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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
4.
Mercoledì 14 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

Audizione del presidente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB), Lamberto Cardia:

Bruno Donato, Presidente ... 2 13 14 17 20
Cardia Lamberto, Presidente della CONSOB ... 2 14 15 17
Favia David (IdV) ... 16
Mantini Pierluigi (UdC) ... 15
Vassallo Salvatore (PD) ... 17
Zaccaria Roberto (PD) ... 13 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 14 aprile 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB), Lamberto Cardia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti, l'audizione del presidente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB), Lamberto Cardia.
Ringrazio il dottor Cardia per aver accettato il nostro invito a partecipare all'odierna indagine conoscitiva e gli do subito la parola.

LAMBERTO CARDIA, Presidente della CONSOB. Signor presidente, signori deputati, desidero innanzitutto esprimere il mio vivo ringraziamento per essere stato chiamato a fornire un contributo di pensiero e di esperienza all'analisi e alla riflessione sul tema del riordino del settore delle autorità indipendenti, divenute ormai una componente necessaria dei sistemi istituzionali moderni.
La complessità dell'argomento è testimoniata da una lunga serie di tentativi di riforma volti a riorganizzare e razionalizzare il settore.
Come è noto, l'istituzione e lo sviluppo delle autorità indipendenti sono avvenuti al di fuori di un disegno organico del legislatore e hanno costituito, di volta in volta, la risposta dell'ordinamento all'emergere di «fallimenti del mercato» e di istanze derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
La radicale trasformazione del rapporto tra Stato e mercato, con il progressivo abbandono dell'intervento pubblico nell'economia e con l'affermazione del primato dell'economia di mercato, ha generato nuovi bisogni di regolamentazione e tutela in settori sensibili coinvolgenti interessi anche di rilevanza costituzionale: in particolare, la tutela del risparmio e la libertà di iniziativa economica. Ne risulta l'esigenza di dare armonia alla definizione di una vera e propria «costituzione economica».
La natura degli interessi tutelati ha costituito la fonte di legittimazione della creazione di nuove autorità, giustificandone la sottrazione alla tradizionale conformazione delle pubbliche amministrazioni. In tale contesto, le autorità indipendenti, pur nell'eterogeneità delle formule organizzative e dei poteri ad esse attribuiti, sono state nel tempo chiamate a svolgere il delicato compito di assicurare parità di condizioni nel mercato, con il fine di accompagnare per tale via una corretta evoluzione del sistema economico.
La bontà delle ragioni che storicamente hanno presieduto all'istituzione delle autorità


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indipendenti va oggi riaffermata, anche nel mutato contesto di globalizzazione dei mercati, che, lungi dal postulare un'incondizionata libertà di azione per i suoi attori, richiede ancor più regole congrue e di uniforme applicazione, la cui tutela, affidata alla cura di tale autorità, le rende coessenziali ai sistemi istituzionali moderni.
Quanto detto va, tuttavia, riferito alle sole autorità alle quali sono affidati i compiti di tutela di interessi «sensibili» e di rilevanza costituzionale.
Il contesto internazionale di cui il Paese è parte e, in primis, l'appartenenza all'ordinamento comunitario inducono a un irreversibile potenziamento della regolazione dei mercati attraverso lo strumento di autorità indipendenti fortemente integrate in reti internazionali.
L'indipendenza dei regolatori nazionali dei mercati non è solo un principio imposto dal diritto comunitario, ma deriva anche dagli standard internazionali dell'International organization of securities commissions (più comunemente nota come IOSCO), utilizzati anche nelle valutazioni del Fondo monetario internazionale. Sotto il profilo organizzativo, costituisce, quindi, per il legislatore interno una scelta obbligata.
Questo principio è rilevante anche in relazione all'avviata istituzione delle nuove autorità europee, che nel testo del regolamento approvato dal Consiglio prefigura un finanziamento del 40 per cento a carico delle autorità nazionali, che devono pertanto essere dotate di risorse anche per far fronte a questo tipo di oneri.
Nel settore dei mercati finanziari, le autorità nazionali sono oggi strutturalmente parte di una rete transnazionale di regolatori, al cui vertice è posta un'organizzazione di livello comunitario. Si tratta, all'evidenza, di organismi che, essendo reciprocamente interdipendenti, devono essere dotati di poteri e competenze non solo adeguati, ma anche omogenei, per poter garantire in piena autonomia l'uniforme attuazione dei princìpi comunitari.
È opportuno, quindi, formulare alcuni punti fermi nel disegno delle autorità indipendenti, ormai destinate a essere inquadrate in una dimensione europea, che postula un rapporto costante di cooperazione tra autorità di vigilanza e costituisce il punto di partenza di ogni disegno di riforma nazionale del sistema.
Non pare revocabile in dubbio che un sostegno forte all'indipendenza venga oggi dagli ordinamenti sovranazionali, ovvero, per quanto più direttamente ci riguarda, dal diritto europeo. Le scelte fondamentali relative all'assetto delle autorità e agli equilibri istituzionali generali trovano anch'esse princìpi consolidati a livello comunitario.
Il diretto sostegno offerto dall'ordinamento comunitario a molte delle autorità indipendenti nazionali garantisce non solo la tenuta, ma anche il rafforzamento del modello delle autorità. Anche per questa ragione il tema delle autorità indipendenti merita, a mio avviso, di essere affrontato al livello più alto dell'ordinamento, sia sul piano interno che su quello comunitario. Intendo dire che ritengo maturi i tempi per dare alle autorità dei mercati un radicamento costituzionale, e ciò proprio avuto riguardo al fatto che esse, quali organi tecnici, neutrali e indipendenti dagli indirizzi politici, munite nella maggioranza dei casi di una positiva legittimazione comunitaria, sono chiamate ad assicurare stabile protezione di interessi costituzionalmente rilevanti.
Per tale via, le autorità verrebbero a far parte a pieno titolo del sistema che trae dalla Costituzione il riferimento fondamentale per l'equilibrio fra i poteri dello Stato, nonché la legittimazione a sollevare conflitti di attribuzione e la sottoposizione ad un sistema di responsabilità al più elevato livello. Resterebbe ovviamente rimesso al legislatore ordinario il compito di definire forme di nomine e di collegamento con gli altri organi aventi rilevanza costituzionale che diano attuazione all'obiettivo del necessario equilibrio fra i poteri pubblici.
Il comparto delle autorità indipendenti italiane non è un insieme omogeneo: vi sono diverse leggi istitutive, approvate in tempi anche lontani fra loro, diversi sono


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i modelli di governance, diverse le regole procedimentali, diversa la natura dei poteri assegnati.
Esistono, quindi, esigenze di razionalizzazione e di qualificazione poste dall'evoluzione degli scenari economici e istituzionali, nonché il condivisibile obiettivo di riconoscere, rafforzandone l'autorevolezza, le autorità che possono qualificarsi come indipendenti.
Gli assetti istituzionali e di governo delle autorità indipendenti assumono importanza fondamentale nel determinare la qualità del processo di regolazione. In tale ottica, gli aspetti cruciali che vanno definiti dal legislatore riguardano gli ambiti di competenza e, quindi, il numero delle autorità indipendenti, i rapporti fra loro e con gli organi tradizionali della pubblica amministrazione, gli obiettivi e l'estensione dei poteri, i meccanismi per determinare la capacità tecnica delle autorità e vincolarne la discrezionalità.
Autorevole dottrina ha da tempo distinto le autorità indipendenti di regolazione e vigilanza dalle autorità indipendenti di garanzia. Come è noto, le prime svolgono in via prevalente funzioni normative, nel senso che stabiliscono, in relazione a un determinato settore e a determinate categorie di soggetti, regole cosiddette «condizionali», attuative di norme di legge e prescrittive di comportamenti. A dette funzioni si accompagnano compiti di vigilanza sul rispetto delle regole stabilite, suscettibili di tradursi in misure di amministrazione attiva ovvero sanzionatorie, l'esercizio delle une e delle altre implicando inevitabilmente, da parte dell'autorità, scelte in certa misura discrezionali nei confronti dei destinatari della sua azione.
Le seconde svolgono, invece, essenzialmente compiti di applicazione di norme e di decisione sui casi singoli, operando in modo del tutto vincolato - come è stato suggestivamente affermato - mediante giudizi di tipo «sillogistico», che di necessità non possono che essere riferiti a casi singoli, e assicurando per tale via la garanzia di interessi il cui bilanciamento è stato operato già dal legislatore.
Anticipo, come avrò modo di precisare più avanti, che la CONSOB, unica nel panorama delle autorità, assomma oggi in sé, a seguito delle riforme normative degli ultimi anni, le caratteristiche di ambedue le categorie, profilandosi come un'autorità indipendente, per così dire, a trecentosessanta gradi. Da un lato, infatti, regola e vigila soggetti identificati - si pensi alle imprese di investimento, alle banche o alle società quotate e di revisione - mentre, dall'altro lato, assicura l'attuazione delle normative in materia di individuazione e repressione degli abusi di mercato, in particolare l'insider trading e la manipolazione del mercato, agendo nei confronti di chiunque possa essere responsabile di comportamenti illeciti e irrogando le relative sanzioni.
Peraltro, pur nell'eterogeneità delle fisionomie, le autorità indipendenti hanno due tratti comuni caratterizzanti: da un lato, sono dotate di un'elevata e specialistica competenza tecnica; dall'altro, si connotano per l'indipendenza sia dall'indirizzo politico, segnatamente da quello del Governo, sia dal mercato e dalle imprese che in esso operano.
Dalle caratteristiche comuni di indipendenza e di elevata specializzazione discende la possibilità di un nucleo unitario di regole in materia di requisiti dei componenti e di procedure di nomina, come pure delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità nonché della durata in carica.
Quanto alle procedure di nomina, è indubbio che si tratti di un profilo nodale, suscettibile di incidere concretamente sull'indipendenza dell'autorità, posto che è innanzitutto nel piano delle nomine che si annidano i rischi di un condizionamento della politica.
Si tratta, è bene avvertire, di rischi che nessun rimedio normativo - né in punto di organo preposto a nominare, né di modalità mediante cui si perviene alla nomina, né ancora di requisiti dei candidati aspiranti - è in grado di neutralizzare completamente, se non si accompagna ad una matura cultura dell'indipendenza.


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In altri termini, ciò che in questo ambito resta imprescindibile - oltre ad eventuali misure, pure opportune e auspicabili, che assicurino in modo essenzialmente omogeneo per tutte le autorità la massima trasparenza dei procedimenti di nomina dei componenti - è che la scelta delle persone chiamate a tale ufficio sia sempre ispirata da criteri di effettiva competenza tecnica e di indipendenza di giudizio, non disgiunte da una solida esperienza professionale documentalmente riscontrabile. Di questo sono personalmente convinto e mi permetto di richiamare l'esigenza della sussistenza di tutti questi requisiti.
Va, però, in ogni caso tenuto presente che la competenza e l'indipendenza sono requisiti sostanziali e non formali dei soggetti da nominare, nel senso che detti elementi possono essere riflessi nei curricula, ma la loro sostanza si deve realizzare soprattutto nel concreto, nel quotidiano operare dei singoli, in una visione di insieme scevra da personalismi o da soggezioni culturali, non meno pericolose delle soggezioni politiche.
Condivisibile appare, comunque, la scelta di affidare la selezione del presidente e dei quattro membri al Governo, organo politico dotato di competenze tecniche riguardo alla conoscenza e alla valutazione dei requisiti di professionalità e competenza su settori economici ad alto contenuto tecnico, purché però collegata a un parere vincolante a maggioranza qualificata delle competenti Commissioni parlamentari.
Tutti i componenti potrebbero essere nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, sentiti i ministri competenti, al termine di apposita procedura che preveda - come già detto - il parere vincolante delle competenti Commissioni parlamentari a maggioranza qualificata. Si potrebbe anche prevedere l'audizione dei candidati alla carica di presidente, funzione quest'ultima che spesso assomma in sé competenze e responsabilità specifiche, in particolare per quanto attiene ai rapporti con organismi internazionali e ai rapporti con l'autorità giudiziaria. Tali rapporti infatti, sono particolarmente difficili e altamente impegnativi e dunque richiedono equilibrio e vasta competenza.
Sono favorevole a rendere unitaria la previsione di organi direttivi di vertice che assumano la forma collegiale e che siano composti da un numero adeguato di membri, un presidente e non oltre quattro componenti. Al riguardo, desidero tuttavia rilevare come il principio della collegialità perfetta non sia comune alle altre autorità di vigilanza europee, laddove si riscontra un ruolo preminente del presidente - o, nel caso della Financial services authority, del presidente e del direttore generale - rispetto al collegio, che viene riunito con frequenza periodica per discutere principalmente questioni di carattere generale e di policy.
In altre parole, le decisioni quotidiane dell'operare dell'autorità vengono assunte da un vertice tendenzialmente monocratico. Una configurazione dell'autorità come collegio perfetto sembra prendere a modello, almeno nel settore dei mercati mobiliari, la SEC (US Securities and exchange commission) americana, piuttosto che altre autorità di settore europee.
L'autorità degli Stati Uniti si caratterizza, peraltro, per una notevole autonomia della struttura organizzativa nella gestione dei procedimenti istruttori, cui si associa l'attribuzione al collegio di funzioni di indirizzo strategico e di alta amministrazione.
Né considero con favore la distribuzione di competenze tra i vari componenti dell'organo collegiale, in quanto potrebbe determinarsi un operare simile a quello degli assessorati, con difficoltà di un convergere in unità di decisioni. Ciò, inoltre, potrebbe produrre sbandamenti della dirigenza dell'autorità, chiamata da più parti - e magari con affermati motivi di urgenza - a prestare collaborazione. Oltre a ciò, l'indipendenza delle strutture di operare, nel rispetto dell'esistente normativa, secondo le specifiche attribuzioni potrebbe


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subire forti vulnera. Ribadisco, però, per evitare di essere malinteso, il mio fermo favore per un organo collegiale.
La scadenza dei mandati, che potrebbero avere durata settennale non rinnovabile ovvero quinquennale rinnovabile una sola volta e in caso di comprovati meriti (quello dei 5 anni più 5 non deve essere un automatismo, ma deve sussistere una motivazione ben supportata), dovrebbe essere scaglionata per non creare discontinuità operative ai vertici dell'autorità e garantire una maggiore indipendenza dalle diverse stagioni politiche. La BCE è un buon esempio nello scaglionamento delle nomine, che consente di evitare che si trovino contemporaneamente più componenti dell'organo per la prima volta ad affrontare problemi particolarmente complessi.
I requisiti soggettivi e le cause di ineleggibilità e incompatibilità dovrebbero salvaguardare lo status di indipendenza dei componenti, non prevedendo la possibilità di nomina prima che sia trascorso un anno dal termine di una carriera politica.
Per quanto riguarda il potere di revoca dei componenti da parte del Consiglio dei ministri e su proposta del Presidente del Consiglio - da più parti visto con sospetto perché ritenuto atto a incidere sulla piena indipendenza dell'autorità - è d'uopo considerare che tale potere è previsto, nel caso della CONSOB, solo in caso di impossibilità di funzionamento o di continuata inattività dell'organo. Quindi, la possibilità di questo intervento è molto ridotta e circoscritta.
Si potrebbe perfezionare la previsione introducendo anche un impulso parlamentare, espresso sempre a maggioranza qualificata, da parte delle competenti Commissioni, con ciò attribuendo alle stesse una facoltà di giudizio sull'operare dell'autorità, cosa che ritengo altamente auspicabile.
Il trattamento economico dei componenti attualmente è molto diversificato fra le diverse autorità. Si potrebbe procedere a un'opportuna uniformazione, prevedendo che le indennità siano parificate al trattamento di alte cariche istituzionali, ad esempio prendendo a riferimento i giudici della Corte costituzionale, con ciò evitando che si generino nel tempo condizioni troppo diversificate e controproducenti dialettiche con gli organi politici.
Una volta condivisa in via di principio l'autonomia organizzativa delle autorità, non ritengo che debbano essere previste disposizioni specifiche che riducano i margini di autorganizzazione. L'obiettivo di una standardizzazione organizzativa non sembra trovare adeguata giustificazione in particolari benefici per il mercato e potrebbe in qualche caso produrre difficoltà, stante l'esigenza che ogni autorità possa dotarsi, specie per posizioni di vertice - in senso amministrativo - di elementi particolarmente esperti e non facilmente acquisibili, anche per motivi di remunerazione, dal libero mercato. Perdere un dirigente di alto livello costituisce per le istituzioni, in particolare quelle tecniche, un danno gravissimo, che molto spesso non si riesce a recuperare. A volte può capitare che dal mercato provenga l'occasione di acquisire professionalità di altissimo livello, ma se le procedure sono lunghe o difficili l'istituzione non è in grado di coglierla.
Al contrario, ben giustificata dal beneficio del rafforzamento dell'imparzialità nell'assunzione di decisioni sanzionatorie è la previsione di separatezza, già contemplata dalla legge sul risparmio, tra funzione istruttoria degli uffici e funzione decisoria del collegio.
In alcuni importanti ordinamenti europei, il principio di separatezza per i procedimenti sanzionatori si è spinto fino al punto di affidare le competenze sanzionatorie a comitati interni dell'autorità, composti in tutto o in parte da personalità che non appartengono ad essa, ipotesi questa da non sottovalutare.
La CONSOB ha attivato da tempo la prevista distinzione tra funzione istruttoria degli uffici e funzione decisoria del collegio, e il solo elemento critico che l'esperienza induce a segnalare riguarda la durata dei procedimenti stessi.


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Maggiore capacità decisionale e strategica dell'organo collegiale è assicurata dalla previsione di una separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo del collegio e i compiti gestionali dell'amministrazione, al cui vertice è preposto un direttore o un segretario generale.
Ricordo che per la CONSOB è ancora vigente, quasi a memoria storica, una norma del 1974 (l'articolo 1, nono comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216) che prevede che i regolamenti in materia di organizzazione e funzionamento, di personale e di contabilità vengano sottoposti al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, ne verifica la legittimità e li rende esecutivi apponendo il proprio visto. Questo rallenta l'operatività concreta e, a volte, anche la realizzazione di tempestivi interventi organizzativi. Norme di tal genere, peraltro uniche negli ordinamenti delle autorità, appaiono superate e dovrebbero al più presto venir meno.
Di contro, per le deliberazioni delle autorità concernenti il finanziamento a carico degli operatori e del mercato, che si configurano come un meccanismo impositivo, appare motivato e ragionevole prevedere un vaglio di legittimità.
L'organico del personale deve essere senz'altro definito dalla legge, ma la sua ripartizione fra dipendenti di ruolo assunti tramite concorsi pubblici e dipendenti a contratto dovrebbe essere rimessa, pur prevedendo limiti percentuali massimi, all'autonomia organizzativa delle autorità, che possono trovarsi di fronte a gravi problemi di tempestiva sostituzione o di necessaria acquisizione di personale altamente qualificato, non compatibile con i tempi e le procedure dei concorsi pubblici. Mi è stato riferito che recentemente sono pervenute oltre mille richieste di partecipazione a un concorso bandito dalla CONSOB. È evidente che lo svolgimento di questi concorsi sarà particolarmente lungo, nonostante il massimo impegno dell'istituto, sia per il reperimento dei locali e degli strumenti tecnici, sia per l'operatività delle commissioni. Questo è dunque un punto delicato.
In relazione al trattamento giuridico ed economico del personale e delle carriere, si devono tenere nella dovuta considerazione le funzioni che ciascuna autorità è chiamata a svolgere. Per quanto riguarda la CONSOB, oggi è previsto, secondo il dettato della sua legge istitutiva, vale a dire il citato decreto-legge n. 95 del 1974, e in particolare secondo l'articolo 2, terzo comma, che il trattamento del proprio personale sia definito «in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative della Commissione». Si tratta di una disciplina che nel corso degli anni ha dato certezza in ordine agli istituti normativi ed economici disciplinanti i rapporti di lavoro, che trova ampia giustificazione nella condivisione di funzioni di vigilanza sugli stessi soggetti da parte delle due autorità, seppur con finalità diverse.
Omogenei possono essere i princìpi relativi alla procedura di emanazione di atti regolamentari e generali delle autorità, prevedendo la necessaria motivazione delle scelte di regolazione adottate e l'illustrazione delle conseguenze della regolamentazione sull'attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi dei risparmiatori e investitori. La CONSOB da qualche tempo ha istituito un'unità organizzativa dedicata all'analisi dell'impatto economico delle regole.
La consultazione degli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati e dei consumatori e la revisione periodica delle regole hanno dato e, ritengo, possono sempre dare favorevoli risultati. La dialettica tra regolatori e partecipanti al mercato nella fase di elaborazione di nuove norme è prassi consolidata di molte autorità nazionali, e tra esse della CONSOB, ed è parte integrante del processo normativo europeo, laddove vengono ormai definite regole, non solo di principio, che risulteranno vincolanti per gli ordinamenti nazionali.


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È, quindi, fondamentale che ciascun Paese possa agire come «sistema», valorizzando i contributi di tutti i soggetti interessati, affinché si partecipi nel modo più efficace possibile a negoziazioni relative all'emanazione di nuove norme europee.
Colgo l'occasione per sottolineare la necessità che le associazioni italiane, sia di natura industriale, sia in rappresentanza degli interessi dei consumatori, diventino maggiormente consapevoli dell'utilità di partecipare alle consultazioni anche a livello sovranazionale.
La tendenza a una crescente armonizzazione delle regole ha ricevuto un nuovo impulso con la crisi di questi anni, che ha reso evidenti i limiti sostanziali di una cultura troppo favorevole all'autoregolamentazione. Ciò non deve indurre, però, a negare l'esistenza di spazi per l'autodisciplina da parte degli operatori, purché questa si inserisca nell'alveo di un quadro di regole certe, chiare e da tutti ugualmente applicate.
Le modalità di finanziamento dei fabbisogni, la cui individuazione non può che rimanere in capo alle singole autorità, dovrebbero considerare le differenze nelle funzioni svolte dalle diverse autorità. A tutte deve, però, essere garantito il finanziamento necessario, da previsioni normative stabili, onde evitare la soggezione delle stesse a mutamenti politici o a eventi ciclici.
Per la CONSOB, ad esempio, che svolge contestualmente funzioni di regolazione e vigilanza e di garanzia, il regime vigente prevede, ritengo felicemente, un sistema misto di reperimento delle risorse finanziarie, parte a carico del bilancio dello Stato e parte a carico del mercato.
La quota a carico del bilancio dello Stato è assicurata a fronte del beneficio che l'intera collettività trae dal complesso delle attività svolte, mentre la quota di contribuzione a carico del mercato fornisce copertura ai costi che l'autorità sostiene per svolgere l'attività di vigilanza sulle diverse categorie di soggetti operanti nell'ordinamento mobiliare. Il mantenimento del sistema misto ha visto, però, negli ultimi anni, una progressiva, sensibile riduzione del contributo a carico dello Stato, divenuto oggi quasi simbolico. L'ultima manovra di bilancio ha assegnato alla CONSOB un milione di euro su 120 circa e per l'anno prossimo è prevista una somma di 0,5 milioni di euro. Quindi, tale contributo è diventato simbolico, specialmente in considerazione dell'evento che ha visto l'Antitrust in condizioni di difficoltà, e per il quale si sono utilizzate disponibilità nei modi che il Governo e il legislatore hanno ritenuto di adottare.
La stabilità di un sistema di acquisizione delle risorse finanziarie consente di assicurare, da un lato, il perseguimento di strategie di sviluppo dell'attività su orizzonti temporali di medio - lungo periodo e, dall'altro, di consolidare forme di confronto con i soggetti finanziatori caratterizzate da trasparenza e responsabilità.
È da condividere il controllo sulla gestione finanziaria delle autorità da parte della Corte dei conti, peraltro già in essere per la CONSOB.
Ritengo, inoltre, possibile che nelle autorità che, in tutto o in parte sostanziale, usufruiscono di finanziamenti da parte del mercato, sia presente un organo di controllo interno, quale potrebbe essere un collegio dei revisori, purché snello e di elevata qualificazione professionale.
Nettamente contraria è la valutazione dell'ipotesi di costituzione di un fondo unico per il finanziamento delle autorità indipendenti di controllo dei mercati. La molteplicità e la differente natura delle fonti di provenienza dei contributi finanziari e i diversi titoli della loro legittimità di acquisizione o destinazione impongono, infatti, che le risorse acquisite debbano essere attribuite direttamente non solo all'operatività di ogni singola autorità ma, in tale ambito, anche alle diverse finalità perseguite.
Inoltre, la creazione di un fondo unico comporterebbe gravi incertezze nella ripartizione delle risorse; ripartizione che potrebbe richiedere l'intervento di un soggetto istituzionale terzo, e quindi il pericolo di condizionamenti da valutazioni


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non sempre neutrali rispetto all'operato delle autorità. Ne risulterebbe inficiato in radice il principio di indipendenza.
Peraltro, parlando della CONSOB - ma può valere anche per altre autorità - apparirebbe fuori luogo che si dovesse richiedere al mercato un'imposizione per i servizi che la CONSOB rende e poi far affluire le risorse ottenute in un fondo unico, in cui si disperderebbe la natura della provenienza e, ugualmente, la suddivisione potrebbe apparire inficiata rispetto alla provenienza e anche all'indipendenza delle autorità.
Resta basilare che il legislatore definisca in via di principio quali debbano essere gli strumenti di reperimento delle risorse per ciascuna autorità, combinando le diverse fonti in ragione delle attività svolte: il contributo a carico dell'erario per il finanziamento delle attività svolte nell'interesse dell'intera collettività - come accade ad esempio integralmente per l'autorità per la tutela della privacy, che svolge compiti di garanzia, ma non di regolazione e vigilanza, e parzialmente per la CONSOB relativamente, tra le altre, all'attività di repressione degli abusi di mercato - e i contributi a carico dei soggetti vigilati per il finanziamento delle attività di regolamentazione e di vigilanza direttamente svolte nei loro confronti. In quest'ultimo caso, è da ritenere condivisibile la previsione di un visto di legittimità e non di merito da parte del Governo, che assicuri la rispondenza alla legge del meccanismo impositivo.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei proventi delle sanzioni, più lineare appare la loro attribuzione all'erario, al cui carico, come detto, dovrebbero rimanere stabili finanziamenti per le funzioni svolte nell'interesse generale da ciascuna autorità.
Mi sembra che, anche per motivi di immagine, non sia da perseguire - ma questa è una valutazione del tutto personale - la scelta di acquisire le fonti di finanziamento dalle sanzioni che vengono irrogate. Le sanzioni devono essere motivate e giustificate da violazioni puntualmente verificate e devono, eventualmente, passare il vaglio dei ricorsi e dell'autorità competente in sede magistratuale. Quindi, l'idea di legare il finanziamento alle sanzioni mi trova, per motivi di immagine ma anche di sostanza, nettamente contrario, ma la mia è un'opinione strettamente personale.
Un aspetto importante nel rapporto tra potere politico e autorità indipendenti è rappresentato dai controlli che il primo può esercitare sull'operato delle seconde rispettandone l'indipendenza. È scontato che un raccordo delle autorità con gli organi della politica debba esservi. Si tratta di stabilire condizioni di convivenza e rispettivi ruoli.
Ora, non vi è dubbio che alla decisione politica spetti di determinare gli interessi generali e di stabilire il livello di tutela, ovvero il punto di equilibrio fra ragioni di efficienza dei mercati e altri interessi generali. Stabilire, però, come questo equilibrio si debba realizzare non può che competere alla valutazione delle autorità, risultando all'evidenza incompatibile con la loro stessa ragion d'essere l'eventuale sottoposizione delle loro attività, rispetto al concreto svilupparsi delle dinamiche dell'economia di mercato, a forme di indirizzo continuativo da parte degli organi della politica.
In generale, si possono utilizzare due modalità di controllo, tra loro complementari. In primo luogo, sul comportamento effettivamente assunto dalle autorità, utili strumenti appaiono le audizioni presso il Parlamento e flussi informativi periodici al Governo e al Parlamento stesso. Strumenti di vera e propria correzione del comportamento dei regolatori potrebbero riguardare modificazioni delle prerogative dell'autorità o la facoltà di rimozione, attuata in conformità a rigorose previsioni normative, del suo organo di vertice, il quale, se deve essere effettivamente indipendente, non deve parimenti mai sentirsi sottratto al dovere di rispetto della volontà del legislatore o libero dal perseguire integralmente le funzioni attribuite all'istituzione che è stato chiamato a presiedere.
La seconda tipologia di controlli è di natura ex ante. La norma istitutiva di ciascuna autorità potrà definirne puntualmente


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missione, poteri, ripartizione di competenze e modalità di assunzione delle decisioni nonché rigorosi ed effettivi criteri di selezione del vertice.
Per quanto riguarda la definizione della missione delle autorità, la diretta assegnazione per legge di obiettivi specifici da perseguire è un'importante premessa sia per l'efficienza del suo operare, sia per verificarne la rispondenza agli obiettivi fissati dal legislatore. Quando gli obiettivi e il mandato sono chiaramente indicati, l'autorità è in grado di meglio individuare le azioni concrete da svolgere per il conseguimento dei propri compiti istituzionali. Inoltre, i comportamenti e le performance dell'organizzazione presentano una maggiore misurabilità.
Rispetto alla definizione della loro missione, la situazione delle autorità attualmente operanti nel sistema italiano si presenta assai variegata. Accanto a chi, nella legge, ha una chiara indicazione dell'obiettivo, vi sono autorità per le quali gli obiettivi sono ricavabili sulla base delle finalità generali della legge e altre per le quali sono indicati in modo minimalista o in modo generalista.
Il collegamento istituzionale fra organi politici e autorità indipendenti fino a oggi è stato sostanzialmente affidato alle procedure di nomina previste nelle singole leggi istitutive e alla tradizionale trasmissione e illustrazione periodica al Parlamento di relazioni informative sull'attività svolta.
La CONSOB, come è noto, entro il 31 marzo di ciascun anno invia al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione che non solo illustra l'attività svolta, ma descrive anche le questioni in corso e le linee programmatiche che intende seguire. Il Ministro, a sua volta, invia al Parlamento tale relazione, corredata da proprie valutazioni, entro il 31 maggio successivo.
Il sistema appare realizzare un circuito informativo tra le istituzioni articolato, contemplando anche l'esposizione delle principali questioni in corso e degli indirizzi strategici dell'autorità, e coerente con l'architettura istituzionale generale, consentendo al Parlamento di ricevere, insieme alla relazione tecnica delle autorità, le valutazioni di natura politica del ministro competente per materia.
Il miglior presidio dell'assunzione di responsabilità da parte delle autorità indipendenti rimane la trasparenza del loro comportamento, dei loro procedimenti e del loro funzionamento, sottoposti al giudizio pubblico non solo delle istituzioni, ma anche degli operatori del mercato, nonché ovviamente alla tutela giurisdizionale ordinaria, molto spesso chiamata a pronunciarsi su ricorsi o ad agire per impulso proprio in materia di valenza penale.
L'attribuzione di poteri di indirizzo e di alta vigilanza all'Esecutivo, se esulasse dai limiti in cui essa è già prevista dalle leggi istitutive delle diverse autorità, potrebbe produrre riflessi sulla loro indipendenza. Al riguardo, la positiva esperienza nell'applicazione della norma che regola i rapporti della CONSOB con l'Esecutivo - che prevede che il presidente dell'autorità tenga informato il Ministro dell'economia e delle finanze sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo e sugli atti regolamentari adottati, con successiva informazione al Parlamento da parte del ministro laddove tali atti o eventi siano rilevanti per il corretto funzionamento del mercato mobiliare - induce a considerare con cautela l'introduzione di un nuovo sistema che, peraltro, presenta il rischio di essere ritenuto, magari solo potenzialmente, lesivo dell'indipendenza dell'autorità.
Posso affermare che la CONSOB frequentemente invia al ministro relazioni su vari argomenti, modifiche su regolamenti in corso o su vicende specifiche, come è consentito dalla legge istitutiva. Naturalmente, sono fatti salvi argomenti di visibile rilevanza penale, perché in quel caso c'è una privativa dell'autorità giudiziaria.
È utile ricordare che i princìpi internazionali posti dalla International Organization of securities Commissions, la cosiddetta IOSCO, prevedono che le autorità di vigilanza competenti esercitino le proprie funzioni in un contesto di indipendenza anche operativa, che potrebbe essere considerato


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non in linea con l'attribuzione di poteri di alta vigilanza o di indirizzo a organi di governo.
È da valutare con favore che, anche con norma espressa, si sancisca il principio di piena indipendenza dell'autorità.
In passato era stato ipotizzato un sistema che mirava a ricondurre ad unità tutte le relazioni presentate dalle singole autorità sulle attività svolte, rilevando gli elementi di raccordo e le eventuali distonie mediante un esame congiunto degli atti, dal quale sarebbe dovuto derivare un documento in cui si potrebbero profilare anche gli indirizzi di politica intersettoriale volti a dare un indirizzo comune alle singole autorità e volti al bilanciamento dei diversi valori. Tali indirizzi avrebbero come destinatarie più autorità e non una sola, evitando il rischio di ingerenze nell'attività di ciascuna di esse. Tale strumento appare di difficile realizzazione e di dubbia o nulla utilità, ma questo è un mio modesto pensiero.
È peraltro da considerare con massimo apprezzamento la facoltà delle Commissioni parlamentari di chiamare in audizione i rappresentanti dell'autorità, per conoscere il loro contributo di pensiero e di esperienza su atti normativi in corso di esame o di predisposizione o su quant'altro possa essere ritenuto utile, con ciò realizzando un'osmosi di conoscenze e un utile sistema di tempestiva valutazione di problematiche in essere.
La CONSOB è oggi un'autorità indipendente che, all'esito di un cammino legislativo in corso da oltre trent'anni, concentra su di sé funzioni di garanzia, di regolazione e di vigilanza. Il quadro finale di una storia iniziata nel 1974, con la legge n. 216 di conversione del decreto-legge n. 95, che ha conosciuto continue fasi di evoluzione, molto spesso per attivare orientamenti provenienti dall'Unione europea, vede la CONSOB stessa fortemente potenziata e, per alcuni versi, unica nel panorama nazionale delle autorità amministrative indipendenti.
Si pensi ai diversi ruoli che essa riveste, con riguardo, da un lato, alla vigilanza continuativa su intermediari e mercati, e dall'altro ai compiti di garanzia, nella prevenzione, individuazione e repressione degli abusi di mercato, che contemplano poteri esercitabili nei confronti di qualsiasi soggetto.
Devo dire che tra i compiti della CONSOB considero tra i più rilevanti quello di mantenere l'equilibrio necessario per svolgere tutte le funzioni, senza omissioni e con rispetto di tutti, anche dei soggetti che possono essere sanzionati, con assoluta neutralità e senza influenze di alcun tipo. Quanto alle influenze politiche, devo dire che non mi sono mai pervenute. Lo dico, riferendomi alla mia lunga esperienza prima di commissario, poi di presidente della CONSOB, con rispetto e apprezzamento nei confronti di tutti coloro che avrebbero potuto esercitare la propria influenza e anche con apprezzamento per l'attività della CONSOB, che certamente gode di considerazione.
Né devono esserci influenze culturali, che spesso portano ad avere una visione della realtà modellata secondo quanto si legge nel testo di rilevanti università straniere, che può influenzare il modo di pensare dei componenti. L'indipendenza deve essere neutralità, rispetto di tutti e applicazione delle norme, senza omissioni e senza la minima traccia di pressioni.
Si tratta, adesso, di portare a compimento la riforma dell'autorità, non soltanto in termini di governance, ma anche di competenze. Come è noto, il sistema di vigilanza nel mercato finanziario attualmente vigente in Italia prevede l'esistenza di una pluralità di autorità: Banca d'Italia, CONSOB, Antitrust, ISVAP e COVIP; cinque autorità conferenti per il settore del mercato finanziario. Tendenzialmente l'approccio del legislatore ha privilegiato un modello di ripartizione delle competenze per finalità della vigilanza - stabilità da un verso, trasparenza, correttezza e concorrenza dall'altro - prevedendo alcune rilevanti eccezioni per i settori assicurativo e previdenziale, per i quali sembra ormai venuta meno la ragione di una differenziazione. Soggetti, prodotti e mercati di riferimento sono tra loro ormai ampiamente fungibili.


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Il modello di ripartizione delle competenze tra autorità sulla base delle finalità della vigilanza consente di perseguire, nella maniera più trasparente e coordinata possibile, i diversi interessi pubblici. Fermi restando gli aspetti relativi alla tutela della concorrenza, affidata in modo orizzontale all'Antitrust, per tutte le attività economiche rinnovo l'orientamento favorevole a dare compiutezza a un modello di vigilanza sul sistema finanziario prevedendo due sole autorità, incaricate rispettivamente della tutela della stabilità e di quella della correttezza e trasparenza.
L'attuazione piena e coerente di tale modello supera anche i limiti, apparsi ben evidenti dallo svilupparsi della crisi, di un regolatore unico e sembra in grado di evitare o, quantomeno, di molto ridurre gli ingiustificati o eccessivi rischi di duplicazione di intervento a carico dei soggetti vigilati.
Naturalmente, un modello di regolazione e vigilanza fondato su due autorità che perseguono finalità - stabilità e correttezza - con forti elementi di interazione, necessita di un sistema di coordinamento e collaborazione. Gli strumenti di collaborazione fino ad oggi adottati (protocolli, regolamenti unici, comitato di stabilità) hanno dato buona e tempestiva prova, anzi direi ottima prova, anche durante la crisi, e la loro validità non è certamente da sottovalutare.
Fermo restando quanto detto sulle caratteristiche della vigilanza sui mercati finanziari, sulla ripartizione delle competenze fra autorità e sul ruolo della CONSOB quale autorità a un tempo di garanzia e di regolazione e vigilanza, nel concludere il mio intervento ritengo opportuno soffermarmi sugli aspetti essenziali suscettibili di una regolazione comune a tutte le autorità.
Anche alla luce degli imprescindibili riferimenti alla dimensione europea e nazionale delle autorità indipendenti, gli aspetti meritevoli di una regolamentazione puntuale riguardano, in primo luogo, il radicamento nella Costituzione e i modelli delle autorità indipendenti.
Sul piano soggettivo, il sistema trarrebbe beneficio da un radicamento nella Carta costituzionale del modello istituzionale dell'autorità indipendente quale strumento di realizzazione di valori in essa già codificati. Sul piano oggettivo, sarebbe altrettanto auspicabile che anche gli obiettivi intermedi, propedeutici alla tutela di valori primari, trovassero il proprio posto nella nostra Carta fondamentale.
Nel caso dei mercati finanziari, ad esempio, in attuazione del principio di tutela del risparmio, già codificato nell'articolo 47 della nostra Costituzione, potrebbero trovare espresso riconoscimento le finalità di stabilità e quelle di trasparenza e correttezza, nonché la loro realizzazione attraverso l'intervento di due autorità indipendenti di pari dignità. Sarebbe l'occasione per affrontare, in modo razionale e compiuto, l'annoso problema di quali siano le entità effettivamente riconducibili al modello di autorità indipendente alle quali attribuire dignità costituzionale e riconoscere uno status istituzionale proprio.
Le autorità devono inoltre essere dotate di poteri e mezzi necessari a conseguire le finalità a cui sono preposte. Per la CONSOB, l'allineamento ai princìpi comunitari già assicura, seppur sulla base di una legislazione che si è succeduta nel tempo, con modalità non sempre omogenee, un adeguato ventaglio di poteri e misure di intervento. Manca forse una razionalizzazione delle norme che conduca a una configurazione dei poteri in termini generali, che superi l'attuale frammentazione legata alla disciplina successiva dei diversi settori e soggetti regolati, in particolare gli intermediari, gli emittenti, le offerte al pubblico.
La dotazione di mezzi finanziari e risorse umane deve essere funzionale al ruolo, alle finalità e ai poteri assegnati a ciascuna autorità. Il finanziamento misto realizza, per le autorità con competenze estese come la CONSOB, un ragionevole punto di equilibrio. La quota a carico del bilancio dello Stato trova corrispondenza nel beneficio che la collettività trae dal complesso delle attività svolte, mentre la quota di contribuzione a carico del mercato


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fornisce copertura ai costi che l'autorità sostiene per svolgere attività di vigilanza sulle diverse categorie di soggetti operanti nell'ordinamento mobiliare.
La Corte dei conti può assicurare il controllo di legittimità sulla gestione finanziaria dell'autorità, come di fatto avviene per la CONSOB.
Quanto ai rapporti con il Parlamento e il Governo (accountability), indipendenza e dovere di rispondere del proprio operato sono due facce della stessa medaglia. Il sistema attraverso il quale le autorità si sottopongono al giudizio della collettività può essere modellato, in via generale, sulla previsione di flussi informativi nei confronti di Governo e Parlamento sulle attività svolte e sulle linee di indirizzo che si intendono seguire, nonché su obblighi formali di presentazione di relazioni annuali.
Se la trasparenza del proprio operare è il primo dovere di qualsiasi autorità, forme di intervento esterno nello svolgimento dei propri compiti costituirebbero un vulnus al principio di indipendenza e un venir meno a valori derivanti dall'appartenenza a una comunità globale, e in particolare europea.
Devo aggiungere che la CONSOB, per sua autonoma decisione, dal 1998 ogni anno rappresenta al mercato, nella sede di Milano, tutta l'attività svolta, rendendo conto del proprio operare, di come utilizza i mezzi che il mercato stesso fornisce, di come interpreta le norme, di come stabilisce i regolamenti, ma anche dell'attività sanzionatoria, quando questa può colpire entità di eccezionale rilevanza; tale attività infatti, ha bisogno di essere motivata e specificata perché sempre appaia che la motivazione alla base è il rispetto della legge e una posizione di assoluta neutralità e rispetto degli operatori del mercato.
Per quanto attiene alla nomina, modalità uniformi possono, a mio avviso, ispirarsi al modello vigente per la CONSOB, fermo restando che la professionalità, l'esperienza e l'indipendenza sono requisiti sostanziali e non formali degli individui, da accertarsi nel quotidiano operare e anche attraverso un sereno e trasparente confronto nella sede del Parlamento, che più di ogni altra può rappresentare l'equilibrio dei molteplici interessi in una dialettica democratica.

PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Cardia. Comunico che il presidente Cardia ha consegnato alla presidenza la relazione in forma scritta e ne dispongo la distribuzione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ROBERTO ZACCARIA. Ringrazio il presidente Cardia perché gli spunti di considerazione nella sua ampia relazione sono numerosi. Abbiamo un problema percepito da tutti coloro che intervengono in questo dibattito. Non muoviamo, come in passato, da una bozza di proposta rispetto alla quale chiediamo agli interlocutori di misurarsi, ma chiediamo di sollevare problemi, rispetto ai quali ci misureremo nella relazione che verrà predisposta al termine di questo ciclo di audizioni.
Alcuni temi sono ormai ricorrenti, fatto che da un lato agevola, dall'altro aumenta la difficoltà di trovare il punto d'arrivo. Desidero toccare due aspetti, uno dei quali riguarda l'annoso problema delle nomine relativo all'indipendenza, ovvero come si possa in astratto configurare e poi realizzare in concreto.
Lei ha molto insistito su questi due piani nel parlare delle regole e della cultura dell'indipendenza. Esistono modelli molto diversi di nomine dei vertici delle autorità. Un modello non è migliore dell'altro, ma i requisiti che vengono definiti di per sé non fanno l'indipendenza, soprattutto se laddove le suggestive formule che li accompagnano (nota, competenza e professionalità, indiscussa moralità e indipendenza, alta e riconosciuta professionalità), si trovano in diverse leggi.
Questi requisiti sono tutti condivisibili in astratto. Il problema è che si riconducono al soggetto che nomina, perché non esiste un meccanismo che preveda di verificare se la nomina sia stata fatta rispettando quei requisiti, e spesso la partita si chiude con la nomina stessa.


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Lo schema attuale prevede la nomina con decreto del Presidente della Repubblica, in base alla designazione del Presidente del Consiglio su delibera conforme del Consiglio dei Ministri e con i pareri delle Commissioni parlamentari oggi non vincolanti. Mi pare che lei proponga un auspicabile modello, nel quale ci sia il parere a maggioranza qualificata delle Commissioni parlamentari.

LAMBERTO CARDIA, Presidente della CONSOB. È esattamente così.

ROBERTO ZACCARIA. In questo modo, salvo che forse bisognerebbe mettersi d'accordo e salvo che ci siano delle diversità tra autorità che giustificano in un caso l'indicazione da parte di un soggetto o da parte un altro, nel modello da lei indicato abbiamo il Governo che sceglie e il Parlamento, a maggioranza qualificata, che sostanzialmente conferma tale scelta. Si tratta di un modello noto e già presente in alcuni istituti.
Sarebbe opportuno capire se questo modello vada bene solo per alcune autorità, in ragione della loro natura, o se debba essere generalizzato. Mi pare che lei parta dall'esperienza della CONSOB per affermare che così potrebbe essere valido in generale, ma poi non si ponga il problema di dove si debba fermare questo tipo di modello, perché altrimenti dovremmo svolgere una hearing collettiva per vedere se gli altri condividano tale modello.
Sono convinto che in questo modo si possa migliorare la situazione. Considero però fondamentale anche il discorso relativo al finanziamento. Anche su questo tutti sentiamo voci diverse. Il motivo conduttore è che le risorse dello Stato tendono a ridursi in maniera drammatica. Lei ha affermato che le cifre stanziate per il prossimo anno non sono uguali a quelli dell'anno precedente, però lei rappresenta un'autorità che può assumere dal mercato una parte delle risorse per il proprio funzionamento. Non tutte le autorità si trovano in queste condizioni.
Quelle che non sono in queste condizioni puntano al fondo unico, una specie di fondo di solidarietà, mentre quelle che sono nel mercato per motivi vari (l'AGCOM è un esempio molto evidente) puntano invece alle risorse di settore, considerando ingiusto che l'impresa che paga un'autorità poi finisca per pagarne un'altra. Qui si rischia veramente di non trovare una soluzione comune. Non chiedo a lei di essere così altruista da farsi carico degli altri, ma per individuare una norma generale dovremmo trovare un punto di equilibrio.
Vorrei porle molte altre domande, ma quelle poste mi paiono abbastanza significative. Le altre domande riguardano, ad esempio, l'identificazione delle autorità, importante funzione di questa indagine. Alla fine, dovremo infatti cercare di capire, al di là del nome, quali siano le autorità che in questo momento storico del nostro Paese hanno caratteristiche oggettive di autorità indipendenti. Questo però è un nostro compito.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi che ne hanno fatto richiesta, do la parola al presidente Cardia che ha chiesto di replicare subito ai quesiti posti dal collega Zaccaria.

LAMBERTO CARDIA, Presidente della CONSOB. Onorevole Zaccaria, lei ha posto domande che ritengo quasi integrative e specificative di quanto da me esposto, e delle quali la ringrazio. Lei ha avuto anche solide esperienze di direzione di collegi o settori nei quali non basta essere nominati, ma occorre avere il senso dello Stato, delle istituzioni e del collegio.
I modelli potrebbero anche essere diversi. Oggi, abbiamo 11 autorità e 2 agenzie. Premetto che tale numero, a mio avviso, è eccessivo, posto che tra queste non tutte hanno la stessa motivazione sostanziale per mantenere tale veste di autorità. In questa situazione, per quanto riguarda la nomina dei componenti, resto dell'idea che la soluzione preferibile sia quella di aggiungere al criterio di nomina previsto dalla legge per la CONSOB la valutazione delle Commissioni parlamentari a maggioranza qualificata; in tale


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modo non si potrebbe sostenere che i componenti dell'autorità siano dipendenti dal Governo, e si eviterebbe altresì che siano scelti solo dal Parlamento.
Abbiamo talora sperimentato, infatti, come nomine fatte dal Parlamento abbiano portato a far parte del Collegio persone di tale diversa esperienza da rendere estremamente difficile al presidente formare un unicum, mentre il Governo può scegliere con maggiore competenza tecnica i vari soggetti. Il Parlamento che si pronuncia nelle Commissioni competenti a maggioranza qualificata e con parere vincolante deve verificare le condizioni anche di equilibrio politico. Una delle mie maggiori soddisfazioni è essere stato nominato con parere preso quasi all'unanimità da entrambe le Commissioni parlamentari. La vera finalità è infatti ottenere, da parte delle Commissioni parlamentari, un giudizio collettivo, collegiale e vincolato. Resto dell'idea che, salvo alcuni casi - penso all'Autorità per la privacy per la quale si potrebbe prevedere una valutazione da parte dei Presidenti di Camera e Senato -, prevedere che il Governo scelga i tecnici più competenti e poi li sottoponga al vaglio delle Commissioni parlamentari con parere vincolante garantisca un equilibrio tra le due esigenze.
Riterrei opportuno o comunque utile che il Presidente fosse chiamato in audizione presso le Commissioni, prima dell'espressione del parere, perché presiedere un collegio è molto più difficile che esserne componenti. I componenti di un collegio a volte accettano, a volte rifiutano, a volte sono presenti, altre assenti, mentre invece la responsabilità, la riductio ad unitatem, il prodotto che deve necessariamente essere fornito stanno in carico al presidente.
Anche se il mio pensiero non vuole portare a un organo monocratico, rimango dell'idea, come ho già affermato, che, se il presidente designato fosse audito dalle Commissioni parlamentari in un giudizio vero di competenza, di valori, di esperienza di vita, che vale molto, tutto questo insieme sarebbe quanto di meglio posso immaginare. Naturalmente, sono uno dei sessanta milioni di italiani, ma l'esperienza che ho maturato in tanti collegi, in tante circostanze, non soltanto nella CONSOB, mi porta a individuare questo come il sistema migliore. Alcune eccezioni possono riguardare alcune specifiche autorità, quali ad esempio quella della privacy.

PIERLUIGI MANTINI. Ringrazio a titolo personale e a nome del gruppo dell'UdC il presidente Cardia per la sua relazione, ampia e molto interessante. Desidero esprimere qualche breve considerazione e porre due domande.
Sono stato preso anch'io dalla riflessione sui modelli più efficienti per garantire l'indipendenza, e in merito al suo suggerimento del presidente nominato dal Governo con successivo parere vincolante a maggioranza qualificata da parte delle Commissioni competenti, pur concordando totalmente con la sua affermazione principale secondo cui la cultura dell'indipendenza non è garantita da alcun meccanismo né di nomina, né di selezione dei requisiti, né comportamentale, ma da un insieme di fattori, mi permetto di osservare che secondo il modello proposto l'atto parlamentare sarebbe sostanzialmente un atto di ratifica. Se infatti sono previsti una designazione preventiva e un successivo parere vincolante, l'atto non è un parere vincolante, ma una ratifica. Sarebbe quindi opportuno realizzare l'intesa tra il Parlamento e il Governo in sede di audizione-«istruttoria», cioè in sede preventiva, prima della nomina, perché altrimenti, se non si raggiunge la maggioranza dei due terzi, il Parlamento smentisce la designazione da parte del Governo.

LAMBERTO CARDIA, Presidente della CONSOB. Intendevo preventiva.

PIERLUIGI MANTINI. Allora la valutazione dovrebbe riguardare non un solo nome, ma una rosa o anche solo due nominativi, con una valutazione parlamentare tesa ad acquisire la maggioranza qualificata, perché altrimenti avremmo un'ipotesi di palese contrasto tra Parlamento e Governo.


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Se invece non ci fosse la maggioranza qualificata, ritorneremmo al perimetro della maggioranza e quindi verrebbe meno quell'elemento duale di nomina. Da questo punto di vista, ho ben inteso anche il suo favor per una costituzionalizzazione del ruolo delle autorità indipendenti, aspetto che mi soddisfa. Non dico altro, siamo in stagione di avvio, forse, delle riforme istituzionali e costituzionali, quindi è uno spunto che condivido nella sostanza e di cui tener conto con riferimento a tutte le autorità o a un certo sistema di autorità nei limiti in cui la forma costituzionale può consentircelo.
In secondo luogo, sono convinto che, tra i fattori della cultura dell'indipendenza, in questo caso - in altri sono più scettico - per le autorità indipendenti un particolare valore sia rappresentato dai codici etici e comportamentali dei membri dell'authority, non solo della autoregolazione dei corpi. Vorrei chiederle quindi come giudichi l'attuale codice deontologico, etico dei membri e quindi relativo ai comportamenti, e anche come sia gestito in relazione alle note funzioni, diciamo, tra chi gestisce l'attività, l'amministrazione attiva e chi la parte deontologica e se gli organi coincidano.
Vorrei porre un'altra domanda più generale. In relazione alle due funzioni, quella di vigilanza-regolazione e quella di garanzia e indipendenza aggiungerei semigiurisdizionale, con una formula anglosassone, vorrei conoscere la sua valutazione sugli effettivi poteri della CONSOB su entrambe, ovvero se, tralasciando la riforma delle authority, consideri sufficienti i poteri attuali.
A ciò collegherei una domanda precisa, la cui risposta può essere fornita anche in seguito. Avrei piacere di avere una sua valutazione sui poteri sanzionatori esercitati per quanto riguarda la funzione di indipendenza e garanzia quasi giurisdizionale, non ai fini delle sanzioni prodotte con destinazione di finanziamento, perché concordo con lei sul fatto che le fonti di finanziamento debbano essere fondamentalmente pubblicistiche.
È stato marginalmente citato il rapporto con la Banca d'Italia in relazione alla vigilanza sui mercati immobiliari e in particolare sui fondi immobiliari. Vorrei sapere se lei ritenga questi rapporti soddisfacenti o squilibrati per quanto riguarda il controllo e la vigilanza sui fondi immobiliari chiusi, aperti e di vario tipo, che costituiscono una leva relativamente nuova, ma molto importante dei nostri mercati.

DAVID FAVIA. Presidente Cardia, la ringrazio della sua presenza e del suo intervento, che è servito ad acquisire notevoli dati sul funzionamento della CONSOB, e delle sue proposte.
Con riferimento alla durata dei componenti delle autorità, francamente, credo che il periodo di sette anni o di cinque più cinque da lei proposto sia eccessivo. Concordo con il suo riferimento all'ipotesi dello scaglionamento delle nomine, perché una durata eccessivamente corta potrebbe andare incontro a una presa di competenza ridotta, perché giungendo al governo di una struttura è necessario del tempo per comprenderne il funzionamento. Se però il rinnovo delle cariche viene scaglionato come lei suggeriva, considero sufficiente un solo quinquennio non rinnovabile.
Cito un esempio. Quando ero vicepresidente del Consiglio regionale delle Marche, abbiamo previsto che per l'organismo di controllo, il CORECOM, su RAI Tre, la durata dei componenti fosse di cinque anni non rinnovabile, proprio perché in un organismo di garanzia i membri non debbono poter indulgere in eccessivi contatti con i controllati, che nel tempo potrebbero ridurne le capacità di indipendenza da un punto di vista non doloso, ma umano.
Ho molto apprezzato il suo richiamo all'indipendenza e all'essere assolutamente scollegati dalla politica, però poi mi sembra contraddittoria la proposta di dare il potere di nomina al Governo, sebbene con un forte potere di interdizione da parte delle Camere, aspetto che condivido.
Come lei ha accennato, sarebbe forse più opportuno dare questo potere ai Presidenti


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delle Camere, pur sempre con il parere a maggioranza qualificata delle Commissioni competenti di Camera e Senato, magari in seduta congiunta. Considero pericoloso affidare questo potere alla massima rappresentanza politica, cioè al Governo, proprio in relazione alla connessione con la politica.
Ricollegandomi alla domanda dell'onorevole Mantini, vorrei sapere se esista un codice etico interno della CONSOB. Lei ha infatti condivisibilmente insistito molto sull'indipendenza e sulla non ingerenza sull'organizzazione interna, ma credo che questo necessiti a monte di un'indiscutibile trasparenza.
Vorrei quindi sapere se esista un codice etico, se sia eventualmente previsto in futuro, e come stabilisca di evitare eventuali conflitti di interesse di dipendenti, di interazioni tra controllato e controllore, se vi sia trasparenza anche nel ricevimento dei controllati. Considero infatti importante che le attività di contatto siano non riservate, ma pubbliche, disponibili ad analisi a posteriori.
Un altro aspetto concernente la trasparenza riguarda le remunerazioni, oltre che dei commissari, del Direttore generale, del vicedirettore generale e di altri dirigenti, perché mi sembra che nel sito della CONSOB siano indicate soltanto le remunerazioni base e non quelle accessorie.
Vorrei conoscere in particolare il suo parere sulla durata, perché considero errata la ripetitività della governance sugli organismi di garanzia.

SALVATORE VASSALLO. Vorrei porre una domanda molto puntuale, che forse si ricollega alla conclusione dell'intervento dell'onorevole Favia riguardo alla durata del mandato.
Vorrei ringraziare il presidente Cardia per le molte osservazioni estremamente utili ai fini della nostra riflessione. Nella relazione scritta c'è un aspetto sul quale si lasciano aperte due soluzioni, che però si differenziano per un elemento significativo. Queste riguardano la durata del mandato, laddove si afferma che «i mandati potrebbero avere durata settennale non rinnovabile ovvero quinquennale rinnovabile una sola volta in caso di comprovati meriti».
Questo è chiaramente un punto delicato perché, per garantire l'assoluta autonomia e indipendenza dell'organismo, alcune istituzioni non prevedono la possibilità del rinnovo, come nel caso della BCE, che è l'esempio forse più calzante di autorità costruita in modo da garantire la massima autonomia dei suoi componenti.
Poiché invece nella sua relazione viene posta in forma alternativa l'ipotesi di una durata più lunga non rinnovabile oppure di una più breve, ma rinnovabile, vorrei chiederle di darci qualche elemento di riflessione sui pro e i contro dal suo punto di vista e di farci capire meglio in che cosa potrebbero consistere i «comprovati meriti», trattandosi di persone che sono già state valutate per il loro curriculum precedente al momento della prima nomina e che si ritroverebbero al termine di un primo mandato.
Si tratterebbe dunque di valutare i loro meriti in quanto componenti dell'autorità. Vorrei chiederle di spiegarci in cosa potrebbe consistere la valutazione dei meriti del primo mandato, poi utilizzata nel caso di una eventuale norma che consenta il rinnovo.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Cardia per la replica.

LAMBERTO CARDIA, Presidente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB). L'onorevole Mantini ha iniziato parlando del modello di nomina e della cultura dell'indipendenza, tema che forse si fonde con l'ultima domanda posta dall'onorevole Vassallo.
Se fossi giudice unico o - passatemi la battuta solamente scherzosa - legislatore unico, proporrei una durata di sette anni non rinnovabili, che ritengo la soluzione migliore. In molti sistemi, però, si prevedono cinque anni rinnovabili per altri cinque.
Da quanto mi segnala l'onorevole Vassallo, mi rendo conto di aver usato un termine non propriamente felice, quando


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ho ipotizzato un mandato rinnovabile per «particolari meriti»; mi sarei meglio espresso usando le parole «particolare qualificazione».
Adesso infatti mi sto riferendo alla CONSOB ma conosco anche altre autorità, perché ho avuto la ventura nella mia lunga vita di stare dieci anni negli organi collegiali dell'ENI e sette nell'IRI, quindi ho fatto tanta esperienza sul campo, per cui ritengo che per arrivare a capire tanti aspetti e a conoscere l'essenza, in certi casi anche ad avere la fiducia di chi viene a rappresentare una questione con finalità corrette e non scorrette è necessario del tempo.
Premetto che ricevo tutti e quando ciò accade ho sempre nella stanza accanto il direttore generale o il dirigente funzionario generale competente. Questo l'ho imparato attraverso un'amara esperienza, giacché tanti anni fa una persona mi chiese di fare una lezione universitaria e poi dichiarò tutt'altra cosa, vale a dire di avermi chiesto se potessi inaugurare l'anno giudiziario. Tra l'altro, ogni ospite viene sempre registrato e il colloquio si svolge alla presenza dei tecnici, anche per fornire un aiuto.
Per diventare esperti, oggi come anche in passato quando era presidente il dottor Spaventa, altro uomo di elevata consistenza professionale, occorre un periodo lungo, che quasi definirei di apprendistato. Specialmente nel caso del presidente, quindi, cinque anni mi appaiono un periodo non sufficientemente lungo per essere un presidente maturo, che goda del necessario rispetto.
Qualche giorno fa, il Ministro Tremonti ha parlato di auctoritas delle autorità. Questa si ottiene attraverso più elementi: con una nomina frutto del totale assenso del Parlamento, cosa che ho considerato un bene prezioso e non considero nemmeno frequente nella storia, con regole che possano consentire un rapido funzionamento. Quando si deve assumere un capo divisione perché il precedente è diventato ad esempio direttore generale dell'ABI, se ne reperisce uno sul mercato che è attratto non dalla remunerazione, ma dalla funzione pubblica. Alcune persone hanno un encomiabile senso del pubblico, ma, se la nomina non avviene in dieci o quindici giorni, probabilmente il candidato prescelto trova altre collocazioni. È quindi necessario mettere l'autorità nelle condizioni di ben funzionare in tutti i modi.
Anche in merito al quesito postomi dall'onorevole Zaccaria, è giusto che il finanziamento sia dato da coloro che ricevono il servizio, ma, se il servizio è per la collettività, deve essere dato anche dall'erario; e deve essere dato in una misura fissa, costante, evitando che un'emergenza possa costringere tutti al sacrificio, cosa peraltro fatta con ogni disponibilità personale, causando però milioni di «buco» per servizi alla collettività.
Il sistema di finanziamento del mercato non prevede peraltro che quanto manca da una parte sia preso dall'altra. La CONSOB oggi è soggetta a una disciplina diversa rispetto a quella del 2000, per cui il finanziamento del mercato è pagato a servizi resi, quindi noi dimostriamo a una SIM o a una SGR che il versamento di quota che le chiediamo nel 2010 è per l'attività prestata a favore delle SIM nel loro insieme nel 2009. Indichiamo quindi le ore lavorate e le persone impiegate nella sede di Roma e in quella di Milano, con il colossale sforzo di dimostrare la giustificazione degli apporti che vengono dati. Se quindi gli apporti vengono resi sulla base dell'attività prestata, sembrerebbe incongruo attingere da altre fonti di finanziamento.
In campo internazionale, peraltro, uno dei criteri della vera indipendenza è un finanziamento stabile, sicuro, del cui utilizzo si fa carico la responsabilità collegiale sia dell'alta amministrazione che del collegio.
Ritengo quindi che per quanto riguarda la durata in carica il periodo di sette anni sia l'optimum, perché non ci sono rincorse ad immaginare uno sviluppo successivo. Cinque anni non sono sempre sufficienti per fare un vero esperto nella materia.
Come detto, ho sbagliato nell'usare la parola «meriti». Avrei preferito utilizzare l'espressione «esperienza per particolari


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qualità professionali dimostrate sul campo», giacché il merito al quale mi riferivo era professionale, anche perché come presidente non ricevo sorrisi da nessuno perché la CONSOB con umiltà, quasi dispiaciuta ha però sanzionato tutti a qualsiasi parte appartenessero.
Cinque anni non sono sufficienti per consentire di divenire una guida esperta a chi non abbia acquisito prima tale esperienza in attività diverse. Personalmente, ho avuto la ventura professionale in quanto magistrato della Corte dei Conti di stare dieci anni nel consiglio di amministrazione, nella Giunta esecutiva e nel collegio sindacale dell'ENI. È stata un'esperienza immensa, che mi ha consentito di conoscere meccanismi che dall'esterno non si conoscono.
Se dopo cinque anni avessi dovuto svolgere il ruolo di presidente della CONSOB, non sarei stato all'altezza di farlo bene. Probabilmente, ancora oggi dovrei fare apprendistato. Non c'è nessun intendimento di non chiudere alla scadenza, che è fissata e rimane invariata, ma ancora oggi, in certe circostanze, mi sento apprendista. Ancora oggi ricevo comunicazioni da soggetti che, in virtù della fiducia che ripongono in me, mi sottopongono problemi a cui dare un contributo, mai singolo, per far sì che l'interpretazione della legge da parte loro sia giusta, e possono così evitare di commettere involontariamente errori che, ancorché fatti in buona fede, possano apparire dolosi ed essere pertanto fonte di eventuale responsabilità penale.
Queste esperienze hanno bisogno di un lungo apprendistato. Dovendo decidere e dare un apporto a una domanda precisa, considero ottimi sette anni non rinnovabili, ma la selezione non può che essere tecnica, operata dal Governo e poi vagliata da Commissioni parlamentari riunite o non riunite (argomento questo che compete al Parlamento) anche attraverso audizioni e un dibattito che può anche durare a lungo.
Dopo le vicende della Cirio, infatti, ho partecipato a un'audizione parlamentare che è durata dieci ore. Questo dimostra il tipo di analisi svolta sull'operato fatto, sul comportamento adottato.
Credo che la nomina del presidente, che ha rilevanti responsabilità anche in campo penale e internazionale, potrebbe anche essere operata dai vertici di Camera e Senato, ma ritengo anche che la qualificazione tecnica debba in ogni caso essere provata non solo da un curriculum di diciassette titoli.
Una volta, quando ero Sottosegretario a Palazzo Chigi, mi si presentò una persona affermando di voler svolgere una funzione e presentandomi un elenco di 153 titoli di tutta la sua attività. Gli parlai, lo impiegai per un giorno o due in varie circostanze e mi resi conto che era un raccoglitore di titoli. Il curriculum è prezioso e rispettabile, ma è sul campo che si vedono le capacità, è sulla non soggezione a culture di libero mercato come interpretato in Cina, ammesso che in Cina si possa parlare di libero mercato.
L'indagine, l'analisi, il dibattito e una durata di un certo periodo possono consentire certamente una valutazione precisa dei nominandi.
La selezione deve essere operata con la stessa cura per quanto riguarda non solo il presidente, che ha maggiori responsabilità e difficoltà, ma anche i componenti, perché per decidere in un collegio di cinque membri bisogna avere almeno tre voti. Se il Parlamento segnala l'esigenza di un intervento di interesse collettivo, appare difficile dichiararsi indipendenti e rifiutare di farlo.
La vita è difficile, se si vuol far bene questa attività. Se poi la si vuol fare in un modo un po' leggero, studentesco e culturale, si può fare, ma allora non si ha l'auctoritas. Oggi, la CONSOB è diventata di grandissima rilevanza, ha una normativa estremamente vasta, sbagliando può fare danni incredibili e un singolo errore può vanificare il fatto che abbia agito bene nel 99 per cento dei casi.
Questa è la visione che ho maturato in anni di esperienza, che non è nata in


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CONSOB, ma in essa si è certamente fortificata e affinata anche con particolare difficoltà e sofferenze.
Con riferimento al quesito posto dall'onorevole Favia, nei giorni scorsi, il direttore generale mi ha detto che il 30 aprile il codice etico sarà pronto e quindi sarà esaminato. Se raccontassi la storia per cui non è stato ancora adottato in termini formali, forse potrei far sorridere, ma non sarebbe opportuno. Il codice etico è dunque in dirittura d'arrivo.
Consentitemi però una valutazione: il codice etico vale, se si ha l'etica dentro e la si esercita veramente, perché qualora il codice etico affermasse che non ci devono essere legami in un'attività in cui ci possono essere amici, parenti, conoscenti o addirittura interessi di ordine materiale, potrebbe essere tranquillamente raggirato con rapporti di affinità.
Il codice etico deve anche stabilire norme equivalenti a quelle delle altre autorità. Ad esempio la Banca d'Italia potrebbe stabilire che non si possono avere regali superiori a 100 euro, laddove personalmente ogni tanto ricevo libri o a Natale una bottiglia per brindare (di fatto diventa un brindisi collettivo, quindi la materialità è zero), mentre un'altra autorità potrebbe stabilire il limite di 150 oppure 75 euro.
Il codice etico deve tener conto del codice etico della Corte dei conti, del codice etico del Consiglio di Stato, del codice etico della Banca d'Italia e trovare un consenso comune. La quadra, per usare un termine in voga, è particolarmente difficile, perché ogni volta c'è un problema. Adesso forse stiamo arrivando alla conclusione, perché mi è stato detto che entro il 30 aprile prenderemo in esame questa stesura.
I princìpi etici sono comunque completamente rispettati, e in CONSOB non esiste porta di servizio.
Non so se ho risposto a tutti i quesiti, ma sono eventualmente disponibile a fornire in tempi brevi una risposta scritta.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Cardia per la disponibilità e anche per il modo in cui ci ha rappresentato il compito da lui egregiamente svolto.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,35.

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