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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
4.
Martedì 9 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 3572 REGUZZONI, RECANTE «DISPOSIZIONI PER IL TRASFERIMENTO A MILANO DELLE SEDI DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA E DELL'AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO»

Audizione di esperti della materia:

Bruno Donato, Presidente ... 3 6 8 10
Mantini Pierluigi (UdC) ... 7
Tassone Mario (UdC) ... 6
Vanalli Pierguido (LNP) ... 7
Violini Lorenza, Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Milano ... 3 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 9 novembre 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 11,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di esperti della materia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3572 Reguzzoni, recante «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato», l'audizione di esperti della materia.
Do la parola alla professoressa Lorenza Violini, docente ordinario di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Milano, che ringrazio a nome mio e a nome di tutta la Commissione.

LORENZA VIOLINI, Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Milano. Onorevole presidente e onorevoli deputati, grazie per avermi invitata come esperta di diritto costituzionale e di diritto pubblico comunitario a riferire nell'ambito della fase istruttoria dell'esame della proposta di legge per il trasferimento a Milano delle sedi di due importanti autorità amministrative indipendenti.
Esporrò le mie considerazioni sulla base dei riferimenti costituzionali con cenni di diritto comparato, per finire con qualche considerazione relativa al diritto processuale amministrativo.
Le considerazioni di carattere costituzionale possono essere di vario tipo. Per quanto riguarda i princìpi fondamentali, ritengo di dover sottoporre all'attenzione della Commissione, con un'interpretazione che tiene conto dell'evoluzione del nostro ordinamento e dei nostri costumi, prioritariamente il fatto che l'articolo 2 della Costituzione parli di un favor per le formazioni sociali. Abbiamo sempre considerato questo favor relativo a gruppi di persone, ma non dobbiamo dimenticare che formazioni sociali sono anche quelle insediate sui territori e che quindi il favor per le formazioni sociali può essere riferito anche alla dimensione territoriale del Paese.
Inoltre, faccio presente, sempre dal punto di vista dei princìpi fondamentali, che l'articolo 5 della nostra Costituzione che, come tutti sappiamo, ricorda che la nostra Repubblica è una e indivisibile, parla abbastanza chiaramente di decentramento. Nella storia della nostra Repubblica abbiamo sempre letto quello del decentramento come un tema relativo alle funzioni. C'è un favor per la devoluzione di funzioni agli enti più vicini ai cittadini. Tuttavia, questo comporta che si possa agevolmente, sul piano dei princìpi costituzionali, pensare anche a devoluzione di intere strutture per favorire l'omogeneità nella distribuzione degli organi dello Stato,


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i quali, come sappiamo, hanno anche importanti implicazioni di natura economica.
Un altro aspetto del diritto costituzionale che bisogna tener presente quando si riflette su questo tema è contenuto nell'articolo 117 in generale che, insieme all'articolo 118, ha modificato l'assetto della distribuzione dei poteri costituzionali. L'articolo 118, richiamando esplicitamente il principio di sussidiarietà, è un altro elemento che milita a favore di un favor per elementi di valorizzazione delle realtà territoriali.
Inoltre su un piano più strettamente di costituzionalità - entriamo in una dimensione di natura tecnica - non posso che rilevare come la scelta di modificare la struttura funzionale delle autorità in questione, oggetto della vostra discussione e della decisione che dovrete prendere, rientra pienamente nelle competenze legislative dello Stato, nelle competenze legislative esclusive che sono così elencate nell'articolo 117, secondo comma della Costituzione: alla lettera g) è previsto, infatti, che lo Stato possa con legge ordinare e organizzare tutta l'amministrazione dello Stato. Dal punto di vista del riparto delle competenze, quindi, la proposta di legge in esame è pienamente coerente con l'impianto costituzionale.
Anche sotto il profilo del contenuto sappiamo come la materia «tutela del risparmio e dei mercati finanziari», «tutela della concorrenza», «sistema valutario» sia ascritta anch'essa alla competenza esclusiva dello Stato ex articolo 117, secondo comma, lettera e). Ricordo che, anche dal punto di vista della riserva di legge, siamo pienamente nell'ambito della legalità costituzionale in quanto questa decisione, nell'eventualità, sarà presa nell'ambito della legge.
Ora, capisco che tali considerazioni iniziali siano tutte di natura formale. Credo, infatti, che la ratio dell'ipotesi di decentramento non sia tanto di tipo costituzionale puro quanto piuttosto di tipo sostanziale: ci troviamo di fronte a scelte che comportano, secondo i proponenti, un incremento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa che, distribuita sul territorio, potrebbe meglio adempiere alle sue funzioni. L'articolo 97 della Costituzione può in questo rappresentare un riferimento importante, così come, ancora sul piano dell'opportunità, ricordare che il nostro ordinamento costituzionale non è scevro da un certo favor nella differenziazione tra territori. L'articolo 116, anche se non attuato, aveva come idea quella di consentire che territori diversi potessero essere organizzati e strutturati in modo diverso. Quanto finora esposto vale per il piano del puro diritto costituzionale. Non credo che si possano invocare o ricordare altri articoli nell'ottica della problematica all'esame della Commissione. Tuttavia - è il secondo punto che voglio sottoporre alla vostra attenzione - è chiaro che, oltre agli elementi di diritto costituzionale puro, ve ne sono anche altri che riguardano la storia costituzionale del nostro Paese. Certamente, dall'interpretazione del testo della Costituzione emergono questioni che mostrano come la capitale debba restare dov'è, come giustamente è stato ricordato, non per motivi costituzionali né di opportunità, quanto proprio perché è la nostra storia che ce lo ricorda.
Faccio, tuttavia, presente che anche questi non sono temi di diritto costituzionale assoluto. Bisogna tener presente la storia dei diversi Paesi. Qualche cenno di diritto comparato ritengo possa essere utile. In altri Paesi sono state fatte scelte diverse riguardo alla capitale: in Germania era a Bonn ed è stata spostata a Berlino; l'Olanda si è orientata maggiormente verso scelte di tipo distributivo dei poteri centrali; gli Stati Uniti stessi, per esempio, hanno scelto, in generale, di non incardinare nelle città principali degli Stati la capitale, vale a dire il centro degli uffici amministrativi e di tutte le istituzioni centrali. Direi, quindi, che la questione va guardata dal punto di vista costituzionale puro, ma anche un po' da quello della realtà della nostra storia e della storia degli altri Paesi, che ci mostrano scelte differenziate, non tanto sulla questione della capitale in sé quanto sull'organizzazione


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di tutti gli uffici che fanno parte della dimensione organizzativa del nostro Paese.
Direi che, anche a uno sguardo rapido alla rassegna stampa - non so se può essere utile nell'ambito del vostro esame - si possono riscontrare affermazioni da un certo punto di vista abbastanza problematiche rispetto all'ipotesi di decentrare. Non le citerò tutte, tuttavia è chiaro che decentrare un ufficio amministrativo incide poco sul tema dell'unità nazionale, sulla dispersione di strutture portanti dello Stato nazionale, sull'ipotesi di demolire l'unità del Paese: non stiamo parlando di questo, ma di opportunità che in altri Paesi sono state colte in modo diverso.
Entro nel merito del diritto comparato per ricordare come un Paese come la Germania federale - credo sia stato già rilevato in altre audizioni - proprio dal punto di vista dell'organizzazione dello Stato in quanto tale, quindi degli organi costituzionali e di quelli della gestione amministrativa dello Stato stesso, ha fatto scelte di ampia differenziazione a parte quella di localizzare le stesse istituzioni costituzionali in posti diversi, come il Bundesrat a Königsberg, la Corte Costituzionale a Karlsruhe, la Banca centrale a Francoforte. A Monaco vi sono, inoltre, anche uffici amministrativi importanti di taglio federale. Vorrei, però, far presente che, per esempio, gli enti di ricerca - un tema molto importante per il nostro Paese - sono in quel Paese ampiamente decentrati. Il Max Planck Institut, ad esempio, il centro fondamentale per le ricerche giuridiche, ha sede in tutti i Länder, e in ciascun Land c'è una specializzazione: il diritto internazionale a Heidelberg, il diritto penale a Monaco, il diritto pubblico a Freiburg e così via. Lo faccio presente perché, nell'ambito di una ristrutturazione anche della pubblica amministrazione del nostro Paese, può essere utile ricordare che altri Paesi hanno fatto, proprio per la loro struttura amministrativa, delle scelte molto interessanti dal punto di vista dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa.
La Commissione ha già sentito in audizione il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il quale ha illustrato casi in cui questa stessa Autorità è stata decentrata in località diverse dalla capitale. Ritengo che si tratti un'esperienza comune a molti Paesi europei che ragionano proprio nell'ambito di una deconcentrazione di vari aspetti della vita del Paese rispetto ai territori. Del resto, noi stessi abbiamo fatto questa scelta con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con altre autorità amministrative indipendenti. Non ultimo argomento, milita a favore del decentramento di alcune autorità la vicinanza con gli organi e le strutture da regolamentare. Sappiamo, infatti, che c'è chiaramente nell'area milanese una concentrazione forte dal punto di vista delle istituzioni finanziarie.
Infine, ancora sul piano comparato, vorrei ricordare che la stessa Unione europea, a cui apparteniamo e ai cui princìpi ricorriamo per trarre ispirazione per il nostro ordinamento, ha una struttura sia costituzionale sia amministrativa profondamente decentrata: Parlamento, Corte e Commissione hanno sede tutti in luoghi diversi rispetto all'Unione anche per favorire una certa diffusione della cultura amministrativa e del senso di appartenenza a una realtà comune, che peraltro si sostanzia poi in una presenza di funzionari e di funzioni nei vari territori.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la stessa Unione europea ha operato scelte di decentramento collocando a Torino la Fondazione europea per la formazione professionale e a Parma l'Autorità per la sicurezza alimentare.
Questa breve esposizione del panorama comparato, a mio avviso, fa comprendere come la scelta in sé non debba essere demonizzata: va analizzata dal punto di vista dell'opportunità, dei costi, del personale.
So che ci sono state molte obiezioni circa la possibilità di trasferimento del personale da una sede all'altra, come anche che ci sono difficoltà a trasferire le famiglie. Certamente, in questo non abbiamo la stessa cultura delle nazioni più


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avanzate: negli Stati Uniti una famiglia media per trovare luoghi di lavoro si sposta coast to coast mediamente una volta ogni due anni. Non è un modello che apprezziamo perché abbiamo sempre a cuore la solidità della famiglia, ma non dobbiamo dimenticare che questa solidità spesso deve adeguarsi alle esigenze del mercato del lavoro.
Proprio in questo senso vorrei ricordare, prima di passare alle considerazioni di diritto processuale, che nella nostra tradizione amministrativa, senza ricorrere a casi di altri Paesi, la mobilità dei funzionari pubblici è sempre stata concepita come elemento che favoriva l'unità del Paese e non il contrario. Appartenendo al mondo universitario, vorrei anche ricordare che la mobilità dei professori universitari è sempre stata ritenuta una grande ricchezza culturale e scientifica. Oggi noi tutti rimpiangiamo i tempi in cui un professore, anziché fare carriera interamente nella stessa università, era costretto a girare per le varie accademie e il cursus honorum prevedeva molti trasferimenti. Prevedeva forse anche un po' di sacrifici, compensati però dalla circolazione di idee, di modelli, di persone che potevano essere veramente utili per l'unità nazionale. Ricordo che questo Governo, tra l'altro, ha favorito la mobilità dei ricercatori con recenti provvedimenti volti a finanziare proprio la mobilità della forza lavoro.
Dal punto di vista più tecnico e pratico, la proposta di legge di cui oggi si discute, che, come ho detto, ha un impianto assolutamente coerente con quello della nostra Carta costituzionale, potrebbe essere integrata anche dal tema della competenza del giudice amministrativo: se si sposterà la sede delle nostre autorità amministrative in sede diversa, bisognerà modificare anche le norme di diritto processuale amministrativo che parlano, come credo che tutti sappiate, di una competenza esclusiva del TAR del Lazio per le controversie che dovessero sorgere nei riguardi di tutti i provvedimenti presi da queste autorità. Bisognerà, quindi, anche incidere sulla struttura del codice del processo amministrativo, cioè sul decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che appunto riserva una competenza funzionale al TAR del Lazio, sede di Roma, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Nessuna influenza avrebbe, invece, la competenza territoriale da parte del giudice amministrativo perché, come è noto alla Commissione, quella per le controversie relative al personale è una competenza territoriale non derogata, e quindi gli eventuali funzionari spostati avrebbero sempre come tribunale di riferimento per le controversie quello locale.
Concludo dicendo che sussistono, dunque, argomenti costituzionali, argomenti di diritto comparato e anche considerazioni di opportunità che, a mio parere, non ostacolano la scelta che verrà fatta su questa materia. Sottopongo la mia visione alla vostra attenzione dicendo che potrebbero esserci anche degli elementi favorevoli a questa scelta per i motivi che ho enunciato e che spero in qualche modo possano esservi stati utili nell'esame di questo non facile problema.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Violini.
Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO TASSONE. Avverto un'esigenza di approfondimento da sottoporle, professoressa Violini. Qui non è in discussione un problema di unità o di mancanza di unità. Lei ha posto anche questo tipo di questione nell'insieme delle valutazioni, anche con un riferimento costituzionale. Noi abbiamo già fatto in sede di discussione generale le valutazioni politiche e al termine dell'indagine conoscitiva riprenderemo il dibattito, però ritengo che bisogna spostarsi in questa sede sul piano dell'opportunità: per un sistema globalizzato sul piano economico, io non trovo grande riscontro, sul piano dell'utilità, di un trasferimento di queste strutture in Lombardia, a Milano.
Inoltre, lei parlava di decentramento e di devoluzione e ha fatto riferimento all'Europa,


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ma quando parliamo di Europa noi parliamo di Stati, a meno che, come qualcuno pensa - ne ho parlato anche in Aula - non venga posto alla fine il problema di un insieme di Stati, sia esso una federazione o confederazione, tipologie su cui si può anche confrontarsi e approfondire. Tuttavia, alcune dinamiche europee non funzionano affatto e c'è un dispendio di risorse enorme, commissioni che si tengono in un luogo o in un altro con tutto quello che costa questa Europa in trasferimenti di funzionari, di carte e di altro. Peraltro, l'Europa trova una sintesi in un sistema biconsolare o consolare tra Francia e Germania rispetto a tutto il resto dei Paesi. In questo modo, maggiore è il frastagliamento più si perde il senso dell'unità.
Infine, vorrei sottoporre alla professoressa Violini un'ultima osservazione. Io vengo da una regione, la Calabria, che per motivi politici ha subìto qualche diversificazione tra la giunta regionale, che ha sede a Catanzaro, e il consiglio regionale che ha sede a Reggio Calabria. Ciò non fu determinato dall'esigenza di dare servizi ai cittadini, ma ovviamente ha avuto origine nel 1970, con la rivolta di Reggio e le altre vicende ben note. Mi sembra che anche la proposta Reguzzoni possa nascere da un altro tipo di esigenza che, tenendo presente l'economia e il dato forte cui lei faceva riferimento con grande competenza - di cui la ringrazio e per la quale ha il mio personale apprezzamento - non credo possa rispondere a esigenze oggettive. Vi sono altri tipi di valutazione e disegni non contenuti nella proposta di legge, ma che sostanzialmente si evidenziano perché aprirebbe un processo che ci porta ovviamente verso sbocchi che nessuno si augura, io meno che altri.

PIERGUIDO VANALLI. Anzitutto, vorrei ringraziare la professoressa Violini per la sua presenza e per la sua relazione. È chiaro che ha illustrato un suo punto di vista e, con riguardo al provvedimento, non si colgono elementi ostativi a un futuribile trasferimento dall'argomentazione portata sia con riferimento alla Costituzione sia anche ad aspetti pratici e con la comparazione con altri Stati. In questa scelta la questione è ed è sempre stata di opportunità politica. Il fatto che anche quando è stata istituita la Consob si sia definita la sede a Roma e si sia sentita poi la necessità anche di una sede a Milano qualcosa dovrebbe pur dirci: questa scelta è stata operata perché si sentiva, per l'appunto, la necessità che questa autorità vivesse e potesse lavorare vicino al cuore finanziario dell'Italia. Trasferire, quindi, la sede principale a Milano piuttosto che mantenerla a Roma non cambia, dal mio punto di vista, di molto la funzionalità della struttura medesima. Si tratterebbe di dare un imprimatur di primazia della città di Milano rispetto alla funzione finanziaria che ha in Italia.
Quanto alle modalità di gestione del lavoro, alle modalità di operare di questa struttura, presumo che possono rimanere quali sono attualmente. Come la professoressa ci ha ricordato, molti Stati hanno strutture simili dislocate in città diverse dalla capitale. Nessuno sta mettendo in discussione la questione di Roma in quanto capitale, ma osservo che già la Costituzione prevedeva che nella capitale Roma non avesse sede qualunque tipo di autorità e qualunque tipo di struttura pubblica. Se, quindi, per una maggior funzionalità si ha l'occasione ed esiste la possibilità di trasferire parte di queste attività fuori dalla capitale, non vedo perché non si debba coglierla e verificare se questa scelta possa rivelarsi un traino anche per altre iniziative analoghe.

PIERLUIGI MANTINI. Mi scuso e mi dolgo del fatto che impegni concomitanti mi hanno impedito di ascoltare la relazione della professoressa Violini. Intanto anch'io ringrazio la professoressa Violini e recupererò non solo per relata gli approfondimenti e la sua relazione. Tuttavia, il mio intervento in qualche modo è giustificato per il fatto che, essendo un parlamentare che non appartiene al gruppo della Lega, con cui ho anche un franco confronto politico, e avendo però sottoscritto


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questa proposta di legge, voglio riprecisare un punto di vista e porre una questione.
Parliamo di un tema emerso anche in un editoriale di uno dei più importanti giornali italiani, dal quale sono stato tirato in ballo per la mia adesione alla proposta di legge. A me sembra che i piani ormai, anche alla luce delle audizioni, siano due. Il primo è costituito da un discorso in qualche modo di princìpi non solo costituzionali ma anche politici. A tal riguardo confermo le ragioni di fondo che hanno portato alla mia adesione a questa proposta di legge con lo scopo di suscitare, come le proposte di legge fanno, un esame, un confronto, un approfondimento. La proposta di legge è, infatti, solo l'inizio di un esame, le audizioni sono un momento istruttorio molto importante e poi, naturalmente, c'è l'iter decisionale.
Dal punto di vista dei princìpi, continuo a ritenere che alcune sedi amministrative, sulla base del principio del decentramento e non del federalismo, teoria a cui non mi richiamo neppure in sede culturale - non l'ho mai fatto in nessuna sede - ci siano e possano esserci delle giustificazioni che vedono alcuni plessi e alcune autorità amministrative non concentrate nella capitale. Diversa è, invece, l'idea di «decentrare» i ministeri, che pure appartiene a un certo tipo di discorso politico, soprattutto del gruppo della Lega firmatario della proposta, mentre io ritengo che il Governo sia un organo unitario e che anche la contiguità fisica abbia un suo significato e rilievo. Il decentramento ci pone su un piano di opportunità, non su un piano di rottura del sistema unitario nazionale. Sarebbe davvero sciocco usare argomenti sbagliati per contrastare in una pur sana polemica politica l'idea di decentramento, che non comporta alcuna rottura del sistema Paese, ma pone di volta in volta problemi di opportunità.
È un punto che voglio sottolineare - mi sono trovato anche al centro di una polemica, come dicevo - e voglio risottolineare in questa sede che non c'è alcun peccato di tipo né costituzionale né politico. D'altra parte, la stessa esperienza italiana - mi è parso di capire che la professoressa Violini abbia allargato l'orizzonte con la comparazione anche ad altre esperienze europee - ci parla dell'Agcom con sede a Napoli, dell'Agenzia per la sicurezza alimentare, pur di derivazione europea, con sede a Parma, ed è stata a Milano fino a pochi mesi fa la sede dell'Agenzia per l'innovazione. Soprattutto se parliamo di autorità amministrative indipendenti, il senso stesso dell'indipendenza dal Governo richiama il fatto che non necessariamente la sede debba essere quella del Governo e quella di Roma. Sostenere, però, il contrario significherebbe sostenere - questo voglio sottolinearlo - una insopportabile visione centralistica che dovrebbe vedere concentrato nella capitale a Roma qualsiasi ufficio pubblico di rilievo nazionale. Si tratta di una concezione inaccettabile.
Esiste, inoltre, un problema di opportunità. Ora, avendo fatto il gesto solitario di sottoscrivere e aderire alla proposta prevalentemente di iniziativa del gruppo della Lega, devo farmi carico di una particolare cura e approfondimento dei dati: dalle prime audizioni stanno emergendo indicazioni di un costo piuttosto oneroso nel cambio di sede, non qualche milione di euro, per capirci, ma alcune centinaia di milioni di euro. Ciò, dal punto di vista dell'opportunità politica in una fase di forte crisi economica con dolorosissimi tagli che affliggono il Paese in molti comparti, pone un serio e serissimo dubbio sull'opportunità di una tale scelta, sulla necessità, sull'urgenza, sul rapporto costi/benefici, che anzi inviterei gli stessi colleghi della Lega proponenti a rivalutare.
Credo che questo sia il livello, ossia quello della funzionalità dei costi, dell'opportunità, su cui dovremmo tenere, nel prosieguo dell'esame, le nostre valutazioni.

PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Violini per la replica.

LORENZA VIOLINI, Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Milano. Ringrazio gli onorevoli deputati per l'attenzione che


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hanno dato al mio intervento e anche per le considerazioni costruttive che hanno apportato alle argomentazioni che ho fatto presenti in questa sede. Provo a rispondere cercando di mettere insieme le varie questioni che mi sono state sottoposte.
Mi sembra che la questione dell'opportunità evocata dall'onorevole Tassone trovi tutti concordi: è vero che ultimamente si tratta di una questione di opportunità. Credo, quindi, che se ci riconosciamo tutti in questo punto, dobbiamo di conseguenza riconoscere che non è in ballo una questione di principio, di costituzionalità - questo mi sembra che possiamo darlo per assodato - e forse non sono in ballo neanche questioni di natura squisitamente politica, dando a questa parola un senso non interamente positivo. Siamo, dunque, di fronte a una questione di opportunità, concordiamo tutti; dobbiamo valutare, quindi, se questa scelta, se questo trasferimento, dal punto di vista dei costi, della relazione con il mondo imprenditoriale, della omogeneizzazione sul piano amministrativo del nostro territorio - credo che questo sia un valore importante, di cui tener conto anche in sede di valutazione di opportunità - è utile o inutile. Varie motivazioni concorreranno a dare un voto favorevole o uno contrario a questo provvedimento, ma, desidero ribadirlo, siamo di fronte a una questione di opportunità.
Credo che le questioni di costituzionalità, pur evocate dalla stampa, siano infondate perché non esiste un problema di unità nazionale, non si vuole in questo modo accelerare un federalismo che noi sappiamo essere un punto di transizione del nostro Paese. Noi siamo in una situazione particolare, siamo di fronte a un Paese che ha una forma di decentramento delle funzioni pari ai Paesi federali più spinti, ma un accentramento delle finanze pari ai Paesi accentrati più spinti. Il tema del federalismo è, quindi, davvero complesso e il Parlamento e il Governo lo stanno affrontando, a mio avviso, abbastanza correttamente.
Se, dunque, si tratta di un problema di opportunità, gli esempi che ho riportato di altri Paesi possono essere elementi a favore della opportunità di non accentrare tutta la struttura burocratica in un punto del Paese. Accentrare significa tante cose: significa avere una certa serie di interessi economici, una frequentazione anche di certi circoli che si accentrano tutti in un punto, significa una difficoltà di conoscenza delle diversità dei vari territori e delle relative strutture economiche. Proprio sul piano della mera opportunità, credo che pensare a un Paese che, nell'ambito della globalizzazione, ha vari punti dove sussiste una sorta di semplificazione di questo accentramento estremo, che pure il nostro Paese sicuramente vive - non è un discorso da costituzionalista, ma penso che possa essere lo stesso accettato - non sia una risposta sbagliata. Certo, sull'altro piatto della bilancia bisogna mettere i costi, la logica dei trasferimenti, ma la Commissione valuterà, nel prosieguo dell'iter del provvedimento, il rapporto costi/benefici.
Quello che ho portato dell'Europa, evocato dall'onorevole Tassone, è un esempio che credo sia ugualmente calzante nonostante la difficoltà che l'Europa vive. Certo, trasferire, connettere è difficile, ma ormai siamo in un mondo globalizzato, trasferimenti e connessioni possano essere facilitati dall'accesso a procedure informatiche che, tra l'altro, farebbero solo un gran bene alla funzionalità della pubblica amministrazione.
Onorevole Tassone, lei ha portato anche l'esempio della Calabria: lì chiaramente ci sono stati degli elementi di politicità che hanno determinato lo splitting tra i due organi di vertice. A fronte di questo esempio ci sono, però - ripeto - anche tanti esempi in altri Paesi che dimostrano, invece, la serietà di una scelta decentralizzante non solo delle amministrazioni ma anche proprio degli organi costituzionali. Una Corte a Karlsruhe, una Banca a Francoforte, alcuni uffici a Berlino mi sembra che rappresentino un esempio interessante cui guardare anche proprio sul piano dell'opportunità. Sappiamo, infatti, che della Germania si possono dire tante cose, ma non che non sia un Paese tendenzialmente efficiente e capace


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di organizzarsi sul piano dell'amministrazione oltre che sul piano politico e dell'economia.
Concordo pienamente anche con l'affermazione dell'onorevole Mantini, che ricorda come non si debba, proprio perché è una questione di opportunità, restare ancorati all'idea che per definizione tutto deve stare a Roma e che per poter decentrare si debba apportare l'onere della prova. L'onere della prova ricade anche su chi vuole mantenere lo status quo, che forse in questo momento è una situazione abbastanza problematica.
Sappiamo che l'Europa non è una federazione, ma anche che, sotto il profilo dell'efficienza dell'amministrazione, è un punto di riferimento ormai ineludibile anche dal punto di vista finanziario.
Conclusivamente, sottolineo quanto ha portato all'attenzione della Commissione l'onorevole Vanalli ricordando che c'è oggettivamente un fattore di vicinanza col mondo finanziario e col mondo economico che potrebbe militare anch'esso a favore di una decentralizzazione.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Violini e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,25.

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