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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
1.
Giovedì 22 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 3209-BISGOVERNO RECANTE «DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE DEI RAPPORTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CON CITTADINI E IMPRESE E DELEGA AL GOVERNO PER L'EMANAZIONE DELLA CARTA DEI DOVERI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E PER LA CODIFICAZIONE IN MATERIA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE»

Audizione di rappresentanti di Associazione nazionale costruttori edili, Associazione nazionale proprietà edilizia, Assolterm, Confedilizia, Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Federfarma, Unione nazionale professionisti pratiche amministrative (UNAPPA):

Bruno Donato, Presidente ... 3 6 7 13 14
D'Alessandris Sergio, Rappresentante diAssolterm ... 6 7
Ghiloni Massimo, Rappresentante dell'Associazione nazionale costruttori edili ... 3
Merola Federico, Rappresentante dell'Associazione nazionale costruttori edili ... 3
Misasi Alfonso, Rappresentante di Federfarma ... 9
Orsini Andrea (PdL) ... 6 7 13
Pazienza Michele, Rappresentante dell'Associazione nazionale proprietà edilizia ... 5
Peperoni Gabriele, Rappresentante della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri ... 8
Petrosillo Gianni, Rappresentante di Federfarma ... 10
Spaziani Testa Giorgio, Rappresentante di Confedilizia ... 7
Testa Nicola, Rappresentante dell'Unione nazionale professionisti pratiche amministrative (UNAPPA) ... 11

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU):

Bruno Donato, Presidente ... 14 17
Ferla Vittorino, Rappresentante del CNCU ... 14

Audizione di docenti universitari ed esperti della materia:

Bruno Donato, Presidente ... 18 22 23
Natalini Alessandro, Ricercatore universitario ... 18 22 23
Zaccaria Roberto (PD) ... 22
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 22 aprile 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Associazione nazionale costruttori edili, Associazione nazionale proprietà edilizia, Assolterm, Confedilizia, Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Federfarma, Unione nazionale professionisti pratiche amministrative (UNAPPA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva svolta nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3209-bis Governo recante «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione», l'audizione di rappresentanti di: Associazione nazionale proprietà edilizia, Assolterm, Confedilizia, Federazione Nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Federfarma, Unione nazionale professionisti pratiche amministrative (UNAPPA).
Ringrazio a nome della Commissione i nostri ospiti, cui do immediatamente la parola.

FEDERICO MEROLA, Rappresentante dell'Associazione nazionale costruttori edili. Per quanto riguarda la nostra associazione, ben venga un provvedimento che dà un primo impulso alla semplificazione amministrativa. Noi ci auguriamo che sia l'inizio di un percorso non troppo lungo, che possa cambiare la cultura amministrativa, obsoleta e inadeguata in molti settori, soprattutto in quelli che ci riguardano.
Salutiamo quindi con favore questa iniziativa che ci sembra, come dicevo, un primo passo che risponde in parte alle richieste che provengono dalla nostra associazione. Per la parte che possiamo trattare in questa sede abbiamo preparato una nota, che consegniamo alla presidenza, e alcuni commenti, che il dottor Ghiloni, nostro rappresentante nella linea edilizia privata ed urbanistica, illustrerà in maggior dettaglio.

MASSIMO GHILONI, Rappresentante dell'Associazione nazionale costruttori edili. Per quello che ci riguarda, il primo punto da affrontare riguarda indubbiamente il tema dell'attività edilizia libera, che è presente nel disegno di legge C. 3209-bis, ma che è stato poi trasferito anche nel decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, attualmente all'esame delle Commissioni riunite VI e X della Camera. Questa può essere in ogni caso la sede giusta per fare alcune brevi annotazioni, la prima delle quali di carattere generale.
Il piano casa relativo a demolizioni, ricostruzioni e ampliamenti prevedeva, nell'accordo del 1o aprile 2009, che entro


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dieci giorni sarebbe stato emanato il decreto legge sulle semplificazioni. È trascorso un anno e il decreto legge non è stato ancora emanato.
In quel documento erano previste semplificazioni sostanziali in materia di competenza esclusiva dello Stato: si parlava della perequazione, delle valutazioni VIA e VAS, della Conferenza di servizi. Anche in questa sede vorremmo quindi rivolgere al Governo l'invito ad adempiere all'impegno sottoscritto con le regioni e sul quale, quindi, anche le regioni concordavano.
Per quanto riguarda l'attività edilizia libera, questo alla fine è anche un esempio di ciò che accade nel nostro Paese quando si vuole agevolare qualche procedimento. L'idea di prevedere una semplice comunicazione per la manutenzione straordinaria delle abitazioni è sicuramente condivisibile ma, come sapete, il decreto legge è entrato in vigore e il primo effetto è stato chiedersi in quali regioni è possibile la sua applicazione. Il federalismo in edilizia esiste già, quindi si è subito posto il problema: se una regione aveva già legiferato a tal proposito, lì non si applicava il decreto; se, invece, una regione non aveva legiferato, allora si applicava, mentre se aveva legiferato solo in parte, forse si applicava.
Se questo è il primo impatto di uno snellimento procedurale, le prospettive non sono certo rosee. Ci sono anche alcuni problemi applicativi perché questo snellimento prevede che si faccia una comunicazione, ma se la manutenzione straordinaria, pur non incidendo sulle parti strutturali incide comunque su alcune parti tecniche dell'edificio, occorre valutare se non serva il concorso di un progettista. Inoltre, è previsto che si debba indicare il nome dell'impresa, ma non è detto esplicitamente che deve essere presentato il DURC, il Documento unico sulla regolarità contributiva.
L'altro aspetto integrativo del disegno di legge riguarda lo Sportello unico per l'edilizia, che è un ottimo strumento perché consente, finalmente, al cittadino di recarsi presso la pubblica amministrazione e presentare la documentazione, ed è allora il responsabile del procedimento che si attiva con tutti gli enti interessati. C'è però un difetto: il responsabile del procedimento manda la richiesta di parere di autorizzazione ad un ente esterno all'amministrazione, ma non ha alcun potere coercitivo nei confronti di questa amministrazione; pertanto, se una volta inoltrata la richiesta le amministrazioni interpellate non rispondono, il procedimento si blocca.
La nostra proposta è che, se non si dà il via a forme di autocertificazione da parte dell'interessato, il responsabile del procedimento deve diventare automaticamente commissario nei confronti dell'ente inadempiente. Poiché questo aspetto è presente nel disegno di legge, invitiamo la Commissione a valutare l'opportunità di estendere tale agevolazione.
La seconda proposta, che può sembrare secondaria ma non lo è, riguarda la competenza dei consigli e delle giunte comunali. Come sapete, lo strumento urbanistico generale è approvato dal consiglio comunale e la stessa cosa, in molti casi, accade anche per i piani attuativi.
Il piano attuativo è l'operatività di scelte fatte in sede di pianificazione generale, assolutamente conforme. Ma allora ci chiediamo perché non dire esplicitamente che il consiglio comunale approva lo strumento urbanistico generale mentre il piano attuativo, conforme a questo piano, è approvato dalla giunta. Così facendo, la riduzione dei tempi sarebbe notevolissima. Questa opportunità è da valutare, anche perché in questo caso è lo Stato che lo può dire.
L'ultima annotazione - che può sembrare minimale - è la seguente: se nel corso dei lavori faccio una difformità inferiore al 2 per cento del volume (parliamo di una lievissima entità), dal punto di vista fiscale non perdo eventuali benefici, mentre dal punto di vista amministrativo ho delle conseguenze sanzionatorie. Noi proponiamo di parificare i due regimi, di modo che se in corso di costruzione viene fatta una lieve difformità


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dell'1-2 per cento, questa venga automaticamente regolarizzata dall'amministrazione.

MICHELE PAZIENZA, Rappresentante dell'Associazione nazionale proprietà edilizia. Signor presidente, noi della Federproprietà ci dichiariamo sostanzialmente favorevoli al disegno di legge in esame.
A giudizio dell'associazione, appare fondamentale il capo III relativo alla delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche, con correlativa formazione di un Codice che riunisca tutte le norme vigenti in materia, dal momento che il provvedimento è il contenitore di disposizioni eterogenee e poco coordinate.
Deve, tuttavia, al riguardo richiamarsi l'esigenza di prevedere in detto capo la disciplina dell'indispensabile forma di partecipazione, ai procedimenti relativi e alla predisposizione dei due predetti elaborati, dei cittadini della Repubblica italiana e delle associazioni che li rappresentano, secondo categorie di interessi dalle quali potranno essere forniti contributi di professionalità ed esperienza.
Considerando che l'articolo 5, concernente l'attività edilizia libera, è ormai in vigore - essendo stato trasfuso nell'articolo 5 del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 - si svolgono alcune osservazioni su alcuni altri articoli dell'elaborato.
Con riguardo all'articolo 6, in materia di semplificazione dell'obbligo di comunicazione della cessione dei fabbricati, a nostro avviso, ai fini di non complicare la vita ai cittadini non ancora in possesso di personal computer e attrezzature analoghe, occorre rendere obbligatoria per i notai, senza oneri per le parti, la comunicazione degli atti di trasferimento della proprietà e dei diritti reali sugli edifici, prevista dall'articolo 12 della legge 18 maggio 1978, n. 191, di conversione del decreto legge 21 marzo 1978, n. 59, per la locazione e altri contratti di godimento degli immobili medesimi mentre dev'essere, invece, mantenuta la possibilità di comunicazione diretta, anche mediante lettera raccomandata, all'autorità della polizia di Stato competente per territorio.
Relativamente all'articolo 9, in tema di riduzione degli organi amministrativi, riteniamo che, anche in vista dell'obiettivo indicato, sia necessario attivare opportuni procedimenti di partecipazione, con relativa campagna di informazione dei cittadini su un qualcosa che, altrimenti, rimarrebbe un oggetto misterioso.
Passando ad esaminare l'articolo 12, disposizioni in materia di sportello unico per l'edilizia, pensiamo che l'avere introdotto la trasmissione di dati, richieste di pareri e simili tra le amministrazioni pubbliche che intervengono nei procedimenti per il rilascio dei titoli abilitativi a svolgere attività edilizie, sia indice di una vera volontà di semplificazione, ma che dovrebbe essere accompagnata da una revisione di tutti i termini per gli adempimenti conseguenti, eventualmente in sede di attivazione della delega di cui ai successivi articoli.
Con riguardo all'articolo 13, funzioni della Corte dei conti in materia di controllo sulla gestione, a nostro avviso dovrebbe essere espunta la previsione dell'integrazione con il magistrato estensore della delibera impugnata delle sezioni riunite della Corte, perché si tratta di una palese violazione del principio proprio del nostro ordinamento giuridico secondo il quale gli atti giudiziari, tra i quali rientrano a pieno titolo anche le delibere di controllo della Corte dei conti - tanto che l'atto con il quale viene ritenuto esatto il conto consuntivo dello Stato è chiamato proprio «giudizio» di parificazione del bilancio - debbono essere valutati secondo quanto in esso obiettivato, cioè attraverso la lettura e l'interpretazione del dispositivo e delle motivazioni e non certo delle spiegazioni che, a posteriori, può formulare l'estensione di esso. La disposizione oggetto della critica appare del resto fuori squadra poiché il voto di chi è chiamato a giudicare il proprio operato difficilmente potrà essere negativo.
Restiamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, rassegniamo queste brevi osservazioni nel documento che consegniamo


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alla presidenza e, sostanzialmente, rinnoviamo il nostro parere favorevole al disegno di legge in esame.

SERGIO D'ALESSANDRIS, Rappresentante di Assolterm. Rappresento l'Associazione del solare termico, ovvero dei produttori di pannelli solari, che producono calore.
L'80 per cento dei nostri soci operano sul mercato italiano, del quale desidero portarvi a conoscenza degli ultimi sviluppi. Negli ultimi anni abbiamo registrato una crescita del 20-30 per cento con un fatturato annuo di 400 milioni di euro, una produzione di potenza annuale di 1,4 gigawatt e 1.400 gigawatt ore/anno di produzione di energia, corrispondenti a 120 mila TEP (tonnellata equivalente di petrolio) risparmiate.
Entrando nel dettaglio della composizione di questo mercato, il 50 per cento è costituito da aziende italiane che producono pannelli solari - quindi tecnologia italiana - e il restante 50 per cento è costituito da prodotti esteri, importati soprattutto dalla Germania.
Vorrei puntualizzare il fatto che la produzione italiana utilizza per il 70 per cento la tecnologia solare termica a circolazione naturale, ovvero - per semplificare le cose - quegli impianti caratterizzati dal boiler sopra i pannelli, nella cui produzione siamo specializzati.
L'Assolterm desidera evidenziare la voce dell'articolo 5 del disegno di legge in esame, che sostituisce l'articolo 6 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sull'attività edilizia libera nella quale si citano i «pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoi di accumulo esterno», quindi ad attività libera. Noi riteniamo che, se l'articolo viene approvato dal Parlamento nel testo originale, ci saranno delle ripercussioni negative, soprattutto per le aziende italiane. Proponiamo, quindi, di sostituire la frase, sopprimendo la dicitura relativa ai serbatoi di accumulo esterno.
Tale variazione porterebbe delle ripercussioni positive, non solo nel settore di produzione ma soprattutto per il cittadino, dal momento che si parla di semplificazione. Oggi, montare un pannello solare sul tetto implica l'attivazione della DIA e un costo burocratico, quindi la semplificazione prevista dal disegno di legge cade a pennello.
Noi auspichiamo, quindi, che venga tolta la precisazione relativa ai boiler in modo da dare la possibilità al cittadino di acquistare questo sistema e risparmiare sia a livello economico che a livello di energia, cosa che in questo momento di crisi, non sarebbe per niente male.
Per quanto riguarda l'installazione, dal momento che un pannello solare costa circa 1500 euro più altri 500 euro di costi necessari per la parte burocratica e documentale, semplificare le procedure significa dare la possibilità ai cittadini di installare un pannello con maggior facilità.
La variazione da noi proposta avrebbe anche una ripercussione positiva per le aziende italiane, dal momento che noi siamo produttori del 70 per cento di questo tipo di tecnologia. Sicuramente anche questo non guasterebbe, visto il momento di crisi che stanno passando il settore termoidraulico e il settore italiano in genere a livello di produzione.
Anche a livello governativo si avrebbero delle ripercussioni positive. A giugno dovremo consegnare documenti sugli obiettivi 20-20-20 da raggiungere, quindi sull'ottenimento dei risparmi energetici e della produzione di energia alternativa. Dal momento che non ci sono oneri e tasse da caricare sulla misura prevista, si conseguirebbe un'ulteriore obiettivo di semplificazione.
In definitiva, auspico che la Commissione accolga favorevolmente la nostra proposta, in modo che i vantaggi siano veramente per tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, per un chiarimento, l'onorevole Orsini, relatore del provvedimento.

ANDREA ORSINI. Presidente D'Alessandris, quando parla di produzione italiana


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si riferisce solo agli impianti con serbatoio di accumulo esterno?

SERGIO D'ALESSANDRIS, Rappresentante di Assolterm. Sì, di quel 50 per cento che sono di produzione italiana.

ANDREA ORSINI. Quindi il 70 per cento sono ad accumulo esterno.

SERGIO D'ALESSANDRIS, Rappresentante di Assolterm. Sì. Ecco perché l'articolo, nel testo attuale, andrebbe a colpire proprio le aziende italiane.

PRESIDENTE. Comunico che l'Assolterm ha trasmesso alla presidenza una nota scritta che è in distribuzione.

GIORGIO SPAZIANI TESTA, Rappresentante di Confedilizia. Ringrazio il presidente, la Commissione e il relatore del provvedimento, onorevole Orsini, per l'invito ad esprimere il nostro parere su questo provvedimento, del quale condividiamo le linee generali e ispiratrici di semplificazione, ma sul quale - con riferimento in particolare ai temi, di più diretto interesse della proprietà immobiliare - ci permettiamo di esprimere qualche sollecitazione critica.
In particolare, mi riferisco ai due articoli che più da vicino interessano i proprietari di casa e la proprietà immobiliare in genere: il 5, relativo all'attività edilizia libera, e il 6, relativo alle semplificazioni nell'obbligo di comunicazione della cessione dei fabbricati.
Con riferimento al primo, è stato già detto da chi è intervenuto in precedenza che si tratta di una norma già vigente, in quanto trasfusa nel decreto legge n. 40 del 2010, ma soggetta a modifiche in Parlamento in sede di conversione, essendo ora all'esame, alla Camera delle Commissioni riunite, VI e X. A maggior ragione, quindi, è utile probabilmente parlarne in questa sede parlamentare per sollecitare qualche modifica.
La modifica che sollecitiamo è di ampia portata: chiediamo al Governo e al Parlamento - il Governo non lo ha fatto, lo chiediamo ora al Parlamento sia in questa sede sia con riferimento alla conversione del decreto legge n. 40 del 2010 - di compiere uno sforzo ulteriore proprio per ottenere il risultato che il Governo si proponeva, ossia la reale semplificazione delle procedure edilizie.
La premessa contenuta nella norma con la quale, in particolare, si fanno salve le diverse disposizioni regionali è quella che, secondo noi, non consentirà a questa norma di avere effetti pratici. Si fanno salve nella norma, ovviamente, anche altre misure, altre disposizioni vigenti in materia antisismica e via dicendo, che vanno certamente confermate, ma è il riferimento alla legislazione regionale che, secondo noi, andrebbe cambiato.
La norma interviene nel Testo unico dell'edilizia che, come sappiamo, è un provvedimento che nell'ambito della legislazione concorrente, quella di cui ci stiamo occupando in questo momento, ovvero governo del territorio e urbanistica, stabilisce i princìpi fondamentali.
Noi proponiamo che questa norma sia modificata stabilendo che queste disposizioni in materia di attività edilizia libera costituiscano esse stesse dei princìpi fondamentali e siano quindi direttamente applicabili a prescindere dalla legislazione regionale, eventualmente difforme, esistente. Solo così si potrà dare un impulso vero al settore e si potrà anche ottenere una migliore applicazione di un'altra misura recentemente varata dal Governo, ovvero quella del cosiddetto Piano casa che, proprio per il problema della divisione di compiti fra Stato e regioni che esiste in virtù del Titolo V della parte seconda della Costituzione, in moltissime regioni è stato in parte reso vano. I princìpi che il Governo avrebbe voluto introdurre in materia di ampliamenti consentiti ai proprietari nelle proprie abitazioni sono stati, in molti casi, resi vani dalla legislazione regionale contrastante e, in altri casi, anche da disposizioni comunali, nel qual caso il discorso si complica.
La nostra richiesta è di fare un atto di coraggio e stabilire che la norma in materia di attività edilizia libera contenuta


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nel Testo unico dell'edilizia sia una norma di princìpi fondamentali in materia di titoli abilitativi e sia per questo direttamente applicabile anche nelle regioni dove vi fosse una legislazione regionale diversa.
La seconda norma alla quale ci vogliamo riferire è quella dell'articolo 6 in materia di comunicazione e cessione dei fabbricati. È una piccola norma esistente da tanti anni, dai tempi della legislazione antiterroristica del 1978 e riprodotta in maniera leggermente diversa nel 1998 nella legislazione relativa alla normativa sull'immigrazione, ma è una norma che impone un onere rilevante ai soggetti interessati e sulla quale ci permettiamo addirittura di sollevare obiezioni circa la sua attualità e la sua effettiva valenza ai tempi odierni.
Era prevista nel 1978, ora sono passati tanti anni e, dall'esperienza che ci viene riferita nelle nostre sedi territoriali dai proprietari interessati, risulta essere ormai un mero adempimento privo di contenuti reali e di efficacia, nella lotta al terrorismo, nel caso del provvedimento del 1978, e per la sicurezza in genere nel caso della normativa sul controllo dell'immigrazione.
Se questa norma però deve rimanere, chiediamo che non sia fatto obbligo di effettuare queste comunicazioni solo per via telematica. Apparentemente è una semplificazione, e lo sarà certamente per alcuni soggetti ma non lo sarà per molti altri: i dati sulla diffusione della telematica in Italia sono noti e, per dirla con un eufemismo, non è certo diffusa al 100 per cento.
Teniamo presente che si tratta di un obbligo che ricade su una miriade di soggetti, non solo sul soggetto che pone in locazione un immobile e che può essere un piccolo proprietario non dotato degli strumenti elettronici adeguati, ma addirittura anche su chi - come si legge nella norma del 1978 - ospita solamente un soggetto, ovvero uno straniero come previsto nella norma nel 1998.
Chiediamo, quindi, con forza la previsione giusta di un modello unico di comunicazione in tutta Italia - perché adesso regna una certa confusione - e che la trasmissione in via telematica di questo modello sia prevista solo in via aggiuntiva e non esclusiva.
Un'ultima annotazione de iure condendo. Chiediamo da tempo che venga rimossa una norma che, secondo noi, impone un adempimento inutile, oltre che gravoso, ai proprietari di immobili di interesse storico-artistico (consegniamo anche noi alla presidenza una breve nota scritta, dove possono essere rinvenuti i riferimenti normativi): mi riferisco all'articolo 59 del Codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che prevede, da qualche anno, l'obbligo di denuncia del trasferimento della detenzione dei beni vincolati, sia mobili che immobili. Riteniamo che questo adempimento, che può essere dimenticato e che prevede sanzioni notevolissime, debba e possa essere eliminato tanto più se si considera che, in tema di immobili di interesse storico-artistico, quindi vincolati, il soggetto responsabile della conservazione del bene è il proprietario, che ha tutto l'interesse che sia conservato nelle migliori condizioni. Questo non è un adempimento che consente allo Stato un controllo in più e noi approfittiamo dell'occasione di un provvedimento giusto in materia di semplificazioni per chiedere questa ulteriore semplificazione.

GABRIELE PEPERONI, Rappresentante della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Porto innanzitutto alla Commissione il saluto del nostro presidente che, per impegni precedenti, non può essere presente.
Anche noi consegniamo alla presidenza un breve documento di due pagine.
Desideriamo intervenire su due articoli del disegno di legge: l'articolo 4 e l'articolo 17.
In merito all'esame del disegno di legge per la semplificazione tra l'amministrazione e i cittadini e, quindi, anche fra questi ultimi e la professione medica, abbiamo assunto un concreto atteggiamento di condivisione e di positiva collaborazione non esitando, allo stesso scopo, ad evidenziare criticità, al fine di un loro


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superamento e di un migliore conseguimento dell'obiettivo.
Con riferimento al disegno di legge, mentre siamo completamente d'accordo con l'articolo 4 circa la conservazione delle cartelle cliniche - anzi, ne auspichiamo l'applicazione in tempi rapidi - desideravamo segnalare alcune criticità in relazione all'articolo 17.
Rileviamo come le prescrizioni sanitarie farmaceutiche e specialistiche dei medici del Servizio sanitario nazionale sotto forma di documento elettronico sono state già realizzate in Lombardia e, per la sola specialistica, in Emilia Romagna. Tale processo ha comportato un complesso impegno organizzativo e di confronto con i medici prescrittori, che ha riguardato la messa a punto del sistema sia per le apparecchiature informatiche che per la connettività - l'adeguamento degli impianti di rete, l'installazione dei necessari applicativi e l'adeguamento dei sistemi gestionali di studio - e si è protratto per alcuni anni. Pertanto, vi è ancora un complesso sistema organizzativo da porre in essere.
Inoltre, i costi sostenuti dai medici sono stati coperti dalla regione Lombardia con un incremento della quota capitaria di circa 5 euro, anche a fronte della predisposizione della collettività. C'è stata, quindi, una collaborazione ai costi.
Applicare le sopra descritte procedure su tutto il territorio nazionale implica, ad avviso della Federazione, una serie di investimenti e di interventi da parte delle singole regioni, per la necessità di informatizzare anche una posizione di continuità assistenziale. Si parla sempre dei medici di medicina generale ma, come molti di voi sapranno - forse vi hanno fatto ricorso - il servizio è garantito da una postazione di continuità assistenziale nelle ore notturne e durante i giorni festivi, che ha necessità di trovare un sistema di comunicazione informatica, necessità che sussiste, ovviamente, anche per le strutture ospedaliere e ambulatoriali, i cosiddetti distretti, senza sottacere che esistono vaste aree nel nostro Paese non ancora raggiunte dalla banda larga.
La FNOMCeO, pertanto, nel riconfermare il proprio sostegno allo spirito e alle iniziative che informano il disegno di legge in questione, tendente a una progressiva dematerializzazione, non può per altro che segnalare come eccessive accelerazioni, scadenze perentorie e norme sanzionatorie, lungi dal risolvere i problemi, possono determinare confusione e ricadute negative sulla primaria attività assistenziale e professionale.
Voglio ricordare, infatti, che il compito del medico dovrebbe essere quello dell'assistenza; poi esiste tutta una fase di burocratizzazione che noi comprendiamo e di cui ci assumiamo l'onere, ma non vorremmo che un articolo non chiaro possa ricadere sul sistema, burocratizzandolo invece di semplificarlo.
Le esperienze maturate in alcune realtà territoriali possono costituire un valido contributo al conseguimento dei risultati che si vogliono raggiungere, avendo presente non soltanto le soluzioni tecniche, informatiche e organizzative adottate, ma anche i tempi necessari e il coinvolgimento dei principali attori, che sono i medici del Servizio sanitario nazionale.
In questo la regione Lombardia è stata precorritrice, ha cercato di avviare comunque un discorso con i rappresentanti, anche sindacali, delle organizzazioni e oggi è arrivata quasi al 100 per cento dell'informatizzazione della regione.
Conclusivamente, quindi, la Federazione chiede di essere sentita in occasione della predisposizione del regolamento - la cosa che a noi preoccupa di più - di cui al comma 1 dell'articolo 17 del disegno di legge in oggetto.

ALFONSO MISASI, Rappresentante di Federfarma. Vi porto il saluto del nostro presidente, Annarosa Racca, e dei 16 mila farmacisti italiani che rappresentiamo, ovvero la quasi totalità delle farmacie aperte al pubblico.
A loro nome porto un parere sostanzialmente favorevole al disegno di legge, unitamente alla necessità di esprimere alcune preoccupazioni relative al delicato settore della tutela della salute pubblica,


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che abbiamo esposto in un documento che esporrà il collega Gianni Petrosillo, che ha seguito il progetto di applicazione dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.

GIANNI PETROSILLO, Rappresentante di Federfarma. Ringrazio anche io per l'opportunità data dalla Commissione affari costituzionali all'esposizione delle nostre considerazioni in merito al disegno di legge in esame.
Di particolare interesse per Federfarma, quindi per le farmacie italiane, è l'articolo 17, che prevede l'adozione di un regolamento inerente il passaggio graduale della prescrizione medica da cartacea ad elettronica.
Nella relazione del Governo al disegno di legge si riconosce che si tratta di un'operazione complessa ma attuabile nei tempi previsti, non riscontrandosi difficoltà tecnologiche.
Le infrastrutture, infatti, sono in larga parte già disponibili, anche sulla base di quanto disposto e attuato, sia a livello centrale che regionale, per la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell'economia e delle finanze, come previsto dall'articolo 50 del decreto legge n. 269 del 2003.
Le farmacie sono, infatti, già tutte informatizzate e dotate di un collegamento ad internet e sono disponibili a sostenere progetti di semplificazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino anche nei riguardi dell'assistenza farmaceutica. Federfarma, da sempre, ha collaborato alla realizzazione di progetti volti ad agevolare il monitoraggio e il governo della spesa, assicurando la partecipazione di tutte le farmacie alla raccolta dei dati delle ricette, prima attraverso la stipula della convenzione farmaceutica e, successivamente, con il concreto e fattivo apporto tecnico esplicitamente apprezzato da Sogei nell'adempimento degli obblighi menzionati, previsti dal citato articolo 50.
Questa attività di Federfarma è stata determinante per la buona riuscita dei progetti, in quanto ha garantito l'interfaccia tecnica e organizzativa tra il sistema pubblico di accoglienza dei dati e il territorio, sia con riferimento all'attività tecnica delle farmacie, sia per quanto attiene all'informazione ai cittadini in ordine all'utilizzo della tessera sanitaria.
Attualmente, la raccolta dei dati prevista dal citato articolo 50 è a regime, e ha registrato nel 2009 la trasmissione di tutti i dati contenuti nelle ricette spedite dalle farmacie in regime di Servizio sanitario nazionale, pari a 572 milioni di ricette.
Pertanto, come abbiamo dimostrato e confermiamo in questa occasione, qualsiasi progetto volto ad aumentare il servizio al cittadino e a favorire la trasparenza e il governo della spesa, anche attraverso l'elevazione della piattaforma tecnologica della farmacia, è da Federfarma condiviso e sostenuto.
Ci preme, tuttavia - in questo, nutriamo preoccupazioni molto simili a quelle dei medici - mettere in luce alcuni aspetti che, se trascurati, potrebbero modificare alcuni princìpi fondamentali che regolano i rapporti tra paziente, medico e farmacista, e tra quest'ultimo e il Servizio sanitario nazionale.
La versione elettronica della ricetta è già, in senso stretto, una realtà per tutte le farmacie del territorio italiano, poiché il set dei dati che viene trasmesso mensilmente al Ministero dell'economia e delle finanze già comprende tutte le informazioni contenute nella ricetta cartacea; ma nel disegno di legge c'è una novità importante, introdotta dall'articolo 17, che consiste nella diversa funzione attribuita a questo strumento che, oltre a garantire il monitoraggio e il controllo della spesa post-spedizione, diventerà - con l'attuazione di questo articolo - il documento elettronico che origina nel momento della prescrizione e che legittima, quindi, la consegna del farmaco e il rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale.
Riteniamo che, prima di illustrare nel dettaglio alcuni aspetti tecnici dei quali occorre, ad avviso di Federfarma, tener conto, appare opportuno condurre una riflessione più ampia in ordine agli scenari


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che il nuovo momento di dematerializzazione dei dati della ricetta potrebbe comportare.
Il nuovo modello rischia di impoverire il valore dell'intermediazione dei sanitari, sia del medico che del farmacista, rispetto alla prescrizione e alla dispensazione del farmaco, e di favorire l'insorgere di automatismi prescrittivi e distributivi che privilegerebbero gli elementi tecnologici e commerciali più che il rapporto diretto paziente-professionista sanitario.
Inoltre, non bisogna dimenticare che la contraffazione dei farmaci in Italia corre sul web e, quindi, più si facilita il trasferimento di prescrizioni in un ambiente web più si riduce il livello di tutela del cittadino e di sicurezza del sistema sanitario nazionale.
Nell'ambito dei diritti del cittadino deve essere rispettata la libera scelta della farmacia, anche relativamente alla spedizione della singola ricetta rispetto al totale delle ricette prescritte di cui il cittadino può fruire. Ciò è fondamentale anche per garantire l'attuale sistema di pari opportunità per tutte le farmacie distribuite uniformemente su tutto il territorio nazionale.
Le considerazioni esposte indicano chiaramente l'utilità di un percorso preventivo di confronto e di condivisione al quale la categoria si dichiara pienamente disponibile e che, purtroppo, fino a questo momento, non è stato avviato.
In quella sede andrebbero chiarite alcune delle principali criticità, che abbiamo riassunto in quattro punti. Il primo è la valutazione dell'impatto del nuovo sistema di ricetta elettronica rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento alle norme che regolano sia l'attività e la responsabilità professionale del farmacista, sia quelle contrattuali previste dalla convenzione farmaceutica.
Il secondo punto riguarda la messa a regime del sistema di tracciabilità del farmaco nell'ambito dell'intera filiera, al fine di prevenire e reprimere fenomeni di abuso anche a garanzia dei singoli operatori. Tale esigenza diventa essenziale al venire meno, nei rapporti con il Servizio sanitario nazionale, della garanzia che oggi è rappresentata dalla consegna del fustello prodotto dall'Istituto poligrafico della Zecca dello Stato.
Il terzo punto riguarda la tutela della privacy e delle prerogative del cittadino, in ordine sia alla libera scelta della farmacia che alla fruizione delle prestazioni.
Il quarto punto riguarda l'attenzione da dedicare all'impatto sull'operatività delle farmacie e sulla continuità e scorrevolezza del servizio, con riferimento alla disponibilità della banda larga sull'intero territorio nazionale, alla necessità di adeguamento dei sistemi hardware su ogni postazione di lavoro e su ogni unità operativa - la farmacia può avere uno o due dispensari e possono esserci le farmacie succursali - e all'eventuale aumento dell'impegno lavorativo dei farmacisti, perché se si rallenta il lavoro ci sarà forse bisogno di velocizzarlo attraverso un'integrazione di unità lavorative, contemplando quindi dei provvedimenti volti a realizzarne la compatibilità economica.
In conclusione, il provvedimento in esame troverebbe da parte delle farmacie una buona risposta e un buon livello di predisposizione sul piano tecnico; tuttavia, in un sistema importante, complesso e delicato come quello dell'erogazione del farmaco e del successivo rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale, il passo epocale dell'eliminazione del cartaceo richiede un'attenta e prudente pianificazione, che non può prescindere dalla preliminare valutazione degli aspetti di tutela della salute e, dunque, dal coinvolgimento del Ministero della salute e dal confronto con le figure professionali coinvolte.

NICOLA TESTA, Rappresentante dell'UNAPPA. Ringraziamo il presidente e la Commissione per questo invito perché, leggendo questo testo, ci sentiamo a nostro agio, e in breve cercherò di metterne in luce le motivazioni.
La nostra associazione rappresenta soggetti che si occupano tutti i giorni di semplificazione, assistendo migliaia di cittadini e imprese. Ci occupiamo di semplificazione


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in senso lato, ovviamente, oltre che nel dettaglio di alcuni passi di questo disegno di legge che, in linea di principio, possiamo già confermare essere corretto e condivisibile. Forse, su alcuni punti riteniamo che un piccolo intervento correttivo potrebbe aiutare a semplificare, e cercheremo di spiegarne la ragione.
La nostra associazione, come dicevo, rappresenta professionisti che tutti i giorni si scontrano con la burocrazia. A noi si rivolgono centinaia - se non migliaia - di imprese, cittadini, professionisti, varie tipologie di utenti. Proprio per questo, probabilmente, riteniamo che il nostro intervento su questo tema possa dare un piccolo contributo.
Entrando nel merito del testo possiamo infatti cominciare segnalando il passaggio legato alle scritture contabili - alla semplificazione - e al passaggio dalla trimestrale all'annuale: è non solo un passaggio corretto, ma un autentico passo avanti anche verso la possibilità di agevolare le imprese che utilizzeranno la dematerializzazione nei prossimi anni, semplificando le procedure grazie al nuovo metodo. Riscontriamo e segnaliamo, ad oggi, un leggero ritardo e disagio degli utenti, e forse piccoli incentivi e contributi o sgravi di qualunque genere, oltre a quelli ad oggi previsti limitatamente all'eliminazione del bollo, potrebbero aiutare.
A nostro avviso, un passaggio vero per passare a una dematerializzazione forte, in particolar modo per le imprese, potrebbe essere l'incentivo.
Il secondo punto, relativo all'unificazione dell'iscrizione degli artigiani, che oggi è soggetta a diverse commissioni, è molto importante. Nella nostra realtà - noi veniamo dalla Lombardia - questo passaggio è stato già uniformato parecchi anni fa, ha dato i suoi frutti, ha eliminato, «sburocratizzato» e snellito, e la sua uniformazione su tutto il territorio possiamo considerarla un passaggio veramente importante. Tali attività sono legate tipicamente ad una sola iscrizione nella loro vita, forse a una variazione e probabilmente a una cessazione nel tempo, per cui è necessario snellire il procedimento, aggravato anche dal numero eccessivo di passaggi che oggi insistono su di esso.
Siamo d'accordo sul principio che il testo in esame ha delineato: l'uso di nuove tecnologie e il passaggio alla dematerializzazione e a un concetto che diventi sempre più telematico.
Ho ascoltato gli interventi sulla comunicazione per la cessione dei fabbricati, la vecchia norma antiterrorismo che, comunque, a nostro avviso dovrebbe anch'essa passare su un circuito telematico perché un adeguamento dei tempi ovviamente è necessario anche in quell'ambito. In linea generale possiamo dire che l'impianto del disegno di legge va nella direzione giusta.
Un punto su cui invece si è concentrata la nostra attenzione è quello relativo al capo III, in cui sono stati definiti, all'articolo 29, i princìpi generali per gestire, speriamo presto, un nuovo rapporto con l'utente. Sono tutti corretti, come quelli espressi alla lettera a), relativa alla trasparenza e alla necessità di individuare nuove forme di linguaggio, perché forse oggi uno dei veri problemi della burocrazia non è tanto il fare la pratica ma il comprendere come farla, quindi avanzare in questo percorso è realmente determinante. Questi passaggi sono tutti importanti.
Abbiamo rilevato, come è normale che sia, una forte spinta all'innovazione, per cui tutto sembra passare dalla rete; c'è una forte spinta in questa direzione, si parla di firma digitale, di marcature temporali, di concetti nuovi che probabilmente oggi non sono nel DNA di tutti. Il punto forse più importante di questo testo è quello che viene indicato nella lettera e), dove si parla di pluralità di canali.
Oggi la Camera di commercio di Milano indica, per quanto riguarda gli operatori del nostro settore, circa un terzo della movimentazione del registro imprese: le nostre organizzazioni gestiscono un terzo delle pratiche presso quegli enti. Su base nazionale possiamo dire che la nostra sola organizzazione, è rappresentativa dei suoi associati ma, più in generale, il settore nel suo insieme esprime numeri più elevati. Dall'entrata in vigore della legge 24 novembre


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2000, n. 340 a oggi ha presentato circa 2 milioni di formalità e l'istituzione del registro imprese telematico rappresenta una grande esperienza innovativa. Questo vuol dire che la presenza di facilitatori che, sul territorio, vadano incontro al cittadino e all'utente che non tutti i giorni si attrezza per fare questo tipo di operazioni probabilmente è una delle vere innovazioni. Ci teniamo a precisarlo, anche se all'apparenza potremmo sembrare interessati a questi passaggi: sicuramente come categoria non possiamo nascondere che esiste nella semplificazione anche un passaggio che avrà ricadute importanti sull'economia, anche quella delle nostre imprese.
Noi seguiamo anche il cittadino o l'impresa che non vogliono dotarsi di strumentazione digitale, o non sono in grado di farlo, o non vogliono investire; questo testo è corretto ma, in parte, dimentica piccoli passaggi, ovvero che passare alla tecnologia e alla dematerializzazione vuol dire semplificare ma nel contempo vuol dire anche far sostenere dei costi a chi poi questa strumentazione la deve utilizzare.
Pertanto, riteniamo che il moltiplicare di punti di accesso e poter raggiungere quasi in prossimità gli utilizzatori e gli utenti di questi strumenti e di questi passaggi, anche di tipo normativo, possa sicuramente raggiungere un obiettivo molto più velocemente e consentire un effettivo risparmio sia al cittadino che, ancora di più, alla Pubblica amministrazione in generale, che ha a che fare con dei professionisti.
Oggi, parlando di dichiarazione dei redditi, ci viene spontaneo pensare a un esperto fiscale, a un commercialista o quant'altro. Probabilmente, per l'utente è funzionale avere dei punti di accesso vicino al territorio, che conoscano la specificità di quel territorio e di quel tipo di pratica, che non sempre è uniforme; ad esempio, le commissioni artigiani hanno svariate richieste e svariate istruttorie.
In questo caso non mi sembra che si parli di uniformare le caratteristiche dell'istruttoria, ma si declina soltanto sull'unificazione di una procedura.
Probabilmente, avere anche operatori che lavorino in un'ottica di trasparenza, lealtà, correttezza, etica e quant'altro, come indicato, potrebbe essere sicuramente anche un nuovo input per semplificare realmente.
Il nostro invito è il seguente: a nostro avviso, questo provvedimento importante, ma non unico, è da considerare come punto di partenza anche per altri provvedimenti sui quali si sta discutendo e che sono in parte anche collegati a questo. Ci sentiamo di consigliare - come abbiamo indicato nella relazione consegnata alla presidenza - che probabilmente vanno definiti con maggiore chiarezza questi punti e il contesto delle deleghe.
Nella semplificazione amministrativa si dimentica un fatto importante. Spesso, la totalità delle pratiche della semplificazione della burocrazia in generale passa tramite dei decreti delegati e noi stiamo notando che spesso ci si dimentica di chiarire il passaggio a tali deleghe. In realtà, è un problema che sta emergendo, anche in maniera devastante, nel passaggio dalla carta alla dematerializzazione. A nostro avviso, lavorare su un concetto di delega estesa, che deve ovviamente affrontare in questo caso questi tre punti indicati, potrebbe essere sicuramente un passo in avanti.
Comunico la nostra disponibilità a collaborare anche nel futuro.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANDREA ORSINI. Vorrei sottolineare che lo spirito di collaborazione e di consultazione invocato da alcune delle associazioni presenti è esattamente lo spirito nel quale non solo il relatore ma anche il Governo intendono muoversi, e l'incontro di oggi ne è una dimostrazione, che non sarà certo l'unica, dal momento che seguirà una fase attuativa che sarà ampia e articolata, e nella quale il rapporto con le associazioni sarà naturalmente fondamentale.
Vorrei aggiungere una nota di puro colore. Desidero informare i rappresentanti


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di Confedilizia che chiedono una revisione della norma del Codice dei beni culturali e ambientali riguardante la denuncia del conferimento dei beni immobili, che anche di quel provvedimento, cinque anni fa sono stato relatore in una diversa Commissione e, in tale veste predisposi il parere attraverso il quale la Commissione, che in quel caso aveva solo una funzione consultiva, sosteneva esattamente quel che voi ribadite oggi. Il Governo all'epoca non ritenne opportuno accogliere quel parere; oggi non so se questo provvedimento rappresenti il veicolo giusto per addivenire a quella che io comunque, a titolo personale, considero un'esigenza giusta. Valuteremo col Governo se è possibile inserirla, o in questo o in altro provvedimento.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti per la collaborazione e dichiaro chiusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito indagine conoscitiva svolta nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3209-bis Governo recante «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione», l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori (CNCU).
È presente Vittorino Ferla, del Consiglio nazionale dei consumatori, responsabile delle relazioni istituzionali di Cittadinanzattiva, al quale do la parola.

VITTORINO FERLA, Rappresentante del CNCU. Innanzitutto ringrazio per questa opportunità ed esprimo immediatamente un apprezzamento per il disegno di legge in esame.
Il motivo è che sono numerose le segnalazioni che i cittadini rivolgono al PIT servizi, ovvero al Progetto integrato di tutela che Cittadinanzattiva ha realizzato da alcuni anni e che raccoglie le osservazioni, i commenti, le segnalazioni dei cittadini rispetto al rapporto con la pubblica amministrazione e con i servizi di pubblica utilità.
In molti casi, il tema della semplificazione e della trasparenza ritorna in queste segnalazioni e non possiamo che raccogliere con grande interesse questa iniziativa.
Allo stesso tempo, dobbiamo esprimere alcune perplessità relativamente al modesto coinvolgimento dei cittadini, almeno in questa prima fase. Scorrendo il disegno di legge in esame abbiamo notato che molti punti potrebbero essere integrati, e avrebbero potuto essere già stati integrati in precedenza con un'ampia consultazione delle organizzazioni di tutela. Proprio per questo motivo, l'opportunità di partecipare a quest'audizione è particolarmente gradita e mi auguro che possa essere una buona occasione per raccogliere alcuni di suggerimenti.
Parto da un contributo che Cittadinanzattiva ha realizzato proprio di recente e che è possibile reperire sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, in particolare sul sito del Dipartimento della funzione pubblica. Si tratta, sostanzialmente, di un primo report sulla trasparenza delle amministrazioni e dei servizi pubblici, che è stato realizzato a partire dalle segnalazioni dei cittadini a cui mi riferivo all'inizio del mio intervento.
Cittadinanzattiva ha sottoscritto con il Dipartimento della funzione pubblica, già a partire dal 2006 - ma è stato rinnovato di recente nel 2009 -, un protocollo di intesa sulla sussidiarietà, la trasparenza e la valutazione. All'interno di questo rapporto si colloca la specifica iniziativa della realizzazione di questo report, che consegno alla presidenza, confidando nell'attenzione della Commissione, augurandomi


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che possa essere di utilità per la formulazione di eventuali ulteriori considerazioni sul disegno di legge.
Questo documento si compone di alcune informazioni di carattere generale. Vi è una parte analitica, che già contiene una serie di sollecitazioni ad integrazione dei temi trattati nel progetto di legge. Basti pensare ad alcuni temi caldi come, ad esempio, la questione del fisco, delle multe e degli appalti pubblici. Sono molti i campi nei quali i cittadini lamentano un difetto di trasparenza e nei quali, quindi, sarebbe opportuno intervenire.
Vorrei formulare alcune osservazioni più dettagliate sul merito del testo, con particolare riferimento alla prima parte, relativa alla semplificazione. Con riferimento all'articolo 3, nella parte relativa alle strutture ricettive noi apprezziamo lo sforzo di semplificazione ma, allo stesso tempo, segnaliamo la necessità di fare attenzione alla tutela della privacy e dei dati personali.
Rispetto al tema dell'articolo 4, ovvero alle cartelle cliniche, ancora una volta c'è da parte nostra un apprezzamento. Allo stesso tempo, però, c'è una richiesta di mantenere le tutele tipiche dell'uso del cartaceo; in particolare penso ancora una volta alla protezione dei dati personali e al tema della tracciabilità dell'atto, quindi alla responsabilità di chi lo realizza, di chi scrive la cartella clinica. Questo è particolarmente significativo perché la nostra attività è sviluppata anche in ambito sanitario, dove il tema dell'errore dei medici e della tutela legale è particolarmente rilevante. La nostra preoccupazione, e la preoccupazione che immaginiamo esserci da parte dei cittadini che si rivolgono ai nostri servizi, è esattamente quella di avere una piena trasparenza di tale documento, proprio ai fini di una completa e certa tutela legale.
Un altro riferimento riguarda il rilascio della cartella clinica dietro pagamento. Ovviamente è molto importante che questo avvenga soltanto con riguardo ai costi della riproduzione senza ulteriori aggravi relativi al rilascio, e che quindi vi sia una trasparenza dei costi della cartella clinica.
Allo stesso tempo, in questa occasione non posso che auspicare una particolare attenzione riguardo all'abbreviazione dei tempi che, attualmente, sono ancora troppo lunghi.
Con riguardo all'articolo 5, lo consideriamo un passo in avanti positivo, sebbene ci preoccupi il fatto che un eccesso di semplificazione possa paradossalmente creare dei problemi al tema della sicurezza. Questa è una attenzione da continuare a tener presente, fermo restando che il processo di semplificazione è certamente positivo.
Vorrei fare un'ultima osservazione di carattere puntuale in merito all'articolo 17, relativo alla ricetta medica elettronica. Noi condividiamo questa innovazione ma, allo stesso tempo, suggeriamo che le risorse risparmiate attraverso la realizzazione della ricetta on-line siano successivamente investite nell'assistenza farmaceutica, nello specifico ad una destinazione alle patologie croniche e rare.
Oggi il tetto di spesa è già abbondantemente sforato a livello regionale; normalmente si spende molto di più rispetto a quanto era stato immaginato perché il fabbisogno è molto più alto rispetto a quello previsto. Pertanto, noi ci auguriamo che le risorse che le istituzioni pubbliche riusciranno a risparmiare con queste innovazioni in termini di semplificazione possano essere riutilizzate a scopi di utilità sociale, in questo caso con riguardo all'assistenza farmaceutica per le patologie croniche.
Passo ora alla seconda parte, relativa alla Carta dei doveri, che certamente, a mio avviso, rappresenta sia un punto di grande interesse per le organizzazioni dei cittadini e degli utenti che un'occasione di confronto molto utile.
La prima osservazione riguarda, però, un'assenza, ovvero il mancato riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale contenuto nell'ultimo comma dell'articolo 118 della Costituzione, e che noi riteniamo particolarmente rilevante nel momento in cui si ripensa tutta l'area dei doveri delle amministrazioni pubbliche.


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In particolare, crediamo che di questo principio debba essere fatta menzione all'articolo 29, laddove si parla di princìpi e criteri direttivi, perché siamo convinti che la norma costituzionale introduca una profonda trasformazione dei rapporti tra cittadini e amministrazioni pubbliche nella direzione di una aumentata e auspicata cooperazione per la realizzazione di servizi e di beni di utilità pubblica in generale.
In particolare, la norma costituzionale prevede un'espressione molto precisa in base alla quale Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l'autonoma iniziativa. Noi crediamo che questo sia il fondamento per la previsione di doveri da parte delle amministrazioni pubbliche. Sarebbe singolare, quindi, se in una Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche fosse assente un preciso riferimento alla norma costituzionale.
Piuttosto, la Carta dei doveri dovrebbe compiere un maggiore sforzo di approfondimento delle modalità attraverso le quali le autonome iniziative dei cittadini possono essere favorite dalle istituzioni pubbliche.
Una seconda osservazione riguarda il tema delle sanzioni, di cui comprendiamo ovviamente l'importanza. Devo dire, allo stesso tempo, che le organizzazioni dei cittadini che quotidianamente hanno a che fare con la segnalazione dei disagi da parte della popolazione non amano particolarmente concentrarsi sugli aspetti sanzionatori rispetto alle attività dei dipendenti pubblici. Il punto di vista dei cittadini riguarda sostanzialmente il fatto che le procedure siano trasparenti e che producano dei risultati. L'obiettivo principale, quindi, non è tanto quello di ottenere soddisfazione attraverso la «punizione» dei dipendenti o dei funzionari pubblici che non hanno lavorato bene, ma semmai attraverso un risarcimento.
A questo punto mi chiedo - e chiedo alla Commissione - se non sia il caso di immaginare, all'interno della Carta dei doveri, delle possibilità di rimborso per quei cittadini i cui diritti siano stati violati per una inefficienza o inefficacia dell'amministrazione pubblica.
Una terza osservazione, più di carattere sistemico, riguarda l'eventuale ruolo della CIVIT, ossia della Commissione per la valutazione dell'integrità e della trasparenza. Ci chiediamo se in una logica di coerenza dell'intero sistema che si sta costruendo, alla luce delle riforme in corso, anche rispetto all'attuazione di una Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche non debba prevedersi una forma di coinvolgimento di quella Commissione, istituita proprio per valutare la trasparenza della pubblica amministrazione e per valutarne le performance.
Alla fine di questo ragionamento sulla Carta dei doveri, individuo alcune proposte che è possibile ritrovare nel report sulla trasparenza che ho consegnato alla presidenza.
Fra queste proposte segnalo, in particolare, la questione della trasparenza totale dei reclami innanzitutto. Sia nell'ambito delle amministrazioni pubbliche centrali che dei servizi pubblici locali emerge, dal nostro rapporto, un evidente deficit di informazioni sul buon andamento del servizio, e spesso accade che gli enti competenti non abbiano l'abitudine di rendere pubbliche le informazioni e le osservazioni dei cittadini. Questo sarebbe invece molto rilevante, perché aiuterebbe a risolvere una serie di problemi di efficienza e di performance, e credo che un riscontro importante possa essere la Carta dei doveri.
Credo che uno dei doveri delle amministrazioni pubbliche sia esattamente quello di favorire l'informazione ai cittadini, anche attraverso la trasparenza dei reclami, che sono un elemento cruciale anche in vista della formulazione di azioni di miglioramento dell'azione amministrativa.
Una seconda proposta riguarda la possibilità di rendere sistematica la valutazione civica. Come certamente è noto ai componenti della Commissione, è ormai molto diffusa, soprattutto nei paesi anglosassoni, la pratica del civic auditing. In


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Italia, senza falsa modestia credo di poter affermare che Cittadinanzattiva ha acquisito negli ultimi anni una competenza specifica in questo ambito, ma sono tante altre le organizzazioni dei cittadini che svolgono attività di monitoraggio e di valutazione delle amministrazioni pubbliche. Credo che, specularmente, un'attenzione dei funzionari e dei dipendenti pubblici a questi processi sia cruciale e possa essere un elemento di integrazione per una Carta dei doveri.
Per la nostra esperienza, laddove sono state esercitate forme e modalità di valutazione civica c'è stata anche la l'opportunità di realizzare delle azioni di miglioramento dell'azione amministrativa, e credo che questo sia un aspetto abbastanza rilevante.
Una terza proposta riguarda l'attuazione della normativa relativa al controllo dei servizi pubblici locali. Il riferimento è contenuto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244 - la legge Finanziaria per il 2008 - che, all'articolo 2, comma 461, prevede il coinvolgimento delle associazioni dei consumatori e dei cittadini nella determinazione e nel controllo degli standard di funzionamento dei servizi. Questo mi sembra abbastanza rilevante, perché si tratta di una riforma di sistema che, per quanto ci è dato di sapere, a livello di servizi pubblici locali è rimasta sostanzialmente inattuata.
La finalità generale della norma è quella di tutelare i diritti dei consumatori, ma anche quella di realizzare l'empowerment dei cittadini utenti. È una grandissima opportunità che non soltanto metterebbe i cittadini nelle condizioni di partecipare, ad esempio, alla definizione dei contratti di servizi, o delle Carte della qualità dei servizi e alle forme di valutazione civica che si possono realizzare nel territorio sui servizi di interesse generale erogati a livello locale, ma metterebbe soprattutto l'amministrazione pubblica nelle condizioni di riequilibrare il proprio intervento. Ancora una volta, pertanto, io credo che possa essere molto utile la previsione di un aggancio esplicito al meccanismo che viene costruito attraverso la Carta dei doveri.
Un'ultima proposta riguarda il richiamo, che credo possa essere davvero utile in una Carta dei doveri dell'amministrazione pubblica, a due testi ormai abbastanza diffusi nell'ambito della definizione dei rapporti fra cittadini e amministrazione pubblica: la Carta dei diritti del consumatore e la Carta europea della cittadinanza attiva.
La Carta dei diritti del cittadino consumatore la troverete in allegato al testo che abbiamo consegnato, e fa riferimento in particolare ad alcuni diritti che hanno rilevanza specifica in questo caso come, ad esempio, il diritto alla trasparenza, alla qualità, all'informazione.
Mi pare ancora più rilevante il riferimento alla European charter of active citizenship, che rappresenta il frutto di un'iniziativa di organizzazioni civiche dei consumatori a livello europeo, sia all'interno degli Stati membri che degli Stati candidati, che risale ad alcuni anni fa e che ha in sostanza messo in ordine una serie di diritti di partecipazione al processo amministrativo di particolare rilevanza.
In altri termini, la Carta sostanzialmente sviluppa in tutte le sue potenzialità la partecipazione dei cittadini al policy making e, quindi, la partecipazione dei cittadini all'azione amministrativa. Si fa riferimento al diritto di intervento, di consultazione, di accesso e via elencando.
Cito questo riferimento per il fatto che esiste una precisa specularità tra i diritti dei cittadini e i doveri delle amministrazioni pubbliche cui si fa riferimento nella Carta. Credo che sia utile comprendere un riferimento a questo documento e individuare alcuni oggetti specifici che possano essere riformulati in chiave di doveri delle amministrazioni pubbliche.
Cittadinanzattiva resta a disposizione della Commissione per qualsiasi ulteriore chiarimento o integrazione.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Ferla e dichiaro conclusa l'audizione.


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Audizione di docenti universitari ed esperti della materia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva svolta nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3209-bis Governo recante «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione», l'audizione di docenti universitari ed esperti della materia.
Comunico che il dottor Gaudenzio Garavini non ha potuto essere presente, ma ha trasmesso una nota scritta; la professoressa Tania Groppi e il professor Stefano Pigliapoco hanno comunicato di non poter partecipare all'audizione per impegni assunti in precedenza.
È presente il professor Alessandro Natalini a cui do la parola.

ALESSANDRO NATALINI, Ricercatore universitario. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'opportunità di esporre le mie osservazioni su questo provvedimento, che ritengo importante e sul quale ho predisposto una memoria scritta che ho trasmesso alla presidenza, sicuramente più dettagliata della mia esposizione.
Premetto che di questo complesso provvedimento vorrei parlare con riferimento solo a una parte specifica, ossia quella che riguarda la Carta dei doveri.
Il provvedimento inoltre contiene una delega abbastanza ampia, per cui su alcuni aspetti io dovrò fare alcuni azzardi per cercare di ipotizzare alcuni possibili esiti di questa delega e della sua attuazione.
Credo che questo provvedimento parta da alcuni elementi obiettivi e dati di fatto che a mio avviso sono innegabili. Il primo è che, negli ultimi anni, attraverso vari provvedimenti di forma amministrativa abbiamo introdotto una quantità di norme che enunciano o declamano una serie di diritti in capo ai cittadini e alle imprese, i quali poi trovano una scarsa attuazione, una scarsa effettività all'interno della vita delle relazioni tra le amministrazioni pubbliche e i cittadini.
Queste norme sono, oltretutto, sparse all'interno di una grande quantità di provvedimenti; spesso, la tendenza alla micro-normazione, alla grande quantità di provvedimenti che hanno riguardato l'assetto complessivo delle pubbliche amministrazioni, conduce a ritrovare parti di diritti sparsi in diversi testi normativi.
Si tratta di due problemi oggettivi, rispetto ai quali interviene questa Carta dei doveri che, a mio avviso, si pone essenzialmente tre finalità. La prima è quella di cercare di rimettere assieme questi frammenti, i diversi aspetti di questi diritti, e di cercare di trovare all'interno di essi un quadro di priorità e provare ad indicare su quali di queste bisogna concentrare l'attenzione per far sì che tali diritti diventino effettivi e non siano semplicemente declamati all'interno delle norme come, ad esempio, il Codice dell'amministrazione digitale.
In questa ricostruzione, per ridare un senso comune e per provare a rimettere assieme questa effettività c'è lo sforzo di cercare di introdurre una serie di strumenti che possano servire alla sua garanzia, ad esempio cercando di rafforzare il processo di implementazione.
Il terzo elemento - evidente già dal nome, che non è tanto Carta dei diritti quanto Carta dei doveri - è il cercare di mostrare l'altra faccia, ovvero la necessità di modificare i comportamenti delle amministrazioni pubbliche al fine di garantire questi diritti.
Questo è evidentemente parte di una strategia più complessiva dell'azione di governo, tendente più a sottolineare la necessità di costringere l'amministrazione a seguire alcuni percorsi con una certa sfiducia nel fatto che possa attivarsi in modo autonomo, ragione per cui si rende necessario un impulso di questo tipo, più a carattere di costrizione. Il nome, molto simbolico, di Carta dei doveri, serve ad enfatizzare questo aspetto.


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Possiamo fare un confronto, ad esempio, con la Carta dei diritti a livello europeo, mentre qui invece si sottolinea l'altro aspetto.
Se questi sono gli scopi, largamente condivisibili, proviamo a vedere quali sono le loro realizzazioni.
Il primo passo, ovviamente, è quello di cercare di capire qual è l'elenco dei doveri e quindi dei diritti che devono essere tutelati, e quali sono considerati prioritari all'interno di questo provvedimento. Su questo aspetto la Carta non contiene un elenco ma dei criteri, interpretando i quali è possibile provare ad individuare quali sono e quali potrebbero essere tali diritti.
Credo che alcuni aspetti siano positivi. Il primo è sicuramente quello della introduzione di un sistema dei piani di riduzione dei termini procedimentali. Su questo stesso tema dei termini procedimentali è intervenuta recentemente la legge 18 giugno 2009, n. 69, la quale ha introdotto un criterio di tagli a carattere trasversale, i termini, ex legge n. 241, del 1990, dei procedimenti amministrativi. Su questo è intervenuta la citata legge n. 69, la quale ha introdotto un sistema di tagli trasversali imponendo, in sostanza, che non potessero essere introdotti se non per legge e per alcune materie, che non potesse essere superata la soglia dei 180 giorni, trasversalmente per tutti, e stabilendo un sistema di competenze nell'individuazione di questi termini procedimentali, lasciando in capo ai singoli ministeri quelli inferiori ai 90 giorni e passando al Consiglio dei ministri quelli superiori ai 90 giorni.
Quello della legge n. 69 del 2009 è un criterio che può servire per dare una abbondante potatura trasversale su tutti questi termini, ma è ovvio che si tratti di un sistema che tende ad essere poco articolato e poco dinamico nel tempo. L'idea, invece, di introdurre un sistema volto a costruire gli obiettivi di riduzione di questi termini in ciascuna amministrazione può consentire di fare degli interventi più mirati: ad esempio, un procedimento che, attualmente, impiega 60 giorni, potrebbe impiegarne 30 ed essere, magari, più importante di un altro che supera i 120 giorni, ed è possibile che su altri provvedimenti debbano essere addirittura allungati i termini rispetto ad altri. A mio avviso, questo consentirebbe un sistema più flessibile di gestione del problema della riduzione dei termini procedimentali di quanto non facciano le sole disposizioni contenute nella legge n. 69 del 2009.
Il secondo elemento positivo è, a mio avviso, l'intervento in materia di autocertificazione, laddove si prevede che le amministrazioni pubbliche possano controllare la veridicità delle affermazioni delle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini accedendo alle banche dati in modo gratuito.
Questo aspetto presenta da tempo alcune problematiche, perché l'accesso alle banche dati da parte delle amministrazioni comporta il problema della distribuzione dei costi, e il problema della compensazione di questi costi può essere un limite all'utilizzo effettivo dell'autocertificazione e dei sistemi di controllo. Intervenendo su tali spese, si tenta di facilitare la circolazione dei dati tra tutte le amministrazioni pubbliche.
Il terzo elemento positivo è il tentativo di frenare il fenomeno delle cosiddette «cartelle pazze» all'interno delle amministrazioni pubbliche, cercando di porre un freno a questo aspetto specifico prevedendo delle responsabilità più circoscritte.
A mio avviso, però, se da una parte ci sono dei segnali positivi, dall'altra si riscontrano delle gravi carenze. Dal mio punto di vista, ad esempio, il sistema della trasparenza, enunciato recentemente nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - il cosiddetto decreto «Brunetta» - ma affermato a livello comunitario da moltissime disposizioni - non ultima la Carta dei diritti - ci ricorda che dovremmo cercare di fare in modo che ci sia un effettivo allargamento della possibilità di accedere ai documenti amministrativi, possibilità che nel nostro ordinamento è invece storicamente abbastanza limitata.
All'interno di questo provvedimento questa occasione non viene colta. A mio avviso si ottiene anzi il curioso risultato che i limiti per l'accesso presenti nel


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nostro ordinamento siano utilizzati per limitare l'eventuale efficacia delle norme sulla trasparenza. In altre parole, non si prevede in realtà un allargamento della possibilità dell'accesso ma, anzi, una restrizione della trasparenza entro i limiti già previsti per l'accesso.
La seconda grave mancanza è, a mio avviso, quella di un riferimento alla partecipazione agli atti amministrativi, perché la trasparenza non può che essere strumentale ad una maggiore attivazione del ruolo del cittadino all'interno delle decisioni pubbliche.
Se dobbiamo costruire un quadro di priorità, rispetto agli atti di programmazione e le decisioni sulle regole comunitarie già introdotte in Gran Bretagna e Francia, dobbiamo dare l'avvio alla possibilità di partecipazione da parte dei cittadini, per cercare di renderli più consapevoli e di rendere più consapevoli anche le scelte da parte delle amministrazioni pubbliche su questioni come, ad esempio, la locazione delle opere pubbliche o i processi di regolazione.
A tal proposito, sono stati fatti dei primi tentativi, specialmente a livello regionale; la regione Toscana ha fatto recentemente una legge molto interessante in proposito. Abbiamo dei primi segnali all'interno della disciplina normativa per quanto riguarda gli aspetti della regolazione, con l'introduzione dell'analisi dell'impatto della regolazione. Tuttavia, anche qui sul piano dell'attuazione si riscontrano molte criticità, per cui sarebbe necessario che, come dicevo, i capitoli relativi all'allargamento del diritto all'accesso e alla partecipazione trovassero spazio all'interno di questo documento. Se dobbiamo definire un quadro degli aspetti prioritari, ritengo che l'assenza di questi due istituti sia abbastanza pronunciata e, di conseguenza, nel complesso, l'elenco dei doveri che potrebbe nascere dal disegno di legge potrebbe essere debole, carente.
Da questo elenco di doveri si tratta poi di trovare i giusti strumenti per rendere effettiva la tutela di questi diritti e quindi di rendere più certo l'adempimento del dovere da parte dell'amministrazione pubblica, nel nome di questa disposizione.
A tal proposito, il disegno di legge propone due tipi di strumentazione. Il primo è quello degli incentivi e il secondo è quello delle sanzioni. Gli incentivi, tuttavia, sono previsti per un provvedimento che non contempla risorse aggiuntive, quindi sono incentivi all'interno del sistema dato e quindi, più che altro, si tratta di un'articolazione dell'attuale sistema degli incentivi già in essere, o eventualmente, di incentivi di carattere simbolico, potremmo dire reputazionale, piuttosto che di incentivi a carattere finanziario o economico.
La disciplina delle sanzioni, invece, è molto più articolata; prevede l'introduzione di sanzioni di tipo disciplinare, di responsabilità dirigenziale, le comunicazioni alla procura della Corte dei conti, l'introduzione di poteri sostitutivi. Abbiamo, quindi, un armamentario volto più a reprimere che a promuovere. Risultano dei doveri che, come capiamo dal provvedimento, sono più spinti che tirati dalla norma. Su questo, però, occorre capire se l'effettività di questi strumenti sia elevata o meno.
Il primo problema è quello di capire come si faccia a individuare l'obbligo per alcuni doveri da cui possono nascere sanzioni. Prendiamo, ad esempio, due dei probabili doveri che possono derivare da una lettura di questi criteri dettati dal provvedimento: uno è la chiarezza del linguaggio, l'altro cortesia e la disponibilità.
È difficile immaginare che dalla chiarezza di linguaggio possano nascere situazioni a carattere sanzionatorio per garantire l'effettività di questo diritto; forse è necessario utilizzare altri strumenti di coinvolgimento e di crescita.
Il secondo aspetto critico è che si tratta, nella gran parte, di strumenti che io ho definito «a carica dall'alto», vale a dire che si basano sul fatto che il vertice politico delle singole amministrazioni si preoccupa in qualche misura di attivarle perché, altrimenti, se queste sanzioni e


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questi aspetti non sono tirati fuori da qualcuno, non si verificano autonomamente.
Sulla base dell'esperienza di questi anni possiamo dire che molti di questi provvedimenti prevedono una serie di doveri che, in realtà, sono già in capo all'amministrazione da diversi anni, ma non sono mai attuati e nessun vertice politico ha mai pensato di attivarli per cui è chiaro che, anche se lo strumento viene istituito, bisogna poi capire quanto effettivamente verrà messo in atto.
Il terzo elemento è quello della scarsissima promozione delle garanzie dal basso, tirate fuori dai cittadini, perché in effetti neanche in questo provvedimento vengono adottate eventuali forme di indennizzo o di ristoro a favore del cittadino a fronte di inadempimenti. Il cittadino, quindi, non può agire autonomamente di fronte a un disservizio o ad una mancanza dell'amministrazione per il conseguimento effettivo degli scopi, quindi è chiaro che non abbiamo un'attivazione dal basso.
Del resto, l'unico strumento che sarebbe possibile attivare è quello della cosiddetta class action, prevista da una recente norma ma che, per altro, anche in questo caso, si potrebbe appoggiare solamente alla previsione di un vero obbligo normativo che - ripeto - in alcuni di questi doveri sembra difficile da rintracciare. In più, ovviamente, la class action non ha una finalità a carattere risarcitoria o di eventuale ristoro, come è noto, per il modo con cui quella norma è stata strutturata. Difatti, all'interno del provvedimento non viene richiamata espressamente a responsabilità disciplinare la comunicazione alla procura della Corte dei conti, perché probabilmente si è avvertita la scarsa utilità dello strumento rispetto a questo elemento.
La seconda considerazione è che, rispetto alla strumentazione di rafforzamento, si ritrova una probabile debolezza di realizzazione.
L'ultimo aspetto su cui mi soffermo riguarda il modo in cui si dovrebbe costruire questo provvedimento. Si tratta di una norma-delega, la cui attuazione è prevista in due diversi step. Il primo è quello della realizzazione dei decreti legislativi per la realizzazione della Carta dei doveri. Sarà molto delicato il modo con cui sarà realizzato il provvedimento, perché spesso ci troviamo di fronte a casi in cui spesso queste situazioni sono già normate. Sulla trasparenza, se si volesse fare c'è già molto; sull'accesso telematico agli atti, un'altra delle disposizioni qui previste, già c'è molto; sull'autocertificazione esistono già molte norme.
Il dubbio è il seguente: che cosa bisogna fare? Bisogna aggiungere una norma, che però rischia di aumentare il livello di complessità normativa? Aggiungiamo un'altra norma sull'accesso telematico alle tante esistenti all'accesso telematico, oppure priviamo quelle esistenti di un'eventuale «gamba», portandole all'interno di un provvedimento che possiamo denominare Carta dei servizi? Bisognerà vedere come verrà attuata la delega.
Il secondo elemento particolarmente importante all'interno del provvedimento in esame è la previsione di una sorta di codice delle amministrazioni pubbliche. È una disposizione - come praticamente tutte le norme principali, dalla norma «Brunetta» al Codice delle amministrazioni digitali, alla legge n. 241 del 1990 - che prevede una delega al Governo per costruire un nuovo codice complessivo al fine di rimettere assieme tutti questi pezzi.
Non vi nego che, a tal proposito, nutro alcune perplessità, che sono prevalentemente di tre tipi. Il primo è che, in questo modo, fintanto che non verrà adottata questa eventuale delega avremo una instabilità di molte norme dell'ordinamento che, purtroppo, negli ultimi anni hanno subito diverse modifiche. Avremmo, praticamente, tutte le leggi di base dell'amministrazione sotto riforma da qui ad un periodo, e questo ovviamente renderebbe più precaria la disciplina della necessità di attuarle. Anche per norme come la norma «Brunetta» appena approvate, si tratterebbe di rimetterci mano, cosa che potrebbe spingere alcune amministrazioni a non applicarle nell'attesa che si capisca qual è la portata della norma successiva.


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Il secondo elemento di perplessità è che questa delega è stata circondata da notevolissimi limiti: è stato previsto un elenco più o meno tassativo di norme che devono essere introdotte, ed è stato previsto che potesse essere solamente una disposizione di coordinamento dell'esistente e che eventuali casi di antinomie o discrasie potessero essere risolti solo sulla base della giurisprudenza consolidata.
È evidente che, in questo modo, è molto probabile che avremo una somma di parti, cioè avremo un provvedimento che è la somma di alcuni pezzi, magari messi all'interno di una sola scatola ma difficilmente questo servirà ad ottenere un amalgama dei diversi provvedimenti.
Certo è poi che, essendo un elenco tassativo delle disposizioni che devono essere incluse, è possibile che alcune norme che sono fuori ma che disciplinano questo aspetto rimangano estranee, quindi paradossalmente avremmo un Codice delle amministrazioni dal quale rimarrebbero fuori alcuni elementi.
Da un lato, quindi, avremmo il rischio che sia eccessivo pensare di rinormare di nuovo tutte le disposizioni e rimettere assieme le disposizioni dell'amministrazione pubblica; dall'altro rischieremmo che sia troppo poco, perché il problema è che ci siamo dati criteri molto stringenti e questo rischia di far sì che risulti un percorso parziale e scarsamente efficace.
In conclusione, ritengo che il provvedimento parta da un problema concreto, ovvero quello della frammentarietà e della scarsa effettività di molte delle disposizioni contenute nelle leggi uscite negli ultimi anni; ritengo altresì che il provvedimento segua un metodo giusto, che è quello della selettività degli interventi e del puntare su meccanismi focalizzati sulla implementazione delle norme e non solo sulla declamazione dei princìpi. Di fatto, il processo di applicazione della norma è a mio avviso molto debole ed il provvedimento stesso risulta un compromesso che reputo non sufficiente per rispondere alle esigenze da cui prende spunto.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

ROBERTO ZACCARIA. L'intervento del professor Natalini è vicino alle corde dei miei interessi. Ci sono tanti temi e ne sceglierò uno: lei, alla fine, quando parla dell'articolo 30 del disegno di legge e del sistema di codificazione, auspica maggiori poteri per ristrutturare. Lei dice che, sostanzialmente, il solo coordinamento può non bastare, perché ci sono problemi di armonizzazione.

ALESSANDRO NATALINI, Ricercatore universitario. Ho detto che la mia idea è che fare solo il coordinamento può essere troppo, perché rende precario tutto.

ROBERTO ZACCARIA. Non era questo il punto su cui volevo intervenire, perché il mio punto di vista è che, naturalmente, in deleghe così ampie si rischia che tutta la parte più significativa ricada in questa operazione finale, quindi dal punto di vista del Parlamento sussiste la preoccupazione di circoscrivere questo tipo di intervento.
Vorrei anche tranquillizzarla - ma non so se la tranquillizzo - sul fatto che quell'indicazione sulle norme che possono essere oggetto di revisione sistematica non è tassativa, perché si parla di materie nelle quali operano quelle leggi. Al proposito è di utilità la nota del Servizio Studi della Camera, che evidenzia come anche altre leggi, oltre a quelle indicate, possano essere oggetto di questa revisione complessiva. Si tratta di una questione che è nostro compito risolvere; lei ci ha giustamente segnalato il problema, e di questo la ringrazio.
Il dubbio che io ho riguarda un aspetto che lei ha già affrontato nella sua relazione, ma sul quale vorrei chiederle un ulteriore approfondimento. Quando si parla di doveri si ha una nozione un po' più generale; poi, nell'ambito dei doveri esistono gli obblighi a carico della pubblica amministrazione, che configurano simmetricamente non tanto i doveri


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quanto gli obblighi dei diritti in capo ai cittadini. Questo schema, questo circuito obblighi/diritti effettivamente è fondamentale.
Faccio un esempio che riguarda la materia degli obblighi di informazione, con riferimento alla materia dell'inquinamento: è fondamentale per un cittadino sapere se in una determinata area ci sono dei tassi di inquinamento superiori a determinate caratteristiche, perché è un'informazione che riguarda la sua salute. Non a caso, le amministrazioni comunali sono dotate di particolari sistemi di informazione che consentono al cittadino di sapere che in quella zona non può entrare perché altrimenti mette a rischio la sua salute. In alcuni casi, le norme dell'ordinamento prevedono addirittura anche delle azioni giudiziarie per sanzionare l'inadempienza di quell'obbligo, ed è comprensibile.
A me interessa capire meglio ciò che lei ha già segnalato: nell'articolo sui princìpi relativi agli obblighi di informazione si parla di obblighi di informazione telematica, ma non tutti i cittadini si informano in via telematica sul fatto che uno sciopero generale riguardi un certo settore. Bisogna mettere in sintonia, a mio avviso, altri strumenti per l'informazione a carico delle televisioni. Ci sono norme poco utilizzate che riguardano questo aspetto.
Di questo si occuperà la Commissione, considerata la facoltà emendativa che abbiamo noi deputati su questo testo. Lei, però, ha toccato un argomento che a me interessa molto: completare e rendere effettivo il circuito, non solo con gli incentivi - lei dice che non ci sono risorse, quindi gli incentivi naturalmente sono teorici -, le sanzioni o la comunicazione alla Corte dei conti, ma con la class action.
Questo strumento è contemplato nell'ordinamento, e in qualche caso, come legislatori, lo abbiamo introdotto e reso in modo più significativo; in questo frangente, credo che lei abbia detto che forse si potrebbe arrivare a completare il circuito con questo strumento, che potrebbe essere più efficace, per rendere effettivi gli obblighi e, quindi, i diritti dei cittadini. Le chiedo chiarimenti in merito a questa questione, che mi interessa molto.

ALESSANDRO NATALINI, Ricercatore universitario. Sicuramente l'attuale disciplina della class action ha dei limiti intrinseci che consentono fino a un certo punto di far esplicare un reale effetto deterrente a questa disposizione.
A mio avviso, anche l'introduzione di sistemi di indennizzo o ristoro a favore dei cittadini e, quindi, la possibilità di agire non solamente in forma collettiva ma anche individuale per alcuni inadempimenti delle amministrazioni - è tipico quello del ritardo nei procedimenti amministrativi - potrebbe essere un elemento di leva più robusto. Tuttavia, è sicuramente necessario prevedere delle forme di attuazione dal basso che vadano ad orientarsi su questi due strumenti: da un lato gli indennizzi o il ristoro, quindi a carattere individuale, e dall'altro quelli a carattere collettivo. Questi sono gli elementi principali.
Per il resto, condivido il problema dell'allargamento della strumentazione per costruire sistemi di informazione effettiva, che rappresentano sicuramente uno degli elementi di maggiore interesse e di possibile sviluppo del progetto.

PRESIDENTE. La ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,35.

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