al Governo di contribuire, con sgravi fiscali e con strumenti tecnici da individuare, all'abbattimento del costo del lavoro, soprattutto per il secondo livello contrattuale. Così come avvenuto per gli straordinari in via sperimentale, infatti, si può creare la condizione per garantire maggiori risorse ai lavoratori e, allo stesso tempo, favorire il rilancio e lo sviluppo delle imprese.
Nel nostro «piccolo», puntiamo molto alla rappresentanza della piccola e media impresa, che si distingue dall'impresa artigiana e dalla grande impresa. La semplificazione contrattuale è un contributo sicuramente importante alla facilitazione del dialogo sociale, ma soprattutto alla gestione del rapporto contrattuale.
Il mondo dell'artigianato sta negoziando autonomamente con CGIL, CISL e UIL per una semplificazione del sistema, individuando il contratto dell'artigianato. Noi puntiamo al contratto di sistema della piccola e media impresa, che si distingue dal contratto della grande impresa, del commercio, dell'agricoltura o delle cooperative.

PRESIDENTE. Il numero dei vostri dipendenti, quindi...

EUGENIO FEROLDI, Rappresentante di CONFAPI. Nella nostra accezione, la piccola e media impresa ha meno di 250 addetti e non ha le caratteristiche dell'impresa artigiana, quindi più di 15 addetti. Il numero quindi oscilla dai 15 ai 249 addetti.

PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante della CONFAPI per il contributo offerto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della CIDA, CONFEDIR-MIT, COSMED e FEDERDIRIGENTI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti della CIDA, CONFEDIR-MIT, COSMED e


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FEDERDIRIGENTI. Siamo in attesa dell'arrivo dei rappresentanti della COSMED.
Do la parola al presidente di CIDA, dottor Giorgio Corradini.

GIORGIO CORRADINI, Presidente della CIDA. Ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli presenti per questa audizione, che per noi riveste una notevole importanza, vista la nostra posizione di dirigenti che sono anche lavoratori dipendenti. Oggi, quindi, confermiamo che una revisione del protocollo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993 è non solo auspicabile, ma indispensabile. Tale protocollo ha svolto un'importante funzione di controllo sul meccanismo inflattivo ed ha avuto notevole valore, contrastando la rincorsa perversa fra prezzi e retribuzioni e consentendo di porre le premesse per l'ingresso dell'Italia nell'area dell'euro.
Era tuttavia previsto che, dopo una fase sperimentale di qualche anno, tale protocollo venisse adeguato alle esigenze del mondo del lavoro e del mondo economico che cambia. Questo non è avvenuto. Sono ormai trascorsi quindici anni ed è arrivato il momento di una revisione di queste regole.
Il contratto collettivo nazionale di lavoro deve prevedere una dinamica retributiva collegata alla crescita di valore per le aziende del settore e alla tutela del potere di acquisto dei lavoratori. Questi sono i due obiettivi.
Dove si svolge la contrattazione in azienda - ed è auspicabile che questo meccanismo venga molto incentivato e valutato, perché significa collegare la retribuzione dei lavoratori all'andamento dell'azienda -, questa deve prevedere premi di produttività con regole definite. I premi devono infatti essere concordati in via preventiva con riferimento ai risultati da ottenere. Al fine di rendere il più estesa possibile la contrattazione decentrata, tutta la retribuzione legata alla produttività, con tetti che garantiscano l'applicazione dei benefici anche alla categoria con qualifica più elevata, deve essere agevolata sul piano contributivo.
Chiediamo dunque l'estensione a tutti i lavoratori delle agevolazioni fiscali, oggi previste in via sperimentale per gli straordinari e con un tetto delle retribuzioni, per incentivare maggior produttività e migliori risultati in azienda e contribuire a rilanciare il sistema economico del Paese.
Deve essere agevolato il piano contributivo, evitando penalizzazioni a livello pensionistico, e si deve prevedere un'aliquota separata ridotta sia nel settore pubblico che nel settore privato. Questo accenno al sistema retributivo sarà poi integrato, se il presidente lo consentirà, dal mio collega Claudio Pasini.
Collegato al tema della riforma della contrattazione, il tema della revisione dei criteri per l'accertamento della rappresentanza e della rappresentatività sindacale è un argomento molto delicato, rispetto al quale chiediamo la massima attenzione verso le nostre esigenze e la nostra situazione. Riteniamo che i parametri da applicare per la rappresentatività, certificati sulla base di dati verificabili, dovrebbero essere definiti non soltanto con il criterio quantitativo, ovvero in base alla consistenza numerica degli iscritti, ma anche con criteri qualitativi, con riferimento sia agli iscritti sia alle realtà delle negoziazioni effettuate e alla firma dei contratti collettivi.
Non si può inoltre prescindere dalla diffusione dell'organizzazione sindacale sul territorio, dalle sue strutture organiche e dalla specificità di organizzazioni sindacali che rappresentano categorie peculiari come i dirigenti, i quadri del settore del credito e alte professionalità. Tale specificità deve essere accettata, ricordata e considerata. Si dovrebbero pertanto desumere i criteri per il riconoscimento della rappresentatività dai modi, dagli strumenti, dagli spazi occupati, dai livelli e dalla significatività concreta degli atti dell'agire sindacale.
Considerata la necessità di tener conto contestualmente di entrambi i criteri qualitativo e quantitativo, si ritiene che debbano essere introdotte due distinte discipline, una riferita alle organizzazioni di massa, l'altra alle organizzazioni rappresentative


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di particolari aree professionali. Per le organizzazioni in cui è prevalente l'elemento qualitativo, andranno previste regole ad hoc coerenti con le loro specificità e peculiarità.
Sulle problematiche di riforma della contrattazione e della rappresentatività, ringraziamo la Commissione che ci ha convocato su nostra richiesta e auspichiamo che il Governo dia vita a un confronto con tutte le categorie interessate, fatta salva la costituzione di un tavolo separato per le problematiche della dirigenza e delle alte professionalità. Per quanto possibile, vi chiediamo di farvi da tramite per far giungere al Governo la nostra proposta, con l'auspicio che essa possa trovare accoglimento.

PRESIDENTE. Nel momento della stesura del documento finale terremo conto della vostra posizione e di quella di tutti gli altri soggetti auditi. Si tratta di un primo passaggio nell'ambito di una relazione istituzionale. Nel contempo, aderiamo alla richiesta di sollecitare anche il Ministero competente per un'interlocuzione più proficua. Do quindi la parola al dottor Claudio Pasini, rappresentante della CONFEDIR-MIR.

CLAUDIO PASINI, Rappresentante della CONFEDIR-MIT. Ringrazio il presidente e tutta la Commissione per l'invito a partecipare a questa audizione in rappresentanza della dirigenza di questo Paese.
Il modello contrattuale della dirigenza ha proprie specificità ed è caratterizzato dall'esigenza di un importante sistema di welfare integrativo di categoria, storicamente basato su una positiva bilateralità, almeno nell'ambito della dirigenza privata.
Riteniamo che almeno per i manager il modello retributivo possa essere diviso in due parti: una parte fissa, legata anche alla posizione in azienda, che va adeguata con la contrattazione di primo livello nazionale, e una variabile, sicuramente legata alla produttività dell'azienda, che deve essere regolamentata e garantita nel reciproco rispetto delle regole dal contratto nazionale. Lo strumento dell'aumento in cifra fissa uguale per tutti, comunque assorbibile in caso di aumenti individuali nel frattempo ottenuti, e quello dell'incremento in percentuale della propria retribuzione di fatto, condizionato comunque alla maggiore ricchezza creata in azienda anche grazie al proprio contributo individuale, possono consentire a tutti di conseguire la difesa del potere d'acquisto, almeno della parte di retribuzione che deriva dalla contrattazione nazionale.
Riteniamo importante incentivare maggiormente la diffusione della parte di retribuzione variabile, laddove però crediamo che il legislatore debba fare la sua parte, prevedendo la detassazione per tutti i lavoratori dipendenti, anche per quelli qualificati.
Vorrei trasmettere schematicamente alla Commissione sette concetti. Innanzitutto, il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro deve aver un inizio e un termine, che devono essere rispettati. Da anni, infatti, le vertenze contrattuali stanno registrando latenze sempre più intollerabili. Riteniamo quindi indispensabile ridurre i disagi derivanti dalla situazione di incertezza e dal prolungarsi dei negoziati. Le trattative per il rinnovo dovrebbero partire ad esempio sei mesi prima della scadenza e l'accordo dovrebbe essere raggiunto entro alcuni mesi dopo la scadenza del contratto. Per rendere effettivi tali principi, occorre prevedere sanzioni credibili.
Riteniamo anche che il contratto collettivo nazionale di lavoro debba essere immediatamente esecutivo una volta firmato, esigenza particolare soprattutto nel mondo pubblico, dove troppo spesso trovare l'accordo rappresenta solo l'inizio di trattative che poi continuano anche dopo.
In secondo luogo, crediamo che il contratto collettivo nazionale di lavoro debba rimanere centrale per la dirigenza, giacché costituisce un irrinunciabile strumento di tutela, di garanzia e anche di promozione del merito individuale. Il complesso normativo del contratto collettivo nazionale non deve infatti limitarsi a regolamentare il rapporto, lasciando poi alle imprese o


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alle amministrazioni la determinazione delle condizioni di fatto del trattamento economico, bensì deve gestire anche la regolamentazione delle dinamiche della retribuzione nel suo complesso.
Il contratto collettivo deve mantenere una parte retributiva per garantire a tutti, anche ai dirigenti, a prescindere dal loro potere contrattuale individuale o personale, la tenuta del potere d'acquisto della retribuzione della categoria, mentre la parte normativa deve perseguire lo scopo sia di regolare i rapporti tra il dirigente e l'impresa o l'amministrazione, sia di salvaguardare il welfare di categoria.
In terzo luogo, la parte economica del contratto deve essere formata da una componente retributiva fissa, derivante dalla contrattazione nazionale, che deve garantire sul piano categoriale o finanche individuale - esistono esperienze del genere - la salvaguardia del potere d'acquisto perduto, e da una parte variabile, frutto della contrattazione individuale, aziendale o territoriale, che deve essere però detassata, se s'intende davvero incentivarne la diffusione soprattutto nell'ambito della pubblica amministrazione.
Il quarto concetto che vorrei trasmettere alla Commissione concerne la parte normativa del contratto, che deve continuare a regolare il rapporto tra dirigente e impresa o amministrazione, salvaguardando la flessibilità dello svolgimento del rapporto di lavoro e garantendo il welfare di categoria, che è integrativo rispetto al sistema del welfare pubblico, in un contesto normativo e fiscale stabilizzato. Le norme cambiano infatti di anno in anno, a ogni legge finanziaria, rendendo difficoltosa le gestione di questi strumenti. Consideriamo importante che questi strumenti incentivino anche la progressiva diffusione di un sistema di welfare che integri quello pubblico.
Il quinto concetto è rappresentato dall'inflazione. Chiediamo di rivedere l'indicatore di inflazione che deve consentire al contratto nazionale di tutelare il potere d'acquisto dei salari dall'inflazione rilevata. L'inflazione importata è un problema che riguarda tutta l'Europa, non i singoli Paesi, e noi riteniamo impossibile ipotizzare di scaricare questo problema sui salari dei lavoratori o sulle retribuzioni.
Consideriamo invece necessario un intervento di politica economica di indirizzo europeo, non certo soluzioni contrattuali. Ci dichiariamo quindi favorevoli a individuare nell'Indice armonizzato dei prezzi al consumo per i Paesi dell'Unione europea (IPCA) il nuovo indicatore al quale fare riferimento nella contrattazione fra le parti, che dovrà tenere conto dell'andamento delle retribuzioni nel settore, del costo della parte normativa, nonché delle tendenze generali dell'economia e del mercato del lavoro. L'IPCA potrà diventare un benchmark utile a individuare gli aumenti contrattuali e a sostituire l'inflazione programmata, poco credibile soprattutto negli ultimi anni. Riteniamo utile inoltre prevedere l'allungamento della scadenza contrattuale, che passerebbe dagli attuali due anni per l'economico e quattro per il normativo a tre anni per entrambe le scadenze, a condizione, però, che vengano stabilite regole chiare di inizio e fine negoziato.
Per ridare credibilità alla contrattazione nella pubblica amministrazione, riteniamo indispensabile che i soggetti di parte datoriale acquisiscano regole interne e modalità di comportamento simili a quelle del datore di lavoro privato, a partire dall'ARAN e dai comitati di settore, che devono partecipare direttamente alle trattative; con riferimento a questi ultimi riteniamo inoltre debba essere rafforzata la componente manageriale.
Per la contrattazione integrativa, infine, deve essere applicata la distinzione, prevista dalla legge, tra il ruolo di indirizzo della politica e i compiti gestionali e dunque anche negoziali da parte dell'amministrazione, e garantita l'effettiva disponibilità delle risorse da parte dei soggetti negoziali, onde evitare trattative improprie, confusione di ruoli e dilatazioni nei tempi, anche una volta firmato l'accordo contrattuale. Non mi soffermo su altri concetti già illustrati dal collega Corradini.


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Ci riserviamo di trasmettere in tempi brevi un documento riepilogativo delle considerazioni espresse in questa sede.

PRESIDENTE. Tale documento scritto potrà diventare parte integrante del nostro lavoro preliminare di analisi. Spero che questa possa essere la prima di ulteriori occasioni di confronto, anche in riferimento alla proposta da voi formulata sul tema della detassazione della parte variabile del salario, in ordine alla quale sono emerse varie questioni. Su tale argomento, avremo modo di ascoltare anche il rappresentante del Governo.
Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della CLAAI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti della CLAAI. Do la parola al dottor Rocco Maurelli rappresentante della CLAAI.

ROCCO MAURELLI, Rappresentante della CLAAI. Ringrazio il presidente e la Commissione per averci convocato per questa audizione. La nostra presenza non è soltanto formale o di visibilità, avendo l'intenzione di sottoporre all'attenzione della Commissione diverse concrete proposte. Un punto essenziale differenzia la nostra posizione da quelle degli altri colleghi in ordine alla bilateralità; mentre sul resto esiste una sostanziale convergenza, a nostro avviso, al fine di improntare la gestione del sistema della bilateralità ai criteri di trasparenza, di merito e di efficienza, occorre anche intervenire sui livelli di governance; occorre cioè creare un sistema di regole gestionali e deontologiche che rendano trasparente e regolata l'attività degli enti bilaterali. Tale regolamentazione deve essere demandata alla contrattazione stessa, tuttavia, in caso di mancanza o insufficienza della contrattazione, riteniamo che si debba provvedere per legge, come già in parte avviene per la gestione del contributo pari allo 0,30 per cento con cui si finanzia la formazione continua attraverso i fondi interprofessionali.
Gli enti bilaterali sono un'espressione della società civile e un'espressione di democrazia, quindi devono essere valorizzati ed essere autonomi nella loro impostazione. Non sempre però riescono a darsi autonomamente regole accettabili, perché si tratta di funzioni che comportano gestione di risorse enormi e quindi assumono un aspetto anche di interesse pubblico. È giusto quindi stabilire regole di gestione come nei bilanci, rapporti fra spesa corrente e spesa di merito. Nella normativa che disciplina il contributo integrativo dello 0,30 per cento previsto in materia di formazione è stabilito che non si possa spendere per la gestione più dell'8 per cento rispetto alle somme che si spendono per il merito.
Non abbiamo una regolamentazione per l'incompatibilità tra amministratori e funzionari, che rappresenta un problema estremamente serio. È dunque necessario affrontare con serietà questo aspetto.
Ho tenuto a sottolineare questo aspetto non perché lo ritenga più importante di altri, ma presumendo che per il resto le nostre posizioni coincidano con quelle degli altri. Riteniamo quindi che, se la contrattazione non riesce a darsi regole di questo tipo, la legge debba intervenire.

PRESIDENTE. È una dichiarazione forte.

RITA BALZONI, Rappresentante della CLAAI. Rimanendo in tema di bilateralità, possiamo affermare che l'artigianato ha il merito storico di avere introdotto e diffuso la cultura del modello della bilateralità. Il primo accordo sugli enti bilaterali firmato con le organizzazioni sindacali risale al 1983. Nel 1988, è stata poi realizzata una rete di questi enti presenti in tutte le regioni, anche se in alcune - specialmente nel Mezzogiorno - non hanno ancora raggiunto la piena efficienza.
Un'esperienza di successo è costituita dalla costituzione del Fondo interprofessionale


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per la formazione continua istituito nel 2001, che è il nostro fiore all'occhiello per quanto riguarda la bilateralità.
Nel 1992, le organizzazioni dell'artigianato e le organizzazioni sindacali hanno introdotto un modello contrattuale, che poi fu riconosciuto con le sue specificità nell'accordo del 1993 tra Governo e parti sociali. Questo modello prevedeva già i due livelli di contrattazione, nazionale e regionale. Avevamo quindi già compiuto un passo verso il federalismo, nella consapevolezza di come la contrattazione dovesse avvicinarsi alle imprese artigiane, che sono di piccola o piccolissima dimensione. La contrattazione aziendale era pertanto da escludere, mentre la contrattazione di secondo livello a livello regionale rispondeva a questo modello organizzativo.
Nel 2006, abbiamo sottoscritto un nuovo accordo interconfederale con le organizzazioni sindacali, in cui abbiamo ribadito i due livelli di contrattazione, la loro pari cogenza nonché l'adeguamento periodico del salario nazionale sulla base dell'inflazione programmata. Avevamo inoltre previsto che, in assenza di questa inflazione, le parti potessero concordare un indice per il rinnovo dei contratti.
Era prevista anche la tutela del potere d'acquisto dei salari anche a livello regionale, con il recupero della parte relativa alla produttività.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per il contributo offerto e per il documento scritto messoci a disposizione, che utilizzeremo ai fini della redazione del documento conclusivo.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.

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