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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
18.
Mercoledì 19 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MERCATO DEL LAVORO TRA DINAMICHE DI ACCESSO E FATTORI DI SVILUPPO

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi:

Moffa Silvano, Presidente ... 3 8 9 11
Damiano Cesare (PD) ... 8
Foti Antonino (PdL) ... 9
Sacconi Maurizio, Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 3 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 19 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 15,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo, l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi.
Ringrazio il Ministro per la sua presenza e gli do subito la parola.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie, presidente. Ritengo di assolvere al mio dovere svolgendo alcune considerazioni sostanziali e rinviando eventualmente a dati che posso trasmettere sulla base di specifiche eventuali richieste della Commissione. Vi sono informazioni relative a singoli ambiti della mia esposizione che possono essere eventualmente supportate da dati quantitativi.
Vorrei considerare, in relazione all'oggetto dell'attività di indagine della Commissione, soprattutto tre ambiti: il primo è quello dell'infrastrutturazione del mercato del lavoro, il secondo quello della leale collaborazione tra Stato e regioni, ma anche tra Stato, regioni e parti sociali, per alcuni ambiti, e il terzo il tema delle relazioni industriali.
Si considerò nel Libro bianco del 2001 l'assetto del nostro mercato del lavoro come una delle ragioni che concorrevano e concorrono ancora in una data misura alla sua insufficiente capacità inclusiva. Ne sono testimonianza l'ancora bassissimo livello di incontri tra la domanda e l'offerta di lavoro che si realizzano in termini efficienti rispetto a quelli che si realizzano attraverso canali cosiddetti informali, oppure il significativo disallineamento tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle disponibili nello stesso mercato.
Sono profili anche internazionalmente considerati. Ricordo che - forse l'ho già riferito in questa Commissione - i tre premi Nobel per l'economia dell'anno scorso furono tre economisti del lavoro, i cui studi erano stati dedicati per molta parte proprio a questi due profili del mercato del lavoro, cioè l'opacità del mercato e il disallineamento delle competenze, temi avvertiti in tutti i Paesi e, in particolare, in quelli di tradizionale industrializzazione e che da noi appaiono essere stati ed essere in parte ancora più marcati.
Noi abbiamo operato a questo scopo attraverso alcuni strumenti in parte nuovi e in parte rafforzati, che vorrei richiamare rapidamente. Uno è quello del monitoraggio delle competenze della domanda di lavoro. Questo monitoraggio di competenze veniva tradizionalmente effettuato in


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collaborazione con l'Unione delle Camere di commercio una volta all'anno e su base nazionale. Noi l'abbiamo trasformato in un rapporto trimestrale su base provinciale, in modo che l'informazione sia più ricorrente e consenta anche nei diversi territori di orientare le scelte educative e formative, le politiche attive istituzionali e il ruolo degli attori sociali.
La base campionaria è stata significativamente ampliata, ma quella stessa metodologia è a disposizione degli enti locali, tipicamente della provincia o della Camera di commercio, che eventualmente vogliano allargare quella stessa base per avere informazioni ancor più affidabili.
Abbiamo aderito immediatamente, e nei giorni scorsi abbiamo fatto la relativa presentazione, al Rapporto PIAAC dell'OCSE, il programma che si affianca al cosiddetto programma PISA per gli studenti, al quale da tempo partecipiamo, come sapete, e del quale può riferire la collega Gelmini. Questo programma estende la metodologia del programma di assessment di valutazione sulle competenze degli studenti agli adulti dai 16 anni in su.
Nei giorni scorsi abbiamo presentato la metodologia e l'ISFOL ha l'incarico, quindi, di realizzare nel quadro del programma OCSE il monitoraggio periodico delle competenze analizzate dal lato dell'offerta, che si unisce alle competenze che vengono individuate dal programma PISA per quanto riguarda gli studenti.
La terza strumentazione è stata riferita, invece, più specificamente, all'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro. L'Italia, come sappiamo, ha avuto a lungo il monopolio del collocamento pubblico. Abbiamo progressivamente spezzato questo monopolio nel corso degli anni trascorsi. Si è decisa ora, nei provvedimenti estivi, la compiuta liberalizzazione del collocamento, sulla base di un'iscrizione al registro e con le conseguenti possibilità di monitoraggio.
Questa liberalizzazione del collocamento ha lo scopo dichiarato, anche in norma, di promuovere ancor più la capacità non solo di incontro tra domanda e offerta, ma anche di progettazione degli stessi percorsi educativi, integrandoli con esperienze lavorative - tema sul quale poi ritornerò - sottolineandolo, nelle scuole, negli istituti secondari superiori e nelle università.
Le università sostenute dal programma FIXO, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e gestito da Italia lavoro, hanno avviato, per lo più per conversione dei tradizionali uffici dedicati ai tirocini, questi uffici di placement. Credo, tuttavia, che si possa definire ancora insoddisfacente la qualità di questi servizi, perché, come ho affermato, essi dovrebbero essere il canale tipico di comunicazione dell'Università e, ci auguriamo un domani, anche degli istituti secondari superiori con l'economia del territorio, individuando anche modi con cui progettare i percorsi educativi e non soltanto ovviamente favorire l'incontro tra domanda e offerta.
È stato chiesto alle università, peraltro, di rendere trasparenti i curricula degli studenti e dei neolaureati, mettendoli a disposizione, ove non vi sia rifiuto da parte della persona interessata, rendendoli accessibili sul proprio sito e, quindi, anche dal sistema Cliclavoro, il portale istituzionale.
Sono stati compiuti atti, come un atto congiunto con la collega Gelmini e un decreto del ministero, per definire tutte le modalità con cui ciò deve accadere, ma ciò largamente non sta accadendo. Mi auguro, così mi si riferisce, che ci siano dichiarate volontà positive a questo scopo. Se posso parlare esplicitamente anche di una questione, anche il rapporto che alcune università hanno con il Consorzio Almalaurea e gli accordi commerciali che sono stati definiti con questo consorzio ora sono superati dalla norma di legge, perché la norma di legge chiede piena trasparenza e accessibilità di questi curricula.
Legittimamente il consorzio può svolgere la funzione di collocamento e di selezione, può farsi remunerare legittimamente per queste funzioni, ma non può essere ragione di opacità o di accesso selettivo, a sua discrezione, di questi curricula,


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sempre nella logica di favorire quanto più la trasparenza e l'efficienza di questo mercato del lavoro.
Sottolineo ancora, tra i soggetti per i quali ci si augura che vorranno utilizzare la liberalizzazione del collocamento, gli enti bilaterali, tanto più quando hanno a riferimento specifici segmenti del mercato del lavoro. Penso, per esempio, alle casse edili o a strumenti ad hoc che il settore possa voler produrre per favorire l'incontro domanda e offerta in ambiti particolari, o ancora all'agricoltura, al turismo o allo spettacolo, soprattutto ai mercati del lavoro più rarefatti e nei quali è necessario, cioè ambiti specifici per i quali possa essere utile avere forme ancor più trasparenti ed efficienti di incontro tra la domanda e l'offerta. Cito, inoltre, associazioni sindacali e patronati.
La liberalizzazione ha determinato molto interesse nei soggetti che ho citato. Sono in corso molti contatti con la nostra amministrazione per procedere alla definizione di attività di incontro domanda e offerta in questo senso.
Abbiamo lavorato, ancora nella logica della trasparenza e dell'efficienza del mercato del lavoro, a una serie di strumenti informativi che sono oggi a buon punto di efficienza. Ricordo i principali.
Vi è il sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie, che è la grande infrastruttura del mercato del lavoro italiano. I dati non sono ancora del tutto accessibili e «puliti», ma, dal punto di vista del governo del mercato e anche delle esigenze di carattere ispettivo, il sistema sta funzionando compiutamente, anche al fine di rendere più agevole la gestione del rapporto di lavoro.
Vi è poi la banca dati dei percettori di reddito, uno strumento molto importante, perché consente ai nominativi e agli operatori istituzionali o autorizzati nonché a tutto il mercato di accedere alle figure professionali, ancorché non nominative, che sono incentivate, in quanto beneficiarie di sussidio, per la regola della portabilità del sussidio, verso un nuovo datore di lavoro.
Si aggiunge il portale istituzionale Cliclavoro, che riassume tutte le funzioni: è motore di ricerca nei circa 300 siti autorizzati, è bacheca nella quale ci si iscrive direttamente, è portale di servizio e luogo di servizi e di informazioni, come quelle relative alla banca dati dei percettori di reddito.
Ormai sembra che si stia finalmente realizzando anche il sistema informativo - è agli ultimi atti formali (mi sembra si sia giunti alla Corte dei conti), dopo il complessissimo percorso istituzionale e di concertazione che la legge imponeva - relativo agli infortuni nel lavoro, del quale abbiamo più volte detto quanto sia utile a orientare e verificare l'efficacia delle politiche rivolte a prevenire i pericoli per la salute e la sicurezza nel lavoro. Questa infrastrutturazione è frutto di una leale collaborazione tra Stato e regioni.
Vengo al secondo argomento. La collaborazione è stata tutta concordata con lo Stato e con le regioni e, quindi, mi auguro finalmente che si possa parlare di un'infrastrutturazione condivisa e cogestita.
Non nascondo che c'è un problema che le regioni stesse conoscono e che più o meno esplicitamente lamentano ed è il rapporto tra esse e le province. Le province sono titolari dei centri per l'impiego, hanno amministrato questa capacità nella grandissima parte dei casi individualmente - mi riferisco anche, per esempio, proprio alle gestioni dei sistemi informativi - e successivamente e giustamente la riforma del Titolo V della Carta costituzionale ha attribuito alle regioni tutta la competenza in materia di mercato del lavoro, ma siamo in presenza di una disarticolazione tra regioni e province a questo proposito, in moltissimi casi anche proprio di carattere tecnico-funzionale.
Stiamo verificando con le regioni la possibilità di definire insieme modalità di recupero di questa necessaria e doverosa funzione di governo unitario da parte delle regioni nei confronti delle province.
A maggior ragione avvertiamo anche noi questa non compiuta integrazione nel sistema unitario, nel sistema nazionale, delle province e dei loro centri per l'impiego,


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la cui rivalutazione noi riteniamo fondamentale in quanto istituzioni preposte a svolgere, alcune più e meglio di altre, potenzialmente alcune competenze e anche a essere soggetti attivi per quanto riguarda le fasce più deboli del mercato del lavoro, in modo particolare quelle che potrebbero essere nel mercato più trascurate.
Accennavo alla collaborazione tra Stato e regioni. Essa si è tradotta positivamente in tutta l'infrastrutturazione del mercato del lavoro e anche negli accordi relativi alla gestione degli ammortizzatori sociali in deroga e alle linee guida per la formazione iniziale e per la formazione continua.
Questa collaborazione dovrà proseguire, e mi riferisco anche agli ammortizzatori in deroga. Siamo peraltro tutti consapevoli, e ce lo siamo detti anche nei giorni scorsi in un incontro informale, che, nel momento in cui ormai siamo prossimi a entrare nel quarto anno di gestione straordinaria di ammortizzatori in deroga, dobbiamo evitare il cronicizzarsi di molte condizioni assistite e dobbiamo ancor di più incrociare doverosamente il sostegno al reddito con l'accompagnamento a una maggiore competenza e a un altro lavoro, quando ciò si rende necessario. Approfondiremo fra di noi lo stato di attuazione degli accordi che abbiamo sottoscritto e che si caratterizzano in questo senso.
Come ricordavo prima, la disponibilità della banca dati dei percettori di reddito è stata uno strumento apprezzato e importante. Come sapete, ora il percettore di un sussidio è tenuto a comportamenti responsabili. Non occorre neppure più la firma di un impegno a questo proposito, perché automaticamente la legge lo ritiene impegnato a questi comportamenti.
Dobbiamo rilevare che, tuttavia, questa norma è assolutamente ineffettiva. Nel territorio, nei fatti, non vi è diffusamente la capacità di rendere effettivo il dovere di accettare soprattutto un'opportunità lavorativa con caratteristiche di congruità, come dispone la legge, per insufficienza dei modi con cui le persone vengono prese in carico, accompagnate e anche monitorate nel momento in cui vengono meno a un loro dovere, oltre che godere dei loro diritti.
Non mi permetto minimamente di giudicare i comportamenti delle persone, perché sono persone che comunque vivono una condizione di difficoltà. Sottolineo piuttosto comportamenti istituzionali e sociali che dobbiamo cercare di portare a maggiore efficacia e a maggiore virtù.
Ne stiamo discutendo con le regioni. Esprimo un giudizio medio, ma anche mediano su questi comportamenti. Ci sono poi situazioni più efficienti e meno efficienti. Esiste un dualismo, come ben noto, anche dal punto di vista dell'efficienza istituzionale.
Io credo, e questa è la proposta che avanzo e che ho avanzato anche in alcune sedi, che possa essere straordinariamente importante per creare un'utile tensione intorno alle politiche attive e al necessario accompagnamento a opportunità di lavoro o di formazione delle persone che hanno perduto il loro lavoro o che sono prossime a perderlo, la formazione di enti bilaterali territoriali con i quali le parti sociali possano, collaborando con le istituzioni del territorio, svolgere una funzione non solo di controllo sociale, ma anche di attiva mobilitazione, responsabilizzando anche le imprese come sistema, nel momento in cui si pongono esigenze o necessità della messa in mobilità di lavoratori, di transizione di lavoratori da un posto di lavoro a un altro oppure per le politiche per le quali si devono produrre in nuovi ingressi nel mercato del lavoro.
Ci sono confronti in corso a questo proposito in molte province, in molti territori. Sono fiducioso che si determini una maggiore propensione a una maggiore assunzione di responsabilità. Sul piatto le imprese devono mettere la disponibilità a rendere fattore comune le nuove opportunità di offerta e di domanda di lavoro e, dall'altra parte, le organizzazioni sindacali devono provvedere all'accompagnamento al dovere di accettare l'offerta congrua, quando questa viene proposta.
Per quanto riguarda il contenuto necessario di una formazione efficace, come


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sapete vi sono stati diversi accordi che hanno coinvolto anche le parti sociali o intese interistituzionali tra i ministeri interessati, il lavoro e l'istruzione da un lato, e le regioni dall'altro.
Il sistema di formazione deve essere componente non accessoria del sistema educativo nel senso più ampio, non complementare e secondaria, ossia di risulta, ma, nella logica di un sistema flessibile che offre a tutti opportunità in relazione alle loro vocazioni, è importante che questo sistema si relazioni e consenta anche mobilità al proprio interno, in modo che tutte le persone possano raggiungere una qualificazione superiore.
Definisco la qualificazione superiore in senso lato e non in senso stretto. La qualificazione superiore può essere raggiunta attraverso i percorsi educativi formali, lo sviluppo degli ITS, di cui parlerà la collega Gelmini, e degli IFTS, di cui parleranno le regioni, l'accesso ovviamente a percorsi universitari e al loro compimento, compresi i dottorati di ricerca, ma anche attraverso gli strumenti più propriamente regionali e la formazione realizzata in sussidiarietà da altri soggetti, non relegando questa formazione in una sorta di serie B, in una sorta di ambito secondario.
Le intese che sono state sottoscritte hanno costituito un pavimento regolatorio comune e credo che abbiano posto le premesse a questo scopo.
Per quanto riguarda gli enti bilaterali, o meglio i fondi interprofessionali, sottolineo che rimane ancora un divario - posso fornire dati più precisi - fra risorse disponibili e risorse effettivamente impiegate, anche se ovviamente con il tempo questi soggetti hanno maturato capacità molto superiori rispetto a quelle iniziali, costretti come sono ad adempimenti formali, in quanto amministrano risorse pubbliche, che provengono certamente dalle imprese, secondo la ben nota proporzione con il monte salari, ma che, in quanto obbligatorie, sono parte del settore pubblico e, quindi, come tali, soggette a controlli.
Noi stiamo verificando i modi ulteriori della semplificazione, ma ci muoviamo nell'ambito delle più generali rigidità di impiego delle risorse pubbliche.
È stato positivo per questi fondi interprofessionali l'ampliamento delle capacità, con riferimento anche ai cassintegrati e ai lavoratori in mobilità, ipotizzando che le risorse debbano essere prioritariamente dedicate a soggetti deboli, in quanto posti in una condizione di inattività o di transizione forzosa verso un altro auspicato lavoro.
Osservo che, purtroppo, larga parte della formazione quale è stata finora realizzata per la promozione di questi fondi appare essere in aula e non in ambiente lavorativo, come preferibilmente dovrebbe essere.
Infine, segnalo, per quanto riguarda i contratti di apprendistato, in merito ai quali, come sapete, la legge è stata pubblicata purtroppo solo recentemente sulla Gazzetta ufficiale, che le regioni hanno sei mesi di tempo per adeguarsi. Insieme abbiamo stabilito che non ci deve essere soluzione di continuità, tanto che la regione Lombardia sta procedendo con il suo percorso per l'apprendistato di primo livello e allo stesso tempo sta realizzando gli atti relativi alla nuova disciplina.
Vorrei velocemente sottolineare alcuni aspetti. Uno riguarda l'apprendistato di primo livello. La necessità che vi sia una remunerazione del giovane proporzionata alla sua attività lavorativa, o meglio parametrata sulla sua attività lavorativa. Come sapete, l'apprendistato di primo livello è tanto necessario per includere soprattutto i giovani più deboli, quelli che hanno abbandonato precocemente i percorsi educativi, quanto più è tendenzialmente rifiutato dalle imprese, perché, da un lato, tali contratti comportano maggiore impegno nei confronti di un minorenne - pensate solo ai profili della salute e della sicurezza nel lavoro - e dall'altro non sono ritenuti sufficientemente convenienti dal punto di vista della remunerazione.
Quanto agli altri Paesi europei, in particolare quelli di lingua tedesca, Germania, Austria, Svizzera (a cui occorre aggiungere


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anche la provincia autonoma di Bolzano), sono quelli che più efficientemente includono i giovani del dropout scolastico e realizzano più efficacemente percorsi di integrazione tra apprendimento e lavoro.
Negli altri Paesi la remunerazione varia tra il 20 e il 60 per cento, mentre da noi varia tra l'80 e il 90 per cento. È ovvio che in questi termini non si determina una condizione di convenienza dell'impresa. Io mi auguro che si possa seguire un criterio di parametrazione rispetto all'apprendistato professionalizzante di secondo livello e in proporzione alle ore effettivamente dedicate a formazione esterna all'impresa, che, nell'ambito di questo apprendistato di primo livello, è una componente importante.
Per quanto riguarda l'apprendistato di secondo livello, o contratto di mestiere, le modalità di incrocio tra apprendimento ed esperienza lavorativa sono rimesse in sussidiarietà alle parti sociali. È importante che queste facciano presto, ma anche che le regioni ipotizzino di aderire alla possibilità che la norma concede di certificare le competenze al termine del percorso.
Per quanto riguarda l'apprendistato di alta formazione, serve un'adesione maggiore da parte delle università. Ci sono notizie molto positive da alcune grandi imprese. Nei giorni scorsi una grande azienda ha varato un programma consistente di apprendistato, credo anche con dottorato di ricerca non finalizzato alla carriera universitaria, ma al percorso lavorativo.
I giovani, in modo particolare, hanno bisogno di integrazione tra apprendimento e lavoro. Questa è l'affermazione centrale nel documento conclusivo del G20 del lavoro dei giorni scorsi, ove Paesi con diversa latitudine geografica, economica, istituzionale e sociale hanno, tuttavia, utilizzato la stessa parola «apprendistato» e hanno tutti insieme sottolineato la necessità di integrare apprendimento e lavoro. È importante ciò per noi, che abbiamo avuto un lungo periodo di separazione tra la scuola e il lavoro, tra le diverse forme di apprendimento e il lavoro, ed è importante riconoscere la valenza educativa del lavoro.
Concludo con le relazioni industriali. Le relazioni industriali sono state già più volte richiamate con riferimento agli enti bilaterali e alle forme di collaborazione strutturata per concorrere a governare i mercati del lavoro, per essere parte importante del governo dei mercati del lavoro e dell'orientamento delle istituzioni e degli strumenti dedicati al mercato del lavoro. Penso alla stessa formazione e al modo di evitare che essa si caratterizzi per autoreferenzialità.
Le parti sociali possono svolgere un ruolo importante anche attraverso contratti di territorio e di azienda, in base ai quali le componenti del salario sono oggetto di detassazione e, nel caso aziendale, di decontribuzione, misure che sono state confermate per il prossimo periodo.
C'è un'evidente evoluzione in questo senso delle relazioni industriali e mi auguro che soprattutto la diffusione degli organismi bilaterali possa realizzare quell'infrastrutturazione complementare rispetto a quella istituzionale, di cui prima parlavo.
Mi fermo e, come ho affermato, oltre a rispondere alle sollecitazioni specifiche, posso fornire tutta la documentazione che vorrà essere richiesta per la completezza dell'indagine che utilmente questa Commissione sta conducendo.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Alle 16 è prevista la ripresa dei lavori d'Aula. Vediamo se riusciamo a contenere tutto in un quarto d'ora.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CESARE DAMIANO. Grazie, presidente. Francamente mi sento disarmato di fronte all'illustrazione del Ministro, perché noi ci aspettavamo un quadro di una situazione reale e non soltanto auspici. Non abbiamo domande da porre. Per la prima volta non ci sentiamo di formulare domande, anche perché appena ieri abbiamo


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avuto un quadro della situazione che, secondo noi, è drammatico, allarmante, relativo alla perdita di più di 500 mila posti di lavoro dal 2008 al 2010. L'idea è che il Mezzogiorno per tornare al livello del 2007, come ci ha riferito la Svimez, ci metterà trent'anni. Abbiamo un'occupazione standard del 56 per cento nel Centro-nord e del 38 per cento nel Mezzogiorno per quanto riguarda le persone fra i 15 e i 65 anni, con alti tassi di inattività.
Ci sentiamo persino dire che c'è un problema di mobilità, quando questo Governo ha messo a disposizione 10 mila posti per la mobilità, a fronte di una richiesta di 50 mila posti. Francamente noi non ci sentiamo di formulare alcuna domanda, perché l'esposizione del Ministro è una teorizzazione propagandistica di questioni che contrastano profondamente con una politica del Governo che sul mercato del lavoro è andata in una sola direzione: quella di aumentare la precarietà e l'insicurezza soprattutto delle giovani generazioni.

ANTONINO FOTI. Intendo porre talune domande nell'ottica della rivalutazione dei centri per l'impiego, con riferimento soprattutto alla modifica del Titolo V della Costituzione.
Signor Ministro, lei parlava degli accordi e dei rapporti tra Stato e regioni nonché della disarticolazione dei rapporti tra regioni e province. È vero che in molti casi specifici avviene, ma che cosa fa il ministero per evitare che ciò accada?
Nella rivalutazione dei centri dell'impiego provinciali e, quindi, nel rispetto delle competenze che correttamente spettano all'ente provincia, proprio perché è più vicino alle fasce più deboli e ai cittadini che sono sul territorio, considerando la riforma del Titolo V e gli accordi tra Stato e regioni, come pensa di aiutare gli enti locali a colloquiare e a rendere più efficace questo rapporto nei casi specifici, dove la criticità è maggiore?

PRESIDENTE. Onorevole Damiano, se lei si trattiene un attimo, vorrei svolgere una dichiarazione. Penso che sia opportuno che lei l'ascolti, se la vuole ascoltare. Per carità, è libero anche di andar via.
Siamo nell'ambito di un'indagine conoscitiva. È legittimo che il partito maggiore di opposizione prenda le sue decisioni in merito a una relazione che il Ministro ha svolto, ma francamente le ricordo che un'indagine conoscitiva non è il luogo per accentuare il livello polemico, in una Commissione che sull'indagine conoscitiva ha sempre cercato in ogni occasione di trovare le convergenze possibili. Noi dobbiamo lavorare per un quadro di sintesi e anche per dare al Governo alcune opportunità di riflessione su alcuni argomenti.
È legittimo l'atteggiamento che si assume, ma vorrei ricordare che noi nell'indagine conoscitiva non eravamo chiamati a fare l'interrogatorio al Ministro, né a svolgere valutazioni di ordine politico in maniera così spinta da arrivare addirittura ad abbandonare l'aula nel momento in cui stiamo svolgendo questa indagine. Ovviamente ognuno si assume le sue responsabilità, però avevo il dovere come presidente di sottolineare questo aspetto.
Nel dargli la parola, ringrazio il Ministro per il suo contributo, che ritengo assolutamente importante. Non è certamente dal Ministro che devono venire analisi e dati che lui conosce benissimo e che comunque abbiamo avuto modo di ascoltare dai soggetti preposti a queste funzioni. Mi dispiace, Ministro, per quello che è accaduto, ma per quanto ci riguarda noi andiamo avanti nella nostra indagine conoscitiva e terremo conto anche dei suoi suggerimenti e delle sue indicazioni.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ovviamente non posso rispondere a chi non è interessato a dialogare, a chi non è interessato al confronto. Rilevo soltanto che soprattutto sul disagio giovanile si consuma una ricorrente grande mistificazione, cioè il rifiuto di leggerne le cause e le ragioni per cui i giovani sono esclusi dal nostro mercato del lavoro.
Io credo che i giovani siano stati esclusi dal mercato del lavoro proprio dal peso


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insopportabile che le ideologie dello scorso secolo hanno avuto sul sistema educativo e sul mercato del lavoro e che essi paghino duramente le conseguenze di quelle ideologie.
Credo che le paghino nel momento in cui constatiamo il disastro educativo prodotto dall'ideologica separazione fra la scuola e il mercato del lavoro e nel momento in cui la regolazione del rapporto di lavoro risulta ancora così rigida, soprattutto al punto della risoluzione del rapporto stesso, penalizzando i più giovani, per i quali le imprese hanno scarsa attitudine ad assumere e a farlo con caratteristiche di rigida stabilità di fronte ad aspettative incerte.
Il modo di aiutare i giovani è proprio quello, da un lato, di investire sull'integrazione tra l'apprendimento e il lavoro e, dall'altro, sulla possibilità di rendere più omogenea la disciplina dei rapporti di lavoro, in modo che la maggiore stabilità possa essere distribuita equamente fra tutte le lavoratrici e i lavoratori, compresi i più giovani.
D'altronde, lo storico fallimento delle ideologie del lavoro e del sovraccarico ideologico sul lavoro si è registrato nel momento in cui l'Italia è stata, lungo tutto il Dopoguerra, il Paese nel quale vi è stata una delle più basse o la più bassa intensità occupazionale della crescita economica. A parità di crescita economica, vi è stato meno lavoro regolare che altrove.
Tale fatto diventa ancor più colpevole oggi, nel momento in cui viviamo i grandi cambiamenti competitivi che conosciamo.
Così pure le infrastrutture del mercato del lavoro sono state causa non secondaria. Ho parlato dell'opacità. Fino all'altro giorno abbiamo avuto il monopolio del collocamento pubblico, che o non funzionava o, quando funzionava, era forse meglio che non funzionasse. Il monopolio del collocamento pubblico è stato spezzato solo dalla manovra recente, dalla sua compiuta liberalizzazione, per cui rispetto alle migliaia di strutture di collocamento che vi sono negli altri Paesi industrializzati noi avevamo e abbiamo tuttora poco più di 100 operatori autorizzati.
La liberalizzazione è stata per lungo tempo negata da un approccio ideologico che voleva una dimensione sacrale del mercato del lavoro e, quindi, la negazione del ruolo di operatori privati o anche privato-sociali nel mercato del lavoro. L'incontro tra la domanda e l'offerta è ancora faticoso nelle sedi istituzionali o comunque autorizzate.
I centri per l'impiego sono, nella loro inefficienza, il portato di quel tempo ideologico, il portato di quel tempo del monopolio pubblico. Se ne afferma ancora il ruolo fondamentale con nostalgia da parte dell'opposizione, ma non si fa nulla per migliorarne la funzione e per sottrarli a una condizione di autoreferenzialità.
Io credo che uno dei due modi per sottrarli a questa condizione di autoreferenzialità sia quello di garantire ovunque la loro messa in rete in ciascuna dimensione regionale, anche con garanzia di interconnessione nazionale. Il federalismo non è il presupposto della separatezza interna, ma, al contrario, richiede omogeneità. Se voi guardate al modello federale tedesco, trovate un sistema unitario, ancorché articolato nei singoli Länder.
Dall'altra parte, può essere fondamentale la collaborazione con il complemento degli enti bilaterali su base territoriale. Questa collaborazione può determinare la pressione degli attori sociali sulle tentazioni autoreferenziali che nei centri per l'impiego si possono manifestare. La scelta peggiore è, quindi, quella dell'isolamento di ciascuna dimensione provinciale e rispetto agli attori sociali del territorio, in modo tale che, cioè, anch'essi concorrono e, come ho riferito, per le funzioni più pubbliche e per le funzioni più pubblicamente avvertite, come quelle delle fasce più deboli, a un'efficacia ben maggiore del mercato del lavoro.
Di tutto hanno bisogno in particolare i giovani, tranne che di demagogia. La demagogia è il modo con cui essi vengono avviati in una china nichilista. Il disagio dei giovani va fino in fondo compreso. Quando minoranze producono analisi sbagliate e anche nel loro approccio più costruttivo propongono il salario minimo


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garantito, evidentemente si collocano fuori dalla storia. Come ripeto, però, sono minoranze. Quando poi queste prospettive diventano impraticabili, come quella del salario minimo garantito, è evidente che ne può derivare una deriva anche di tipo violento, frutto della perdita di ogni speranza e dell'illusione della soluzione traumatica.
Chiederci, infine, perché l'Italia abbia avuto tensioni nei giorni scorsi, tensioni che si sono espresse anche in forme odiosamente violente, equivarrebbe a chiederci come mai per quarant'anni abbiamo subìto un terrorismo ideologizzato che ha colpito in modo particolare il mondo del lavoro.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la ringraziamo anche per questa sua replica molto efficace. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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